Andy Warhol sul comò OPERE DALLA COLLEZIONE ROSETTA BARABINO MUSEO D ARTE CONTEMPORANEA

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1 Andy Warhol sul comò OPERE DALLA COLLEZIONE ROSETTA BARABINO Andy Warhol in the Closet Works from the Collection of Rosetta Barabino MUSEO D ARTE CONTEMPORANEA VILLA CROCE

2 ANDY WARHOL SUL COMÒ STORIA DI UNA COLLEZIONE MOLTO PRIVATA Ilaria Bonacossa in conversazione con il figlio di Rosetta Barabino Rosetta Barabino ( ) resta vedova nel 1968, a cinquant anni esatti, troppi a quei tempi in Italia, per rifarsi una vita, ma troppo pochi, per chiudersi in una passiva vedovanza. Donna determinata e di polso, dotata di grandi capacità organizzative, prende in mano e razionalizza la gestione della farmacia ereditata dal marito, nell interesse dei figli rimasti orfani di padre rispettivamente a diciassette, venti e ventotto anni. Educa i tre ragazzi, alla disciplina e al lavoro, crescendoli in una casa borghese sobria, non sovraccarica, in cui le opere contemporanee del Minimalismo americano, della Land-art e dell arte Concettuale convivono con divani e comò ottocenteschi. 39 Nelle parole di una nipote: «alta, magra, con i capelli sempre raccolti, austera, ma elegante era una signora, che non voleva in alcun modo attirare l attenzione su di sé». L interesse per l arte contemporanea nasce dopo la morte del marito nel 1968, forse nel cercare un attività moderna da condividere con i figli maschi già grandi, in anni difficili, in cui Genova era segnata da un clima politico pesante di violenza e conflitti sociali. La dimensione illuminata e al contempo borghese di questo suo collezionare, con passione e costanza, rigorosamente solo opere la cui dimensione fosse compatibile con quella del suo grande appartamento genovese, mi ha molto colpito. Ho quindi scelto di riportare le sale del Museo di Villa Croce 1 alla loro funzione originaria di stanze domestiche, per allestire senza alcun ordine cronologico un ampia selezione di opere di questa eccezionale collezione. I lavori scelti, datati dal 1962 al 2014, raccontano le trasformazioni dell arte internazionale negli ultimi cinquant anni attraverso diversi mezzi espressivi che spaziano dalla pittura alla scultura, dai disegni alle installazioni site-specific, dalle fotografie ai ricami e alle tessiture. La selezione è stata guidata da diversi criteri tra cui, in primis, la storia della collezione e l importanza storico-artistica dei singoli lavori, tuttavia la metafora della casa, mi ha permesso di scegliere alcune opere per il loro potere evocativo. Installate a Villa Croce, trasformata appunto in dimora privata con tanto di cucina e camera dei bambini, le opere della collezione raccontano la storia di Rosetta Barabino e dei suoi figli; la ricerca di forme espressive capaci di trasformare i linguaggi artistici, e la convinzione che per poter godere appieno dell arte sia necessario conviverci.

3 Andy Warhol in the Closet History of a very private collection Ilaria Bonacossa in a conversation with the son of Rosetta Barabino Rosetta Barabino ( ) was widowed in 1968, at the age of exactly 50, too old to make a new life in those days, in Italy, but too young to pull the blinds and passively play the dowager. A firm, determined woman with great organizational gifts, she took over and rationalized the running of the pharmacy inherited from her husband, in the interest of her sons, left without a father, respectively 17, 20 and 28 years of age. She had brought up all three to understand discipline and work, raising them in a sober, bourgeois home, not too full of things, where the most contemporary works of American Minimalism, Land Art and Conceptual Art coexisted with 19th-century sofas, closets and bedside tables. In the words of a granddaughter: tall, slim, with her hair always done up, austere but elegant, she was a lady who in no way attempted to attract attention. The interest in contemporary art began after the death of her husband in 1968, perhaps as a way of finding a modern activity to share with her teenage and older male offsprings, in difficult years when Genoa was going through a disturbing political situation of violence and social conflict. The enlightened and at the same time bourgeois character of this practice of collecting, with passion and continuity, rigorously choosing only works whose size was compatible with that of her large apartment in Genoa, convinced me to remake the rooms of the Museo di Villa Croce into the spaces of a home, and to install without any chronological order a wide selection of works from this exceptional collection. The chosen works, dating from 1962 to 2014, narrate the transformations of international art over the last fifty years through different media, ranging from painting to sculpture, drawing to site-specific installations, photography to embroidery and weaving. The selection has been guided by different criteria, including first of all the history of the collection and the historical-artistic importance of the individual works. Nevertheless, the metaphor of the home of the collector has enabled me to pick certain works simply for their evocative power. Installed at Villa Croce, which has been reorganized as if it were a private dwelling, furnished with a kitchen and a nursery, the works from the collection tell the story of Rosetta Barabino and her sons as they seek expressive forms capable of transforming artistic languages, in the conviction that to fully enjoy art one has to live together with it. While it is true that Rosetta Barabino bought art to invest in something lasting, and tenaciously negotiated the prices of works to the point of making some incredible deals, in the finest Genoese tradition, her desire to take contemporary artworks home had nothing to do with speculation, but instead reflected a desire to offer her family an international vision, open to the future. Connected to the history of the galleries and personalities that changed the Italian art scene in the 1970s particularly to the gallery of a great dealer like Gian Enzo Sperone Rosetta Barabino demonstrated not only an innate talent in the choice of works of art, an activity in which she was supported and urged on by her youngest son (viscerally attracted to art and a tireless companion with whom to visit exhibitions, decoding the evolution of art), but also the courage to invest the family s resources in the most experimental forms of art and research. The following is the transcription of a long conversation with Maurizio, the youngest son of Rosetta Barabino, who has agreed to make an exception to the reserve that sets him and his family apart, to narrate the incredible story of a woman who without leaving Genoa purchased the same works as the MoMA in New York and put small pictures by Andy Warhol in her closet. Se è vero che Rosetta Barabino comprava per investire in qualcosa di duraturo, e trattava con tenacia i prezzi fino a spuntare, da buona genovese, affari incredibili, certo, il suo desiderio di portare a casa opere d arte contemporanea non aveva nulla di speculativo, al contrario, nascondeva il desiderio di offrire ai figli una visione internazionale e aperta al futuro. Legata alla storia delle gallerie e dei personaggi che hanno trasformato l arte italiana degli anni Settanta, in particolare alla figura di un grande mercante come Gian Enzo Sperone, Rosetta Barabino ha dimostrato non solo un innato talento nel scegliere opere d arte, attività in cui veniva supportata e spronata dal figlio minore, (visceralmente appassionato d arte e instancabile compagno nel visitare mostre e nel decodificare le trasformazioni dell arte), ma, soprattutto, il coraggio di investire i soldi della sua famiglia nelle forme più sperimentali di arte e di ricerca. Quello che segue è la trascrizione di una lunga chiacchierata con Maurizio, il figlio minore di Rosetta Barabino, che ha accettato di uscire dal riserbo che contraddistingue lui e la sua famiglia, per raccontare la storia incredibile di una Signora che, senza lasciare Genova, comprava le medesime opere del MoMA di New York e appendeva piccole tele di Andy Warhol sul comò. 41 Andy Warhol, Opening Andy Warhol, Mao, 1974, Musée Galliera, Paris courtesy Gian Enzo Sperone

4 Ilaria Bonacossa: Come inizia questa storia genovese, di cui tu sei l indiscusso deuteragonista? Maurizio: Abbiamo sempre avuto opere d arte moderne in casa, opere figurative, post-metafisiche, opere ispirate alla pittura di Massimo Campigli ( ) o di Giorgio Morandi ( ). La domenica mattina con mia madre andavamo per gallerie, mi ricordo in particolare la galleria Rotta, in via XX Settembre, credo sia ancora lì, dove c era il signor Roberto Rotta, padre di Rinaldo, che era un grande conoscitore di artisti primo novecento come Giorgio Morandi, Filippo De Pisis ( ), i Surrealisti francesi. Era la pittura che piaceva a mia madre, che stava cercando opere per arredare la casa. Sono iniziati così, un po per caso, i nostri tour d arte. Vedendo questa pittura abbiamo cominciato a discutere della forza delle immagini. Ecco vedi questa foto, siamo in studio a Venezia da Virgilio Guidi ( ), eravamo andati per acquistare i suoi quadri fatti solo di colore, leggeri ritratti della città lagunare. A un certo punto, probabilmente era prima che mancasse mio padre, nel 1966 o 67, mia madre si interessa al lavoro di Emilio Scanavino ( ), e decide, dato che era genovese, di andare in studio da lui sulla riviera di ponente. Così una domenica mattina arriviamo nel suo studio, mia madre resta immediatamente colpita da una tela inconsueta rispetto a quelle per cui Scanavino era conosciuto e chiede di comprarla. L artista non vuole assolutamente venderla, la scusa che adduce è che era dedicata a sua moglie e non poteva separarsene, ma data l anomalia di quell opera, probabilmente non ne era soddisfatto. Fatto sta, che mia madre insiste, si impunta, a quel punto per lei l unico Scanavino possibile era quello. Scanavino allora, probabilmente per chiudere la discussione e liberarsi di noi, le dice: Signora lei ha tre figli deve comprare i maestri, è importante per l educazione dei ragazzi, quando avrà i maestri allora potrà tornare e comprare Scanavino. IB: E l avete fatto, avete ascoltato il suo consiglio? Vi siete messi a studiare i maestri? M: Mia madre ripensò molto a quella frase e si convinse del fatto che se volevamo comprare arte dovevamo farlo nel modo giusto. Allora cominciamo a studiare e cercare le opere dei maestri, che in quegli anni erano i pittori dell Informale e del Tachisme. Nel 1960, infatti, Hans Hartung aveva vinto, alla Biennale di Venezia, il Gran Premio Internazionale per la pittura. Quindi, quando nel 1962 leggiamo che c era una sua mostra in una piccola galleria d arte di Mestre, (Meneghini direi), io e la mamma partiamo con il treno per andare a vedere i lavori. Le tele monocrome, graffiate, le piacciono immediatamente e siccome ha tre figli decide, tra lo stupore e la perplessità del gallerista di comprarne tre (ovviamente ottenendo in questo modo uno sconto maggiore). Questa idea delle tre opere ha sempre accompagnato il suo modo di collezionare, anche se poi a volte non c erano tre lavori che la convincessero o tre lavori disponibili. IB: Quindi Rosetta Barabino in realtà passa dall idea di comprare cose per la casa all idea di creare una collezione, trasformando una passione in una forma d investimento? M: Nel novembre del 1968 muore mio padre e la mamma si trova responsabile della gestione dei nostri beni, oltre che di mandare avanti la farmacia del marito. Non ha mai smesso di lavorare, era un vero capo-famiglia, gestendo e organizzando la farmacia e la casa, io studiavo e quindi vivevo ancora a casa e, a pranzo, mentre lei cucinava discutevamo in cucina di arte. Sfogliavo le poche riviste di settore che trovavo a Genova e le facevo vedere le opere che mi affascinavano e lei mi chiedeva di spiegarle perché. IB: Quindi questo desiderio di collezionare è sempre stato molto razionale nelle scelte, nasceva da un lavoro di ricerca, non dal bisogno di possedere qualcosa di bello incontrato per caso? M: Assolutamente, pensa insieme compilavamo delle liste di nomi di artisti internazionali che sembravano importanti. Comprare arte era per lei un modo per investire in un bene stabile, una sicurezza per il futuro dei tre figli. Credo però che collezionare fosse anche un modo per liberarsi dalla sua vita impegnativa carica di responsabilità e doveri, per scappare da Genova e cercare momenti di libertà. IB: Genova era in quegli anni un centro vivo e di grande sperimentazione per il contemporaneo. Sicuramente Rosetta Barabino frequentava gallerie di ricerca come la Polena ( ), dove nel 1972 comprerete Max Bill, o spazi culturali come Il Deposito di Boccadasse ( ), che sperimentava realizzando grafiche e multipli; leggeva una rivista rivoluzionaria come Marcatre ( ). Ma, come arrivate a comprare opere così contemporanee? Quando e come cambiano i vostri gusti? M: In quegli anni era successa un altra cosa importante per la nostra formazione. Eravamo andati, (io essendo il piccolo seguivo mia madre nelle sue gite), a Portofino dal proprietario di un locale, La Gritta. Questo signore ospitava spesso l artista francese Bernard Buffet ( ), un personaggio mitico di quegli anni, amico di Cocteau e di Yves Saint Laurent, viveur infaticabile del jetset di Portofino; siamo andati a vedere una piccola tela di Buffet che ritraeva in maniera bidimensionale un granchio. Oltre a comprare il granchio sul tavolo vediamo un grande catalogo di una mostra che era in corso quell anno a Kassel in Germania. Era il catalogo di Documenta 3 (1964) e sfogliandolo capiamo che era una mostra importante e rimaniamo esterefatti dalle opere degli artisti americani. C erano artisti importanti come David Smith, Alexander Calder, Mark Tobey e anche Robert Rauschenberg, forse lì ho visto la prima immagine di un Alpha painting di Morris Louis. Per me e la mamma è una rivelazione. Capiamo che i maestri sono cambiati, che nell arte è successo qualcosa, che c è stato un grande salto in avanti IB: Capiamo? Tu o tua madre? Chi capisce cosa? M: Allora, è difficile saperlo, io resto folgorato dal salto in avanti che aveva fatto l arte rispetto alla pittura a cui ci eravamo interessati. Però, devo dire che mia madre si convince subito del fatto che questa nuova arte era importante, anche se, la riconoscibilità del tratto pittorico era scomparsa. Dalla nostra, c era il fatto che la critica americana militante aveva scritto molto su queste opere. La mamma viene colpita soprattutto dalla freschezza dei lavori, dai colori brillanti e dalle loro composizioni aeree, in cui ampie campiture erano lasciate bianche. Le piaceva il fatto che occupassero completamente il campo visivo di chi le guardava, ma soprattutto il loro ordine formale. 43 Rosetta Barabino con/with Virgilio Guidi, Venezia 1970

5 Ilaria Bonacossa: How did this Genoese story start, in which you are one of the two leading players? Maurizio: We had always had modern artworks at home, figurative, post-metaphysical works, inspired by the painting of Massimo Campigli ( ) or Giorgio Morandi ( ). On Sunday mornings my mother and I would visit galleries. I particularly recall Galleria Rotta, on Via XX Settembre, I think it s still there, where we saw Roberto Rotta, the father of Rinaldo, who was a great connoisseur of artists from the early 20th century like Giorgio Morandi, Filippo De Pisis ( ) or the French Surrealists. That was the kind of painting my mother liked, as she searched for pictures to hang in our home. Our art tours began that way, a bit by chance. Seeing those paintings, we began to talk the force of images. In this photo you can see us in Venice, in the studio of Virgilio Guidi ( ), where we went to buy his paintings made only of color, light portraits of the city on the lagoon. At a certain point, probably before my father s death, in 1966 or 1967 my mother got interested in the work of Emilio Scanavino ( ), and decided given the fact that he was Genoese to go to visit his studio, on the western riviera. One Sunday morning we arrived there, and my mother was immediately struck by an unusual canvas, different from those for which Scanavino was well-known, and she asked if she could buy it. The artist refused with determination, making the excuse that it was dedicated to his wife, but I think that due to its anomalous character, perhaps he was not satisfied with the work. In any case my mother insisted, stubbornly; at that point the only possible Scanavino, for her, was that one. Scanavino then, probably to put an end to the discussion and get rid of us, told her: Signora, you have three sons, you should buy the masters, it is important for their education. Once you have the masters, then you can come back and buy Scanavino. IB: So did you follow his advice? Did you start to study the masters? M: My mother thought over that phrase and decided he was right. If we wanted to buy art, we had to do it properly. So we began to study and to look for the works of the masters, which at the time meant Informalism and Tachisme. In 1960, in fact, Hans Hartung had won the International Grand Prize for Painting at the Venice Biennale. When in 1962 we found out there would be an exhibition of his work, in a small gallery in Mestre (Meneghini, I think it was), my mother and I went by train, to see the works. She immediately liked the scratched monochromes, and since she had three sons she decided, to the amazement and perplexity of the dealer, to buy three of them (obviously bargaining for a bulk discount). This idea of buying three works at a time was always central to her collecting, though at times she couldn t find three pieces that convinced her, or three works were not available. IB: So Rosetta Barabino actually passed from the idea of buying paintings for the home to that of creating a collection, transforming a passion into a form of investment? M: In November 1968 my father died, and my mother found herself in charge of our assets, and of her late husband s pharmacy. She never stopped working, she was a true head of the family, in charge of the pharmacy and the home. I was still in school, still living at home, and when she was cooking lunch we would talk about art. I read the few art magazines I could find in Genoa and I would show her the works that fascinated me, and she would ask me to explain why. IB: So this desire to collect was always very rational in terms of choices, stemming from research, not just from the need to own something beautiful you had run across by chance? M: Absolutely. We would make lists of the names of international artists who seemed important. For her, buying art was a way to invest in a stable asset, security for the future of her three sons. But I think collecting was also a way to get away from a complicated life full of responsibilities, a way to escape from Genoa in search for moments of freedom. IB: Genoa in those days was a lively place, a center of experimentation in contemporary art. Rosetta Barabino undoubtedly frequented advanced Genoese galleries like Polena ( ), where in 1972 you purchased Max Bill, or cultural spaces like that of Il Deposito di Boccadasse ( ) that experimented by making graphic works and multiples, and gathering the issues of a revolutionary magazine like Marcatre ( ). But how did you come to buy such contemporary works? When and how did your tastes change? M: In those years another important event happened for our development. We went, (since I was the youngest, I went with my mother on her expeditions) to Portofino, to see the owner of a venue, La Gritta. This man often had the French artist Bernard Buffet ( ) as a guest, a legendary figure in those years, a friend of Cocteau and Yves Saint Laurent, a tireless bon vivant of the Portofino jet set; we went to see a small painting by Buffet with an image of a crab. Besides buying the crab, on the table we saw a large catalogue of an exhibition happening that year in Kassel, Germany. It was the catalogue of Documenta 3 (1964), and looking through it we realized that it was an important show, and we were amazed by the works of the American artists. There were outstanding artists like David Smith, Alexander Calder, Mark Tobey, and also Robert Rauschenberg. Perhaps it was there that I first saw the image of an Alpha IB: Direi che il bisogno formale di ordine è una delle caratteristiche della vostra collezione, soprattutto nelle acquisizioni di quegli anni, e per fare della psicologia spiccia, probabilmente rifletteva un bisogno strutturale della sua vita. Ma data la scarsa reperibilità delle informazioni, come siete venuti a conoscenza delle gallerie di ricerca attive allora in Italia? M: Siamo stati fortunati, eravamo amici di un altro farmacista genovese il dottor Enrico Pedrini 2, che di lì a poco avrebbe quasi abbandonato la sua attività per dedicarsi alla critica d arte. Vista la mia passione, mi invita a seguirlo a Milano nei suoi giri per gallerie e studi d artista. Mi ricordo, una delle prime volte, Pedrini mi porta in studio da Bernar Venet (1941), uno dei primi artisti concettuali e all inaugurazione della mostra in stile fluxus di Wolf Vostell ( ) nella sede milanese della Bertesca, galleria che aveva portato a Genova per la sua inaugurazione nel 1966 opere importanti della Pop Art Americana, oltre ovviamente alla ormai mitica prima mostra dell Arte Povera nel Questo viaggio mi conferma che i tempi erano cambiati e mi spinge a discutere con mia madre e a insistere perché anche lei venga a scoprire questi nuovi maestri. IB: In questo vostro percorso i maestri italiani: Lucio Fontana, oppure Alberto Burri o un grande concettuale come Piero Manzoni non li incontrate? Li conoscevate e non vi interessavano? M: Mia madre amava i tagli di Lucio Fontana, che aveva presentato i suoi lavori a Genova a Il Deposito, ma già ai tempi si diceva che ci fossero molti falsi in giro e mia madre non voleva rischiare. Le piacevano le tele di Alberto Burri ma in qualche modo avevamo saltato la generazione, probabilmente per colpa mia, eravamo già alla generazione successiva. Cercavamo opere che sembrassero contemporanee, grandi e luminose. IB: Mi chiedo però come stando a Genova riusciste ad appassionarvi all arte di ricerca? Dove trovavate le immagini delle sperimentazioni americane? M: Adesso sembra assurdo ma la casa editrice Fratelli Fabbri aveva distribuito in edicola alla fine degli anni Sessanta una storia dell arte a fascicoli, che arrivava fino a Andy Warhol e la Pop Art e illustrava anche alcuni esperimenti del Minimalismo americano. Ci appassioniamo, la compriamo e io cerco di studiare cosa stava succedendo nel mondo dell arte. Su quelle dispense vediamo le prime immagini dei quadri di Robert Rauschenberg, così come le opere Minimal di Carl Andre. IB: Certo in quegli anni l America affascinava tutti in Italia, rappresentava il futuro, la modernità, un alternativa alla situazione italiana. Rosetta Barabino, vede la Pop Art e si appassiona alle opere di Andy Warhol, che in quegli anni veniva tacciato da molta critica europea intellettuale di eccessiva superficialità. Quindi, ignorando le ricerche dell Arte Povera, fondata a Genova nel 1967 alla Bertesca con una mostra curata da Germano Celant, che tu e tua madre conoscevate, cercate l arte americana? M: Tutto era più deciso nella ricerca degli artisti americani, se tu vedevi l arte italiani di quegli anni, mostrava ancora un collegamento formale con la pittura materica di matrice espressionista, che aveva dominato l arte europea. Il Nouveau Realisme non ha mai affascinato mia madre, Arman non le interessava, in realtà le piaceva la pittura di Yves Klein ma vivevamo a Genova e in quegli anni se non vedevi un quadro di persona, non lo compravi. Ci piaceva invece la ricerca dei Color Field Painters, pittori astratti come Barnett Newman, Mark Rothko o Ad Reinhardt ma era difficile vederli, bisognava andare a New York e le riviste, che erano quasi tutte in bianco e nero, si concentravano sull astrattismo locale di Gianni Dova o Piero Dorazio. Per l Arte Povera era come se con la scelta dei materiali delle opere derivasse dall espressionismo, i lavori parlavano del fare, dell incontro tra natura e tecnica, c era troppa materia e noi stavamo cercando qualcosa di nuovo. 45

6 IB: Probabilmente poi il fatto che l Arte Povera in quegli anni non avesse alcun mercato, se non pochi appassionati sostenitori, rendeva tua madre cauta nell investimento. Forse era anche preoccupata dalle derive politiche associate a questi giovani e ribelli artisti italiani, tua madre collezionava arte anche per trovare uno spazio alternativo alla violenza politica, al terrorismo e all ideologia politica che attraversavano l Italia. Quel famoso senso di ordine che Rosetta Barabino cerca con costanza nelle opere d arte rappresenta il bisogno un sistema mondo solido e stabile. Tua madre aveva tre figli maschi, tu eri ancora a scuola, dirigeva la farmacia di famiglia, forse la lotta di classe non deve averla affascinata più di tanto. M: Guarda a ripensarci, mi mangio le mani, sai in quegli anni in galleria da Sperone gli arazzi di Alighiero Boetti erano impilati in un angolo come in un negozio di tappeti! IB: Ecco ci siamo, Gian Enzo Sperone il punto di riferimento per Rosetta Barabino nel scoprire le ricerche contemporanee, il vostro mentore. Come vi siete incontrati, come è nato questo rapporto così speciale? M: Allora, siamo nei primi anni Settanta, quando avevo cominciato ad andare in giro per gallerie da solo. Avevo chiesto a Pedrini dove avrei potuto trovare i lavori di Sol LeWitt, che avevo visto pubblicati, e lui mi manda a Milano da Toselli. Arrivato in galleria chiedo il prezzo di alcuni disegni di LeWitt, e vengo a stento degnato di uno sguardo (in effetti, ero poco credibile come collezionista, anche se avevo vent anni, sembravo appena sedicenne). Ritorno un altra volta in via Melzo è il luglio del 1973 da Toselli c è una mostra di Richard Serra; chiedo timidamente i prezzi di alcuni disegni, ma di nuovo non vengo preso in considerazione Pochi mesi dopo, mia madre sfogliando un numero di casa Vogue, vede le foto di una casa, forse quella di Pierluigi Pero, con cinque o sei Cy Twombly appesi in un salotto ed è un innamoramento immediato. Questo è bravissimo dice, cerchiamo di capire chi lo tiene in Italia. Io ci metto qualche giorno e scopro che lo tiene la galleria Sperone. Quindi, siamo ancora nel 1973, mia madre telefona e prende appuntamento a Torino da Sperone (che aveva aperto la galleria da una decina d anni). Gian Enzo Sperone era giovane, aveva circa dieci anni più di me, e soprattutto era entusiasta, ti raccontava la sua visione dell arte ti conquistava. In galleria con lui, oltre al suo socio Pierluigi Pero, lavorava allora il giovane Tucci Russo (che adesso ha una splendida galleria a Torre Pellice). Parliamo a lungo di Cy Twombly, Sperone ce ne fa vedere molti, ma erano troppo grandi e troppo costosi e soprattutto erano diversi da quelli che mia madre si era messa in testa di volere Allora Sperone ci dice, cara Signora, lei ha ragione, Twombly è bravissimo, ma vorrei farle vedere anche degli altri artisti con cui lavoro che le potrebbero piacere. Ci porta nel suo deposito, che era un luogo incredibile! Ci mostra un grande Morris Louis, un Roy Lichtenstein del 62 spettacolare, un Tom Wesselmann con una signora e un grande arancio, che a mia madre non piace per niente, due Combines uno con una sedia e uno con un orologio funzionante di Robert Rauschenberg, un grande Triple Elvis di Andy Warhol, e, sempre di Warhol, un incredibile Car Crash in due parti ciascuna di tre metri, un Jim Dine Showers e ammassati in un angolo quelli che sembravano dei tubi di piombo ma erano in realtà dei Richard Serra. Sempre in deposito ci mostra alcune fotografie di Bruce Nauman e Modular Open Cube, Floor Corner di Sol LeWitt, che prendeva due pareti e il pavimento, che era però già venduto e in un ultima stanza, i Donald Judd. Appena li vede mia madre si entusiasma : Questi sì che ci interessano, ci mandi delle proposte. A quel punto io, ricordandomi di una gita a Milano con il dottor Enrico Pedrini in cui mi aveva molto parlato di Joseph Kosuth, chiedo se c è nulla di disponibile di questo artista. painting by Morris Louis. It was a revelation for us. We understood that the masters had changed, that something had happened in art, that there had been a great leap forward IB: You understood? You or your mother who understood what? M: It s hard to say. I was amazed by the leap forward art had made with respect to the paintings we had been buying. But I must say that my mother was immediately convinced of the fact that this new art was important, even if the recognizability of the painterly sign had vanished. To help us, there was the fact that American critics had written extensively about these works. My mother was struck above all by their freshness, the bright colors, the airy compositions in which large portions were left blank. She liked the fact that these paintings completely filled the visual field of the observer, but above all she was impressed by their formal order. IB: I d say that the need for formal order is one of the characteristics of your collection, above all in the acquisitions of those years. To apply some facile psychology, maybe it reflected a structural need in her life. But given the lack of available information, how did you find out about the innovative galleries operating in Italy at the time? M: We were lucky. We were friends with another pharmacist, Dr. Enrico Pedrini, who shortly thereafter changed his job and became an art critic. Sensing my interest, he invited me to go with him to Milan, when he was touring the art spaces. Pedrini took me to the studio of Bernar Venet (1941), one of the first conceptual artists, to the opening of the Fluxus exhibition of Wolf Vostell ( ) at the Milanese branch of the La Bertesca gallery, which had brought important works of American Pop Art to Genoa for its opening in 1966, and the mythical first ever Arte Povera show in This confirmed my suspicion that times had changed, and prompted me to talk about it with my mother, insisting that she discover these new masters. IB: What about the Italian masters? Lucio Fontana, or Alberto Burri, or a conceptualist like Piero Manzoni? Did you know about them? Had you seen their work but decided to ignore it? M: My mother loved Lucio Fontana s cuts. His works had been shown in Genoa at Il Deposito, but already in those days people were saying that there were lots of fakes circulating, and my mother didn t want to risk it. She liked Burri, but it was as if we had leapt over a generation. It was probably my fault, we were already on the next generation. We looked for works that seemed contemporary, large, luminous. IB: I wonder, though, how living in Genoa you managed to develop an enthusiasm for cutting-edge research. Where did you find the images of American experimental works? M: Today it seems absurd, but the publishing house Fratelli Fabbri had distributed on newsstands, at the end of the 1960s, a series on art history, in installments, that extended all the way to Andy Warhol and Pop Art, and also illustrated certain experiments of American Minimalism. I got interested and started to study, and in those publications we saw the first images of the paintings of Robert Rauschenberg, or the Minimal works of Carl Andre. IB: Of course in those years America fascinated everyone in Italy, it represented the future, modernity, an alternative to the Italian situation. Rosetta Barabino saw Pop Art and was intrigued by the works of Andy Warhol, who was accused in those years by many intellectual critics in Europe of being superficial. So overlooking the research of Arte Povera, founded in Genoa in 1967 Gian Enzo Sperone, Leo Castelli, Joseph Kosuth, Torino 1969 Sol LeWitt, Incomplete open cubes, Gian Enzo Sperone, Torino

7 Sperone, sembra non stupirsi e ci propone Abstract Definition, Art as Idea as Idea, 1969 dicendo che quella fotografia era la definizione di ciò che è astratto, essendo anche un opera astratta. Poi commette un errore imperdonabile, o ferse mette in atto un piano ben orchestrato: ci racconta che Kosuth aveva prodotto dei lavori in cui affiancava agli oggetti veri, le loro fotografie e le loro definizioni sul dizionario, e ci mostra One and Three Chairs, 1965 dicendo che ha deciso di tenerlo per sé. Io per la prima volta senza esitazioni mi giro verso mia madre e dico: Peccato, questo mi piacerebbe averlo. Sperone risponde che è dispiaciuto ma che l opera non è in vendita, l ha fatta Kosuth a casa sua e non vuole separarsene. Mia madre a quel punto insiste: Scusi stiamo cominciando un rapporto, noi abbiamo intenzione di collezionare seriamente, ce lo dovrebbe proprio vendere. Sperone cerca di dissuaderla, mostrandole altri lavori, le dice che per capire Kosuth bisogna guardare il lavoro di Sol LeWitt, che segna il passaggio dal Minimalismo all arte concettuale. Ci mostra così il progetto di Sol LeWitt per gli Incomplete Open Cubes, 1974 una serie di sculture che riproducevano tutte le variabili del cubo a partire da tre spigoli fino a mostrare unidici lati, tutti i cubi erano incompleti ma rappresentavano l idea stessa del cubo. Allora mia madre rilancia: Facciamo così, io le compro tre cubi di Lewitt, prima che vengano realizzati (ora si direbbe che li ha prodotti), ma lei deve darmi anche il Kosuth One and Three Chairs. A quel punto comincia un dibattito serrato da cui, come spesso succedeva, mia madre la spunta. IB: One and Three Chairs è un lavoro incredibile, quando l ho visto al MoMA mentre studiavo storia dell arte, ho capito con chiarezza cosa fosse l arte concettuale! Certo che Sperone è diventato il vostro punto di riferimento. M: Quindi prima di andarcene la mamma prende appuntamento per il mese successivo. Sperone, come promesso, ci manda delle immagini di lavori di Donald Judd disponibili. Sai a quei tempi o ti mandavano le diapositive, con grande difficoltà, (solo se eri quasi certo di acquistare) o i lavori dovevi ricordarli a memoria, il che li arricchiva di un aura di desiderio e magia. Alla seconda visita, siamo nel 1974, scegliamo un lavoro di Donald Judd, Square Progression, 1971, una colonna orizzontale di rettangoli e poi prendiamo Abstract di Kosuth che avevamo visto la volta precedente. IB: Non ne prendete però tre opere di Joseph Kosuth o di Donald Judd? M: I Judd Round Progression, erano ancora negli Stati Uniti in una mostra e quindi non li avevamo potuti vedere, e gli altri che erano in galleria erano troppo grandi per casa nostra. Durante la seconda visita, Sperone ci fa vedere altri artisti che secondo lui fanno dei lavori molto interessanti con il neon. C era una grande opera di Mario Merz, ma mia madre la trovava troppo artigianale, un po sporca, disordinata Era affascinata dalla pulizia del Minimalismo; quel aspetto industriale che nell Arte Povera non c era. In galleria Joseph Kosuth aveva allestito un grande neon viola di Neon Electrical Light English Glass Letters Violet Eight, 1965, che compriamo subito e il lavoro di un giovane americano, Bruce Nauman, che aveva scritto con il neon il suo nome Bruce come se fosse scritto sulla luna, (quindi siccome il peso è un sesto ogni lettera era ripetuta sei volte) My Name as Though it Were Written on the Surface of the Moon, Mamma resta perplessa che quella fosse arte, le piace però, ma dopo averla misurata decreta che è troppo grande per il nostro salotto. IB: I lavori Bruce Nauman erano ancora una volta molto diversi come spirito dai minimalisti; non c era un estetica riconoscibile, prendeva qualsiasi cosa e la trasformava in arte. A voi come sembrava? M: Bruce Nauman ci spiazza, cerchiamo di capire di cosa parli il suo lavoro, e l anno dopo nel 1975 compriamo la schiena di Moore in ghisa, la scultura Henry Moore Bound to Fail, Ci affascina perché formalmente riconosciamo che è una scultura, capace di mettere in discussione la tradizione moderna. Torniamo dopo alcuni mesi per la terza visita, perché cercavamo un nuovo Donald Judd. Gian Enzo Sperone ci fa vedere una grande lista di lavori disponibili di Andy Warhol tra cui una serie di Mao che erano stati presentati in una mostra al Museo Galliera a Parigi organizzata dalla galleria di Ileana Sonnabend e ci parla di questo artista che ha un pessimo carattere ma che fa dei lavori fantastici. Era Carl Andre. IB: Ormai Sperone aveva cominciato a convincervi a non avere riferimenti verso l arte passata ma a comprenderne le opere che stavano cambiando l arte contemporanea. M: Sembra incredibile ma davanti a Carl Andre, io rimango un po perplesso anche se impressionato, ma mia madre si convince subito, non fa una piega e sceglie il Carl Andre, Eleventh Copper Cardinal, 1973 di rame perché c era già il Judd di rame e le sembrava che potesse funzionare in casa In realtà mia madre ed io avevamo visto la riproduzione dell opera di Carl Andre 100 Magnesium Square, 1970, nel catalogo di Documenta 4 e siccome l opera era ancora da Konrad Fischer, che lavorava molto con Sperone, decidiamo di comprarlo senza vederlo di persona, forse uno degli unici lavori. at Galleria La Bertesca with an exhibition curated by Germano Celant, whom you knew personally, you decided to concentrate on American art? M: Everything was more forceful in the research of the American artists. If you saw Italian art in those years, it still had a formal connection to the materic-painting of expressionist stamp that had dominated European art. Nouveau Realisme never fascinated my mother, she was not interested in Arman. She actually liked the painting by Yves Klein, but we lived in Genoa and in those years if you didn t see a painting directly, in person, you didn t buy it. Instead, we liked the research of the Color Field painters, abstract painters like Barnett Newman, Mark Rothko or Ad Reinhardt, but it was hard to see them, you had to go to New York, and the magazines that were almost all in black and white concentrated on the local abstract research of artists like Gianni Dova or Piero Dorazio. It was as if, through the choice of materials, Arte Povera at the beginning still had a connection with the past, there was too much matter, the works showed physical action, the encounter between nature and technique and we were looking for something new. IB: E i famosi Andy Warhol, quando arrivano? M: La mamma era sicura che dovevamo prendere i tre Mao, che avevamo visto sulla famosa lista da Sperone. Andy Warhol le piaceva, poteva essere un buon investimento. Sperone fa quindi arrivare nel 1975 tre Chairman Mao da Parigi, ma alla mamma ne piacciono solo due e il terzo non lo prendiamo. Io, malgrado le opinioni che circolavano al tempo a Genova, ero molto appassionato del lavoro di Warhol, tanto che per la Maturità avevo chiesto in regalo Jacqueline, 1964 sempre di Andy Warhol, che comprammo da Joseph Kosuth, One and Three Chairs, 1965 IB: Of course. Then, probably the fact that Arte Povera had no market in those years, except for a few passionate supporters, might have made your mother cautious about investing. She was probably also concerned by the political overtones associated with those young, rebellious Italian artists. Your mother collected art as a way of searching for an alternative to political violence, terrorism and ideology that was everywhere in Italy at the time. That famous sense of order that Rosetta Barabino constantly sought in artworks represents a solid, stable world-system. Your mother had three sons, you were still in school, she ran the family pharmacy. Maybe class struggle didn t particularly fascinate her. M: If I look back on it I could kick myself you know, in those years, at the Sperone Gallery, tapestries by Alighiero Boetti were piled up in a corner, as if it was a rug store! IB: And that brings us to Gian Enzo Sperone, the point of reference for Rosetta Barabino s discovery of contemporary art, your men-

8 tor. How did you meet, and how did such a special relationship develop? M: In the early 1970s I also went around visiting galleries on my own. I had asked Pedrini where I could find the works of Sol LeWitt, which I had seen in magazines, and he sent me to Milan to Toselli, where I asked the price of certain drawings by LeWitt. The dealer barely glanced at me and just tossed off a number (actually, I didn t seem credible as a collector; though I was twenty I still looked like a teenager). I went back again in July 1973; at Toselli there was an exhibition by Richard Serra, and again I asked the prices of several drawings, and again they paid little attention Few months later, looking through an issue of Casa Vogue my mother saw the photos of a home, possibly Pierluigi Pero s, with five or six works by Cy Twombly hanging in the living room, and it was love at first sight. This art is amazing, she said, let s try to find out who s got him in Italy. It took me a few days to find out that Galleria Sperone had him, a gallery that had been in operation for about a decade. Then, I think it was still in 1973, my mother called and made an appointment to visit the gallery in Turin. Sperone was young, about ten years older than me, and above all he was enthusiastic, he told you about his vision of the art you were buying. At the gallery with him, besides his partner Pierluigi Pero, the young Tucci Russo was working (who now has a splendid gallery at Torre Pellice). We spoke at length about Twombly, Gian Enzo Sperone showed us many works, but they were all too large or too expensive, and above all they were different from the ones my mother had decided she had to have So Sperone said, madame, you are right, Twombly is brilliant, but I d like to show you some of the other artists with whom I work, that you might be interested in. He took us into his storeroom, which was an incredible place! He showed us a large Morris Louis, a spectacular Roy Lichtenstein from 1962, a Tom Wesselmann with a woman and a big orange, which my mother didn t like at all, two Combines one with a chair and one with a functioning clock by Robert Rauschenberg, a big Triple Elvis by Andy Warhol, and an incredible Warhol Car Crash in two parts, each three meters wide. There was a Two Shovels by Jim Dine and, heaped in a corner, what looked like lead tubes, actually works by Richard Serra. In the storeroom he also showed us some photographs by Bruce Nauman and Modular Open Cube, Floor Corner by Sol LeWitt, which occupied two walls and the floor, and which Sperone said had already been sold. In the last room in the back there were works by Donald Judd. As soon as she saw them my mother was enthusiastic : We re interested in these, please send us proposals On that first visit, remembering a trip to Milan with Enrico Pedrini in which he had talked a lot about Joseph Kosuth, I asked if there was anything available by that artist. Sperone did not seem surprised, and showed us Abstract Definition, Art as Idea as Idea, 1969, saying that the photograph was the definition of what is abstract, and is also an abstract work. Then he made an unpardonable error or maybe it was a well-orchestrated plan by telling us that Kosuth had produced works in which he combined real objects, their photographs and their dictionary definitions, and he showed us One and Three Chairs, 1965, saying that he had decided to keep it for himself. For the first time, without hesitation, I turned to my mother and said, What a shame, I d really like to have that one Sperone said he was sorry but the work just wasn t for sale, Kosuth had made it in Sperone s house, and the dealer really didn t want to part with it. At that point my mother insisted: Listen, this is the beginning of a relationship, we intend to collect on a serious basis, you should really sell it to us. Sperone tried to divert her attention by telling her that to understand Kosuth one had to look at the work of Sol LeWitt, which marked the passage from Minimalism to Conceptual Art. He showed us LeWitt s project for the Incomplete Open Cubes, 1974, a series of sculptures that reproduced all the variations of the cube starting with three corners all the way to eleven sides, leaving all the cubes incomplete but revealing the idea of the cube itself. My mother raised the stakes: Let s do this: I ll buy three cubes by LeWitt, before they are made (today you would say produced them), but you have to also give me Kosuth s One and Three Chairs. At that point a long discussion began, and as often happened, my mother had her way. IB: One and Three Chairs is an incredible work. When I saw it at the MoMA, when I was studying art history, I clearly understood what Conceptual Art was! So Sperone became your point of reference. M: Before we left, my mother made an appointment for the following month. Sperone, as promised, sent us images of the available works by Donald Judd (you know in those days they would send you slides, but only if you were buying something), and we got to know the works by heart, which enhanced them with an aura of desire and magic. On our second visit, in 1974, we chose a work by Donald Judd, Square Progression, 1971, a horizontal column of rectangles, and then we bought Abstract by Kosuth, which we had seen on our previous visit. IB: That said, you didn t buy three works by Joseph Kosuth or by Donald Judd? M: Judd s other Round Progressions were still in the United States in an exhibition, and therefore we couldn t see them, and the others that were in the gallery were too large for our house. While we were there, Sperone Toselli. (L opera era stata di Attilio Codognato, che aveva preso un lavoro importante Jackie Frieze, 1964 e aveva deciso di cedere quella singola.) Siccome Toselli, per mandare avanti la galleria e produrre i lavori, era spesso in una situazione finanziaria difficile, lo aveva ceduto a un ottimo prezzo rispetto a quelli chiesti all estero per Andy Warhol. Mi ricordo che in quell occasione, sempre da Toselli, mia madre aveva comprato (eravamo nel ), Dennis Oppenheim Annual Rings, 1968, una foto in bianco e nero, accompagnata da una mappa, che mostrava dei cerchi concentrici tracciati dall artista nella neve, un immagine che avevamo visto riprodotta in molti articoli che parlavano di Land Art. In realtà avevamo già visto opere di Land Art (Robert Smithson, Walter De Maria) da Sperone nel catalogo di una mostra curata dal critico tedesco Jerry Schum, teorico della Land Art. IB: A Genova, finito l esperimento de Il Deposito, le ricerche de La Bertesca, vengono affiancate dal lavoro di tre nuove gallerie. Immagino che Rosetta Barabino frequentasse queste gallerie dato che dalla galleria Pourquoi pas (poi Martini e Ronchetti), aperta nel 1969, e dedicata all astrattismo italiano e internazionale, compra nel 1972 Kondensation von Komplementärfarden di Max Bill, e dalla Galleria Forma di Paolo Minetti, (socio di Emilio Rebora), compra tre foto degli interventi-scultorei di Gordon Matta-Clark, i famosi tagli fatti a New- York e a Milano, subito prima degli interventi fatti a Genova nel Paolo Minetti mi ha raccontato che si ricorda bene di Rosetta Barabino che, accompagnata dal figlio (che sei tu), chiamava sempre prima di andare in galleria. Dice che il giorno dell inaugurazione nel 1972, tua madre era arrivata con il barone Franchetti, un altro grande collezionista. Era, nei suoi ricordi, una collezionista determinata, molto diretta, che non voleva troppe parole, ma capire il senso dei lavori. Sapeva trattare i prezzi con grande determinazione, ma siccome lui non ero, né bravo a fare sconti, né abile nel trattare, aveva poi comprato quasi sempre da altre gallerie. Frequentavate gli altri collezionisti? Esisteva un mondo dell arte contemporanea? M: Tutti si conoscevano a Genova, ma mia madre non frequentava molto gli altri collezionisti. Io mi ricordo del dottor Luigi Acame, il dottor Cheli, poi il professor Beltrametti e sua moglie, il dottor Giorgio Gardella, e poi l avvocato Giorgio Teglio e l avvocato Massimo Mordiglia. IB: Anche se compravate da altre gallerie, con Sperone mantenete un rapporto preferenziale. È tramite lui che arrivate a Ileana Sonnabend? M: A un certo punto, siamo nel 1976, mia madre decide che se Ileana Sonnabend ha fatto nel 1974, in rue Mazarin, la mostra di Andy Warhol dovevamo andare da lei a Parigi a vedere se avesse un altro Chairman Mao piccolo e bello come quelli che avevamo preso. Fissiamo un appuntamento e partiamo. In galleria ci accoglie Antonio Homen (assistente e factotum storico di Ileana, che ha poi preso le redini della sua galleria), che ci fa accomodare e, mentre in un angolo Ileana continua in silenzio a fare la maglia, ci interroga sulla nostra collezione, sui nostri interessi, sulla nostra capacità di comprensione dell arte, e soprattutto sul nostro potere d acquisto Noi raccontiamo che abbiamo comprato due piccoli Mao e che siamo alla ricerca di un terzo. A quel punto Ileana Sonnabend mette giù la maglia e ci mostra un disegno Chairman Mao. Era molto bello, speciale, però non era quello che mia madre aveva in mente e quindi chiediamo di vedere altre cose. A quel punto ci mostra Fountain, 1971 una grande scultura di feltro a parete di Robert Morris, e una serie di fotografie virate al rosso di due giovani inglesi Gilbert & George, Bloody Life #2, Compriamo entrambi e mia madre li installa in camera mia. Quando Sperone ci aveva già mostrato, l anno prima, la serie dell ubriachezza di Gilbert & George, che veniva appesa tutta 51

9 showed us other artists he said were making very interesting works with neon. There was a large piece by Mario Merz, but my mother thought it was too artisanal, a bit dirty and disorderly she liked the cleanliness in Minimal Art, that industrial aspect that wasn t part of Arte Povera. Sperone showed us a large violet neon by Kosuth installed in the gallery, Neon Electrical Light English Glass Letters Violet Eight, 1965, which we bought on the spot, and the work of a young American, Bruce Nauman, who had written his first name in neon as if it was written on the moon (therefore, since the weight is one sixth, each letter was repeated six times), My Name as Though it Were Written on the Surface of the Moon, Mum wasn t certain that it was art, though she liked it, but after having measured it, she declared it was too large for our living room. IB: The works of Bruce Nauman, however, once again were very different in spirit from the Minimalists, there was no recognizable aesthetic, he could transform anything into art. What did you make of it? M: Yes, Bruce Nauman surprised us. We tried to understand what his work was about, and one year later, in 1975, we bought the back of Moore sculpture in cast iron, Henry Moore Bound to Fail, It was fascinating, because we recognized that it is a sculpture capable of challenging the modern plastic tradition. We went back a few months later for a third visit, because we were looking for another Donald Judd. Gian Enzo Sperone showed us a long list of available works by Andy Warhol, including a Mao series that had been shown in an exhibition at Musèe Galliera in Paris organized by Ileana Sonnabend, and he talked about this artist who had a dreadful character but made fantastic works. It was Carl Andre. IB: At this point Sperone had begun to convince you not to make reference to the art of the past, but to understand the works that were changing contemporary art. M: It seems incredible, but looking at works by Carl Andre, I was perplexed but stunned, whilst my mother was convinced, and without hesitating she chose his Eleventh Copper Cardinal, She liked the copper because there was already a Judd in copper, and she said it would work in our home Actually, in the catalogue of Documenta 4 my mother had seen the image of the work by Carl Andre 100 Magnesium Square, 1970, and since the work was still with Konrad Fischer, who collaborated often with Sperone, she bought it without seeing it in person, perhaps one of the only cases of such a purchase. IB: And the famous Warhols? When did they arrive? M: Mum was sure we should buy the three Mao portraits, which we had seen on Sperone s list. She liked Andy Warhol and thought it could be a good investment. So Sperone, in 1975, had three Chairman Mao pieces sent from Paris, but my mother only liked two of them, and we left the third at the gallery. Even if opinions in Genoa on Warhol s work were contradictory, I was passionate of his paintings, to the extent that for my graduation present I asked for a Jacqueline, 1964, which we bought from Toselli. The work had been owned by Attilio Codognato, who had purchased an important piece, the Jackie Frieze, 1964, and had decided to sell that single painting. Because Toselli, to keep the gallery afloat and to produce the works, was often in difficult financial shape, he had sold it at an excellent price. I remember that on that occasion my mother also bought from Toselli, (in 1973 maybe 74), the work by Dennis Oppenheim Annual Rings, 1968, a black and white photograph accompanied by a map, showing concentric circles made by the artist in the snow, an image we had seen in many Inaugurazione della mostra/ Opening of the exhibition Joseph Beuys Tracce in Italia, Palazzo Ducale Genova, 1978 storta mamma non l aveva voluta, ma queste immagini la seducono. Ileana Sonnabend ci mostra anche un neon di Bruce Nauman, bellissimo, ma troppo grande, su questo mia madre era irremovibile, solo quello che potevamo tenere in casa, e quindi (stupidamente dico ora) non lo prendiamo. IB: Beh stupidamente a me sembra ovvio, quanti neon poteva mettersi in casa? Voi ci vivevate con l arte non la tenevate, come molti collezionisti, in un magazzino e lo spazio della casa doveva rimanere in qualche modo fruibile. Insomma credo che chi, digiuno di conoscenze artistiche, venisse a casa vostra, trovando neon alle pareti e tappeti di metallo, dovesse considerarla perlomeno strana. M: A proposito di casa, a un certo punto una mattina, senza preavviso vengono consegnati a Genova i tre cubi di Sol LeWitt insieme ai due Floor Pieces di Carl Andre e davvero non ci si poteva più muovere. Per la prima volta mia madre ha una crisi. Si inferocisce: Così è troppo non possiamo tenerli in casa! Chiama subito Gian Enzo e digli di venirsi a riprendere i cubi. In realtà sballandoli il loro ingombro si riduceva e quindi passata la sfuriata restano in ingresso. IB: Quindi la vostra collezione in quegli anni si concentra sull arte americana. Quando comprate Dan Flavin? M: Ancora nel 1974, Sperone ci telefona invitandoci ad andare in galleria perché ha moltissi lavori di questo artista Dan Flavin, installati. Arriviamo a Torino e i lavori erano tutti montati più di venti grandi neon. Come per Donald Judd e Carl Andrè, mia madre rimane immediatamente sedotta. Le piaceva il fatto che il lavoro fosse ordinato, luminoso, minimalista e veramente potentissimo, oltre a illuminare la casa. Scegliamo due opere della serie Omaggio a Tatlin, uno è quello in mostra monument 12 for V. Tatlin, 1964, l altro, forse il più bello della serie, l abbiamo ceduto quando noi tre fratelli dopo la morte della mamma nel 1986, abbiamo diviso la collezione. Era troppo lungo quasi sei metri. L ho rivisto da poco nella collezione del Martin Gropius Bau a Berlino, l ho riconosciuto perché c era l adesivo dorato della Sylvania, la ditta che fabbricava i tubi al neon, riattaccato storto. Scegliamo, anche un opera più piccola, a quattro colori Untitled (to Henry Matisse), L altro Dan Flavin Pink and Daylight Fluorescent Light, 1969 in realtà l ha comprato sempre da Sperone, mio fratello maggiore con i guadagni del suo primo anno di lavoro. IB: Sempre nel 1974, Ida Giannelli 3, nota ai più come direttrice del Castello di Rivoli di Torino, dal 1991 al 2009, apre una piccola galleria, la Saman Gallery, che per otto anni intercetta ricerche artistiche internazionali, portando a Genova artisti del calibro di Bas Jan Ader o Laurie Anderson e ovviamente Joseph Beuys. M: Avevo conosciuto il giovane critico militante Germano Celant tramite Rotta, e lui mi aveva presentato Ida Giannelli, anche lei giovanissima. Io le avevo fatto vedere la mia famosa lista di artisti da seguire e lei mi aveva invitato ad andare nella galleria che stava per aprire. La Saman Gallery era un luogo davvero stimolante, che portava a Genova gli artisti per interventi site-specific. L ho frequentata moltissimo, anche se abbiamo comprato solo i lavori di Joseph Beuys, che grazie alla perseveranza di Ida Giannelli, aveva presentato nel 78 una spettacolare mostra personale a Palazzo Ducale. Abbiamo delle bellissime foto della mamma con Joseph Beuys all inaugurazione. IB: Rosetta Barabino amava quindi ricevere a casa gli artisti e mostrare la vostra collezione? M: Sì, ne era entusiasta, soprattutto perché le sembrava una cosa interessante per noi ragazzi. Ida Giannelli aveva cominciato a chiedere alla mamma di portare a casa nostra gli artisti, che venivano a Genova, per far vedere che in città c erano collezionisti importanti. Il primo artista a venire fu Sol Lewitt, aveva fatto un wall-drawing a soffitto nella piccola 53

10 articles that talked about Land Art. Actually, we had already seen works of Land Art (Robert Smithson, Walter De Maria) at Sperone in an exhibition catalogue, curated by the German critic Gerry Schum, a theorist of Land Art. IB: In Genoa, after the experiment of Il Deposito, and the research of the La Bertesca gallery, new galleries appeared. I imagine that Rosetta Barabino also visited these places, given the fact that from the gallery Pourquoi pas (later known as Martini & Ronchetti), opened in 1969 to focus on Italian and international abstract art, she purchased in 1972 Kondensation von komplementärfarben by Max Bill, while from Galleria Forma of Paolo Minetti (partner of Emilio Rebora) she took three photographs of the sculptural interventions of Gordon Matta-Clark, the famous cuts made in New York and Milan, just before his intervention in Genoa in Paolo Minetti told me he remembers Rosetta Barabino very well, who accompanied by her son (that s you) always called before coming to the gallery. He says that on the day of the opening in 1972 your mother arrived with the Baron Franchetti, another great collector. In his recollection, she was a determined collector, very direct, who didn t want lots of words but wanted to understand the sense of a work, and knew how to bargain with great perseverance. He says, But since I was not good at doing discounts and not very good at negotiations, she almost always bought from other galleries. Did you have relationships with other collectors? Was there a contemporary art scene? M: Everyone knew everyone else in Genoa. My mother didn t spend much time with other collectors. I remember Dr. Luigi Acame, Dr. Cheli, then Professor Beltrametti and his wife, Dr. Giorgio Gardella, then the lawyers Giorgio Teglio and Massimo Mordiglia. IB: Though you made purchases from other galleries, the relationship with Sperone was special. Was it through him that you came into contact with Ileana Sonnabend? M: At a certain point, in 1976, my mother decided that if Ileana Sonnabend had organized an exhibition of Andy Warhol in Paris we should go there to see if there was another Chairman Mao as small and as beautiful as the ones we had purchased. We made an appointment and went. At the gallery in rue Mazarin, we were welcomed by Antonio Homen (the long-time assistant of Ileana who later took the helm of her gallery), who sat us down, while in a corner Ileana continued to knit, in silence. He asked us about our collection, our interests, our ability to understand art, and above all about our buying power We told them we had bought two small Maos and we were looking for a third. At that point Ileana Sonnabend put down her knitting and showed us a Chairman Mao drawing. It was very beautiful, very special, but it was not what my mother hand in mind, so we asked to see other things. At that point she showed us Fountain, 1971, a large wall sculpture in felt by Robert Morris, and a series of red tinted photographs by two young English artists, Gilbert & George, Bloody Life #2, We bought both works and my mother put them in my room. When Sperone, one year earlier, had shown us the drunk series by Gilbert & George, which was hung all crooked, my mother hadn t wanted it, but these images seduced her. Ileana Sonnabend also showed us a neon by Bruce Nauman that was very beautiful but too big. My mother was very firm about that, so we purchased only what we could keep in the house, so (stupidly, I say today) we passed on the Nauman. Saman gallery. Ida Giannelli lo aveva portato in visita e lui, prima riallestisce i suoi Cubes, appena arrivati in casa e poi scatta fotografie alla casa, alla vista e alle opere. Era arrivato da poco anche 100 Magnesium Square, 1970 di Carl Andrè e mentre decidevamo come sistemarlo, ne avevamo montato solo due terzi. Sol Lewitt fotografa ovviamente anche il Carl Andrè incompleto e tornato a New York mostra appunto all autore le foto. Noi ignari di tutto ciò, riceviamo una lettera furiosa di Carl Andre, in cui ci scrive di non permetterci mai di esporre più i suoi lavori in maniera diversa da come lui li aveva progettati! Io rispondo scusandomi, ma per l imbarazzo ho buttato subito la lettera d insulti. A casa vennero molti altri artisti, a un certo punto arriva Lawrence Weiner, che era un appassionato di Parmigiano, Michelangelo Pistoletto, Joseph Beuys, Tony Cragg. Anche Daniel Buren viene nel 1976 a Genova per una mostra alla Saman gallery. Il lavoro di Buren piace molto a mia madre ma siccome la collezione è importante Ida Giannelli lo porta da noi al thè. L idea di Rosetta Barabino era di trasformare una porta della casa in un Buren, ispirandosi alle foto dei suoi lavori a righe bianche e blu e bianche e rosse che aveva visto. Buren, dopo il thè, dice che come opera gli piacerebbe intervenire lì in Disegno di Daniel Buren/sketch by Daniel Buren, Genova 1976 salotto, tagliandolo diagonalmente con una delle sue tele. Mia madre esclude la possibilità categoricamente e gli risponde che se vuole fare un intervento monumentale può usare il terrazzo. Non se ne fa niente, probabilmente Daniel Buren, che aveva un carattere difficile, si offende e lascia a Rosetta un foglietto con un piccolo disegno e il suo indirizzo di Parigi. IB: Nel 1976, Ileana Sonnabend, cura al Forte Belvedere di Firenze una mostra di Robert Rauschenberg, mostra in cui vengono esposte le opere che sono poi entrate in collezione. M: Infatti, Ileana Sonnabend ci ha invitò all inaugurazione, e lì incontriamo Rauschenberg. Era molto simpatico, entusiasta, alla mano, ci raccontò della sua vita all isola di Captiva in Florida con i caimani che gli arrivavano in giardino con le mareggiate. Le opere della mostra erano dipinte e disegnate su veli trasparenti, su cui l artista aveva applicato piccoli pezzi di carta e immagini trovate in studio. Erano leggere e si muovevano con l aria, per Rauschenberg il loro movimento li rendeva vivi. Mia madre ne sceglie tre, ma solo due sono disponibili e così compriamo: Easel (Hoarfrost), 1976 e Coke (Hoarfrost), IB: Siamo ormai alla fine degli anni Settanta e la collezione si concentra sull arte concettuale. Come convincevi tua madre a investire in queste non-opere? M: L arte concettuale era l arte che spiegava cosa fosse l arte; gli artisti importanti erano quelli che ci mostrava Sperone e quindi bisognava comprarli. Avevamo già Joseph Kosuth, e compriamo On Kawara, che la lascia un po perplessa, Jan Dibbets che le piace per la serialità delle sue immagini, e Douglas Huebler di cui io mi appassiono. Per convincerla a comprare Untitled, 1973, di Robert Barry le spiego che le diapositive cercavano di definire cos era un opera d arte. A quel punto arrivare a comprare Lawrence Weiner è stato facile! Ti racconto un aneddoto che ti fa capire come anche dopo anni, mia madre e Gian Enzo Sperone discutessero animatamente i prezzi delle opere, con mia madre che diceva, Chi vuole che glieli compri questi?, oppure no, così sono troppo cari e Sperone che illustrava la portata rivoluzionaria dei lavori. Insomma una volta che la mamma aveva trattato a tal punto il prezzo di tre opere un On Kawara, un Kossuth e un Huebler, Gian Enzo, cede ma le consegna stizzito un foglio con scritto che la signora Barabino avrebbe dato a sua discrezione ancora 500mila lire a Gian Enzo Sperone. Nel 1978, Sperone finalmente trova il Cy Twombly che ci aveva portato originariamente da lui in galleria. È del marchese Berlingeri che vuole venderlo e andiamo con la mamma a Roma a vederlo e lo compriamo. Volevamo anche un Brice Marden, ma non arriva fino all inizio del 1981, e a quel punto era troppo costoso. IB: Arrivano gli anni Ottanta, Rosetta Barabino ha sessantacinque anni, non ama andare da sola a Roma da Sperone, tu sei negli Stati Uniti a lavorare, e il suo collezionare rallenta. In quegli anni Ileana Sonnabend stava organizzando a New York la mostra di Jeff Koons; tu vai a trovarla? M: Sì vado, ma in galleria c erano quelli che erano diventati, a quel punto, i maestri dell arte americana, ed erano, per i nostri parametri, troppo cari: pensa i nuovi lavori di Robert Rauschenberg costavano venti mila dollari! Dall America ci parliamo spesso; una volta mamma mi cerca per chiedermi di un A. R. Penck visto da Toselli, non mi trova e allora telefona a Germano Celant, Scusi ho visto un Penk, secondo lei è un artista che resta?, Celant le risponde di sì e il lavoro viene comprato. Toselli, aveva allora in mostra Francesco Clemente e Nicola De Maria e quando torno in Italia per la nascita di mia figlia, la mamma le regala un piccolo De Maria Uccelli ditemi il cielo, 1982, probabilmente l ultima sua acquisizione. Muore poco dopo nel 1986 a poco meno di settant anni. 55

11 IB: Well, stupidly to me it seems obvious, I mean how many neons could Rosetta Barabino put in one house? You lived with art, you didn t just hang onto it, like many collectors, in storage somewhere. The space of the home had to remain usable. In short, I think that if someone with no knowledge of art came to your house, and found neon signs on the wall and metal carpets, they must have thought you were a strange family M: Speaking of home, at a certain point one morning, without warning, in Genoa we got delivery of three cubes by Sol LeWitt together with two Floor Pieces by Carl Andre, and the entrance got completely clogged up. That was the first time I saw my mother have a fit. She growled: This is too much, we can t keep all this stuff in the house! Call Gian Enzo right now and tell him to come and take back these cubes. But then, after unpacking them, they were not so big after all, so in the end they stayed there, in the entrance hall. IB: In those years your collecting concentrated on American art. When did you buy Dan Flavin? M: Still in 1974, Sperone invited us to the gallery, because he had many works by this artist Dan Flavin, installed for viewing. We went to Turin and the works were all in place, over twenty large fluorescent pieces. As with Donald Judd and Carl Andre before, my mother was immediately taken by them. She liked the fact that they were orderly, luminous, minimal, and truly forceful, and the fact that they would light up the house. We chose two works from the Tatlin homage series, one of which is in the show, Monument 12 for V. Tatlin, 1964, while the other, perhaps the best in the series, we sold when we three brothers, after our mother s death in 1986, divided up the collection. It was too long, almost 6 meters. I recently saw it again, in the collection of the Martin-Gropius-Bau in Berlin, I recognized it because there was a gold sticker of Sylvania, the company that made the fluorescent tubes, attached crookedly. We also chose another smaller work, in four colors, Untitled (to Henry Matisse), The other Dan Flavin, Pink and Daylight Fluorescent Light, 1969, was bought from Sperone by my older brother, with the savings from his first year of work. IB: In 1974, Ida Giannelli, known to most people as the director of Castello di Rivoli in Turin from 1991 to 2009, opened in Genoa a small gallery, the Saman Gallery, which for eight years intercepted international artistic research, bringing artists of the caliber of Bas Jan Ader, Laurie Anderson and Joseph Beuys to town. M: I had met the young art critic Germano Celant through Rotta, and he had introduced me to Ida Giannelli, who was also very young. I had shown her my famous list of artists to watch and she invited me to the gallery she was about to open. Saman Gallery was a truly stimulating place that brought artists to Genoa to make site-specific works. I went there very often, though in the end we only bought works by Joseph Beuys, who thanks to the perseverance of Ida Giannelli had presented a spectacular solo show at Palazzo Ducale in We have some beautiful photos of our mother with Joseph Beuys at the opening. IB: Did Rosetta Barabino like to invite artists to the house, and to show people your collection? M: Yes, she was enthusiastic about that, above all because she thought it would be interesting for us kids. Ida Giannelli often asked her to bring artists to our house, when they came to Genoa, to show them that there were important collectors in the city. The first artist to visit us was Sol LeWitt, who had made a wall-drawing on the ceiling at the little Saman Gallery. Ida Giannelli brought him to see us, and, as soon as he reached the house, he reinstalled his Cubes, and then started taking photographs of the house, the view and the artworks. Eleventh Copper Cardinal, 1973, by Carl Andre had also just arrived, and since we were still deciding where to put it we had only assembled about two thirds of the work. Sol LeWitt obviously photographed the incomplete Carl Andre and went back to New York, where he showed Andre the pictures. We had no idea what was going on, but we received a furious letter from Carl Andre in which he ordered us never to show his works differently from the way he had designed them! I answered with an apology, but I was so embarrassed that I threw the insulting letter away. Many other artists came to see us. Lawrence Weiner arrived, who was mad about Parmesan cheese, and so did Michelangelo Pistoletto, Joseph Beuys, Tony Cragg. Daniel Buren came to Genoa in 1976 for an exhibition at Saman Gallery. My mother really liked Buren s work, and Ida Giannelli brought him over for tea. Rosetta Barabino s idea was to transform one door of the house into a Buren, after seeing the photos of his works with white and blue or white and red stripes. Buren, after tea, said that he would like to do something there, in the living area, cutting across it diagonally with one of his signature canvases. My mother ruled that out immediately, and told him that if he wanted to do something monumental he could use the terrace. Nothing came of it. Probably Buren, who had a difficult personality, got offended, so he left Rosetta a piece of paper with a little drawing and his address in Paris. IB: In 1976 Ileana Sonnabend curated, at Forte Belvedere in Florence, an exhibition by Robert Rauschenberg, including the works that later entered your collection. Did you attend the opening? M: Ileana Sonnabend invited us, and there we met Rauschenberg. He was very nice, enthusiastic, friendly. He told us about his life on Captiva Island in Florida, with the caimans that invaded the garden at high tide. The works in the show were painted and drawn on transparent veils, on which the artist had applied little pieces of paper and images found in the studio. They were light and moved in the air. For Rauschenberg, their movement made them come alive. My mother chose three, but only two were available, so we bought Easel (Hoarfrost), 1976, and Coke (Hoarfrost), IB: A quel punto, tutti voi figli collezionavate, ma tu in particolare hai continuato a cercare di capire le trasformazioni e le novità dell arte internazionale. Come cambia il tuo modo di collezionare? M: Quando torno nel 1982 a Genova, la Saman gallery ha appena chiuso e Vittorio Dapelo, un buon amico, apre la galleria Locus Solus, in un bellissimo spazio in piazza Fontane Marose. Mi appassiono alle sue ricerche molto raffinate e intelligenti, al fatto che gli artisti intervenissero nello spazio, con progetti formalmente ben articolati. Seguo con entusiasmo il suo lavoro Remo Salvadori, Allan McCollum, Haim Steinbach, Bertrand Lavier e Jan Vercruysse, Fischli & Weiss e soprattutto Ettore Spalletti, un artista italiano il cui rigore formale e la cui poetica della leggerezza ancora oggi mi affascinano. IB: Sempre comunque la storia della vostra collezione si sviluppa attraverso il legame di fiducia con alcuni galleristi. Dalla fine degli anni Ottanta allo Studio Guenzani, compri una serie di artisti che hai visto a New York nei tuoi viaggi, come Cindy Sherman, Matthew Barney, Alexis Rockman, Larry Pitmann, Laura Owens, Carsten Höller o Rirkrit Tiravanija. Negli anni Novanta frequenti a Torino la galleria di Tucci Russo, (storico assistente di Gian Enzo Sperone), dove compri le opere di Thomas Scütte; vai nel 1999 all inaugurazione della prima galleria torinese di Franco Noero, anche lui conosciuto giovanissimo da Sperone a Roma, dove scopri i lavori post-concettuali di alcuni artisti inglesi come Jim Lambie e Simon Starling. In quegli anni sostituisci, nei tuoi numerosi viaggi di lavoro a Parigi, le visite alla galleria Sonnabend, con quelle alla sede francese di Marian Goodman, dove trovi lavori di alcuni dei più importanti artisti di oggi, come: Pierre Huyghe, William Kentridge e Yang Fudong. Ma oggi dove vai a vedere l arte? Di chi ti fidi? M: Negli anni ho cercato quello stesso rapporto con altri galleristi, che mia madre aveva con Sperone ma è il mondo dell arte che è cambiato, i tempi e le dinamiche sono diverse. L apertura della galleria Pinksummer a Genova è stata importante; il modo per tornare ad avere un luogo di ricerca e attrattiva internazionale in città e da subito ho sostenuto la loro visione concettuale e poetica. Ho comprato Takashi Murakami alla loro mostra inaugurale, Bojan Sarcevic, Luca Trevisani, Mariana Castillo Deball, Ceal Floyer e più di un lavoro di un visionario come Tomás Saraceno. Le ultime opere che ho comprato le ho trovate alla galleria Zero, sono lavori minimali, di giovani artisti, che mi hanno colpito per l assenza di compromesso, e la loro forza espressiva. Artisti come Thomas Houseago, Gedy Siboni, Neil Beloufa, Mark Barrow, Pietro Roccasalva, il duo portoghese Gusmao e Paiva, Micol Assaël e l ultima acquisizione è Michael E. Smith, un giovane scultore americano che ricava dai frammenti di una Detroit al collasso, piccole minacciose installazioni. 57

12 1 Villa ottocentesca, in stile neoclassico, donata da Andrea Croce al Comune di Genova nel 1952 e inaugurata come Museo Civico d Arte Contemporanea nel A 19th-century villa in neo-classical style donated by Andrea Croce to the City of Genoa in 1952 and opened as the Museo Civico d Arte Contemporanea in IB: By now we are in the late 1970s, and the collection focuses on Conceptual Art. How did you convince your mother to invest in these ideas of-artworks? M: Conceptual Art was art that explained what art was; the important artists were the ones Sperone showed us, so we had to buy them. We already had Joseph Kosuth, then we bought On Kawara, which left her a bit perplexed, Jan Dibbets whom Mum liked for the serial quality of the images, and Douglas Huebler, one of my passions. To convince her to buy Untitled, 1973, by Robert Barry, I explained that the slides attempted to illustrate what an artwork was. At that point it was easy to convince her to buy Lawrence Weiner! I ll tell you a story so you can understand how even after many years my mother and Gian Enzo Sperone would heatedly argue about the prices of the works. My mother would say But who do you expect will buy that? or no, at those prices these pieces are too expensive, and Sperone would carry on about the revolutionary impact of the works. Once Mum had talked down the price of three works an On Kawara, a Kosuth and a Huebler so far, that Gian Enzo, though he gave in, angrily prepared a sheet of paper to sign, saying that Mrs. Barabino, at her discretion, still owed 500,000 lire to Gian Enzo Sperone. In 1978 Sperone finally found the Cy Twombly that had brought us to his gallery in the first place. It belonged to the Marchese Berlingeri who wanted to sell it, so we went with Mum to Rome to see it, and we finally bought it. We also wanted a Brice Marden, but that didn t arrive until the start of 1981, and at that point it was too expensive. IB: So we re in the 1980s, Rosetta Barabino is sixty-five years old, she doesn t like to go by herself to Rome to see Sperone, you re working in the United States, so her collecting slows down. In those days Ileana Sonnabend was organizing an exhibition by Jeff Koons in New York. Did you go to see her? M: Yes, I went, but in the gallery there were artists who at that point had become the masters of American art, and for our parameters they were just too expensive: just consider the new works by Robert Rauschenberg cost 20,000 dollars! I often called from America. Once my mother called me to ask me about an A. R. Penck she had seen at Toselli, but I wasn t home, so she called Germano Celant. Sorry, but I just saw a Penck, do you think he is an artist who will go down in history? Celant said yes, so the work was purchased. Toselli was doing an exhibition of Francesco Clemente and Nicola De Maria at the time, and when I returned to Italy for the birth of my daughter, Mum gave her a small De Maria, Uccelli ditemi il cielo, 1982, which was probably her last purchase. She died shortly thereafter, in 1986, just after turning seventy. IB: At that point, you sons were all art collectors, but in particular you have continued to follow the development of international art. How has your approach to collecting changed? M: When I returned to Genoa in 1982 the Saman Gallery had just closed, and Vittorio Dapelo, a good friend, opened a gallery, Locus Solus, in a very beautiful space on Piazza Fontane Marose. I was interested in his refined and intelligent research, and in the fact that the artists intervened in the space with well-formulated projects. I have enthusiastically watched the work of Remo Salvadori, Allan Mc- Collum, Haim Steinbach, Bertrand Lavier and Jan Vercruysse, Fischli & Weiss and, above all, Ettore Spalletti, an Italian artist whose formal rigor and poetics of lightness still fascinate me today. IB: The story of your collection, has always developed through ties of trust with certain gallerists. Starting in the late 1980, at Studio Guenzani you have bought a series of artists you saw on 2 Enrico Pedrini, ( ) critico e teorico d arte contemporanea, collezionista attento e selettivo, viveva con la moglie Mariella e il figlio Gianmaria, nel capoluogo ligure e dal 1979 al 1991 a Firenze, dove era titolare della Farmacia Internazionale di Piazza della Repubblica. La sua figura resta impressa nella mente dei suoi amici artisti, estimatori, interlocutori, come appassionato affabulatore, fumatore accanito e presenza costante nei luoghi sacri dell arte contemporanea. A partire dal 1969 si interessa all Arte Concettuale, seguendo con particolare attenzione l opera di Bernar Venet, e dal 1972 segue il movimento Fluxus e il suo esponente Giuseppe Chiari. Sul filone antropologico sostiene il lavoro di Claudio Costa e Antonio Paradiso. your trips to New York, like Cindy Sherman, Matthew Barney, Alexis Rockman, Larry Pitmann, Laura Owens, Carsten Höller and Rirkrit Tiravanija. In the 1990s you often visited the gallery in Turin of Tucci Russo (the former assistant of Gian Enzo Sperone), where you bought works by Thomas Scütte; in 1999 you went to the opening of the first gallery in Turin of Franco Noero, another person you met early on at Sperone s gallery in Rome, where you discovered the post-conceptual works of English artists like Jim Lambie and Simon Starling. In the 1990s you replaced, in your many trips to Paris, the visits to Sonnabend with stops at the French facility of Marian Goodman, where you have found works by some of today s most important artists, like Pierre Huyghe, William Kentridge and Yang Fudong. But where do you go to see art today? Who do you trust? M: Over the years I have searched for that same kind of relationship my mother had with Sperone, meeting other gallerists, but the art world has changed, the timing and the dynamics are different. The opening of Pinksummer gallery in Genoa was important, as a way to again have a place of research and international appeal in the city, so I have supported their conceptual, poetic vision. I have bought works by Takashi Murakami at their opening show, Bojan Sarcevic, Luca Trevisani, Mariana Castillo Deball, Ceal Floyer, and more than one work by a visionary artist like Tomás Saraceno. The latest things I ve purchased I found at Galleria Zero, minimal works by young artists that immediately struck me for their lack of compromise and their power. Artists like Thomas Houseago, Gedy Siboni, Neil Beloufa, Mark Barrow, Pietro Roccasalva, the Portuguese duo Gusmão & Paiva, Micol Assael. The latest acquisition is Michael E. Smith, a young visionary sculptor who creates small, menacing installations from the shards of his collapsing city, Detroit. Andy Warhol, Jacqueline, Inaugurato nel novembre del 1974 con una mostra di Brenda Miller, il programma della galleria viene curato e diretto da Ida Gianelli fino al 1982, anno in cui si conclude questa esperienza. Tra le gallerie più propositive la Saman spesso espone e presenta, in anteprima in Italia, artisti provenienti sia dall area statunitense, in particolar modo minimal e concettuale, come Sol LeWitt, Joseph Kosuth, Lawrence Weiner, Dan Graham, Cindy Sherman, sia dall ambito europeo come Joseph Beuys, Tony Cragg, Niele Toroni, Daniel Buren, Hans Haacke, Rebecca Horn ed italiano, con un interesse specifico rivolto all Arte Povera. A fianco della programmazione di mostre la Saman produce ed edita libri d artista e un bollettino bimestrale che si concluderà con il numero Apre nel 1980 (-1994), diretta da Vittorio Dapelo e Uberta Sannazzaro. Inaugura con la mostra di John Baldessarri s presenta istallazioni site-specific di artisti internazionali e italiani tra cui: Dan Graham, Joseph Beuys, Alice Aycock, Maurizio Mochetti, Marco Bagnoli, Robert Barry, Bill Woodrow, Sol LeWitt, Enrico Castellani, Bertrand Lavier, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Ettore Spalletti, Robert Mapplethorpe, Aldo Rossi, Jan Vercruysse, Irene Fortuyn, Richard Deacon, Jean-Marc Bustamante, Cristina Iglesias, Katharina Fritsch, Peter Fischli & David Weiss, Liliana Moro e Angela Bullock. 4 Franco Noero ha aperto la galleria nel 1999 in via Mazzini, si è poi spostato dal 2003 al 2008 in via Giolitti, dal 2008 al 2013 nella Fetta di polenta (casa Scaccabarozzi) e da maggio 2013 nella sede attuale di via Mottalciata. Enrico Pedrini ( ), critic and theorist of contemporary art, a careful, selective collector, lived with his wife Mariella and his son Gianmaria in Genoa from 1979, moving in 1991 to Florence, where he was the owner of the Farmacia Internazionale on Piazza della Repubblica. He is fondly remembered by his artist friends and colleagues as a great storyteller, heavy smoker and constant presence in the holy places of contemporary art. Starting in 1969 he became interested in Conceptual Art, with a particular focus on the work of Bernar Venet, and from 1972 he followed the Fluxus movement and its Italian exponent Giuseppe Chiari. In the anthropological tendency, he supported the work of Claudio Costa and Antonio Paradiso. 3 Opened in November 1974 with an exhibition by Brenda Miller, the gallery was curated and run by Ida Gianelli until 1982, when she decided to conclude the experience. One of the most lively galleries in Italy, Saman was often the first to show American artists in Italy, especially from the fields of Minimal and Conceptual Art, like Sol LeWitt, Joseph Kosuth, Lawrence Weiner, Dan Graham, Cindy Sherman, as well as European talents like Joseph Beuys, Tony Cragg, Niele Toroni, Daniel Buren, Hans Haacke, Rebecca Horn, and Italians, with a specific focus on Arte Povera. Alongside the exhibitions, Saman produced and published artists books and a bi-monthly newsletter, which reached issue no Open from 1980 to 1994, directed by Vittorio Dapelo and Uberta Sannazzaro. The first show was by John Baldessarri. The gallery presented site-specific installations by international and Italian artists like: Dan Graham, Joseph Beuys, Alice Aycock, Maurizio Mochetti, Marco Bagnoli, Robert Barry, Bill Woodrow, Sol LeWitt, Enrico Castellani, Bertrand Lavier, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Ettore Spalletti, Robert Mapplethorpe, Aldo Rossi, Jan Vercruysse, Irene Fortuyn, Richard Deacon, Jean-Marc Bustamante, Cristina Iglesias, Katharina Fritsch, Peter Fischli & David Weiss, Liliana Moro and Angela Bullock. 5 Franco Noero opened his gallery in 1999 on via Mazzini, then moving from 2003 to 2008 to via Giolitti, from 2008 to 2013 to the Fetta di polenta (casa Scaccabarozzi) and from May 2013 to the present facility on via Mottalciata. 59

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