IL PROCESSO TRIBUTARIO GRUPPO DI LAVORO SUL CONTENZIOSO TRIBUTARIO
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1 GRUPPO DI LAVORO SUL CONTENZIOSO TRIBUTARIO
2 avviso di accertamento del tributo avviso di liquidazione del tributo provvedimento che irroga le sanzioni ruolo e cartella di pagamento ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle C.T. diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari ricorso può essere proposto avverso fermo di beni mobili registrati avviso di mora atti relativi alle operazioni catastali iscrizione di ipoteca sugli immobili rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti
3 corollari elencazione «tassativa» (?) - gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente Gli atti devono contenere: - l'indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto; - la commissione tributaria competente; - le relative forme da osservare. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l impugnazione unitamente a quest'ultimo
4 atti tipici atti assimilabili agli atti tipici (interpretazione estensiva / analogica) atti atipici (impugnabili facoltativamente)
5 elencazione tassativa Cass. civ. Sez. V, 28/01/2005, n «Il diritto tributario è caratterizzato tra l'altro, dalla tipicità degli atti che un Ente impositore può porre in essere. Ogni atto è espressione dell'esercizio di un potere assegnato da una norma che ne individua presupposti ed effetti Peraltro, in questo settore dell'ordinamento la discrezionalità è tendenzialmente del tutto assente dal momento che l'azione della pubblica amministrazione è ampiamente regolata dal principio di stretta legalità. Tutto ciò comporta che in linea di massima nella sfera del contribuente si possono produrre solo gli effetti negativi previsti dalla legge per il tipo di atto posto in essere. In questo contesto e su questa base, allora si può ritenere che l'elencazione degli atti impugnabili che si ritrova nell'art. 19, è tassativa e che non c'è la necessità di approntare una tutela giurisdizionale per atti diversi, che comunque sarebbero inidonei a produrre effetti negativi significativi nella sfera del contribuente»
6 elencazione non tassativa Cass. civ. Sez. Unite, 10/08/2005, n Con l'art. 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come sostituito dall'art. 12, 2 comma, della legge n. 448 del 2001 (secondo cui "appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie...") la giurisdizione tributaria è divenuta - nell'ambito suo proprio - una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qualvolta si controverta di uno specifico rapporto tributario o di sanzioni inflitte da uffici tributari. La riforma del 2001 ha inoltre necessariamente comportato una modifica dell'art. 19, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; l'aver consentito l'accesso al contenzioso tributario in ogni controversia avente ad oggetto tributi comporta infatti la possibilità per il contribuente di rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta egli abbia interesse (ex art. 100 c.p.c.) a reagire ad una qualche convinzione manifestata, anche a mezzo di silenzio - rigetto, dall'amministrazione finanziaria relativamente al rapporto tributario o alle relative sanzioni. Ne consegue la sussistenza della giurisdizione tributaria anche in ordine alle impugnazioni proposte avverso il rifiuto espresso o tacito dell'amministrazione a procedere all'autotutela.
7 elencazione non tassativa Cass. civ. Sez. V, 06/12/2004, n In tema di Tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (T.O.S.A.P.), l'"invito al pagamento" che il Comune notifichi al contribuente, allorché sia prodromico all'iscrizione a ruolo e idoneo a portare a conoscenza del contribuente stesso la pretesa dell'amministrazione e a rendere possibile l'esercizio del diritto di difesa, costituisce atto autonomamente impugnabile - pur non essendo incluso nell'elenco di cui all'art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n , tale dovendo ritenersi ogni atto che, al di là del criterio nominalistico, abbia natura sostanzialmente impositiva.
8 elencazione non tassativa Cass. civ. Sez. V, 11/05/2012, n «Si deve, quindi, riconoscere la ricorribilità di provvedimenti davanti al giudice tributario ogni qual volta vi sia un collegamento tra atti della Amministrazione e rapporto tributario, nel senso che tali provvedimenti devono essere idonei ad incidere sul rapporto tributario, dovendosi ritenere possibile una interpretazione non solo estensiva ed anche analogica della categoria degli atti impugnabili previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19. Pertanto, nonostante l'elencazione tassativa degli atti impugnabili, contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, il contribuente può impugnare anche atti diversi da quelli contenuti in detto elenco, purché espressione di una compiuta pretesa Tributaria. La mancata ricorribilità di tali atti davanti al giudice tributario comporterebbe una lacuna di tutela giurisdizionale, in violazione dei principi contenuti negli artt. 24 e 113 Cost., perché "il carattere esclusivo della giurisdizione Tributaria non consente che atti non impugnabili in tale sede siano devoluti, in via residuale, ad altri giudici, secondo le ordinarie regole di riparto della giurisdizione. Pertanto anche la comunicazione di irregolarità, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, comma 3, che ha tali caratteristiche, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile.»
9 diniego di autotutela Cass. civ., 10/08/2005 n Giusto quanto previsto dall'art. 12, comma 2, della legge n. 448/2001 la giurisdizione tributaria è divenuta - nell'ambito suo proprio - una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qualvolta si controverta di uno specifico rapporto tributario o di sanzioni inflitte da uffici tributari. E' stato conseguentemente modificato l'art. 19 del DLG n. 546/1992 dato che il contribuente può rivolgersi al giudice tributario ogni qualvolta abbia interesse a contestare la convinzione espressa dall'amministrazione (anche attraverso la procedura del silenzio-rigetto) in ordine alla disciplina del rapporto tributario. Rientrano altresì nella giurisdizione del giudice tributario le controversie relative all'esercizio (o la mancato esercizio) da parte dell'amministrazione del potere di autotutela, spettando a tale giudice anche stabilire se l'atto (o il rifiuto) sia o meno impugnabile.
10 diniego di autotutela Cass. civ., SS.UU., 27/03/2007, n Indipendentemente dalla natura e contenuto dell'atto impugnato, laddove il rapporto controverso verta in materia di tributi di qualunque genere e specie la cognizione è affidata alla giurisdizione delle Commissioni tributarie "ratione materiae". L'allargamento della giurisdizione tributaria include - attesa l'insussistenza di una riserva assoluta al giudice amministrativo della tutela degli interessi legittimi - il sindacato del giudice circa il corretto esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione finanziaria prima ancora dell'esistenza dell'obbligazione tributaria. Nel caso di specie, il giudice tributario investito del rifiuto dell'amministrazione finanziaria di adottare un provvedimento di annullamento in autotutela di un avviso di liquidazione ha facoltà di giudicare sulla legittimità di tale rifiuto ma non sulla fondatezza della pretesa fiscale che costituirebbe indebita sostituzione della funzione giurisdizionale a quella amministrativa.
11 diniego di autotutela Cass. civ., SS.UU., 06/02/2009, n E' inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di rigetto, espresso o tacito, dell'istanza di autotutela promossa dal contribuente volta ad ottenere l'annullamento di un atto impositivo divenuto definitivo (nella specie, per l'intervenuto giudicato formatosi sulla decisione di reiezione del ricorso davanti alla commissione tributaria provinciale), in conseguenza sia della discrezionalità nell'esercizio del potere di autotutela quanto dell'inammissibilità di un nuovo sindacato giurisdizionale sull'atto di accertamento munito del carattere di definitività.
12 avviso bonario Cass. civ. Sez. Unite, 24/07/2007, n Ai fini dell'accesso alla giurisdizione tributaria debbono essere qualificati come avvisi di accertamento o di liquidazione di un tributo tutti quegli atti con cui l'amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita; ancorché tale comunicazione si concluda non con una formale intimazione al pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell'attività esecutiva, bensì con un invito "bonario" a versare quanto dovuto. Cioè appare essenziale, perché si possa parlare di avviso di accertamento o di liquidazione, che il testo manifesti una pretesa tributaria compiuta e non condizionata, ancorché accompagnata dalla sollecitazione a pagare spontaneamente per evitare spese ulteriori (o anche essere ammesso a qualche beneficio). A differenza di quanto può dirsi a proposito delle comunicazioni previste dal comma 3 dell'art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dal comma 3 dell'art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972; queste comunicazioni costituiscono infatti anche un "invito" a fornire "eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi". Quindi manifestano una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela (o attraverso l'intervento del giudice). Nell'ambito di questa impostazione di diritto, che l'ente impositore non può modificare a suo piacimento dichiarando "non impugnabili" atti che impugnabili sono, spetta al giudice di merito sceverare con congrua motivazione gli atti impositivi dagli atti che impositivi non sono, esaminando gli aspetti sostanziali dell'atto, che possono non trovare compiuta corrispondenza nei suoi aspetti formali
13 avviso bonario Cass. civ. Sez. lavoro, 30/10/2012, n Devono ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l'amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nell'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 e non essendo perciò in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l'interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili. Però, pur essendo un atto atipico, è soggetto al limite che non può essere annullato per la mancata indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della commissione tributaria competente.
14 revoca dell accertamento con adesione Cass. civ. Sez. Unite, 26/03/1999, n. 185 Il provvedimento di revoca dell'accertamento con adesione del contribuente ai fini delle imposte sul reddito e dell'i.v.a. è inerente al rapporto tributario e alla corretta applicazione dell'imposta, con la conseguenza che l'impugnazione dello stesso, in considerazione dello scopo che ha e degli effetti che produce - quale atto necessariamente presupposto dell'avviso di accertamento - rientra nella giurisdizione esclusiva delle commissioni tributarie, dovendosi ritenere ricompreso, con interpretazione estensiva, nella nozione di avviso d'accertamento, atto impugnabile innanzi alle stesse.
15 impugnabilità dell atto di adesione al pvc Commiss. Trib. Prov. Piemonte Torino Sez. XX, 04/11/2009, n. 86 E' inammissibile l'impugnazione formulata avverso l'accertamento definito attraverso la procedura di adesione di cui all'art. 5-bis, D.Lgs. n. 218/1997. Commiss. Trib. Prov. Piemonte Torino Sez. I, 26/03/2010, n. 57 E' impugnabile l'atto di accertamento con adesione in quanto manifesta una pretesa fiscale definita e compiuta. Commiss. Trib. Prov. Piemonte Torino Sez. III, 21/01/2013, n. 5 E inammissibile l impugnazione del provvedimento di diniego del rimborso delle somme versate in relazione alla definizione "agevolata" di un P.V.C. Non può essere infatti oggetto di contestazione la natura della pretesa, che diviene, per espressa volontà del legislatore, definitiva. Commiss. Trib. Reg. Lombardia Milano Sez. XXVIII, 06/04/2012, n. 46 E' legittima l'impugnazione dell'atto di definizione emesso dall'ente impositore successivamente al P.V.C. qualora nella quantificazione della pretesa tributaria questi non si sia adeguato alle risultanze emerse in sede di verifica va, nella nozione di avviso d'accertamento, atto impugnabile innanzi alle stesse.
16 pignoramento presso terzi Cass. civ. Sez. Unite, 05/07/2011, n La giurisdizione del giudice tributario - che si estende alla cognizione "di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere o specie", con la sola esclusione degli atti dell'esecuzione tributaria, fra i quali non rientrano, per espressa previsione degli artt. 2 e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, né le cartelle esattoriali né gli avvisi di mora - include anche la controversia relativa ad una opposizione all'esecuzione, nella specie attuata con un pignoramento presso terzi promosso con riguardo al mancato pagamento di tasse automobilistiche, quando oggetto del giudizio sia la fondatezza del titolo esecutivo, non rilevando la formale qualificazione come "atto dell'esecuzione" del predetto pignoramento ed invece contestandosi le cartelle esattoriali emesse per tasse automobilistiche che si ritengano non dovute, in quanto relative ad auto già demolite.
17 estratto di ruolo Cass. civ. Sez. V, , n Il ruolo può essere impugnato solo unitamente alla relativa cartella e a seguito della notifica di essa; pertanto, non si può agire avverso l'estratto di ruolo. Cass. civ. Sez. V, 20/03/2013, n L'estratto di ruolo è atto interno all'amministrazione non può esser oggetto di autonoma impugnazione davanti al giudice tributario. E questo perché, senza notifica di un atto impositivo, non c'è alcun interesse concreto e attuale ex art. 100 c.p.c. a radicare una lite tributaria. L'estratto di ruolo, quindi, può esser impugnato soltanto unitamente alla cartella che sia stata notificata. Ciò che è altresì confermato dalla struttura oppositiva del processo tributario, che non ammette preventive azioni di accertamento negativo del tributo.
18 interpello disapplicativo Cass. civ. Sez. V, , n Le determinazioni del Direttore regionale delle Entrate sull'istanza del contribuente volta a provocare l'esercizio del potere di disapplicazione di una norma antielusiva, ai sensi dell'art. 37- bis, ottavo comma, del D.P.R. n. 600/1973, costituiscono presupposto necessario ed imprescindibile per l'esercizio di tale potere. Le determinazioni in senso negativo costituiscono atto di diniego di agevolazione fiscale e sono soggette ad autonoma impugnazione ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. h), del D.Lgs. n. 546/1992. La mancanza di impugnazione nei termini di legge decorrenti dalla comunicazione delle determinazioni al contribuente rende definitiva la carenza del potere di disapplicazione della norma antielusiva in capo all'istante. Il giudizio innanzi al giudice tributario a seguito dell'impugnazione si estende al merito delle determinazioni impugnate.
19 interpello disapplicativo Cass. civ. Sez. V, 13/04/2012, n La risposta resa dalla DRE a seguito di interpello disapplicativo ai sensi dell'art. 37-bis co. 8 del D.P.R. n. 600/1973 non sempre è impugnabile, in quanto possono essere oggetto di ricorso solo gli atti impositivi in senso proprio. Nella specie, si conferma quanto detto con la precedente sentenza 8663/2011, in merito alla necessità di impugnare la risposta, in quanto si tratta di un diniego di agevolazione, ma occorre contestualizzare il caso. Se, come nella specie, la domanda di interpello è stata dichiarata improcedibile ai sensi dell'art. 1 del D.M. n. 259/1998, non si può nemmeno parlare di atto impositivo, siccome la domanda del contribuente, per la causa di improcedibilità, non è stata esaminata, da qui la mancanza di una pronuncia dell'amministrazione sul merito della questione.
20 interpello disapplicativo Cass. civ. Sez. V, Sent., 05/10/2012, n «Sul piano strettamente tecnico, infatti, va esclusa la equiparazione tra "agevolazione fiscale" e "disapplicazione di norma antielusiva": la prima costituisce un trattamento derogatorio di favore riconosciuto in generale nella ricorrenza di determinate condizioni, pur in presenza del presupposto del tributo, per finalità di realizzazione di interessi diversi da quello fiscale, ritenuti meritevoli di tutela; la seconda consiste nel rimuovere l'operatività di norme limitative - per fini antielusivi - di "vantaggi" fiscali di regola spettanti (detrazioni, deduzioni, crediti d'imposta, ecc), in relazione a singole fattispecie, il cui esame abbia portato ad escludere il realizzarsi dello scopo elusivo, così ripristinando, per finalità pur sempre di ordine fiscale, il regime tributario applicabile nel caso specifico a quello previsto dall'ordinamento in assenza di fine di elusione, cioè quello ritenuto "giusto" dal legislatore in relazione alla capacità contributiva manifestata. La natura tassativa - e quindi soggetta ad interpretazione rigorosa - dell'elencazione degli atti contenuta nel citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, con il correlato onere di impugnazione a pena di cristallizzazione della pretesa in essi contenuta, non comporta, tuttavia, che l'impugnazione di atti diversi da quelli ivi specificamente indicati sia in ogni caso da ritenere inammissibile. Da tempo, infatti, la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, ha affermato il principio secondo il quale il detto "catalogo" degli atti impugnabili è suscettibile di interpretazione estensiva, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.), che in conseguenza dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. n. 448 del 2001: ciò, ovviamente, per quanto detto sopra, con il necessario corollario della mera facoltà d'impugnazione, il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare la pretesa tributaria in un secondo momento.»
21 interpello disapplicativo Cass. civ. Sez. V, Sent., 05/10/2012, n L'istanza, infatti, è obbligatoria; deve contenere la descrizione compiuta della fattispecie concreta; deve essere corredata della documentazione rilevante; è soggetta a richieste istruttorie; è rivolta ad ottenere un atto dell'amministrazione, sia esso da intendere come una sorta di "autorizzazione alla disapplicazione" della specifica norma antielusiva in questione, sia, piuttosto, come sembra più corretto anche in base alla disciplina della materia, quale atto, esso stesso, di esercizio del potere di disapplicazione (che spetta all'amministrazione e non al contribuente); le "determinazioni" del direttore regionale delle entrate sono comunicate al richiedente mediante servizio postale, in plico raccomandato con avviso di ricevimento, con "provvedimento" "da ritenersi definitivo" (D.M. n. 259 del 1998, art. 1, in specie commi 4 e 6). In sostanza, la risposta all'interpello, positiva o negativa, costituisce il primo atto con il quale l'amministrazione, a seguito di una fase istruttoria e di una valutazione tecnica, e con particolari garanzie procedimentali, porta a conoscenza del contribuente, in via preventiva, il proprio convincimento in ordine ad una specifica richiesta, relativa ad un determinato rapporto tributario, con l'immediato effetto di incidere, comunque, sulla condotta del soggetto istante in ordine alla dichiarazione dei redditi in relazione alla quale l'istanza è stata inoltrata. Non può, pertanto, negarsi che il contribuente, destinatario della risposta, abbia l'interesse, ex art. 100 c.p.c., ad invocare il controllo giurisdizionale sulla legittimità dell'atto in esame.
22 interpello disapplicativo Cass. civ. Sez. V, Sent., 05/10/2012, n Premesso che la "definitività" prevista dal citato D.M. n. 259 del 1998, art. 1, comma 6, va intesa semplicemente come impossibilità di richiesta di riesame delle determinazioni del direttore regionale mediante ricorso gerarchico, va osservato che la risposta all'interpello costituisce un "provvedimento" emesso allo stato degli atti, sulla base della documentazione acquisita, che, al più, se negativo, prelude, predeterminandone il contenuto, ad un eventuale avviso di accertamento relativo alla dichiarazione dei redditi presentata in difformità (che, peraltro, potrebbe essere anche parziale) dalla risposta, ovvero ad un, anch'esso eventuale, diniego di rimborso nel caso in cui il contribuente, pur adeguandosi a quella, ne ritenga l'illegittimità. In definitiva, la risposta all'interpello non impedisce innanzitutto alla stessa amministrazione di rivalutare - in sede di esame della dichiarazione dei redditi o dell'istanza di rimborso - l'orientamento (negativo) precedentemente espresso, né al contribuente di esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell'atto tipico che gli venga notificato, dimostrando in tale sede, senza preclusioni di sorta, la sussistenza delle condizioni per fruire della disapplicazione della norma antielusiva.
23 interpello disapplicativo Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 20/11/2012, n Il ricorso non riguarda una questione di giurisdizione, ma di impugnabilità dell'atto di cui si discute. Con questa premessa il ricorso deve essere rigettato in quanto la Corte con sentenza n del 15 aprile 2011 ha affermato che le determinazioni del Direttore regionale delle Entrate sulla istanza del contribuente volta ad ottenere le disapplicazione di una norma antielusiva ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 8, costituiscono presupposto necessario ed imprescindibile per l'esercizio di tale potere. Le determinazioni in senso negativo costituiscono perciò atto di diniego di agevolazione fiscale e sono soggette ad autonoma impugnazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. h). Tale atto rientra tra quelli tipici previsti come impugnabili da detta disposizione normativa, e pertanto la mancanza di impugnazione nei termini di legge decorrenti dalla comunicazione delle determinazioni al contribuente ai sensi del D.M. 19 giugno 1998, n. 259, art. 1, comma 4, rende definitiva la carenza del potere di disapplicazione della norma antielusiva in capo all'istante. Il giudizio innanzi al giudice tributario a seguito della impugnazione si estende al merito delle determinazioni impugnate. Il Collegio ha condiviso la relazione, anche alla luce della ulteriore sentenza di questa Corte n del 5 ottobre 2012.
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