NOME COMUNE MELA LIMONCELLA SINONIMI --- CODICE ACCESSIONE MD026
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- Giustina Vecchio
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1 Mela Limoncella
2 NOME COMUNE MELA LIMONCELLA SINONIMI --- CODICE ACCESSIONE MD026 COLLEZIONE IN VIVO SI COLLEZIONE IN VITRO NO LUOGO DI RITROVAMENTO E DIFFUSIONE La pianta madre è stata ritrovata nel comune di Cascia, ma la varietà era un tempo diffusa un nelle zone di media ed alta collina in quasi tutto il territorio regionale. CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE ALBERO RAMI FIORI FOGLIE FRUTTI Di vigore elevato con portamento eretto e forte ramificazione. I rami sono piuttosto rigidi, con internodi di spessore grande e lunghezza media. Il numero delle lenticelle è medio. Nella porzione distale i rami dell anno presentano tomentosità, mentre il colore del lato esposto al sole è marrone rossastro. Sono riuniti in corimbi di 6-7 fiori ciascuno. La corolla ha un diametro medio (48 mm) ed i petali hanno forma ellittica/ellittico allungata. Allo stadio di bottone fiorale il colore predominante è il rosa giallastro. A fiore in piena antesi i petali di colore bianco risultano tra loro separati. Lo stigma si trova allo stesso livello delle antere. Di colore verde medio. Il lembo è lungo in media 77 mm e largo mm 45, di dimensioni piccole (35 cm 2 ) e forma ellittica. Il margine è bicrenato, mentre la pagina inferiore presenta una media tomentosità. Il picciolo è lungo in media 22 mm, porta una coppia di stipole e presenta una colorazione antocianica alla base di estensione piccola. Le foglie delle lamburde sono di colore scuro, dimensioni inferiori (lunghezza 66 mm, larghezza 33 mm, superficie 22 cm 2 ) e forma ellittico allungata; il picciolo è lungo 26 mm, con estensione ridotta della colorazione antocianica ed è privo di stipole. I frutti, di piccole dimensioni (86 g), sono di forma cilindrico stretta con leggera asimmetria in sezione longitudinale (altezza 63 mm, diametro massimo 55 mm). Presentano una costolatura ed un coronamento del calice di grado medio. La cavità peduncolare è stretta (23 mm) e poco profonda (10 mm) mentre quella calicina è di ampiezza media e media profondità (17 e 6 mm rispettivamente), mentre il peduncolo risulta essere di lunghezza media e spessore sottile (16 e 2 mm rispettivamente). La buccia è liscia, con un leggero strato ceroso. Il colore di fondo è giallo, con area relativa del sovracolore medio piccola, di colore rosso arancio di tonalità chiara e distribuito in modo uniforme con strisce sottili debolmente delimitate. La buccia è priva di rugginosità e con poche lenticelle. La polpa è di colore bianco, piuttosto dura con media succulenza. Le logge carpellari sono leggermente aperte, mentre i semi sono di forma ellittica. OSSERVAZIONI FENOLOGICHE La fioritura avviene nel mese di aprile con il picco intorno alla prima, seconda decade del mese. La maturazione di raccolta avviene intorno alla metà del mese di ottobre ed i frutti si conservano per diversi mesi in fruttaio. OSSERVAZIONI FITOPATOLOGICHE Le piante in osservazione si sono mostrate moderatamente sensibili alla Ticchiolatura. I frutti sono suscettibili alla Carpocapsa.
3 Foglie su lamburde PERCORSI STORICO ANTROPOLOGICI Fino a pochi decenni orsono, questa particolare cultivar di melo invernale era significativamente rappresentata all interno del patrimonio varietale frutticolo umbro, favorita dalle buone capacità di adattamento della pianta ai terreni collinari e dalla possibilità di una prolungata conservazione del frutto, apprezzato per il caratteristico gusto acidulo, cui deve essenzialmente il nome. La Limoncella non va però confusa con la sua omonima coltivata al Nord d Italia, più propriamente detta Limoncina e corrispondente alla Taffetà Bianca d autunno originaria della Venezia Tridentina1 [Boni G., 1 È opportuno segnalare la presenza di alcuni esemplari di questa cultivar settentrionale anche in Umbria, come ci informa negli anni trenta Francesco Rossi, trattando degli impianti frutticoli sperimentali allora presenti nel territorio Spoletino, dove questa varietà dette all epoca i risultati migliori unitamente alla Calvilla Bianca [ROSSI F. La frutticoltura in Umbria, pp , Annali della Facoltà di Agraria dell Università degli Studi di Perugia, Volume 1, 1942: 26].
4 Manuale pratico di frutticoltura, S. Lattes & C., Torino-Genova, 1925: 251; Tamaro D., Frutta di grande reddito, Hoepli, Milano, 1935]. I dati quantitativi inerenti la produzione melicola per provincia presentati al III Congresso Nazionale di Frutticoltura (Ferrara, 9-11 ottobre 1949) documentano come la Limoncella risultasse tra le varietà più diffuse negli impianti umbri sino al 1929 ed ancora tra le principali varietà in produzione nel 1948, con una percentuale del 10% per la provincia di Perugia e del 10-15% per il ternano, dove accanto all Abbondanza e al Durello continuava a comparire tra le cultivar preferite anche dai nuovi impianti 2 [III CONGRESSO NAZIONALE DI FRUTTICOLTURA, Atti- Ferrara, 9-11 Ottobre 1949, Vallecchi Editore Firenze: ]. Un autorevole conferma riguardo la costante presenza della varietà Limoncella nei frutteti ternani ci viene dalle indagini condotte negli anni Trenta dall agronomo Federico Rossi 3, che individuava proprio nella 2 «Varietà preferite dai nuovi impianti: Abbondanza, Durello, Limoncella. Principali comuni di coltura: Amelia, Orticoli. Si prevede un ulteriore estendimento della coltura in consociazione con la vite ad una distanza di m sul filare» [III CONGRESSO NAZIONALE DI FRUTTICOLTURA, Atti- Ferrara, 9-11 Ottobre 1949, Vallecchi Editore Firenze: pp ]. 3 In quegli anni il Rossi effettuò approfonditi studi sulla frutticoltura umbra, pubblicando numerosi articoli e saggi, tra cui di notevole interesse storico: La frutticoltura in Umbria, stato attuale e possibilità di estendimento, pubblicato alla primissima uscita degli media e bassa Valnerina le aree d elezione per eventuali futuri progressi della melicoltura in Umbria: «la media Valnerina e la Valnerina inferiore sono le regioni dove il melo prospera meglio e la creazione di nuovi frutteti di orientamento e dimostrativi sarebbe necessaria per l estendimento di questa specie molto trascurata in Umbria [.] Le varietà più comunemente coltivate sono la Limoncella, la Delicious, la Stark King, la Calvilla rossa d inverno, la Renetta del Canadà, la Rosa Mantovana e quasi tutte hanno dato buoni risultati» [Rossi F. La frutticoltura in Umbria, pp , Annali della Facoltà di Agraria dell Università degli Studi di Perugia, Volume 1, 1942: 64-65]. Anche riguardo il comprensorio Perugino, negli scritti del Rossi troviamo una segnalazione della cultivar Limoncella per il Frutteto del R. Istituto tecnico agrario di Todi [ibidem: 27]. Nella fattispecie, l ambiente dell impianto tuderte si impose all attenzione dei tecnici locali, dimostrandosi particolarmente favorevole alla coltivazione del melo, all epoca tutt altro che sviluppata nella provincia di Perugia 4. Al di là dei frutteti veri e propri, la cultivar in questione era comunque disordinatamente diffusa, almeno a partire dagli albori del secolo scorso, su gran parte del territorio: dall Alta Valle del Tevere, alla Valnerina, all Amerino 5, come attestano le rilevazioni etnografiche e gli stessi ormai rarefatti esemplari ancora esistenti nelle campagne della nostra regione, dove la Limoncella pare fosse anche conosciuta con i Annali della Facoltà di Agraria di Perugia nel 1942 [Rossi F., 1942, cit.]. 4 «Non esistono in provincia meli in coltura specializzata [ ]. Nessuna cura si concede a questa specie, donde la irrisoria produzione, non supera mai i q.li 0,27 per ettaro» [Ibidem: 29]. 5 Cfr. Lamanna A., Puletti E., Salerno P., Ascoltare il Tevere. Viaggio dei nomi di luogo e della natura nella Valle del Tevere, Era Nuova, Ellera Umbra, 2000: Arice P., Miliacca G., Frutti dal passato. Storia del progetto di recupero e conservazione presso il bacino del Rio Grande di Amelia, Leoni Grafiche, Amelia, 2004.
5 sinonimi di «Polsella o Cannella per la sua forma, che ricorda un piccolo cilindro o cannello» [Dalla Ragione I., Dalla Ragione L., Archeologia Arborea: diario di due cercatori di piante, Ali&no, Assisi, 1997]. Sebbene non sia possibile risalire con precisione all epoca di introduzione della Limoncella in Umbria, è indubitabile non si tratti di una cultivar autoctona, le cui origini risultano saldamente ancorate all Italia meridionale, in modo particolare alla Campania, dove era coltivata su vasta scala fino alla prima metà dell Ottocento. L apprezzamento che riceveva questa qualità di mela è testimoniato dalle numerose menzioni elogiative rintracciabili in diverse pubblicazioni attinenti l agricoltura del territorio campano. E il caso del Breve ragguaglio dell agricoltura e pastorizia del Regno di Napoli, dato alle stampe nel 1845, «per gli Scienziati che bramassero sapere le principalissime varietà delle frutta ed erbe più generalmente conosciute dai nostri agricoltori, non che le loro differenti maniere di coltivazione» [Gasparini G., Breve ragguaglio dell agricoltura e pastorizia del Regno di Napoli, Tipografia Del Filiatre- Sobezio, Napoli, 1845: IV]. Nel suddetto resoconto agronomico, la Limoncella è annoverata tra le migliori varietà di mele coltivate «in diversi luoghi del distretto di Napoli» [Ibidem: 39-40]. L eccellenza della cultivar è segnalata anche dalla saggistica corografica ottocentesca, come ad esempio nella Monografia di Vico-Equense, dove l autore ci informa come «lodate al sommo presso tutte le Città della Provincia sono fin da tempi remoti tra le mela e le pera d' ogni genere, che tanto abbondano nei Casali di S. Salvatore, Massaquano, Mojano, Preazzano ed Arola, e danno una rendita ben considerevole ai proprietarii. Fra queste van preggiate le pere borè, le spatone, le spinole, le carmosine e tra le mela son più lodate per delicatezza quelle di S. Nicola e le limoncelle». [Parascandolo G., Monografia del Comune di Vico-Equense, Stabilimento Tipografico Priggiobba, Napoli, 1858: ]. Il legame della cultivar con il Sud d Italia ed in particolare con la Campania è riconosciuto negli scritti dei più autorevoli pomologi italiani del secolo scorso. Nella sua descrizione della Limoncella, corredata peraltro di una bellissima tavola a colori, il Molon precisa infatti trattasi di una varietà di «melo coltivata nei dintorni di Napoli 6» [Molon G., Pomologia, Hoepli, Milano, 1901: 163]. Riproduzione della Mela Limoncella tratta da Frutta di grande reddito di Domenico Tamaro Anche il Gallesio ci dà ulteriore conferma della diffusione partenopea della Limoncella, da lui annoverata tra i frutti che componevano i dessert dei numerosi pranzi e feste dell alta società, cui era quotidianamente invitato durante il suo soggiorno nel Regno di Napoli, profittando - come lui stesso ammette- per continuare a studiare e valutare i frutti di stagione di quei luoghi. [Gallesio G. I giornali dei viaggi, Accademia dei Georgofili, Firenze, 1995: ]. La Limoncella è pure inclusa nelle classificazioni pomologiche proposte dal Tamaro che, nel suo Trattato di Frutticoltura 6 «citato in un articolo del prof. Savastano (Rivista Agraria, 1893 n. 10). Ne avremmo campioni a più riprese dalle provincie meridionali» [Ibidem: 163].
6 edito nel 1915, così si esprime al riguardo: «preziosissima mela invernale da grande commercio delle province meridionali. La sua produzione è però molto incerta. Le frutta riescono piccole nelle annate asciutte ed è molto soggetta alla ticchiolatura» [Tamaro D., Trattato di frutticoltura. Hoepli, Milano, 1915: 578]. Peraltro, è proprio a causa di questa predisposizione a contrarre la fitopatologia che, successivamente, la pianta verrà scartata dagli impianti moderni a vantaggio di varietà più resistenti. Se da una parte la coltivazione della Limoncella non restò comunque circoscritta all areale campano, trovando il suo habitat ideale anche in Molise, in Abruzzo ed in Umbria, dall altra sembrerebbe non aver mai varcato i confini dell Italia centromeridionale. Allo stato attuale delle ricerche, non troviamo traccia della varietà in materiali storici appartenenti al Settentrione, come pure nella letteratura agronomica attinente la più vicina Toscana. Nessun riferimento tra i lavori della famiglia Targioni-Tozzetti che, nell arco di due secoli ebbe il merito di dare alle stampe un ingente e dettagliata mole documentaria concernente l agricoltura Toscana. Tra cui ricordiamo il preziosissimo Dizionario Botanico Italiano, elaborato in larga misura sui manoscritti inediti di Pier Antonio Micheli, insigne botanico alla corte dei Medici al principio del XVIII sec. A tal proposito, segnaliamo l impossibilità di identificare la Limoncella nei dipinti del pittore Bartolomeo Bimbi, incaricato, in quegli anni, con il Micheli di censire e raffigurare il germoplasma frutticolo toscano. Eppure non possiamo negare la diffusione della cultivar a quell epoca, visto che nel 1739 «limoncelle agre» compaiono tra i donativi oggetto di scambio tra eminenti figure ecclesiastiche, come si apprende dai diari del vescovo e letterato napoletano Sant Alfonso Maria de Liguori ( ) [Orlandi G. (cur.), Carteggio di S. Alfonso Maria de Liguori, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2004: 521] 7. Ciononostante, secondo alcuni, le ancora imprecisate origini della cultivar andrebbero ricercate più a Sud. Il Morettini ritiene la Limoncella «originaria della zona etnea, dove viene chiamata Pomo-cola», precisando che «in Sicilia, oltre Piazza Armerina, la coltura del melo si pratica sull Etna ad un altitudine dai 900 ai 1500 metri. Le cultivar locali che godono di una certa rinomanza sono: Pomocola, corrispondente alla Limoncella coltivata nel Napoletano, Pomo gelato, Pomorotolo a frutto più grosso. La più pregiata è la Pomo- Cola» [Morettini A., Frutticoltura Generale e Speciale, Ramo degli Agricoltori, Roma, 1963: ]. Tale identificazione trova conforto, oltre un secolo prima, negli studi di archeobotanica condotti intorno alla flora Etnea dal siciliano Francesco Tornabene che, confrontando i reperti fossili con la vegetazione all epoca presente sulle pendici dell Etna, ritiene indubitabile la «indigena e primitiva esistenza nel vulcano» del genere Pyrus Malus «che tra i Pomi, i quali mettono più frutto sono il Pyrus maius Lin. var. miladeci, e var. Cola ossia Limoncella degli Italiani; quest'alberi si caricono di tanto frutto da fermare il passo a qualunque viandante 7 L edizione degli scritti dell autore da noi consultata riporta in nota la definizione data nel Grande Dizionario della Lingua Italiana del Battaglia, per cui «limoncelle agre: varietà di mele colombine, piccola simmetrica, con buccia giallo-verdognola, lucida, polpa bianca, profumata, di sapore gradevolmente acidulo» [GDL, XI].
7 per essere veduti ed ammirati, tanto è il numero delle frutta» [Tornabene F., Flora fossile dell Etna, Tipografia dell Accademia Gioenia, Catania, 1859: 96-97]. Grazie alla coroplastica è poi possibile ampliare il ventaglio delle fonti in grado di documentare le antiche varietà agroalimentari presenti nel territorio. Emblematico a tal proposito il ritrovamento nel santuario di contrada della Mannella (situato nell area collinare di Locri Epizefiri), di alcune fittili votive in terracotta che in base a specifici studi di bioarcheologia effettuati da Valeria Meieranocorrisponderebbero proprio alla riproduzione della mela Limoncella: «ritengo che questi fittili presentino affinità indubbie, dal punto di vista dimensionale e morfologico, con una qualità di mela ancora diffusa, seppur in modo sporadico, nell entroterra reggino e nel Salernitano, e raramente venduta nei mercati rionali da piccoli produttori. Si tratta di una vecchia cultivar detta mela limoncella per via del colore giallognolo dell epicarpo e per il gusto asprigno dalla polpa croccante e profumata. Presenta forma ovoidale, quasi cilindrica, ed è priva di bozze pericalicine. La perizia degli artigiani locresi si rivela anche nella perfetta riproduzione di questi dettagli, come emerge nell immagine che mette a confronto un frutto ed un esemplare di terracotta [Convegno di studi sulla Magna Grecia, Ambiente e paesaggio nella Magna Grecia: atti del quarantaduesimo convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 5-8 ottobre 2002, Istituto per la storia e l archeologia della Magna Grecia, Taranto, 2002: ; cfr. inoltre Meierano V., Cibi e vegetali in Magna Grecia: nuovi documenti e proposte interpretative, pp , in Bollettino della società di Archeologia e Belle arti, LII 2000; Eadem, Il sacro e i vegetali eduli nel santuario di Persefone a Locri Episefiri, Seminario di Studi di Bioarcheologia, Uomini, piante e animali nella dimensione del sacro, 2002]. Il suddetto sito archeologico è ricchissimo di reperti risalenti per lo più al VI V secolo a.c., quando a seguito di lavori di ristrutturazione furono seppelliti migliaia di ex-voto raffiguranti offerte di ortaggi, frutti, animali, tra cui i celebri pinakes, emersi agli scavi dopo la scoperta del santuario agli inizi del secolo scorso [Genovese G., I santuari rurali nella Calabria greca, «L ERMA» di Bretschneider, Roma, 1999: 125]. È dunque ipotizzabile la secolare presenza della cultivar in gran parte del territorio della Magna Grecia, laddove trovava probabili nuclei originari nel penisola sorrentina 8, nel locrese e sui monti dell Etna, sebbene non sia possibile stabilirne l ordine cronologico. E interessante notare come tale diffusione si sia protratta a lungo nel tempo, raggiungendo la nostra regione e i vicini Abruzzi, dove benché non si possa parlare di autoctonia, la varietà tenderà a naturalizzarsi a tal punto da essere considerata ai nostri giorni alla stregua di un ecotipo locale. Fino agli anni sessanta, come abbiamo visto, non era difficile riconoscere numerosi alberi di mela Limoncella mescolati alle tante altre varietà di pomi che vegetavano sulle fasce collinari umbre e/o abruzzesi oppure all interno dei poderi, laddove il frutto era tenuto in grande considerazione dalle famiglie contadine, soprattutto per la maturazione tardiva e la durevole conservazione che consentiva di differirne il consumo per tutto l inverno. Per queste ragioni, la mela Limoncella era particolarmente ricercata, entrando sovente nella consuetudine degli scambi stagionali di prodotto che caratterizzava l economia agricola locale. A tal proposito, ci piace riportare un passo tratto dai ricordi di infanzia dello scrittore aquilano Elvio Cipollone: «a settembre venivano alle Case con l asino e le ceste di limoncelle. Quanto erano buone! Si faceva a cambio con le patate. Una cesta di mele, una di patate. Mia 8 La Guida gastronomica d Italia del Touring Club alla sua prima edizione del 1931 sottolinea come, all epoca, la Mela Limoncella si coltivi in prevalenza nella piana di Salerno [Touring Club Italiano, Guida gastronomica d'italia, Touring Club Italiano, Torino, 1931: 379].
8 madre ne prendeva due ceste ogni anno, le metteva in cantina e duravano fino a Natale. Me ne dava una al giorno, se andavo a zappare, altrimenti niente. La sensazione di piacere che mi dava quella mela, oggi cosa potrebbe eguagliarla? Niente! [...] Veniva sempre la stessa coppia con lo stesso asino. [...] Lui misurava la merce e sgobbava, lei teneva l asino per la cavezza e dava la voce: Sono arrivate le mele, eh signò, venite, assaggiate, limoncelle, limoncelle belle. Cambio a patate, ceci, fagioli. Sentite quanto sono buone, oh. Dovevano essere marito e moglie, che Dio gli abbia in gloria!» [Cipollone E., La stanza dei segni, Roma, 2008: 101]. Soltanto in tempi relativamente recenti la coltivazione della Limoncella viene ad essere trascurata ed abbandonata dalla frutticoltura specializzata, anche nei territori originari, soprattutto a causa della sua vulnerabilità alle più comuni fitopatologie del melo, in modo particolare alla ticchiolatura -come già segnalava il celebre pomologo Domenico Tamaro. Inevitabilmente dunque anche la Limoncella fu coinvolta nel processo di selezione delle varietà da reddito, attivatosi in ambito agronomico al principio del secolo scorso e che, come è noto, condusse all erosione della biodiversità di innumerevoli specie arboree da frutto. Ad ogni modo, da qualche anno a questa parte in alcune località della Campania, la coltura della mela Limoncella è stata rivalutata sia nell ottica della salvaguardia di una varietà locale così storicamente significativa, sia per le pregevoli caratteristiche organolettiche del frutto che gli conferiscono grande versatilità gastronomica. Oltre al consumo fresco, la mela Limoncella infatti si adatta alla cottura 9, può essere trasformata in composte, succhi e/o confetture, e viene impiegata nella 9 Le limoncelle cotte al forno con miele d acacia pare venissero utilizzate per la preparazione dei passatielli un piatto tradizionale della cucina sorrentina [ produzione del sidro, antica bevanda d oltralpe 10 che solo di recente si sta imponendo in misura crescente sul mercato nazionale Ad eccezione di qualche provincia del Settentrione ove mancava l opportunità della coltura della vite, la fabbricazione del sidro risulta storicamente poco diffusa nel nostro Paese, sebbene conosciuta e praticata in forma piuttosto marginale - a detta di alcuni addirittura sin dall Antichità [A.A. V.V., Dizionario delle origini invenzioni e scoperte sulle arti, nelle scienze, nella geografia, nel commercio e nell'agricoltura, Angelo Bonfanti, Milano, 1831, Tomo IV: 95-96]. 11 Nello specifico del sidro di Mela Limoncella cfr. tra gli altri
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