II.5.2. La prevenzione del rischio idrogeologico e il ruolo dell agricoltura

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1 86 I nuovi spazi dell agricoltura italiana è principale se non dominante forma d uso del suolo e ospita un alta diversità di specie e di habitat, o specie la cui preservazione è oggetto di una speciale attenzione. Nel corso degli anni tale concetto ha acquisito una crescente rilevanza, soprattutto in conseguenza dell integrazione dei temi ambientali nella PAC; non a caso in diverse occasioni l UE ha stimolato i paesi membri alla identificazione di queste aree AVN all interno degli agroecosistemi e ha previsto sussidi e incentivi finalizzati, appunto, alla conservazione e all uso sostenibile della biodiversità in agricoltura. Allo stato attuale, i singoli Stati membri, dopo aver condiviso una definizione comune di aree AVN e dopo aver accettato una struttura metodologica necessaria all individuazione delle stesse, stanno procedendo a una puntuale e indispensabile stima dei sistemi AVN nei propri territori. Ma l attenzione verso queste aree è ancor più rafforzata e sostenuta dalla programmazione in corso dell UE, che richiede agli Stati membri di estendere il concetto di alto valore naturale anche ai sistemi forestali, introducendo esplicitamente la loro conservazione tra gli obiettivi prioritari assegnati allo sviluppo rurale in particolare nell Asse 2, dedicato al miglioramento dell ambiente definendo le aree forestali AVN come «tutte le foreste naturali e semi-naturali dove la gestione (passata o presente) supporta un elevata diversità di specie native e habitat e/o la presenza di specie di importanza comunitaria e/o nazionale e/o regionale». Anche il Piano Strategico Nazionale ha individuato nelle sue priorità di «miglioramento dell ambiente e dello spazio rurale» proprio la conservazione della biodiversità e la tutela e diffusione di sistemi agricoli e forestali ad alto valore naturale, integrando così la panoramica degli interventi in campo agricolo con quelli in campo forestale. II.5.2. La prevenzione del rischio idrogeologico e il ruolo dell agricoltura Ciò che viene comunemente definito come «dissesto idrogeologico» è, in linea teorica, una conseguenza del processo di trasformazione della superficie terrestre. Ai fenomeni naturali sono però da aggiungere quelli connessi all azione o all inazione dell uomo, che amplificano processi naturali: l abbandono dei terreni montani; l abusivismo edilizio; il continuo diboscamento; le modificazioni improprie del sistema idrografico (ad es. asportazione abusiva di inerti dagli alvei fluviali, l occupazione di zone di pertinenza fluviale per fini insediativi); nonché l uso di tecniche agricole poco rispettose dell ambiente. Il rapporto, quindi, tra organizzazione dello spazio rurale e prevenzione del rischio idrogeologico è molto più stretto di quanto si pensi e questo è particolarmente vero per l Italia che, per la propria morfologia, è esposta più di altri paesi a questo tipo di rischio. Secondo l ultimo rapporto Ecosistema rischio 2011, in ben comuni italiani, l 82% del totale, sono presenti aree a rischio idrogeologico; il 30% di essi presenta aree a rischio frana, il 25% aree a rischio di alluvione e ben il 45% aree a rischio per entrambe le calamità. A quanto detto si può aggiungere che l estensione territoriale del rischio idrogeologico è di oltre km 2, il 9,8% del territorio italiano, per il 5,7% classificato come aree franabili e per il 4,1% come aree alluvionabili. In questo contesto, l aumento dei terreni agricoli dismessi si traduce in un proporzionale aumento del rischio. L affermazione appare tanto più veritiera se osserviamo che proprio

2 Scenari italiani Fig. 31 Distribuzione delle aree agricole AVN in Europa Fonte: European Environment Agency, novembre 2010

3 88 I nuovi spazi dell agricoltura italiana nelle regioni in cui il rischio idrogeologico è più elevato e diffuso si avvertono maggiori decrementi della superficie agricola utilizzata. A ciò si aggiunga che, sebbene oggi quattro comuni su cinque presentino nei propri piani urbanistici la perimetrazione delle aree esposte a rischio, gli interventi pubblici non sempre seguono criteri precisi e puntuali. Nel 42% dei comuni non viene svolta regolarmente la manutenzione ordinaria dei corsi d acqua e delle opere di difesa idraulica, mentre gli interventi operati rischiano spesso di accrescere la fragilità del territorio piuttosto che migliorarne la condizione. Inoltre, solo nel 5% dei comuni sono state intraprese azioni di delocalizzazione delle abitazioni esposte a rischio e in appena il 4% si è provveduto a delocalizzare gli insediamenti industriali. Se da una parte, quindi, si avverte la mancanza di «piani di assetto idrogeologico», indispensabile strumento per guidare e vincolare la pianificazione territoriale, dall altra si rileva che, per ottenere un inversione di tendenza nell esposizione al rischio, sono necessarie e improcrastinabili politiche di prevenzione e di gestione ordinaria dello spazio che abbiano tra i principali assi d intervento la salvaguardia dell integrità delle zone agricole e forestali. Il mantenimento dell equilibrio idrogeologico di un territorio è pertanto una funzione pubblica di fondamentale importanza in cui il ruolo dell agricoltura può essere determinante. La modernizzazione dell agricoltura e la conseguente affermazione di modelli produttivi basati sull uso intensivo di macchine hanno portato all accentuazione di fenomeni di erosione e dissesto nelle aree collinari. Nelle aree montane, invece, si è andati incontro a una progressiva rarefazione delle attività agro-forestali che ha accentuato i fenomeni di dissesto idrogeologico. Non è un caso che in maniera sempre più diffusa si avverta la mancanza delle piccole sistemazioni idrauliche della campagna quali briglie, difese spondali, palificate, gabbionate, soglie, cunettoni, dei «terrazzamenti» delle pendici acclivi o delle opere di pulizia, di manutenzione e di cura dei boschi, dei sottoboschi, dei pascoli, delle mulattiere, dei percorsi alpini e degli alvei fluviali, ossia di un insieme coordinato di opere idraulico-forestali che un tempo venivano svolte e che vanno scomparendo insieme con la riduzione del numero di aziende agricole. Nelle politiche agricole e di sviluppo rurale dell UE emerge con chiarezza la necessità di ri-orientare l attività agricola in senso ambientale contribuendo alla prevenzione dei rischi. Gli interventi mirano a una limitazione dell erosione, con l adozione di ordinamenti colturali appropriati, e alla regimazione delle acque, con sistemazioni idraulico-agrarie efficienti. Invero, già dal processo di integrazione di Cardiff del 1998, l UE ha incominciato a integrare la problematica ambientale nelle diverse sfere di attività, agricoltura compresa. Di lì a breve la riforma della PAC (1999), inserita nel pacchetto di riforme comunitarie Agenda 2000, ha introdotto due importanti strumenti legislativi. Il primo, noto come «regolamento orizzontale» (1259 del ), stabilisce che, nell applicazione delle misure delle politiche di mercato, si tenga conto degli obiettivi ambientali; il secondo, denominato «regolamento sullo sviluppo rurale» (1257 del ), consolida le misure agroambientali esistenti integrandole con altre, includendo in tal modo lo sviluppo sostenibile delle zone rurali nella PAC. Nel 2006, infine, la Commissione Europea ha stilato importanti documenti, quali la Soil Thematic Strategy (COM (2006) 231), la Proposal

4 Scenari italiani Fig. 32 Comuni italiani a rischio idrogeologico e variazione della SAU ( ) Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

5 90 I nuovi spazi dell agricoltura italiana for a Soil Framework Directive (COM (2006) 232) e l Impact Assessment (SEC (2006) 1165), con l obiettivo di proteggere il suolo europeo. In questi documenti vengono definiti i principali elementi di criticità (l erosione, la compattazione, la salinizzazione, la perdita di sostanza organica, le frane, la contaminazione locale e diffusa, la impermeabilizzazione, la desertificazione) e vengono riconosciute la forte interrelazione dei suoli con le altre matrici ambientali e la grande necessità di un azione locale delle politiche di protezione, a causa dell estrema variabilità spaziale delle problematiche. Sono quindi chiamati a svolgere un ruolo attivo, non solo gli Stati membri attraverso l individuazione delle aree a rischio e la definizione di obiettivi di riduzione del rischio, ma anche le Regioni attraverso l inserimento nei PSR di misure di difesa del suolo. A questi fondamentali passi avanti del quadro normativo si associano le importanti scelte del governo italiano nell attribuzione di fondi dedicati alla mitigazione del rischio idrogeologico. Lo sblocco di 750 milioni di euro di fondi FAS, destinati al dissesto idrogeologico a partire dal 2012 per 5 anni, e la Delibera «frane e versanti» approvata dal CIPE il 20 gennaio 2012, che destina circa 680 milioni di euro ai territori del Mezzogiorno minacciati dal rischio di calamità naturali risorse finalizzate alla realizzazione di 518 interventi già identificati tra il 2010 e il 2011 vanno in questa direzione. Ciò che invece a livello nazionale ancora manca è l attenzione per il ruolo strategico che può avere l agricoltura. Infatti, le politiche agricole hanno continuato fino a oggi ad adottare criteri pervicacemente produttivistici, favorendo l agricoltura industriale a spese di quella tradizionale e riducendo le esternalità positive derivanti dagli interventi di manutenzione del territorio che gli agricoltori, nello svolgimento delle loro attività, pongono solitamente in essere. Solo un ribaltamento della perdurante visione produttivistica e l investimento in un agricoltura sostenibile possono consentire all agricoltura e, quindi, alle imprese agricole di riconquistare una dimensione ambientale attraverso la funzione di presidio territoriale. Vi sono dunque due linee d azione che bisogna portare avanti: da un lato, promuovere, attraverso forme di sostegno finanziario e/o fiscale, l uso di tutte quelle pratiche agricole che incidono positivamente sulla riduzione del rischio idrogeologico; dall altra, sensibilizzare, informare e formare gli agricoltori in modo che siano stimolati a svolgere al meglio questa importante funzione «ambientale» e a collaborare con le istituzioni locali per la riqualificazione del territorio. II.5.3. Agricoltura e fabbisogno energetico: potenzialità e limiti In risposta alle emergenze climatico-energetiche e agli obiettivi di Lisbona e di Göteborg, il piano d azione del Consiglio europeo , Politica energetica per l Europa, e il più ampio pacchetto legislativo Energia-Cambiamenti climatici, approvato dal Parlamento europeo il 17 dicembre 2008, hanno puntato alla ristrutturazione del settore energetico attraverso un approccio integrato tra politiche secondo il principio del « », vale a dire: riduzione, rispetto ai livelli del 1990, delle emissioni di gas serra del 20% (e di ulteriore riduzione del 10%, qualora altri paesi sviluppati si impegnino ad analoghe riduzioni); aumento dell efficienza energetica del 20% entro il 2020, utilizzando per il 20% fonti rinnovabili e diversificate, per un minimo obbligatorio pari

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