ANALISI SISMOMETRICHE FINALIZZATE ALLO STUDIO DELLA RISPOSTA SISMICA LOCALE NELL AREA URBANA DI RIETI

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1 Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Specialistica in Geologia Applicata all Ingegneria e alla Pianificazione Territoriale Tesi di laurea sperimentale in Geologia Applicata ANALISI SISMOMETRICHE FINALIZZATE ALLO STUDIO DELLA RISPOSTA SISMICA LOCALE NELL AREA URBANA DI RIETI Relatore: Prof. Gabriele Scarascia MUGNOZZA Laureando: Rocco MORRONE Correlatori: Matricola: Dott. ssa Antonella PACIELLO Dott. Salvatore MARTINO Anno Accademico 2009/2010

2 Introduzione INTRODUZIONE Numerosi studi, condotti nell arco dell ultimo decennio, hanno dimostrato che la Risposta Sismica Locale (RSL) dipende sia dalla posizione che dalla geometria della sorgente, ma è legata soprattutto a condizioni geologiche locali. Anche la recente sequenza sismica che ha devastato il centro storico della città de L Aquila e decine di paesi lungo la valle dell Aterno ha confermato queste constatazioni. Infatti, la distribuzione degli effetti è stata guidata dalla geometria e dalla orientazione delle strutture attivatesi nonché dal verso di propagazione della rottura lungo la faglia sismogenetica, ma soprattutto dalle condizioni litostratigrafiche e morfologiche locali, come accaduto per i centri di Castelnuovo e Onna, che sono risultati i paesi maggiormente danneggiati (GEER PRELIMINARY REPORT, 2009). Sulla base di queste considerazioni preliminari, nel presente Lavoro di Tesi, si è deciso, pertanto, di condurre uno studio di Microzonazione Sismica dell area urbana di Rieti. Lo scopo principale del presente Lavoro di Tesi è stato quello di ottenere una Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica dell area urbana di Rieti, in accordo con quanto prescritto da Indirizzi e Criteri per la Microzonazione Sismica 1

3 Introduzione (GRUPPO DI LAVORO MS, 2008) da parte della Protezione Civile Nazionale. L obiettivo finale del lavoro è stato quello di valutare quantitativamente la Risposta Sismica Locale per le zone maggiormente suscettibili di amplificazione locale. Il lavoro è stato condotto nell ambito del progetto della Regione Lazio finalizzato alla Valutazione della Risposta Sismica Locale e individuazione di sottozone sismiche in aree comunali di interesse nel territorio della Regione Lazio ed è stato svolto in collaborazione con l ENEA. Fig. 1.1 Stralcio topografico alla scala 1:40000 con localizzazione dell area urbana di Rieti (in blu). 2

4 Introduzione Questo progetto si inquadra nella valutazione della pericolosità sismica locale per valli e bacini intermontani, connessa con effetti di amplificazione locale del moto sismico riconosciuti a partire da differenti case history sia nazionali che internazionali. L area urbana di Rieti, oggetto del presente lavoro, si estende per circa 10 km 2 (fig. 1.1.) ed e localizzata sul margine orientale della Conca reatina che si estende per circa 90 km 2. La città di Rieti, capoluogo dell omonima provincia, è localizzata nel tratto appenninico della Regione Lazio e si trova a 405 m s.l.m.. L area urbana di Rieti è stata scelta per le seguenti motivazioni: ricade in una porzione dell Appennino Centrale caratterizzato da una comprovata attività sismica; il margine orientale del bacino reatino è delimito da una master fault sismogenetica a cui è possibile associare il terremoto del 1898 che ha provocato danni considerevoli al patrimonio edilizio della città. L area è sede di un importante centro amministrativo della Regione Lazio, sia per aspetti demografici che storico-monumentali (fig. 1.2.). 3

5 Introduzione Fig Ortofoto a colori (scala 1:40000) del tessuto urbano della città di Rieti. Lo studio di Microzonazione sismica è stato articolato nelle seguenti quattro fasi: fase conoscitiva (Cap. 1; Cap. 2 e Cap. 3) fase acquisitiva (Cap. 4 e Cap. 5) fase elaborativa e interpretativa (Cap. 4 e Cap. 5) fase numerica (Cap. 6) Nella prima fase sono stati raccolti i dati pregressi, sia sismometrici che geologicotecnici che hanno permesso, insieme alla ricerca bibliografica e al rilevamento geologico-tecnico, di individuare preliminarmente aree a potenziale amplificazione 4

6 Introduzione sismica. A partire da questi dati si è proceduto alla seconda fase, in cui sono state programmate indagini sismometriche per l individuazione della frequenza fondamentale sia tramite registrazione di rumore sismico ambientale che attraverso l analisi di eventi weak motion registrati attraverso una rete velocimetrica temporanea. Una terza fase, condotta presso il centro ricerche ENEA Casaccia, ha consentito di elaborare le registrazioni e solo in seguito di interpretare ed analizzare i risultati ottenuti. Infine è stata condotta una modellazione numerica con l uso del codice EERA finalizzata alla valutazione della funzione di amplificazione per la zona ritenuta più critica in termini di amplificazioni locali. 5

7 CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO REGIONALE DEL BACINO DI RIETI 1.1. Il bacino di Rieti nel contesto geodinamico dell Italia Centrale Il bacino di Rieti è un ampia depressione intramontana Quaternaria di origine tettonica situata sul fianco occidentale della catena Appenninica. Esso è localizzato nel Lazio settentrionale, più precisamente nella porzione Sabina dell Appennino Centrale. L origine e l evoluzione di questo bacino, così come altri bacini continentali intrappenninici (Fucino, L Aquila Sulmona), sono collegati alla tettonica estensionale post-collisionale che ha interessato l area fino al Pliocene inferiore-medio. L assetto geologico dell area Sabina, così come quello della penisola italiana, deriva dai processi di convergenza tra la placca africana e quella europea che hanno portato alla costruzione della catena appenninica e al suo smembramento e conseguente apertura del bacino tirrenico (OGNIBEN et alii, 1975; BIGI et alii, 1989; VAI & MARTINI, 2001). In questo contesto geodinamico un ruolo fondamentale, nel determinare l evoluzione tettonica dell Appennino Centrale, è stato svolto dalla subduzione della placca africana al di sotto di quella europea, che 6

8 è stata particolarmente attiva durante il Miocene e il Pliocene e le cui evidenze sismologiche sono ancora riconoscibili al di sotto del Tirreno meridionale (ANDERSON & JACKSON, 1987; GIARDINI & VELONÀ, 1991; SPAKMAN et alii, 1993; SELVAGGI & CHIARABBA, 1995; PIROMALLO & MORELLI, 2003). Fig Localizzazione del bacino intramontano di Rieti (in azzurro) nell Appennino Centrale. La convergenza Africa-Eurasia e la subduzione della litosfera Adriatico-Ionica hanno dato luogo alla formazione della catena Appenninica, con un processo particolarmente intenso durante il Miocene ed il Pliocene, quando le unità paleogeografiche che costituivano il margine adriatico furono progressivamente deformate ed incorporate all interno della catena (PAROTTO & PRATURLON, 1975; PATACCA & SCANDONE, 1989; CIPOLLARI & COSENTINO, 1995). 7

9 Queste unità formate prevalentemente da carbonati Mesozoici e Terziari sia in facies di piattaforma che di scarpata e di bacino, costituiscono oggi gran parte della struttura dell Appennino Centrale e affiorano estesamente sui rilievi dei Monti Sabini, Tiburtini, Prenestini e Lepini (PAROTTO & PRATURLON, 1975; PAROTTO, 1980; ACCORDI & CARBONE, 1986). Verso occidente, queste unità passano molto rapidamente ad unità di transizione e di bacino affioranti sulle strutture dei Monti Tiburtini e dei Sabini. La genesi dei bacini intramontani dell Appennino Centrale, compreso quello reatino, è legata ad un regime tettonico estensionale impostatosi su una catena già strutturata dalla tettonica compressiva e successivamente disarticolata da tali processi distensivi. Il regime estensionale avrebbe interessato le zone interne dell orogene a partire dal Tortoniano superiore- Messiniano, raggiungendo aree progressivamente più orientali seguendo verso est la migrazione dei fronti compressivi (MERLA, 1951; TREVISAN, 1952; SESTINI, 1970; BOCCALETTI & GUAZZONE, 1974; ELTER et alii, 1975). Secondo tale modello geodinamico il regime estensionale avrebbe raggiunto l area occupata attualmente dal bacino intermontano determinandone la formazione nel corso del Plio Pleistocene. Durante le fasi tettoniche a carattere distensivo, che hanno investito tutto il margine tirrenico a partire dal Pliocene inferiore (PAROTTO & PRATURLON, 1975; AMBROSETTI et alii, 1982; PATACCA et alii, 1992; CAVINATO, 1993), nell area di catena si sarebbero instaurate le condizioni di 8

10 formazione di nuove direttrici tettoniche (NW SE e E-W) sia impostate su discontinuità preesistenti (es. rampe di accavallamento) che di nuova generazione (CAVINATO, 1993). I dati emersi dalle analisi geologico-strutturali (CAVINATO et alii, 1989) indicano che il bacino di Rieti si sia formato in una grossa depressione disposta con asse NNW SSE (fig ), delimitata lungo il lato orientale da uno di questi elementi a carattere distensivo, avente direzione N e attivatosi probabilmente lungo la zona di intersezione tra il dominio di transizione Umbro-Sabino e quello di piattaforma Laziale-Abruzzese (CAVINATO et alii, 1989; 1993). 9

11 Fig Schema geologico-strutturale dell Italia Centrale con localizzazione dell area di studio. Legenda 1- depositi marini continentali del Plio-Pleistocene e coperture alluvionali recenti; 2- vulcaniti (Pleistocene); 3- depositi terrigeni sintettonici (Formazione del Cellino, Pliocene inferiore); 4- depositi terrigeni sintettonici (Formazione di Argilloso-arenacea, Tortoniano superiore p.p.-messiniano superiore); 5- depositi terrigeni sintettonici (Formazione di Frosinone, Tortoniano superiore p.p); 6- depositi terrigeni sintettonici (Formazione Marnoso-arenacea, Burdigaliano p.p-langhiano); 7- successione stratigrafica in facies di transizione (Triassico superiore-miocene inferiore); 8- successione stratigrafica in facies di piattaforma carbonatica (Triassico superiore-miocene medio); 9- faglia diretta; 10- faglia transtensiva; 11- faglia con cinematica complessa; 12- faglia trascorrente; 13- sovrascorrimento; 14- retroscorrimento. (CIPOLLARI et alii, 1993). 10

12 La peculiarità dell assetto strutturale dei rilievi dell Appennino Centrale è data dalla coesistenza di strutture tettoniche con orientamento e stile deformativo diversi, il cui limite è dato da una importante fascia di deformazione nota come la Olevano-Antrodoco (PAROTTO, 1980). Questo importante elemento strutturale marca il limite tra le strutture meridiane, con prevalente sedimentazione carbonatica in facies di scarpata e di bacino, che costituiscono i rilievi dei Monti Sabini e Reatini, e quelle ad andamento NW SE, con sedimentazione in facies di piattaforma carbonatica e di margine, che costituiscono i rilievi dei Monti Lepini e Simbruini (CIVITELLI et alii, 1986; CORDA & MARIOTTI, 1986). L attività tettonica della Linea Olevano-Antrodoco è avvenuta nel Miocene superiore-pliocene inferiore, successivamente alla prima strutturazione dei principali rilievi appenninici che avevano dato luogo alla struttura a pieghe e sovrascorrimenti, ben riconoscibile nella parte centrale e superiore del bacino di Rieti (fig ) grazie alle prospezioni gravimetriche effettuate nella Piana reatina (CICCOLELLA et alii, 1995). L attivazione della Linea Olevano-Antrodoco e delle altre strutture meridiane con componente di movimento destro, quali ad esempio la Faglia Sabina (ALFONSI et alii, 1991) ha determinato l instaurarsi di importanti e complesse rotazioni delle strutture tettoniche, testimoniate dai dati paleomagnetici (MATTEI et alii, 1995). Questi eventi hanno portato alla definizione dei diversi domini strutturali ed all ulteriore disarticolazione delle strutture deformative enucleatesi 11

13 durante i primi stadi di evoluzione della catena, definendo l attuale assetto delle strutture dell Appennino Centrale. Con il Pliocene inferiore i processi tettonici responsabili dell orogenesi migrano verso i settori adriatici come testimoniato dall ingente spessore dei depositi silicoclastici plio-pleistocenici affioranti in Appennino Centrale (fig ). Allo stesso tempo, nell intero margine tirrenico le strutture appenniniche iniziarono ad essere progressivamente dislocate e smembrate ad opera dei processi estensionali responsabili dell apertura del bacino tirrenico. Fig Schema strutturale del margine tirrenico centro-settentrionale della penisola italiana con l ubicazione del bacino di Rieti colmato dai depositi plio-pleistocenici (MATTEI et alii, 2008). 12

14 1.2. Affinità con altri bacini dell Appennino Centrale Mentre sul margine continentale tirrenico la tettonica estensionale ha avuto il suo periodo di maggiore attività durante il Miocene superiore e il Pliocene, nella parte assiale della catena l attività tettonica estensionale ha inizio nel Pleistocene ed ha dato luogo alla formazione di numerosi bacini continentali intramontani, tra cui quello reatino (fig ). Esso è disposto con asse NNW-SSE ed è collocato tra due importanti lineamenti compressivi: il thrust del Monte Tancia a W e i fronti tettonici della Olevano-Antrodoco a E. Una caratteristica peculiare del bacino è la presenza al suo interno di un settore, la Conca di Rieti, caratterizzata da una forma geometrica regolare, morfologicamente e tettonicamente ribassata. La sua formazione, avvenuta durante il Pleistocene medio-superiore, è legata alla ripresa degli eventi estensionali a carattere regionale che hanno causato la riattivazione del sistema di faglie bordiere e la messa in posto della piccola colata di lava melilitica di Cupaello (CAVINATO et alii, 1989; CAVINATO, 1993). Il bacino reatino in analogia con altri bacini intrappenninici postorogeni dell Italia Centrale, quali Terni, Leonessa, Fucino, Sulmona, prodotti dalle intense fasi tettoniche distensive, che dal Messiniano in poi si sono propagate e si propagano tuttora dal margine tirrenico verso quello adriatico (PAROTTO & PRATURLON, 1975; GASPARINI & 13

15 PRATURLON, 1981; LAVECCHIA, 1988), è caratterizzato da una potente successione plio-quaternaria, da una debole e concentrata attività sismica e da una spiccata evoluzione neotettonica. Infatti è colmato da un potente pacco di sedimenti continentali di natura ghiaioso-sabbiosa-limosa (ACCORDI & CARBONE, 1986), il cui spessore massimo è di circa 500 metri. Fig Schema geologico del bacino di Rieti (da MICHETTI et alii, 1995). Legenda: 1- depositi fluvio lacustri e coperture detritiche (Olocene Pleistocene superiore); 2 travertini (Pleistocene medio-superiore; 3 centri vulcanici di Cupaello e Polino (Pleistocene medio); 4 sedimenti fluviolacustri (Pleistocene medio-pliocene superiore); 5 depositi marini silicoclastici (Miocene superiore); 6 serie calcareo silico marnosa (Triassico Miocene); 7 sovrascorrimento; 8 faglia normale; 9 faglia normale obliqua. 14

16 Questi depositi fluvio-lacustri di riempimento del bacino reatino affiorano solo nella parte meridionale e orientale dell area e non sono presenti nella parte occidentale, dove al di sotto di alcune decine di metri di alluvioni oloceniche è presente il substrato carbonatico in facies Umbro-Sabina (MANFREDINI, 1972). Altra caratteristica comune con altri bacini intermontani è la presenza di una peculiare attività sismica localizzata, espressione di una marcata evoluzione neotettonica della Conca di Rieti, e nel bacino reatino si esplica prevalentemente con rilascio di una moderata energia sismica sul margine orientale (CAVINATO et alii, 1989; CAVINATO 1993) Il substrato Meso-Cenozoico in facies Umbro-Sabina Il substrato Meso-Cenozoico del bacino reatino è formato dai termini calcareosilico-marnosi della successione Umbro-Sabina (ACCORDI & CARBONE, 1986; CAVINATO et alii, 1989; COSENTINO et alii, 1991). Infatti la successione stratigrafica affiorante nell area del bacino di Rieti è costituita da termini mostranti caratteri transizionali tra depositi pelagici, tipici di un ambiente di mare aperto, e depositi neritici carbonatici. In effetti, questa succesione pur mostrando caratteri generali di successione pelagica, presenta al suo interno, notevoli quantità di materiale detritico, generalmente in facies neritica, caratterizzato da strutture 15

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