Messa delle esequie di Padre Francesco Piras presieduta dall arcivescovo padre Mauro Morfino Alghero 17/1/2014 Chiesa di S.

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1 Messa delle esequie di Padre Francesco Piras presieduta dall arcivescovo padre Mauro Morfino Alghero 17/1/2014 Chiesa di S. Michele Romani 14, Prima lettura 7 Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, 8 perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. 9 Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. 10 Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, 11 Poiché sta scritto: Come è vero che io vivo, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio. 12 Quindi ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso. Salmo Dal profondo a te grido, o Signore; 2 Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera. 3 Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? 4 Ma presso di te è il perdono: e avremo il tuo timore. 5 Io spero nel Signore, l'anima mia spera nella sua parola. 6 L'anima mia attende il Signore più che le sentinelle l'aurora. 7 Israele attenda il Signore, perché presso il Signore è la misericordia e grande presso di lui la redenzione. 8 Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. Alleluia! Alleluia! Antifona al Vangelo

2 La nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore nostro Gesù Cristo Alleluia! Alleluia! Matteo 25, 1-13 Vangelo 1 Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4 le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. 5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. 6 A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! 7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8 E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. 9 Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. 10 Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12 Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora. Omelia padre Mauro Morfino Il titolo più prezioso che padre Francesco ha condotto a termine fino a questo istante è compagno di Gesù. Credo che l autenticità di questo titolo gli appartenga veramente a pieno titolo: un compagno di Gesù. E ai compagni di Gesù presenti questa sera, che sono venuti da Cagliari, che sono presenti qui ad Alghero, nella comunità che opera nella nostra città, è chiaro che questo titolo risveglia tutto un mondo: un mondo di affetti, un mondo di valori, un mondo di relazioni. Chi ha avvicinato padre Francesco sa che con tutta la sua specialità, il suo grande desiderio e la sua vocazione è stata quella di essere un compagno di Gesù. Lo è stato, lo è stato fino all ultimo e noi per questo vogliamo innanzitutto ringraziare il Signore, perché lo ha conservato suo compagno fino all ultimo. E la più grande testimonianza che padre Francesco ci dà dall altezza di una vita evidentemente non breve: novantanove anni fra pochi giorni. Questo sarebbe stato il compimento dei suoi giorni terreni. Il versetto alleluiatico che abbiamo ascoltato ci mette dentro l orizzonte - direi - più giusto: la nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore nostro Gesù Cristo. La nostra cittadinanza è nell ulteriorità (nei cieli). A nessuno di noi in questo momento, per quanto vada bene la vita, a nessuno di noi basta ciò che stiamo vivendo: a nessuno! me compreso. C è un ulteriorità che interiormente ci attende, così tanto e così forte, che ci dice che la nostra cittadinanza, e quindi la nostra identità, è altrove: è nell ulteriorità. E il pellegrinaggio che noi viviamo diventa un pellegrinaggio bello, portabile, anche nei suoi momenti più duri, nella misura in cui quest ulteriorità non viene cancellata dall orizzonte, ma viene costantemente richiamata a tema, lì nel filo dei giorni, nelle pieghe della storia, anche negli anfratti più bui della nostra storia personale, quelli più decadenti, quelli impresentabili, quelli dove perdiamo la bussola. L ulteriorità: questa

3 cicatrice del divino che preme interiormente in ogni cuore umano, anche non cristiano, non cattolico: in ogni cuore umano. Uomo di dialogo, è stato detto. Ma chi l ha voluto il dialogo? Prendiamo la prima pagina della Genesi: Dio ha creato tutto nella dialogicità. Tutto è segnato profondamente dalla dialogicità. Ogni creatura vive nella misura in cui risponde, in cui interloquisce. Ecco perché padre Francesco è stato un uomo non di steccati, ma un uomo di dialogo. In questo ha imitato il Creatore. Mi riferisco a quelle pagine della Genesi che colmano costantemente dell espressione: e Dio disse, e Dio disse. E un ritornello per imprimere dentro la storia questa capacità di dialogicità. Ecco perché padre Piras è stato un uomo che ha toccato corde e cuori che, probabilmente, forse, dentro le sagrestie semplicemente, o negli ambiti della pastorale, diciamo ordinaria, non sarebbero stati fatti suonare. Padre Francesco è riuscito a farli suonare. Ed è soprattutto riuscito a risvegliare questa ulteriorità che preme come cicatrice nel cuore di ogni uomo. E direi che la parola che abbiamo ascoltato ci mette davvero dentro questa disposizione, pur nel dolore, ma nella grande gioia di aver avuto un testimone, un vero compagno di Gesù. Uno è maestro nella sua vita nella misura in cui ha autorevolezza, non nella misura in cui ha nozioni da dare o sbatte il pugno per dire comando io perché ne so di più, perché ho uno status sociale o ecclesiastico più alto. S impone, in fondo chi, con la vita, diventa eloquente. La grande eloquenza che ha avuto padre Francesco vi è nota: quindi non la devo sottolineare, ma questa parola che oggi ci viene donata ci mette dentro questa bella dimensione. Abbiamo ascoltato alcuni versetti della Parola di Dio tratta dalle lettere di Paolo che scrive ai romani: fratelli, nessuno di noi vive per se stesso, nessuno muore per se stesso. Perché, se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Cosa vuol dire una espressione di questo tipo, celebrando la Messa esequiale di Padre Francesco, compagno di Gesù? A noi che in qualche modo abbiamo avuto una relazione di affetto, di stima con lui, quale luce porta questa parola? Io direi che qui c è da scorgere il fatto che l appartenenza al Signore è un appartenenza a una Persona che ci strappa all autoreferenzialità. Credo che il grande tentativo di Padre Francesco sia stato quello di strappare le persone all autoreferenzialità. In fondo, quella cicatrice del divino, quell ulteriorità di cui parlavo è stato il suo grande desiderio. Chi vive e chi muore, comunque sia, è un espropriato, vale a dire, ha un appartenenza affettiva con la persona del Signore Gesù. Ecco perché soltanto in questo legame reale, affettivo ed effettivo con la Persona del Signore, in fondo c è la possibilità di una vita autonoma, di una vera identità e, quindi, della possibilità di vere relazioni significative. L appartenenza al Signore, in fondo, ci strappa da questo terribile, tragico autoavvitamento che porta alla morte. Paolo dirà, in altri passi del suo epistolario, che l uomo carnale è appunto colui che nella sua vita non dà possibilità all Altro e agli altri di essere presenti dentro il proprio io. La persona pneumatica, la persona spirituale, è invece colui che dà possibilità, all Altro e agli altri, di stare dentro il proprio orizzonte. Si tratta di essere strappati da questa autoreferenzialità. Il respiro, il silenzio, la postura, non erano mere tecniche (sono anche tecniche ), ma sono al servizio di un altra realtà, che è questa realtà: essere strappati da questa autoreferenzialità. E, in fondo, il potersi piano piano apprendere per potersi piano piano donare. Perché chi si stringe a se la propria vita la perde, chi la dona la trova. E tutto il senso dell esistere è stato qui.

4 Allora, ad occhi un po esterni? o a situazioni non troppo abituate a determinati stili di approccio pastorale forse sembrava, almeno nei primi tempi (intorno al 1983, è iniziato questo servizio), che questa meditazione di padre Francesco fosse una cosa un po esoterica. Direi che non c è nulla di più urgente, oggi, nel 2014, che questo cammino, insieme ovviamente a tutti gli altri. Ma questo cammino oggi è indispensabile, proprio per essere strappati da questa autoreferenzialità proprio per diventare, in qualche modo, protagonisti della propria esistenza. Quel silenzio, direi, che ha uno scopo ben preciso dentro una vita, senza il quale silenzio la vita decade. E tra l altro per noi non è questione di fare il vacuum, di fare il vuoto: se Tu nascondi il tuo volto noi siamo come quelli che scendono nella tomba. E un silenzio denso di presenza. E un silenzio che, in qualche modo, rimanda alla propria verità, ed alla propria verità originante. Ecco perché la preziosità di questo ministero, oggi, dobbiamo riconoscerla a pieno titolo. Non soltanto è stato un cammino umanamente significativo ma direi che ha le connotazioni proprie del Vangelo. Se pensiamo alla stessa persona di Gesù, ci vengono in mente le sue notti in silenzio, il suo ritirarsi in preghiera, lo stare da solo. E allora questo silenzio di cui è stato maestro credo che proprio rimandi a questo scorgere la presenza del Presente nella propria esistenza, dentro il proprio orizzonte. Un silenzio al quale si accede, credo, innanzitutto smettendo o dismettendo ogni tipo di autoaccentramento: un silenzio che diventa eloquente nella misura in cui noi smettiamo di identificarci con i nostri problemi e smettiamo di sentirci in fondo, o l ottava meraviglia del mondo, o l ultima schifezza del creato e troviamo il nostro posto, nell oggi, nel qui, nell adesso della vita. Un silenzio che soprattutto diventa altamente eloquente per quanto riguarda la presenza del Signore, che ci mette nella grande possibilità di donarci nelle mani degli altri. Questo è il grande lavorio di padre Francesco in questi anni. Questo nessuno di noi vive per se stesso o muore per se stesso ma, sia che vive, sia che muore, è del Signore, non è abbandonato, ma è del Signore, ci mette il cuore nella pace. E questo è in fondo il centro del mistero della vita cristiana, della Trinità Santissima, la quale non è il Padre più il Figlio più lo Spirito Santo, ma è il Padre per il Figlio, per lo Spirito. Questo è il senso della vita: uno per l altro, per l altro. Il silenzio disvela questa necessità dell altro, in quanto visita di Dio. Il silenzio postula il volto dell altro come, in fondo anche, deciframento per il mio io: io non so chi sono fino a quando non incontro un tu. Ma questo nello schiamazzo non può avvenire, nell autoreferenzialità non può avvenire. Questo, senza dare apertura ad altri volti, non può avvenire. Questo, senza dare apertura ad altri volti, e all Altro, non può avvenire. Ecco perché vogliamo ringraziare, con tutto il cuore, il Signore, per questo fratello, questo amico, questo compagno di viaggio. Dal profondo a te grido Signore : è il salmo responsoriale con il quale abbiamo risposto alla Parola di Dio con la stessa Parola di Dio. Un profondo che a padre Francesco non faceva paura, ma perché, in fondo, conosceva l abisso dell amore di Dio e, quindi, l abisso del cuore umano non lo impressionava. Anzi, sapeva che l abisso del cuore umano può avere un unica risoluzione: l abisso dell amore incondizionato del Padre. E veniamo all altra pagina evangelica, che ci mette di fronte a questa parabola del Signore, dove vorrei sottolineare soltanto un elemento. Il primo è evidente: chi vigila? Chi aspetta qualcuno, se no si dorme. Se non c è un oggetto amato, se non c è qualcosa che brucia interiormente, le palpebre inevitabilmente calano, le forze inevitabilmente scemano. Nella misura in cui c è l attendere, l essere tesi a, c è la possibilità di vigilare. E qui, nel cuore della parabola, c è una parola che non viene detta ma viene fuori in modo abbastanza

5 vistoso: tutte e dieci le ragazze sono vergini. Quindi c è una caratteristica che le accomuna. Ce ne sono cinque che vengono dette prudenti e cinque che vengono definite disattente, imprudenti, non vigilanti. Che nome potremmo dare a questa non capacità di attesa? Uno dei nomi probabili oggi è quello della intempestività. Le vergini si accorgono di non avere olio: non erano state attente ( ad tese ), evidentemente non attendevano in verità e vanno intempestivamente a cercare olio. La stoltezza sta nella intempestività. E molto spesso la nostra intempestività nasce nella chiusura, appunto, di questa vita molto frullata, di questi atteggiamenti molto saltellanti della nostra esistenza, dove c è più connessione che profondità, dove c è più notizia che discesa nel cuore proprio. E questo ci può portare a porre delle scelte che sono, dentro la nostra vita, intempestive. Ecco, il grande servizio di padre Francesco nella propria vita è stato quello di strappare molte persone dal fare gesti intempestivi. Noi sappiamo molto bene che cosa significa una parola detta intempestivamente o un gesto, in una relazione, posto intempestivamente. Direi che una delle cose belle di questa tempestività che nasce, in fondo, dal dare spazio all alterità e nasce in fondo da questo riprendersi in mano che padre Francesco ha insegnato, diventa, per noi, in questo momento, una realtà molto importante. Per stare dentro la vita bisogna non essere intempestivi, negli affetti, nelle relazioni. In ciò che conta soprattutto bisogna non essere intempestivi. Questo per evitare gesti che, molte volte, segnano profondamente, in negativo, il fiorire della vita. Come le vergini prudenti, anche noi vogliamo essere svegli, ridirci quale è l oggetto amato, atteso, il volto glorioso del Signore Gesù, perché la nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo, come salvatore, il Signore Gesù Cristo. Preghiera dei fedeli Facci capire, Signore, che siamo stati creato non come un essere finito e chiuso, ma come un movimento verso gli altri; che dobbiamo partecipare della ricchezza degli altri, e lasciare che gli altri partecipino della nostra ricchezza; come padre Piras ha condiviso con noi la sua ricchezza; che chiudersi è morte e aprirsi è vita, libertà e maturità Per tutte le persone che cercano, che partecipano o hanno partecipato alla Scuola di Meditazione. Perché possano sempre continuare a gustare la dolcezza del silenzio, come luogo privilegiato in cui avvertire Dio che parla, Dio che sorregge, Dio che consola, Dio che conduce Per la famiglia di padre Piras, che ha assistito lo zio Checco in questi ultimi giorni, ma che è stata anche una fondamentale radice di valori e di affetti per tutta la sua vita. Perché il Signore la ricolmi del suo affetto, della sua pace, della sua gioia e consolazione

6 Per i padri Gesuiti, che hanno sostenuto, formato, e sorretto il nostro caro padre Francesco per quasi tutta la sua vita, da lui definiti la compagnia dell amore. Il Signore li sostenga sempre nella loro opera umile, nascosta, preziosissima Per la Chiesa che padre Piras amava. Perché questa comunità di persone che credono e che amano sia sempre aperta, attenta e sappia cogliere i segni dei tempi, anche uscendo dai propri schemi, per andare incontro alle persone che cercano e portare loro la buona notizia dell Amore, che è Gesù, morto e risorto per noi ******

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