Impianti e Architettura

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1 Impianti e Architettura indicazioni di base sull impiantistica per allievi architetti Fabio Peron Piercarlo Romagnoni Giancarlo Rossi Università IUAV di Venezia 1

2 Sommario Sommario... 2 Introduzione... 3 Tipologie degli impianti di climatizzazione... 4 Impianti ad aria... La climatizzazione di base... 9 I combustibili e la combustione I generatori di calore Centrali termiche Caldaie murali a gas Caldaie a condensazione Competenze e sicurezza sull impiego dei gas combustibili Camini Tubazioni I terminali di impianto Impianto centralizzato o autonomo? La selezione dell impianto: criteri di scelta L utilizzo dell energia solare Regole di prima approssimazione per la progettazione di impianti Stima dello spazio necessario per le centrali termiche Stima dello spazio necessario per le centrali frigorifere Stima dello spazio necessario per le unità di trattamento dell aria Stima delle dimensioni dei canali di distribuzione dell aria Stima dello spazio necessario per i vani tecnici Stima dello spazio necessario per altre centrali

3 Introduzione Gli impianti in un edificio sono una parte assai importante, ad essi infatti è affidato il compito di rendere confortevoli e sicuri gli ambienti di vita e lavoro. Nella pratica progettuale di solito architettura e impianti percorrono strade parallele che spesso si scontrano al momento della realizzazione. La progettazione integrata rimane ancora oggi una chimera e l impiantista è chiamato ad intervenire quando le scelte relative alla forma, alle disposizione dei diversi ambienti, alle dimensioni sono già state prese e poco si possono modificare. Quello che potrà fare l impiantista sarà cercare di ottenere il migliore compromesso tra esigenze di comfort e possibilità di ricavare spazi per condutture, vani tecnici, cavedi quasi mai previsti dall architetto. Spesso l intervento impiantistico diventa indispensabile per recuperare gli errori di una progettazione poco oculata con ad esempio grandi pareti vetrate ad ovest senza alcuna schermatura, murature poco isolate, e così via. Effettivamente grazie all azione dei diversi sistemi impiantistici si possono correggere praticamente tutti gli errori progettuali e rendere vivibile un ambiente. Si dovranno però affrontare maggiori spese per la costruzione e la gestione degli impianti e si avrà un maggior consumo energetico e impatto ambientale. Come è ovvio e facilmente comprensibile scelte impiantistiche e architettoniche si influenzano a vicenda e una corretta progettazione dovrebbe fin dai primi momenti dell elaborazione di un nuovo progetto far dialogare i diversi tecnici che contribuiranno alla riuscita finale della costruzione garantendo ambienti confortevoli, vivibili con bassi consumi energetici e limitato impatto ambientale. Solo in questo modo il risultato finale sarà una sintesi adeguata tra: una concezione architettonica che soddisfi la complessità delle esigenze spaziali e funzionali; un sistema strutturale ed impiantistico che soddisfi le esigenze di sicurezza, di accessibilità, di comfort (termico, luminoso, acustico e della qualità dell aria interna); un sistema tecnologico composto da chiusure opache e trasparenti aventi le proprietà fisiche adatte a garantire, nel contesto climatico dato, la durata nel tempo dell involucro edilizio e tale da limitare il consumo di energia termica ed elettrica (destinata alla climatizzazione invernale ed estiva e all'illuminazione artificiale dello spazio costruito). In particolare il progettista dovrà valutare la coerenza spaziale tra i sistemi impiantistici ed il sistema architettonico, evitando che: le unità impiantistiche distribuite nell'edificio (unità di zona per il trattamento dell'aria, quadri elettrici di zona, centralini dei sistemi di controllo termico, antincendio, antifurto) dilaghino come un fluido in tutti gli spazi occupandone porzioni non marginali, ma spesso strategiche, oppure che in fase esecutiva vadano ad occupare locali di servizio previsti per altri usi; le reti impiantistiche incassate nelle strutture vengano posate casualmente, con la conseguenza di moltiplicare le forature di solai e pareti e maggiore probabilità che la posa delle condutture avvenga in luoghi non adatti ai fini della manutenzione, o per il rispetto delle prescrizioni di sicurezza antincendio; le reti impiantistiche posate a vista (canali di ventilazione e condizionamento, canaline per impianti elettrici, elettronici e controlli), abbiano una collocazione che interferisce con strutture, finestre, porte, impianto di illuminazione; i terminali degli impianti termico, illuminotecnico, sonoro (radiatori, ventilconvettori, bocchette, anemostati, apparecchi illuminanti, segnali luminosi e non, sensori di 3

4 temperatura e umidità, sensori di fumo, altoparlanti), abbiano collocazione non ordinata o interferiscano con alcuni aspetti formali caratterizzanti lo spazio interno. La documentazione tecnica necessaria per la realizzazione di opere pubbliche compresi gli impianti tecnici è definita dalla legge n /2/94 (Legge Merloni). La redazione del progetto di impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso e di qualsiasi natura e specie è obbligatoria ai sensi della Legge 46/ 1990 e del DPR 447/91. I progetti degli impianti devono essere inseriti nella documentazione tecnica da allegare alla richiesta di qualsiasi licenza edilizia, inoltre al momento della richiesta di agibilità è necessario depositare il progetto esecutivo, come costruito e la dichiarazione di conformità del costruttore degli impianti. Tipologie degli impianti di climatizzazione La scelta della tipologia impiantistica è correlata con la necessità di mantenere un adeguato comfort termico e con le norme igieniche (salubrità dell aria) pertinenti con il tipo di attività cui è destinato lo spazio considerato. A questo fine è opportuno classificare gli edifici e/o le loro parti in base alla destinazione d uso. Nell edilizia civile, possiamo individuare le seguenti classi: Classe esempi 1 locali per residenza alloggi ad uso privato, appartementi, villette, edilizia popolare, etc. 2 locali per lavoro attività produttive industriali, commerciali, artigianali, uffici privati, studi professionali, etc. 3 locali aperti al pubblico scuole, ospedali, alberghi, cinema, teatri, discoteche, sale convegni, uffici pubblici, centri commerciali, biblioteche musei, palestre, piscine, etc. Le classi d uso 2 e 3 sono normate da leggi specifiche di settore (scuole, ospedali, impianti sportivi, locali di riunione e pubblico spettacolo, etc.) oppure dalle leggi relative all igiene del lavoro (L. 626/1994). Per la classe 1 vale il D.M. Sanità 5/7/1975 ed il regolamento d igiene locale. Tutte queste norme stabiliscono i requisiti minimi di accettabilità del microclima interno agli edifici (temperatura, umidità, rinnovo dell aria, illuminamento, etc.) affinchè l ambiente risulti salubre. Spesso le leggi non definiscono dei valori limite o di riferimento per i diversi parametri fisici che caratterizzano il microclima interno, ma danno delle indicazioni generali dicendo che le condizioni interne devono essere tali da non recare fastidio, non risultare insalubri o nocive per gli occupanti e rinviano alle norme tecniche emesse da CNR (organo scientifico), UNI (per sistemi termici e meccanici), CEI (per i sistemi elettrici), CIG (per le applicazioni del gas). Le norme emesse dai diversi organismi citati stabiliscono, sulla base dell attuale stato della conoscenza, i valori minimi o massimi dei diversi parametri che rendono il microclima accettabile ovvero non nocivo alla salute delle persone. Le norme principali sulla climatizzazione degli ambienti confinati sono le UNI e UNI Questo insieme di leggi e norme in sostanza fissano per i diversi tipi di attività valori delle variabili ambientali e un tasso di rinnovo dell aria; dati che influenzano le dimensioni dell impianto e la sua tipologia. 4

5 Nel passato la produzione di calore avveniva direttamente negli ambienti che necessitavano della fornitura di calore, si pensi infatti ai camini degli antichi palazzi o castelli o alle stufe e cucine economiche diffuse nelle abitazioni fino agli anni 60 del secolo scorso. Al giorno d oggi la produzione di calore viene effettuata in appositi dispositivi (caldaie, pompe di calore, etc.) alloggiati in ambienti diversi da quelli in cui si desidera fornire il calore. E necessario allora utilizzare un vettore, un fluido, che veicoli il calore dal luogo di produzione agli utilizzatori. A seconda del fluido gli impianti vengono classificati come impianti ad aria o impianti ad acqua. In alcuni casi si utilizzano entrambi i fluidi con diverse funzioni e si parla di impianti misti. Gli impianti ad acqua detti anche a tutt acqua permettono di controllare solo la temperatura dell aria, non sono in grado di controllare l umidità ne di garantire la necessaria ventilazione degli ambienti. Un impianto di riscaldamento ad acqua è costituito dalle seguenti elementi: - il sistema di produzione della acqua calda o fredda, rispettivamente una caldaia e una macchina frigorifera per la produzone di acqua fredda (chiller) - le tubazioni per la distribuzione del fluido vettore all'interno dell'edificio che trasportano il calore nei diversi ambienti - i terminali di impianto in grado di realizzare lo scambio termico tra acqua e aria del locale da riscaldare (termosifoni, ventilconvettori, pannelli radianti). Figura 1. Installazione di una caldaia tradizionale: 1) Regolatore; 2) Sonda esterna; 3) Corpi scaldanti; 4) Caldaia Nelle attività aperte al pubblico e nei luoghi di lavoro deve essere sempre previsto il ricambio dell'aria tramite un impianto di ventilazione meccanica. Poiché evidenti motivi di comfort termico impediscono di immettere l'aria nelle condizioni termoigrometriche esterne, nei locali pubblici o di lavoro risulta sempre necessario il trattamento dell'aria che deve essere effettuato da apposite macchine. Una volta che si abbia la necessità di ventilare e di trattare l aria il passo è breve per arrivare ad utilizzare l aria anche come fluido termovettore per assicurare in ambiente la temperatura e l umidità desiderate. Si parla in questo caso di impianti ad aria, che utilizzano cioè come fluido termovettore appunto l aria. Un impianto di climatizzazione ad aria è costituito dai seguenti elementi: 5

6 - i sistemi di produzione di acqua calda e fredda, rispettivamente caldaia e macchina frigorifera (MF). L acqua serve in questo caso a riscaldare o raffreddare l aria da inviare nei locali; - le macchine di trattamento dell'aria (MTA) da inviare nei locali in cui l aria viene scaldata o raffreddata (con acqua calda o fredda), umidificata o deumidificata a seconda delle esigenze; - il sistema di raffreddamento della macchina frigorifera: ad acqua (torre evaporativa) oppure ad aria in tal caso è formato da ventilatori inseriti nella MF stessa; - i canali per il trasporto dell'aria dalla MTA ai locali e la distribuzione all'interno degli stessi; - le reti di tubi, minori per dimensioni, ma importanti per funzione, per il trasporto dell acqua calda e fredda dai produttori alle MTA, per la raccolta ed il trasporto (per gravità) all'impianto di scarico, dell'acqua che si condensa sulle batterie fredde delle MTA, per il collegamento del condensatore della MF alla torre evaporativa, se presente. Lo schema di massima che segue permette di visualizzare la struttura semplificata dell intero sistema di un impianto a tutt aria, a meno dell alimentazione di acqua, gas combustibile, elettricità e del condotto di evacuazione dei fumi. Lunghezze elevate Lunghezze modeste V A N O T E C N I C O 4 TUBAZIONI 4 TUBAZIONI UTA 1 UTA 2 CANALI CANALI LOCALE 1 LOCALE 2 TUBI CALDAIA GRUPPO FRIGORIFERO 2 TUBI TORRE DI RAFFRED - DAMENTO Figura 2. Schema di principio di un impianto ad aria. L impianto ad aria è evidentemente quello in grado di garantire le migliori condizioni ambientali interne a fronte però di un maggior costo di realizzazione e della necessità di maggiori spazi date le notevoli dimensioni dei canali necessari alla movimentazione dell aria (minimo cm di diametro). 6

7 Per limitare le dimensioni dei canali è possibile affidare all impianto ad aria i soli compiti di controllare l umidita e di ventilare gli ambienti, mentre riservare ad un sistema ad acqua il controllo della temperatura. Si parla in questo caso di impianto misto che quindi cerca di mettere insieme un sistema di limitato ingombro e in grado di garantire elevati standard di qualità ambientale. Il sistema è comunqe come intuibile di costo elevato. Un tipico impianto misto è quello che utilizza bocchette a parete o soffitto per l immissione e estrazione dell aria (aria primaria) e dei ventilconvettori alimentati ad acqua per controllare la temperatura dell aria. Si possono comunque utilizzare anche pannelli radianti o radiatori come terminali per l impianto ad acqua. Figura 3. Schema di un impianto a tutt aria. 7

8 Figura 4. Schema di un impianto misto ad aria primaria e ventilconvettori. Gli impianti a tutt aria possono essere classificati a loro volta in funzione del fatto che in un edificio i valori di temperatura e umidità siano gli stessi in tutti gli ambienti o vi siano diverse aree con condizioni diverse (zone). Negli impianti multizona poi ci può essere poi una unica MTA e delle batterie di postriscaldamento locali nella zona o diverse MTA, una per ciascuna zona. Si hanno quindi: l'impianto a tutt'aria con singola macchina e singola zona l'impianto a tutt'aria con singola macchina e multizona; l'impianto a tutt'aria con più macchine di zona. 8

9 Nelle figure 3 e 4 sono riportati un impianto ad aria primaria e ventilconvettori e un impianto a tutt'aria. Queste tipologie sono le più complesse ma anche le più diffuse nei luoghi di lavoro non industriali: uffici, scuole, ospedali, luoghi di ritrovo e spettacolo, centri commerciali ed in generale nelle attività con affollamento elevato. La climatizzazione di base I molti edifici specie destinati alla residenza le dotazioni impiantistiche per la climatizzazione sono minime. Si utilizzano gli impianti più semplici ossia quelli di solo riscaldamento, di solo raffrescamento elementare oppure di solo rinnovo dell aria. L impianto di solo riscaldamento è quello più comune. Lo troviamo ad esempio nelle residenze delle zone fredde d Italia. Si tratta di un sistema che utilizza l acqua come fluido termovettore. L acqua riscaldata in una caldaia viene inviata con un sistema di tubature ai terminali che riscaldano l aria dell ambiente in cui si trovano. I terminali più comuni sono il radiatore, il termoconvettore, il ventilconvettore ed il pannello radiante. Tutti questi sono dei semplici scambiatori di calore che non sono in grado ne di controllare l umidità dell aria ne tantomeno di provvedere al ricambio dell aria. Questo tipo di impianto è perciò adatto solo per quei locali in cui le esigenze di rinnovo dell aria sono limitate e possono essere soddisfatte con l apertura manuale delle finestre. E questo il caso della residenza in cui chi occupa i locali deve farsi carico della gestione manuale del sistema per ottenere un ricambio d aria adeguato nella stagione fredda. Le norme igieniche per la residenza infatti permettono di utilizzare un impianto di solo riscaldamento ed un estrattore fumi e vapore nelle cucine e nei bagni ciechi per il rinnovo dell aria. Figura 5. Schema di funzionamento di un sistema split per il condizionamento estivo. L impianto di solo raffrescamento elementare consiste di due sezioni, la prima interna all alloggio e la seconda esterna, che raffredda l aria del locale per mezzo di una macchina frigorifera, di una batteria fredda e di un ventilatore che forza l aria del locale ad attraversare la batteria. Anche questo tipo di impianto non è in grado di effettuare il rinnovo dell aria, 9

10 mentre riesce a effettuare un certo controllo dell umidità ambiente. Negli ultimi anni si è assistito anche in Italia ad una notevole diffusione di questo tipo di impianto come retrofitting in abitazioni o altri ambienti non dotati di sistema di raffrescamento. I cicli frigoriferi utilizzati possono in alcuni casi essere inverti utilizzando il dispositivo come pompa di calore e quindi provvedendo anche al riscaldamento invernale. L efficienza energetica di sistemi di questo tipo non è purtroppo molto elevata; risulta quindi elevato anche il costo di funzionamento. L impianto di solo rinnovo dell aria o di ventilazione è quello presente in tutti gli alloggi in cucina (cappe di aspirazione) o nei bagni ciechi. In questo tipo di impianti un ventilatore mette in depressione il locale aspirando aria dall interno e inviandola all esterno. In questo modo l aria esterna viene richiamata all interno attraverso le fessure dei serramenti o attraverso apposite aperture. L aria estratta dal locale carica di fumi, o vapore viene inviata all esterno attraverso un apposito condotto. Questo tipo di impianto provvede al ricambio dell aria, ma non è in grado di riscaldarla in inverno ne di raffreddarla d estate. I combustibili e la combustione I combustibili sono sostanze ossidabili che, combinandosi con un ossidante (comburente), danno luogo a sviluppo di calore. Possono essere sostanze solide (legna, carbone di legna, torba, lignite, coke, ), liquide (olii combustibili) e gassose (metano, propano, GPL,..). Si definisce Potere Calorifero Superiore (PCS) di un combustibile la quantità di calore prodotta dalla combustione completa dell unità di massa del combustibile quando i prodotti della combustione (fumi) siano portati alla temperatura t = 0 C ed alla pressione p = Pa. In realtà, in tal modo viene conteggiato anche il calore di condensazione del vapore acqueo (circa 2,51 MJ/kg) prodotto dalla reazione o liberato dal combustibile: risulta pertanto di uso più pratico il Potere Calorifero Inferiore (PCI) che si ottiene dal PCS diminuito del calore di condensazione. Perché avvenga la combustione bisogna garantire un opportuno rapporto volumetrico combustibile/comburente ed una certa temperatura. Nel caso del comburente più comune ossia l'ossigeno O 2 dell'aria è necessario che il rapporto combustibile/aria non sia ne troppo elevato ne troppo basso. Se tale rapporto è minore di 5 o maggiore di 15 la combustione non avviene. E possibile determinare la quantità teorica di aria necessaria per la reazione di combustione. Per esempio il metano CH 4, in presenza di O 2, fornisce la seguente reazione: CH O 2 CO H 2O + calore in cui CO 2 e H 2O sono i prodotti della combustione. Nell aria è presente anche l azoto N 2, che non interviene nella reazione (7,52 volumi di altri gas per ogni volume di O 2 ). In totale sono necessari 9,52 m 3 di aria per ogni m 3 di metano.la reazione può essere scritta nel seguente modo: CH O 2 + 7,52 N 2 CO H 2O + 7,52 N 2 + calore In realtà, per sopperire alla non perfetta miscelazione fra combustibile e comburente, una combustione necessita di un eccesso di aria ε : rispetto al valore teorico calcolato deve esserne impiegata una quantità superiore. Combustibili solidi e liquidi necessitano di un maggiore eccesso d aria rispetto ai gas. L eccesso di aria provoca una diminuzione della temperatura di fiamma e quindi dello scambio termico per irraggiamento: la figura 7 riporta la variazione della temperatura di combustione del gas naturale al variare dell eccesso di aria. Al crescere dell eccesso d aria aumentano le 10

11 perdite di calore sensibile al camino poiché, a parità di temperatura dei fumi, con il crescere dell eccesso d aria, aumenta il volume dell aria che accompagna la combustione. D altra parte, anche un insufficiente eccesso d aria comporta perdite perché del combustile non trova ossigeno con cui reagire. La combustione in difetto di ossigeno provoca inoltre la formazione di ossido di carbonio CO particolarmente tossico. Tabella 2: Caratteristiche di alcuni combustibili. Combustibile Densità ρ [kg/ m 3 ] Potere Calorifico Inferiore [MJ/ kg] propano 2,02 * 46,35 metano 0,717 * 50,2 gasolio 880,0 42,9 cherosene 790,0 43,5 benzina 740,0 44 olio combustibile ,5 44,6 torba 400,0 12,3 lignite 720,0 14,4 20,9 legna 400,0 1100,0 10,7 Figura 6. Temperatura di combustione ed eccesso di aria I generatori di calore Nella pratica termotecnica, per generatore di calore si può intendere un qualsiasi apparecchio in grado di produrre l aumento di temperatura di un fluido termovettore attraverso una combustione di sostanze solide, liquide o gassose. In base al tipo di fluido termovettore, i generatori di calore si dividono in: generatori ad acqua calda; generatori ad acqua surriscaldata; generatori a vapore; generatori a aria calda 11

12 Negli edifici residenziali, in genere, sono usati apparecchi del primo tipo. Si può considerare che un generatore di calore possa essere composto di tre parti: il bruciatore, che è l'organo preposto alla miscelazione combustibile - comburente e all'innesco della fiamma, il corpo caldaia, sostanzialmente uno scambiatore di calore prodotti della combustione - fluido termovettore, ed il sistema di evacuazione dei fumi (collettore e camino). Nella comune terminologia tecnica, la parola caldaia indica le prime due parti e tale termine verrà utilizzato nel seguito per indicare in generale il generatore di calore. In relazione alla combustione, in una caldaia si possono individuare le seguenti caratteristiche: portata termica Q & [kw] o in [kcal/h]; potenza perduta attraverso i fumi al camino Q & i ; potenza termica convenzionale Q & c = Q& Q& i ; potenza perduta verso l ambiente circostante Q & d ; potenza termica utile Q & u = Q& c Q& i Q& d Alla produzione di calore per l impianto di riscaldamento può essere associata la produzione di acqua calda per uso igienico sanitario. Il collegamento di una caldaia all impianto può essere schematizzato come in Figura 1. I cataloghi delle case produttrici riportano in genere dati come nella seguente tabella 1 (Modello Ferroli New Elite a gas naturale o a GPL) Tabella 3. Dati per il dimensionamento della caldaia. Modello C24E C30 E Potenza termica nominale per riscaldamento Portata termica Minima 9,7 kw Massima 23,3 kw Minima 11,5 kw Massima 25,8 kw Minima 12,7 kw Massima 30,0 kw Minima 14,5 kw Massima 33,1 kw Potenza termica utile sanitaria 23,8 kw 30,0 kw Rendimento 90,3 90,5 Vaso di espansione 8 litri 10 litri Produzione sanitaria t = 30 C t = 25 C 11 litri/min 13 litri/min 14,3 litri/min 17,2 litri/min Peso a vuoto 31 kg 40 kg 12

13 Figura 7. Esempio di caldaia a basamento(destra). Schema di funzionamento di una caldaia (sinistra): 1) ritorno acqua; 2) camera di combustione, 7) bruciatore, 12) mandata acqua; 14) scambiatore di calore fumi-acqua; 18) raccordo camino. La stima della potenza termica di una caldaia per un edificio può essere realizzata con una semplice calcolo di prima approssimazione. Occorre precisare inoltre che, per funzionare al meglio, la scelta dovrà ricadere su di un generatore avente potenzialità di poco superiore a quella determinata per calcoli. La potenza termica a cui la caldaia dovrà sopperire può essere stimata dalla seguente relazione: & = [ Q& + Q& ] b + Q& (1) Qcaldaia d v H 2O in cui: Q & d = potenza termica dispersa attraverso l involucroo (pareti opache, vetrate, ponti termici, ) [W]; Q & v = potenza dispersa ventilazione [W]; b = coefficiente di maggiorazione dovuto a intermittenze nel funzionamento, transitori, [-]. Si può porre b = 1,4 per l Italia del Centro - Nord e b = 1,5 per l Italia meridionale. Q& H 2 O = potenza per l acqua calda sanitaria [W] che può essere determinata con la relazione: n c G Q& ρ ( θea θa ) H2O = (2) η n = numero di persone che usufruisce del servizio; c = calore specifico dell acqua = 4186,8 J/( kg K); ρ = densità dell acqua =1000 kg/ m 3 ; G = consumo medio giornaliero a persona (in un abitazione 0,080 0,150 m 3 ); θ ea = temperatura di erogazione ( 45 C); θ a = temperatura dell acqua proveniente dall acquedotto ( 15 C); η = rendimento del generatore di acqua calda. A sua volta la potenza dispersa per ventilazione può essere calcolata con la relazione seguente: Q & v = 0,34 n* V (θ i θ e) (3) 13

14 in cui: V = volume della zona riscaldata [m 3 ]; t i = temperatura dell aria interna di progetto [ C]; t e = temperatura dell aria esterna di progetto [ C]; n* = numero di volumi all ora ricambiati [h -1 ]. Il dimensionamento dell impianto termico deve assicurare un rendimento globale medio stagionale, da calcolare secondo le modalità previste dalle normative tecniche (UNI 10348), come risultante dei valori dei seguenti rendimenti medi stagionali: rendimento di produzione; rendimento di regolazione; rendimento di distribuzione; rendimento di emissione La Legge 10/ 91 prescrive che il rendimento globale medio stagionale deve risultare non inferiore ad un valore limite minimo, pari a: η = [65 + 3Log P ]% (5) g, lim caldaia In caso di sostituzione di un generatore di calore, è il rendimento di produzione medio stagionale a dover risultare non inferiore al seguente valore limite minimo: η = Log P ]% (6) P [ caldaia Centrali termiche Una centrale termica è il locale in cui vengono alloggiati i generatori di calore a servizio degli impianti di riscaldamento o di climatizzazione. Si deve prevedere un locale apposito per il posizionamento della caldaia quando la sua potenzialità sia superiore a 34,8 kw ( kcal/h). La tendenza attuale è quella di dotare ogni singola utenza di un impianto autonomo con un piccolo generatore di calore e quindi viene meno l esigenza di prevedere un locale di questo tipo, anche se da un punto di vista energetico un sistema centralizzato di climatizzazione è sicuramente quello più vantaggioso. Le centrali termiche possono essere localizzate: al piano terra, all ultimo piano, al piano interrato oppure in un locale separato. Questa ultima soluzione è quella che risulta più indicata quando si debbano rispettare normative specifiche come nel caso dell uso di combustibili gassosi oppure quando si abbiano impianti con potenzialità molto elevate (grandi edifici del terziario, ospedali, aeroporti, ). Nella centrale sono alloggiati i seguenti dispositivi: il gruppo termico le pompe di circolazione i collettori di distribuzione il vaso di espansione dispositivi per la produzione di acqua calda sanitaria, scambiatori o serbatoi di accumulo sistemi di regolazione e controllo quadri elettrici sistemi di trattamento dell acqua I gruppi termici generano fumi e prodotti di combustione che devono essere scaricati all esterno attraverso camini che possono essere sia posizionati all interno che all esterno dell edificio. E bene limitare al minimo i tratti orizzontali di canna fumaria e quindi di 14

15 conseguenza posizionare centrale, caldaia e camino. Per assicurare l evacuazione dei fumi è necessario assicurare un adeguato tiraggio nel camino, ovvero è necessario che vi sia un adeguata differenza di pressione tra ingresso al camino ed uscita dallo stesso (tiraggio). Il tiraggio può, e in alcuni casi deve, essere assicurato da ventilatori. Il posizionamento della centrale dovrebbe essere anche studiato in funzione da limitare la lunghezza delle tubazione di mandata e ritorno che da essa si dipartono. Si consiglia quindi una posizione baricentrica rispetto alle diverse utenze. Infine la posizione della centrale è legata anche al tipo di combustibile utilizzato sia per disposizione di legge o normative sia per l esigenza di posizionare un serbatoio per i combustibili liquidi o di avere accesso alla rete per il gas. Le caratteristiche della centrale termica previste dalla normativa e dalla legislazione dipendono dal tipo di combustibile utilizzato. Per i combustibili liquidi gasolio e olio combustibile le principali caratteristiche del locale centrale termica (circolare del Ministero dell Interno n.73 del 29/9/71) sono le seguenti: deve essere posizionato in un qualsiasi ambiente di un edificio o in un edificio a se stante purchè abbia almeno una parete confinante con spazi a cielo libero (cortili, strade, giardini, intercapedini a cielo libero o grigliate, ); deve avere aperture di ventilazione con altezza minima 50 cm; non deve avere comunicazione con ambienti destinati ad altro uso compresi i vani scala e i vani ascensore; se confina con ambienti abitati è necessario che la parete attestata a cielo aperto abbia almeno una superficie pari a 1/3 della superficie in pianta con facile cedimento (parete di scoppio); deve presentare elementi di involucro orrizzontale e verticale con almeno 120 minuti di resistenza al fuoco (REI 120); la soglia della porta deve essere rialzata di almeno 20 cm rispetto al pavimento del locale; pavimento e pareti fino a 20 cm dal pavimento devono essere resi impermeabili al combustibile liquido utilizzato; il locale deve avere una altezza di almeno 2,5 m, mentre tra le pareti e il generatore termico deve esserci uno spazio di servizio di almento 60 cm e tra il soffitto e la caldaia ci devon essere almento 100 cm; in presenza di bruciatore esterno tra questo e la parete corrispondente deve esserci uno spazio di almeno 1,3 m; per edifici con altezza superiore a 24 m o destinati a pubblico spettacolo e collettività l accesso al locale deve essere direttamente da spazi a cielo libero oppure da intercapedine grigliata a esclusivo servizio della caldaia. per gli altri edifici l accesso può essere realizzato anche da un disimpegno purchè questo abbia un lato attestato verso spazio a cielo libero e su di esso vi sia una apertura senza serramento per aerazione di almeno 0,5 m 2 ; le porte del locale e del disimpegno devono essere apribili verso l esterno, incombustibili e dotate di chiusura automatica; il locale deve presentare una o più aperture verso spazio a cielo libero per non meno di 1/30 della superficie in pianta e comunque pari a: più di 0,50 m 2 per potenze fino a kcal/h; più di 0,75 m 2 per potenze tra kcal/h e kcal/h; più di 1 m 2 per potenze tra kcal/h e kcal/h; 1/20 della superficie in pianta e comunque pari a 1 m 2 per potenze oltre kcal/h. 15

16 Per i combustibili gassosi prelevati dalla rete oltre alle caratteristiche sopra elencate la centrale termica dovrà rispettare alcune prescrizioni specifiche (circolare del Ministero dell Interno n.68 del 25/11/69): essere aerata in maniera permanente sia per fornire l aria comburente per la combustione che per la ventilazione; preferibilmente deve essere collocata fuori terra e con facile accesso; le aperture di ventilazione devono avere una superficie S in centimetri pari almeno a quella ricavata con la relazione S=Q/100 dove Q è la potenza termica in kcal/h; le aperture devono avere inoltre il filo superiore in corrispondenza del soffitto in modo che non si possano creare delle sacche di gas ristagnante se questo è più leggero dell aria; non deve essere collocata sotto ambienti adibiti a pubblico spettacolo, chiese, sale riunioni e autorimesse; per gas con densità inferiore a 0,8 è possibile l ubicazione anche nel piano interrato a patto che la superficie di aerazione sia aumentata del 50%. Figura 8. Localizzazione delle centrali termiche (D.M.Interno 16/05/2003). 16

17 A B Figura 9. Dimensioni centrale termica a GPL A) e a Metano B), poste fuori terra Figura 10. Dimensioni centrale termica a metano interrata. 17

18 Caldaie murali a gas I generatori di piccole dimensioni (inferiori a 35 kw) possono essere installati in qualsiasi ambiente (cucine, bagni, corridoi,.) purchè sia garantito un sufficiente apporto di aria di combustione. Si sono diffusi in questi ultimi dieci anni la caldaie a gas murali con camera di combustione stagna che permettono ad ogni utenza di gestire in modo completamente autonomo la produzione di calore e acqua calda sanitaria. Esse prelevano l aria comburente dall esterno attraverso un canale a doppia camera che scarica anche all esterno i fumi. Se si utilizza una caldai non stagna si devono prevedere delle aperture di ventilazione nel locale in cui è installata di almeno 100 cm 2. Lo scarico dei fumi può avvenire in facciata purchè non interferisca con le aperture di altri appartamenti. La caldaia può anche essere installata all esterno in un terrazzo o in un balcone purchè protetta dagli agenti atmosferici. Caldaie a condensazione Usualmente i fumi vengono scaricati ad un temperatura intorno ai C. Questo in modo da garantire un certo tiraggio e la permanenza in fase gas del vapore d acqua presente. In questo modo si sfrutta solo il potere calorifico inferiore del combustibile. E possibile recuperare il calore sensibile della massa di fumi e quello latente del vapore d cqua (utilizzando il potere calorifico superiore del combustibile) facendo uscire i fumi dalla caldaia ad una temperatura intorno ai C. Figura 11. Esempio di caldaia murale a gas con produzione di acqua calda sanitaria (destra) e caldaia a condensazione (sinistra). Il vapore d acqua in questo caso condensa ed è necessario prevedere uno scarico (attenzione alla sua acidità in quanto ossidi di azoto e anidride solforosa prodotti dalla combustione 18

19 passano in soluzione, lo scabiatore deve essere realizzato in acciaio inox es. AISI314). In generale si ottiene il maggior scambio termico aumentando la superficie di scambio dello scambiatore. Il rendimento della combustione aumenta notevolmente e da valori intorno a 90-95% delle normali caldaie si passa a valori intorno al 105% (il valore superiore a 100% è dovuto al fatto che nel valutare il rendimento ci si riferisce al potere calorifico inferiore). Data la necessità di scambiare calore con i fumi in uscita a C, la caldaia a condensazione è ideale per produrre acqua a bassa temperatura da inviare in corpi scaldanti quali i pannelli radianti e i ventil convettori. Competenze e sicurezza sull impiego dei gas combustibili Risulta evidente che l utilizzo di combustibile comporta particolari attenzioni a livello progettuale sia per il trasporto che per l uso; inoltre per una corretta combustione, che si è visto necessita di aria, prevede un sufficiente apporto di aria comburente. I generatori di calore e/o le apparecchiature preposte all utilizzo dei combustibili dovranno essere uniformate a particolari esigenze costruttive ed installate in modo che tali esigenze siano rispettate. Per quanto riguarda i combustibili gassosi, la vigilanza ed il controllo sulla sicurezza appartengono in primo luogo alle Aziende ASL in virtù delle attribuzioni stabilite dalla Legge 23/12/78 n 833. Questa competenza trova conferma anche in una ordinanza del Presidente della Regione Lombardia. Per effetto dell'art. 14 della Legge 46/90, la competenza per accertare la conformità degli impianti risulta estesa anche ai comuni, ai comandi provinciali dei Vigili del Fuoco e all'istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), con le modalità previste dalla stessa legge. Significative sono altresì le competenze assegnate ai comuni con più di abitanti e alle province per effetto della L. 10/91 (art. 31 comma 3) e del relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 412/93, come modificato dal D.P.R. 551/99) in materia di controlli di impianti termici, come definiti dall'art. 1 lett. f) del D.P.R. 412/93, nei limiti in cui tra tali impianti rientrino anche quelli alimentati a gas per uso domestico ed usi similari. Tali controlli possono essere effettuati mediante affidamento ad organismi esterni con le forme di cui all'art. 11 commi 18, 19 e 20 D.P.R. 412/93 (come modificati rispettivamente dagli artt. 13, 14 e 15 del D.P.R. 551/99). I verificatori della combustione nello svolgimento della sopracitata attività di controllo, che ha le caratteristiche della pubblica funzione ai sensi dell'art. 357 C.P., rivestono la qualifica di pubblici ufficiali. Degno di menzione, infine, è il compito delle imprese di distribuzione del gas di negare ovvero sospendere la fornitura del gas medesimo ove accertino, nel corso degli interventi previsti, le condizioni di irregolarità indicate dall'art. 16, commi 5 e 6, D. Lgs. 164/2000 (funzionamento non sicuro nei riguardi della pubblica incolumità, non conformità dell'impianto alle norme o reiterato rifiuto del responsabile dell'impianto a consentire i controlli). Camini I camini sono quei dispositivi che servono a convogliare in atmosfera i prodotti della combustione che avviene in caldaia, i quali sono costituiti da una miscela di azoto, anidride carbonica, ossido di carbonio, vapore d acqua, ossidi di zolfo, ossidi di azoto, particelle incombuste. Il camino è costituito dalla canna fumaria, il condotto verticale, dal comignolo, la parte finale che protegge la canna fumaria, e dal raccordo con il focolare. Si hanno tre principali tipologie di camini: in refrattario, in laterizio e in acciaio inox. 19

20 Figura 12. Esempio di Canna Collettiva Ramificata. a) comignolo o aspiratore statico; b) altezza minima al di sopra dell ultimo apparecchio, 3 m; c) condotto secondario; d) canale da fumo; e) apparecchio a gas; f) dispositivo rompitiraggio-antivento; g) apertura di ventilazione; h) aria; i) prodotti di combustione; l) collettore. La differenza di temperatura tra i gas contenuti all interno del camino e l aria atmosferica all esterno crea una depressione alla base del camino (tiraggio) che è tanto maggiore quanto più grande è l altezza del camino e la differenza di temperatura tra interno ed esterno. La sezione del camino deve essere dimensionata in funzione della sua altezza e della potenzialità del focolare a cui è collegato. La legge 615 del 13/7/1966 e il DPR n del 22/12/1970, nonché le norme UNI 9615, UNI e UNI danno utili indicazioni sul dimensionamento e le caratteristiche dei camini. Il dimensionamento del camino consiste nel determinarne altezza e sezione. Esso si basa sul confronto tra confronto tra il tiraggio (depressione) nella sezione di ingresso fumi del camino (P z) ed il tiraggio (depressione) necessaria in quello stesso punto (P ze). La depressione nella sezione di ingresso dei fumi nel camino può essere ridotta aumentando la sezione, cambiando generatore di calore, introducendo un ventilatore di estrazione dei fumi. Al fine di un buon funzionamento deve essere inoltre verificata la temperatura della parete interna allo sbocco del camino e la temperatura di rugiada dei fumi. La bocca del camino deve superare di almeno 1 m il colmo del tetto e qualunque elemento distante meno di 10 m. Le ditte che producono camini propongono tabelle per il calcolo dei camini basate sulle norme sopra citate. Nelle tabelle 4 e 5 di seguito, il primo valore si riferisce al diametro della canna 20

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