«finzione di non edificabilità» e della conseguente esenzione dall imposta.

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1 STUDIO LEGALE FOGAGNOLO Vicolo Cerai n IVREA (TO) Tel Fax Partita I.V.A Spett.li C.E.L.V.A. Consorzio degli Enti Locali della Valle d Aosta Comune di Charvensod Oggetto: Imposta municipale propria Terreno edificabile condotto da coltivatore diretto part time Sussistenza dei presupposti per l applicazione della «finzione di non edificabilità» e della conseguente esenzione dall imposta.. Il ha chiesto al nostro studio di fornire uno specifico parere legale in merito ad un quesito in materia di Imposta municipale propria, relativo alla possibilità di considerare sussistenti i presupposti per l applicazione della cd. finzione di non edificabilità e della conseguente esenzione dall imposta in relazione ad un terreno edificabile condotto da un coltivatore diretto part time. Per fornire una corretta ricostruzione dei termini della problematica oggetto del presente parere, si ritiene opportuno riportare il testo integrale del quesito posto dal Comune, che è il seguente: 1

2 «È corretto considerare imponibile ai fini IMU l area edificabile di proprietà di un soggetto dipendente pubblico part time al 50% e coltivatore diretto part time al 50%, titolare di Partita I.V.A. per attività in agricoltura, che non emette fatture perché il reddito derivante dall attività agricola è inferiore ad 7.000,00 e che non versa i contributi nella previdenza agricola, ma coltiva direttamente il fondo?» Per rispondere correttamente a tale quesito, occorre verificare in primo luogo la normativa vigente in materia di Imposta municipale propria e di I.C.I., facendo riferimento sia ai criteri generali di individuazione dei presupposti impositivi delle aree edificabili sia, in particolare, ai criteri impositivi introdotti in relazione alle aree edificabili utilizzate per attività agro silvo pastorali, per poi procedere alla verifica della eventuale sussistenza nella fattispecie in esame della cd. finzione di non edificabilità, che costituisce il presupposto per il riconoscimento dell eventuale esenzione dall imposta. 1. Sulla definizione normativa di area edificabile nell ambito dell Imposta municipale propria. L art. 13 D.L. 6 dicembre 2011, convertito il L. 22 dicembre 2011 n. 214 (Decreto Monti), nel disporre l introduzione dell Imposta municipale propria a decorrere dal 1 gennaio 2012 in sostituzione dell I.C.I., non ha apportato alcuna novità con riferimento ai criteri di imponibilità delle aree edificabili. Poiché le uniche definizioni contenute nell art. 13 D.L. 201/2011 in merito alle aree edificabili sono costituite dal richiamo alla loro imponibilità nell ambito del generale presupposto impositivo rappresentato dal possesso di immobili (comma 2 dell art. 13) e dall applicabilità dell art. 5, commi 5 e 6 D.Lgs. 504/ per la determinazione della loro base imponibile o nel caso di 1 Art. 5 Decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 504 Base imponibile 5. Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dell anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all indice di edificabilità, alla destinazione d uso consentita, 2

3 ristrutturazione di immobili (comma 3 dell art. 13), ne consegue che le modalità applicative dell Imposta municipale propria con riferimento ai terreni fabbricabili dovranno essere rinvenute nella normativa e nelle interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali intervenute negli ultimi due decenni in materia di I.C.I., in quella che si è dimostrata una delle casistiche più complesse di applicazione del tributo locale. Le difficoltà interpretative in merito alla corretta definizione di area edificabile sono dovute in primo luogo alle stesse disposizioni dettate dal D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, istitutivo dell I.C.I., che aveva da subito previsto una definizione di area edificabile alquanto contraddittoria, contenuta nell art. 2, comma 1, lett. b) D.Lgs. 504/1992, richiamato anche nell Imposta municipale propria, in base al quale deve considerarsi fabbricabile «l area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell indennità di espropriazione per pubblica utilità». La definizione di area edificabile ai fini I.C.I. (ed ora ai fini dell Imposta municipale propria) trova poi un ulteriore elemento nella previsione contenuta nell art. 5, comma 5 dello stesso D.Lgs. 504/1992, il quale sancisce che «per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dall anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all indice di edificabilità, alla destinazione d uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevanti sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche». agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche. 6. In caso di utilizzazione edificatoria dell area, di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero a norma dell articolo 31, comma 1, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457, la base imponibile è costituita dal valore dell area, la quale è considerata fabbricabile anche in deroga a quanto stabilito nell articolo 2, senza computare il valore del fabbricato in corso d opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato. 3

4 Dal combinato disposto di tali norme, appare quindi evidente che il Legislatore, nell individuare nel testo iniziale della normativa I.C.I. i criteri per la valutazione delle aree edificabili ai fini impositivi, ha fatto riferimento sia alla cd. edificabilità di diritto (che si rinviene nei richiami all area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali; zona territoriale di ubicazione, all indice di edificabilità, alla destinazione d uso consentita), sia alla diversa edificabilità di fatto (che si rinviene invece nei richiami all area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione e nel richiamo agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione). A fronte di tale definizione discordante, il Legislatore è intervenuto con la L. 2 dicembre 2005 n. 248 (di conversione del D.L. 30 settembre 2005 n. 203), in cui è stata introdotta, al comma 16 dell art. 11quaterdecies, una norma di interpretazione autentica, con la quale è stato stabilito che «ai fini dell applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, la disposizione prevista dall articolo 2, comma 1, lettera b), dello stesso decreto, si interpreta nel senso che un area è da considerarsi comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall adozione di strumenti attuativi del medesimo». L intervento effettuato dal Legislatore fiscale con l interpretazione autentica dell art. 2, comma 1, lett. b) D.Lgs. 504/1992 ha quindi radicalmente modificato l approccio impositivo delle aree edificabili, con una definizione che è stata ulteriormente confermata con riferimento non soltanto all I.C.I., ma anche ad altri tributi legati al possesso o alla compravendita di aree edificabili dal D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito in L. 4 agosto 2006 n. 248 (cd. Decreto Bersani), nel quale all art. 36, comma 2, è stato ribadito che «ai fini dell applicazione del D.P.R. 633/1972, del D.P.R. 131/1986, del D.P.R. 917/1986 e del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, un area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall approvazione della Regione e dall adozione di strumenti attuativi del medesimo». 4

5 Tali disposizioni normative, con cui è stata confermata l irrilevanza dell edificabilità di fatto ai fini dell imposizione I.C.I., hanno formato oggetto di numerose eccezioni di incostituzionalità sollevate da alcune Commissioni Tributarie, che sono state respinte da parte della Corte Costituzionale, la quale, con l Ordinanza del 27 febbraio 2008 n. 41, ha ribadito la legittimità dell interpretazione dettata dal Legislatore, evidenziando che l edificabilità di un terreno e la conseguente imponibilità ai fini I.C.I. deve essere verificata in base alle sole previsioni del Piano Regolatore, anche se privo di strumenti attuativi, essendo sufficiente, ai fini fiscali, l astratta edificabilità del suolo a giustificare la valutazione del terreno secondo il suo valore venale ed a differenziare radicalmente tale tipo di suoli da quelli agricoli non edificabili. Con tale decisione, che ha richiamato l analoga pronuncia adottata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza 30 novembre 2006 n , la Corte Costituzionale ha quindi confermato che le aree edificabili devono essere sottoposte a tassazione a prescindere dalla loro materiale utilizzazione edificatoria, evidenziando che poiché l I.C.I., al pari dell attuale Imposta municipale propria, costituisce un imposta proporzionale al valore dei cespiti posseduti dal soggetto passivo a fronte del principio di proporzionalità della capacità contributiva previsto dall art. 53 Costituzione, l imposta deve essere versata anche sulle aree edificabili non ancora utilizzate, in quanto tali cespiti esprimono comunque un valore nettamente diverso rispetto a quello che le stesse avrebbero, ove fossero qualificate come terreni agricoli, e determinano quindi in capo al proprietario una maggiore ricchezza, cui deve corrispondere una proporzionale imposizione, da quantificarsi sulla base del valore venale del terreno, che dovrà essere determinato tenendo in considerazione tutte le limitazioni che possono incidere sulla effettiva utilizzabilità a fini edificatori. Alla luce delle disposizioni interpretative introdotte dal Legislatore fiscale e delle pronunce giurisprudenziali che hanno confermato la legittimità dell imposizione delle aree edificabili sulla base degli strumenti urbanistici generali adottati dal Comune (principio confermato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione 14 ottobre 2009 n ), si può quindi affermare che 5

6 l esistenza di vincoli che limitano l edificabilità di fatto delle aree inserite come fabbricabili nel P.R.G.C., al pari della loro materiale destinazione allo svolgimento di attività agro-silvo-pastorali, non incide sull imponibilità delle aree stesse, le quali pur in presenza di una potenzialità edificatoria attenuata rimangono comunque giuridicamente edificabili e, quindi, imponibili. 2. Sulla finzione di non edificabilità dei terreni fabbricabili utilizzati per attività agrosilvo-pastorali. Premesso quanto sopra in ordine ai criteri generali di applicazione dell imposta ai terreni edificabili, si può ora passare ad analizzare concretamente il quesito posto dal Comune, che richiede l analisi delle disposizioni dettate ai fini sia dell I.C.I. che dell Imposta municipale propria dall art. 2, comma 1, lett. b) D.Lgs. 504/1992, nella parte in cui lo stesso articolo ha previsto che debbano essere considerati non fabbricabili i terreni che, pur suscettibili di utilizzazione edificatoria, sono posseduti e condotti dai soggetti indicati dal successivo art. 9, comma 1 dello stesso D.Lgs. 504/1992, vale a dire da coltivatori diretti o imprenditori agricoli principali (ora imprenditori agricoli professionali, a seguito della modifica della denominazione introdotta dal D.Lgs. 99/2004) e sui quali persiste l utilizzazione agro-silvo-pastorale. Tali disposizioni prevedono infatti la cd. finzione di non edificabilità dei terreni, che consiste nell equiparazione ai terreni agricoli delle aree che pur se identificate come edificabili dal Piano regolatore siano di fatto utilizzate per lo svolgimento di attività agricola (circostanza che, in Valle d Aosta, quale zona montana individuata dall art. 15 L. 27 dicembre 1977 n. 984, comporterebbe la non imponibilità di tali terreni, ai sensi dell art. 7, comma 1, lett. h) D.Lgs. 504/1992). A fronte del ripristino, nell ambito dell Imposta municipale propria, della stessa disciplina in precedenza dettata ai fini I.C.I., con la reintroduzione da parte del D.L. 16/2012, convertito in L. 44/2012, della previsione in base alla quale la finzione di non edificabilità si potrà applicare solo alle aree condotte direttamente da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali che ne siano anche proprietari o titolari di un diritto reale, l imposta risulterà dovuta sulla base dei 6

7 presupposti previsti per i terreni agricoli (con conseguente esenzione in Valle d Aosta) soltanto nel momento in cui l area edificabile risulterà essere condotta direttamente dal proprietario o titolare di un diritto reale, che rivesta altresì la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale (ora imprenditore agricolo professionale, ai sensi del D.Lgs. 99/2004) e non invece nel momento in cui le stesse risultino condotte da un soggetto terzo che, pur essendo imprenditore agricolo o coltivatore diretto, non sia né proprietario né titolare di un diritto reale su tali aree. La dicitura «posseduto e condotto» limita infatti l esenzione soltanto ai terreni condotti direttamente dal proprietario e/o dal titolare di un diritto reale, come peraltro espressamente ribadito dal Ministero delle Finanze a seguito dell entrata in vigore dell I.C.I. (vedasi in tal senso Circolare Ministero delle Finanze 28 maggio 1998 n. 136), ove si consideri che il possesso (giuridicamente definito come quel «potere di fatto sulla cosa corrispondente all esercizio della proprietà o di altro diritto reale») non può mai far capo all affittuario o al conduttore, i quali non possiedono, bensì detengono il bene. Nel caso di specie, il terreno edificabile risulta condotto direttamente dal proprietario, per cui l unico problema che si pone è quello di individuare se tale soggetto rispetti o meno i requisiti previsti dalla normativa per avere diritto all agevolazione, vale a dire se sulla base dei requisiti lavorativi e reddituali riportati dal Comune nel proprio quesito lo stesso assuma la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo professionale, necessaria ai fini dell applicazione della finzione di non edificabilità del terreno. 3. Sulla definizione di coltivatore diretto e di imprenditore agricolo professionale. Il Decreto Monti ha individuato le due tipologie di soggetti che possono godere delle agevolazioni previste per le attività agricole, aggiornando correttamente le definizioni dettate in materia di I.C.I. alla evoluzione normativa intervenuta nell ultimo decennio e distinguendoli nel coltivatore diretto e nell imprenditore agricolo professionale (IAP). 7

8 La definizione di coltivatore diretto, è dettata, oltre che dal codice civile (che lo inquadra genericamente nella categoria dei piccoli imprenditori di cui all art. 2083), da molteplici leggi speciali 2, dalle quali emerge una nozione onnicomprensiva che individua tale soggetto in colui che si dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione del fondo, con lavoro proprio o della sua famiglia (art del codice civile), la cui forza lavorativa non sia inferiore ad un terzo di quella complessiva richiesta dalla normale conduzione del fondo. La definizione di imprenditore agricolo professionale (IAP), iscritto nella previdenza agricola, si ritrova invece nell art. 1 del D.Lgs. 29 marzo 2004 n. 99, il quale individua tale soggetto in colui che, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedica alle attività agricole di impresa di cui all art del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società agricole, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava dalle attività medesime almeno il 50% del reddito globale da lavoro dichiarato ai fini fiscali (25% per le aziende ubicate in 2 Nella Circolare n. 3/DF, il Ministero delle Finanze ha individuato le seguenti norme speciali che richiamano la nozione di coltivatore diretto: art. 6 della Legge 3 maggio 1982 n. 203, secondo il quale «ai fini della presente legge sono affittuari coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell impiego delle macchine agricole»; art. 2 della Legge 26 ottobre 1957 n. 1047, il quale prevede che «agli effetti della presente legge, sono considerati coltivatori diretti i proprietari, gli affittuari, gli enfiteuti e gli usufruttuari, i miglioratari, gli assegnatari, i pastori e gli altri comunque denominati che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all allevamento ed al governo del bestiame»; art. 2 della Legge 9 gennaio 1963 n. 9 a norma del quale «è condizione per il diritto all assicurazione di invalidità e vecchiaia per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e per quello alla assicurazione di malattia per i coltivatori diretti che l effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l allevamento ed il governo del bestiame»; art. 31 della Legge 26 maggio 1965 n. 590, in base al quale sono coltivatori diretti «coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l allevamento ed il governo del bestiame». 8

9 zone montane, ovvero nelle zone svantaggiate di cui all art. 17 del Regolamento CE n. 1257/1999) 3, escludendo dal computo del reddito di lavoro le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per cariche pubbliche 4. Alla luce di tali definizioni, si può sostenere che la figura del coltivatore diretto è riferita a requisiti di carattere sia soggettivo che aziendale (diversamente dal concetto di imprenditore agricolo e di imprenditore agricolo professionale, che è invece riferito a requisiti di carattere esclusivamente soggettivo), senza che tale definizione sia stata modificata o integrata dal D.Lgs. 99/2004. Normalmente il coltivatore diretto (proprio perché la definizione normativa prevede che lo stesso si dedichi direttamente e abitualmente alla coltivazione del fondo, con lavoro proprio o della sua famiglia) è tuttavia anche in possesso dei requisiti previsti per la figura di Imprenditore agricolo professionale ed è in tale veste che accede ai benefici tributari previsti a livello normativo. Al fine di rispondere al quesito formulato dal Comune, si ritiene pertanto di dover analizzare congiuntamente la sussistenza, nella fattispecie in esame, dei requisiti normativi dettati per il riconoscimento delle due figure professionali. Dal quesito posto dal Comune risulta che il proprietario dell area edificabile in oggetto è dipendente pubblico part time al 50% e coltivatore diretto per il restante 50%, da intendersi presumibilmente come tempo lavoro destinato alle due attività: poiché la definizione di coltivatore diretto prevede che il soggetto dedichi direttamente e abitualmente alla coltivazione del fondo il 3 Si tratta della figura che ha sostituito l Imprenditore agricolo a titolo principale (IATP), individuato in precedenza dall art. 12 della Legge 153/1975 e poi dall art. 13 della Legge 233/1990, nel soggetto che si dedica con professionalità all organizzazione, programmazione e coordinamento dei fattori produttivi, destinando all attività agricola non meno di due terzi del proprio tempo con un ricavo dalla medesima di una percentuale non inferiore al 75% del proprio reddito globale da lavoro (il 50% per i territori montani e le zone agricole svantaggiate). 4 Il D.Lgs. 101/2005 ha inoltre disposto che sono equiparati a redditi derivanti da attività agricola anche le indennità e le somme percepite per l attività svolta in società agricole. 9

10 lavoro proprio o della sua famiglia, con una forza lavorativa non inferiore ad un terzo di quella complessiva richiesta dalla normale conduzione (mentre la definizione di imprenditore agricolo professionale prevede che, nelle zone montane, il soggetto dedichi alle attività agricole di impresa di cui all art del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società agricole, almeno il 25% del proprio tempo di lavoro complessivo), si ritiene che, nella fattispecie in esame, tale requisito sia rispettato sotto entrambi i profili. Diversa risulta invece la situazione sotto il profilo patrimoniale, in quanto dal quesito posto dal Comune si evince che tale soggetto, pur essendo titolare di Partita I.V.A. per attività in agricoltura, non versa i contributi nella previdenza agricola e non emette nemmeno fatture perché il reddito derivante dall attività agricola è inferiore ad 7.000,00 annui. Il riconoscimento di qualsiasi agevolazione ai fini I.C.I. (ed ora dell Imposta municipale propria) in tema di attività agricole è sempre legato anche al rispetto di un requisito oggettivo reddituale, come dimostrato dall art. 9, comma 3 D.L. 557/1993, convertito in Legge 133/1994, il quale, per riconoscere l esenzione I.C.I. ai fabbricati ad uso abitativo (agevolazione assimilabile a quella della finzione di non edificabilità delle aree), prevedeva espressamente alla lett. d) che il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo deve risultare superiore alla metà un quarto, se il terreno è ubicato in comune considerato montano ai sensi della L. 97/1994 del suo reddito complessivo, determinato senza far confluire in esso i trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura. La stessa disposizione prevede che «il volume d affari dei soggetti che non presentano la dichiarazione ai fini dell I.V.A. si presume pari al limite massimo previsto per l esonero dall art. 34 D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633», pari, a seguito della modifica introdotta dall art. 2, comma 31 D.L. 2 ottobre 2006 n. 262, convertito in L. 24 novembre 2006 n. 286 (cd. Decreto Bersani) ad 7.000,00 annui. Tale disposizione viene peraltro interpretata al contrario al fine della verifica dei requisiti di ruralità, in quanto la previsione per cui «il volume d affari dei soggetti che non presentano la dichiarazione ai 10

11 fini dell I.V.A. si presume pari al limite massimo previsto per l esonero dall art. 34 D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633» comporta che al soggetto in possesso di una partita I.V.A. per lo svolgimento di attività agrosilvo-pastorale che non abbia presentato alcuna dichiarazione in tal senso (non avendo superato i minimi previsti dall art. 34 D.P.R. 633/1972) dovrà essere riconosciuto un volume d affari presunto pari al massimo previsto dallo stesso art. 34 D.P.R. 633/1972, per l esonero dalla tenuta della contabilità, vale a dire 7.000,00. Anche in presenza di tale disposizione, va peraltro evidenziato che i produttori agricoli che nell anno solare precedente hanno realizzato (o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare) un volume d affari non superiore ad 7.000,00, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella parte I della tabella A allegata allo stesso D.P.R. 633/1972, sono esonerati dal versamento dell imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili di fatturazione, registrazione, liquidazione periodica e presentazione della dichiarazione annuale I.V.A., restando tuttavia fermo l obbligo di numerazione e conservazione delle fatture e delle bollette doganali relative agli acquisti e alle importazioni, nonché delle fatture di vendita emesse per loro conto dai cessionari o dai committenti (autofatture). Nel regime speciale di esonero, il volume di affari dell imprenditore agricolo è quindi costituito dalle autofatture ricevute da clienti imprenditori, dalle vendite effettuate a privati consumatori e dal valore dell auto consumo (variamente annotate) nell anno solare considerato, che dovranno essere prodotte al Comune, ove si voglia dimostrare l effettivo svolgimento dell attività. In presenza di tale documentazione fiscale ed a prescindere dal valore economico della stessa, all imprenditore agricolo dovrà quindi essere riconosciuto un volume d affari presunto derivante da attività agricole pari ad 7.000,00, che ove risulti superiore ad un quarto (in presenza di un area edificabile ubicata in Comune considerato montano ai sensi della L. 97/1994) del reddito complessivo, determinato facendo confluire anche il reddito percepito da altre attività 11

12 comporterà il riconoscimento, nei confronti dello stesso soggetto passivo, del diritto all esenzione dell imposta, quale coltivatore diretto avente altresì i requisiti reddituali dell imprenditore agricolo professionale. Da ultimo, va infine analizzato quanto esposto dal Comune nel proprio quesito, secondo cui il contribuente in oggetto, pur essendo titolare di Partita I.V.A. per attività in agricoltura, non verserebbe i contributi nella previdenza agricola, da cui si desume che lo stesso non sia iscritto negli elenchi ex SCAU tenuti presso l I.N.P.S. In merito, si evidenzia che, nell I.C.I., la mancanza di tale requisito avrebbe indubbiamente comportato l impossibilità di applicare l agevolazione in relazione ai terreni condotti, in quanto l art. 58, comma 2 D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446 prevedeva espressamente che «agli effetti dell applicazione dell art. 9 del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, relativo alle modalità di applicazione dell imposta ai terreni agricoli, si considerano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dall articolo 11 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 5, e soggette al corrispondente obbligo dell assicurazione per invalidità, 5 Art. 11 L. 9 gennaio 1963 n. 9 (Elevazione dei trattamenti minimi di pensione e riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri). A cura degli Uffici provinciali del Servizio per i contributi agricoli unificati sono compilati, entro il 31 marzo di ciascun anno, gli elenchi comunali relativi all anno precedente dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, nonché degli appartenenti ai rispettivi nuclei familiari che siano soggetti all obbligo dell assicurazione per l invalidità e la vecchiaia a norma della presente legge e della legge 26 ottobre 1957 n. 1047, e all obbligo dell assicurazione di malattia a mente della legge 22 novembre 1954 n Entro lo stesso termine del 31 marzo potranno essere compilati elenchi suppletivi relativi ad anni decorsi dei per i quali sia stato accertato l obbligo delle assicurazioni predette o l esclusione dalle medesime. Per gli iscritti l elenco dovrà indicare a quale assicurazione siano soggetti, specificare il numero delle giornate da essi effettivamente prestate e se, per le giornate stesse, il contributo sia già stato riscosso o sia stato accertato ai fini della riscossione nel corso dell anno. Gli elenchi di cui al precedente comma sono pubblicati nell albo comunale di regola, dal 15 aprile al 30 aprile. Omissis 12

13 vecchiaia e malattia; la cancellazione dai predetti elenchi ha effetto a decorrere dal primo gennaio dell anno successivo». Tale disposizione prevedeva infatti l obbligatorietà dell iscrizione negli elenchi ex SCAU e quindi del versamento dei contributi previdenziali da parte dei coltivatori diretti, sulla base di quanto disposto dall art. 1 L. 26 ottobre 1957 n (Estensione dell assicurazione per invalidità e vecchiaia ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni), in base al quale «l obbligo dell assicurazione per invalidità, vecchiaia e superstiti, secondo il regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni, è esteso, in quanto non sia diversamente disposto dagli articoli seguenti, ai coltivatori diretti, ai mezzadri ed ai coloni che abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all allevamento ed al governo del bestiame, nonché agli appartenenti ai rispettivi nuclei familiari i quali esercitino le medesime attività sui medesimi fondi». L art. 2 della stessa legge aveva poi specificato che «sono considerati coltivatori diretti i proprietari, gli affittuari, gli enfiteuti e gli usufruttuari, i miglioratari, gli assegnatari, i pastori e gli altri comunque denominati che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all allevamento ed al governo del bestiame». La L. 9 gennaio 1963 n. 9 (Elevazione dei trattamenti minimi di pensione e riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri) all art. 2 ha quindi disposto che «è condizione per il diritto all assicurazione di invalidità e vecchiaia per i coltivatori diretti, mezzadri o coloni e per quello alla assicurazione di malattia per i coltivatori diretti che l effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondi o e per l allevamento ed il governo del bestiame. Con decorrenza dall entrata in vigore della presente legge, il requisito della abitualità nella diretta e manuale coltivazione dei fondi o nell allevamento e nel governo del bestiame, previsto dagli articoli 1 e 2 della legge 26 ottobre 1957 n. 1047, e dall articolo 1 della legge 22 novembre 1954, n. 1136, si ritiene sussistente quando i soggetti indicati nelle suddette norme si dedicano in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività. 13

14 Per attività prevalente, ai sensi di cui al precedente comma, deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il maggior periodo di tempo nell anno e che costituisce per essi la maggior fonte di reddito». Il successivo art. 3 della stessa legge ha quindi stabilito che «sono esclusi dall assicurazione i coltivatori diretti i mezzadri ed i coloni che coltivano fondi per i quali il lavoro occorrente sia inferiore a 104 giornate annue», mentre l art. 4 ha stabilito che «sono esclusi dall assicurazione di malattia di cui alla legge 22 novembre 1954 n. 1136, i coltivatori diretti di fondi la cui lavorazione richieda una prestazione effettiva di mano d opera inferiore alle 104 giornate annue». A fronte di quanto sopra esposto, si può quindi sostenere che: a) il coltivatore diretto può dirsi abitualmente dedicato alla diretta e manuale coltivazione dei fondi o nell allevamento e nel governo del bestiame, quando si dedichi in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività; b) che tale prevalenza si riscontra nel momento in cui il coltivatore renda una prestazione effettiva di mano d opera non inferiore alle 104 giornate annue, a cui consegue peraltro l obbligo di assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia previsto dall art. 1 L. 1047/1957 ed il conseguente obbligo di iscrizione negli appositi elenchi comunali previsti dall art. 11 L. 9/ Lo stesso Istituto Nazionale di Previdenza sociale, nel proprio sito internet, evidenzia con riferimento ai requisiti per ottenere l iscrizione alla assicurazione generale obbligatoria da parte del coltivatore diretto e degli appartenenti al suo nucleo familiare le seguenti indicazioni: Requisiti oggettivi: il fabbisogno lavorativo necessario per la gestione dell azienda non deve essere inferiore a 104 giornate annue ( art. 3 L. 9/1963); il nucleo coltivatore diretto deve far fronte autonomamente ad almeno un terzo del fabbisogno lavorativo annuo occorrente per la gestione dell azienda ( art. 2 L. 9/1963) N.B.: Qualora il coltivatore diretto sia proprietario di un fondo che necessita di meno 104 giornate di lavoro annue, è escluso dalla qualifica e dal regime previdenziale di Coltivatore Diretto, ma se effettua nel corso dell anno meno di 51 giornate come Operaio a Tempo Determinato (detto anche giornaliero di campagna o bracciante agricolo) può integrare la contribuzione da lavoro dipendente con versamenti volontari. 14

15 In assenza di tali requisiti, si ritiene che il coltivatore diretto non possa essere considerato agevolabile ai fini impositivi in relazione ai terreni condotti (a prescindere che siano terreni agricoli o aree edificabili), in quanto la disposizione normativa dettata dall art. 9, comma 1 D.Lgs. 504/1992 espressamente accordava tale agevolazione esclusivamente ai coltivatori diretti ed agli imprenditori agricoli principali (ora professionali), per cui sin dall entrata in vigore dell I.C.I. tale agevolazione risultava applicabile soltanto agli imprenditori agricoli che svolgevano attività agro-silvo-pastorale in modo continuativo e non saltuario e che risultavano in regola con i relativi obblighi previdenziali. Tale disposizione è peraltro stata espressamente confermata nella disciplina dell Imposta municipale propria, in cui il Legislatore, con l art. 13, comma 8bis D.L. 201/2011, convertito in L. 214/2011, introdotto dal D.L. 16/2012, ha stabilito che le agevolazioni per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali (da cui discende la finzione di non edificabilità delle aree edificabili utilizzate per attività agro-silvo-pastorale) si applicano soltanto a favore dei soggetti che siano iscritti nella previdenza agricola. A fronte di quanto sopra esposto, si ritiene in conclusione che il soggetto passivo in esame, pur possedendo sotto il profilo dell attività svolta e del volume d affari presunto ricavato Requisiti soggettivi: l attività deve essere svolta con abitualità e prevalenza per impegno lavorativo e reddito ricavato (artt.1 e 2 L. 1047/1957). Ai sensi dell art. 2 della L. 9/1963, il requisito della abitualità si ritiene sussistere quando l attività sia svolta in modo esclusivo o prevalente, intendendosi per attività prevalente quella che occupi il lavoratore per il maggior periodo di tempo nell anno e costituisca la maggior fonte di reddito (Circ. SCAU n. 21 del 18 marzo 1993; Circ. n. 111 del 23 maggio 1998, punto 5; Msg. n del 21 settembre 1998; Msg del 2 aprile 1999; Msg. n. 26 del 6 novembre 2000). Esercizio contemporaneo di attività diverse Anche in questo settore, se il soggetto esercita contemporaneamente più attività, è necessario determinare quale sia l attività prevalentemente esercitata in riferimento al tempo e reddito ricavato. Va valutato, inoltre, la compatibilità di una doppia contribuzione in relazione al tipo di attività svolta ed alla veste in cui l attività stessa viene esercitata (Circ. n. 177 dell 11 novembre 2003). 15

16 dall attività agricola i requisiti per rendere non imponibile ai fini dell Imposta municipale propria il terreno edificabile condotto, ove non sia iscritto alla previdenza agricola ai sensi dell art. 1 L. 1047/1957 e negli appositi elenchi comunali previsti dall art. 11 L. 9/1963, non potrà essere fatto rientrare tra i coltivatori diretti agevolati dalla normativa fiscale in tema di imposizione sugli immobili e dovrà pertanto provvedere al versamento dell imposta sulla base del valore venale in comune commercio dell area edificabile, ai sensi di quanto disposto dall art. 5, comma 5 D.Lgs. 504/1992, espressamente richiamato dall art. 13, comma 3 D.L. 201/2011, convertito in L. 214/2011. Fiduciosi di avere risposto al quesito postoci, rimaniamo a disposizione per eventuali richieste di ulteriori chiarimenti in merito e cogliamo l occasione per porgere cordiali saluti. Ivrea, lì 28 febbraio 2013 Studio Legale Fogagnolo (Avv. Maurizio Fogagnolo) Prot. 132/13/FM 16

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