La rimozione dei solfuri nel trattamento dei reflui conciari

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1 V. Prescimone; G. Mori; G.Munz La rimozione dei solfuri nel trattamento dei reflui conciari 1.1 Lo stato dell arte del trattamento dei solfuri nel processo di depurazione Un consistente carico organico ed azotato ed un elevata concentrazione di solidi sospesi sono caratteristiche comuni a molte acque reflue di origine industriale. I reflui conciari, oltre a possedere queste caratteristiche, sono caratterizzati da un elevata concentrazione di Sali quali cloruri e solfati, dalla presenza di composti inibenti e biorefrattari, quali i tannini, e da una concentrazione rilevante di solfuri, la cui origine è il processo di depilazione della pelle. Il solfuro di sodio è, infatti, comunemente utilizzato come riducente, per ottenere, in ambiente basico, l idrolisi delle cheratine che costituiscono gran parte dell epidermide e del pelo. La necessità di dosare i reagenti in eccesso costituisce il presupposto per un elevata concentrazione di solfuri nelle acque di scarico relative a questa fase di lavorazione; inoltre, la tendenza dello ione solfuro a desorbire come acido solfidrico, in funzione del ph, aggiunge complessità alla gestione dei reflui conciari, risultando necessario il trattamento simultaneo in fase liquida e gassosa. L acido solfidrico (H 2 S) è un composto incolore, tossico e maleodorante; l odore viene avvertito distintamente per concentrazioni superiori a 7µg/m 3. Risulta essere nocivo per concentrazioni superiori ai µg/m 3, mentre per concentrazioni dell ordine di µg/m 3 può causare danni agli occhi. Concentrazioni superiori a µg/m 3 possono risultare mortali in quanto l acido solfidrico, legandosi all emoglobina, impedisce l accesso dell ossigeno nel metabolismo cellulare. Il valore guida contro gli odori molesti è fissato dall Organizzazione Mondiale della Sanità a 7µg/m 3, mentre le linee guida consigliano di non superare la soglia di 150 µg/m 3 come media giornaliera. I rischi legati alla presenza di solfuri riguardano la fase di lavorazione industriale, il trattamento dei reflui ed i rifiuti solidi quali il carniccio e questo rende più rilevante l onere relativo ad un controllo delle emissioni, oltre ad acuire il problema di un impatto sull ambiente di carattere locale e diffuso.

2 2 Per quanto riguarda più nello specifico la filiera di trattamento dei reflui è importante sottolineare come le altre caratteristiche del refluo conciario rendano ancor più complessa la gestione dei solfuri: le fasi primarie della filiera di trattamento dei reflui conciari, sono solitamente mirate a tre fondamentali obiettivi: la rimozione dei solidi sospesi, l equalizzazione del carico e delle portate ed il trattamento dei solfuri. L elevata concentrazione di solidi sospesi determina la necessità di efficienti sistemi primari di separazione solido-liquido, al fine di ridurre l aggravio sulle spesso frequenti fasi di trattamento secondario di tipo aerobico (Van Groenestijn et al., 2002). La soluzione largamente più utilizzata è quella che prevede una sedimentazione primaria spesso accompagnata da un successivo trattamento chimico-fisico di chiariflocculazione (Prescimone et al., 2005; Reemtsma and Jekel, 1997), che tuttavia rischia di aumentare ulteriormente la mole di fanghi prodotti (Szpyrkowicz et al., 1991). Un aspetto rilevante nella gestione dei fanghi, prima del loro smaltimento finale, consiste dall elevata concentrazione dei solfuri in essi presenti e dal conseguente potenziale desorbimento di acido solfidrico. Non trascurabile è inoltre il fatto che i comparti di sedimentazione primaria, di equalizzazione e di ispessimento dei fanghi sono caratterizzati, a causa dell assenza di accettori di elettroni alternativi, dallo sviluppo di un attività solfatoriduttrice; questo comporta la necessità, per evitare la diffusione di acido solfidrico, di una copertura delle rispettive vasche e di un trattamento delle correnti gassose. I solfuri che, oltre a provenire direttamente dal processo industriale, tendono a formarsi per riduzione dei solfati qualora si presentino condizioni anaerobiche, possono essere trattati in soluzione e/o dopo desorbimento come acido solfidrico. Oltre che i problemi legati all impatto sull ambiente, alla presenza dei solfuri sono associate alcune problematiche di carattere processistico: inibizione della biomassa soprattutto nitrificante che viene esaltata dalla presenza di elevate punte di carico (Burgess et. al., 2001; Aesoy et al. 1998; Bentzen et al. 1995; Nielsen et Keiding, 1998); crescita di filamentosi (Johnson et al. 1995) e disgregazione dei fiocchi (Nielsen et al, 1998; Wilen et al., 2000) e relativi problemi nel processo di sedimentazione; riduzione della disidratabilità del fango (Nielsen et Keiding, 1998); un elevata richiesta di ossigeno qualora si intenda procedere ad un ossidazione a solfato soprattutto se operata nel refluo conciario tal quale, ovvero in presenza di composti organici rapidamente biodegradabili. Nel distretto conciario toscano, uno tra i primi a nascere in questo settore, oltre che tra i più grandi in Europa, il trattamento dei reflui è affidato ad enti consortili che gestiscono impianti centralizzati; la necessità di fare fronte al crescente impatto sull ambiente, particolarmente sentita a partire dagli anni settanta e, recentemente, la continua evoluzione della normativa in materia ambientale, hanno costituito uno stimolo per l adozione di tecnologie di trattamento capaci di garantire standard di qualità elevati negli effluenti e per la ricerca di soluzioni innovative. Nelle pagine che seguono, a partire da una descrizione dello stato dell arte del trattamento dei solfuri e dell acido solfidrico, verranno descritti i processi applicati presso il depuratore del- Consorzio Cuoiodepur che gestisce, nel Distretto conciario Toscano, il trattamento

3 La rimozione dei solfuri nel trattamento dei reflui conciari 3 dei reflui della concia al vegetale. L onere costituito dal trattamento attuale, oltre che la volontà di prendere in considerazione i trattamenti anaerobici come soluzione di processo, hanno stimolato la ricerca di soluzioni di processo alternative, quali l ossidazione biologica parziale dei solfuri a zolfo elementare, sulla quale è attualmente in corso una sperimentazione presso il Consorzio Cuoiodepur ed i cui risultati preliminari verranno riportati nel seguito. Poiché lo ione solfuro (HS - ) e l acido solfidrico (H 2 S) (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.) sono spesso compresenti, è opportuno fare alcune valutazioni sui processi di rimozione in fase gassosa ed in fase liquida. La scelta di un processo di rimozione, o di ossidazione, dei solfuri, tra i molti a disposizione, dipende essenzialmente da tre caratteristiche principali: la concentrazione di solfuri nell influente, la portata e la composizione chimica del refluo o della corrente gassosa e i livelli di rimozione da raggiungere. Figura 1 Influenza del ph sull equilibrio solfuri idrogeno solforato Le tecnologie prevalentemente utilizzate per il trattamento dei solfuri e dell acido solfidrico nell ambito del trattamento degli effluenti conciari sono, per quanto riguarda la fase gassosa: Lavaggio ad umido - Una tecnologia assai diffusa per il trattamento degli effluenti gassosi contenenti H 2 S consiste in un lavaggio ad umido in soluzione basica (solitamente idrossido di sodio), processo che consente di riportare in soluzione l acido solfidrico (H 2 S) come solfuro; Ossidazione termica - L H 2 S è una molecola combustibile che può bruciare in aria alla temperatura di circa 1000 K. Per questo motivo, gas con basse concentrazioni di H 2 S spesso vengono ossidati termicamente in bruciatori; il risultato di questa tecnologia è l ossidazione dei composti dello zolfo a SO 2, tuttavia, anch esso risulta tossico e la sua emissione soggetta a restrizioni normative, essendo tale composto causa del fenomeno delle piogge acide. Adsorbimento - L adsorbimento su solidi è una tecnologia comune per il recupero di composti volatili da gas contaminati. Questo tipo di tecnologia consente di raggiungere concentrazioni di H 2 S nell effluente dell ordine di 5 ppmv (Busca and Pistarino, 2003). Biofiltri- La biofiltrazione permette di trattare gas reflui tramite il passaggio, attraverso un letto umido di materiale inorganico. Varie specie batteriche possono operare in

4 4 uno stesso biofiltro, ed operare contemporaneamente la degradazioni di differenti contaminanti presenti nel gas refluo influente, questa tecnica tuttavia permette di ottenere un alta efficienza solo in presenza di basse concentrazioni di H 2 S nel gas influente. Per quanto riguarda la fase liquida i trattamenti più frequenti sono: Precipitazione con Calce e Ferro - Il processo a calce e ferro prevede per una sua attuazione un controllo rigido del ph, che deve essere mantenuto costantemente intorno ai valori di 9.5, ed un dosaggio di sali ferrosi con un eccesso prudenziale di circa 15-20% sul valore stechiometrico. Il risultato dell implementazione di questo processo è la precipitazione dei solfuri sotto forma di sali di ferro. Se questa tecnologia viene utilizzata su reflui industriali complessi, contenenti altri inquinanti oltre al solfuro, oltre alla precipitazione dei solfuri sotto forma di sali di ferro insolubili, si può assistere alla separazione di una frazione dei solidi sospesi (Botrini et al., 1998). Per questo il processo viene talvolta effettuato a piè di fabbrica sui soli effluenti contenenti solfuro (Bajza and Vrcek, 2001). Ossidazione con agenti chimici - Tra i reattivi che permettono la trasformazione per ossidazione dei solfuri, il perossido d idrogeno è quello che presenta le migliori caratteristiche di specificità rispetto agli altri composti riducenti presenti, ma presenta un costo elevato. Questo trattamento è semplice e viene controllato con una sonda redox e un ph-metro: a ph nettamente alcalino l ossidazione trasforma i solfuri in solfati e a ph neutro o debolmente acido a zolfo colloidale (Botrini et al., 1998). Ossidazione Catalitica - Tale metodo abbatte i solfuri trasformandoli in solfati, il processo consiste nell ossidazione dei solfuri contenuti nel refluo tramite l iniezione di ossigeno in presenza di opportune quantità di un catalizzatore chimico a base di manganese (ad esempio solfato di manganese) e sotto stretto controllo del ph e del redox. Ossidazione biologica In condizioni aerobiche la presenza di una certa concentrazione di solfuri nell influente di una sezione biologica di un impianto di depurazione, causa la selezione di microrganismi solfuro ossidanti; sebbene l ossidazione in condizioni stazionarie avvenga in modo quasi completo, questa soluzione presenta due svantaggi: da una parte i picchi di carico tipici dell industria conciaria possono condurre ai problemi cui si è accennato sopra, implicando ad esempio la necessità di separare lo stadio biologico di ossidazione dei solfuri dalla fase di nitrificazione, dall altra, la compresenza di composti organici biodegradabili fa sì che si sviluppi una biomassa mixotrofa, con il risultato di un ossidazione dei composti carboniosi rapidamente biodegradabili che vengono, in questo modo, sottratti al processo di denitrificazione. Recenti studi si sono focalizzati inoltre sulla denitrificazione autotrofa, la cui applicazione non risulta tuttavia diffusa su scala reale in trattamenti biologici integrati. E opportuno infine fornire alcuni elementi relativi al processo di rimozione dei solfuri tramite ossidazione biologica a zolfo elementare, di recente e limitata diffusione, ma che presenta numerosi vantaggi in termini di consumo energetico e di qualità dell effluente. Questo tipo di processo di ossidazione biologica, tramite l utilizzo di batteri autotrofi solfuro-ossidanti consiste nel limitare a zolfo elementare sedimentabile l ossidazione biologica dei solfuri a solfati. Questo approccio consente di limitare tanto il consumo

5 La rimozione dei solfuri nel trattamento dei reflui conciari 5 di ossigeno necessario in un ossidazione a solfato quanto l acidificazione della soluzione come si osserva dalle seguenti reazioni relative alla componente catabolica del metabolismo: 2 + HS + 2O2 SO4 + H (1.1) 2 HS O 2S OH (1.2) Questo processo consente di rimuovere attraverso un processo di separazione del particolato lo zolfo dalle acque, limitandone la presenza nell effluente dei processi biologici tradizionali dove solitamente si ritrova ossidato a solfato. Lo zolfo ottenuto inoltre potendo essere separato dalla fase liquida è eventualmente riutilizzato. Nella fattispecie dei reflui conciari, questo aspetto appare decisamente interessante in quanto la concentrazione di solfati nell effluente è molto spesso elevata (tra 1 e 3 g/l), ed è eccessiva tanto per il rispetto della normativa allo scarico, quanto in un ottica di riuso. E importante comunque sottolineare che questo processo risulta applicabile solamente ad effluenti in cui il principale donatore di elettroni è il solfuro, in quanto solo una ridotta presenza di composti organici garantisce la selezione di una biomassa autotrofa obbligata e non mixotrofa. Nelle applicazioni pratiche, la produzione di S 0 in condizioni selettive per la biomassa, ovvero con limitata disponibilità di ossigeno disciolto e reflui privi di composti organici biodegradabili, può raggiungere il 70% del carico dei solfuri in ingresso (Buisman et al., 1990, Buisman et al. 1991). Per il processo sono fondamentali il rapporto molare tra O 2 e carico di S 2- (Janssen et al., 1995) che dovrebbe attestarsi attorno a 0,6 1; altrettanto importante è la reattoristica ovvero le condizioni per la separazione solido-liquido che può essere operata efficacemente con un bioreattore a ciclo fluidizzato inverso (RFLR) in cui la concentrazione di ossigeno venga controllata attraverso il potenziale redox dati i bassi valori (inferiori a 0.1 mg/l) necessari in soluzione e con un carico tale non permettere al ph di raggiungere valori troppo elevati (oltre ) (Krishnakuma et al., 2005). 1.3 La gestione dei solfuri nella filiera di trattamento del Consorzio Cuoiodepur L impianto consortile Cuoiodepur, presso cui si sono svolte le indagini sperimentali relative al presente lavoro, è situato il località S.Romano (PI) ed effettua la depurazione di scarichi provenienti da aziende conciarie dei comuni di S.Miniato e Montopoli Val d Arno, e da scarichi della rete fognaria delle principali frazioni dei due comuni (S.Romano, S.Donato, S.Miniato Basso e P.Egola). L impianto è stato costruito a partire dal 1980 e ampliato nel corso degli anni, per far fronte all aumento delle concerie, della portata degli scarichi civili e per rispettare i limiti imposti dalla normativa, riguardanti anche le emissioni in atmosfera.

6 6 I liquami industriali provengono prevalentemente da insediamenti produttivi che effettuano concia la vegetale per la produzione di cuoio per calzature. La portata industriale, che costituisce circa il 55% di quella complessiva trattata, presenta un tipico andamento giornaliero, legato al ciclo di lavorazione delle concerie, con una repentina crescita degli afflussi nelle prime ore del mattino e con picchi tra le e le e intorno alle 18.00; questo andamento è rispecchiato anche dalla concentrazione di solfuri in ingresso rappresentato in Figura ,0 450,0 400,0 350,0 Solfuri g/m 3 300,0 250,0 200,0 150,0 100,0 50,0 0, Tempo h Figura 2 Andamento medio settimanale della concentrazione di solfuri nell influente industriale Il carico e le portate giornaliere subiscono una notevole riduzione durante il fine settimana in concomitanza dell interruzione delle attività lavorative. In Figura 3 sono riassunti i valori medi dei principali parametri inquinanti caratterizzanti i reflui conciari. Per quanto riguarda le portate in ingresso, i dati disponibili hanno evidenziato portate giornaliere massime di tempo asciutto pari a 7500 m 3 d-1 e portate giornaliere massime in tempo di pioggia pari a 8500 m 3 d -1. Parametri Unità di misura Valore COD mg/l BOD 5 mg/l 3000 Solidi Sospesi Totali mg/l 9000 N-NH + 4 mg/l 250 N-totale mg/l 400 Fosforo mg/l <1 Solfati mg/l 2000 Polifenoli mg/l 500 Solfuri (ore 6 14) mg/l 427 Solfuri (ore 14 6) mg/l 107 ph (ore 6 14) ph (ore 14 6) --- 7

7 La rimozione dei solfuri nel trattamento dei reflui conciari 7 Figura 3 - Concentrazioni medie degli inquinanti nel refluo industriale in ingresso all'impianto Cuoiodepur La linea di trattamento acque, in sintesi estrema, prevede, a valle dei trattamenti preliminari (grigliatura, dissabbiatura e disoleatura), le seguenti fasi: equalizzazione ed ossidazione dei solfuri, sedimentazione primaria, trattamento chimico fisico (opzionale), sezione biologica (denitrificazione-nitrificazione, chiariflocculazione terziaria con calce e cloruro ferroso e correzione del ph). Il trattamento dei solfuri riguarda essenzialmente la frazione industriale dei reflui, ed avviene nei comparti di preaccumulo, che si trovano a valle dei trattamenti preliminari, e sono costituiti da due vasche circolari di 3750 m 3 ciascuno Figura 4 Figura 4 Vasca di preaccumulo ed ossidazione dei solfuri Nelle vasche di preaccumulo confluiscono anche le acque di ricircolo che si producono in impianto, quali i surnatanti del lavaggio delle torri di abbattimento delle emissioni gassose, il surnatante dell ispessitore e il filtrato ottenuto con le filtropresse in fase di disidratazione. La fase di preaccumulo comporta due importanti funzioni: di equalizzazione delle portate giornaliere affluenti in impianto; di ossidazione dei solfuri con ossigeno puro; l ossigeno è prodotto autonomamente in impianto tramite un processo di adsorbimento di aria su zeolite. Nelle vasche di preaccumulo avviene l ossidazione dei solfuri che può essere operata opzionalmente attraverso due soluzioni di processo, in continuo o in modo alternato, utilizzando ciascuna delle due vasche in batch. Nel primo caso l ossidazione dei solfuri avviene attraverso un processo misto chimico-biologico, in quanto, a seconda delle portate, e quindi dei tempi di residenza idraulica, può svilupparsi una biomassa solfuro ossidante; questa modalità permette una gestione più semplice, ma presenta il problema di un considerevole consumo di ossigeno dovuto al fatto che la biomassa che si sviluppa è mixotrofa e quindi capace di ossidare anche composti carboniosi. Nel secondo caso, una riduzione del tempo di residenza idraulica ed il dosaggio di un

8 8 catalizzatore (solfato di manganese), è possibile un consumo di ossigeno poco superiore a quello stechiometrico necessario per l ossidazione dei soli solfuri, pur a fronte di una maggior difficoltà nella gestione delle portate. Le vasche di preaccumulo sono dotate di copertura con aspirazione e collettamento delle emissioni odorigene all impianto di abbattimento centralizzato; allo stesso modo sono coperte, e poste sotto aspirazione: le vasche di sedimentazione primaria, di dissabbiatura e di denitrificazione, l ispessitore, i locali delle filtropresse. Le emissioni odorigene sono costituite essenzialmente da ammoniaca, H 2 S e mercaptani. Gli effluenti gassosi da sottoporre a trattamento vengono convogliati ad un impianto centralizzato di deodorizzazione, con potenzialità complessiva di trattamento di Nm 3 h -1. Il sistema di deodorizzazione si basa sul principio di assorbimento delle emissioni mediante lavaggio del flusso d aria con soluzioni acide e basiche, al fine di rimuovere, alternativamente, H 2 S e ammoniaca. Il trattamento è effettuato in due stadi. La prima fase di trattamento avviene su 6 scrubber Figura 5 che trattano i flussi d aria provenienti da ciascuna delle sezioni coperte in impianto; la seconda fase, invece, avviene sul flusso complessivo in uscita dai precedenti scrubber, in uno scrubber orizzontale a flussi incrociati. In questo modo si ottengono concentrazioni di ammoniaca e idrogeno solforato di rilascio in atmosfera inferiori a 1 ppm. Le acque di lavaggio degli scrubber, che vengono riconvogliate nelle vasche di preaccumulo, sono così immesse nuovamente nel ciclo di depurazione. Figura 5 Impianto di trattamento ad umido degli effluenti gassosi E opportuno fare alcune considerazioni, in termini di pregi e difetti, legati alle tecnologie di gestione dei solfuri applicata presso il Consorzio Cuoiodepur. Il sistema, per come impostato, garantisce una pressoché completa protezione del processo biologico secondario dall immisione di solfuri, fatta eccezione per quelli che possono formarsi nella sedimentazione primaria a causa dell attività solfato-riduttrice; il sistema di scrubber, inoltre, se opportunamente monitorato e gestito, è estremamente stabile e sicuro e permette di mantenere in modo costante le concentrazioni di H 2 S ben al di sotto dei valori richiesti dalla normativa. L impiego di ossigeno, anziché di aria, nelle

9 La rimozione dei solfuri nel trattamento dei reflui conciari 9 vasche di preaccumulo, permette di contenere il desorbimento dell acido solfidrico. A fronte di questo, tuttavia, occorre sottolineare come a questo approccio sia dovuto un onere economico considerevole associato al costo dei reagenti (idrossido di sodio) ed alla necessità di insufflare ossigeno nelle vasche di preaccumulo in dosaggi superiori alle quantità necessarie alla sola ossidazione dei solfuri. Il crescente costo dell energia e del trattamento dei fanghi rende, per i reflui conciari, sempre più interessante la prospettiva di un inserimento di una fase anaerobica, tanto nella filiera di trattamento delle acque quanto nella filiera di trattamento dei fanghi; questo tuttavia presuppone un cambiamento di prospettiva nella gestione dei solfuri, la cui principale fonte diverrebbe una inevitabile attività solfato-riduttrice della biomassa in condizioni anaerobiche. Pur rimanendo, in questa prospettiva, la necessità di una rimozione dagli effluenti gassosi dell acido solfidrico, l aumento delle portate di solfuri in gioco da una parte amplificherebbe l onere relativo all impiego di reagenti per l abbattimento ad umido, permettendo dall altra, attraverso l adozione di un processo di rimozione biologica dei solfuri, tramite ossidazione parziale a zolfo elementare, una consistente riduzione dei solfati allo scarico. 1.4 Indagini a scala pilota sulla rimozione biologica dei solfuri Introduzione Alcune premesse sono necessarie per inquadrare le indagini a scala pilota svolte per valutare l applicazione dell ossidazione biologica dei solfuri a zolfo elementare. In base alla ricerca bibliografica emergono alcuni elementi che permettono di definire i limiti di applicabilità di questa tecnologia e le condizioni operative necessarie al controllo del processo. Alcuni microrganismi autotrofi, (quali il Thiobacillus Neapolitanus o il Thiobacillus Versutus) capaci di ottenere l energia necessaria alla sintesi dall ossidazione dei solfuri, presentano un duplice meccanismo metabolico che vede l ossidazione arrestarsi a zolfo elementare oppure procedere in modo completo fino a solfato. Da un punto di vista energetico, ovviamente è più vantaggiosa l ossidazione a solfato, ma condizioni di scarsità di ossigeno e abbondanza di solfuro il prodotto quantitativamente più significativo è lo zolfo elementare (reazioni ). Questo può essere ricondotto a varie ragioni tra cui sicuramente la necessità di ridurre rapidamente, e con il poco ossigeno disponibile, la concentrazione di solfuro in soluzione, che può risultare inibente ad alte concentrazioni per la biomassa solfuro ossidante stessa (inserire citazione); questo appare tanto più plausibile quanto più diminuisce il ph della soluzione, ed aumenta, per questo, la percentuale di acido solfidrico in soluzione. L ossidazione a zolfo elementare corrisponde, inoltre, alla capacità di stoccare una fonte di energia (donatore di elettroni) che viene così sottratta all ossidazione. Alla luce di queste considerazioni appaiono comprensibili alcune caratteristiche dei microrganismi solfuro ossidanti quali l elevata velocità di crescita (µ max = 8-10 d -1 a 20 C) ed un elevatissima affinità con il substrato.

10 10 Materiali e metodi La sperimentazione è stata condotta tramite due impianti pilota operanti in parallelo di tipo MBR. Ciascun impianto pilota è costituito da due vasche, la prima di processo a volume variabile (tra 24 e 72 L) e la seconda di filtrazione (V=8L). Uno schema dell impianto è riportato in Figura 6. Figura 6 Schema di una delle due linee dell installazione a scala pilota Le membrane piane (tre moduli Kubota cut-off 0.4 µm superficie totale 0.3 m 2 ) sono state utilizzate in configurazione external-submerged, impostando la portata di ricircolo (circa 10 volte la portata influente) in modo tale da garantire una sostanziale omogeneità tra le concentrazioni della miscela aerata nelle due vasche. L insufflazione d aria ha il duplice scopo di limitare il fouling delle membrane e di fornire l ossigeno necessario al processo biologico: nella vasca di filtrazione l insufflazione è a bolle grosse, mentre nella vasca di ossidazione a bolle fini. I parametri monitorati online sono il ph il redox e la concentrazione di ossigeno disciolto: il ph può essere mantenuto ad un determinato set-point tramite il dosaggio di acido o base mentre l insufflazione d aria nella vasca di ossidazione è controllata tramite l impostazione di un valore di set-point per il potenziale redox; questo tipo di controllo permette di mantenere l ossigeno a concentrazioni estremamente basse (< 0,1 mg/l) ed è difficilmente realizzabile attraverso un ossimetro. Un agitatore garantisce le condizioni di miscelazione nella vasca di ossidazione durante le fasi di pausa dell aerazione. Il sistema è gestito attraverso una centralina di acquisizione (SC 1000 Hach Lange), un PLC ed un software che permette l archiviazione dei dati e l impostazione dei setpoint di ph e redox. Per l inoculo della biomassa è stata utilizzata una coltura sele-

11 La rimozione dei solfuri nel trattamento dei reflui conciari 11 zionata in condizioni chemostatiche a partire da un campione prelevato dalle vasche di ossidazione dei solfuri dell impianto Cuoiodepur. L alimentazione è costituita da un refluo sintetico ottenuto dosando, in acque deferrizata, solfuro di sodio (Solvay nome prodotto) in concentrazioni comprese tra 200 e 900 mg/l ed i macronutrienti in concentrazioni di poco superiori al fabbisogno della crescita di biomassa (NH 4 Cl mg/l H 3 PO mg/l). La sperimentazione è durata 75 giorni durante i quali si è adottato lo schema di monitoraggio riportato in Figura 7; le analisi sono state eseguite con frequenza bisettimanale. Parametro Influente Vasca di Effluente misurato ossidazione Solfuri Solfati + NH 4 Azoto totale COD Figura 7 Schema di monitoraggio degli impianti pilota Oltre ai parametri suddetti sono stati monitorati i volumi consumati di soluzione acida e basica, al netto del consumo per portare la soluzione l alimentazione al ph della miscela aerata, consentono di stimare tramite le reazioni 1.1 e 1.2 la percentuali di solfuro ossidate a zolfo ed a solfato. Le misure suddette sono state effettuate in accordo con gli Standard Methods; è opportuno comunque riferire che lo zolfo elementare non è stato monitorato in modo frequente in quanto la complessità delle misure necessarie ha suggerito di ricavare il bilancio di massa relativo allo zolfo misurando la concentrazione di solfuri e solfati, avendo la premura di escludere, tramite misure di COD la presenza di forme parzialmente ossidate dello zolfo nell effluente quali solfiti e tiosolfati. Le condizioni operative sono state fissate durante un primo periodo in modo da garantire lo sviluppo graduale della biomassa imponendo le condizioni per un ossidazione completa a solfato. Successivamente alcuni parametri operativi sono stati fissati in modo uguale per entrambi gli impianti (ph, HRT, SRT, concentrazione di HS - nell influente) mentre il potenziale Redox è stato impostato a valori diversi sulle due linee. Le condizioni operative sono riportate in Figura 8 sintetizzate in tre periodi (Start up, Fase 1, Fase 2) con riferimento ai valori medi. Risultati e discussione Il monitoraggio delle due linee pilota ha permesso di mettere in luce alcuni aspetti relativi al comportamento del sistema biologico. Alcune delle considerazioni che seguono sono relative ai risultati riportati in Figura 9 ed in Figura 10: la biomassa si è sviluppata in modo rapido ed ha permesso di raggiungere elevatissime efficienze di rimozione del HS - in modo estremamente stabile; è possibile osservare che nelle condizioni operative impostate, l ossidazione parziale a zolfo avviene in percentuali superiori al 70% imponendo valori di potenziale redox comprese tra e mv, questo parametro si è dimostrato efficace nel controllo dell insufflazione d aria; con concentrazioni di solfuri nell influente fino a 900 mg/l non si sono verificate instabilità nel processo biologico.

12 12 Fase Start-Up Fase I Fase II Linea Durata (d) Redox (mv) HS - (mg/l) ph HRT (h) Linea Linea Linea Linea Linea Linea Figura 8 Condizioni operative delle due linee pilota SRT (d) Figura 9 Andamento della concentrazione dei solfuri nell influente e dei solfati nell effluente dei due impianti pilota a meno di solfati in ingresso Figura 10 Percentuali di solfuro che viene ossidato a zolfo elementare in ciascuna delle due linee durante le fasi della sperimentazione Un discorso a parte merita il processo di filtrazione: l utilizzo di membrane in questa fase della sperimentazione ha permesso uno studio del processo esente dalle incertezze relative all efficienza del processo di separazione; le membrane sono apparse sog-

13 La rimozione dei solfuri nel trattamento dei reflui conciari 13 gette ad un fouling relativamente rapido, rendendo necessario un lavaggio di mantenimento con frequenza settimanale, in corrispondenza di una portata di (13 L/hm 2 ) ed una concentrazione di solidi sospesi non superiore a 5 g/l, tuttavia il processo di filtrazione è stato influenzato dalla necessità di limitare l insufflazione d aria nella vasca di filtrazione onde non compromettere il processo biologico; da questo punto di vista quindi la scala dell istallazione sperimentale non ha permesso di ottimizzare i parametri operativi relativi al processo di filtrazione, consentendo solamente l osservazione della fenomenologia del fouling da un punto di vista qualitativo. In base a questi risultati il processo di rimozione biologica dello zolfo appare una soluzione estremamente interessante per il trattamento di reflui in cui il solfuro sia la principale componente del COD; le soluzioni esauste delle torri di lavaggio ad umido dell acido solfidrico corrispondono a questa classificazione, tuttavia presentano un ph piuttosto elevato rispetto a quello mantenuto nella miscela aerata durante la presente sperimentazione; per questo sarà molto importante, nello sviluppo della ricerca, valutare il comportamento del sistema (biologico e di filtrazione) all aumentare del ph. L utilizzo delle membrane, come sistema di separazione, appare promettente, sopratutto in un ottica di riuso dell effluente, tuttavia, può essere appropriata l adozione di moduli per cui la portata d aria sia limitata oppure che privilegino il controlavaggio come strategia per limitare il fouling. La possibilità di testare il processo su reflui ad elevato carico di solfuri (>1 g/l) rappresenta infine uno degli elementi che potrebbero definire i limiti di applicabilità di questa tecnologia. 1.5 Bibliografia Van Groenestijn, J.W., Langerwerf, J.S.A., Lucas, M., (2002), Reducing environmental emissions in tanneries, Journal of Environmental Science and Health - Part A Toxic/Hazardous Substances and Environmental Engineering, v 37, n 4, p Prescimone V., Munz G., (2005), Il trattamento dei reflui conciari, Atti del corso Andis, Firenze Ottobre. Reemtsma T., Jekel M. (1997), Dissolved organics in tannery wastewaters and their alteration by a combined anaerobic and aerobic treatment, Water Research, 31, 5, Szpyrkowicz, L., Rigoni-Stern, S., Grandi, F. Zilio, (1991), Pilot plant studies on tannery waste water treatment with the objective to reduce sludge production, Water Science and Technology, v 23, n 10-12, p Burgess, J.E., Parsons, S.A., Stuetz, R.M., (2001), Developments in odour control and waste gas treatment biotechnology: a review, Biotechnology Advances, 19,

14 14 Aesoy A, Odegaard H, Bentzen G., (1998), The effect of sulphide and organic matter on the nitrification activity in a biofilm process, Water Sci Technol., 37(1), ,. Bentzen G, Smith AT, Bennet D, Webster NJ, Reinholt F, Sletholt E, Hobson J. (1995), Controlled dosing of nitrate for prevention of H 2 S in a sewer network and the effects on the subsequent treatment process, Wat. Sci Tech., 31(7), Nielsen P. H. and Keiding K., (1998), Disintegration of activated sludge flocs in presence of sulfide, Water Research, Volume 32, Issue 2, Pages Johnson LK, Waskow CEG, Krizan PA, Polta RC, Suspended growth bioscrubber for hydrogen sulphide control, Proceedings of the specialty conference on odour/voc control, Pittsburgh, PA, USA: Air Waste Manage. Assoc., pp , Busca G., Pistarino C., (2003), Technologies for the abatement of sulphide compound from gaseous strems: a comparative overview, Journal of Loss Prevention, Vol.16, pp Botrini C., (1998), Ossidazione Catalitica dei Solfuri, Ingegneria Ambientale, Luglio- Agosto. Bajza Z., Vrcek V. (2001), Thermal and enzymatic recovering of proteins from untanned leather waste, Waste Management, v 21, n 1, p Buisman C., Ijspeert, P., Janssen, A., Lettinga, G., (1990), Kinetics of chemical and biological sulphide oxidation in aqueous solutions, Water Research. Vol. 24, no. 5, pp Buisman C.J.N., Lettinga G., Paasschens C.W.M., Habets L.H.A., (1991) Biotechnological sulphide removal from effluents, Wat. Sci Tech., Vol. 24, no. 3-4, pp Janssen A.J.H., Sleyster R., van der Kaa C., Jochemsen, A., Bontsema J., Lettinga G., (1995), Biological sulphide oxidation in a fed-batch reactor, Biotechnology and Bioengineering, Vol. 47, no. 3, pp Krishnakumar B., Majumdar S., Manilal V.B., Haridas A., (2005), Treatment of sulphide containing wastewater with sulphur recovery in a novel reverse fluidized loop reactor (RFLR), Water Research, Vol.39, pp Wilen BM, Nielsen JL, Keiding K, Nielsen PH. (2000), Influence of microbial activity on the stability of activated sludge flocs, Colloids Surf, B: Biointerfaces, 18,

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