Martedì della Parola Lectio biblica su Luca 10,38-42 Caltanissetta Cappella Maggiore del Seminario 9 aprile 2013

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1 MARTA E MARIA Martedì della Parola Lectio biblica su Luca 10,38-42 Caltanissetta Cappella Maggiore del Seminario 9 aprile Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. 39 Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; 40 Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41 Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, 42 ma u- na sola è la cosa di cui c è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta». 1. Tra prossimità e preghiera In cinque versetti Luca presenta una profonda catechesi sull importanza dell ascolto della Parola, quale servizio primario e fondante a cui è chiamato ogni discepolo. A prima vista sembra un quadretto di vita familiare: due sorelle litigano per il diverso atteggiamento assunto nei confronti dell amico Gesù. Protagonisti del racconto, infatti, sono Gesù e le due sorelle Marta e Maria. Entrambe entrano in relazione con Lui, ma fra loro non parlano e non comunicano. Marta parla solo a Gesù, anche se in parte fa riferimento alla sorella, e di Gesù l evangelista riferisce solo le parole rivolte a Marta, mentre tace sul contenuto della parola che Gesù porge a Maria. Quest ultima offre a Gesù l omaggio dell ascolto e alla sorella Marta l esercizio del silenzio. A Betania la casa di Marta e Maria (e Lazzaro secondo Gv 11) è per Gesù un luogo ospitale, in cui egli ama abitare e riposare in compagnia di queste sue due amiche. Luca racconta che «mentre erano (Gesù e i Dodici) in cammino (verso Gerusalemme) egli invece entrò in villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa» (Lc 10,38). Gesù, dunque, si reca da solo in casa di Mar- MONITORE DIOCESANO 2,

2 ATTI DEL VESCOVO Lectio ta, ha bisogno di staccarsi dalla sua compagnia maschile per ritrovarsi e godere dell amicizia di queste due sorelle. Il racconto lucano si colloca fra la parabola del buon Samaritano e la consegna della preghiera del Padre nostro, cioè fra la dimensione caritativa relazionale-orizzontale e la dimensione orante relazionale-verticale. La parabola mette in evidenza l urgenza e il modo di farsi prossimo all altro con il comando finale «Va e anche tu fa lo stesso!» (Lc 10,37). Il Padre Nostro scaturisce dal desiderio dei discepoli di pregare come Gesù: «Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1-4). Il nostro brano tende così a fare da cerniera e da sintesi dei due pilastri della fede: la carità come alterità nella prossimità e la preghiera come relazione di figliolanza con Dio e di fraternità fra i discepoli. Tutto il nostro racconto è costruito in un crescendo che culmina nella risposta di Gesù a Marta: «...Una sola è la cosa di cui c è bisogno...» (Lc 10,42). Perché Maria, non Marta, è la sintesi della parabola del Buon Samaritano e della preghiera. 2. La diaconia lacerante Marta è chiaramente la padrona di casa. È lei che accoglie Gesù, anche se il racconto ci mostrerà che solo Maria ha saputo profondamente e realmente dare ospitalità al Signore. Dalla tradizione dei costumi giudaici sappiamo che era sconveniente per un uomo solo entrare in casa di una donna. Con questo gesto, come del resto ha fatto il Samaritano nella parabola precedente, Gesù sovverte ogni regola e, come vedremo, una volta dentro creerà scandalo nella padrona di casa. Marta fa tutto il possibile per onorare il suo Ospite, ma poi finisce col rimproverarlo e dargli ordini. Infatti, apostrofa Gesù con un interrogativo e poi con un imperativo: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti!» (Lc 10,40). Come spiegare l atteggiamento di Marta? Potremmo pensare a tre motivi: l ansia di onorare Gesù; la gelosia nei confronti di Maria; lo scandalo nei con- 290 MONITORE DIOCESANO 2, 2013

3 Marta e Maria fronti del Maestro. Quest ultimo motivo è dato dalla legge vigente che proibiva ad un Rabbi di accogliere donne fra la cerchia dei discepoli. Infatti, l espressione «sedersi ai piedi di...» connota la volontà di un uomo di porsi alla scuola di un Maestro. Paolo affermerà di sé: «È ai piedi di Gamaliele che sono stato istruito nell esatta conoscenza della legge dei nostri padri» (At 22,3). O- ra, vedendo Maria sua sorella sedersi ai piedi di Gesù, Marta è scandalizzata. Ritroviamo qui lo stesso stupito scandalo provato dagli apostoli quando vedono Gesù parlare con la donna samaritana presso il pozzo (Gv 4,27). Per quest ultima ragione Marta non rimprovera la sorella ma direttamente Gesù, a dimostrazione del suo amore per Lui. Nello stesso tempo prova gelosia per la sorella che gode della compagnia di Gesù in una dimensione di passiva attività, mentre lei per amore di Gesù si dà tanto da fare. E ciò che sorprende profondamente Marta è constatare una situazione strana: Gesù sembra gradire più l atteggiamento silenzioso ed estasiato di Maria che il suo lacerante e amorevole darsi da fare proprio per Lui. L ansia, la gelosia e la preoccupazione del buon nome di Gesù fanno perdere di vista a Marta l essenziale: il servizio alla persona di Gesù, mentre lei è tutta presa dal servizio alle cose che riguardano Gesù. «Martha periespàto perì pollén diakonìan (era tutta presa da eccessiva diaconia)» (Lc 10,40). Il verbo greco periespàto indica un affanno carico di tensione e lacerazione. Si tratta della tensione affannata e nervosa tipica di chi è oppresso da mille occupazioni. Marta è dunque lacerata e tesa per l eccessiva diaconia (pollén diakonìan). Gesù le dirà che è «merimnàs kaì thorybàze»: ansiosamente preoccupata (merimnàs) fino a soffocare, chiassosa e agitata (thorybàze). In 1Cor 7,32-35 S. Paolo parla del dono di sé a Dio nella serenità del cuore e insiste sul lasciarsi afferrare dal Signore, vivendo il proprio stato di vita con cuore pacificato e liberato; poi conclude dicendo: «Questo lo dico per il vostro bene per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni (aperispatòs)». Marta è distratta e affannata (periespàto) per la «eccessiva diaconia». Paolo invece raccomanda di vivere aperispatos, senza lacerazioni e distraente affanno. Si tratta di unificare la nostra vita in serena tensione a Cristo, nella gioia e nella serenità di cogliersi come proprietà del Signo- MONITORE DIOCESANO 2,

4 ATTI DEL VESCOVO Lectio re, nella consapevolezza che non siamo noi ad ospitare Gesù ma è Lui che ci accoglie ospitandoci in sé. A questo stato di agitata lacerazione in Marta, Gesù aggiunge altre due connotazioni negative e perverse in Marta: merimnàs kaì thorybàze. Il primo termine richiama la parabola del seminatore e, in modo particolare, il seme caduto fra le spine: «Altri sono quelli seminati tra le spine... ma sopraggiungono le preoccupazioni (o soffocamenti laceranti) del mondo e l inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie...» (Mc 4,18-19). Troppi sono gli interessi dietro i quali corre questa tipologia di credenti dal terreno pieno di spine: le loro preoccupazioni soffocano la Parola seminata in essi. Non c è spazio sufficiente nel loro affannato e agitato cuore, non c è aria sufficiente per dare respiro alla Parola di Dio. Gesù in pratica sta dicendo: «Marta, tu sei come le spine, stai soffocando il seme che è in te, ma così non porterà frutto». Gesù attribuisce a Marta due azioni: la prima è l essere soffocante come le spine, la seconda è l essere chiassosa e agitata. Marta, che voleva onorare Gesù, grida mostrandosi lacerata, soffocante e sta soffocando anche Gesù. Infatti, recita il testo greco, lei non si fa avanti ma sovrasta Gesù, si avvicina a Lui volendo dominare su di Lui. Marta è afferrata dall ideale dell efficienza e dell organizzazione, cioè dalla frenesia del servizio, ma finisce col volersi imporre al Signore. Distratti e appesantiti dall idolatria dell azione, pur vissuta come servizio ma eccessivo, questo tipo di credenti si perdono soffocati nella frenesia della diaconia. Cercano un appagamento nell immediato, nell operativamente verificabile e così sono schiavi di ciò che credono di gestire, sono compressi fra le righe di un quaderno disegnato dall efficienza e dall organizzazione. Ma in questo modo, priva di uno spazio di serena contemplativa libertà, la Parola viene soffocata nella loro coscienza. E mentre la Parola tace essi sono chiassosi (thorybàze) anzi, come fa Marta, pretendono di dominare, gestire e sovrastare la Parola: «epistàsa dé eìpen» (Lc 10,40): «imponendosi (a Gesù) disse». Marta incombe su Gesù in posizione di superiorità e di giudizio. Pretende di gestire il Signore, invece di lasciarsi da Lui ospitare e orientare. È vero: troppo spesso inchiodiamo Gesù alle nostre attese e alle nostre pretese, invece che inchiodare le nostre attese alla Croce di Cristo 292 MONITORE DIOCESANO 2, 2013

5 Marta e Maria Facciamo spesso questo errore, oltre che nelle relazioni fraterne anche nei confronti del Signore. Siamo preoccupati delle cose del Regno di Dio, ma spesso trascuriamo proprio il Re; facciamo le cose di Dio, come le pratiche di pietà, ma non parliamo mai con Dio e non facciamo parlare Dio con noi. E così trascuriamo il nostro rapporto personale con il Signore. Questo è il rischio che possiamo correre in modo particolare noi preti: trattiamo le cose di Dio, abbiamo in mano Gesù, predichiamo la sua Parola, ma forse non incontriamo il Signore non lasciandoci da Lui incontrare Possiamo vivere anche anni nel servizio al Vangelo impegnandoci per il Signore con abnegazione, senza aver mai veramente incontrato il Signore cuore a cuore. Per questo Gesù richiama Marta a diventare come Maria e non indica altra alternativa via 3. L ideale dell efficienza «Martha Martha, merimnàs kaì thorybàze perì pollà, enòs dè estin chreìa» (Lc 10,41-42): nella sua risposta Gesù esprime un giudizio non sulla diaconia di Marta, ma sullo stile e lo spirito con cui ella lo svolge, sulla scala dei valori che ella ha stravolto. Due volte Gesù chiama Marta per nome: è come essere posti dinanzi ad un bivio, non si può procedere oltre, occorre cambiare radicalmente mentalità e stile di vita. Nel racconto della risurrezione di Lazzaro (Gv 11) Marta si mostrerà più pronta e più credente della sorella Maria. In gioco pertanto non è il credere, ma l amare che si fonda sull ascolto, sul coraggio di lasciarsi amare piuttosto che sul generoso protagonismo nel donare amore. L io credente e servizievole di Marta è, come accade anche a noi, il più duro a convertirsi perché non ne sente il bisogno. Si ritiene a posto perché si adopera per piacere al Signore sacrificandosi per Lui. Ma proprio questo modo di pensare, questa mentalità religiosa inquinata dall io sarà oggetto di condanna da parte di Gesù. Marta, dunque, deve fare sintesi nella sua coscienza: non deve lasciarsi afferrare dalla «eccessiva diaconia», ma deve scegliere «la sola cosa necessaria»: farsi prossimo a Gesù nell ascolto della sua Parola. Qui troviamo la sintesi fra carità e preghiera, pastoralità e contemplazione. Qui riscopriamo l atteggiamento del povero dinanzi a Dio: non abbiamo nulla da dare al Signore se non il no- MONITORE DIOCESANO 2,

6 ATTI DEL VESCOVO Lectio stro umile, attento, profondo ascolto. Dando ospitalità alla Parola, siamo noi i veri ospiti del Signore senza ansia e gelosie, liberi della libertà di Dio. Marta vuole offrire a Gesù il servizio migliore ma, in fin dei conti, questa è la generosità del ricco che dà del suo. Gesù preferisce sempre l atteggiamento u- mile del piccolo Samuele: «Parla, Signore: il tuo servo ti ascolta» (1Sam 3,10). 4. La buona eredità Maria è la sorella minore e avrebbe dovuto offrire il suo aiuto, invece «sedutasi ai piedi di Gesù, ékouen tòn lògon autou ascoltava la sua parola» (Lc 10,39). Maria ha scelto il Maestro, si fa discepola di Gesù, si mette pubblicamente alla sua scuola. Maria ci insegna che bisogna scoprire il mistero della propria vita nell ascolto della Parola di Uno più grande di noi, che conosce e ci svela anche i segreti del nostro cuore. Maria è l icona del credente che giunge all autenticità e alla chiarezza di sé e delle sue scelte grazie all ascolto della Parola. Da Maria impariamo che noi siamo ascolto, dono, e ci realizziamo nella gratuità. Maria capisce perfettamente l intenzione di Gesù venuto a far dono della sua Parola, e così lei lo accoglie: è questa la vera ospitalità che Gesù richiede! Maria incarna la sintesi fra la carità e la preghiera; incarna l atteggiamento del povero davanti a Dio. Noi non abbiamo nulla da dare al Signore, neanche le nostre preghiere. Egli vuole soltanto il nostro umile attento ascolto. Allora, dare ospitalità alla Parola di Dio significa farci noi ospiti del Signore. Maria ci insegna che davvero dobbiamo essere ascolto prima che parola. Maria è l immagine della donna che ha orientato le sue energie verso l Amato e perciò è capace di ricevere e di ascoltare, scegliendo la «sola cosa necessaria», «la parte buona e bella (ten agathén merìda) che non le sarà tolta». Gesù non fa una comparazione fra l atteggiamento di Marta e quello di Maria, non dice che Maria ha scelto l eredità migliore rispetto all eredità buona di Marta. Gesù semplicemente constata e afferma che c è una parte o eredità buona: è quella scelta da Maria; ogni altra parte o eredità allora è semplicemente non buona. E questa buona eredità è data dall atteggiamento costante e permanente di Maria, espresso con il contenuto e il tempo del verbo akouein: «ascoltava la sua parola». Il desiderio più grande di Gesù è comu- 294 MONITORE DIOCESANO 2, 2013

7 Marta e Maria nicare la Parola: «Beati quelli che ascoltano...». Maria, con sguardo contemplativo, riesce a cogliere l essenziale, a capire le intenzioni dell Amico-Sposo, ascoltandolo e accogliendolo come dono. Il giorno del Battesimo di Gesù, la voce dal cielo aveva detto: «Questo è il mio Figlio, l eletto; ascoltate Lui!» (Lc 9,35). Maria accoglie e vive questo celeste imperativo e incarna la sposa del Cantico che esclama: «Ho trovato l amato del mio cuore. L ho stretto fortemente e non lo lascerò» (Ct 3,4). È veramente stolto affannarsi per lo Sposo e poi non stringersi a Lui quando arriva! Marta accoglie Gesù nella sua casa, Maria si fa casa accogliente per Gesù nell estasi dell ascolto quale oblio del proprio io. Sì, Maria ha scelto ten agathén merìda, la buona e bella eredità, come canta il Sal 16: «Il Signore è mia parte di eredità per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, è magnifica la mia eredità». È Gesù il Signore la vera eredità, il riposo dell uomo, il suo settimo giorno. E questa preziosa eredità «non le sarà tolta», perché il cuore di Maria è già dov è il suo tesoro (Lc 12,34). S. Agostino mette queste parole in bocca a Gesù: «Marta, Marta, tu navighi ancora mentre Maria è già in porto», perché il suo bene «è stare vicino a Dio», come canta il Sal 73,28. Se Marta con le sue preoccupazioni è il terreno pieno di spine che soffoca la Parola, Maria appartiene alla quarta tipologia: «Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l accolgono e portano frutto» (Mc 4,20). E come per il terreno buono, anche per Maria viene usato il verbo akouein, perché a Gesù, Maestro e Sposo, si deve l obbedienza dell ascolto. È questa l unica buona e bella eredità! MONITORE DIOCESANO 2,

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