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1 DIACONIA E FEDE fra servizio nel nascondimento e ascolto d amore Conferenza tenuta ai Diaconi permanenti delle Diocesi di Agrigento-Caltanissetta-Piazza Armerina-Nicosia Caltanissetta Sala del Museo diocesano 7 aprile 2013 Saluto con caloroso affetto don Calogero Cerami, nuovo Direttore del Centro Regionale Madre del Buon Pastore, e tutti voi carissimi diaconi. A voi porgo il benvenuto in questa piccola grande Diocesi di Caltanissetta. Provo un po di emozione nell incontrarvi e nel condividere con voi tutti questa mia riflessione, che ho voluto modificare nel titolo e nell impostazione rispetto a quanto mi era stato chiesto. L emozione nasce dall aver condiviso con i diaconi di Sicilia una esperienza davvero straordinaria, avendo con voi e per voi avviato i primi passi del Centro Regionale nei quattro anni precedenti alla mia nomina a Vescovo di Caltanissetta. È dunque con commossa gioia e riconoscente gratitudine che oggi parlo a voi. 1. Fede e diaconia del nascondimento Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov egli si trovava e, fatta un apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati». Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?». Ma Gesù, a- vendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? O- ra, perché sappiate che il Figlio dell uomo ha il potere sulla terra di rimettere MONITORE DIOCESANO 2,

2 ATTI DEL VESCOVO Conferenze i peccati, ti ordino disse al paralitico alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa tua». Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!» (Mc 2,1-13) Il paralitico e la casa L evangelista Marco riferisce che un gruppo di persone, una sorta di associazione di diaconi anche se questo termine non ricorre nel testo biblico in esame, portano un paralitico ai piedi di Gesù e, non potendo entrare in casa a causa della folla che ostruiva il passaggio, scoperchiano il tetto e calano l ammalato facendolo giungere direttamente da Gesù. La casa nella quale Gesù si trova rappresenta all inizio un luogo privato, separato dall esterno, ma non fino al punto da impedire alla notizia della sua presenza di diffondersi all esterno. L affluire della gente occupa allora tutto lo spazio interno, persino la soglia della porta; chiude lo spazio della Parola e impedisce alla gente di accedere al Signore dall esterno. Per trasportare il paralitico vicino a Gesù come desiderano, i quattro amici aprono in senso verticale la casa bloccata. Solo quando l uomo uscirà guarito la casa si aprirà in senso orizzontale. La chiusura della casa è rotta così sui due assi dello spazio. Notiamo anche che questi due assi si uniscono e si invertono nelle posizioni del paralitico, il quale entra dall alto in basso, ma o- rizzontalmente steso; esce in senso orizzontale, ma verticalmente in piedi. La casa è aperta prima dall alto e poi di lato, cioè prima in senso verticale (dall alto in basso) e poi in senso orizzontale (dall interno all esterno). Al termine dell episodio, dunque, la chiusura della casa è rimossa. Il passaggio dall interno all esterno della casa e dalla casa alla strada è finalmente libero. Il paralitico guarito, rimesso in piedi, può camminare e la Parola di Gesù può giungere a tutta la folla La terra e il cielo Le due trasformazioni del paralitico perdonato e guarito sono legate a quelle della casa. I peccati del paralitico, infatti, sono rimessi dopo la sua discesa dal tetto, mentre la sua guarigione provoca l apertura della casa in senso o- 328 MONITORE DIOCESANO 2, 2013

3 Diaconia e fede rizzontale. La remissione dei peccati non ha forse una parentela con l apertura dall alto, sull asse di una comunicazione verticale? Gli scribi riservano solo al cielo, cioè a Dio, il potere di rimettere i peccati; Gesù invece pretende di avere questa autorità sulla terra. Esiste qui un problema di comunicazione fra cielo e terra. Nessuno nega che la remissione dei peccati dipenda da Dio. Ma gli scribi escludono, mentre Gesù l afferma, che questo potere possa esercitarsi ora sulla terra. Gli specialisti del sapere religioso si ergono a guardiani di un cielo chiuso e denunciano la bestemmia quale violazione della frontiera che separa uomo e Dio. Ma Gesù non parla dell uomo e di Dio come di due esseri separati. Grazie ai quattro diaconi e alla Parola agente di Gesù fra cielo e terra non c è più separazione, ma apertura e incontro. E allora la trasformazione della casa, che si chiude a causa della folla e poi si apre dall alto grazie ai quattro diaconi e di lato grazie a Gesù, tocca in profondità il rapporto fra servizio della carità e servizio della Parola. E se la folla impedisce la comunicazione nello spazio in senso orizzontale, cioè fra gli uomini e Gesù, la carità dei quattro diaconi è necessaria a Gesù per guarire dalla malattia fisica e spirituale che impedisce la comunicazione nello spazio in senso verticale, cioè fra l uomo e Dio. La duplice liberazione ricrea un uomo capace di camminare da solo in piedi, attraversando lo spazio orizzontale davanti a tutti e provocando, perciò, l estasi della lode a Dio Tutto a servizio di tutti In questo episodio la diaconia nascosta della carità è posta al servizio della diaconia della Parola liberante di Gesù Sommo Sacerdote. E così possiamo dire diaconato e sacerdozio si pongono insieme al servizio di tutto l uomo, per il suo benessere fisico e spirituale. Tutto a servizio di tutti gli uomini e di tutto l uomo. Tutti e tutto a servizio dell uomo, in una piena comunione e collaborazione fra carismi e ministeri. E il risultato è: «Tutti si meravigliarono e glorificavano Dio», cioè tutti rimasero estasiati (il verbo greco è exìstasthai) tanto da entrare stupiti nel mistero della preghiera di lode a Dio. MONITORE DIOCESANO 2,

4 ATTI DEL VESCOVO Conferenze 1.4. Il nascondimento della fede Nel nostro racconto i personaggi potrebbero essere classificati in due categorie: coloro che parlano (Gesù, gli scribi e, alla fine, tutti ) e coloro che non dicono nulla (i diaconi, il paralitico). Quelli che agiscono nel silenzio si esprimono in realtà con il loro corpo e fanno parlare ciò che sanno vedere : Gesù vede la loro fede e tutti glorificano Dio vedendo uscire l uomo. Gesù fa divenire parola ciò che i diaconi esprimono con i gesti e con il silenzio. La duplice guarigione del paralitico (spirituale e fisica) nasce prima dalla fede dei diaconi e poi dalla potenza della Parola di Gesù. All origine di tutto ci sta dunque la fede travolgente e sconvolgente di questi quattro amici, che nel silenzio della carità si fanno carico del paralitico e del suo lettuccio rischiando tutto pur di condurlo a Gesù, il quale «vista la loro fede disse al paralitico». E tutto si svolge nell assoluta gratuità, perché nessuno, nemmeno il paralitico guarito, esprime gratitudine a questi quattro amici diaconi. In silenzio e sostenendo una grande fatica erano arrivati in silenzio se ne vanno a loro basta il riconoscimento di Gesù, che leggendo la carità dei loro cuori vi coglie una grande fede. 2. Fede in relazione d amore La fede, infatti, non è adesione dell intelligenza e della volontà alle verità rivelate, bensì amore che crede all Amore che è Dio. Per questo la fede non è di per sé un dono, ma risposta d amore al comunicarsi di Dio, che è dono d Amore. E colui che si sforza di essere credente diventa sempre più consapevole di due fatti contrastanti: l alterità e al tempo stesso la prossimità di Dio. L alterità ci fa cogliere Dio come Mistero, il totalmente Altro, invisibile, trascendente, al di là di ogni parola, al di là di ogni comprensione. I Padri greci sottolineavano con insistenza che «un Dio che è comprensibile non è Dio». Per questo dobbiamo avere l umiltà e la coscienza di essere sempre al di qua della soglia del Mistero di Dio. La prossimità ci fa incontrare Dio che in Cristo e nello Spirito è intimo a noi più di noi stessi. 330 MONITORE DIOCESANO 2, 2013

5 Diaconia e fede Uno dei rischi del vivere la fede oggi, perdendo di vista l alterità e la prossimità di Dio, è confonderla con il deposito della fede, cioè ridurla a una dottrina, a una somma di verità da credere. Dell esperienza cristiana facciamo fatica a vivere il suo aspetto dinamico, fatto di infinite provocazioni, di suggestioni, di inviti al superamento... proprio come in un esperienza relazionale in cui l essere di fronte ad un altro, accolto nella sua libertà, dà alla relazione una dimensione di provvisorietà continua e al tempo stesso di continua novità. Dell esperienza cristiana fatichiamo a vivere soprattutto questa dimensione di relazione d amore con la persona del Signore, di amore creaturale di fronte all Amore del Creatore, di libertà di fronte all infinito di Dio; di vita affidata a Lui e non fissata su una verità rassicurante e posseduta per sempre. Poiché la fede non è una certezza logica ma una relazione personale di amore, che ha bisogno continuamente di crescere e svilupparsi, è possibile che la fede coesista con il dubbio. È la notte di Abramo, è la notte di Giovanni Battista che si interroga con drammatica inquietudine: «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettarne un altro?». Il dubbio di per sé non indica mancanza di fede; ma può significare anzi l opposto: che la nostra fede è viva e sta crescendo. La fede, come l amore, richiede di non sentirsi mai arrivati, mai appagati e sempre in ricerca. Perché la fede riguarda non l erudizione ma l unzione, non la scienza ma la coscienza, non la carta ma la carità! La fede ci aiuta a scoprire che Dio non è tanto l oggetto della nostra conoscenza speculativa, quanto la causa del nostro stupore. Vivere la fede significa, oggi più che mai, «dare ragione della speranza che è in noi» (1Pt 3,15), aiutare uomini e donne, giovani e adulti a «varcare la soglia della speranza» (Giovanni Paolo II). Solo così ogni diacono, ministro del sangue e della carità di Dio, sarà sempre più uomo, non un uomo qualsiasi ma alter Christus! MONITORE DIOCESANO 2,

6 ATTI DEL VESCOVO Conferenze 3. La diaconia dell ospitalità Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma u- na sola è la cosa di cui c è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,38-42) Tra prossimità e preghiera In cinque versetti Luca presenta una profonda catechesi sulla diaconia dell ascolto della Parola, quale servizio primario e fondante a cui è chiamato ogni discepolo. A prima vista sembra un quadretto di vita familiare: due sorelle litigano per il diverso atteggiamento assunto nei confronti dell amico ospite Gesù. Protagonisti del racconto sono Gesù e le due sorelle Marta e Maria. Entrambe entrano in relazione con Lui, ma fra loro non parlano e non comunicano. Marta parla solo a Gesù, anche se in parte fa riferimento alla sorella, e di Gesù l evangelista riferisce solo le parole rivolte a Marta, mentre tace sul contenuto della parola che Gesù porge a Maria. Quest ultima offre a Gesù la diaconia dell ascolto e alla sorella Marta la diaconia del silenzio. Il racconto lucano si colloca fra la parabola del buon Samaritano e la consegna della preghiera del Padre nostro, cioè fra la dimensione caritativa relazionale-orizzontale e la dimensione orante relazionale-verticale. La parabola mette in evidenza l urgenza e il modo di farsi prossimo all altro con il comando finale: «Va e anche tu fa lo stesso!» (Lc 10,37). Il nostro brano tende così a fare da cerniera e da sintesi dei due pilastri della fede: la diaconia della carità nella prossimità e la diaconia della preghiera come relazione di figliolanza con Dio e di fraternità fra i discepoli. Tutto il nostro racconto è costruito in un crescendo che culmina nella risposta di Gesù a Marta: «...Una sola è la cosa di cui c è bisogno...» (Lc 10,42). 332 MONITORE DIOCESANO 2, 2013

7 Diaconia e fede 3.2. Diaconia lacerante Marta fa tutto il possibile per onorare il suo Ospite, ma poi finisce col rimproverarlo e dargli ordini. Infatti, apostrofa Gesù con un interrogativo e poi con un imperativo: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti!» (Lc 10,40). Come spiegare l atteggiamento di Marta? Potremmo pensare a tre motivi: l ansia di onorare Gesù; la gelosia nei confronti di Maria; lo scandalo nei confronti del Maestro. Quest ultimo motivo è dato dalla legge vigente che proibiva ad un Rabbi di accogliere donne fra la cerchia dei discepoli. Infatti, l espressione «sedersi ai piedi di...» connotava la volontà di un uomo di porsi alla scuola di un Maestro. Paolo affermerà di sè: «È ai piedi di Gamaliele che sono stato istruito nell esatta conoscenza della legge dei nostri padri» (At 22,3). Ora, vedendo Maria sua sorella sedersi ai piedi di Gesù, Marta è scandalizzata. E ciò che la sorprende profondamente è constatare che Gesù preferisce la diaconia di sereno ascolto di Maria piuttosto che la diaconia ansiosa e lacerante di Marta, la quale perde di vista l essenziale, cioè la diaconia alla persona di Gesù, mentre lei è tutta presa dalla diaconia alle cose che riguardano Gesù. «Martha periespàto perì pollén diakonìan (era tutta presa da un eccessiva diconia)» (Lc 10,40). Il verbo greco periespàto indica un affanno carico di tensione e lacerazione. Si tratta della tensione affannata e nervosa tipica di chi è oppresso da mille occupazioni. Marta è dunque lacerata e tesa per l eccessiva diaconia (pollén diakonìan). Gesù le dirà che è «merimnàs kaì thorybàze perì pollà»: ansiosamente preoccupata (merimnàs) fino a soffocare, chiassosa e agitata (thorybàze). Marta è distratta e affannata (periespàto) per la molta diaconia. Paolo invece raccomanda di vivere aperispatos, senza lacerazioni e distraente affanno. Si tratta di unificare la nostra vita in serena tensione a Cristo, nella gioia e nella serenità di cogliersi come proprietà del Signore, nella consapevolezza che non siamo noi ad ospitare Gesù ma è Lui che ci accoglie ospitandoci in sé. Per questo a ben ragione K. Gibran affermava: «Quando ami non dire: ho Dio nel cuore; di piuttosto: sono nel cuore di Dio!». MONITORE DIOCESANO 2,

8 ATTI DEL VESCOVO Conferenze A questo stato di agitata lacerazione e distrazione dall essenziale, Gesù aggiunge altre due connotazioni negative e perverse in Marta: merimnàs kaì thorybàze. Il primo termine richiama la parabola del seminatore e, in modo particolare, il seme caduto fra le spine: «Altri sono quelli seminati tra le spine... ma sopraggiungono le preoccupazioni (o soffocamenti laceranti) del mondo e l inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie...» (Mc 4,18-19). Troppi sono gli interessi dietro i quali corre questa tipologia di credenti dal terreno pieno di spine: le loro preoccupazioni soffocano la Parola seminata in essi. Non c è spazio sufficiente nel loro affannato e agitato cuore, non c è aria sufficiente per dare respiro alla Parola di Dio. Distratti e appesantiti dall idolatria dell azione, questi credenti si perdono soffocati nella frenesia della diaconia. Cercano un appagamento nell immediato, nell operativamente verificabile e così sono schiavi pur credendo di servire, sono compressi fra le righe di un quaderno disegnato dall efficienza e dall organizzazione. Ma priva di uno spazio di serena contemplativa libertà, la Parola viene soffocata nella loro coscienza. E mentre la Parola tace essi sono chiassosi (thorybàze) anzi, come fa Marta, pretendono di dominare, gestire e sovrastare la Parola: «Epistàsa dé eìpen» (Lc 10,40): «Imponendosi (a Gesù) disse». Marta incombe su Gesù in posizione di superiorità e di giudizio. Pretende di gestire il Signore, invece che lasciarsi da Lui ospitare e orientare. È vero: troppo spesso inchiodiamo Gesù alle nostre attese e alle nostre pretese, invece che inchiodare le nostre attese alla Croce di Cristo E Gesù richiamerà Marta a diventare come Maria e non indica altra alternativa via 3.3. La frenesia dell efficienza «Martha Martha, merimnàs kaì thorybàze perì pollà, enòs dè estin chreìa» (Lc 10,41-42): nella sua risposta Gesù esprime un giudizio non sulla diaconia in sé, ma sullo stile e lo spirito con cui Marta la svolge, sulla scala dei valori che ella ha stravolto. Due volte Gesù chiama Marta per nome: è come essere posti dinanzi ad un bivio, non si può procedere oltre, occorre cambiare radicalmente mentalità. Marta è ad una svolta radicale: qualcosa nella sua vita, nel suo modo di incontrare e servire Gesù deve cambiare. Nel racconto della risurrezione di 334 MONITORE DIOCESANO 2, 2013

9 Diaconia e fede Lazzaro (Gv 11) Marta si mostrerà più pronta e più credente della sorella Maria. In gioco non è tanto la fede, quanto piuttosto la diaconia che si fonda sull ascolto, sul coraggio di essere ministri dell ascolto. L io credente e servizievole di Marta è, come accade anche a noi, il più duro a convertirsi perché non ne sente il bisogno. Si ritiene a posto perché si adopera per piacere al Signore sacrificandosi per Lui. Marta è invitata da Gesù a fare sintesi nella sua coscienza: non deve lasciarsi afferrare dalla «molta diaconia», ma deve scegliere «la sola cosa necessaria»: farsi prossimo a Gesù nell ascolto della sua Parola. Qui troviamo la sintesi fra carità e preghiera, pastoralità e contemplazione. Qui riscopriamo l atteggiamento del povero dinanzi a Dio: non abbiamo nulla da dare al Signore se non il nostro umile, attento, profondo ascolto. Dando ospitalità alla Parola, siamo noi i veri ospiti del Signore senza ansia, senza gelosie, liberi della libertà di Dio. Marta vuole offrire a Gesù il servizio migliore ma, in fin dei conti, questa è la generosità del ricco che dà del suo. Gesù preferisce sempre l atteggiamento umile del pubblicano... e la preghiera del piccolo Samuele: «Parla, Signore: il tuo servo ti ascolta» (1Sam 3,10). L ansia di riuscire ha privato Marta dello sguardo contemplativo, perché era ansiosamente preoccupata e tesa «per l eccessiva diaconia» La diaconia dell ascolto Maria è la sorella minore ed è logico che debba aiutare, invece «sedutasi ai piedi di Gesù, ékouen tòn lògon autou ascoltava la sua parola» (Lc 10,39). Maria ha scelto il Maestro, si fa discepola di Gesù, si mette pubblicamente alla sua scuola. Maria ci insegna che bisogna scoprire il mistero della propria vita nella diaconia dell ascolto di Uno più grande di noi, che conosce e ci svela anche i segreti del nostro cuore. Maria è l icona credente della diaconia che giunge all autenticità e alla chiarezza di sé e delle sue scelte grazie all ascolto della Parola di Gesù. Maria è l immagine del credente che ha orientato le sue energie verso l Amato e perciò è capace di ricevere e di ascoltare, scegliendo la «sola cosa necessaria», «la parte buona e bella (ten agathén merìda) che non le sarà tolta». Gesù non fa una comparazione fra l atteggiamento di Marta e quello di Maria, non dice che Maria ha scelto l eredità migliore rispetto all eredità buona di Marta. Gesù semplicemente constata e afferma che c è una parte o ere- MONITORE DIOCESANO 2,

10 ATTI DEL VESCOVO Conferenze dità buona: è quella scelta da Maria; ogni altra parte o eredità allora è semplicemente non buona. E questa buona eredità è data dall atteggiamento costante e permanente di Maria, espresso con il contenuto e il tempo del verbo akouein: «Ascoltava la sua parola». Il desiderio più grande di Gesù è comunicare la Parola: «Beati quelli che ascoltano...». Maria, con sguardo contemplativo, riesce a cogliere l essenziale, a capire le intenzioni dell Amico-Sposo, ascoltandolo e accogliendolo come dono. Se Marta con le sue preoccupazioni è il terreno pieno di spine che soffoca la Parola, Maria appartiene alla quarta tipologia: «Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l accolgono e portano frutto» (Mc 4,20). E come per il terreno buono, anche per Maria viene usato il verbo akouein, perché a Gesù, Maestro e Sposo, si deve l obbedienza dell ascolto. È questa la buona eredità! 4. Essenzialità dialogica della fede E allora, per concludere, possiamo dire che fede è coraggio di tornare all essenziale, a Gesù Cristo, e in Lui riconsiderare tutto il resto decidendo che cosa va sacrificato. Non si può pretendere di far convivere l essenziale con troppe cianfrusaglie: ne verrebbe soffocato, come nella parabola del seme. Scrive S. Paolo ai Filippesi: «Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in Lui, non con la mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede» (Fil 3,7-14). Tornare all essenziale che è Cristo significa cogliere e ri-conoscere in modo nuovo la dimensione relazionale e dialogica della fede, vissuta nella diaconia di a- scolto e accoglienza. La ricerca credente del Signore può avvenire perciò solo dentro una struttura di dialogo; in esso il nostro interlocutore è Dio, ma è anche la storia degli uomini, anch essa luogo del nostro incontro con Lui. L ascolto che siamo impegnati a vivere è quello delle Scritture e quello dei nostri fratelli e dei fatti e delle vicende del nostro tempo. 336 MONITORE DIOCESANO 2, 2013

11 Diaconia e fede Oggi, parlando tanto di evangelizzazione e di comunicazione della fede, si corre il rischio di sottolineare l urgenza di dire qualcosa, la necessità di parlare, di dotarsi di mezzi sempre più efficaci per raggiungere l interlocutore. C è un istanza di attivismo, di protagonismo, di affermazione, che fa prevalere la dimensione del parlare su quella dell ascoltare. Eppure ci ricorda Paolo la fede nasce dall ascolto (cfr. Ef 1,13; 4,20-21). Maria di Nazareth ci viene presentata nel vangelo come modello del discepolo perché ascoltava, custodiva nel cuore ciò che viveva in una meditazione interiore continua. All ascolto della Parola nei vangeli è legata una beatitudine. All ascoltare, non al parlare! «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica!» (Lc 11,28). Risuoni oggi nel cuore di ciascuno di noi il pungente e inderogabile interrogativo del Signore Gesù: «Ma il Figlio dell uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). MONITORE DIOCESANO 2,

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