Diagnosi preimpianto va effettuata a spese del Servizio Sanitario Nazionale. Tribunale, Milano, sez. I civile, ordinanza 21/07/2017

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1 Diagnosi preimpianto va effettuata a spese del Servizio Sanitario Nazionale Tribunale, Milano, sez. I civile, ordinanza 21/07/2017 Pubblicato il 06/10/2017 Con l ordinanza adottata in sede di reclamo il 21 luglio 2017 il Tribunale di Milano (in composizione collegiale) ha complessivamente confermato il provvedimento ex art. 700 c.p.c. reso dallo stesso Tribunale in composizione monocratica il precedente 18 aprile, con il quale era stato accolto in virtù della sentenza della Corte costituzionale n. 96 del il ricorso cautelare diretto all accertamento del diritto di una signora ad ottenere, nell ambito di un intervento di procreazione medicalmente assistita, l'esame clinico e diagnostico sugli embrioni e il trasferimento nel suo utero solo degli embrioni sani o portatori sani delle patologie di cui il compagno risulti affetto. Di conseguenza, era stato ritenuto legittimo l ordine nei confronti di una struttura ospedaliera pubblica di eseguire, nell'ambito del suddetto intervento di procreazione medicalmente assistita, l'esame clinico e diagnostico sugli embrioni ed il trasferimento in utero della ricorrente signora, qualora da lei richiesto, solo degli embrioni sani o portatori sani delle patologie da cui compagno risulti affetto, mediante le metodologie previste in base alla scienza medica. Si era, peraltro, disposto che, qualora la struttura sanitaria pubblica si fosse venuta a trovare nell'impossibilità di erogare la prestazione sanitaria tempestivamente in forma diretta, tale prestazione avrebbe potuto essere erogata in forma indiretta, mediante il ricorso ad altre strutture sanitarie (che il giudice del reclamo ha ritenuto che possono, eventualmente, essere anche estranee al territorio nella specie - della Regione Lombardia, previa adozione di ogni comportamento a ciò necessario, con iniziale onere a carico della stessa Regione lombarda, luogo di residenza). Il caso

2 Due conviventi avevano evocato in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, con ricorso ex art. 700 c.p.c., una struttura pubblica ospedaliera (attrezzata per procedere alla diagnosi preimpianto in sede di procreazione medicalmente assistita, ma che si era precedentemente dichiarata indisponibile a soddisfare tale richiesta dei ricorrenti) e il Ministero della salute e, sul presupposto che il ricorrente maschio era affetto per come confortato da apposita documentazione clinico-medica - da esostosi multiple ereditarie da qualificarsi come patologia irreversibile (peraltro trasmissibile geneticamente con modalità autosomica dominante che coinvolgeva tutto l apparato scheletrico con un rischio quantomeno riconducibile al 50%), la quale aveva determinato, in concreto, anche una condizione di infertilità in seno alla coppia, in funzione della realizzazione del loro diritto a diventare genitori (altrimenti non perseguibile), chiedevano: a) di essere autorizzati di ricorrere alle metodiche di procreazione medicalmente assistita; b) di ottenere l esecuzione di indagini cliniche diagnosticate sull embrione; c) di sottoporsi ad un protocollo di PMA adeguato ad assicurare le più alte chances di risultato utile compatibilmente con quanto stabilito nella sentenza Corte Cost. 151/09; d) di sottoporsi ad un trattamento medico eseguito secondo tecniche e modalità compatibili con un elevato livello di tutela della salute della donna nel caso concreto; e) di ordinare, perciò, alla resistente struttura pubblica ospedaliera di ottemperare agli obblighi previsti dalla legge 40/04 eseguendo le indagini cliniche e diagnostiche sull embrione previste per legge ed il trasferimento in utero della donna convivente con il signore affetto dalla anzidetta grave patologia genetica solo di embrioni sani, nonché pronunciare ogni altro provvedimento ritenuto opportuno e conseguente. Nell opposizione delle parti resistenti, il Tribunale di Milano in composizione monocratica era pervenuto all accoglimento dell istanza cautelare dei due conviventi ritenendo sussistenti sia il presupposto della verosimile fondatezza della domanda nel merito che il pericolo nel ritardo ai fini della concessione dell invocata cautela. Per giungere a tale esito il giudice adìto aveva fatto leva sulla portata e sugli effetti immediatamente applicabili della sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 2015 (oltre che sugli arresti pregressi raggiunti dalla giurisprudenza sovranazionale). Si ricorda che, con questa decisione, i giudici della Consulta hanno dichiarato costituzionalmente illegittimi, per violazione degli artt. 3 e 32 Cost., gli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di gravi malattie genetiche trasmissibili, accertate da apposite strutture pubbliche. Si è osservato al riguardo che l'irragionevolezza dell'indiscriminato divieto di accesso alla PMA, con diagnosi preimpianto, da parte delle coppie fertili affette (anche come portatrici sane) da gravi patologie genetiche ereditarie, suscettibili (secondo le evidenze scientifiche) di trasmettere al nascituro rilevanti anomalie o malformazioni, è resa evidente dalla circostanza che l'ordinamento italiano consente, comunque, a tali coppie di perseguire l'obiettivo di procreare un figlio non affetto dalla specifica patologia ereditaria, attraverso l'innegabilmente più traumatica modalità dell'interruzione volontaria (anche reiterata) di gravidanze naturali. Tale sistema normativo non permette, pur essendo scientificamente possibile, di far acquisire "prima" alla donna un'informazione che le potrebbe evitare di assumere "dopo" una decisione ben più pregiudizievole per la sua salute, senza che quest'ultima possa trovare un positivo contrappeso, in termini di bilanciamento, in un'esigenza di tutela del nascituro, in ogni caso esposto all'aborto. La normativa denunciata costituisce, pertanto, il risultato di un irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, in violazione anche del canone della razionalità dell'ordinamento, ed è lesiva del diritto alla salute della donna fertile portatrice (ella o l'altro soggetto della coppia) di grave malattia

3 genetica ereditaria. Spetta al legislatore introdurre apposite disposizioni al fine dell'auspicabile individuazione (anche periodica, sulla base dell'evoluzione tecnico-scientifica) delle patologie che possono giustificare l'accesso alla PMA di coppie fertili e delle correlative procedure di accertamento (anche agli effetti della preliminare sottoposizione alla diagnosi preimpianto) e di un'opportuna previsione di forme di autorizzazione e di controllo delle strutture abilitate ad effettuarle. Ciò premesso, il giudice milanese osservava che la Corte costituzionale con la suddetta sentenza non aveva liberalizzato il ricorso alla diagnosi genetica preimpianto per le coppie fertili portatrici di malattie geneticamente trasmissibili, ma aveva individuato due specifici requisiti per la liceità dell accesso di tali coppie alla PMA, ovvero: a) la gravità del danno o del pericolo che potrebbe derivare alla madre dalla prosecuzione della gestazione; b) la necessità di un accertamento da parte di apposita struttura pubblica specializzata. Si affermava, in merito, che queste due condizioni presenti sia nella motivazione che nel dispositivo della sentenza della Consulta erano venute a far parte della normativa di risulta e costituivano, perciò parte integrante della legge n. 40 del La richiesta che la diagnosi della malattia genetica di cui gli aspiranti genitori erano portatori venisse effettuata da centri pubblici appariva del tutto plausibile, non potendo la Corte individuare specifici criteri di accreditamento dei centri autorizzabili. Al contempo si era ritenuto del tutto ragionevole, al fine di parametrare il grado di gravità della malattia genetica legittimante il ricorso alla diagnosi preimpianto, il richiamo al criterio già normativamente predeterminato dalla legge n. 194 del 1978 (e, segnatamente, dal suo art. 6, comma 1, lett. b), che consente di poter legittimamente ricorrere all interruzione volontaria di gravidanza anche oltre il terzo mese. Al di là dell individuazione di questi due criteri base di riferimento necessario per il ricorso alla diagnosi preimpianto da parte delle suddette coppie, il Giudice delle leggi non poteva spingere la portata della menzionata sentenza nella specificazione di ulteriori requisiti, la cui determinazione non poteva che essere demandata all azione discrezionale del legislatore. In questa ottica, nella stessa decisione, i giudici della Consulta hanno come già anticipato - esplicitamente asserito che costituiva compito del legislatore introdurre apposite disposizioni al fine della auspicabile individuazione (anche periodica, sulla base della evoluzione tecnico-scientifica) delle patologie che possano giustificare l accesso alla PMA di coppie fertili e delle correlative procedure di accertamento (anche agli effetti della preliminare sottoposizione alla diagnosi preimpianto) e di una opportuna previsione di forme di autorizzazione e di controllo delle strutture abilitate ad effettuarle (anche valorizzando, eventualmente, le discipline già appositamente individuate dalla maggioranza degli ordinamenti giuridici europei in cui tale forma di pratica medica è ammessa). Il Tribunale di Milano (investito del ricorso ex art. 700 c.p.c.) compiendo una completa istruzione sommaria e procedendo ad un applicazione diretta degli effetti discendenti dalla sentenza n. 96 del 2015 della Corte costituzionale riteneva in accoglimento del ricorso con ordinanza del 18 aprile sussistenti i presupposti per garantire una tutela effettiva ed immediata del diritto dedotto in giudizio, proprio avendo riguardo al puntuale soddisfacimento delle due condizioni precettivamente imposte dalla pronuncia della Consulta (essendo rimasta demandata al futuro intervento del legislatore l approvazione della normativa residua integratrice sulla scorta dell auspicio operato dallo stesso Giudice delle leggi). Avverso l ordinanza cautelare proponevano tempestivamente distinti reclami (poi riuniti) sia il Ministero della Salute che la Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico; si costituivano le parti

4 reclamate mentre nessuno si costituiva nell interesse della Regione Lombardia alla quale entrambi i reclami sono stati ritualmente notificati con il decreto di fissazione dell udienza. La decisione del giudice del reclamo Con la segnalata ordinanza il giudice del reclamo ha confermato il complessivo impianto motivazionale del provvedimento ex art. 700 c.p.c., procedendo soltanto ad integrare il dispositivo nel senso di consentire alla coppia reclamata di poter effettuare la diagnosi preimpianto anche in forma indiretta nell ambito del SSN attraverso il ricorso ad altre strutture sanitarie, anche al di fuori della Regione Lombardia, se necessario, con accollo dell onere economico iniziale per l intervento a carico delle medesima Regione, quale luogo di residenza dei titolari del relativo diritto. Quanto al reclamo del Ministero della Salute, il giudice di seconde cure ne ha ritenuto la totale infondatezza. Al riguardo si è osservato che, in ordine al requisito della gravità della patologia genetica dell aspirante padre, il decidente di prima istanza non poteva non ricorrere ad un mirato accertamento medico che definisse la peculiarità della patologia genetica (con un rischio di trasmissione elevato fino a raggiungere il 50%, individuato da un apposito centro di consulenza genetica) dell uomo in funzione del grave pericolo di cui avrebbe potuto risentire la donna nell intraprendere una gravidanza a seguito della fecondazione avvenuta attraverso un gamete non preventivamente selezionato - affetto dalla suddetta patologia ed inidoneo per la formazione di un embrione sano all interno dell utero materno. Su tal punto, il giudice adiro ai sensi dell art. 700 c.p.c. aveva individuato tutta una serie di circostanze cliniche oggettive (quale la probabile deformità degli arti, il dolore associato alla malattia, la necessità di sottoposizione a plurimi interventi chirurgici e il patema d animo che si sarebbe potuto ripercuotere sulla coppia e sulla donna in particolare in stato di gravidanza) che, obiettivamente, potevano configurare il criterio normativo di gravità individuato nella sentenza della Corte costituzionale e che avrebbe, quindi, potuto determinare la scelta ancor più invasiva (psicologicamente e fisicamente) del ricorso all aborto terapeutico anche dopo il primo trimestre della gravidanza. Del resto, proprio per effetto della portata della citata sentenza n. 96/2015 (e pur auspicandosi l intervento del legislatore), non poteva dirsi discutibile che, in attuazione degli artt. 3 e 32 Cost. e dell art. 6 della legge n. 194/1978 costituenti espressione del diritto alla procreazione cosciente e responsabile e della tutela della salute della donna, alla PGD/PMA per le coppie con grave rischio di trasmettere patologia genetica legittimante il successivo aborto (come attestato da apposita certificazione medica rilasciata da struttura pubblica autorizzata), dovesse estendersi in via analogica - la medesima disciplina prevista per l aborto terapeutico. Il giudice del reclamo ha, poi, rilevato che nell ordinanza reclamata era stato compiuto un ampio ed adeguato esame della ricorrenza dell altro requisito della necessità della sottoposizione della donna alla diagnosi preimpianto in una struttura pubblica. A tal proposito si era correttamente osservato come lo stesso art. 10 della legge n. 40 del 2004 imponeva che le strutture autorizzate a svolgere la PMA devono rispondere a requisiti tecnico-scientifici, controllabili dall esterno. Lo stesso decidente di prima istanza aveva, poi, valorizzato il principio di cautela a cui si era ispirata la Corte costituzionale nella previsione della necessità del ricorso ad una struttura pubblica e ne aveva, perciò, tratto la giusta conseguenza che detta struttura doveva essere abilitata a svolgere la PGD, oltre ad essere sottoposta ad autorizzazioni pubbliche e a controlli specifici. Con riferimento al caso di specie, il Tribunale monocratico aveva accertato in concreto anche in virtù dell emergenza di apposita determinazione deliberativa dell Amministrazione dell ospedale resistente che quest ultimo era legittimato a procedere all effettuazione della diagnosi preimpianto nei confronti

5 delle coppie richiedenti la PMA, ai sensi della legge n. 40 del 2004, ragion per cui, correttamente, si era ritenuto configurato anche il secondo requisito prescritto dalla sentenza n. 96 del L ordinanza reclamata, inoltre, con riguardo al problema dell indisponibilità da parte della resistente struttura pubblica sanitaria del requisito tecnologico relativa alla specifica strumentazione necessaria per procedere alla PGD, aveva condivisibilmente rilevato che questo ostacolo si sarebbe potuto superare ribadendosi l indirizzo più volte statuito dalla giurisprudenza costituzionale sulla prevalenza del diritto assoluto alla salute, come garantito dall art. 32 Cost. e salvaguardato anche dall art. 8 della CEDU e dall art. 7 della Carta dei Diritti Fondamentali dell Unione europea, diritto, perciò, al cospetto del quale gli altri interessi costituzionalmente protetti sono recessivi. In definitiva, con l ordinanza adottata in sede di reclamo, è stato ribadito il diritto del componente maschile della coppia a ottenere, nell ambito dell'intervento di procreazione medicalmente assistita, l'esame clinico e diagnostico sugli embrioni e il trasferimento in utero della compagna solo degli embrioni sani o portatori sani delle patologie di cui il compagno era risultato affetto, con mantenimento - a carico del Policlinico di Milano - dell obbligo di dare esecuzione a quanto necessario al fine di garantire e tutelare il diritto così riconosciuto, in via diretta o anche, e soprattutto, indiretta. Con riferimento al profilo dell onere economico, il Collegio del reclamo - in parziale accoglimento del reclamo della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano - ha inteso evidenziare che non rientra tra i compiti dell autorità giudiziaria indicare l organo pagatore una volta accertato e riconosciuto che l onere spetta al Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia, per chiarezza ed al solo fine di consentire che nel caso di specie il diritto riconosciuto ai reclamati potesse ricevere effettiva tutela, nei termini indicati, e non si trovasse esposto a rifiuti o dilazioni per finalità di natura prettamente economica che non possono prevalere su un diritto fondamentale quale è quello alla salute, è stato ritenuto opportuno puntualizzare che, ove fosse persistita l impossibilità per il Policlinico di erogare tempestivamente la prestazione in questione in forma diretta, la stessa struttura sanitaria sarebbe stata tenuta ad assumere le necessarie iniziative per indirizzare la coppia in altra struttura (pubblica o privata convenzionata) attrezzata ad eseguire sia la diagnosi preimpianto sia il trasferimento degli embrioni, con oneri a carico del Servizio Sanitario Nazionale e, quindi, della Ragione Lombardia quale regione di residenza dei soggetti interessati. In tali termini, perciò, si è proceduto a disporre l integrazione del punto c) del dispositivo dell ordinanza impugnata della quale andava confermata ogni altra statuizione. Esito del giudizio: Il Tribunale rigetta il reclamo del Ministero della Salute; in parziale accoglimento del reclamo della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ad integrazione del punto c) del dispositivo dell ordinanza del (n.58158/2016 R.G.) così provvede: c) dispone che, qualora la struttura sanitaria pubblica dovesse trovarsi nell'impossibilità di erogare la prestazione sanitaria tempestivamente in forma diretta, tale prestazione possa essere erogata in forma indiretta nell ambito del Servizio Sanitario Nazionale, mediante il ricorso ad altre strutture sanitarie, eventualmente anche estranee al territorio della Regione Lombardia, previa adozione di ogni comportamento a ciò necessario, con iniziale onere a carico della Regione Lombardia, luogo di residenza; ; conferma nel resto l ordinanza del (n.58158/2016 R.G.); dichiara interamente compensate tra le parti le spese del procedimento. Precedenti giurisprudenziali:

6 Corte cost., sentenza 5 giugno 2015, n. 96; Trib. Milano, ordinanza 18 aprile Riferimenti normativi: Art. 1, comma 1, L. 19 febbraio 2004, n. 40; Art. 1, comma 2, L. 19 febbraio 2004, n. 40; Art. 4, comma 1, L. 19 febbraio 2004, n. 40; Art. 6, L. 22 maggio 1978, n Sul tema si segnala: Master breve sulla responsabilità del medico e della struttura sanitaria pubblica e privata, 4 incontri, 24 ore in aula, Altalex Formazione: CLICCA QUI per visionare il programma completo e iscriverti al master; Il danno alla salute (Biologico - Patrimoniale - Morale - Perdita di chance - Danno da morte - La CTU medico legale - Profili processuali - Tabelle per la liquidazione), Rossetti Marco, CEDAM, 2017: per consultare l'indice e scaricare un estratto gratuito VAI A QUESTA PAGINA! (Altalex, 25 settembre Nota di Aldo Carrato tratta da Il Quotidiano Giuridico Wolters Kluwer) TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO SEZIONE PRIMA CIVILE Ordinanza luglio 2017 Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Paola Maria Gandolfi Presidente dott.ssa Orietta Stefania Miccichè Giudice dott.ssa Laura Massari Giudice Relatore all esito dell udienza del 13 luglio 2017, nei procedimenti riuniti per reclamo ex art.669 terdecies c.p.c. rispettivamente promossi da n. r.g /2017 da: MINISTERO DELLA SALUTE (C.F ) con il patrocinio dell avv. AVVOCATURA STATO MILANO elettivamente domiciliato in VIA FREGUGLIA, MILANO presso il difensore avv. AVVOCATURA STATO MILANO - RECLAMANTE contro... (C.F. ) e... (C.F. ), con il patrocinio dell avv. prof. Gianni Baldini e dell avv. Lara Giglio REGIONE LOMBARDIA (C.F ), con il patrocinio dell avv. Pio Dario Vivone e Maria Emilia Moretti FONDAZIONE IRCCS CA GRANDA OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICO DI MILANO (C.F ), con il patrocinio dell avv. prof. Valerio Onida e dell avv. prof. Barbara Randazzo - RESISTENTI n. r.g /2017 da:

7 FONDAZIONE IRCCS CA GRANDA OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICO DI MILANO (C.F ), con il patrocinio dell avv. prof. Valerio Onida e dell avv. prof. Barbara Randazzo - RECLAMANTE contro MINISTERO DELLA SALUTE (C.F ) con il patrocinio dell avv. AVVOCATURA STATO MILANO elettivamente domiciliato in VIA FREGUGLIA, MILANO presso il difensore avv. AVVOCATURA STATO MILANO... (C.F. SBRDVD83T29I690Z ) e... (C.F. BCCRSL80E47F205P ), con il patrocinio dell avv. prof. Gianni Baldini e dell avv. Lara Giglio REGIONE LOMBARDIA (C.F ), con il patrocinio dell avv. Pio Dario Vivone e Maria Emilia Moretti RESISTENTI a scioglimento della riserva assunta all udienza del , ha emesso la seguente ORDINANZA Con ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato il 2 ottobre 2014,... e... hanno evocato in giudizio l Ospedale Maggiore Policlinico, in persona del legale rappresentante pro-tempore, per far valere il loro diritto ad accedere alla fecondazione medicalmente assistita con diagnosi preimpianto per l accertamento dello stato di salute dell embrione e specificatamente rispetto alla patologia congenita ed irreversibile di esostosi multiple ereditarie di cui è affetto... Si è costituita la Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano essenzialmente deducendo l impossibilità di eseguire quanto richiesto dai ricorrenti per problemi di ordine tecnico legati alla mancanza di strumentazione e delle specifiche competenze necessarie. Con ordinanza riservata il giudice ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell art. 1, commi 1 e 2, e dell art. 4 comma 1 della legge 19 febbraio 2004 n. 40, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 Cost., nonché con l art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione all art. 8 e 14 della CEDU nella parte in cui dette norme non consentono il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, e dunque anche alla diagnosi preimpianto, alle coppie fertili, come i ricorrenti, portatrici di malattia geneticamente trasmissibile. Con sentenza n. 96/2015 la Corte Costituzionale decidendo su un petitum di contenuto analogo a quello in esame ha dichiarato l illegittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1 e 2, e 4 comma 1 della l. 40/2004, nella parte in cui non consentono il ricorso alla tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all art. 6 comma 1 lettera b) L. 194/1978, accertate da apposite strutture pubbliche. Il è stato celebrato, in camera di consiglio, il giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale, con contestuale decisione n. 54/2016 che ha dichiarato la questione manifestamente inammissibile per carenza di interesse, in ragione delle statuizioni contenute nella sentenza n. 96/2015. A seguito di riassunzione, il procedimento cautelare è proseguito e con ordinanza del il giudice ha ordinato l integrazione del contraddittorio, ex art. 107 c.p.c., nei confronti della Regione Lombardia e del Ministero della Salute ed ha disposto una consulenza tecnica diretta ad accertare le caratteristiche della malattia geneticamente trasmissibile da cui è affetto il ricorrente. Si sono costituiti sia la Regione sia il Ministero ed hanno chiesto il rigetto delle domande essenzialmente ritenendo necessario un intervento legislativo per dare attuazione alla decisione della Corte

8 Costituzionale. Espletata la consulenza, all esito della discussione, il giudice con ampia e articolata motivazione ha così statuito: a) accerta il diritto di... e... ad ottenere, nell ambito dell'intervento di procreazione medicalmente assistita, l'esame clinico e diagnostico sugli embrioni e il trasferimento in utero della Sig.ra... solo degli embrioni sani o portatori sani delle patologie il sig.... risulta affetto; b) dispone che la Fondazione IRCCS Ca Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, in persona del legale rappresentante, esegua, nell'ambito dell'intervento di procreazione medicalmente assistita, l'esame clinico e diagnostico sugli embrioni e trasferisca in utero della Sig.ra..., qualora da lei richiesto, solo gli embrioni sani o portatori sani delle patologie da cui il sig.... risulti affetto, mediante le metodologie previste in base alla scienza medica; c) dispone che, qualora la struttura sanitaria pubblica dovesse trovarsi nell'impossibilità di erogare la prestazione sanitaria tempestivamente in forma diretta, tale prestazione possa essere erogata in forma indiretta, mediante il ricorso ad altre strutture sanitarie; d) dichiara inammissibile la domanda relativa ad ottenere il rimborso delle spese sostenute per effettuare i trattamenti di PGD in Centri medici stranieri; e) compensa integralmente tra le parti le spese di lite e le spese di CTU, già liquidate con separato provvedimento. Avverso l ordinanza hanno tempestivamente proposto reclamo il Ministero della Salute e la Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico; si sono costituiti i signori... e... e gli stessi reclamanti l uno rispetto all altro; nessuno si è costituito per la Regione Lombardia alla quale entrambi i reclami sono stati ritualmente notificati con il decreto di fissazione dell udienza. All udienza del il Collegio ha riunito il procedimento n.21844/2017, relativo al reclamo della Fondazione, a quello n.20991/2017, relativo al reclamo del Ministero, e dopo ampia discussione si è riservato di decidere. *** La Corte Costituzionale con la sentenza n.96 del 2015 ha dichiarato l illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 ( norme in materia di procreazione medicalmente assistita ), nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull interruzione volontaria della gravidanza), accertate da apposite strutture pubbliche. Come ben evidenziato dal primo giudice Con questa pronuncia, il giudice delle leggi si è posto il problema del coordinamento delle disposizioni censurate (artt. 1, commi 1 e 2 e 4, comma 1, della legge n. 40 del 2004) con la legge n. 194 del 1978 che disciplina l ipotesi della interruzione volontaria di gravidanza, al fine di rimuovere le antinomie delle menzionate discipline. Ed invero, come affermato dalla Corte, se è consentito ricorrere all aborto terapeutico qualora siano riscontrate gravi malattie del feto destinate ad inevitabili ripercussioni sul benessere psico-fisico della donna, appare irragionevole

9 vietare la diagnosi genetica pre-impianto (da effettuarsi sull embrione in vitro) idonea a prevenire gli stessi problemi in una fase ancora più anticipata, e dunque con minori rischi per la salute della donna, consentendo a quest ultima la preventiva acquisizione di informazioni sulle condizioni di salute dell embrione. Nel bilanciamento di contrapposti interessi si è data dunque prevalenza alla tutela della salute della donna - intesa in senso ampio, come salute psico-fisica - rispetto alla tutela dell embrione (come peraltro già avvenuto con la sentenza n. 151 del 2009, che aveva già profondamente inciso sull impianto della legge n. 40 del 2004). Il Giudice delle leggi ha pertanto individuato due requisiti per la liceità dell accesso delle coppie fertili portatrici di malattie geneticamente trasmissibili alla PMA: la gravità del danno o del pericolo che potrebbe derivare alla madre dal proseguire della gestazione e la necessità di un accertamento da parte di apposita struttura pubblica specializzata. Il reclamo del Ministero si sviluppa in tre motivi che il Collegio ritiene non fondati. Assume il Ministero che l ordinanza reclamata sarebbe stata pronunciata in assenza di una specifica disposizione di rango legislativo, l unica abilitata a disciplinare i diritti inviolabili della persona e che la stessa Corte Costituzionale, sia nella sentenza n.96 del 2015 sia nella precedente n. 162 del 2014, ha precisato che la materia su cui verte il giudizio in oggetto è oggetto di riserva assoluta di legge. Al contrario va condivisa la impostazione del primo giudice che ha qualificato la sentenza n. 96/2015 -che dichiara l illegittimità costituzionale della disposizione oggetto di giudizio nella parte in cui non (come nelle classiche pronunce additive) e non procede ad individuare un frammento normativo mancante, ma indica il principio generale cui ispirarsi nel riempire di contenuti la lacuna riscontrata, così da rispettare la discrezionalità del legislatore- come additiva di principio, con cui la Corte somministra essa stessa un principio cui il giudice comune è abilitato a fare riferimento per porre frattanto rimedio all omissione in via di individuazione della regola del caso concreto, in attesa di un intervento legislativo (sent. n. 295 del 1991). Ne consegue che il giudice è chiamato a fare riferimento ai principi stabiliti nella sentenza n. 96 del 2015 e, in attesa dell intervento del legislatore, ad individuare la regola del caso concreto, così da garantire una tutela effettiva del diritto leso (ai sensi degli artt. 2, 3 24 Cost, 6, 13 Cedu e 47 della Carta di Nizza). Si rileva inoltre che nella stessa pronuncia n.96/2015, la Corte invoca un futuro intervento del legislatore, ritenendolo però auspicabile ed opportuno, e dunque non indispensabile, per dare immediata precettività alla normativa residua. Oltre a tali considerazioni svolte dal primo giudice può essere ricordato che con la sentenza additiva di principio, la Corte instaura un dialogo non solo con il legislatore, chiamato a colmare il difetto di normazione, ma anche con i giudici, sui quali ricade, nelle more dell intervento legislativo, il compito di dare seguito, nella concretezza dei rapporti giuridici, al principio enunciato nella decisione di illegittimità costituzionale. Inoltre, diversamente da quanto affermato dal Ministero, proprio dal punto 11 del considerato in diritto della sentenza n.162 del 2014 si rileva la possibilità di un intervento immediato e diretto dei giudici allo scopo di eliminare eventuali lacune nelle more dell intervento del legislatore soprattutto quando risulti accertata la violazione di una libertà fondamentale, che non può mai essere giustificata con l eventuale inerzia del legislatore ordinario. Secondo il Ministero, l ordinanza inoltre difetterebbe per un erronea applicazione dei principi enunciati nella più volte citata sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 2015 nella parte in cui dispone di effettuare l indagine presso centri pubblici, mentre la Consulta richiede che siano pubblici i centri ove accertare le patologie che possano giustificare l accesso alla PMA (lettera b) del dispositivo). Pare sufficiente osservare che nel caso di specie non è mai stata posta in discussione la correttezza

10 della diagnosi della patologia di esostosi multipla ereditaria di cui è affetto il signor..., già accertata presso un centro accreditato e all esito dell accertamento tecnico disposto in primo grado, oltre ad essere stata ammessa da tutti i resistenti. La preoccupazione dell amministrazione di evitare possibili forme di lucro nel caso di specie risulta dunque ampiamente scongiurata. Infine, il Ministero contesta il requisito della gravità della patologia da cui è affetto il sig.... Secondo la Corte Costituzionale n. 96 del 2015 la patologia genetica deve essere valutata alla stregua del criterio di gravità, di cui all art.6 comma 1, lettera b) della l. 194/1978. Come condivisibilmente osservato dal primo giudice La l. 194 del 1978 diventa, pertanto, il parametro di valutazione per determinare i casi di ammissione alla diagnosi preimpianto di coppie fertili: solo se la donna può abortire dopo la diagnosi prenatale, infatti, il sacrificio del suo diritto alla salute è ingiustificato (e dunque incostituzionale) non essendo bilanciato dalla tutela del nascituro (esposto al rischio dell aborto). La Corte traccia, pertanto, un evidente parallelismo tra aborto dopo i primi 90 giorni ed accesso alla PMA delle coppie fertili. A tal proposito, giova ricordare che l art. 6, comma 1, lettera b) l. 194/1978 prevede che: L interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata: b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. La norma richiede che le patologie del nascituro: 1) siano state accertate; 2) siano rilevanti; 3) che il pericolo della salute fisica o psichica della donna sia grave, così da giustificare l aborto. Dunque, secondo il giudice costituzionale, è la realtà e la gravità del danno o del pericolo che potrebbe derivare alla madre dal proseguire della gestazione (per usare le parole della Corte nella sentenza 27 del 1975) la giustificazione costituzionalmente difendibile per consentire una regressione di tutela del concepito. La donna deve, pertanto, accusare circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la salute fisica o psichica.. Si tratta di una valutazione condivisa dallo stesso Ministero (non contesta infatti che la diagnosi prenatale della patologia di cui è affetto il sig.... potrebbe consentire alla donna di interrompere la gravidanza oltre i 90 giorni) che tuttavia, se ben si è inteso, sembra prospettare il rischio che con la diagnosi preimpianto si possa scegliere fra tanti embrioni il migliore, cioè la coppia può scegliere DI CHI essere genitore. E selezionare un embrione in base al codice genetico è, per definizione, un procedimento eugenetico, e con tutte le conseguenze rispetto a un quadro legislativo come quello italiano dove non sono previsti interventi eugenetici, esplicitamente vietati dall articolo 13, comma 3, lettera b), della legge n. 40 del Quest ultima considerazione non è pertinente poiché la diagnosi preimpianto, nel caso di specie, è volta esclusivamente a selezionare preventivamente gli embrioni privi di quella specifica e grave patologia geneticamente trasmissibile di cui è portatore uno dei genitori, e non quindi alla selezione di un embrione sano o dotato di particolari caratteristiche biotipiche per il perseguimento di illegittimi fini eugenetici, come ricordato dalla citata sentenza 162/2014. Il reclamo del Ministero della Salute deve essere per tali ragioni interamente respinto. Diversa la ragione posta dalla Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico a sostegno del proprio reclamo. L Ospedale ha affermato che scopo del presente reclamo non è quello di chiedere un ripensamento sulla decisione del giudice monocratico circa l accertamento del diritto dei ricorrenti ad ottenere,

11 nell ambito dell intervento di procreazione medicalmente assistita, l esame clinico diagnostico sugli embrioni e il trasferimento in utero della signora... solo degli embrioni sani o portatori sani delle patologie da cui il signor... risulta affetto (capo a del dispositivo), ma piuttosto quello di chiedere al Collegio la precisazione dei soggetti sui quali incombe l onere finanziario per l effettuazione della prestazione indicata a favore dei ricorrenti. La questione, già posta nella prima fase, è stata ribadita in questa sede e in udienza ha trovato ampio spazio di discussione la precisazione del Policlinico di non essere ancora attrezzato per eseguire la prestazione diagnostica della malattia genetica di cui è portatore il signor..., E comunque emerso che, se in Lombardia non vi sono, ad oggi, strutture sanitarie in grado (per risorse umane e tecnologiche) di eseguire sia la diagnosi preimpianto della malattia in questione sia il successivo trasferimento degli embrioni sani, vi sono in altre regioni italiane strutture (pubbliche o private convenzionate) ove è possibile o eseguire la diagnosi preimpianto che qui interessa (peraltro con le difficoltà connesse al successivo trasporto degli embrioni sani in altra struttura dove possa aver luogo il trasferimento nell utero) o eseguire sia la diagnosi sia l impianto. Inoltre, è stato ricordato che un paziente residente in una regione può fruire delle prestazioni sanitarie di cui necessita, nell ambito e a carico del Servizio Sanitario Nazionale, anche in altra regione. La circostanza che la diagnosi preimpianto e la selezione degli embrioni rispetto alla specifica malattia genetica di cui è portatore il sig.... non sia, ancora, prevista fra quelle che debbono essere erogate dal Servizio Sanitario Nazionale poiché non contemplata dai cosiddetti LEA (livelli essenziali di assistenza) o dalla normativa integrativa della Regione Lombardia, la quale abbia previsto altresì le modalità e l entità del relativo riconoscimento economico a favore della struttura che esegue la prestazione (cosiddetto DRG), non rileva trattandosi di questione superata dall ordinanza impugnata che sul punto (nello specifico, capi a) e b) del dispositivo) viene confermata in conseguenza del rigetto del reclamo del Ministero e non è stata contestata dal Policlinico. Va quindi ribadito il diritto di... e... ad ottenere, nell ambito dell'intervento di procreazione medicalmente assistita, l'esame clinico e diagnostico sugli embrioni e il trasferimento in utero della Sig.ra... solo degli embrioni sani o portatori sani delle patologie il sig.... risulta affetto, e mantenuto a carico del Policlinico di Milano l obbligo di dare esecuzione a quanto necessario al fine di garantire e tutelare il diritto così riconosciuto, in via diretta o anche, e soprattutto, indiretta. Quanto all onere economico, il Collegio ritiene di dover evidenziare che non rientra tra i compiti dell autorità giudiziaria indicare l organo pagatore una volta accertato e riconosciuto che l onere spetta al Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia, per chiarezza ed al solo fine di consentire che nel caso di specie il diritto riconosciuto ai signori... e... possa trovare effettiva tutela, nei termini indicati, e non si trovi esposto a rifiuti o dilazioni per finalità di natura prettamente economica che non possono prevalere su un diritto fondamentale quale è quello alla salute, è opportuno precisare che ove permanga la impossibilità per il Policlinico di erogare tempestivamente la prestazione in questione in forma diretta, la stessa struttura sanitaria è tenuta ad assumere le necessarie iniziative per indirizzare la coppia in altra struttura (pubblica o privata convenzionata) attrezzata ad eseguire sia la diagnosi preimpianto sia il trasferimento degli embrioni, con oneri a carico del Servizio Sanitario Nazionale e, quindi, della Ragione Lombardia quale regione di residenza dei soggetti interessati. In tali termini può procedersi ad integrazione del punto c) del dispositivo dell ordinanza impugnata della quale va confermata ogni altra statuizione.

12 In ragione della particolarità e novità della questione, possono essere integralmente compensate tra le parti anche le spese della presente fase. P.Q.M. rigetta il reclamo del Ministero della Salute; in parziale accoglimento del reclamo della Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ad integrazione del punto c) del dispositivo dell ordinanza del (n.58158/2016 R.G.) così provvede: c) dispone che, qualora la struttura sanitaria pubblica dovesse trovarsi nell'impossibilità di erogare la prestazione sanitaria tempestivamente in forma diretta, tale prestazione possa essere erogata in forma indiretta nell ambito del Servizio Sanitario Nazionale, mediante il ricorso ad altre strutture sanitarie, eventualmente anche estranee al territorio della Regione Lombardia, previa adozione di ogni comportamento a ciò necessario, con iniziale onere a carico della Regione Lombardia, luogo di residenza; ; conferma nel resto l ordinanza del (n.58158/2016 R.G.); dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente procedimento. Si comunichi. Così deciso in Milano il 13 luglio 2017 Il Presidente Il giudice estensore Paola Maria Gandolfi Laura Massari ( da )

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