Non mi importa di morire se tu vivi, non mi importa di vivere se tu muori!

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1 RACCONTI ORIGINALI NON MI IMPORTA DI MORIRE SE TU VIVI, NON MI IMPORTA DI VIVERE SE TU MUORI! Capitolo unico (concluso) Note: R Autrice: Yui Himawari ATTENZIONE: questo racconto tratta argomenti riservati ad un pubblico maturo. Se continui a leggere, ti prendi la responsabilità di dichiararti con più di 14 anni. - I personaggi di questo racconto sono tutti maggiorenni, e in ogni modo si tratta di un opera di finzione che non trova alcun riscontro nella realtà. - Non mi importa di morire se tu vivi, non mi importa di vivere se tu muori! Lo riconobbe senza averlo mai visto prima. In mezzo agli altri spiccava senza essere appariscente; come un fiore di serra in mezzo alle pratoline. Tutto in lui denotava nobiltà di natali: l eleganza delle sue movenze, l'attenta calma con cui si guardava attorno, la sua espressione. Fu così che i loro occhi s'incontrarono. Il principe incrociò quegli occhi così simili ai suoi, quel volto tanto famigliare, e seppe di essere stato soppiantato da molto tempo. Pur aspettandoselo la cosa gli fece male, male al cuore. Il giovane non aveva distolto lo sguardo; con la testa alta si lasciava guardare aspettando. Non sembrava tronfio o arrogante; solo consapevole. Già, lui sapeva di essere l'erede al trono, l'eventuale erede al trono, il probabile erede al trono. Quel giovane dalle belle sembianze sapeva di essere il figlio naturale del re, il fratellastro dell'attuale principe. Sapeva. Mattia tacque guardandolo attentamente, dall'alto del suo rifugio nel vasto davanzale di una finestra. Da lì osservava senza essere osservato, partecipava senza poter partecipare alle esercitazioni, ai duelli, alle gare di lotta....mio fratello, quella è la persona che prenderà il mio posto...- sussurrò scrutando il volto dell'altro in cerca di somiglianze e differenze. Improvvisamente, senza averlo pensato, gli tese la mano, la allungò verso di lui. Era impossibile che potesse prenderla, ma la tese lo stesso. Il giovane rimase un attimo interdetto, poi tese la mano verso di lui. 1

2 Il volto del principe si distese. Si mise in piedi sul davanzale della finestra e calandosi con agilità lungo gli appigli delle mura scese in cortile. Nessuno fece caso a lui; c'era un gran movimento di carri e cavalli, di ragazzi e manovali. Era sempre così all'inizio della primavera quando c'erano le assunzioni del personale e il vettovagliamento. I due fratelli si trovarono uno di fronte all'altro nel bel mezzo della polvere e del rumore; avevano quasi la stessa altezza e corporatura, visti uno vicino all'altro le somiglianze si accentuavano, entrambi avevano capelli castani ricci, pelle chiara e viso appena spruzzato da efelidi. Mattia aveva occhi castano verdi, Marcello scuri come la notte. Ma a ben guardarlo il principe aveva un'aria stanca, affannata, come se fosse consumato da qualcosa. Sono il figlio del re e tu devi essere mio fratello! - Gli sussurrò stando ben attento a chi aveva attorno; non era il caso di sbandierare certe questioni in giro. Mi chiamo Marcello! - Il giovane stava per inchinarsi ma l'altro lo fermò; presolo per mano lo trascinò lontano dal caos. Il principe si mosse con calma, si destreggiava abilmente evitando le persone, camminando vicino ai muri, infilandosi per porte e corridoi, per lunghi camminamenti, scivolando dietro arazzi e passando per strette porte, passaggi, scale, finchè non sbucarono in un piccolo giardino dall'aria selvatica. Marcello si guardò attorno stupito dall'intrico di vegetali punteggiato da milioni di macchie di colore: fiori di ogni tipo spuntavano ovunque; le piante sembravano avere preso il sopravvento sulla costruzione....è il mio giardino...- il principe si sedette su un'altalena mimetizzata nel mezzo della vegetazione. - Non posso certo dire che sia molto elegante...- sorrise guardandosi attorno soddisfatto. Sembrava stanco, respirava a fatica...voi, siete sempre così oppure questa è una tattica per mettermi alla prova?- Esordì il giovane guardandosi attorno sconcertato....alla prova..? Siete mio fratello, cosa mi dovete provare?- Il volto del principe s'incupì; un velo gli offuscò gli occhi - volevo solo parlare con voi lontano da occhi e orecchie indiscrete. Credo che nostro padre non ci tenga a far sapere in giro della vostra esistenza, per ora.- Poggiò la testa contro la corda; chiuse gli occhi come se stesse riflettendo. - Vi porto da lui, sicuramente vi starà aspettando!- Lentamente si alzò in piedi e trovato un sentiero fra la vegetazione aprì una porticina mimetizzata da un rampicante. Il suo fratellastro lo seguiva a capo chino : era teso. Non era mai stato al castello e temeva di fare brutte figure, d'indispettire suo padre e il principe, per non parlare della regina. Sua madre e suo nonno gli avevano spiegato tutto per bene, si erano affannati tanto per nulla. A quanto pare aveva già fatto infuriare il principe; era una dannata testa calda! Teneva gli occhi sulle spalle larghe del fratello; aveva paura di perdersi in quei corridoi stretti e umidi, bui. Il principe, invece, sembrava abituato; si muoveva con disinvoltura, senza altra luce 2

3 che quella di una candela: pareva vederci al buio come i gatti. Gli avevano che era di salute malferma e pensava di trovarlo al letto oppure seduto con una coperta sulle ginocchia. Ma quel ragazzo snello e pallido si muoveva con vivacità nervosa e gli occhi attenti ad ogni cosa. Era diverso, totalmente diverso, da come se l era aspettato. Improvvisamente Marcello si ritrovò a sbattere le palpebre accecato; sentì la mano del principe guidarlo fermamente finchè non riacquistò la vista. Si ritrovò in uno studio illuminato a giorno in cui il re suo padre stava leggendo e correggendo delle carte. Un gran camino riscaldava la stanza dalle pareti ricoperte di libri...padre...possiamo disturbarvi?- Esordì il principe con la massima tranquillità. Il re sobbalzò; non si era accorto della loro presenza -...Mattia...- stava per rimproverare il figlio quando si accorse che teneva per mano il fratellastro. Si erano dunque già conosciuti. Sospirò un po' sollevato; non sapeva come dire a suo figlio che lo aveva tradito, che gli aveva mentito.-...vi ho condotto mio fratello; l'ho portato via dalla corte esterna e forse lo stanno cercando. - S'inchinò al padre e lasciata la mano del ragazzo si voltò per andarsene....aspetta figlio mio...io volevo parlarti di Marcello, tuo fratello...il tuo fratellastro...- il sovrano cercava le parole adatte per dire a suo figlio quanto la presenza di un altro erede al trono lo facesse sentire sollevato. Quanto la madre di Marcello lo facesse star bene, quanto la presenza di quel suo bel figlio sano e vigoroso lo facesse sentire forte, virile. - Non devi pensare che lui sia il tuo rimpiazzo, io semplicemente amo sua madre e... Il volto del principe si fece, se possibile, più pallido. Suo padre se ne accorse subito: ormai sapeva riconoscere i primi sintomi di un attacco d'asma di suo figlio. -...Mattia, non è che lei sia più importante di tua madre...noi ci conoscevamo da molto tempo, eravamo innamorati, ma purtroppo la ragion di stato mi ha imposto di lasciarla. Io non lo sapevo, nessuno sapeva che Marcello era già stato concepito altrimenti - Padre, a che mi servono tutte queste spiegazioni? Il principe guardò suo padre senza collera, senza astio, mentre occhiaie scure accentuavano il suo pallore, la sua stanchezza..scusami, non volevo ferirti...ho tentato di dirtelo molte volte, ma tu eri malato, avevi bisogno di sentirti sicuro e amato...- il sovrano si avvicinò prendendo una mano delicata fra le sue : il contrasto era evidente, quasi sconcertante. Maestà, ditemi cosa volete da me!- Tagliò corto il principe mentre il volto gli s induriva....io...quello che vorrei vorrei che tu non odiassi tuo fratello...non ne ha colpa!- Il giovane si sottrasse alla stretta con un gesto rabbioso -...vedo che avete di me una ben misera opinione...- guardò Marcello e che l'avete trasmessa anche al vostro figlio maggiore!- Rapido si diresse verso la porticina, nascosta dietro un arazzo, uscendo dalla stanza. Il re si accasciò sulla poltrona imbottita dietro la scrivania -...finisco sempre per ferirlo...- 3

4 Anche io, l'ho fatto anche io padre.- Marcello si avvicinò al padre cercando di confortarlo. - Credo che nessuno di noi lo capisca, capisca la sua gentilezza. Nella corte esterna quando mi ha visto mi ha sorriso, mi ha teso la mano, mi ha riconosciuto subito...- Davvero...?- Sì, ma io sono stato brusco, temevo che volesse dirmi chissà cosa. Sono così abituato ai modi subdoli dei nobili che non ho capito nulla di lui.- Mattia è sempre sincero, e gentile, ma soprattutto è forte, coraggioso: per quanto soffra o stia male non lo sentirai mai lamentarsi o compiangersi...- il sovrano s'intristì -...vorrei che stesse sempre bene!- E' la prima volta che mi parlate così di mio fratello, pensavo di trovare un moribondo allettato e lagnoso, delicato...- Scusami figlio mio: volevo che lo conoscessi di persona, che non pensassi che amo lui più di te.- Il sovrano carezzò con affetto quel volto così simile a lui e alla donna che amava. Voleva bene a Mattia, ma amava Marcello con tutto il suo cuore. Avrebbe voluto vederlo regnare al suo posto, ma non voleva la morte di Mattia. Sospirò. - Ma ora basta, vai a riposarti. Ricordati di non farti mai vedere accanto a tuo fratello e per il resto segui le istruzioni del tuo precettore Sansovino.- Abbracciato un ultima volta, il figlio chiamò un servitore affinchè lo accompagnasse nelle sue stanze. Chissà se aveva fatto bene a far venire Marcello al castello; sua moglie non ne sarebbe stata entusiasta, anzi.. Marcello si ambientò subito al castello, seguiva le lezioni del suo maestro e si esercitava nell'uso delle armi insieme ai suoi compagni. Aveva fatto subito amicizia con gli altri e gli piaceva la vita che conduceva. Dormiva in una camerata con altri dieci ragazzi, ma avevano buoni letti e divisori che consentivano di avere un po d intimità. Si alzavano all alba e dopo aver corso per una mezz ora facevano una ricca colazione, esercizi di riscaldamento, uso delle armi, pranzo, riposo, ancora esercizi ma di equitazione, un bagno e riposo fino all ora di cena. Così trascorse una settimana senza che riuscisse a rivedere Mattia. Lo cercò ovunque, sforzandosi di ricordare i passaggi per arrivare al giardino, ma parevano introvabili; era come se il principe si fosse volatilizzato. Lo cercò in giro, chiedendo informazioni senza ottenere nulla. Pareva che nessuno sapesse nulla del principe; tutti lo avevano visto di sfuggita, ma nessuno sapeva dove trovarlo, quali fossero le sue stanze. Pareva di inseguire un principe fantasma; probabilmente era nel suo giardino segreto impossibile da raggiungere senza conoscere la strada, ma forse era malato. Dopotutto l ultima volta che l aveva visto sembrava molto stanco, sofferente, ferito nell animo. Era stato crudele. Mattia gli aveva teso la mano e lui ci aveva sputato sopra. In fondo lui non era che un figlio illegittimo, un bastardo usurpatore. Ma Mattia gli dava del voi e lo chiama fratello, gli sorrideva. Doveva scusarsi con lui, doveva parlargli. 4

5 Se stava male doveva aiutarlo. Doveva trovarlo. Passò tutto il tempo libero a cercarlo, a domandare di lui. Doveva sapere; assolutamente Giorno e notte non faceva che pensare a lui, a suo fratello. Non sapeva il perché non ne conosceva il motivo, ma voleva rivederlo. Trascorsero così un paio di mesi e la routine quotidiana lo aveva irrobustito; si trovava bene al castello, ma desiderava vederlo, vedere suo fratello. Era l'alba di un altro giorno simile agli altri; si alzò, fece gli esercizi di riscaldamento svogliatamente, mangiò poco e stava ancora pensando a Mattia, quando lo vide appoggiato al corrimano del ballatoio sopra la sala d'armi. Sembrava star bene, almeno per quel riusciva a vedere Marcello. Sospirò sollevato, sentendosi improvvisamente felice. Alzò la testa cercando il suo sguardo. -..è il principe Mattia - gli sussurrò il suo compagno di allenamenti notando il suo interesse - è molto malato, ma viene sempre a guardarci e ci incoraggia. Ai più bravi regala buone spade e anche l equipaggiamento. Se vuoi ti insegna anche a leggere e scrivere!- Sospirò - spero diventi il nostro re..!- Marcello cercò il volto del fratello, un suo cenno. Lavorò dando il meglio di se stesso, cercando ogni volta quello sguardo che finalmente arrivò, spronandolo a impegnarsi senza riserve. Non sapeva perché, ma voleva che fosse orgoglioso di lui, dei suoi successi. Sorrise affrontando l avversario; da giorni non si sentiva così bene! I giovani si esercitarono di buona lena e poi cominciarono a duellare seguiti dal maestro. Il principe non si mosse dal suo posto d osservazione finchè la campana del pranzo non indusse l istruttore a por termine alle lezioni. Stanchi e sudati gli allievi si diressero chiacchierando verso il refettorio comune. Marcello rimase per ultimo, lo sguardo fisso al ballatoio; ma il principe era già andato via. Mentre rimuginava sul sistema per ritrovarlo, lo vide seduto alla tavola centrale accanto alla famiglia reale. Indossava abiti semplici, e pratici senza fronzoli o dorature, come se fosse pronto per andare a caccia o esercitarsi in combattimento: sembrava molto a suo agio in mezzo alla gente. Marcello riuscì ad accaparrarsi un buon posto in modo da poterlo osservare con comodo; non aveva intenzione di perderlo di vista. Voleva assolutamente parlargli; scusarsi. Il principe chiacchierava e rideva con tutti senza distinzioni mangiando con appetito; discuteva con loro, ascoltava e commentava le opinioni di tutti. Rispetto all ultima volta che lo aveva visto sembrava essere più in salute; il volto acceso e gli occhi luminosi, attirava le simpatie delle persone con la sua spontaneità. Al contrario i suoi genitori si sforzavano di dare una piacevole impressione di condivisone senza riuscirci: il sovrano si destreggiava con una certa abilità, ma sembrava teso e spesso guardava la moglie che se ne stava rigida e pallida assaggiando appena il cibo che le veniva posto davanti. 5

6 Mattia cercava di coinvolgerli senza apprezzabili risultati. Marcello faticò a mangiare; era nervoso. Mattia era un principe perfetto, era amato da tutti. Allora perché lui era stato chiamato al castello? In fondo suo fratello non sembrava tanto malato. Cosa passava per la testa di suo padre; a cosa mirava il re? Non ci capiva niente. Non capiva cosa stesse succedendo; non comprendeva suo padre, suo fratello. Temeva la regina, quella bellissima donna che lo guardava con malcelato disprezzo. Si sentiva in balia degli altri, in balia di quella strana famiglia che governava il castello, il reame. Si sentiva in balia di questo re così diverso dal padre che era abituato ad amare. Questa storia di essere il figlio segreto del re era snervante. Finalmente, terminato il pasto, la compagnia si divise per il riposo pomeridiano. Marcello cercò di defilarsi, senza insospettire i compagni; ma bastò un attimo di distrazione per perdere di vista Mattia. Lo cercò in giro finchè non lo vide imboccare un corridoio; si affrettò a seguirlo Fino ad una rampa di scale, poi lo perse. Ricordandosi della sua passione per cunicoli e passaggi segreti, tastò le pareti del ballatoio finche non trovò una porta nascosta dietro un finto pilastro decorato. S infilò nel cunicolo buio camminando alla cieca per un tempo infinito, sino a che il debole lucore di una torcia non lo guidò verso una stretta scala, intagliata nella roccia, che s inerpicava in alto. Salì le scale col cuore in gola, mentre il buio si rischiarava lentamente fino a trasformarsi nella luce del meriggio che lo accecò; chiuse gli occhi confuso, e una mano fresca prese la sua. - Mattia!- Esclamò aprendo gli occhi: suo fratello lo guardava con aria strana, quasi concentrata. Le labbra sottili socchiuse, quasi stesse sussurrando qualcosa.-.dov eri finito? Ti ho cercato ovunque!- - Sei bravo con la spada, però devi migliorare in attacco - gli rispose lasciandolo andare. Marcello gli riprese la mano - dov eri? Non ho il diritto di saperlo? Suo fratello lo fissò attentamente, come se dovesse pensare la risposta giusta. - Volevo vederti, volevo parlarti, chiederti scusa - insistette il giovane. - combatti con me!- Approfittando di una sua distrazione Mattia si liberò dalla presa allontanandosi. -..combattere?- Marcello lo guardò confuso. - Un duello, te l ho detto che sei bravo no?- Gli sorrise, un sorriso dolce eppure ironico. - Ma mi hanno detto che sei malato - non aveva finito di parlare che l altro, estratta la spada gli era addosso. Con una specie di calma furia, lo incalzava inesorabilmente costringendolo a parare numerosi attacchi; si muoveva con scioltezza, il viso teso e concentrato. Pareva un altra persona. Dov era il principe gentile che fino a pochi minuti prima conversava amabilmente con gli avventori? 6

7 Stupito, confuso, Marcello estrasse la sua spada, parando rapidamente i colpi; gli attacchi erano potenti e così concentrati che ben presto si ritrovò con le spalle al muro senza aver potuto far altro che indietreggiare. Era talmente smarrito, impreparato, da non vedere arrivare l ultimo attacco che gli fece volare la spada dalle mani. Suo fratello lo guardò con aria soddisfatta: ansimava ed era zuppo di sudore. Voltatosi rinfoderò la spada e si lasciò cadere a terra in mezzo all erba alta, ai fiori colorati. Marcello guardò la sua spada infilzata nel terreno che dondolava beffardamente. Cos era successo? Non riusciva a capacitarsi di essere stato battuto così facilmente; non era stato lodato proprio ieri dal maestro come il migliore fra i suoi compagni? Se lui era il migliore allora perché Mattia l aveva battuto con tanta facilità? Era stato battuto da suo fratello minore malato? Si avvicinò a lui; aveva spalancato le braccia e fissava il cielo. Sembrava rilassato, ma guardandolo bene si poteva vedere il ritmo accelerato del suo respiro: stava riprendendo fiato dopo un combattimento così breve? - Ma tu, chi cavolo sei?- Lo guardò dall alto, il volto rivolto verso Mattia. Lui sorrise; il volto arrossato per la fatica, gli tese la mano. - Ti decidi a rispondermi una buona volta?- Con un gesto di stizza respinse la mano. -..tuo fratello - gli rispose a fatica, ansimava ma il viso gli rideva. Marcello lo guardò vedendolo per la prima volta; era bellissimo, delicato, eppure forte e intelligente, gentile: era suo fratello! Stranamente si sentì felice; si sdraiò accanto a lui. Mattia lo guardò e il suo volto sembrò riempirsi di gioia. - Sei mio fratello, quindi non sparire mai più senza dirmi nulla; va bene? Gli tirò scherzosamente un ricciolo castano. Lui annuì allungando la mano; Marcello la prese sentendosi improvvisamente in pace. Nei giorni che seguirono i due giovani s incontrarono ogni pomeriggio nelle ore dedicate al riposo. Su richiesta di Marcello, Mattia gli mostrò la strada per arrivare al giardino in modo da potersi incontrare anche con breve preavviso. Quel luogo infatti godeva di una sicurezza adeguata per poter parlare in tutta libertà. Marcello raccontò della sua vita, nella villa avita, insieme alla madre e al padre che spesso veniva a trovarli. Avrebbe voluto evitare di menzionare il re, ma gli venne spontaneo farlo e seppure la cosa ebbe effetto su Mattia, suo fratello non riuscì a capirlo. Mattia era un mistero; era sempre gentile e disponibile, sempre in movimento, curioso e agile come un gatto, sia arrampicava sugli alberi e scalava i muri con disinvoltura. Di sé non parlava mai, dei suoi sentimenti, della sua malattia. Spesso gli capitava di rimanere senza fiato, allora semplicemente si sedeva da qualche parte e chiusi gli occhi cercava di controllare il respiro. In quei momenti il viso gli diventava color cenere e occhiaie nere comparivano sotto gli occhi. 7

8 Marcello gli sedeva accanto impotente; era spaventato e l unica cosa che poteva fare era stringere la mano di suo fratello e vederlo soffrire. Quando lo faceva, quando stringeva fra le sue, la sottili, forti mani di Mattia, lui apriva per un istante gli occhi e sorrideva in un muto ringraziamento. Quegli occhi, erano occhi pieni di terrore, di angoscia. Le crisi non avevano tempi stabiliti, potevano durare dai cinque ai dieci minuti o più, ma quando Mattia sembrava ormai al limite delle forze, lentamente e con gran fatica il respiro si normalizzava. Sul volto del giovane, devastato dalla sofferenza, scendeva allora la pace mentre lentamente il colore ritornava sulle guance. Marcello poteva sentire il tremore delle mani del fratello tra le sue, mentre la terribile tensione, la paura abbandonavano il suo corpo. Avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo a sé e consolarlo come si fa coi bambini piccoli, ma temeva la sua reazione. Probabilmente Mattia non voleva essere compatito, e già farsi prendere per mano doveva umiliarlo. La prima volta che l aveva fatto, l altro si era divincolato nonostante la sofferenza. Ma lui non aveva ceduto, gli aveva preso le mani e le aveva strette fra le sue come a trasmettergli forza. Era una stretta tra guerrieri, non un compatirsi. Ansimando, col viso stravolto dalla paura, Mattia l aveva guardato, aveva guardato le mani abbronzate di Marcello strette alle sue, madide di sudore, e aveva abbozzato una specie di sorriso. Una volta passata la crisi Mattia si stendeva per terra, ovunque fosse, e si riposava per qualche minuto respirando a fondo. Il suo corpo era scosso da un tremito impercettibile ; era paura, era la tensione? Marcello non lo sapeva, e sapeva di non poterlo chiedere. Si sdraiava accanto al fratello aspettando in silenzio che l altro trovasse la forza per rimettersi in piedi. Dopo circa venti minuti, Mattia si rialzava, come se niente fosse accaduto e proponeva cavalcate, arrampicate, esplorazioni del castello o dei dintorni. Sembrava conoscere ogni luogo attorno al castello; si muoveva per i boschi con la sicumera degna di un cacciatore. Gli aveva mostrato meravigliose caverne piene di stalattiti e stalagmiti, di pozze sotterranee in cui l acqua era gelata. Avevano scalato insieme le montagne, e visto cervi, camosci, stambecchi: il sole colorare le vette. Avevano camminato fra le nuvole respirando aria fredda e rarefatta, ammirando il luccicare del ghiacciaio. Erano sempre insieme; ogni attimo libero Marcello lo passava con Mattia, eppure di lui non sapeva nulla. Quando erano soli, suo fratello non parlava se non lo stretto necessario. Dava spiegazioni brevi e coincise su luoghi, piante, animali, ma niente di più. Paradossalmente sentiva di più la su voce ai pasti comuni che non quando erano soli. - tu mi odi, mi disprezzi?- Stavano esplorando al lume di due torce una grotta magnifica che risplendeva di rocce bianco latte quando Marcello interruppe il 8

9 silenzio umido. Il fratello si voltò a guardarlo stupito. Il gocciolio dell acqua riempì il silenzio. - Stiamo sempre insieme eppure non so nulla di te; perché non mi parli? Non mi racconti nulla, non so nemmeno dove dormi, cosa ti piace mangiare, non so neanche quando sei nato. Da quando ci conosciamo, ti sei impegnato in questa specie di giro turistico dei dintorni; ci arrampichiamo ovunque, strisciamo per cunicoli, camminiamo fino allo sfinimento in assoluto silenzio. Cos è mi vuoi dimostrare che sei forte, che non sei malato? Che sei migliore di me nonostante la malattia?- Marcello puntò la torcia verso il fratello: desiderava guardarlo in faccia, coglierne le reazioni. Era stufo di quei suo modi impenetrabili, di quei suoi silenzi. - Questo è quello che pensi di me?- Mattia gettò in acqua la sua torcia e il buio lo avvolse. - Non lo so, non so cosa penso! Sono solo confuso, come faccio a capire uno che non parla? Spiegamelo, spiegami a cosa serve questa ennesima esplorazione di una dannata grotta! Spiegami perché siamo qui!- Rispose alzando la voce, improvvisamente la caverna gli sembrava un posto d incubo. - Quando mi hai preso le mani, mentre stavo male, pensavo che tu mi comprendessi. Sei sempre vicino a me quando soffoco, non ti impressioni, non mi riempi di moine, non mi compatisci per questo pensavo che tu mi capissi; ma infine siamo estranei e fra noi ci sarà mai vero affetto.- La sua voce un sussurro appena udibile. - Che cosa c entra...che c entra..- Marcello annaspò nel buio rischiando di far cadere la torcia. La mano ferma del fratello lo afferrò guidandolo verso il sentiero, verso l uscita.- Mattia, aspetta...smetti di camminare, finiamo il discorso.- Alla luce tremolante vedeva le spalle del fratello, i ricci scuri. Camminavano da alcuni minuti quando la luce del giorno illuminò l imboccatura della grotta. Mattia gli lasciò la mano, ma invece di uscire tornò indietro verso l oscurità. - Aspetta, fermati un attimo, mi hai fatto venire il fiatone lo afferrò per una spalla ma l altro non si voltò. Mattia per favore, parlami; cos è questa storia degli estranei? Cosa ha a che fare con noi? Io voglio solo parlare con te; lo fai ogni giorno con gli altri, perché con me no? Qual è la differenza tra me e quella gente?- - Non la capisci?- La voce del ragazzo era un sussurro appena udibile. Marcello spostò la torcia per cercare di vederlo in volto, ma l altro si ostinava a dargli le spalle. - No, non lo capisco, in fondo in me c è la metà di sangue reale. Il vero principe sei tu, io sono un bastardo! Lo strattonò infuriato costringendolo a voltarsi ; una strana luminescenza illuminava appena il volto del fratello: Mattia stava piangendo! Non sembrava essersene accorto, perchè fissava il fratello con espressione feroce - hai ragione, io sono un principe e tu non sarai mai come me, non mi capirai mai. Adesso lasciami in pace, torna al castello!- - tu e la tua dannata ostinazione!- Lo prese per il polso trascinandolo lungo il 9

10 sentiero, verso l uscita. Mattia si appose con tutte le sue forze, finchè non gli mancò il respiro. Avrebbe voluto fermarsi, ma suo fratello lo prese fra le braccia fino a portarlo fuori all aria aperta, lo fece appoggiare ad un albero e gli strinse forte le mani aspettando che la crisi passasse. Era una stretta così forte che Mattia non ebbe la forza di ribellarsi. Si concentrò solo sulla respirazione, sull aria, sulla gola che sembrava chiudersi sempre più. Sembrò durare un eternità, ma anche questa crisi passò; Marcello lo fece stendere tendendogli stretta una mano. Mattia lo guardò con tenerezza: Marcello non avrebbe mollato, non gli avrebbe permesso di scappare. Adesso che aveva trovato qualcuno con cui condividere le cose belle della vita, qualcuno che teneva a bada il suo terrore, adesso che aveva un fratello, adesso tutto doveva finire; il tempo stava per scadere e lui doveva andarsene. Lui era un principe, era il principe di quel regno! Sentì le lacrime bagnargli le guance; non riusciva a fermarle. Se le asciugò, ma sembravano non aver mai fine. Era il mio mondo, ti stavo mostrando il mio mondo in modo che tu potessi pensare a me!- Le parole gli uscirono di bocca senza che le avesse pensate. Marcello gli lasciò la mano, stupito -..io..io non capisco! Pensarti? Io ti penso sempre, stiamo insieme ogni giorno. Desideravo poter parlare con te, sei così sfuggente. Ti vedo parlare così disinvoltamente con gli altri - - Sono un principe; lo hai detto anche tu. Si tirò su a fatica, si sentiva sfinito fisicamente ed emotivamente faccio quello che il mio popolo si aspetta da me!- - Ma tu non hai voglia di raccontarmi nulla di te, della tua vita?- Marcello continuava a non capire; si sentiva uno stupido. Mattia si asciugò il viso con la manica; sul volto aveva di nuovo quell espressione piena di rabbia Vuoi sapere di me...della mia vita va bene...ti accontento! Si sedette appoggiando la schiena all albero, respirava ed espirava lentamente per evitare di avere una nuova crisi a causa della rabbia - Quando sono nato ero sottopeso, ho rischiato di morire di ogni malattia possibile, non si sa come sia riuscito ad arrivare a compiere un anno. Poi sono cominciate le crisi respiratorie che hanno fatto impazzire d angoscia mia madre e mio padre. Vuoi sapere quanta paura ho sempre avuto, quante notte bianche? Vuoi sapere come mi sentivo mentre sentivo mia madre piangere? Vuoi sapere perché non mi sono buttato giù da una torre? Si alzò in piedi gridando cosa vuoi sapere della mia vita? Non ti basta l immaginazione, vuoi i particolari? Vuoi sapere come mi sono sentito un anno fa quando ho saputo della tua esistenza?- Per un attimo chinò la testa stancamente - volevo morire, volevo smettere di soffrire. Ho fatto tanto per sopravvivere, per vivere, e poi arrivi tu che sei forte, sano, bello e ti porti via l affetto di mio padre, del mio popolo! Rialzò il volto bagnato dalle lacrime - è questo che vuoi sentire? Era questa la conversazione fra di noi che ti auguravi? Oppure preferivi un idilliaco racconto delle mie speranze future. Spero di vivere fino all ora di cena; ma sono più tranquillo, perché in caso di mia morte tu prenderai il mio posto! Sei contento ora, abbiamo parlato a sufficienza?- Tacque sentendo il respiro morirgli in gola ; forse la fine era giunta, finalmente? Sentì le 10

11 gambe cedergli, poi braccia forti lo strinsero. - Perdonami!- La voce di Marcello era un delicato sussurro nelle sue orecchie. Lo guardò, si perse nei suoi occhi scuri mentre le forze gli venivano meno: non si oppose, smise di lottare sapendo che suo fratello l avrebbe protetto. -..padre! Marcello annunciò il suo arrivo al sovrano intento a leggere alcuni documenti. Fra le braccia stringeva il corpo esanime di Mattia. Il re lasciò cadere le carte precipitandosi a controllare la respirazione del suo figlio minore. - Ora sta bene, abbiamo litigato e si è stancato molto. Marcello lo distese sul divano accanto al fuoco, poi presa una coperta ve lo avvolse. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso: non lo aveva mai visto dormire e temeva che da un momento all altro smettesse di respirare. Suo padre gli carezzò la testa ricciuta io e sua madre facevamo i turni per vegliarlo mentre dormiva; avevamo il terrore che smettesse di respirare. Quando lo ha capito ha lasciato la sua camera da letto e se n è trovata una chissà dove. Aveva solo dodici anni e non ci ha mai più permesso di vederlo dormire. A tutt oggi non sappiamo dove riposi, dove tenga le sue cose, i suoi abiti.- - Già, ha la testa dura e una gran voglia di vivere!- Marcello gli poggiò una mano sul petto sentendo il dolce ritmo del respiro. - E vero, non ho mai visto nessuno così malato e così tenacemente deciso a stare bene!- Si sedette accanto ai suoi figli contemplandoli con soddisfazione -..ma come mai avete litigato? Mi pareva che andaste d accordo. - A vederlo così vivace, pieno di energie non si pensa a quanto gli pesi parlare del passato, a quanto voglia dimenticare!- Si volse verso suo padre; era stravolto dall angoscia volevo che mi parlasse di sé, della sua vita, dei suoi sogni. Lui lo stava facendo a modo suo, portandomi in tutti i posti che ha raggiunto con le sue forze, mostrandomi le meraviglie che aveva scoperto...ma io non l ho capito. Di lui io non capisco niente! Non è la prima volta che lo faccio soffrire, che gli causo una crisi. E successo anche quando mi ha conosciuto. Padre, io non voglio fargli del male, allora perché?- Il re lo carezzò bonariamente stai solo cercando di capirlo. Siete così simili fisicamente, eppure avete avuto due vite molto diverse. La sua è costellata di malattia e terrore; un viottolo tra i rovi su una salita ripida. La tua, una strada ampia circondata da alberi e fiori. Tu sei il figlio dell amore, lui il figlio del dovere.- Lo guardò con amore, con orgoglio. - Per quanto mi sforzi di amarvi nello stesso modo, Mattia sa che ti preferisco a lui. Tutto questo influisce sul vostro rapporto, anche se entrambi vi sforzate di capirvi, di amarvi.- Sospirò - ricordati sempre che tuo fratello è solo, si sente solo e non vuole condividere con nessuno la sua paura, il suo dolore. Ma questo forse non hai bisogno di saperlo, lui ti ha aperto il suo cuore, altrimenti non si sarebbe neanche permesso di perdere conoscenza. Sono anni che non lo vedo avere una crisi; lui sa quando sta male e corre a nascondersi. Se ti permette di stargli sempre accanto, di vederlo mentre soffre, allora ti ama più di qualsiasi altra persona.- Marcello guardò ancora il fratello sentendosi felice per il solo fatto di vederlo riposare. Voleva stare con lui, voleva condividere il quotidiano con quel ragazzo e non perché era suo fratello, ma perché lo amava, gli piaceva la sua forza, il suo 11

12 coraggio, la sua dignità. Mattia aveva molte qualità che a lui mancavano. - Ora portalo a dormire e riposati anche tu; domani hai gli allenamenti!- Suo padre si alzò radunando le carte. - Come faccio a portarlo nella sua camera se neanche voi siete a conoscenza della sua ubicazione nel castello?- Il re gli sorrise non la conosci, ma conosci Mattia. Tu saprai trovarla, a te ha mostrato i passaggi segreti, il suo giardino nascosto, i suoi sogni. Le tue gambe, il tuo cuore ti guideranno!- Marcello rimase interdetto; suo padre che pure sembrava indaffarato, indifferente aveva capito così tanto di loro, del loro rapporto? Volse il viso verso il fuoco, chiuse gli occhi pensando a Mattia, la mano ancora poggiata sul petto del fratello. Dov è la tua camera? Gli chiese senza usare le parole. Attese solo pochi minuti, appena un attimo e poi la risposta gli fu chiara, come se fosse sempre stata davanti ai suoi occhi: si scoprì a guardare il giardino segreto dall alto di una torre circolare. La torre circolare che sembrava penzolare sopra la distesa multicolore. Aprì gli occhi e preso il fratello tra le braccia si incamminò verso il corridoio dietro l arazzo -..avevate ragione voi padre, credo di aver trovato la risposta e paradossalmente non ho dovuto neanche pensarci tanto.- - Non smetterò mai di ringraziare Dio per avermi dato due figli meravigliosi come voi!- Fu il saluto del re. Marcello prese a salire, sapeva di dover salire. Ormai conosceva abbastanza bene il labirinto di passaggi e scale che si intersecavano nei meandri del castello. Per aiutarlo a non perdersi Mattia aveva sistemato delle torce accese ad intervalli regolari, probabilmente sapeva che suo fratello aveva paura del buio. Non tanta, ma quel pizzico che gli rendeva sgraditi cunicoli e strettoie. Marcello camminò continuando a salire, seguendo le scale. In braccio il suo fardello così pesante eppure tanto prezioso. Non seppe mai se avesse fatto un giro vizioso, per arrivare alla stanza del fratello, improvvisamente si trovò di fronte una porta in legno dai cardini e la maniglia di metallo scuro, riccamente lavorato in forma di strane creature : due torce ardevano ad illuminarla. Sembravano una sorta di benvenuto. La porta era aperta, bastò girare la maniglia per ritrovarsi in una bella stanza circolare. Il pavimento di legno era pulito, il camino acceso mandava un piacevole calore illuminando la stanza. Un gran letto troneggiava al centro della stanza le cui pareti erano ricoperte da scaffali colmi di libri. Una immensa finestra si affacciava sul giardino sottostante. Marcello poggiò il fratello sul letto riprendendo fiato. Era veramente stanco. Avrebbe voluto sdraiarsi sul divano accanto al fuoco, ma prima doveva sistemare Mattia. Gli tolse stivali, pantaloni e camicia infilandolo nel letto, poi si buttò sul divano con una coperta addosso sprofondando in un sonno ristoratore. Uno stuzzicante odorino lo indusse ad aprire gli occhi. Sul fuoco sfrigolava una padella che emanava un odore meraviglioso di salsicce e pancetta. 12

13 - Se non ti sbrighi ad alzarti arriverai tardi agli allenamenti!- La voce di Mattia lo richiamò alla realtà. Stava apparecchiando il tavolino di fronte al divano con una quantità di cose appetitose solo a guardarle. Marcello si tirò su stiracchiandosi; il divano era veramente comodo e morbido, ci aveva dormito benissimo. - Vai a lavarti, ti ho preparato l acqua calda e dei vestiti di ricambio Gli indicò una porticina in mezzo alla libreria. Sbadigliando Marcello obbedì; suo fratello riusciva a stupirlo sempre. Dietro la porticina c era una stanza da bagno con tanto di vasca e caminetto acceso. Entrò nella vasca rovesciandosi addosso un secchio di acqua, calda al punto giusto, poi dopo essersi insaponato si sciacquò. Si avvolse in un telo asciutto che profumava di lavanda. Avrebbe voluto crogiolarsi in quella stanza che sapeva di fiori ed essenze aromatiche, si vestì a malincuore desiderando immergersi nella vasca piena fino all orlo di acqua calda. Con i capelli ancora umidi rientrò nella stanza; Mattia, seduto sul davanzale ammirava l aurora, la testa appoggiata al vetro, aveva un che di malinconico. - Allora cosa mi hai preparato!- Si avvicinò al fuoco smuovendo i capelli per farli asciugare. - Uova, pancetta, salsicce, pane abbrustolito, marmellata - Mattia si sedette di fronte a lui cominciando a porgergli i piatti ancora caldi. - Mi piacerebbe sempre fare colazione così! Marcello finì di masticare la salsiccia riempiendo la forchetta di uova strapazzate. - Alla fine ti annoieresti, le cuoche sono più brave di me!- Mattia finì le uova attaccando la pancetta. - Io intendevo che mi piace fare colazione con mio fratello in questa stanza. Smise di mangiare guardando Mattia si sta bene con gli altri, è divertente però quando sono con te non so spiegarlo. Ieri dopo che abbiamo discusso Io ho pensato a quello che ci eravamo detti, a ciò che faccio tutti i giorni con gli altri, agli allenamenti, alle chiacchiere.mi trovo bene con tutti, mi trovo ben al castello, ma aspetto con impazienza che tu venga a prendermi, che mi porti a vedere nuovi posti. - Ieri non sembravi della stessa idea! Il principe si alzò andando alla finestra. - Ieri era ieri, oggi è oggi! Andiamo, oppure faremo tardi alla lezione. Si alzò dirigendosi verso la porta. - Come hai fatto a trovare questa stanza?- Mattia continuava a guardare fuori dalla finestra mentre il sole si faceva largo tra la foschia notturna. - E stato facile; ti conosco non tanto...ma quel poco che serviva per arrivare qui.- - Grazie! Mattia si voltò raggiungendolo, un ombra offuscava il suo viso. Scesero seguendo una via più breve che portò Marcello diritto alla sala d armi dove già i suoi compagni assonnati cominciavano a radunarsi. Il principe invece si recò negli appartamenti materni, come ogni mattina. La regina lo aspettava seduta in poltrona; non poteva far nulla senza prima averlo visto, e non poteva coricarsi se non riceveva la buona notte. La sera precedente era stata informata dal sovrano sullo stato delle cose, ma la preoccupazione non le aveva fatto 13

14 chiudere occhio. - Buongiorno madre! Mattia la abbracciò teneramente notando la stanchezza sul suo viso. -..tieni così tanto a quel bastardo da ammalarti per lui?- Come al solito sua madre saltò i convenevoli arrivando diritta al punto. - E l unico amico sincero che ho, l unico che riesce in parte a capirmi, che mi sta vicino quando sto male.- Si accucciò davanti a lei posandole la testa ricciuta in grembo. Lei lo carezzò dolcemente non sapendo cosa rispondergli. Rimasero a lungo in silenzio, poi Mattia si alzò e la madre lo seguì cominciando la sua giornata. Dopo aver salutato la regina si recò dal padre. Insieme sbrigarono gli affari di stato, risposero alle lettere, lavorarono in silenzio per un paio d ore, quando il valletto venne a portar lor una bevanda calda. - Credo di dover partire; ormai non abbiamo più tempo e il re di Giusvis sta facendo pressioni. Mattia sorseggiò la bevanda calda svogliatamente. -..e cosa dirai a Marcello? Lui ti vuole bene, credi che accetterà che tu vada in ostaggio nel regno confinante? - Infatti non glielo diremo, andrò e basta. Strinse forte la tazza buttandosi addosso il liquido caldo; trasalì sono il principe di questo paese e ho il dovere di evitare una guerra!- - Potresti non tornare mai più! - Per questo basterà legittimare Marcello e il nostro regno non correrà rischi. Ne avevamo già parlato, non mettetevi a rinvangare questioni di cui abbiamo discusso fino alla nausea. Voglio partire stanotte, fate preparare la carrozza e smettiamo di tergiversare!- Si alzò bruscamente. - Hai pensato a tua madre, al dolore che le darai..! - Sapete bene che se dipendesse da me non andrei in nessun posto, perché mi tormentate? Si appoggiò stancamente allo stipite della porta non ci sono altre opzioni anche se ci siamo scervellati. Il nostro vicino, questo pretende per mantenere la pace e quel che vuole gli daremo!- Senza aspettare l ennesima replica si diresse verso la sala d armi per assistere agli ultimi incontri. La giornata si svolse come al solito fino al dopo pranzo, salvo lo strano comportamento del principe. Marcello lo aveva osservato attentamente; sembrava stanco, assente triste. Possibile che fosse ancora turbato per il litigio del giorno precedente? Non gli sembrava il tipo. Lo aspettò nel solito passaggio segreto che conduceva fuori dal castello; chissà dove sarebbero andati quel giorno? Grotte, montagne, boschi misteriosi? Non dovette attendere molto, il principe gli comparve davanti e senza dire una parola cominciò a salire verso il giardino segreto. Marcello lo prese per un braccio - non usciamo?- Chiese sorpreso. - Non ho più nulla da mostrarti, ormai sai quasi tutto di me! Puoi prendere il mio posto senza alcuna fatica!- Senza voltarsi continuò a salire le scale. Il giovane rimase interdetto, poi capì cosa gli aveva appena detto il fratello. Lo rincorse facendolo voltare che cavolo significa? Prendere il tuo posto? Io non lo voglio il tuo posto, non voglio essere un principe, non voglio essere l erede al trono.- 14

15 - Allora perché sei qui?- Mattia si divincolò continuando a salire. - perché sono qui..? Sono qui perché perché nostro padre voleva avermi vicino!- rispose confuso. - Ti vuole vicino in caso di mia morte si girò a guardarlo col viso stravolto - quanto puoi essere stupido? Oppure fai solo finta?- -..che dici?..che hai? Mattia che succede? Mi dispiace per ieri.. Cercò di prendergli il braccio, di trattenerlo, ma l altro lo scansò con rabbia. - Smettila di toccarmi, di fingere che t importi di me! Vattene da qui, non seguirmi più! Non voglio avere nulla a che fare con te!- Riprese a camminare, come se arrivare in cima fosse l unica cosa importante. - Allora perché mi hai parlato, perché siamo diventati amici; a cosa sono serviti questi giorni passati assieme?- Marcello gridava in preda alla rabbia, alla frustrazione. - Dovevo istruirti per quando prenderai il mio posto. Ora mi conosci bene, mi somigli. Quando arriveranno i nuovi armigeri tu sarai il principe, l erede al trono e nessuno si accorgerà della differenza.- Ormai era arrivato di fronte alla porta della sua stanza; senza voltarsi l aperse ed entrato si chiuse la porta alle spalle bloccandola. Non ce la faceva più; non riusciva neanche a guardarlo in faccia mentre gli diceva quelle cose. Ma era meglio così, meglio che fosse arrabbiato con lui, che l odiasse! - Esci fuori e ripetimi queste cose in faccia! Questo non sei tu, non sei la persona che conosco. Mattia non direbbe nulla di simile, e comunque mi affronterebbe a viso aperto. Marcello battè i pugni sul legno. - Magari ti sei solo immaginato che io fossi così, magari ho recitato una parte cosa sai di me se non ciò che ti ho voluto mostrare? Si asciugò le lacrime cercando di mantenere la voce ferma il tuo fratellino è solo una farsa. Ora vattene, non voglio vederti mai più. Da domani potrai avere anche questa stanza, io mi trasferisco!- - Ti trasferisci?- Prese a calci la porta dove vai? Perché non so nulla di questa storia?- - Sei solo un bastardo reale, un sostituto: non darti tante arie finchè sono qui. Ora lasciami riposare.- Andò in bagno per poter sfogare la paura, il dolore senza farsi udire dal fratello. Sentì ancora per un bel pezzo Marcello prendere a calci la porta, poi il silenzio non fece che aumentare la sua angoscia. Si lavò il viso e stancamente mise qualche oggetto personale in una borsa. Non voleva portarsi dietro che poche cose; desiderava tornare al più presto. Voleva tornare al più presto! Era di spalle alla finestra per cui udì solo il rumore dei vetri infranti; si voltò mentre Marcello si alzava in piedi, apparentemente illeso, dopo aver fracassato una vetrata. Si accasciò in lacrime; suo fratello era lì per lui! Sentì le sue braccia stringerlo, il calore del suo corpo, e ancora una volta vi si abbandonò. Era così stanco di essere forte, di piangere da solo, di tremare di paura nelle notti insonni quando il respiro sembrava morirgli in gola. Marcello tacque aspettando che Mattia smettesse di singhiozzare; sembrava 15

16 assolutamente disperato. Era vero, non sapeva nulla di lui. Non sapeva come consolarlo, non sapeva perché soffrisse tanto, non sapeva perché gli avesse parlato così sgarbatamente, non sapeva cosa ne sarebbe stato di lui ora che il re aveva un erede sano. Possibile che il re volesse veramente mandarlo via? Continuò a rimuginare finchè il silenzio di Mattia lo colpì come una coltellata; lo scansò da sè vedendo che cominciava a soffocare. - Se ti azzardi a morire ti prendo a pugni!- Gli disse stendendolo sul letto. Il fratello cercò di sorridere alla battuta, ma sembrava molto stanco. Marcello gli prese le mani stringendole così forte da farlo trasalire dal dolore. Parlami, dimmi dov è che devi andare. Non ti ho mai visto così - poi finalmente capì -..sei spaventato?!- Gli occhi verdi di Mattia sembrarono diventare immensi mentre il respiro gli si bloccava in gola. - Rispondimi, cavolo gli allentò un manrovescio, senza neanche sapere cosa faceva, e la respirazione del fratello sembrò stabilizzarsi.- Smettila di fare l eroe e dimmi cosa ti turba, ne verremo fuori insieme!- - Io non voglio andare, ma non ho scelta non voglio, non vogliamo la guerra!- Guardò il fratello in cerca di una soluzione che non esisteva. - Andrò io al posto tuo, non importa dove: nessuno ti conosce, sarò perfetto! Mi hai addestrato bene, no? Lo hai detto tu! Io sono solo un bastardo - Improvvisamente Mattia si rese conto di quello che stava accadendo; aveva trascinato suo fratello in un vicolo cieco, in una trappola. Aveva voluto la sua comprensione, ed ora che l aveva, perdeva lui per sempre. Improvvisamente ogni dubbio sparì, ogni paura, ogni titubanza. - Grazie, grazie per averlo detto! Grazie di esistere, grazie! Sorrise, un vero sorriso che gli illuminò il viso impastato di lacrime, poi si avvicinò al fratello come per abbracciarlo colpendolo alla bocca dello stomaco. Usò tutta la sua forza per assicurarsi che perdesse conoscenza. Rimase un attimo immobile a guardarlo, come per imprimersi nella mente i suoi lineamenti, poi presa una fune gli legò mani e piedi caricandoselo sulle spalle. Il rumore gli fece alzare gli occhi dalle carte ; Mattia stese il fratello sul divano, dove solo poche ore prima era accaduto qualcosa di molto simile. Quando gli ho raccontato tutto si è offerto di andare al posto mio! Spiegò riprendendo fiato. Stavo morendo di paura e lui si è arrampicato fino in cima alla torre per consolarmi, per salvarmi! - e lo ha fatto?- Il re asciugò il volto madido di sudore del figlio. - Sì, mi ha salvato.- Esclamò il ragazzo - andrò per proteggere lui, perché è la persona che amo! Con il pugnale tagliò un lembo della camicia di Marcello e vi depose una ciocca di quei capelli così simili ai suoi eppure tanto diversi. Legò il sacchetto, con un laccio, e se lo mise al collo come fosse un talismano, un porta fortuna. Addio padre, sto andando. Dì a mia madre che non la saluto perché presto tornerò!- Si voltò e sparì nel buio del passaggio. - Chi lo avrebbe detto che di tante persone, avresti giudicato il tuo fratellastro colui che, involontariamente, ti ha usurpato di tanto affetto, come il più degno 16

17 del tuo amore?- Poggiò una coperta sopra Marcello e riprese a lavorare. Mattia si lasciò alle spalle il castello avito mentre gli ultimi raggi del sole sfioravano i monti. Erano trascorsi mesi da quando Mattia era partito e Marcello non riusciva a trovare pace. Suo padre gli aveva spiegato mille volte le stesse cose, i motivi che lo avevano, che li avevano spinti ad agire come avevano fatto, ma lui non riusciva a darsi pace. Aveva provato diverse volte a partire alla ricerca del fratello, ma le sue guardie personali lo avevano sempre riportato indietro. Oramai era lui il principe, e tutti lo trattavano come tale. Nessuno aveva mai visto Mattia da vicino e quei pochi che lo conoscevano erano stati allontanati dal castello o erano tanto fidati da poter mantenere il segreto. Il re aveva nascosto la destinazione del principe e Marcello non sapeva cosa fare. Non credeva di poter sentire tanto la nostalgia per qualcuno che conosceva da un paio di mesi, eppure era così. All inizio aveva pensato che il suo fosse semplice senso di colpa, ma allora perché sempre più spesso si recava nella stanza di Mattia? Ne aveva fatto sostituire il vetro, la teneva in ordine lui stesso, la riforniva di cibo, leggeva i libri del fratello, i suoi diari. Li aveva trovati nascosti in un doppio fondo. Aveva esitato molto anche solo nel toccarli, ma spostandoli vi aveva trovato una lettera per lui; era di Mattia. Era il suo permesso, gli lasciava tutto; il titolo, la stanza, il giardino, i suoi ricordi, le sue paure, le speranze. Era una specie di testamento che lo fece disperare. Mattia era partito con l idea di non tornare più ; era partito per morire. Non aveva intenzione di tornare; se fosse morto da ostaggio sarebbe stato un vantaggio per il regno e avrebbe messo in difficoltà gli ospitanti rendendoli passibili di vendetta. Un buon piano. A Marcello venne da piangere al pensiero di non rivederlo mai più, di non rivedere suo fratello. Ora era lui il principe, partecipava alle riunioni di stato, dava ordini ai soldati, i consiglieri lo tenevano da conto, le persone lo amavano. Amavano lui, non Mattia; suo fratello era stato un fantasma che pochi avevano visto e sempre da lontano. Lui era amato per se stesso e suo padre era fiero di lui; non mancava mai di ripeterglielo. Perfino la regina era gentile con lui; non sapeva cosa Mattia le avesse detto, ma ad un mese dalla partenza di Mattia sua madre era stata accolta come dama di compagnia della regina. Lungi dal renderlo felice la situazione lo faceva soffrire. A nessuno sembrava importare di Mattia; eppure era suo fratello minore, aveva vissuto, lottato lì per diciassette lunghi anni prima di essere soppiantato. Com era possibile? Come poteva la vita trascorrere tranquilla, serena, senza che lui fosse lì. Eppure lui non riusciva a darsi pace; aveva tutto, tutto quello che avrebbe potuto 17

18 desiderare, anche una bella fidanzata scelta per lui. Elaine era perfetta, dolce, deliziosa e lui l avrebbe sposata e portato avanti il nome della loro casata. Lui, un bastardo, avrebbe preso il posto del principe legittimo che forse languiva in qualche stanza dorata, o in una cella, nel peggiore dei casi. Mai pensava che Mattia fosse morto. Mai lo sfiorava il dubbio. Non lasciava che il pensiero lo toccasse più di un istante, altrimenti sarebbe impazzito. Doveva continuare a credere che fosse vivo, che stesse bene, che lottasse per vivere, altrimenti avrebbe cominciato a urlare, a disperarsi. Doveva farsene una ragione; gli ripeteva sua madre. - Stai tranquillo, Mattia è vivo, sta bene! Gli ripeteva il re in continuazione e intanto lo sovraccaricava di lavoro, gli lasciava le redini del governo. Perfino la regina sembrava complottare contro di lui; quando le chiedeva del figlio si limitava a sorridere e mostrargli le camicie che cuciva per lui. Doveva rassegnarsi; lo doveva fare, eppure ormai dormiva nella stanza di Mattia, trascorreva ogni momento libero nel suo giardino curandolo, piantando nuovi fiori, faceva lunghe cavalcate alla ricerca di grotte da esplorare, di posti nascosti da mostrare a suo fratello. Era come se stesse smarrendo se stesso trasformandosi in lui, nel fratello che aveva perduto. Forse fu per questo che quella notte ebbe il sogno; come al solito dormiva nella stanza di Mattia; era molto stanco e aveva cenato lì, da solo. Era crollato sul divano, lasciando cadere un plico di documenti a cui stava dando un occhiata. Improvvisamente si svegliò in una stanza elegante, piena di mobili e ninnoli. Il fuoco e un misto di sudore ed erbe rendeva l aria soffocante; nel letto damascato giaceva un giovane pallido e magro. Una pila di cuscini gli sosteneva il busto mentre annaspava in cerca d aria artigliando le lenzuola di seta. Una cameriera si era addormentata su un canapè. Il giovane, quasi sentendosi osservato, volse lo sguardo verso l invisibile osservatore: gli occhi chiari erano pozzi di terrore e sofferenza. Fu solo un attimo, poi l immagine, il terribile sogno svanì lasciando Marcello tremante di terrore e angoscia. Mattia stava morendo. Non perse tempo. Si vestì e sellato un cavallo partì. Doveva andare a salvarlo, doveva portarlo via! Spronò il cavallo senza chiedersi nulla; non sapeva dove stesse andando, non sapeva dove fosse quel luogo. Non sapeva nulla. Aveva solo un imperativo; arrivare prima che morisse. Galoppò finchè il cavallo non fu stremato, lo cambiò ad una locanda di posta e riprese la sua corsa contro il tempo. Il sole non era sorto, quando si rese conto di essere nel reame confinante. 18

19 Non se ne stupì, probabilmente una parte di lui aveva sempre saputo dove trovare Mattia. Forse aveva desiderato che lui se ne stesse lontano, che non lo intralciasse. Forse desiderava la sua morte. Forse gli andava bene che il suo ricordo, la sua esistenza fossero negate, cancellate per sempre. Forse Mattia non era mai esistito. Ora era lui Mattia e quell altro ragazzino era morto in fasce. In preda a quella ridda di pensieri giunse in vista di un castello. Più che un castello sembrava una grande villa con torrette e merli adagiata in un lussureggiante giardino; probabilmente era una residenza estiva. Le guardie erano poche disposte ad intervalli regolari. Ne studiò l andirivieni per un po, poi scavalcò la cancellata e guidato da un misterioso istinto si diresse verso un ala laterale della costruzione. Si arrampicò su un cornicione e cautamente riuscì ad aprire una finestra; immediatamente gli apparve la stanza vista in sogno. Come fermata dal tempo vide la scena a cui aveva assistito; la stanza, i tendaggi, il grande letto, il calore opprimente... In silenzio si calò nella camera e immobilizzò la cameriera senza farle del male; per fortuna era semi addormentata e l unica fonte di luce proveniva dal camino acceso. Bloccò la porta e si diresse verso il letto. Era trascorso un anno, o forse anche di più; aveva perso il conto dei giorni, ma ora finalmente poteva rivederlo. Aveva la pelle traslucida ed era smagrito; i capelli gli erano cresciuti, ed ora zuppi di sudore gli si incollavano alla fronte e al collo. Una mano pallida gli sfiorò una guancia perdonami per averlo desiderato - gli occhi verdi sembravano aver perso ogni luce, la voce un flebile sussurro. Fra pochi istanti Mattia, il vero Mattia avrebbe chiuso gli occhi per sempre. Il vero principe sarebbe morto e nessuno avrebbe potuto insidiargli il trono. Il re di Giusvis si sarebbe trovato in difficoltà e avrebbe ceduto a qualsiasi richiesta per evitare una guerra. Tutto stava andando come suo padre aveva pianificato; Mattia moriva per lasciare a lui ogni cosa. Nessun rimprovero, nessuna recriminazione, solo una richiesta di perdono. Chiedeva perdono per aver desiderato di vederlo. Probabilmente credeva di sognare, per questo gli aveva toccato il viso. Doveva avere la febbre. Si mosse automaticamente; spalancò la finestra rinfrescando l aria. Poi presa dell acqua calda spogliò il fratello facendogli delle spugnature; vederlo nudo gli provocò un groppo in gola. Non sembrava esserci più carne sulle ossa. Lo rivestì rapidamente, mentre l occhio gli cadeva su un sacchetto che il fratello teneva al collo. Sembrava fatto di stoffa semplice, usata per camicie. Non stette a congetturare. Stava per prenderlo in braccio quando incontrò la sua resistenza. 19

20 - Credevo di sognare, invece sei qui!- Gli sorrise mentre gli occhi si riempivano di luce. - Sei stato tu a chiamarmi!- Gli rispose cercando di nuovo di sollevarlo. - Volevo salutarti, ora che l ho fatto posso andarmene!- Con la poca forza che gli rimaneva lo spinse lontano da sé. Sono felice che tu esista, perciò vattene!- - Bugiardo, bugiardo tu e bugiardo io!- Lo abbracciò forte e presolo fra le braccia lo portò verso la finestra. - Non possono esserci due Mattia! Il giovane gli carezzò il volto incapace di trattenersi non mi importa di morire se tu vivi! - Non mi importa di vivere se tu muori! Gli poggiò un bacio sulle labbra riarse io non posso essere Mattia, ci ho provato disperatamente e invece non faccio che pensarti!- Quasi gridò mentre la vista gli si appannava. Prese una coperta e la strinse intorno al corpo macilento del fratello: Mattia non si oppose più, i suoi occhi verdi lo seguivano in silenzio. Marcello se lo caricò in spalla, era talmente leggero, scavalcando la finestra. Si accucciò dietro un cespuglio controllando il passaggio delle guardie; il cuore gli batteva all impazzata. Prima di muoversi controllò Mattia; il volto esangue era appena arrossato dall aria e i suoi occhi non si staccavano dalla figura del fratello. Marcello gli carezzò il viso, poi atteso il momento giusto si slanciò verso la cancellata. L alba stava schiarendo il cielo. Trovò un punto agevole, e in un attimo fu fuori dal recinto. Il cavallo lo aspettava nascosto nella boscaglia, montò in sella e spronò l animale. Ci aveva impiegato pochissimo tempo e niente era andato storto. Non era di sicuro merito della sua abilità; semplicemente Mattia non doveva morire in quel posto. Di questo ne era più che sicuro; una mano misteriosa, Dio, il Fato lo avevano guidato fin lì e li proteggevano. Altrimenti non sarebbe stato possibile. Cavalcarono a spron battuto, attraversando prati, boscaglie e colline: cambiarono cavallo tre volte riposandosi appena nelle locande. Mattia, non aveva più aperto bocca: beveva quando il fratello gli porgeva bevande calde o acqua, si lavava e si cambiava gli abiti ogni volta che sostavano in una locanda, spizzicava il cibo che gli veniva messo davanti. La febbre era scesa e lui sembrava riprendere colore man mano che si avvicinavano al castello avito. Marcello non gli staccava gli occhi di dosso se non per occuparsi delle incombenze immediate; una misteriosa energia lo animava. Erano le prime ore della mattinata, quando giunsero al castello. Lasciarono il cavallo nella stalla, e da lì raggiunsero la stanza in cima alla torre, il fuoco era ancora acceso. Marcello si gettò sul letto trascinando con sé il fratello; la stanchezza gli era crollata addosso come un macigno. Mise una mano sul petto di Mattia, come a volerne sentire il battito familiare, e si addormentò di botto. 20

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