LE VECCHIE DI FINE MARZO

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1 LE VECCHIE DI FINE MARZO PROLOGO Questa era una città senza telefoni. Un luogo dove per incontrare qualcuno dovevi conoscere i suoi ritmi di vita e le sue abitudini. Bisognava pensare intensamente l altro e poi passare da una certa strada ad una certa ora o entrare nella Biblioteca del Palazzo di Cultura Nazionale, nella Biblioteca del Palazzo di Cultura della Città, nella Biblioteca del Quartiere e così via. Nel sottofondo del continuo cercarsi degli abitanti, partecipavano gli sguardi di chi si affacciava dalle ringhiere dei balconi delle ville costruite negli anni trenta o dalle finestre dei palazzi costruiti un po più tardi; di chi sedeva nelle panchine dei grandi parchi sempre verdi o dei larghi marciapiedi ornati da alberi di tiglio e di castano selvatico. Niente di quello che veniva costruito resisteva a lungo e non per via dei terremoti che accadevano di rado. Sembrava che gli architetti avessero intuito la facilità con cui gli edifici vecchi venivano sostituiti da quelli nuovi. Per questo motivo nei secoli avevano costruito gli anfiteatri e i monasteri lontano da questa città. Le chiese e le moschee cadevano giù per essere ricostruite, il vecchio bazar lasciava il posto al nuovo che in poco tempo si sarebbe invecchiato e gli abitanti si scambiavano le case per avvicinarsi al posto di lavoro o ai loro parenti. Un solo edificio resisteva da diversi secoli. Si era discusso tante volte di distruggerlo per costruire un ristorante all aperto con l orchestra che suona nelle calde serate d estate, ma ogni volta ci si poneva la domanda: come faremo le foto della città dall alto? La punta del minareto è l unico posto. Questa era anche la città che sopportava le eccezioni, il minareto come l ufficio delle notizie chiamate dove si trovava l unico telefono. Il suo compito era di mettere in comunicazione gli abitanti con i loro familiari nelle altre parti del paese. 1

2 PARTE I LE VECCHIE DI FINE MARZO Valbona Guralumi percorreva ogni giorno la stessa strada. Partiva dalla sua casa, vicino il Parco Rinia, verso piazza Madre Teresa che chiudeva il Boulevard Dëshmoret e Kombit per dare inizio al grande parco di Tirana con il suo lago artificiale e l orto botanico. Era metà marzo, le piogge si mostravano gentili con la terra: dopo averle dato dell acqua, le davano il tempo di respirare e di asciugarsi per poi bagnarla di nuovo. - Si stanno avvicinando le vecchie, - disse la nonna, aggiungendo altra legna alla stufa. - Saranno buone quest anno, - rispose Valbona togliendo dal fuoco la pentola dove nel frattempo si era formata una semisfera di schiuma di latte. La nonna aspettava questo periodo per capire se sarebbe vissuta un altro anno. Le vecchie cattive e dure, che si trovavano nel suo calendario alla fine di marzo, riportando di nuovo il freddo, decidevano sulla sorte degli anziani. Se non morivano entro i primi di aprile, sarebbero sopravvissuti fino al marzo prossimo. Valbona scese le scale di corsa. Al primo piano stava ancora appesa la lista con il turno per la pulizia della strada e del prato sotto il palazzo. Quando era bambina il prato si estendeva anche dall altra parte della strada e, come in tutti i quartieri della città, c era il parco giochi, il campo da calcetto, da pallavolo. Poi hanno cominciato a scavare, a scavare, a riempire con del cemento armato, a coprire. Adesso il rifugio sotterraneo somigliava alle spalle di un vecchio gobbo. - Il prossimo sabato, la pulizia spetta al vostro piano, - si sentì la voce della vicina accompagnata dallo scricchiolio della finestra e dal soffio di una pentola a pressione. Valbona affrettò il passo per non sentire addosso il forte odore di fagioli e cipolle. Attraversare il parco Rinia camminando sulla cinta di strada guardando le pietre scelte e messe una vicino all altra con grande cura le dava un senso di leggerezza. Le piaceva anche respirare quello che le arrivava sotto il naso dal vapore acqueo emanato dalla terra bagnata dopo essersi riscaldata al sole. Questo odore forte richiamava in lei uno stato che si ripeteva ogni mese, dolori di fondo pancia e voglia di zucchero. Sensi ed odori che univano terra e utero. Lindita Kolonja le veniva incontro camminando vicino al prato del fiume Lana, un fiumiciattolo che attraversa tutta la città sopra un letto in cemento con delle aiuole laterali che arrivano al livello della strada. Valbona ammirava da lontano il seno grande e denso dell amica, notando la fatica delle spalle sempre contratte nel tenerlo attaccato al petto. 2

3 Si dovevano incontrare nella piazza dell Università Centrale insieme a centinaia di studenti che si esercitavano a camminare in dei quadrati ordinati. I preparativi per il Primo Maggio cominciavano a gennaio, tutti entravano in uno stato d animo effervescente dove si mischiava la voglia di organizzare e fare tutto in maniera perfetta con la paura di non riuscirci. Qualcuno aveva proposto di cominciare i preparativi prima di gennaio, a settembre, qualcuno più ansioso proponeva di non fermarsi mai, di preparasi tutti i giorni dell anno, fossero 365 o 366, per essere pronti il primo maggio. Loro due seguivano il primo anno dell Università. Si erano diplomate con il massimo dei voti ed il consiglio della scuola composto da insegnanti e alunni aveva avuto difficoltà ad indirizzare i loro studi. Era impossibile distinguere se fossero più brave in matematica, storia, letteratura o lingue straniere. Quelli che scrivevano le annotazioni sulla formazione e il comportamento sul diploma di maturità sembrava che si fossero messi d accordo, eccellente, intelligente, affettuosa, volenterosa, sistematica, operatrice attiva dell Organizzazione della Gioventù, si distingue per una formazione molto buona ideopolitica. - Abbiamo cominciato le prove per la parata a gennaio e questi tre mesi sono volati, - disse Valbona all amica indicando l orologio rotondo della strada attaccato al palo della luce. Erano in anticipo e si potevano permettere di prendere il caffè al Bar dello stadio sotto le colonne. Lindita aveva le occhiaie e si sentiva molto stanca. Al tavolo accanto la voce di un uomo faceva capire che aveva bevuto qualche bicchiere di troppo di raki o forse si sottintendeva dalle sue parole. Te lo posso garantire,- cercava di convincerlo l altro, - è come dicono loro. Cosa c è fuori dell Albania? Solo buio, pericolo, c è la droga, la prostituzione, c è gente che dorme sotto i ponti. L affitto della casa è più alto dello stipendio. Il ragazzo biondo, dall aspetto tranquillo e pulito, era il loro compagno di studi, Altin Bushati, il fortunato nipote di uno dei membri del Burò Politico, appena tornato da Parigi dove aveva curato il suo strabismo. Sicuramente, l uomo che urlava era stato mandato all estero dallo Stato per una specializzazione in medicina o altro, oppure aveva lavorato in qualche Ambasciata all estero o fortunatamente soffriva di qualche grave malattia vantando però una serie di parenti comunisti nella sua biografia. - Ognuno ha la macchina con la quale può andare dove vuole e non deve chiedere il permesso allo Stato, può scegliere l Università che vuole entrando anche con il minimo dei voti del diploma. Ti puoi vestire o svestire come vuoi, bere litri di raki e arrotolarti per terra per tutta la notte, urlare cazzo a tua moglie finché lo sente tutto il vicinato. Poi...non è così buio come ci dicono qua, le strade sono ben illuminate, - continuava l uomo a descrivere il mondo occidentale oltre confine aumentando sempre di più il tono della voce. Il solito orologio impedì alle ragazze di ascoltare il resto della discussione. Salutarono Altin da lontano e pagando velocemente si diressero verso la grande piazza. 3

4 Il loro quadrato era color amarena. Per fare le prove generali era obbligatorio indossare la divisa e tutte le ragazze avevano indossato la maglietta aderente, la gonna in cotone pesante e le scarpe da ginnastica. Il colore amarena era spezzato soltanto dalle calze bianche e dal colore dei capelli delle ragazze. A sinistra del loro quadrato, si preparavano dei ragazzi vestiti di bianco e celeste. Alla loro destra, delle ragazze vestite in giallo. Col passare dei giorni gli insegnanti di educazione fisica diventavano sempre più severi e il suono della voce all altoparlante cambiava frequenza. - Uno, due, tre, quattro. - Altin non ti toglie gli occhi di dosso neanche per un attimo. - Tu non lo guardare. - A sinistra. - Chissà se saremo insieme al servizio militare di quest anno. - L anno scorso è stato molto emozionante. Tutti insieme in mezzo a quelle montagne ad addestrarci la mattina, studiare il pomeriggio. - La parte più attesa della giornata era la sera. Tutti a ballare in divisa con la musica dell orchestra improvvisata dai nostri compagni più grandi. - Quest anno siamo in ritardo, non so se ce la faremo. - Se ci andremo, tra te e Altin di sicuro succederà qualcosa. - Uno, due, tre, quattro. - Alle cinque dobbiamo essere alla conferenza organizzata dall Istituto di Archeologia. - Si tiene all Accademia delle Scienze, due passi da casa mia. Ti porto dietro la mia bici. L Accademia delle Scienze era circondata da un grande parco. Loro due passavano da lì ogni volta che andavano a casa l una dell altra. L edificio si trovava accanto al Palazzo dei Pionieri dove passavano i pomeriggi quando erano bambine a studiare musica, teatro, ballo o matematica. Nonostante questo, entrare dentro l Accademia le intimoriva. Quelli che lavoravano lì sembravano molto vecchi, parlavano piano e avevano uno sguardo penetrante. Il padre di Altin, che lavorava nel settore linguistico, sembrava più vecchio di suo nonno. - Siamo arrivate, - disse Lindita infilando la bici nel parcheggio di ferro battuto. - Qualche giorno fa a mio cugino hanno rubato la bici. Forse dovremo cominciare a legarle. - Ma è ridicolo, non si è mai sentita una cosa del genere. - Andiamo a prendere posto nell ultima fila, lo sai che in quella sala di conferenze mi sento un essere minuscolo. - Tra qualche anno sarai tu sul podio a parlare. - Solo il pensiero mi fa tremare. 4

5 - Questo freddo mi fa sentire uno spaventapasseri. - O meglio biancheria dimenticata fuori dal balcone per tutta la notte. - Tu almeno ti riscaldi guidando la bici. - Hai notato come tutti erano distratti al seminario? - Pensavo soltanto agli scavi archeologici di Buthros. I primi a scavare sono stati gli archeologi italiani negli anni venti. Cominciarono a restaurare un piccolo tempio ellenistico. Poi il teatro, riportato alla luce nel 1980 dai nostri archeologi. Una parte della scena appartiene al periodo romano. - Mi gira la testa. - Fermiamoci. - No, siamo vicino casa tua. Facciamo due passi a piedi. - Io corro per riscaldarmi. - Anch io penso agli scavi di Buthros, al quartiere ellenistico con le abitazioni appartenenti al III secolo prima della nostra era. Mi commuovo all immagine di quella copia di Artemide del II secolo della nostra era. Mi chiedo anche perché negli anni venti ci lavoravano archeologi stranieri, mentre adesso nessuno può entrare nel nostro paese. - Non lo so, io sento freddo. - Tu non lo sai, mia madre non lo sa, i nostri professori non lo sanno. Qualcuno deve pur darci delle spiegazioni. - Non gridare, non c è nessuno per le strade e il poliziotto del quartiere può arrivare da un momento all altro. - Sei arrivata, buonanotte. - Perché non resti a dormire da me? - Non mi sento bene. Facciamo domani sera. - Notte. - Notte. Nei giorni che seguirono Lindita non poté uscire per il forte mal di testa e come al solito, quando restava a casa, passava il tempo studiando la divisione degli spazi del suo appartamento. La superficie era standard, ottanta metri quadri, c era un ingresso grande dove affacciavano tutte le porte interne, una stanza da letto dove dormivano i suoi genitori, una cucina soggiorno, una stanza multifunzionale che era un po la sua e un po degli ospiti, un bagno, un deposito per la legna e tre balconi. Tra qualche mese gli alberi di tiglio sarebbero fioriti e il loro profumo avrebbe riempito tutta la casa. Degli studenti più grandi le avevano parlato di uno stile chiamato razionalista che si era espanso nel mondo negli anni sessanta. Questa casa doveva proprio rappresentarlo, anche i mobili prodotti su misura dalle fabbriche dello stato. E buffo, pensò, che centinaia di appartamenti siano 5

6 identici. Esci da una casa per entrare in un altra uguale, stessi spazi, stessi divani, poltrone, tavoli, tappeti, addirittura le stesse tende. Lindita avrebbe voluto estendere il suo pensiero sulla quantità di oggetti che una persona può conservare in questi spazi, ma un forte mal di testa le bloccò tutti i pensieri. - Ha vomitato di nuovo- fu la prima frase che sentì al suo risveglio. La mamma di Lindita parlava con un uomo che stava in piedi davanti al suo lettino. Doveva essere il medico. Negli ultimi tempi, lei sentiva spesso un cumulo di parole dentro la testa, che le interrompeva il sonno. Parole buttate una sull altra in disordine, che non potendo formare delle frasi, non potendo uscire attraverso la bocca all esterno, sbattevano alle pareti dei centri cerebrali moltiplicandosi per le continue riflessioni e producendo un fortissimo mal di testa. - Mi faccio delle domande e non so darmi delle risposte. Così mi viene il mal di testa e vomito, - Lindita nel frattempo cercava di ricordare dove aveva visto quella faccia. - Ho visto diversi casi con gli stessi sintomi ultimamente, - disse il medico facendo segno con la mano per impedire il suo tentativo di alzarsi dal letto, - non si riesce a capire se è colpa delle allergie primaverili, di acari in abbondanza o di virus trasmessi attraverso le rondini viaggiatrici. - Sentendo la sua voce piena e sicura, Lindita continuava a pensare su dove aveva visto quel viso regolare, lo sguardo profondo, i capelli brizzolati. Forse era un nuovo medico dell ambulatorio del quartiere. La mamma e il patrigno, vedendo tutta quella massa densa e biancastra fuoriuscire dalla sua bocca, sicuramente lo avevano chiamato d urgenza. - Io mi sento male, - pensava Lindita sperando di pensare ad alta voce davanti a sua madre che stava in piedi immobile. - Com è possibile che non capiscono? I genitori, gli adulti, gli educatori, i responsabili della crescita della nuova generazione non si accorgono di niente. Sono fermi, decisi e continuano a ripetere in automatico quello che hanno in testa da una vita: è un periodo di crisi, ce la faremo, con le nostre forze, dobbiamo essere forti, voi giovani dovete continuare a studiare molto, a lavorare molto, soltanto così potrete essere utili al paese, ai nostri ideali. - Non è un medico dell ambulatorio, - riuscì a dire Lindita con un filo di voce. - E Piro Kuqani, - le disse Hektor, il marito di sua madre, mentre le metteva la mano sulla fronte per tranquillizzarla, mio collega e figlio di cari amici. - E il signore che parlava al Bar con Altin Bushati, - pensò Lindita e chiuse gli occhi per dormire sotto l effetto dell iniezione. Avrebbe voluto stare ancora sveglia per pensare a suo padre, a quanto era bello quando suonava il violino. Piro tornò nei giorni seguenti a visitare Lindita. Lei era molto curiosa del fatto che lui si era laureato all estero. Aveva tante domande da fare. Sembrava come una bambina che ha appena imparato a chiedere il perché delle cose. - Sono stufa di passare il tempo spostando i muri della casa con la fantasia stando coricata a letto, - gli disse lei quella mattina, - voglio uscire e voglio vedere dove vivi tu. - Io abito in quella catena di palazzi di sei piani. 6

7 - Ho capito, vicino ai Magazzini Popolari. - Sono gli unici edifici da sei piani della città. - So che è stata difficile l approvazione di questo progetto da parte dell ufficio dell urbanistica. Gli edifici nuovi non dovevano superare i cinque piani, - la voce di Lindita proveniva dal bagno insieme al rumore dell acqua che scorreva dal rubinetto. - Ricordo la polemica, alla fine lo si è giudicato un segno di progresso e hanno dato il permesso. - Secondo quale criterio si è considerato un segno di progresso? gli chiese lei avvicinandosi. All improvviso quella ragazzina che vomitava in pigiama si era avvolta in una maglia di lana aderente a collo alto che faceva sembrare il suo collo ancora più alto, il colore celeste della quale contrastava con il blu dei pantaloni. I lunghi capelli castano chiaro che prima le scendevano sul viso e sulle spalle, adesso raccolti in una treccia, mettevano in evidenza la perfezione della sua testa, la muscolatura delle spalle, il seno. - Secondo un criterio matematico, - rispose lui quasi balbettando. - Divertente, - disse lei con un aria di stupore poggiando sotto l orologio da tavola un bigliettino per sua madre. Mentre scendevano le scale di corsa, lentamente e con lunghe soste saliva il vicino del quarto piano. Era un signore anziano, ex operaio in pensione, che portava a casa la razione settimanale della spesa. Mi sono messo in fila alle cinque del mattino e sto tornando a casa adesso, - disse a Lindita facendo lunghe pause anche tra una parola e l altra. Lei prese i sacchi dalle sue mani, li salì al piano di sopra e salutandolo corse giù. Al primo impatto con l aria fredda tutti e due istintivamente sistemarono le sciarpe e i guanti. Non pioveva, ma la nebbia aveva coperto totalmente il monte Dajti e le colline attorno alla città, annullando tutte le regole della prospettiva, facendo percepire all occhio umano una sequenza di quadri bidimensionali. Degli edifici si riuscivano a vedere soltanto le facciate con le finestre chiuse come se fossero disabitati. Gli alberi di platano in fila sulla riva del fiume Lana sembravano come disegnati da un bambino, tagli longitudinali colorati di verde su uno sfondo bianco-grigio di nebbia. A interrompere la sensazione di trovarsi altrove derivante da questa atmosfera, furono le voci dei bambini che giravano sulla ruota panoramica o facevano il giro sul trenino nel parco giochi di Viale Elbasan. L orologio rotondo della strada attaccato al palo della luce segnava le tredici. Camminando sulle pietre del Ponte antico dei Tabachi, accanto alla Vecchia Biblioteca Nazionale che ormai svolgeva soltanto le funzioni di archivio, trovandosi in mezzo a gente che affrettava il passo per salire sugli autobus per cominciare il secondo turno di lavoro, gente che aveva finito il primo turno e tornava di corsa a casa, senza accorgersi avevano affrettato il passo anche loro e in pochi minuti si trovarono davanti alla casa di Piro. - Non ho mai preso l ascensore, - disse Lindita, - queste sono le prime costruzioni ad averlo. - Se preferisci saliamo per le scale. - No, voglio provare. - Va bene. 7

8 L indomani Lindita tornò a lezione. Era meno pallida e aveva voglia di camminare. - Ci vediamo nel pomeriggio alle prove? - Sì. - Al parco del lago saranno fiorite le prime mimose. - Quelle bugiarde. - Sì, quelle bugiarde. Andiamo a sentire il profumo? - Va bene, andiamo prima alle mimose, poi alle prove. - Ti adoro. - Dirò ai miei che dormo da te per qualche giorno. - Va bene. - Perché vivi solo? - I miei sono morti in un incidente aereo. Mio padre era ambasciatore presso un paese dell Europa occidentale. Tornavano in patria, lui, mia madre ed il mio fratellino. Io andavo alle scuole superiori ed era obbligatorio che le facessi qua. Non era permesso agli adolescenti frequentare la scuola all estero. - Com è stato? - Mi ero abituato da diversi anni a vivere senza di loro, ma sapevo che c erano. Dopo quell incidente, tutto quello che mi è rimasto della mia famiglia è questa casa. - Conoscevi mio padre? - Da lontano, era un violinista di grande talento. Mi è dispiaciuto tanto quando è morto. Anche Hektor è in gamba, è lui che tiene in piedi l ospedale. - Lo dici perché è il tuo capo. - Sei una bambina. - Compriamo gli hamburger con i peperoni rossi sottaceto e le patatine fritte? - Il tuo stomaco non è ancora pronto. - Non vomito da una settimana. - Ti preparo la minestra con yogurt e nipitella. - Di nuovo? - Chi è il medico tra noi due? 8

9 - Venti bottiglie di vetro, sette da latte da un litro, cinque da olio da un litro, otto da olio da mezzo litro. Se continui a conservarle non potrai uscire più in balcone. - Le devo portare a riciclo. - Alla carta ci posso pensare io, mi viene vicino casa. - La minestra è pronta. - Che buon odore! - E la nipitella fresca messa sul fuoco con del burro. - I miei sanno che dormo da Valbona. - Ti sei stancata di me? - Voglio tornare a lezione e mi manca Valbona. - Domani vai a lezione e puoi anche mangiare il tuo hamburger. - Voglio fartela conoscere. Da diversi giorni Valbona sognava la Necropoli di Foinike a Buthros. Sognava le decine di tombe al sud della città e il professore che parlava mentre saltellava sopra le tombe. Appartengono ad un periodo che va dalla metà del IV secolo prima della nostra era fino agli inizi del secolo III della nostra era. Le tombe ellenistiche e romane non sono divise, spesso le tombe più antiche vengono riutilizzate. L ultima parola la terrorizzava. Mentre il professore la pronunciava, nel sogno, un gruppo folcloristico di giovani ballerini danzava sopra le tombe e la chiamavano. A quel punto la nonna riusciva a svegliarla chiamandola per una decina di volte. Quella mattina il sogno si ripeté esattamente come le altre volte, ma prima che la nonna la svegliasse, Valbona sentì un odore familiare che immediatamente le provocò una sensazione di tristezza. Era l odore di un erba particolare che la nonna teneva dentro il baule della morte. Tutte le nonne di una certa età conservavano in un baule il necessario per il giorno della morte: un vestito nuovo, un paio di scarpe nuove, biancheria intima, un cuscino con la fodera in raso, una coperta nuova e tanti foulard di seta neri da indossare nei funerali per i parenti. Valbona non aveva mai avuto il coraggio di cercare il nome latino dell erba di questo baule, l odore sembrava un misto tra tiglio selvatico e lavanda. Dentro di sé la chiamava l erba della morte. Si alzò velocemente dal letto e tremando dal freddo andò incontro alla nonna. La trovò vestita con gli abiti migliori e il foulard nero che indossava lasciava la scia del profumo dell erba per tutta la casa. - E morto mio fratello piccolo, - le disse la nonna passando le mani prima sul foulard nero di cotone leggero che avvolgeva i suoi capelli per poi sistemare quello di seta che copriva il capo e le spalle. - Le vecchie del marzo lo stanno portando via. Sto andando a piangerlo. Valbona aveva visto diverse volte la nonna nel pianto della morte. Sedeva vicino alla testa del morto, lo toccava con le mani e cantava le sue gioie e i suoi dolori. Cantava le guerre, 9

10 l emigrazione, la nascita dei figli, la morte dei suoi cari, tutti gli eventi importanti della vita di quella persona. Cantava anche la causa della morte, la sofferenza di chi si allontana e di chi rimane con il vuoto dentro. Per via delle stufe spente, quella mattina di fine marzo sembrava ancora più gelida e Valbona non ebbe il coraggio di lavarsi con l acqua fredda. Il deposito della legna era quasi vuoto e i camion dello stato che dovevano portare la legna nelle case non si vedevano da un pezzo. Decise allora di rimettersi dentro le coperte. Si riaddormentò e sognò di nuovo la Necropoli, ma questa volta a ballare erano i suoi compagni in divisa militare e armati. Lei e Lindita non si separavano, camminavano per la mano sulle tombe antiche. Quel continuo contatto fisico dava a Valbona la sicurezza che le mancava a Buthros. Si risvegliò con un forte mal di testa. Le sembrava di avere chiuso gli occhi dieci minuti prima, invece secondo l orologio avrebbe dovuto vivere nel mondo dei sogni per ben cinque ore. Sapeva che questa era soltanto una sensazione, proprio come la sensazione che le aveva provocato l ultima parte del sogno quando Altin si era avvicinato a loro due e avevano unito le mani. Un sospiro sempre crescente in velocità li accompagnava dando luogo a piccoli granelli di sudore sulla pelle e ad una sensazione di caldo-freddo. Il mal di testa non passava. Valbona si alzò e preparò la legna. Aprendo la stufa, si accorse che la cenere era ancora lì dentro. La tolse facendo attenzione a non sporcare il tappeto di lana del soggiorno e cominciò i tentativi per accenderla. Non ci riusciva mai al primo tentativo. Qualche ora più tardi, i suoi genitori tornarono insieme alla nonna e trovarono la casa riscaldata. Arrivarono subito i vicini. Sose per prima, poi una dopo l altra tutte le famiglie che abitavano nella stessa scala, una decina. Quando muore un parente, i primi tempi la casa è piena di persone. Poi ci si riunisce in dei giorni prestabiliti, il settimo giorno dalla morte, il decimo giorno, dopo tre mesi, dopo sei mesi, poi a ogni anniversario. Tutti portano del caffè e si sta insieme bevendo grappa, prendendo caffè, fumando sigarette e parlando di chi ha cambiato vita. Quel pomeriggio invece la discussione versava sulla situazione del paese. Stavano accadendo delle cose molto strane. Il nipote di Sose che lavorava in una fabbrica era stato licenziato insieme alla maggior parte degli operai, perché la fabbrica l avevano chiusa. Tante altre fabbriche le avrebbero chiuse e la gente sarebbe andata in assistenza. Assistenza significava che il licenziato resta a casa e percepisce un terzo dello stipendio per un anno. Il vicino del quarto piano, che era un professore universitario di filosofia, sosteneva la tesi che nel vocabolario della lingua albanese dovevano aggiungere queste nuove parole, come licenziamento, assistenza, sciopero. Altre persone dicevano che bisognava prelevare i risparmi dalla Cassa di Risparmio e trovare il modo di scambiarli in dollari americani. Presto ci sarebbe stata una svalutazione della moneta. - Svalutazione, - pensò Valbona ad alta voce, - un altra parola da aggiungere nel vocabolario. 10

11 Il primo maggio si stava avvicinando in un modo davvero insolito. Valbona era abituata da più di dieci anni allo stesso rituale, le prove ogni pomeriggio, la preparazione delle divise, dei fiori di carta, la scelta dei colori, la lista con i numeri delle scarpe, l arrivo a casa di un biglietto d invito per la nonna che le garantiva un posto in prima fila accanto ad altri veterani della seconda guerra mondiale. Il giorno della festa la gente si alzava con il buio e le strade erano popolate dalle forze dell ordine che indirizzavano le persone nelle direzioni prestabilite, gli studenti da una parte, gli operai da un altra parte, militari, scolaretti, cantanti, ballerini, anziani, bambini. Il boulevard diventava un tappeto colorato e la città cambiava la sua funzione. Per tornare a casa la strada di sempre non serviva, bisognava seguire i sentieri obbligatori tracciati dalle corde laterali. Da una settimana, le prove si erano interrotte e girava voce che addirittura non ci sarebbero stati festeggiamenti. Si diceva anche che sarebbe stato meglio se gli studenti avessero passato i pomeriggi in biblioteca e le notti a dormire piuttosto che i pomeriggi con le prove e le notti a studiare. Negli anni precedenti tali lingue erano state tagliate, perché i giovani dovevano essere messi alla prova. Il loro programma di studi veniva accompagnato da un programma di formazione della persona. Comprendeva il lavoro nelle fabbriche, nelle campagne, la preparazione militare. Tutto quello che in tempi normali era stato normale, accettabile, oppure entusiasmante, in quel 1990 era soltanto incerto. Nessuno poteva prevedere come si sarebbero comportate le vecchie di fine marzo, chi e cosa sarebbe sopravvissuto. - Pari o dispari. - Tanto vinci sempre tu. - Allora dormi tu sul materasso a terra. - Lo sai che mi piace. - Lo sai che non ci tengo a dormire a terra. - Mi mancano le prove per la parata, sento un vuoto. - Non sono le prove che ti mancano. - Sembra che qualcosa stia cambiando. - Piro dà la colpa al governo, dice che hanno il dovere di informarci. - Di cosa? - Di quello che intendono fare. - Io non riesco ad immaginare cosa stia succedendo. - Io ho paura di immaginare. - Sento freddo. - Notte. - Notte. 11

12 - Ti sei addormentata? - No. - Com è stato a casa sua? - Sono stata bene. - E non ti manca? - Mi mancano tante cose e so cosa significa perdere. - Lo so, notte, dolce sonno. - Notte. - Ti sei addormentata? -. - Piro, hai ascoltato ieri sera la trasmissione La voce dell America in albanese? - Sì, cerco di ascoltarla tutte le sere. Ho l impressione che tante cose cambieranno, ma non so come. - Perché chiudono le fabbriche? - All industria mancano le materie prime. I guadagni dall esportazione non bastano per importare le merci indispensabili. La valuta di cui disponeva la Banca Centrale è finita. Le banche straniere non ci fanno credito. Il mondo si aspetta che noi realizziamo il cambiamento. - I negozi sono quasi vuoti. Hai fatto la fila per il pane? - No, ho comprato della farina e la sera il pane lo faccio io. 12

13 L indomani, Valbona non riusciva a concentrarsi in aula. Salì sulla bicicletta girando per le strade di Tirana senza una meta. Le auto private non erano permesse e andare in bicicletta tra i viali alberati regolando la velocità in funzione dei battiti del cuore le faceva vivere una dimensione tutta sua. Mentre attraversava il boulevard in direzione dell Accademia delle Belle Arti, a sinistra, la Piramide (così chiamavano il museo nuovo dedicato al capo dello stato Enver Hoxha, morto nel 1985) era quasi pronta all inaugurazione. - Sarà perfetto, - senti all orecchio la voce di Altin Bushati. - Hai abbandonato la lezione anche tu. - Gli oggetti che lui ha usato, gli indumenti, i manoscritti, una sua macchina degli anni trenta, le armi. Altin continuava il suo monologo sull importanza dei musei di questo genere, su quanto si vendono all asta gli abiti di una persona importante tanti anni dopo la sua morte, mentre vicino a loro passava Piro Kuqani. Teneva in mano l ultimo numero del giornale Drita. - Lo scrittore I. K., il nostro idolo, la nostra guida spirituale, è andato via, dicono che la sua vita era in pericolo. Leggete queste righe pubblicate su Drita. vi farò un segno e me ne andrò Valbona sentì lo sguardo di Piro toccarle il seno. Le righe di I. K., in presenza del medico, per qualche associazione incomprensibile si confondevano con alcune righe di un poeta rumeno scomparso giovane per via di qualche altrettanto incomprensibile malattia. quando vedo i miei seni densi un segno ti farò e me ne andrò perché mi vien voglia di baciarli io stessa -Mi hanno fatto entrare per un po dentro la Piramide, con l aiuto di mio nonno,- continuava entusiasta Altin,- mi sono sentito dentro la storia di 40 anni fa. Pensa alle generazioni future come ci saranno grate dei nostri sacrifici. Abbiamo sacrificato il nostro pane per costruire questo museo. -Ci andrò senz altro, - gli rispose Valbona saltando sulla bicicletta. Il primo pomeriggio a casa di Valbona scorse in un via-vai di persone e la nonna rimase quasi tutto il tempo con il pentolino del caffè in mano. Lei era abituata a vedere la casa piena di gente. I suoi genitori non erano originari di Tirana e avevano tanti parenti nelle altre città che 13

14 venivano ospiti in tutte le ore del giorno e della notte. La nonna era sempre pronta a cucinare il riso, le patate e le sue conserve di cavolo bianco, melanzane e peperoni erano sempre gradite. I materassi, le lenzuola, i cuscini e le coperte per gli ospiti occupavano un armadio a parte e spesso le capitava di alzarsi di notte per cedere il suo letto a qualche zio anziano. Questo pomeriggio però non si trattava di semplici ospiti che venivano a trovare la nonna. Vicini di casa, parenti, amici erano molto preoccupati. La radio si teneva sempre accesa alla ricerca di notizie da canali stranieri. - Pu, pu, pu, - esclamò Sose, la vicina del primo piano, entrando in casa accompagnata dall odore dei fagioli. Per ogni pu che diceva le sue guance si gonfiavano come due palloncini. Avete sentito? In Romania hanno ucciso la guida insieme alla moglie, li hanno fatti a pezzi tutti e due. Povera Sose, aveva un nome che significa più o meno basta. Era nata dopo otto fratelli e la madre la chiamò così sperando di non fare più figli, ma nonostante questo partorì altre tre volte. Nel soggiorno non c era più posto sui divani e Ermir, il fratello piccolo di Valbona, prese delle sedie dalla stanza degli ospiti e le ordinò di seguito al divano, vicino alla porta. - Stanno arrivando tempi scuri, - disse la nonna accarezzando i capelli ad Ermir, - ma la colpa è nostra. Abbiamo buttato giù chiese e moschee, abbiamo vestito le donne con i pantaloni per lavorare dovunque, abbiamo detto che quello non esiste, - e alzò tutte e due le braccia verso il cielo, poi puntando il dito in alto continuò, - ma quello c è, guarda dall alto, sente tutto e prima o poi arriva il prezzo da pagare. Questo è soltanto l inizio. A queste parole, la zia grande, unica cognata in vita della nonna, reagì con uno svenimento e cadde sulle spalle di Sose che sedeva accanto. Nessuno si preoccupò più di tanto perché tutti conoscevano la sua abitudine. Da quando si era sposata, sessanta anni fa, non sapendo reagire alle ire del marito, trovava come unica soluzione svenire per raccogliere un po di pietà. Con il passare degli anni lei diventava sempre più sensibile a tutte le discussioni e sveniva addirittura diverse volte durante la giornata. Ermir, ridendo, le versò in testa quasi una brocca d acqua e dopo qualche secondo la ragazza, come la chiamava la nonna a causa di dieci anni di differenza tra di loro, stava meglio di prima e seguiva con attenzione la riunione. A Valbona, tutto quello che sentiva in questi giorni le si trasformava in immagini che scorrevano velocemente davanti ai suoi occhi. Vide la capitale della Romania, pensò al nome Bukuresht che deriva dall albanese e significa è bello, alle chiese e moschee trasformate in cumuli di pietre e terra, al sangue di marito e moglie uccisi e buttati sulle pietre. Sentì un forte bisogno di dormire o meglio di svenire come la zia grande e senza salutare andò a coricarsi nella stanza degli ospiti. - Valbona, Valbona, - Altin Bushati la chiamava da sotto il palazzo con la speranza di vedere affacciata al balcone tra gerani, basilico e nipitella, una testa dai lunghi capelli neri. Ermir, che aveva riconosciuto la voce, gli fece segno di salire. - Stavo riposando, - gli disse Valbona mentre apriva la porta a vetri della stanza degli ospiti, - in questi giorni ho il cervello pieno di immagini che non riesco a cancellare, anche se chiudo gli occhi continuo a vedere. - Andiamo a vedere cosa succede alla Città degli studenti? - Hai sentito cos hanno fatto a Ceausescu e sua moglie? - Sì, - rispose Altin dall aria triste, - il nonno mi ha detto che la stessa cosa potrebbe succedere qua in questi giorni, potrebbe succedere anche a lui. - Prepariamo il caffè, - gli disse Valbona, - finalmente un po di silenzio in casa. Cosa ne dici se ci mettiamo a studiare? Uscire, non mi sembra una buona idea. - Va bene. 14

15 - Devi rientrare a casa prima che faccia buio. Dopo un paio d ore Valbona accompagnò Altin giù per le scale. Le chiacchiere più dolci sono sempre quelle prima di lasciarsi. Quando si ha la sensazione di possedere del tempo, si pensa che la possibilità di raccontarsi all altro è illimitata. Va a finire che i pensieri vengono rimandati in continuazione per essere maturati o rivalutati. Quando si pensa che si è pronti per aprirsi, ci si rende conto che il tempo ne ha modificato il valore. Mentre si stavano salutando, Valbona sentì un dolore allo stomaco, qualcosa di simile ad un pugno. Un altro argomento da consumare entro qualche minuto. Dov è che ti fa male? Hai preso troppo caffè? Non lo so, forse dovrò mangiare qualcosa. Mentre Altin e Valbona si salutavano per l ultima volta, Lindita veniva verso di loro. - Vengo per dormire a casa tua. - Stupendo! - Io devo andare, sta facendo buio. - Ciao, notte. - Notte. - Se non vi alzate adesso, farete tardi a lezione, - la nonna uscì velocemente dalla stanza dove dormivano le ragazze per togliere il latte dal fuoco e aggiungere altra legna alla stufa. Vi preparo le uova al burro. - Stiamo arrivando, - rispose Lindita e infilò il maglione di lana sopra il pigiama di flanella per andare in bagno. L acqua gelata che usciva dal rubinetto mischiandosi nelle sue mani con il sapone Venus color verde, prodotto dell azienda chimica della città, le ricordava che la giornata era cominciata. Valbona aveva sempre protestato sull orario dell inizio delle lezioni, le otto del mattino era troppo presto, dovevano spostarlo alle nove o ancora meglio alle dieci. - Venite a fare colazione, - si sentiva il tono minaccioso della nonna, - tra poco preparo il caffè. Valbona e Lindita continuavano la loro discussione a tavola mangiando l uovo all occhio di bue, pane abbrustolito e bevendo il latte caldo in tempo record. - Interrompo gli studi, - disse Lindita, guardando la nonna che metteva sulla cucina elettrica un pentolino di rame dal manico di legno con dell acqua. - Proprio adesso per il Primo Maggio? - le chiese Valbona, ma alla pronuncia delle ultime sillabe voleva cancellare la domanda. Quante volte ne avevano parlato? Era tutto così nebbioso e fisicamente si sentivano separate dal mondo. Se qualcuno poteva raccontar loro cosa stava succedendo negli altri paesi dell Europa, si sarebbero sentite meglio. La nonna aggiunse tre cucchiaini di zucchero al pentolino. Il caffè lo faceva sempre lei. Aveva tanta pazienza e l unico segreto per fare venire buono il caffè alla turca è la pazienza. Bisogna aspettare che l acqua con lo zucchero bolla, poi, togliere il pentolino dal fuoco e dopo qualche istante non misurabile aggiungere il caffè. Rimettere il pentolino di nuovo sul fuoco 15

16 bassissimo ed aspettare che quel liquido scuro cambi pian piano colore, consistenza e una schiuma densa tenti di uscire fuori. Bisogna versarlo sulla tazza con la schiuma compatta. - Sento la terra scivolare sotto i miei piedi e i miei pensieri in sincronia con quelli di tante altre persone, ma non riusciamo a parlarci. Vedo la paura presentarsi come tachicardia ed entrando in risonanza con lo stomaco, trasformarsi in quel vomito, - continuava Lindita mentre prendeva in mano la tazza di porcellana grossa incappucciata in un altra tazza di rame. - Quando finite il caffè, la dovete capovolgere con cura sul piattino, - si sentì la voce della nonna che aveva già preso il suo in un sorso come se avesse la bocca foderata. La gente leggeva sempre di più il fondo della tazza e chi lo sapeva fare meglio erano le vecchie. Chi non si trovava una nonna in casa, una di quelle che passano molto tempo davanti ai fornelli perché i cibi migliori vengono cucinati a fuoco lento e nella tasca del grembiule tengono sempre l uncinetto, era costretto a conservare la tazza capovolta dipinta all interno di bianco e nero dal semplice caso per portarla dalla vicina di casa o dalla nonna dell amica. Era così evidente una linea sottile, lunga e bianca che partiva dal fondo della tazza di Lindita e arrivava fino lì, dove lei aveva poggiato le labbra, che la nonna non poté che pronunciare, - farai un lungo viaggio. - Questo è un passaporto per andare all estero. - Non ne avevo mai visto uno così, io ho solo quello per l Albania. - Ma non basta avere il passaporto, l Ambasciata del paese straniero dove vuoi andare ti deve mettere un visto in una di queste pagine. - E grande. - Gli studenti dell ultimo anno sono preoccupati per i posti di lavoro. - Di norma ad agosto dovrebbero sapere dove cominciare a lavorare a settembre. - Gira voce che quest anno non ci saranno nomine. - Non è possibile, tutto è sempre stato programmato. - Guarda! - Cos è? - Un visto d ingresso per l Italia. Sono malata, ho problemi al cuore e andrò a curarmi. - E stato Piro a trovartelo? - Ehe. 16

17 - Ho il biglietto dell aereo. - Significa che non ci vedremo mai più. - Il visto è valido per un mese. - Lo sai come sono fatta, voglio finire gli studi, cominciare subito a lavorare, i miei stanno mettendo dei soldi da parte per me, ogni mese tolgono qualcosa dallo stipendio. - Ti voglio bene. - Lui è Piro Kuqani, lei Valbona Guralumi. - Presto, l autobus per l aeroporto di Rinas sta partendo. - Non vedo l ora di uscire dalla città, la campagna è bellissima ad aprile. - Fai attenzione! La prima settimana senza Lindita per Valbona si trasformò in una settimana di dormiveglia in cui i momenti del sonno erano carichi di sogni e quelli da sveglia carichi di tentativi per interpretare i sogni. C erano sempre lei, Lindita che a volte le si avvicinava abbracciandola, a volte si allontanava e diventava piccola piccola, Piro che le guardava tutte e due a volte nude, a volte coperte di veli trasparenti. Quando si svegliava nuda, si sentiva un pezzo di ghiaccio, quando era coperta di veli, si sentiva come dentro i vapori che emana una pentola gigante messa sul fuoco con del fluido bollente come il bitume; forse il fluido era dentro di lei e se ne accorgeva solo quando le fuoriusciva svegliandola. Piro sa tante cose, più di tutti i miei compagni messi insieme, più dei miei genitori, più di Altin, ha avuto il privilegio di laurearsi all estero. Devo trovare il modo per andare da lui, disse a sé stessa. Mentre rientrava a casa tornando dall Università, salendo le scale del palazzo, gli occhi si fermarono sulla porta del vicino del piano di sotto, nella targhetta con la scritta famiglia Bakllavaja. Aveva sempre voluto mangiarla quell etichetta a forma e colore di cioccolato con il nome di un dolce tipico sopra. Non aveva fatto una cosa simile anche una sua antenata quando era giovane? Si chiamava Cipressa e per lei soltanto una persona aveva la capacità di entusiasmarle la vita o darle delle risposte. Si trattava di uno dei Dervish della zona. Lei si ammalava di continuo per potere 17

18 ricevere le sue cure. Ogni volta lui le dava il suo rosario da mettere in un infuso da bere. Un giorno, stanca di ripetere il rito, Cipressa bevè l infuso insieme al rosario. Scese le scale di corsa senza entrare in casa pensando di passare dal Bar dove l aveva visto la prima volta, nella piazza dell Università Centrale, accanto all Istituto di Architettura. All improvviso a Tirana, tutto sembrava ridursi di dimensioni. Gli edifici che prima toccavano il cielo, come la sede del Comitato Centrale del Partito del Lavoro, la sede del Consiglio dei Ministri, il residence dei membri del Burò Politico detto il blocco, sempre circondati da una lunga fila di soldati armati, erano diventati modelli in miniatura che la gente poteva muovere con un dito. Le strade, le piazze diventavano sempre più strette e soffocanti. - Finalmente ti ho trovato,- pronunciò Valbona sedendosi accanto a lui su una panchina davanti alla Galleria d Arte Moderna, accanto alla statua di Stalin. Ho fatto una corsa lungo il boulevard. - C è una tradizione in questo luogo, - disse lui stringendole la mano. Le statue devono essere sempre due, una di fronte all altra ai lati della strada. Adesso di fronte c è Lenin. Tu eri piccola e non ti ricordi quando eravamo in buoni rapporti con la Cina. Mao Tze Tung si era messo in evidenza come combattente deciso della purezza del marxismoleninismo. - Ero piccola, ma ricordo che dei cinesi abitavano nel palazzo accanto al mio, vestivano uguali uomini e donne, mi facevano le carezze. La sera, quando con i miei tornavamo a casa dopo la cena da amici o parenti, passavamo dalla mensa dei cinesi. Più che una mensa, era una grandissima sala da ping-pong. Io e mio fratello raccoglievamo le palle schiacciate. Avevamo scoperto che mettendole in acqua calda tornavano come prima. - A quei tempi, di fronte, dove adesso c è la statua di Lenin, c era la statua di Mao. C è stata una grande polemica su quale statua si doveva mettere qua, - continuò Piro toccando con la mano il cappotto di Stalin. La collaborazione tra il nostro paese e la Cina risentì della crisi tra i partiti e l avvicinamento della Cina con gli USA fu visto come non coerente con i principi m-l. L allontanamento da Pechino negli anni '70 ebbe serie conseguenze sull economia del paese. - Ricordo quando all improvviso il palazzo accanto al mio si svuotò e nelle strade non si vedeva più nessun cinese. Sentivo freddo, lo stesso che sento dentro di me da qualche tempo. Lindita è andata via, ma non si sa più niente di lei. Avere un visto da un ambasciata straniera è quasi impossibile, le leggi non lo permettono, alla linea di confine sparano, - Valbona abbassò la voce notando i passanti incuriositi mentre voleva solo urlare. - Fino a qualche tempo fa le capacità comunicative che avevamo sviluppato funzionavano, adesso non più. Piro le accarezzò teneramente il viso, - in altri paesi le statue le stanno legando con delle corde per buttarle giù e presto le compagnie telefoniche faranno fortuna nel nostro paese. - Io non ti capisco. - Mi è arrivata una breve lettera da Lindita, sta bene. - Mamma, nel bigliettino hai scritto che oggi tocca a me fare la fila per il cherosene? - Sì. - Io l ho fatta l ultima volta, ho comprato cinque litri, oggi tocca a mio fratello. - Io non posso, ho la lezione di pianoforte al Palazzo dei Pionieri. 18

19 - Vai prima a comprare il cherosene, poi a lezione. - Va bene. - Ho prenotato una telefonata con la zia, domani alle 19 all ufficio delle notizie-chiamate. - Voglio venire anch io. - Anch io voglio parlare con la zia. - Va bene. - Raaaaiiiiiissssaaaaaa, Raaaaiiiiiissssaaaaaa Gorbaciov, - si sentì il solito urlo. - Di nuovo Deti, - quasi urlò anche Valbona. Sono le cinque del mattino e per l ennesima volta lui è puntuale nello svegliare i quartieri centrali della città con il suo urlo. Lo sguardo della mamma, sveglia anche lei, la fece vergognare per avere alzato la voce. Deti, prima era un bravo ragazzo. Poi, non si sa con precisione quando e perché, cominciò ad arrabbiarsi con le donne e per ogni problema, suo o altrui, dava la colpa alla mamma o alla sorella. Questa volta si era arrabbiato davvero tanto, niente di meno che con Raissa Gorbaciov. E convinto che lei potrebbe fare qualcosa per lui, ma non vuole farlo. Forse vuole un paio di jeans, un lettore CD, non fare la fila per il pane o la possibilità di fare un biglietto di andata e ritorno per Parigi. - Raaaaiiiiiissss - Si sta allontanando, - pronunciò Valbona girandosi nel letto sperando che il sogno che Deti le aveva interrotto potesse ricominciare proprio nel punto dove Piro Kuqani le sussurrava qualcosa nell orecchio gocce di lacrime mi vien voglia di baciarli io stessa Valbona, Reisa, Lindita, Valbona - Valbona, Valbona, - era la nonna che la svegliava. - Dal modo in cui viene svegliata una persona la mattina, dipende l andamento della sua giornata, - tentava di intenerirla Valbona, - il suo umore, i successi, i fallimenti. - Chi ha detto questo sicuramente non doveva essere a lezione alle otto. - Raaaaiiiiiissssaaaaaa, - urlò Valbona alla nonna. - Pace, ti voglio bene. - Non sono più una bambina. Le lezioni continuavano regolarmente, anche i laboratori pomeridiani, le date degli esami appese alla bacheca trasmettevano terrore, non c erano notizie invece su quando sarebbe cominciata la preparazione militare. - L ultima volta ci siamo divertiti, - disse Valbona ad Altin che come al solito si era seduto accanto a lei per seguire la lezione. Un mese intero in mezzo alle montagne, tutta la facoltà insieme. Ho preso più di te in tiro a segno con il fucile, - continuò lei maliziosa. Però sei stata l unica a non attraversare il ponte di corda sul fiume, attaccando i piedi a terra e piangendo in silenzio. - aggiunse Altin, anche lui malizioso. 19

20 - Non sono l unica a non sopportare l altezza, sembra che esista una sindrome della quale soffrono molte persone, ma qua non se ne parla, proprio come quando non si racconta ai piccoli da dove nascono i bambini. - A me la nonna ha detto che nascono dalla fica. - Sssssshhhhhh, silenzio. - Comunque, non ti ammetteranno all esame per diventare un ufficiale. - Ti ho detto che non sopporto l altezza. - Sssssshhhhhh, silenzio. Il caldo bruciante doveva corrispondere alla fine della sessione estiva degli esami, ma il rettorato aveva deciso che si doveva recuperare una parte del tempo speso nelle prove per la parata, quindi tutto slittava di due settimane. - Hai notato quanta gente muscolosa c è in giro?- bisbigliò Altin a Valbona sedendosi accanto. - Parli dei soldati in borghese? - Sì. - L ho notato e mi stupisco del fatto che hanno un aspetto così estraneo a noi, non trovo niente di familiare in loro, come se non fossero albanesi. Ma dove stavano fino ad ora? Mi mettono una paura. - Un mio amico l hanno tenuto in cella per tre giorni malmenandolo senza motivo. - Anche mio cugino, - aggiunse un compagno seduto dietro che era più interessato alla discussione tra Valbona e Altin che alla lezione. Poi l hanno abbandonato per strada vicino l ospedale. - Prima di venire qua, sono passato dall ufficio delle chiamate notizie, chiedendo se avevano aggiustato la linea con Korça, ma il centralino è guasto e nessuna delle linee funziona. Non parlo con i miei da due settimane. - Io vorrei andare via da questo paese. - Anch'io, prima possibile. - Non sappiamo se alla linea di confine sparano ancora. - Una ragazza del mio corso ha conosciuto un inglese. - Dove? - All Hotel Dajti. Si sono incontrati per caso sotto gli alberi di pino, lui chiedeva un informazione, lei gli ha risposto con un inglese così perfetto che lui non poteva fare altro che innamorarsi. - Sarà un giornalista. - Sì, è un giornalista, sta facendo di tutto per farle avere un visto per l Inghilterra, ma si è già scontrato con tante difficoltà. - Hanno malmenato il figlio di Sose, ha la testa fasciata e non esce di casa. 20

21 - Sembra che il mondo non resti indifferente. Gira voce che le ambasciate dei paesi dell Europa Occidentale apriranno le porte per accogliere la gente e portarli nei loro paesi. - Non lo so. - A quanto pare, la stessa cosa è successa nel caso degli cittadini della Germania dell Est che sono entrati nelle Ambasciate della Germania dell Ovest a Varsavia, Vienna e Budapest. - Speriamo. - Ti va di fare un giro più lungo per tornare a casa? - Sì. - Passiamo dalla strada delle ambasciate, vediamo cosa succede. - Va bene. - I muri sono alti, non è facile saltare dentro. - Fuori ci sono i poliziotti. L indomani, Sose non la smetteva di piangere. Aveva preso tre tazze di caffè per leggere più possibile sul destino di suo figlio che era entrato nell Ambasciata della Germania. Durante la notte, migliaia di persone arrivate a Tirana da tutta l Albania avevano occupato la strada delle Ambasciate e avevano cominciato a entrare nelle Ambasciate di Italia, Francia, Germania e altri paesi. Valbona non trovava il tempo per sedersi e ascoltare la discussione, perché il campanello suonava in continuazione e lei doveva aprire la porta di casa. Entrarono il professore con sua moglie, la figlia sposata di Sose con il marito, la vedova del commercialista con sua figlia. Sose temeva che la polizia facesse pressione sul corpo diplomatico per buttare fuori la gente. Se succedeva questo, suo figlio e migliaia di persone rischiavano la vita. Da diversi mesi, a casa di Valbona, al quinto piano, l acqua arrivava soltanto nelle prime ore del mattino. Lei prese un bidone di plastica e scese le scale per andare a riempirlo a casa di Sose al primo piano. Mentre saliva con il bidone pieno incontrò il vicino del secondo piano, l ingegnere. Lui le raccontò che due persone avevano tentato di chiedere asilo politico all Ambasciata di Cuba, ma li avevano buttati fuori con calci nel sedere. - Sono entrate le prime persone all Ambasciata Italiana. Hanno chiesto asilo politico e sono stati accolti. - Questo significa che il mondo non ci ha abbandonati. 21

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