GUARDIA DI FINANZA SCUOLA DI POLIZIA TRIBUTARIA

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1 GUARDIA DI FINANZA SCUOLA DI POLIZIA TRIBUTARIA LAVORI MONOGRAFICI DEL 30 CORSO SUPERIORE LUIGI EINAUDI DIRITTO DELLA FISCALITÀ LIDO DI OSTIA, MAGGIO 2002

2 2 Impaginazione M.C. MARCO BOCCOLINI M.O. VINCENZO CILIBERTI FIN. GIANCARLO NAPOLI Stampa BRIG. RAFFAELLO FANTONI BRIG. GIUSEPPE FINOCCHIARO FIN. SC. MARIO CRUCIANI FIN. SC. NATALINO PALERMO FIN. SC. EDUARDO MARRA FIN. ALFREDO LABATE

3 INDICE PARTE PRIMA L EVOLUZIONE DEL RULING QUALE STRUMENTO DEFLATTIVO DEL CONTENZIOSO a cura del T. Col. Decio PAPARONI CAP. I L INTERPELLO ANTIELUSIVO O SPECIALE Introduzione L elusione nell ordinamento italiano L art. 10 della legge n. 408/90 e l art. 37 bis del D.P.R. 600/ L interpello ex art. 21 della legge 30 dicembre 1991, nr La procedura in prima istanza La procedura in seconda istanza Caratteristiche ed effetti dell interpello antielusivo Gli effetti sul piano penale CAP. II TAX RULING NEGATIVO La previsione normativa e l ambito oggettivo d applicazione Procedura ed effetti CAP. III L INTERPELLO ORDINARIO La disciplina dello statuto: caratteri generali L ambito oggettivo Le obiettive condizioni d incertezza L interpretazione ministeriale Le cause delle obiettive condizioni di incertezza Aspetti procedurali Il parere e il silenzio-assenso Gli effetti Effetti relativi alla risposta rettificativa e tardiva Gli effetti sul piano penale L interpello all Agenzia delle Dogane L interpello sulle Controlled Foreign Companies (CFC) L interpello all Agenzia del Territorio Conclusioni... 42

4 II APPENDICE NORMATIVA SECONDARIA E PRASSI D.M. 13 Giugno 1997, N Regolamento Concernente L organizzazione Interna, Il Funzionamento E Le Dotazioni Finanziarie Del Comitato Consultivo Per L applicazione Delle Norme Antielusive D.M. 19 giugno 1998, n Circ. n. 50/E del 31 maggio 2001 Agenzia delle Entrate - Dir. normativa e contenzioso Statuto del contribuente - diritto di interpello - istruzioni - Art. 11 della L. 27 luglio 2000, n d.m. 26 aprile 2001, n D.M. 26 aprile 2001, n D.M. 19 giugno 1998, n BIBLIOGRAFIA PARTE SECONDA IL RILANCIO DELL ECONOMIA E L EMERSIONE DEL SOMMERSO a cura del Magg. Guido Mario GEREMIA Premessa CAP. I LE POLITICHE PER L EMERSIONE I nuovi strumenti di tutela I patti sociali per il lavoro I contratti di riallineamento CAP. II IL RECENTE PROVVEDIMENTO PER L EMERSIONE DEL LAVORO NERO I Soggetti interessati L ambito oggettivo d applicazione Il regime agevolato per il datore di lavoro L agevolazioni per il lavoratore Gli effetti della regolarizzazione per il futuro La definizione degli anni pregressi per i datori di lavoro La definizione degli anni pregressi per i lavoratori Gli effetti della regolarizzazione per il passato Le modalità applicative Considerazioni conclusive

5 III PARTE TERZA ARMONIZZAZIONE DELLE MODALITÀ DI FATTURAZIONE NELLA UE a cura del Magg. Francesco FALLICA Premessa CAP. I L INIZIATIVA SLIM FINALIZZATA AD UNA MODIFICA DELLA SESTA DIRETTIVA 77/ Premessa Lo studio della Price Waterhouse & Coopers CAP. II LE MODIFICHE APPROVATE DALLA DIRETTIVA 2001/115/CEE DEL Obblighi di fatturazione Il contenuto delle fattura La fatturazione elettronica Archiviazione delle fatture CAP. III L IMPATTO SULLA POLITICA DEI CONTROLLI La crisi dei metodi tradizionali Aggiornamento delle potestà ispettive Accentuazione della qualità, ma anche e soprattutto della velocità, dei rapporti di collaborazione internazionale Individuazione dei modi e dei limiti di responsabilizzazione degli intermediari che ancora s'interpongono nell'operazione on line Conclusioni Bibliografia PARTE QUARTA L EVOLUZIONE DEI PRINCIPI DI MOTIVAZIONE E CHIAREZZA NEL DIRITTO TRIBUTARIO E CONNESSI PROFILI PROCESSUALI a cura del Magg. Luigi DELLA VOLPE Premessa

6 IV CAP. I LA GENESI E LO SVILUPPO DELL OBBLIGO DI MOTIVAZIONE ANTE STATUTO La obbligatorietà della motivazione La genesi della motivazione e la Legge 241/ La motivazione degli atti impositivi Il carattere polifunzionale della motivazione Le funzioni della motivazione Il contenuto minino della motivazione La motivazione per relationem CAP. II LE DISPOSIZIONI DELLO STATUTO Le caratteristiche della norma La generalizzazione dell obbligo di motivazione e chiarezza L ambito oggettivo e soggettivo La motivazione per relationem alla luce dello Statuto L obbligo di chiarezza Le novità introdotte dal D.Lgs. 32/2001 in tema di motivazione CAP. III PROFILI PROCESSUALI La correlazione tra prova e motivazione L onere della motivazione in sede processuale L attuale contrasto tra dottrina e giurisprudenza Conclusioni Bibliografia CAP. I PARTE QUINTA TENDENZE EVOLUTIVE DELL IVA NEL COMMERCIO ELETTRONICO, ALLA LUCE DELLA NUOVA DIRETTIVA COMUNITARIA a cura del Magg. Paolo KALENDA L ATTUALE REGIME FISCALE I.V.A. DELLE OPERAZIONI ON-LINE Premessa Brevi cenni sulla natura del commercio elettronico Definizioni e tipologie Disciplina generale del commercio elettronico L attuale regime fiscale del commercio elettronico

7 V 3.1 Premessa. Profili internazionali Brevi cenni alle principali problematiche relative alle imposte sui redditi La normativa I.V.A. sul commercio elettronico Il commercio elettronico indiretto Il commercio elettronico diretto CAP. II IL REGIME FISCALE I.V.A. DELLE OPERAZIONI ON LINE ALLA LUCE DELLA NUOVA DIRETTIVA COMUNITARIA L iter della riforma I principi ispiratori della proposta Commercio elettronico indiretto Commercio elettronico diretto Obblighi dei prestatori di servizi Le novità del Regolamento di modifica delle disposizioni sulla cooperazione amministrativa e sullo scambio di informazioni Cenni agli obblighi strumentali connessi alla documentazione delle operazioni Considerazioni conclusive Bibliografia Allegati Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell 8 giugno 2000 relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno. «Direttiva sul commercio elettronico» Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59" Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 Numero 633. Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto. Art. 7 - Territorialità dell'imposta Comunicazione della Commissione COM (1998) 374 "Commercio elettronico e tassazione indiretta" ( ) - sintesi

8 VI Proposta di DIRETTIVA DEL CONSIGLIO che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda il regime di imposta sul valore aggiunto applicabile a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici e ai servizi di radiodiffusione e di televisione Proposta di REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO che modifica il regolamento (CEE) n. 218/92 del Consiglio concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (IVA) ed introduce misure aggiuntive in materia di commercio elettronico PARTE SESTA PROFILI PROBLEMATICI IN MATERIA DI ELUSIONE FISCALE, ALLA LUCE DEI PRINCIPALI ORIENTAMENTI DOTTRINALI E GIURISPRUDENZIALI a cura del Magg. Agostino NUZZOLO Premessa INQUADRAMENTO DEL FENOMENO E CENNI SULLA NORMATIVA ANTIELUSIVA Elusione, evasione e risparmio d imposta La natura delle norme antielusive CAP I CAP II PROFILI PROBLEMATICI DELLA DISCIPLINA ANTIELUSIVA La presupposizione in materia tributaria e la sua evoluzione storica Elusione fiscale e contratto in frode alla legge Elusione fiscale e contratto simulato L identificazione del comportamento elusivo ai sensi dell art. 37/bis del D.P.R. 600/ Le valide ragioni economiche L indebito vantaggio fiscale L aggiramento di obblighi o divieti La rilevanza sanzionatoria dell elusione Alcune considerazioni conclusive alla luce del progetto di riforma del sistema tributario in discussione in Parlamento Bibliografia

9 VII RASSEGNA GIURISPRUDENZIALE Corte costituzionale Sent. n. 115, del Corte di Cassazione Sent. n. 3735, del 3 luglio Sent. n. 4024, del Sent. n. 5264, del 7 ottobre Sent. n. 5515, del Sent. n. 5, del 5 gennaio 1985 (emessa il 13 giugno 1984) Sent. n. 6445, dell'8 maggio-18 dicembre Sent. n. 6970, del Sez. I, Sent. n. 5308, del Sez. II, Sent. n. 8616, del Raccolta della prassi di maggiore interesse Risoluzione del , n Ministero delle finanze imposte dirette Risoluzione del , n Agenzia delle entrate direzione centrale normativa e contenzioso PARTE SETTIMA L EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI DEBITORE DI IMPOSTA ALLA LUCE DELLA RECENTE DIRETTIVA COMUNITARIA a cura del Magg. Renzo NISI Premessa CAP. I LA TERRITORIALITÀ IVA E L UTILIZZO DEL RAPPRESENTANTE FISCALE Territorialità e rilevanza delle operazioni Territorialità e territorio Principio di origine e principio di destinazione Luogo di origine e di destinazione delle operazioni Residenza fiscale dell'operatore Territorialità delle cessioni di beni Cessioni nazionali Il rappresentante fiscale e la stabile organizzazione «Reverse charge» La responsabilità fiscale del mandatario IVA

10 VIII CAP. II LA NUOVA FIGURA DEL DEBITORE D IMPOSTA Le semplificazione contenute nella Direttiva 2000/65/CE Debitori dell imposta verso l Erario Natura privata dell'acquirente o committente Interpretazioni alternative e prospettive future Bibliografia PARTE OTTAVA L ELEMENTO SOGGETTIVO DELLE SANZIONI TRIBUTARIE AMMINISTRATIVE a cura del Magg. CCrn Errico PASSARO Premessa CAP. I IL PRINCIPIO DI PERSONALITÀ I principi generali Il principio di personalità CAP. II LA COLPEVOLEZZA La responsabilità tributaria La colpa lieve La colpa grave Il dolo La responsabilità del consulente La responsabilità del dipendente/rappresentante CAP. III LA NON PUNIBILITÀ L errore sul fatto L errore di diritto Il fatto denunciato all Autorità Giudiziaria La causa di forza maggiore Conclusione Bibliografia

11 PARTE PRIMA L EVOLUZIONE DEL RULING QUALE STRUMENTO DEFLATTIVO DEL CONTENZIOSO Docente: On. Maurizio LEO Frequentatore: Ten. Col. Decio PAPARONI

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13 CAPITOLO I L INTERPELLO ANTIELUSIVO O SPECIALE 1. Introduzione I rapporti tra Fisco e contribuente sono stati improntati da sempre su una netta supremazia del primo rispetto al secondo. La posizione del contribuente, in particolare, ha risentito storicamente del modello autoritativo proprio del settore tributario, nel quale il medesimo ha svolto un ruolo di sudditanza rispetto allo Stato, tenuto conto che gli veniva riconosciuto scarso potere partecipativo, nel procedimento di controllo ed accertamento, inteso in funzione di contraddittorio con funzioni difensive e non di mera collaborazione nell attuazione del rapporto giuridico d imposta. Da alcuni anni, tuttavia, si assiste ad una lenta ma progressiva evoluzione del ruolo del contribuente, in senso più partecipativo nell esercizio della funzione amministrativa, in un ottica di trasparenza e di rispetto reciproco. Volendo descrivere un breve excursus storico, non completamente esaustivo degli istituti partecipativi, si può sicuramente ricordare come una loro prima forma si riscontra nell art. 2 della L. nr. 17/1985, con la quale era stato previsto, per la prima volta, l obbligo dell Amministrazione di inviare una richiesta di chiarimenti, che doveva essere formulata prima di emanare l accertamento induttivo in base ai coefficienti: l emissione dell avviso di accertamento, in mancanza di richiesta, comportava l illegittimità dell atto 1. L istituto dell accertamento con adesione, introdotto dal D.L. nr. 564/1994 e riformulato con L. 218/1997, è incentrato sulla partecipazione del contribuente in funzione di contraddittorio, sebbene a carattere facoltativo, in quanto non è previsto alcun obbligo di convocazione dell Amministrazione e contemporaneamente del contribuente di rispondere. Una forma di 1 Nessuna sanzione specifica era prevista nel caso di inosservanza sia del mancato invio della richiesta che della mancata risposta del contribuente. L istituto della richiesta di chiarimenti fu esteso ai cc.dd. coefficienti presuntivi di reddito, al contributo diretto lavorativo o alle società di comodo in funzione di collaborazione, in quanto ponevano una preclusione in caso di non invio dei motivi, che non potevano essere successivamente addotti a giustificazione.

14 4 L EVOLUZIONE DEL RULING QUALE STRUMENTO DEFLATTIVO DEL CONTENZIOSO partecipazione particolarmente pregnante viene individuata nei cosiddetti controlli cartolari, ex art. 36 bis e 36 ter del D.P.R. 600/1973, rispettivamente sostituito e modificato dall art. 13 del D. Lgs. 9 luglio 1997, nr Va poi segnalata la forma di contraddittorio prevista dall art. 16 del D.Lgs. nr. 472/1997, che tratta del procedimento d irrogazione delle sanzioni amministrative, prevedendo la notifica di un atto di contestazione della violazione, prima dell irrogazione. Il destinatario può impugnare l atto, o definire le violazioni in via breve od infine presentare delle deduzioni, che, se non accolte, comportano l irrogazione delle sanzioni 2. Questa progressiva riduzione del notevole gap tra cittadino e Amministrazione finanziaria è stata possibile grazie anche ad un lento, ma ormai inesorabile, processo di svecchiamento e di ammodernamento dell apparato amministrativo, in termini di efficienza, efficacia e di economicità, nel quale vi è sempre più spazio per proficue forme di costruttiva collaborazione tra gli attori del rapporto giuridico d imposta, con la concomitante erosione della tradizionale contrapposizione, frutto di quel modello organizzativo di cui si è fatto innanzi cenno. Va comunque precisato che nel rapporto - contrapposizione tra Fisco e contribuente è sempre stato riconosciuto il diritto, per quest ultimo, di porre domande, richieste di informazioni e pareri al primo, su svariate questioni di carattere fiscale. Ma l attività che l Amministrazione svolgeva in risposta era fortemente limitata, con conseguenti ripercussioni negative nei rapporti con i contribuenti. Infatti l Amministrazione non aveva l obbligo di rispondere, aggravato dalla cronica incapacità in cui essa versava 3 per cui, nel caso (piuttosto frequente) in cui il contribuente non riceveva risposta, non vi erano a sua disposizione mezzi di tutela. 2 Per una più compiuta analisi del fenomeno cfr. SALVINI L. La nuova partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo statuto del contribuente ed oltre), in Rivista di diritto tributario, I 2000, pagg Cfr. CARBONE M. La disciplina del diritto d interpello e le prospettive d evoluzione, in Rivista della Guardia di Finanza, nr. 5, 1998, pagg e ss. e in Statuto dei diritti del contribuente, supplemento al nr. 41 del Fisco 2000, nel quale alle pagine l autore riporta : gli uffici finanziari periferici e le Direzioni regionali delle Entrate non rispondono per le intrinseche difficoltà dell argomento, per l obiettiva carenza di personale, perché la questione può involgere questioni di diritto che impongono una soluzione unitaria sul territorio nazionale. Il Dipartimento delle entrate non risponde perché i casi che gli vengono sottoposti alla sua attenzione erano troppo numerosi (e spesso neanche adeguatamente istruiti), o troppo specifici.. o troppo delicati (per cui si ritiene opportuno che sia un organo giurisdizionale a risolvere il problema a posteriori).

15 L INTERPELLO ANTIELUSIVO O SPECIALE 5 Laddove, poi, la risposta perveniva, spesso sotto forma di risoluzione, essa ben poteva essere successivamente sconfessata e tutt al più poteva implicare una responsabilità di carattere disciplinare, eventualmente nei confronti di quei funzionari che non la rispettavano. Sulla scia dell evoluzione dell attività partecipativa del contribuente all attività amministrativa, in termini non più di mera collaborazione, si inserisce l istituto del ruling o dell interpello, che se da un lato contribuisce al buon esito e al miglioramento dell attività amministrativa, dall altro dà un contributo rilevante a deflazionare il contenzioso. Il ruling mira non già e non solamente a porre dei quesiti, più o meno complessi, circostanza già riconosciuta dall ordinamento tributario, come riferito, ma altresì ad ottenere una specifica determinazione ad opera dell Amministrazione finanziaria, chiamata ad interpretare particolari disposizioni tributarie che dovranno essere applicate a casi concreti, formulati dai contribuenti, attraverso dei moduli procedurali, che comunque consentono di acquisire un determinato orientamento, anche in caso di sua inerzia. L attuale ordinamento riconosce tre tipi di interpello, che testimoniano di una sua naturale evoluzione: 1. l interpello riconducibile all art. 21 della L. 30 dicembre 1991, nr. 413, meglio conosciuto interpello antielusivo o speciale; 2. quello previsto dall art. 37 bis, comma 8, del D.P.R. nr. 600/1973, concernente l interpello preventivo, finalizzato a determinare la disapplicazione delle disposizioni antielusive di tipo analitico, che limitano arbitrariamente deduzioni, detrazioni o crediti d imposta o tax ruling negativo ; 3. l ultima forma introdotta dall art. 11 della L. 27 luglio 2000, nr. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), o interpello ordinario. I tre suddetti tipi saranno oggetto di esame in prosieguo al fine di coglierne caratteristiche, differenze ed effetti. 2. L elusione nell ordinamento italiano Prima di esaminare l interpello antielusivo è bene richiamare, almeno nelle sue linee essenziali, il fenomeno dell elusione e di come essa sia stata disciplinata nel nostro ordinamento, per meglio comprendere l istituto oggetto di esame. L elusione è un comportamento di per sé non illecito, non vietato espressamente dall ordinamento, che mediante l uso distorto di istituti

16 6 L EVOLUZIONE DEL RULING QUALE STRUMENTO DEFLATTIVO DEL CONTENZIOSO giuridici consente il risparmio d imposta. Si dice che essa è extra legem e non contra legem, come nel caso dell evasione. Si sostiene: Si ha elusione fiscale, allorquando il soggetto, pur non realizzando la fattispecie imponibile prevista dalla legge tributaria, consegue per una diversa via il medesimo risultato economico che la legge intendeva assoggettare ad imposizione, o un risultato economico analogo o sufficientemente fungibile con esso 4. Con l elusione si violano le finalità ed i principi sottesi alla norma tributaria, mediante l utilizzo di scappatoie squisitamente giuridiche 5. Questo aspetto è rinvenibile anche nella relazione di accompagnamento all art. 37 bis del D.P.R. 600/73, introdotto con D. Lgs. 8 ottobre 1997, nr.385 (vds infra), secondo la quale i comportamenti elusivi comportano l utilizzazione di scappatoie formalmente legittime allo scopo di aggirare regimi fiscali tipici, ottenendo vantaggi che ordinariamente il sistema non consente e indirettamente approva. Con l elusione, in definitiva, si ottiene un risparmio d imposta non previsto o non consentito, neanche indirettamente dal legislatore. Occupa, quindi, una posizione intermedia tra il risparmio d imposta, esplicitamente consentito e l evasione vietata. Essa non va confusa con la simulazione, perché l atto giuridico è realmente voluto, anche se al fine di aggirare una norma fiscale, mentre con la simulazione vi è una volontà manifestata solo apparentemente, diversa da quella effettiva, preciso sintomo di evasione piuttosto che di elusione. Né l accostamento alla frode alla legge, ex art del codice civile secondo il quale è nullo per illiceità della causa il contratto che costituisce lo strumento per eludere l applicazione di una norma imperativa, risulta tra i più felici. In effetti si deve escludere l applicabilità di quell articolo ai fatti di elusione fiscale in quanto le norme tributarie, pur essendo inderogabili, non sono destinate a colpire determinati risultati non meritevoli di protezione, ma fissano oneri e pesi a carico del contribuente assumendo il dato di fatto o la fattispecie come indice di capacità contributiva 6. Il sistema tributario si compone di norme che impongono determinati comportamenti; alcune sono sostanziali, altre 4 Cfr. LOVISOLO A., Elusione ed evasione fiscale nei rapporti internazionali, in Rivista diritto e pratica tributaria, 1985, pag Cfr. LUPI R., Diritto tributario, 1998, pag Cfr. TABELLINI Libertà negoziale ed elusione d imposta Padova 1995, pag. 72.

17 L INTERPELLO ANTIELUSIVO O SPECIALE 7 concernono il procedimento applicativo del tributo, ovvero l attività di accertamento e di riscossione 7. Nel contrasto all elusione, il nostro ordinamento ha preferito la scelta di previsioni casistiche a quella di regole generali L art. 10 della legge n. 408/90 e l art. 37 bis del D.P.R. 600/73 Il tentativo di inserire una disposizione di carattere generale nel 1990 non sortì alcun effetto, in quanto fu contrastato efficacemente da quanti sostennero che in un sistema casistico della normativa tributaria, quale quello uscito dalla riforma del 1971, non potesse essere inserita una disposizione del genere, tenuto conto che la clausola generale comporta il rischio concreto di incrinare la certezza del diritto tributario 9. La normativa antielusione fu così introdotta in quell anno con la legge 408 del 29 dicembre, all art. 8. Essa attribuiva all Amministrazione la facoltà di disconoscere i vantaggi tributari di alcune operazioni, come quelle relative alla concentrazione, trasformazione, scorporo, cessione d azienda e riduzione del capitale 10, nel caso di mancanza di valide ragioni economiche. Riguardo alla condotta, richiedeva comportamenti fraudolenti. Proprio quest ultimo aspetto ne sancì la pressoché inoperosità della disposizione, richiamando istituti penalistici, che poco avevano a che fare con l elusione Cfr. TABELLINI op. cit., pag Il dibattito ha origini molto lontane, in quanto già risalente alla polemica tra due studiosi: il BERLIRI e il GRIZIOTTI, esponente della scuola di Pavia. Quest ultimo, in base alla cosiddetta interpretazione funzionale, attribuiva particolare importanza agli effetti strettamente economici derivanti dalle fattispecie negoziali, di cui erano autori i contribuenti. A sostegno della tesi, veniva richiamato l art. 8 del R.D. 30 dicembre 1923, nr. 3269, concernente l imposta di registro, secondo il quale doveva essere applicata l imposta, in relazione all intrinseca natura e agli effetti degli atti o dei trasferimenti ancorché non vi corrispondesse il titolo o la forma apparente. Cfr. FANTOZZI A. Diritto tributario UTET 1998, pag. 187 e CAPOLUPO S. Normativa elusiva. Nuova disciplina, vecchi problemi, in Il Fisco, nr. 44/97, pag Cfr. LUPI R. Relazione del SE.C.I.T., 6 ottobre 1993 L usufrutto di azioni in Rassegna tributaria, 1994, pag L art. 28 della legge 23 dicembre 1994, nr. 724 la estese alle operazioni di liquidazione, alle cessioni di credito, alle valutazioni di partecipazioni, alle cessioni e valutazioni di valori mobiliari. 11 La relazione ministeriale riporta:.. le principali difficoltà del citato art. 10 della legge n. 408/90 derivano comunque dall avverbio fraudolentemente che, se interpretato nell accezione penalistica del termine, svuota del tutto il contenuto della

18 8 L EVOLUZIONE DEL RULING QUALE STRUMENTO DEFLATTIVO DEL CONTENZIOSO La normativa in argomento, avendo avuto, pertanto, scarso successo, fu sostituita dall art. 7 del D.Lgs. 8 ottobre 1997, nr. 358, che ha introdotto l art. 37 bis del D.P.R. nr. 600/73. Anche tale normativa, sebbene contiene principi elusivi di carattere generale, non può essere catalogata tra le clausole generali, in considerazione del fatto che la sua applicazione rimane esclusivamente nell ambito delle fattispecie in essa elencate 12, rimanendo quindi nel solco della tradizione di tipo casistico. Secondo tale articolo, perché una fattispecie possa essere definita elusiva occorrono contestualmente i seguenti elementi: a) assenza di valide ragioni economiche; b) ottenimento di riduzioni d imposte o rimborsi, altrimenti indebiti; c) aggiramento di obblighi o divieti previsti dall ordinamento tributario. In primis, quindi, le operazioni poste in essere devono rispondere ad un reale ed apprezzabile interesse economico in capo al contribuente, verificando che il suo comportamento andava comunque posto in essere, indipendentemente dai vantaggi fiscali ritraibili dalle stesse. Il vantaggio fiscale può consistere o nella riduzione d imposta o nel rimborso che costituisce un autentica innovazione e specificazione al fine di meglio delineare le operazioni elusive, rispetto alla precedente formulazione dell art. 10 della L. 408/90, privo di qualsiasi riferimento a vantaggi tributari. I vantaggi, poi, devono essere indebiti, per cui nel raffronto di tipo sistematico tra la o le soluzioni più onerose scartate dal contribuente e quella da lui scelta vi deve essere un giudizio di assoluta preminenza delle prime, per cui quella scelta appaia una mera scappatoia. In tal modo un semplice giudizio di equivalenza comporta la legittimità del risparmio d imposta, che non assume le caratteristiche dell indebito. Ecco allora che l ultimo elemento dell aggiramento non va visto nei confronti di un obbligo sancito dall ordinamento tributario che, come si è visto, non pone obblighi o divieti, ma quanto con riferimento alla norma, dal momento che l elusione avviene nel rispetto della normativa vigente, senza che il contribuente si sottragga agli obblighi di comunicazione e documentazione di volta in volta previsti (dichiarazione, emissione di documenti, loro conservazione ecc.). Il concetto di fraudolenza era quindi fonte di incertezza tra una concezione penalistica, sostanzialmente panificatrice della norma e diverse concezioni tributaristiche (fatte proprie dal Secit) su cui peraltro la norma non forniva sufficienti indicazioni. 12 Cfr. LUPI R. Diritto tributario op. cit., pag. 125.

19 L INTERPELLO ANTIELUSIVO O SPECIALE 9 norma impositiva in se stessa o quantomeno ad un principio di cui la norma è espressione. Va poi precisato che il comportamento elusivo può consistere in uno o più fatti o negozi anche fra loro collegati. Ciò amplia la portata della norma per cui l indagine non sarà limitata all operazione corrispondente ad una delle fattispecie indicate nella norma, ma anche a quei fatti o negozi che siano collegati in una sorta di procedimento elusivo. Così ad esempio, nel caso di una fusione tra società il vantaggio fiscale può derivare da eventi preparatori, quali gli acquisti di partecipazioni sociali. Le operazioni tassativamente elencate sono: a) trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili; b) conferimenti in società, nonché negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende; c) cessioni di crediti; d) cessioni di eccedenze d imposta; e) operazioni di cui al D. Lgs. 30 dicembre 1992, nr. 544, recante disposizioni per l adeguamento alle direttive comunitarie relative al regime fiscale di fusioni, scissioni, conferimenti d attivo, e scambi d azioni; f) operazioni, da chiunque effettuate, incluse le valutazioni, avente ad oggetto i beni o i rapporti di cui all art. 81, comma 1, lettere da c) a c-quinquies), del T.U.I.R.. 3. L interpello ex art. 21 della legge 30 dicembre 1991, nr. 413 La prima forma d interpello riconosciuta dall ordinamento italiano è stata introdotta con l art. 21 della L. 413/91, anche se è passato qualche anno per la sua pratica applicazione, avvenuta con i relativi regolamenti di attuazione, emanati con DD.MM. nr. 194 e 195 del 13 giugno 1997, che concernono, il primo, l organizzazione interna, il funzionamento e le dotazioni finanziarie del Comitato consultivo per l applicazione delle norme antielusive, il secondo, la determinazione dei termini e delle modalità da osservare per l invio delle richieste di parere all amministrazione finanziaria e le conseguenti comunicazioni al richiedente. Successivamente, con il D.M. 20 dicembre 1999 sono state emanate le disposizioni riguardanti la pubblicazione dei pareri deliberati dal predetto Comitato.

20 10 L EVOLUZIONE DEL RULING QUALE STRUMENTO DEFLATTIVO DEL CONTENZIOSO Riguardo all ambito oggettivo di applicazione si può sostenere che esso riguarda tre distinte ipotesi 13 : la prima: l art. 37 bis del D.P.R. nr. 600 del 1973, per i casi di elusione di cui si è detto nel precedente paragrafo, con esclusione della specifica disposizione prevista dal comma 8 dello stesso articolo, oggetto d esame nel successivo capitolo; l art. 74, comma 2 del T.U.I.R., approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, nr.917; l art. 37, terzo comma del D.P.R. nr. 600 del 1973, concernente la cosiddetta interposizione fittizia di persone, riguarda l imputazione dei redditi ad un soggetto reale possessore, nel caso in cui venga dimostrato, nell accertamento d ufficio o in rettifica, che altri ne erano titolari apparenti, anche sulla base di presunzioni semplici. Riguardo a tale previsione, occorre precisarne l infelice inclusione nell interpello de quo in quanto, in realtà ci si trova di fronte ad una particolare ipotesi di simulazione. Se, in effetti, la norma conferisce all ufficio finanziario il potere di dimostrare, anche presuntivamente, l esistenza di una simulazione soggettiva, riconducendo la tassazione del reddito all effettivo possessore, trasferito solo in modo simulato alla persona interponente, essa mira, quindi, al contrasto di condotte evasive e non certo elusive 14. La seconda: il comma 9 dello stesso articolo 21 prevede la richiesta d interpello, anche prima della conclusione di un contratto, di una convenzione o di un atto che possa dar luogo all applicazione delle disposizioni richiamate nella prima ipotesi. Si tratta, quindi di un caso d interpello preventivo che concerne un attività, disgiunta da fatti realmente concretizzati. La terza riguarda le disposizioni contenute: nel comma 13, della L. nr. 413 del 1991, con riferimento alla natura ed al trattamento tributario delle operazioni intercorse tra 13 Cfr. CARBONE M. Le norme in materia d interpello in Statuto dei diritti del contribuente di SCREPANTI S. e dello stesso autore, in allegato a Il fisco nr. 41 del 2000, pag 158 e ss. 14 Cfr. GALLO F. Prime riflessioni su alcune recenti norme anttielusione, in Diritto e pratica tributaria, 1992; LUPI R. Ma che fine fanno il costo d acquisto e il prezzo di vendita nell usufrutto?, in Il fisco, 1993; LA ROSA S. Prime considerazioni sul diritto d interpello in Il fisco, nr. 32/1992, pag e ss.

21 L INTERPELLO ANTIELUSIVO O SPECIALE 11 imprese residenti e società domiciliate in paradisi fiscali, ex art. 76, commi 7-bis e 7-ter del T.U.I.R.; nell art. 27-bis, comma 5 del D.P.R. nr. 600/1973, con riguardo alla partecipazione di controllo diretto o indiretto di uno o più soggetti extracomunitari in una società madre italiana. nell art. 3, comma 3, lettera a) del D.lgs. 18 dicembre 1997, nr. 446 (Dual Income Tax), per quanto concerne i conferimenti in denaro effettuati da soggetti non residenti, a loro volta controllati da soggetti residenti La procedura in prima istanza La richiesta di parere, da proporsi in carta semplice, deve essere indirizzata dal contribuente alla Agenzia delle Entrate Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, a mezzo posta raccomandata, con ricevuta di ritorno, ma spedita alla Direzione regionale delle entrate, competente per territorio, con riferimento al domicilio fiscale del richiedente 16. Nella richiesta vanno inseriti, a pena di inammissibilità: 1. i dati identificativi del contribuente o del suo legale rappresentante e di altre parti eventualmente interessate; 2. l eventuale domiciliatario presso il quale si desidera che siano effettuate le comunicazioni; 3. la dettagliata esposizione del caso concreto oggetto del parere; 4. la soluzione interpretativa prospettata, cioè quella ritenuta dal contribuente la più corretta; 5. copia della documentazione, con relativo elenco; 6. la sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante. 15 Originariamente nelle previsioni era ricompresso l art. 96 bis, comma 7 del T.U.I.R., sul regime fiscale dei dividendi distribuiti da società non residenti appartenenti a Stati membri dell UE, abrogato dall art.1, comma 1, lettera c), della L. 21 novembre 2000, nr. 342, collegato alla finanziaria del Sull argomento cfr. LEO MONACCHI SCHIAVO Le imposte sui redditi nel testo unico, Giuffré 1997, pag e ss. 16 E stata dichiarata improcedibile, con parere espresso del Comitato consultivo in data 18 giugno 1998, la richiesta di parere inizialmente indirizzata e direttamente inviata alla Direzione Generale delle Entrate presso il Ministero delle Finanze ora Ministero dell Economia e delle Finanze senza il tramite della Direzione Regionale delle Entrate.

22 12 L EVOLUZIONE DEL RULING QUALE STRUMENTO DEFLATTIVO DEL CONTENZIOSO Se l istanza è carente dei dati del contribuente, tanto da non permetterne la sua identificazione, ovvero ne manchi la sua sottoscrizione, la Direzione Regionale ne dichiara l inammissibilità, comunicandola al contribuente. Con riguardo alla carenza di documentazione, ovvero nel caso in cui questa non consenta l individuazione o la esatta qualificazione della fattispecie, non ne consegue l immediata inammissibilità, essendo previsto che la citata Direzione ne richieda l integrazione. Va tenuto presente che, in quest ultimo caso, in caso di inerzia del contribuente, con successiva reiezione della domanda, non viene pregiudicato il diritto di ripresentare la richiesta di parere, debitamente documentata 17. Nel caso in cui la Direzione regionale ritenga che il quesito sia correttamente formulato, essa trasmette l istanza, a mezzo posta prioritaria, entro quindici giorni o in un termine più lungo ma non oltre trenta giorni, informando il contribuente, nei casi di particolare complessità o di necessaria integrazione, alla: Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso Ufficio del Direttore Centrale Viale Europa, nr Roma. Sebbene non previsto dalla legge, la circolare 135/E del 28 maggio 1998 dell allora Ministero delle Finanze, contenente le disposizioni attuative dell interpello antielusivo, ha sancito che le Direzioni Regionali alleghino alla documentazione presentata dal contribuente articolate considerazioni sul merito della questione prospettata. Entro sessanta giorni dalla richiesta, il parere emesso dalla citata Direzione va comunicato al contribuente, mediante plico postale raccomandato con ricevuta di ritorno, e contestualmente al Comitato consultivo per l applicazione delle norme antielusive e alla Direzione Regionale delle Entrate interessata. Nel caso in cui l interpretazione dell Agenzia delle Entrate si conformi a quella prospettata dall istante, il procedimento non può proseguire, divenendo altresì improcedibile interessare il predetto Comitato. 3.2 La procedura in seconda istanza Nel caso di silenzio dell Amministrazione nel suddetto termine di sessanta giorni, oppure nel caso in cui quest ultima abbia dato una 17 Conformemente al parere del Comitato consultivo nr. 18 del 22 luglio 1998.

23 L INTERPELLO ANTIELUSIVO O SPECIALE 13 soluzione, discostandosi da quella prospettata dal contribuente, è data facoltà di richiedere un nuovo parere al Comitato consultivo 18. Il Comitato è un organo di appello o di seconda istanza, alle dirette dipendenze del Ministro dell Economia e delle Finanze ed incardinato presso l Agenzia delle Entrate ex art. 15 del regolamento di organizzazione dell allora Ministero delle Finanze D.P.R. 26 marzo 2001, nr, 107, per cui non è possibile che esso venga adito, senza prima interessare le competenti Direzioni Regionale e Centrale della richiamata Agenzia. In effetti, la richiesta diretta a tale organo comporta l inammissibilità della domanda. L istanza deve essere indirizzata: Al Ministero dell Economia e delle Finanze Dipartimento per le politiche fiscali Ufficio Comunicazione Istituzionale Segreteria del Comitato consultivo per l applicazione delle norme antielusive. Anche in questo caso essa va spedita alla Direzione Regionale competente per territorio, in relazione al domicilio fiscale del contribuente, a mezzo raccomandata postale con avviso di ricevimento. Generalmente gli elementi da indicare sono gli stessi inseriti nella prima istanza, con qualche formalismo in più. Occorre allegare copia della preventiva richiesta all Agenzia delle Entrate, unitamente alla risposta eventualmente data (ovviamente non nel caso in cui vi sia stata inerzia da parte dell Amministrazione, che non abbia risposto). La 18 Il Comitato consultivo per l applicazione delle norme antielusive, operativo dal 16 marzo 1998, è composto da undici membri: il Direttore dell Agenzia delle Entrate, il Direttore della Direzione Centrale Normativa e Contenzioso dell Agenzia citata, il Direttore dell Ufficio per gli studi di diritto tributario comparato e per le relazioni internazionali (questi membri possono farsi rappresentare da dirigenti), Il Comandante Generale della Guardia di Finanza (che può delegare un ufficiale di grado non inferiore a maggiore), il Direttore del SE.C.I.T. ( che può delegare un ispettore tributario), il Direttore dell Ufficio del coordinamento legislativo del Ministero dell Economia e delle Finanze ( che può farsi rappresentare da un magistrato o da un avvocato dello Stato o da un dirigente dello stesso Ufficio), due componenti designati dall ex Consiglio superiore delle finanze, non appartenenti all Amministrazione finanziaria, e tre esperti in materia tributaria nominati dal Ministero dell Economia e delle Finanze. I membri durano in carica quattro anni, possono essere riconfermati una sola volta e decadono dall incarico qualora non partecipino, senza giustificato motivo, a due sedute consecutive o alla metà delle sedute annuali. I due componenti del Consiglio superiore delle finanze cessano alla scadenza dell incarico di componente del medesimo Consiglio. Il presidente del Comitato viene nominato con decreto del Ministro dell Economia e delle Finanze, per un analogo periodo, scelto tra i suoi componenti. Delibera a maggioranza, con la presenza di almeno sette membri, che si esprimono con voto palese.

24 14 L EVOLUZIONE DEL RULING QUALE STRUMENTO DEFLATTIVO DEL CONTENZIOSO fattispecie prospettata deve essere perfettamente in linea con quella formulata in prima istanza, con la precisazione che sarà cura del contribuente evidenziare, in specie ed in maniera alquanto dettagliata, quelle ragioni economiche, che sono alla base della richiesta stessa. La Direzione Regionale avrà cura di formulare le proprie motivate osservazioni sulla fattispecie oggetto di richiesta, evidenziando probabili cause di inammissibilità, come ad esempio il caso del parere già emesso sia conforme alla soluzione propugnata dall istante. Una volta ricevuto il fascicolo, la segreteria del Comitato rilascia copia ai componenti, almeno quindici giorni prima della seduta, mentre il Presidente nomina il relatore che istruisce la pratica e riferisce all organo collegiale. Per lo svolgimento dei suoi compiti può richiedere la collaborazione degli uffici dell amministrazione finanziaria, centrali e periferici, nonché della Guardia di Finanza, alla quale può altresì delegare l esecuzione di atti istruttori. Gli atti istruttori hanno l effetto procedurale di sospendere il termine di sessanta giorni entro il quale il Comitato ha l obbligo di emettere il parere. Quando le richieste sono dirette a soggetti terzi, il termine di sospensione non può eccedere i trenta giorni. Se entro sessanta giorni dal ricevimento dell istanza il Comitato non si esprime, l interessato deve formulare una formale diffida ad adempiere, ex art. 21 comma 10 della L.413/91. Dal ricevimento della diffida decorrono ulteriori sessanta giorni perché il Comitato esprima il proprio parere. Se, trascorsi questi ulteriori sessanta giorni dal ricevimento della diffida, il contribuente non ha ricevuto con raccomandata postale con avviso di ricevimento il prescritto parere, si forma il silenzio - assenso alla soluzione prospettata dal contribuente, fatto giuridico che provoca una disciplina equivalente a quella di un provvedimento amministrativo. 3.3 Caratteristiche ed effetti dell interpello antielusivo L interpello in argomento si caratterizza in primis per la sua limitata sfera di applicabilità, comprensiva delle sole fattispecie elusive (e si è visto anche evasive) tassativamente previste, che riguardano in particolare specifiche operazioni di fiscalità societaria. Peraltro, il riferimento della fattispecie evidenziata dal contribuente alle previsioni casistiche previste dalla legge costituisce vera e propria condizione di ammissibilità della richiesta di parere.

25 L INTERPELLO ANTIELUSIVO O SPECIALE 15 Si tratta, di norma, di questioni di diritto, attinenti alla qualificazione giuridica di una certa operazione 19, con l unica eccezione dell art. 37, comma 3 del D.P.R. 600/73, di cui si è già dubitato della sua inclusione in tale ambito. La circostanza viene avvalorata dalla previsione dei poteri istruttori di ulteriori richieste svolte nei confronti dell istante, al fine di meglio qualificare gli elementi da egli evidenziati. Lo stesso parere formulato da un organo terzo rispetto all Amministrazione, quale il Comitato consultivo, che fornisce un determinato avviso, sicuramente qualificato, non attribuisce all interpello quella funzione di generalità, che vada oltre il caso oggetto di esame, determinatezza, vincolatività e di immutabilità al prodotto finale, indipendentemente dalla forma assunta, se parere o decisione. Con riguardo agli effetti che ne conseguono, con riferimento al terzo comma dell art. 21 della L. 413/91, vi sono due tipi di limitazione: soggettivo ed oggettivo. Il primo tipo deriva dalla circostanza che l interpello opera esclusivamente nei confronti delle parti richiedenti. Il secondo tipo è una stretta conseguenza del fatto che il parere reso dall organo consultivo ha efficacia esclusivamente ai fini e nell ambito del rapporto tributario, per cui viene previsto espressamente che tale efficacia non può avere rilevanza esterna, con la conseguente mancata estensione ad altri casi e soggetti. Nei casi in cui vi sia risposta negativa o inerzia da parte dell Agenzia delle entrate, non vi è alcun effetto diretto se non quello posto a disposizione del contribuente di adire in seconda istanza il superiore organo consultivo, per acquisirne il parere. Con specifico riferimento agli effetti che derivano dal parere conforme alla tesi del richiedente o dal silenzio-assenso, occorre precisare che essi operano solo in ipotesi di realizzazione di quell operazione negli stessi termini e con le stesse modalità, che sono state prospettate, per cui l effettuazione di un operazione diversa o la sua esecuzione, ma con modalità diverse, implicano la mancata costituzione di quegli effetti, con la conseguente attività accertativa. Ma dove emerge l estrema limitatezza dell interpello de quo è nella previsione dell ultima parte del 3 comma citato: Nell eventuale fase contenziosa l onere della prova viene posto a carico della parte che non si è uniformata al parere del Comitato. 19 Cfr. CAPUTI G. (a cura di ) Il diritto d interpello Eti De Agostini Professionale, 2001, pag.73.

26 16 L EVOLUZIONE DEL RULING QUALE STRUMENTO DEFLATTIVO DEL CONTENZIOSO Logica deduzione è che, dal lato degli uffici finanziari, questi possono svolgere attività accertativa, non uniformandosi al parere, seppur autorevole, espresso dal Comitato o non tenendo conto dell avvenuta formazione del silenzio-assenso, con l unica conseguenza che nella eventuale fase contenziosa dovranno fornire la prova di quanto riportato nell atto di accertamento, con particolare riferimento alle motivazioni che li hanno portati a disattendere il parere. Resta ferma la dimostrazione della fondatezza della richiesta erariale, a base dell atto di accertamento. Dal lato del contribuente, lo stesso non è assolutamente vincolato al medesimo parere nel caso in cui sia difforme dalla soluzione da egli avanzata, per cui può agire liberamente. L unica conseguenza è che dovrà provare nell eventuale sede contenziosa anche i motivi per i quali non si è uniformato al parere. Come si è visto, si tratta di una mera inversione dell onere della prova, che opera nell eventuale ambito processuale, senza cioè che vi sia prevista alcuna forma di sanzione per i soggetti del rapporto giuridico d imposta, che non si siano conformati al parere. Nonostante parte della dottrina propenda per la vincolatività del parere 20, in base alla lettera della norma la soluzione, appunto, non può che essere il riconoscimento di mera efficacia endoprocessuale al parere in argomento 21. Se questi sono gli effetti dell istituto, allora questo tipo di interpello, in buona sostanza, non si discosta molto dal provocare una mera attività interpretativa sulla questione portata all attenzione dell amministrazione, che di fatto produce un parere equiparabile, in fin dei conti, alla risoluzione ministeriale, anche se ad un livello superiore rispetto alla semplice attività di natura discrezionale, che caratterizza, come è stato precedentemente evidenziato, la sua formulazione. In effetti la codificazione e tipicizzazione della procedura, seppur farraginosa, impongono comunque all Amministrazione finanziaria lo svolgimento di attività indirizzata verso la formulazione di una risposta, mentre la sua inerzia attribuisce al contribuente la possibilità di andare in seconda istanza e quella del Comitato conferisce al silenzio-assenso contenuti in linea con la soluzione prospettata. Tutto questo costituisce il definitivo abbandono proprio di quella attività discrezionale, priva in quanto tale 20 Cfr. LA ROSA S. Prime considerazioni sul diritto d interpello, in Il Fisco, 1992, pag. 7946, che attribuisce al parere effetti sostanziali vincolante della fattispecie, allo stato degli atti. 21 Cfr. BRUZZONE M. Interpello ordinario, speciale e tax ruling negativo: i differenti effetti dei pareri, in Corriere tributario, 26/2001, pag.1923.

27 L INTERPELLO ANTIELUSIVO O SPECIALE 17 di qualsivoglia possibilità di stimolo, condizionamento, tipizzazione di sorta 22, peculiarità da sempre, in questo campo e non solo, dell Amministrazione finanziaria Gli effetti sul piano penale L art. 16 del D.Lgs. 10 marzo 2000, nr. 74, ha inserito una fattispecie di esclusione della punibilità nel caso in cui il contribuente si adegui al parere espresso dal Comitato consultivo o dell Amministrazione finanziaria. Secondo tale articolo: Non dà luogo a fatto punibile a norma del presente decreto la condotta di chi, avvalendosi della procedura stabilita dall art. 21, commi 9 e 10, della L. 30 dicembre 1991, nr. 413, si è uniformato ai pareri del Ministero delle Finanze o del Comitato consultivo per l applicazione delle norme antielusive previsti dalle medesime disposizioni, ovvero ha compiuto le operazioni esposte nell istanza sulla quale si è formato il silenzio-assenso. La scriminante riguarda solamente la questione oggetto di richiesta, a favore del contribuente firmatario, nonché per le limitate ipotesi indicate dall art. 21 della L. 413/ In merito si fronteggiano, sin dai primi commenti della norma, due tesi propugnate dalla dottrina. Secondo una prima concezione, si è di fronte ad una causa di giustificazione (od esimente o causa di non punibilità), come deriva, peraltro, dall inequivoca espressione citata dalla norma, che esclude l antigiuridicità dell atto, per cui il fatto è lecito 22 Cfr. CAPUTI G. (a cura di ) op. cit. pag Il limitato ambito di applicazione ed il valore attribuito al parere, nei termini precisati, costituiscono un grave limite dell istituto, anche in ottica comparatistica con altri Paesi europei e con gli USA, dove la vincolatività e la particolare attenzione degli uffici finanziari verso il contribuente rappresentano un vero successo dell istituto. 24 Si legge nella relazione di accompagnamento alla legge: Sebbene astrattamente auspicabile nell ottica di consentire ai contribuenti un preventivo trasparente rapporto con l Amministrazione finanziaria, non appare praticabile nella presente sede l estensione della disposizione, pure richiesta dalla Commissione Giustizia della Camera, a tutti indistintamente i casi di adeguamento dell interessato alle indicazioni fornite dall Amministrazione finanziaria: estensione che esula, all evidenza, dai limiti della delega nella contingenza attuata, connettendosi a riforme tributarie ancora in itinere in tema di ampliamento delle facoltà di interpello (quale l introduzione dello Statuto del contribuente).

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