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1 I cento anni del giovane Mario Fabiani testimonianza familiare di Raffaello Fabiani Comune di Empoli

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3 I cento anni del giovane Mario Fabiani testimonianza familiare di Raffaello Fabiani Comune di Empoli

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5 Sommario Premessa del Sindaco di Empoli Un impegno preso p. 9 Una storia da non dimenticare p. 13 Un uomo sempre giovane p. 14 Un modo particolare di diventare antifascista p. 18 Esule a Parigi p. 22 (la meravigliosa scoperta di una società libera) Studente a Mosca p. 23 (Grave delusione e giusta disillusione) Il bollettino dei sovversivi p. 26 Nove anni di carcere p.27 La guerra partigiana p. 31 Politica e Istituzioni p. 36 Vicesindaco e sindaco p. 36 Presidente dell Amministrazione Provinciale p. 41 Senatore p. 42 Gli amici ed altro p. 44 Il carattere p. 46 La Pira p. 47 La fine di una storia p. 49

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7 Premessa Leggere in questa pubblicazione la vita e le vicende di Mario Fabiani ci consente di ripercorrere la storia del nostro Paese e del nostro territorio, dal periodo più buio della nostra storia recente a quello della rinascita e della ripresa. Significa ricordare la vicenda umana e politica di un uomo che ha saputo vivere a pieno la propria vita mettendola al servizio degli altri in ogni momento. La coraggiosa reazione al fascismo, la scelta antifascista e comunista. Il caro prezzo pagato per la sua coerenza e per il suo coraggio, il carcere. Una vita vissuta senza compromessi e sempre alla ricerca della libertà e dell uguaglianza di tutti i cittadini. La stessa libertà che lo portò a discostarsi dal modello sovietico senza rinnegare i valori e gli ideali che aveva conosciuto e condiviso e per i quali ha sacrificato tanta parte della sua vita. Dalla guerra partigiana, dal carcere, dalla scelta antifascista Fabiani trasse la spinta per l impegno politico nelle istituzioni. Prima vicesindaco di Firenze, poi sindaco, quindi primo presidente dell Amministrazione Provinciale fiorentina. Infine, dopo diciotto anni di impegno nelle istituzioni locali, l elezione al Senato della Repubblica. Una linearità e coerenza nelle scelte umane e politiche che non gli impedirono di instaurare rapporti umani veri e fecondi con personalità di diversa estrazione culturale e politica, La Pira fra tutti, ma con le quali era accomunato dallo spessore umano e dall unico fine dell agire politico, il bene della comunità

8 Ringraziando chi ha scritto e curato questa pubblicazione auspico che questa possa essere diffusa nelle scuole. I nostri giovani troveranno in queste pagine la passione per l impegno civile, la convinzione e la passione per un impegno politico non solo disinteressato ma anche coraggioso e senza ambiguità, la coerenza e la capacità di mettersi in discussione. Qualità importanti anche nelle difficoltà e nei problemi della società attuale dove, a distanza di cento anni dalla nascita, l esempio di Mario Fabiani può rappresentare un ottimo punto di riferimento dal quale trarre ispirazione. Il Sindaco di Empoli Luciana Cappelli - 8 -

9 I cento anni del giovane Mario Fabiani Un impegno preso Per la famiglia di Mario Fabiani, la giornata dedicata a lui dal Comune di Empoli e questo lavoro assumono il significato di riportare il proprio caro nella sua città, in occasione dei cento anni dalla nascita e quindi di sciogliere una promessa fattagli durante i suoi ultimi giorni di vita. Fabiani, dopo anni di lontananza, espresse ai figli il desiderio di condividere la stessa terra dove riposa la gente di casa sua, e con quella e questi confondersi come in un definitivo ritorno a casa. La promessa è stata fatta ad un uomo che cercò sempre la libertà e che liberamente diceva ciò che pensava, agendo di conseguenza. Divenne un personaggio importante e, per molti fiorentini, anche leggendario. Alla sua morte (prematura) trovò riposo sotto i cipressi della collina di Trespiano e a lui venne dedicato dagli amici, ma anche dagli avversari, un monumento al centro di un prato verde, fatto con uno sperone di roccia cavato dall Appennino, con scolpite alcune frasi dedicategli da Neruda: - 9 -

10 E quando nel Palazzo Vecchio, bello come un agave di pietra, salii gli scaloni consunti, attraversai le antiche sale, e uscì a ricevermi un operaio, capo della città del vecchio fiume, delle case tagliate come in pietra di luna, io non mi sorpresi: Pablo Neruda la maestà del popolo governava. Il capo della città del vecchio fiume era Mario Fabiani che nacque ad Empoli nel 1912, cento anni fa. Non mi è facile come figlio parlare di mio padre, in un modo che altri possono fare con ben diversa competenza, ovviamente in campi come quello politico o amministrativo. Mi convince però il fatto che, a volte, le storie che non riusciamo a raccontare sono proprio quelle che ci riguardano e una storia non raccontata diventa una storia dimenticata, invece quando una vicenda viene narrata rimarrà a lungo. Credo nella forza della parola e non tanto nella mia; infatti di mio padre, oltre a Neruda, hanno lasciato parole importanti scrittori, storici e personalità, che hanno paragonato il giovane Fabiani a personaggi fantastici come Julien Sorel (protagonista de Il Rosso e il nero di Stendhal). Il perché di questi paragoni è semplice riguarda la sua giovane età e la sua passione di voler

11 vivere in libertà i propri giorni, a tutti i costi. I suoi ideali paiono quelli di sempre e cioè uguaglianza e libertà, ma in lui vanno di pari passo con una giusta condivisione del pane e con la fine dello sfruttamento dell uomo sull uomo. Tante battaglie le sue, tante sconfitte, tante delusioni e quindi la grande fortuna di poter infine rappresentare le proprie idee confrontandole democraticamente, arricchendole e modificandole. Mario Fabiani divenne comunista in modo atipico, da ragazzo, e così rimase sempre. Fu perseguitato politico e carcerato, fu partigiano e Sindaco di Firenze, fu Presidente della Provincia di Firenze, quando ancora non erano state istituite le Regioni e fu infine Senatore della Repubblica. È scomparso a poco più di sessant anni, se n è andato consumato come una candela troppo usata. Usata bene? Usata male? Una candela tenuta da lui medesimo costantemente accesa per nove anni, nel buio delle carceri fasciste, ma anche per veder chiaro in ciò che non considerava giusto in quella parte di mondo in cui aveva scelto di costruire la propria storia. La promessa da sciogliere è quella di riportare a casa un giovane, che aveva provato tanta nostalgia del luogo in cui aveva vissuto i primi anni della vita. La casa dei suoi genitori, Fabiani, Pieraccini e La Pira Ida e Raffaello,

12 Via Chiara, 47 Empoli era in via Chiara al n. 47 e la camera che condivideva con i fratelli più giovani Ugo e Aldo era sul lato destro di una cucina molto ampia, che aveva un grande focolare a legna sormontato da un camino imponente. Le sorelle maggiori, Nunziata e Lola, avevano la porta della loro stanza nell ingresso, davanti a quella dei genitori. L unità e l importanza della famiglia in quella casa era intuibile dall ampiezza della cucina, dove ci si raccoglieva per cena intorno ad un lungo tavolo di legno accosto al focolare e dove si parlava di lavoro, di fatti quotidiani, di divertimenti, di musica e non molto di politica. Infatti, pure se tutti interessati, mai nessuno, nemmeno tra i nonni, era stato iscritto ad alcun partito. Ed è proprio per una concezione molto particolare della famiglia di Raffaello, padre di Mario, e per le non buone condizioni economiche, che vennero talvolta prese Ida e Raffaello decisioni comuni che portarono a sacrifici, oggi non più comprensibili. Mario, infatti, venne riportato indietro negli studi perché troppo

13 avanti; i ragazzi in famiglia dovevano essere tutti uguali. Ma proviamo ad illuminare i tempi e le situazioni in questa breve memoria. Comunione di Mario e Ugo Una storia da non dimenticare Perché una storia da non dimenticare? Perché si tratta della vicenda di uno di quei pochi che accettarono di sacrificarsi per la dignità di molti. Molte persone, nel periodo in cui opera Mario Fabiani - diciamo dal 1927 in poi - si sono trovate a vivere condizioni analoghe, ma solo poche sono state in grado di interpretare quel mondo difficile e crudele con libertà e continuata onestà intellettuale come fece lui. E allora quali sono gli aspetti che lo fanno emergere in quel periodo che vide l affermazione del fascismo, la nascita di un impero autoritario, il massacro del popolo italiano a fianco della follia nazista e il suo supplizio in una guerra civile, che ancora oggi divide l Italia e gli italiani? Sono la sua giovane età, lo straordinario coraggio e spirito di sacrificio, una raffinata intelligenza e l estrema coerenza fra ciò che proponeva e ciò che faceva

14 Oltre a questi non secondari elementi occorre ricordare che Mario ha sempre creduto nell uomo e nel pane condiviso, come sottolinea Neruda negli ultimi versi della poesia a lui dedicata: Per questo credo ogni notte nel giorno e quando ho sete credo nell acqua, perché credo nell uomo. Credo che stiamo salendo fino all ultimo gradino. Da lì vedremo la verità ripartita la semplicità instaurata sulla terra, il pane e il vino per tutti. Un uomo sempre giovane Mario Fabiani vive una vita breve ma molto intensa. Quando si parla di lui si pensa sempre ad un giovane. Come facciamo a parlare di un uomo pensandolo sempre un giovane? A diciotto anni diviene segretario della Federazione Empolese del Partito Comunista, a ventidue anni viene condannato dal Tribunale Speciale per la difesa dello Stato ad una delle più pesanti pene, ventidue anni di carcere. A trentaquattro anni diventa il primo sindaco di Firenze eletto democraticamente, il più giovane. Si crea di lui l immagine del giovane coraggioso, ma ciò che lo

15 rende sempre giovane sono i colori delle sue battaglie, che lo vedono, pragmatico, anticipatore e moralmente libero da ogni tipo di vincolo. Pensa tra i primi ad un Partito dei lavoratori che includa socialisti e cattolici; e soprattutto nessuna ragione della politica e della storia è capace di convincerlo che il socialismo non potesse realizzarsi se non come piena espressione della democrazia. Quest anno, nel 2012, avrebbe avuto cento anni Fabiani era un ragazzo di quindici anni, cresciuto in una Empoli fascista, al centro di un Italia ormai senza opposizioni e convintamene schierata con Mussolini. Empoli rappresentava poco più di un isola in cui si poteva ancora discutere di politica. La sua famiglia, come già detto, era una famiglia normale che viveva in una via di Empoli (Via Chiara) che dovrebbe sempre essere rammentata dal suo popolo come un luogo di resistenza al regime e di fermento e sopravvivenza di idee democratiche e socialiste. Fabiani quindicenne aderì alla federazione locale del Partito Comunista e presto divenne segretario della sezione giovanile. Naturalmente si parla di federazione e sezione clandestine. La principale attività di Mario era quella di ricevere corrispondenze, mantenere collegamenti, stampare e diffondere manifestini. Allora aveva sedici/diciassette anni. Qualche tempo dopo, una retata della milizia portò in carcere tutta la componente adulta della federazione e, per logica continuità, si chiese ai giovani di sostituire i compagni arrestati

16 Aveva diciotto/diciannove anni e l OVRA, la polizia fascista, alle calcagna. Dico diciannove anni, (occorre riflettere) e dirigeva un importante organizzazione politica clandestina. Fabiani era impiegato allora come contabile in una ditta di Poggibonsi. Ma dove e come operava Fabiani? Siamo sempre nell ambito di manifestini, propaganda e affiliazione

17 Romano Bilenchi, scrittore, giornalista e letterato ricorda nel suo libro Amici, edito da Rizzoli, che dopo il 1930 a Colle di Val d Elsa aveva assistito a fatti che gli avevano lasciato dentro una scia di quesiti ai quali non era riuscito a dare spiegazioni certe. Da qualche tempo nell imminenza del primo maggio un automobile traversava senza che si sapesse da dove veniva, paesi e paesi della Valdelsa, e i suoi occupanti lanciavano migliaia di manifestini che incitavano gli operai, i contadini e la popolazione tutta a ribellarsi al fascismo. Uno degli occupanti dell auto era Fabiani che, dopo l arresto di molti dirigenti clandestini, aveva ideato l azione per riaffermare la vitalità della contestazione. L auto inseguita invano dai carabinieri e dalle milizie, dopo Colle, virava verso Livorno e da lì rientrava a Empoli il mattino successivo. Non aveva ancora vent anni, ma tanto, tanto coraggio. Eppure, era divenuto antifascista soltanto perché i fascisti gli imponevano modelli per lui ingiusti ma anche assurdi e umilianti. Foto segnaletica dei sovversivi

18 Un modo particolare di diventare antifascista Quando Fabiani espatria in Francia nel 1931, il Partito Comunista d Italia empolese contava più di trecento tesserati (clandestini), questo numero di iscritti in tutta Italia era raggiunto soltanto da Carpi e da Reggio Emilia; Milano ne aveva molti meno. Fabiani, nella sua posizione di dirigente, dimostrò molta indipendenza, e non da tutti fu sempre apprezzata. Ma come arriva il giovanissimo Mario a dirigere una delle federazioni più importanti del partito comunista, considerato che in famiglia nessuno era mai stato vicino ad organizzazioni politiche? Ce lo dice lui medesimo in una intervista registrata da Arnaldo Nesti nel 1971 (Anonimi Compagni. Le classi subalterne sotto il fascismo.) Dice Fabiani: La famiglia viveva una situazione economica molto difficile e quindi dovetti terminare gli studi e impegnarmi nel lavoro di mio padre. L ambiente nel quale vivevamo era più o meno di tradizioni socialiste, ma mio padre non era iscritto a nessun Via del Giglio - Anni

19 partito. Nella mia famiglia non c erano state mai adesioni a partiti, né nonni, né zii, né genitori. E così siamo arrivati ai giorni del fascismo, io ero un ragazzo di sedici anni e non mi occupavo di politica, non avevo nessuna idea per quanto seguissi un po i fatti di allora, io ero a Empoli e le violenze mi impressionavano. Ero rimasto molto colpito da quegli scontri che passarono come i fatti di Empoli dove morirono nove persone e centinaia furono i processi. Dopo questi avvenimenti a Empoli il movimento socialista fu completamente stroncato e la reazione fascista fu terribile. Ecco io conoscevo allora molti socialisti, anche massimalisti estremisti, che dopo alcuni giorni da questi fatti vidi in giro in camicia nera: allora decisi che la politica era una cosa sporca e di cui non volevo interessarmi. Così mi formai a questa dura esperienza. Poi il fascismo mi ha risvegliato, mi ha suscitato un interesse politico: io non volevo interessarmi di politica e il fascismo voleva invece iscrivermi ai Fasci giovanili. Mi chiamavano tutte le domeniche e mi chiedevano di indossare la camicia nera per fare il pre-militare. In questa situazione, chiunque avessi trovato che mi avesse aiutato a liberarmi dal fascismo, sarei andato con lui. In un altra testimonianza del 1972 scrive: Dovevamo pensare come pensavano i fascisti, dovevamo credere come credevano i fascisti: in una parola non dovevamo avere un nostro cervello, non dovevamo avere una nostra personalità, non dovevamo avere un nostro gusto per scegliere un abito civile (Contro ogni ritorno, in Serena Innamorati, Mario Fabiani, Sindaco della ricostruzione). Così Fabiani fa la sua scelta di vita

20 L intervista del 1971 continua così: Ebbi l opportunità di essere avvicinato da alcuni comunisti (Vezzi) e mi avvicinai a loro. Il lavoro principale era quello di propaganda e cercavamo di tenere accesa la fiamma della libertà e della democrazia tra quei pochi giovani che ancora ci potevano credere. Io apprezzavo molto la libertà di pensiero. Nel 1930 organizzammo uno sciopero nelle fabbriche dopo una notevole diminuzione dei salari degli operai. Lo sciopero riuscì in moltissime fabbriche. Empoli era ancora viva. Quindi è stato il fascismo che mi ha politicizzato: forse se il fascismo non ci fosse stato io sarei diventato tutto tranne che un politico. Una volta che raccontavo le mie vicende ad un amico, quello mi domandò: Tu il fascismo chissà come lo odi. Ma la mia risposta a questa domanda è sinceramente una sola: io il fascismo l ho combattuto e lo combatterei ancora, ma non lo odio per le conseguenze che ha avuto su di me.. Il momento storico mondiale in cui Mario Fabiani diventa comunista è estremamente tragico, siamo intorno agli anni 30. L Italia è convintamene fascista e pensa ad espandersi in Africa e nel Mediterraneo mentre i tedeschi preparano il crollo della Repubblica di Weimar e l avvento di Hitler; in Germania il nazionalsocialismo è già una realtà affermata. L Austria si è ridotta ad uno staterello e l Inghilterra dopo

21 la guerra ha evidenti difficoltà nel mantenimento del proprio vastissimo impero coloniale e si è appena sganciata da una sanguinosa guerra di occupazione in Irak. Una prima tragica rivolta araba in Palestina (allora protettorato inglese) mostra l ostilità di quel popolo nei confronti dell acquisto di terre e della loro occupazione da parte di ebrei, già indicati come obiettivo principale della persecuzione nazista. In Italia vengono firmati i Patti Lateranensi e i fascisti finiscono a manganellate gli ultimi contestatori. La geografia politica dei Balcani si ridisegna più volte dopo la scomparsa dell impero Ottomano. Gli Stati Uniti vivono una tremenda crisi finanziaria. L URSS dopo la morte di Lenin è caduta sotto il controllo delle polizie di Stalin ma il movimento internazionale del lavoro la vuole credere ancora rivoluzionaria. In estremo oriente il Giappone si prepara ad invadere la Manciuria Cinese. A Empoli, anche dopo il trauma subito per i tragici scontri del 1921 e per le non meno tragiche conseguenze subite da un intera popolazione, viveva ancora l anima di un mondo operaio fortissimo nelle proprie convinzioni. Remo Scappini (anche lui un ragazzo) ricorda quei tempi, facendo i nomi di coloro che rappresentavano la nuova leva dei dirigenti dell opposizione al fascismo in Empoli: Rigoletto Martini, Pietro Lari, Virgilio Corti, Dino e Catone Maestrelli, Vasco Pagni, Mario Fabiani e Giuseppe Chiarugi. (I compagni di Firenze, memorie di lotta antifascista ( )

22 Esule a Parigi La meravigliosa scoperta di una società libera Le azioni di propaganda e qualche precoce progetto insurrezionale esposero Mario all attenzione della polizia e quindi fu costretto, molto rapidamente, ad espatriare in Francia. Pensate, un giovane empolese a Parigi: in quegli anni in cui l Italia si abbandonava al fascismo la Francia era matura per eleggere il socialista Leon Blum come presidente della La Sorbona Repubblica. Un socialista al governo di una grande nazione libera e Mario arrivava nella capitale francese dalla provincia di una città provinciale come Firenze. Luci, colori, teatro, cinema, sconosciute discussioni politiche, cultura. Era espatriato con documenti falsi: l organizzazione di solito forniva documenti con nomi falsi, ma molto simili nella sonorità della pronuncia a quelli reali, perché, se qualcuno avesse cercato di provocare una qualche reazione ad una chiamata, ci si potesse sempre difendere affermando di aver sentito pronunciare il nome falso. Mario aveva vent anni ed era a Parigi: finalmente si confrontava con intellettuali, con problemi di società avanzate e con la libertà. La Francia, un paese libero, dove si poteva fare e dire ciò che si riteneva giusto e dove vivevano anche molti italiani fuggiti al fascismo; lì c era anche il Centro estero dell organizzazione del partito comunista. Un organizzazione già molto efficace e perfettamente controllata dall Internazionale

23 Fabiani rimane affascinato da Parigi e dalla libertà che era possibile percepire in ogni atto, azione, discorso e atteggiamento. Era libero? Non proprio, Mario era legato alle promesse fatte, agli impegni presi, alle proprie responsabilità, ai propri affetti e alla dignità sua e della famiglia. Riprende immediatamente gli studi: storia, filosofia, letteratura italiana e lingue, francese, per ovvie ragioni e tedesco per suo convincimento culturale. A Parigi rimane famosa una discussione con Togliatti che ebbe a criticare i comportamenti troppo audaci della federazione empolese (una progettata rivolta). Fabiani lo interruppe rispondendogli che molto di quel comportamento aveva l unico scopo di difendere (in qualche modo) quegli antifascisti empolesi (indifesi) che la sera tornando a casa dal lavoro, venivano puntualmente offesi e picchiati. Togliatti si zittì (ma Fabiani poco tempo dopo dovette partire per Mosca). Studente a Mosca Grave delusione e giusta disillusione Fra il 1932 e il 1933 Fabiani soffre una grande delusione. Dopo i promettenti momenti parigini viene inviato a Mosca alla scuola Leninista e, trascorso soltanto qualche giorno di permanenza, si rende conto che tutto quell ambiente e l intera società sovietica ruotano in modo molto diverso dal suo normale modo di pensare il socialismo. Ha Lubjanka

24 appena vent anni; Giuseppe Rossi, suo insegnante, conosce i pericoli di alcuni atteggiamenti del giovane. Lo incarica di fargli da aiutante, lo mette in guardia, lo defila dal gruppo e gli ordina un assoluto silenzio. Fabiani non amerà in seguito parlare di questo periodo, ma Remo Scappini scrive: nel 1932 alla scuola leninista vi erano undici empolesi, se contiamo Cesare Manetti di Castelfiorentino che, finita la scuola, faceva l insegnante (Martini, Scappini, Fabiani, Santini e sua moglie Dina Ermini, poi sposatasi con Roasio, Matteoli, Chiarugi, Cioli e Gini) Le materie di studio erano: la storia d Italia e del movimento operaio italiano, la storia del P.C.d I. [Partito Comunista d Italia], l economia politica, il movimento rivoluzionario internazionale, la storia del P.C.U.S., la Comune di Parigi, ecc... Nel primo anno di studio vi erano serie difficoltà per la scarsità di materiali in lingua italiana dovetti mettermi a studiare il francese, poi studiai la lingua russa [ ] La vita della scuola era regolata da un sistema rigoroso di norme, di ordine, disciplina e controlli per tutti (studenti, insegnanti, personale dirigente e di servizio). Vi era una direzione collegiale della scuola [che faceva capo al Komintern: ogni settore aveva un responsabile, il responsabile del settore cinese al tempo di Fabiani era Ciù En Lai, che conobbe] Sul comportamento degli allievi fuori della scuola veniva esercitato uno stretto controllo [ogni studente era munito di un tesserino d identità da presentare all entrata e all uscita della scuola; Ciù En Lai a Mosca

25 avevano l obbligo di denunziare alla direzione nomi e indirizzi delle persone con cui si avevano relazioni stabili ]. I controlli degli studenti si rendevano necessari per impedire lo spionaggio [ ].Parecchi studenti italiani e spagnoli esuberanti venivano spesso richiamati, e per alcuni dei richiami più gravi venivano effettuate segnalazioni sulle catteristiche politiche, cioè sulla cartella personale La polizia sovietica controllava tutti gli studenti dei partiti illegali [per loro era molto pericoloso anche incontrare soltanto una ragazza]... Alla fine di giugno del 32 terminò il corso. Come per l anno passato, non tutti gli studenti italiani furono utilizzati dal partito. Alcuni furono inviati alla produzione altri fecero una brutta fine, sospettati (a torto o a ragione) di essere in contatto con i nemici del potere sovietico. La maggioranza dei compagni rimasti nell Unione sovietica negli anni 31 e 32, e dopo, furono inviati a combattere in Spagna contro i franchisti e i nazifascisti. (R. Scappini in I compagni di Firenze. Memorie di lotta antifascista: ) Così scrive Scappini, ma per Fabiani tutto questo non è accettabile: aveva aderito all antifascismo militante perché non gli si imponesse uno stile di vita. Figuriamoci! Dopo un breve esame di coscienza e aver tanto parlato con Beppe Rossi, la decisione è quella di rientrare in Italia. Fabiani è convinto di trovarsi dalla parte giusta, lo provano la stima per le persone che frequenta, i suoi compagni di corso, lo provano i discorsi ed i comuni ideali, ma quello non è il suo mondo e sceglie di fare un passo indietro. Per la comprensione del suo dirigente

26 riesce a tornare in Italia ed in Unione Sovietica non rimetterà mai più piede per profonda convinzione. Non ebbe poi difficoltà a paragonare pubblicamente lo stalinismo al regime nazista (nemmeno al fascismo). Tornando in Italia è più che certo che una sua latitanza potrà durare soltanto qualche mese e quindi la scelta è quella di accettare il rischio di una pesante condanna al carcere fascista, pur di allontanarsi da quel sistema. Mario accomunava al sacrificio senza riserve per la causa dei lavoratori e del socialismo uno spirito e una riflessione critica che non lo abbandoneranno mai. Il Bollettino dei Sovversivi Se sfogliate il Bollettino delle ricerche dei sovversivi diramato dal Ministero dell Interno del Regno d Italia per l anno 1932, alla pagina 19, fra i volti barbuti e le capigliature fluenti fotografate al n. 0219, di Bonacoscia Giuseppe fu Bernardo, <anarchico massese pericoloso, da perquisire e segnalare>, ed al n di Pallini Narsete fu Antonio da Campobasso, <sedicente maestro elementare, sovversivo da fermare>, al n viene riprodotta la fotografia di un ragazzino imbronciato con sotto la scritta: <Fabiani Mario di Raffaello, nato a Empoli nel 1912 e residente in Francia, di professione viaggiatore, comunista pericoloso da arrestare>. In seguito, quando Fabiani sarà sindaco di Firenze, ci sarà chi lo additerà ancora come uno dei comunisti più pericolosi (naturalmente in modo scherzoso - ma non tanto - e in tutt altro contesto). Chi? Il filosofo scolopio padre Balducci che ebbe a scrivere che Fabiani era un comunista pericolosissimo in quanto

27 molti venivano tratti in inganno credendo che tutti i comunisti fossero come lui, mentre si tratta soltanto di una singolare eccezione. Ma andiamo in ordine e torniamo agli anni 30 del secolo scorso. Nove anni di carcere Rientrato in Italia, Mario coordina il lavoro di propaganda tra gli operai della provincia milanese, a Sesto San Giovanni ma, individuato dall OVRA, il 16 Dicembre 1934 in una pensione di Bologna, viene arrestato da un commissario empolese che lo conosceva bene. La madre Ida, quando fu arrestato, ebbe a dire che ora finalmente sapeva dov era suo figlio e come stava ; nella sua innocente spontaneità probabilmente la pensava come il figlio. Quando era nel carcere di Castelfranco Emilia i genitori andavano spesso a trovarlo e, nonostante le condizioni economiche, riuscivano a portare con loro un arrosto di uccellini girato nel grande focolare di casa. Era il suo piatto preferito. Raffaello e Ida partivano la domenica mattina prima dell alba (quando ottenevano il permesso al colloquio) con il cesto dell arrosto pur sapendo benissimo che a Mario non sarebbe toccata neanche un ala di passerotto. Questa

28 comunque era la sua famiglia, babbo, mamma, fratelli e sorelle che lo amavano e lo stimavano profondamente. Mario Fabiani, pur non parlando volentieri della sua carcerazione, ricordava spesso la fame di quegli anni. Uscì di carcere che pesava poco più di quaranta chilogrammi. All esame attento di persone che hanno vissuto con lui (i figli) non potevano sfuggire certi comportamenti particolari che dimostravano la sua lunga permanenza nelle galere del duce, infatti: riusciva a vestire qualsiasi indumento con la massima dignità, aveva una maniacale cura nel ricercare e portare alla bocca tutte le briciole che rimanevano sulla tovaglia, il suo piatto preferito era il minestrone in cui sminuzzava il pane (la zuppa), faceva così anche con il brodo ed i tortellini, mai lasciava avanzi nel piatto. Mario fu arrestato nel 1934, cioè quando il fascismo in Italia otteneva il suo massimo consenso ed era veramente difficile intravedere un suo crollo oppure anche un suo superamento. La speranza iniziò a crescere quando, dopo la conquista dell Etiopia, fu proclamato l impero. In quel momento comprese che il fascismo forse aveva intrapreso una strada che lo avrebbe portato alla fine. In questa occasione, Mario ricordava un brindisi (naturalmente con acqua di latrina) fatto in cella con i suoi compagni. Ma di anni e di tragedie ne dovevano passare

29 ancora tanti prima di uscire. Il carcere per i detenuti politici significava sistematica pressione volta a fiaccarne la resistenza fisica e ad annullarne la personalità, penosa separazione dal mondo, tedio, ricorrenti sensazioni di inutilità, umiliazioni, angherie, spersonalizzazione e ogni tipo di dubbio (G. Mori, Mario Fabiani a dieci anni dalla morte) Un fatto che mi ha molto colpito (come figlio) e che mi ha offerto degli spunti di riflessione è come mio padre riuscì ad imparare il tedesco con solo un vecchio libro di grammatica e poco più. Ora per me che ho studiato il tedesco per più di dieci anni con l ausilio di libri, audiovisivi, filmati, viaggi, insegnanti universitari di grande levatura e nonostante tutto riesco a cavarmela (così e così) alla sola condizione che a parlare tedesco sia un non tedesco, ecco per me questa cosa è assolutamente straordinaria. Una persona, chiusa in una cella e impossibilitata a comunicare con altri, impara a parlare una lingua difficilissima con l aiuto di un vecchio testo di grammatica. La prima riflessione riguarda il grado di concentrazione e immedesimazione (astrazione) raggiungibile da qualcuno tra quelle mura e dietro quelle sbarre. Mario non ha mai covato odi e rancori nei confronti di nessuno, nemmeno dei suoi diretti carcerieri. È testimoniato che a Firenze, quando era Sindaco, al bar del Gambrinus (sotto i portici di Piazza della Repubblica) trovò una guardia carceraria che per anni lo aveva dileggiato e offeso: stava prendendo un caffè e a fatica trattenne la tazzina tra le dita divenute insicure. Mario lo riconobbe e notò la preoccupazione e il grande imbarazzo. Gli si avvicinò, lo rassicurò e gli offrì un brindisi al futuro democratico

30 dell Italia con una coppa (stavolta) di champagne. Dimostrava di essere come sempre, ironico, disincantato e insofferente alle regole oltre che un dissacratore di miti. I nove anni di carcere furono scontati tra Regina Coeli, Castelfranco Emilia (4 Marzo 1936) e Civitavecchia. Dopo il 25 Luglio 1943 venne rinchiuso a San Gimignano e scarcerato solo alla metà di agosto. Fu una delle ultime scarcerazioni dopo la caduta del regime, sarebbe stato sufficiente ancora solo qualche giorno di crudeltà nei suoi confronti che l 8 Settembre sarebbe stato fucilato dai tedeschi. Per ricordare come Fabiani non manteneva rancori con nessuno non può essere dimenticato il famoso comizio di Almirante in Piazza della Signoria quando mio padre era ancora sindaco. Almirante incitò la gente che lo ascoltava al duro scontro politico e ove fosse stato necessario anche allo scontro fisico (Apriti cielo!). Molti tra il pubblico sicuramente non fascisti - ruppero le transenne e si scontrarono con la polizia che difendeva il leader missino. Fabiani uscì da Palazzo Vecchio, calmò gli animi, prese Almirante a braccetto e se lo portò via (in salvo) nel suo ufficio. (I giornali ne parlarono a lungo)

31 La Guerra partigiana Se Mario Fabiani parlava molto poco del periodo della clandestinità e di quello del carcere, quasi nulla ebbe a raccontare in famiglia della guerra partigiana. Si conoscono comunque molti aneddoti su di lui e, pur riconoscendolo nel carattere, non riusciamo ancora bene a raffigurarcelo in questo personaggio. Però era lui. Scrive il partigiano Giancarlo Cecchi (Un ragazzo di quei giorni , Firenze 1999): nella mia nuova esperienza in montagna fui molto vicino a Luigi Noferini, detto Giugno, al quale devo molto per tutto ciò che mi insegnò. Noferini finita la guerra entrò nella redazione del Nuovo Corriere con Romano Bilenchi, poi divenne caporedattore di Paese Sera. La pur breve permanenza in montagna mi arricchì di esperienze, ero giovane, 16 anni, ma l inserimento fu immediato. Comandante della Brigata era Bini di Sesto, ex ufficiale della Divisione Folgore, dalla quale prese il nome di battaglia. Per alcuni giorni fu con noi Mario Fabiani in funzione di Commissario politico, coordinò armonizzandole le azioni con il gruppo Gambalesta e Marino. Ricordo il suo modo di vestire, molto insolito per l ambiente dove operavamo: camicia bianca ed una rivoltella Beretta infilata nei pantaloni sostenuti da bretelle. Era lui! (dico io). Elegante come meglio poteva permettersi in qualsiasi situazione e condizione. Molta della storia che ebbe a vivere durante la guerra partigiana a Firenze è descritta nel racconto Un comunista SS a Firenze

32 Documento falso a lui dedicato da Romano Bilenchi nel suo libro Amici (Milano 1988). Bilenchi riporta il pensiero e lo stato d animo del giovane : Potrei essere catturato e morire ed è bene che qualcuno sappia come la penso. Sono rimasto poco tempo nell Unione Sovietica perché non ne potevo più. Sapevo che tornando in Italia sarei finito in galera, ma preferivo queste carceri: da quelle russe non sarei uscito vivo. Allora convenimmo - prosegue Bilenchi - che in quei giorni gli interessi dell URSS coincidevano con quelli dei partiti comunisti che come il nostro, capeggiavano la lotta di liberazione, ma anche con quelli di tutti i popoli del mondo. Fabiani mi aveva convinto che nel dopo guerra avremmo dovuto andare avanti con le nostre idee, senza inchinarsi a nessuno, per un rinnovamento dell Italia, pena il pericolo di diventare un entità inutile. Giuseppe Rossi guidava la Resistenza nell area fiorentina e aveva delegato compiti molto importanti al giovane Mario in Firenze

33 Lasciapassare città. Bilenchi racconta che, in casi particolari, si ritrovava in casa del poeta, nel salotto di Montale con Rossi, Fabiani e Sanguinetti e descrive il momento in cui vide Fabiani senza ancora conoscerlo alla stazione di porta al Prato: Vidi Rossi che parlava con un giovane magro, dalle spalle cadenti, la faccia scura, le guance infossate. Non sapevo chi fosse e per buona norma cospirativa non mi avvicinai. Siamo nel settembre del 1943 e Fabiani uscito da non più di un mese dal carcere aveva trentuno anni e pesava poco più di quaranta chili. Questo giovane che quotidianamente sfidava i tedeschi venne individuato in casa della giovanissima fidanzata (e sua staffetta) Lara, figlia dell antifascista Renato Bechelli, in via Borgo Pinti al n. 84. Fabiani dormiva in una camera che si affacciava sul retro (sui giardini e non sulla strada) e le SS salirono al secondo piano sfondando la porta senza preavviso. Fabiani dopo il primo colpo, aprì la finestra e si gettò nel giardino della signora Lilia Cini, scavalcò i muri divisori degli orti e si dette alla fuga per Piazza D Azeglio e via Farini. I tedeschi erano tanto sicuri di prenderlo

34 Tedeschi sul Ponte Vecchio che non avevano circondato completamente l isolato. Non si fece un graffio. Lilia Cini ricorda con meraviglia quel salto e quindi l agilità con la quale scavalcò i diversi muri, pareva che non ci fossero nemmeno dalla facilità con la quale li superò. Con i tedeschi ebbe a che fare altre volte, occorre ricordare che in città operava la Banda Carità. Fu fermato e messo a scavare buche alla Fortezza, aveva anche una pistola in tasca, ma non fu riconosciuto e, parlando in tedesco, riuscì a farsi liberare. In Mugello, sempre non riconosciuto, fu prima arrestato e quindi rilasciato dalle SS, dopo una retata, con l aiuto di un medico empolese, suo antico conoscente. Fu molto fortunato, ad altri andò molto peggio, ma ciò che c è da riconoscergli è l assoluta freddezza. Nel 1944 suscitò, organizzò e coordinò in Firenze, insieme ad Alfredo Mazzoni (operaio licenziato dalla Galileo) e a Leo Negro, quello sciopero del marzo che sarà un segnale per l Italia e per l Europa dell incontenibile decisione della

35 classe operaia italiana di partecipare, con autonoma fisionomia e coi propri strumenti e mezzi di lotta, al riscatto e alla rinascita di quello che ancora per poco sarebbe stato ricordato come il primo paese fascista della storia europea. Il contributo di Fabiani è duplice: il primo, politico, consiste nel battere e liquidare le posizioni attesiste, Incontro partigiani e ufficiali inglesi in P.zza Beccaria. Nel cerchio Fabiani proprio sulla base delle proprie esperienze di conoscenza diretta e personale degli operai. L altro è militare: in coincidenza con lo sciopero, Fabiani condurrà azioni di sabotaggio alle linee tranviarie, che costituiranno per lui una esperienza del tutto nuova e mai dimenticata. Dopo di ché, tanto oramai sfiorava il pericolo, che il partito lo allontanò da Firenze con suo disappunto. Sulla città doveva ridiscendere poi con le vittoriose formazioni garibaldine (Alberto Cecchi, Mario Fabiani a dieci anni dalla morte). I partigiani entrano nel centro fiorentino

36 La politica e le istituzioni Vicesindaco e sindaco Scrive Enrico Nistri Quando nel 1944 il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (Ctln) decise la ripartizione degli incarichi nella Giunta comunale, Fabiani non sarebbe dovuto essere il vicesindaco di Firenze: la dirigenza del partito non aveva ritenuto opportuno imporre a Palazzo Vecchio un uomo del contado. Ma il vicesindaco designato dal PCI, Renato Bitossi, era impegnato al Nord nella lotta partigiana e fu di conseguenza designato Fabiani La scelta si rivelò felice, anche perché con una buona dose di pragmatismo il dirigente comunista empolese riuscì a conquistarsi la stima di molti avversari, oltre ai consensi dei simpatizzanti di partito, come testimoniato dall alto numero di preferenze (86.435) il più elevato in assoluto. (La Firenze della Ricostruzione: ). Prima nomina alleata per Fabiani

37 Non si può sbagliare nel dire che fu il popolo di Firenze a volere Fabiani Sindaco (Serena Innamorati, Mario Fabiani, il Sindaco della ricostruzione). La delicatissima delega al personale gli permise anche di controllare i meccanismi dell epurazione nella pianta organica del Comune; così scrive Nistri, un attento giornalista e intellettuale di destra. In famiglia ricordiamo che Fabiani aveva solo trentadue anni quando fu nominato vicesindaco e che si chiuse in una stanza di Palazzo Vecchio a studiare leggi e regolamenti. Continua Nistri: per molti aspetti fu il primo rappresentante di una lunga serie di amministratori locali comunisti capaci di associare interessi culturali e rigore ideologico ad una pragmatica capacità di affrontare i problemi nella loro concretezza, guadagnandosi la stima anche degli avversari. Vasco Pratolini nelle Cronache fiorentine del 20 secolo, pubblicate nell ultimo fascicolo del Politecnico di Vittorini, commentò Oggi su designazione popolare i rappresentanti delle classi povere hanno assunto l amministrazione della città. Oltre il 60% degli elettori ha votato per il partito dei lavoratori. Il comunista Mario Fabiani, un ex impiegato poco più che trentenne, dalle spalle strette e l occhio pensoso, è sindaco di Firenze. La bandiera rossa sventola su Palazzo Vecchio dal quale i Ciompi vennero cacciati a colpi di lancia e di pugnale

38 Ernesto Ragionieri ci ricorda che quando si insediò la giunta di coalizione guidata da Fabiani e formata da comunisti, socialisti, azionisti e repubblicani, l Italia attraversava un momento di estrema inquietudine nel quale per iniziativa di un blocco di potere intaccato e non sconfitto e dei suoi collegamenti internazionali si stavano ponendo le premesse della rottura dell unità dei partiti antifascisti formatisi con la Resistenza (Ritratti critici contemporanei. Mario Fabiani). Sindaco di Firenze in sala Clemente VII Fabiani, all inizio del suo mandato, annuncia che i principi che ispireranno la nuova amministrazione saranno i principi che ispirano tutti gli uomini onesti, i quali al di sopra di ogni interesse di parte sanno porre l interesse della collettività e al di sopra di ogni momentaneo vantaggio politico sanno vedere il supremo interesse nazionale e sanno sentire con cuore sincero che la vittoria di cui gli italiani hanno bisogno è la vittoria della

39 Ospedalino Meyer con il Prof. Cocchi ricostruzione e dell indipendenza della Paese, è la vittoria sulla fame, sulla miseria, sulle rovine, sull ignoranza, la schiavitù e l asservimento (Serena Innamorati, Mario Fabiani, il Sindaco della ricostruzione). Gli anni dell amministrazione di Fabiani furono quelli della discussa ricostruzione di Por Santa Maria, dopo un interessante dibattito fra coloro che sostenevano la tesi ricostruire per ricordare e coloro che intendevano porre la base della nuova Firenze ; della ricostruzione dei ponti anch essa vivacemente dibattuta; del concorso per la ricostruzione di Ponte a Santa Trinita, (l unico ponte che venne poi ricostruito esattamente dove e come era). La ricostruzione che riguardò anche il sistema dei trasporti urbani - fu inquadrata dall amministrazione Fabiani nella elaborazione del Piano Regolatore, per dare una logica unitaria alle scelte e alle priorità che via via sarebbero emerse in materia urbanistica. Negli anni difficili della ricostruzione della Firenze storica e della progettazione della

40 Firenze rinnovata, l amministrazione si caratterizzò anche con la costituzione di Consigli tributari e di Consulte popolari nei diversi quartieri della città per mantenere un rapporto diretto con la popolazione. Un successo fu considerato inoltre il raggiunto pareggio del Bilancio nel 1951, l ultimo anno della sua permanenza a Palazzo Vecchio come Sindaco (Pier Luigi Ballini, Fiorentini del novecento). Ministro degli esteri Sforza La Principessa Margaret e le autorità Britanniche

41 Tyrone Power a Palazzo Vecchio Presidente dell Amministrazione Provinciale Negli anni successivi Fabiani si dedicò alla Provincia e fu il primo presidente dell Amministrazione provinciale eletto dopo la seconda guerra mondiale. La sua personalità, il suo modo di amministrare furono un elemento di distinzione nella classe dirigente locale del tempo (Pier Luigi Ballini). Potenziò l Unione Regionale delle Province Toscane; fondò, nel luglioagosto 1954, una rivista dell Unione, La Regione, affidandone inizialmente la direzione ad Alessandro Bonsanti e chiamando nella redazione uomini di diverso orientamento politico. La testata indicava un programma: la rivendicazione dell istituzione

42 delle Regioni di fronte alle inadempienze e al disinteresse di coloro che non avvertivano la rilevanza politico istituzionale della questione delle autonomie. Nel 1960 veniva costituito un Consiglio Nazionale per l attuazione dell ordinamento regionale, del quale Fabiani fu nominato presidente. Nel 1963, quando fu candidato per il Senato, nell annunciare in Giunta provinciale la sua decisione, disse sorridente e sempre ironico: Ora vado a riposarmi. In realtà non fu così. Senatore Dopo oltre diciotto anni di impegno nelle amministrazioni locali, nel 1963 venne eletto al Senato, dove nel corso degli ultimi tempi fu fra l altro, membro della giunta delle elezioni, membro della prima e della settima Commissione Permanente, della Commissione speciale per l esame del Bilancio di previsione dello Stato e della Commissione parlamentare Questioni

43 Regionali. Il suo impegno non fu solo nelle istituzioni. Nel 56 Fabiani aveva sostituito Guido Mazzoni alla segreteria provinciale del Partito Comunista. Erano quelli i tempi di Krusciov che in Russia andava avvalorando e confermando ciò che Fabiani aveva sempre pensato. Nel 1953 aveva risposto a Guido Mazzoni che lo informava angosciato dell improvvisa morte di Stalin: è morto soltanto un dittatore ed è morto troppo tardi. Ne nacque un caso e tante furono le critiche che non si sopirono nemmeno quando divenne segretario della Federazione Fiorentina (1956). Il Presidente Gronchi in Palazzo Medici Riccardi

44 Gli amici e altro Nel periodo in cui Fabiani fu rivoluzionario, esule, carcerato e patriota combattente (praticamente i primi trent anni della sua vita) gli amici furono il cugino empolese Paolo Vezzi, Giuseppe Rossi e Romano Bilenchi: un parente, il maestro e un intellettuale scrittore. Ognuno di questi segnò in qualche modo la vita di Mario. Naturalmente il suo secondo periodo riguarda Romano Bilenchi l affermazione politica e in queste condizioni tante sono le persone che si mostrano amiche, ma da figlio/bambino che gli ha vissuto vicino, ricordo benissimo le frequentazioni domenicali. Dividerei in due gruppi queste persone: quelle con le quali c era un rapporto di frequentazione costante, ma sempre discreto e le altre con le quali trascorrere il tempo, mangiare assieme, fare delle gite o condividere le vacanze; con loro era come essere in famiglia. Fra i primi ricordo il sindaco di Greve, Italo Stecchi e suo figlio Marco (baritono), nella cui casa era facile incontrare Gino Bechi e Beniamino Gigli, quindi Raffaello e la Gioia Franchi,

45 ancora Romano Bilenchi, il maestro Pariso Votto, direttore del Comunale, Bruno Rosai (nipote di Ottone), Ernesto Ragionieri e la Pina e molti compagni di partito. Fra la cerchia delle persone più vicine al babbo, quelle che per noi ragazzi erano come famiglia, molte erano persone semplicissime, commercianti e impiegati, ma tutte generose e disinteressate (fra loro faccio due nomi: Bertini e Pastacaldi). Non posso dimenticare mio zio Aldo, il fratello minore, che Mario stimava come intellettuale e amava profondamente e che considerò sempre amico. Fra questi ultimi collocherei anche il suo anziano medico curante, il dottor Nicola Pistelli Cataluccio che voleva molto bene a Mario, tanto che una volta che si sentì male in casa di amici nelle vicinanze di Figline il medico amico, che non aveva auto, lo raggiunse con uno dei primi Piaggio 48 (Ciao) dopo ore di peregrinazione per le colline del Chianti. Un capitolo a parte è la sua personale amicizia con La Pira. Fabiani aveva compreso l uomo e, a modo suo, lo stimava e ne difendeva e supportava alcune scelte. Tutte non era possibile. Infine un ricordo che non posso La Pira

46 tacere è quello delle lacrime di Mario Fabiani (cosa singolare e mai vista né prima né dopo), quando fu informato della morte di Nicola Pistelli. Questo la dice lunga sui rapporti umani che intercorrevano allora fra avversari politici. Il carattere di Mario Nei più diversi scritti potete sentirlo qualificare come ironico, disincantato e insofferente alle regole, inoltre Fabiani si è sempre distinto per riflessività, metodicità, autocontrollo e capacità di non trascendere (Wikipedia). Ancora, si può aggiungere che Fabiani amava la buona cucina, le tavolate con baccelli e pecorino, le passeggiate in campagna e le cravatte di seta; il suo autore preferito era Thomas Mann, adorava il teatro d avanguardia ed i dipinti di Van Gogh. Giocava a biliardo (stecca e boccette) ed esaltava Totò quando in Italia veniva ridotto a Una partita al Gambrinus

47 comico da avanspettacolo. Al cinema tanto gli piacque (fino ad entusiasmarsi) il film Jesus Christ Super Star. Odiava gli imbecilli di qualsiasi livello fossero e comunque la pensassero: Raffaellino stai lontano dagli idioti perché da loro non ci si può difendere diceva sempre. La Pira (stima, rispetto ed amicizia) Ero presente quando La Pira entrò nella Camera ardente dove era composto Fabiani (allestita in Via Alamanni) e posso testimoniare che si portò via il cappello dalla testa, si inginocchiò e piangendo, esclamò ad alta voce: E morto mio fratello. Giorgio La Pira scrisse commemorando Mario Fabiani: Con la sua elezione comincia quella storia nuova della città che doveva avere implicazioni di tanto rilievo nella storia politica dell intera nazione. Quando gli succedetti intui che quella successione non era la costruzione di un muro ma di un ponte... Ci univa, infatti, nonostante la contrapposizione ideologica (allora acuta) un solido punto comune di prospettiva storica, e di convergenza storica (G. La Pira, Morte di Mario Fabiani, 13 Febbraio 1974)

48 Passaggio di consegne Parole di un altro mondo se riascoltate oggi, in tempi di invettive e di muri politici e di cemento e, oltre a ciò, direi profetiche. Scrive Bilenchi: Avevo spiegato a Fabiani chi era La Pira, il suo contegno coraggioso durante il fascismo, il suo senso dell umorismo, la potenza della sua fede e la dedizione alla pace. A Mario era piaciuto!. Il professore siciliano fu sempre amico di mio padre che lo difese spesso, perché non fu sempre compreso e apprezzato dai fiorentini. Chi non si ricordasse o non avesse conoscenza può approfondire leggendo i numeri de La Nazione di quegli anni. Fabiani e La Pira parlavano molto assieme e Fabiani riusciva in molti casi a stimolare una certa praticità e concretezza nel serissimo professore. La Pira non poteva essere un sindaco da pareggio di bilancio, per lui i soldi, che ci volevano per i poveri ed i malati, andavano trovati e spesi. Il problema era soltanto quello di spenderli bene

49 La fine della storia Fabiani morì nel febbraio del 1974, ben trentotto anni fa e, tanto per memoria, non era ancora iniziata l epoca di Enrico Berlinguer. Non fu una fine rapida e veloce ma lenta, consapevole e colma di dolori (riflessioni, rimpianti, tristezze e affetti). Fabiani aveva soltanto sessantadue anni. Nel 1972 aveva subito un intervento al cuore e gli erano stati applicati due bypass. Fu operato a Bergamo all ospedale Gavazzeni e la sua fu una della prime operazioni realizzate a cuore aperto. Ma era già qualche anno che non si sentiva bene e una delle sue ironiche riflessioni nel letto d ospedale riguardò la Fede: Ti insegnano ad essere ateo! A non credere! Ed ora? Io che devo pensare? Cosa racconto?. Morì il 13 febbraio 1974 alle 17, circondato dalla famiglia. Tutta Firenze lo pianse e per il suo funerale fu salutato da un immenso corteo, che lo accompagnò fin sulle scale di Palazzo Vecchio. Il centro di Firenze si bloccò e tutti i negozianti abbassarono le saracinesche dei negozi. Fu lutto cittadino senza bisogno di proclamazione ufficiale. Anche Sandro Pertini, che lo conosceva e stimava, inviò il suo affettuoso saluto. Fabiani fu un militante antifascista e democratico, scriverà Giorgio Morales, un dirigente politico, un sindaco popolare ma anche, forse e soprattutto, un intellettuale autodidatta,

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