T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 15/05/2009, n REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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1 T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 15/05/2009, n REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N /2009 REG.SEN. N /1994 REG.RIC. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 1251 del 1994, proposto da: Madella Rina, per la Liquifert Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Maria Ughetta Bini e Giuseppe Onofri, con domicilio eletto presso Giuseppe Onofri in Brescia, via Ferramola, 14; contro Comune di Asola, rappresentato e difeso dagli avv. Antonietta Giannone e Cesare Nicolini, con domicilio eletto presso Antonietta Giannone in Brescia, via Malta, 7/C; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, dell ordinanza sindacale del , n recante ordine di bonifica dell area di proprietà della Liquifert s.r.l.. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Asola; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29/04/2009 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
2 FATTO Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la sig.ra Madella Rina, in qualità di Amministratore unico della Liquifert s.r.l., espone quanto segue. La Liquifert s.r.l. ha acquistato, nel 1984, lo stabilimento già di proprietà della Flucosit e precedentemente della società Industria Chimica Asolana, le quali raffinavano benzine e suoi omologhi superiori, ottenendo dal Comune l autorizzazione ad utilizzare i serbatoi dello stabilimento per il deposito di intermedi per la produzione di fertilizzanti liquidi. Dopo pochi mesi dall inizio dell attività, però, veniva notificata l ordinanza di sospensione dell attività, con contestuale contestazione di fattispecie di reato connesse all asserito inquinamento dei luoghi ad opera della Liquifert, rispetto alle quali l odierna ricorrente ha riportato la piena assoluzione per insussistenza del fatto, confermata anche in Appello ed in Cassazione. A seguito del dissequestro del 1990, però, il Comune dava inizio ad una lunga sequenza di provvedimenti con cui venivano ordinati interventi diversi, ma tutti volti, secondo quanto emerge dall analisi degli stessi, sostanzialmente allo smaltimento di rifiuti contenenti amianto, eternit, alla messa in sicurezza delle cisterne, oltre che ad evitare l attivazione di nuovi scarichi senza autorizzazione e lo smaltimento non conforme alla legge di liquami provenienti dallo scavo del terreno, fino all adozione dell ordinanza sindacale n. 1256, prot. n dell 1 giugno 1994 con cui si imponeva alla Liquifert s.r.l. la bonifica dell area secondo le linee dettate dall apposito progetto approvato dal Consiglio comunale. Ritenendo illegittimo tale provvedimento, il quale oltre a diffidare la proprietà a provvedere, stabiliva che in caso di inerzia il Comune avrebbe provveduto d ufficio, salvo refusione forzata delle spese a termini di legge, la sig. Madella proponeva il ricorso in esame, affidato alle seguenti doglianze: 1. difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, violazione degli artt. 13 e 20 del D.P.R. n. 915/1982, dell art. 31 bis della L.R. n. 94/80 come integrata dalla L.R. n. 99/83, dell art. 217 del T.U. delle leggi sanitarie e 38 della legge n. 142/90, non essendo la Liquifert s.r.l. responsabile dell inquinamento. Tutte le norme invocate pongono, infatti, l obbligo di rimessione in pristino e quindi di intervenire smaltendo i rifiuti in capo al solo soggetto responsabile dell inquinamento, estendendo la responsabilità al proprietario del fondo solo laddove con il proprio comportamento abbia concorso a causare il danno. Nel caso di specie si è accertato, in sede penale, che la Liquifert s.r.l. non smaltiva rifiuti né questi erano tossici o nocivi e conseguente nessuna responsabilità sarebbe addebitabile all attività della stessa, dovendosi ricondurre l inquinamento ambientale esistente all attività delle società precedentemente proprietarie dello stabilimento; 2. difetto dei presupposti, travisamento dei fatti e violazione di legge sotto il profilo dell incompetenza del Sindaco e del difetto di motivazione. La vigente normativa consentirebbe ai Comuni di provvedere ai lavori di bonifica solo in presenza di condizioni di particolare gravità che, nel caso in esame, non sussisterebbero o comunque rispetto alle quali non vi sarebbe un adeguata motivazione. Altrettanto immotivato sarebbe il pericolo alla salute richiesto dall art. 217 del T.U. delle leggi sanitarie per giustificare l intervento coattivo. In assenza di tali presupposti, solo la Regione avrebbe potuto, ai sensi dell art. 31 della L.R. n. 94/80, imporre la bonifica,
3 ricorrendone le condizioni; 3. illegittimità per indeterminatezza del dispositivo e per illogicità e incongruità del termine assegnato e violazione dell art. 3 della legge n. 241/90. Il provvedimento impugnato non avrebbe puntualmente fornito le dettagliate prescrizioni imposte dalla legge e il fatto di non aver allegato all ordinanza il richiamato Progetto di bonifica di cui essa richiede l esecuzione integrerebbe una carenza di motivazione; 4. eccesso di potere per sviamento, in quanto la gravità della situazione sarebbe stata originata anche dal comportamento omissivo della pubblica amministrazione che per anni non avrebbe controllato l attività produttiva precedentemente esercitata in loco. Con ordinanza n. 141 del 1999 il Presidente di questo Tribunale ordinava al Comune il deposito della documentazione relativa al provvedimento impugnato ed ogni altro elemento utile al fine della decisione. Tale ordine veniva reiterato - richiedendo anche una relazione sui fatti di causa, oltre ai documenti del fascicolo istruttorio - con il successivo decreto n. 421/02. Il Comune provvedeva, quindi, al deposito di copiosa documentazione a seguito della propria costituzione in giudizio il 12 marzo Nella successiva memoria esso, oltre a ricostruire la lunga lista di provvedimenti con cui il Comune, sin dal 1986, ha intimato vari interventi per la bonifica e la messa in sicurezza dell area, evidenziava, in primo luogo, come l odierna ricorrente fosse, al momento dell acquisto della proprietà, pienamente a conoscenza della situazione di inquinamento della stessa. La difesa dell Amministrazione continua, quindi, mettendo in luce i seguenti aspetti: - non solo la Liquifer aveva piena cognizione dello stato di inquinamento sin dall acquisto della proprietà, ma il comportamento stesso della società ricorrente avrebbe contribuito ad aggravare la situazione di inquinamento dell area; ciò determinerebbe il rigetto del primo motivo di ricorso; - l esistenza di una situazione tanto grave da legittimare un intervento del Comune era stata più volte evidenziata dalla stessa ricorrente nella corrispondenza intercorsa e, comunque, quest ultima non ha mai impugnato la lunga serie di ordinanze precedente che rappresentano per sé stesse un adeguata motivazione del provvedimento impugnato, con conseguente rigetto anche del secondo motivo di ricorso; - la brevità del termine assegnato per provvedere, se effettivamente riscontrabile, non inciderebbe, comunque, sulla legittimità del provvedimento, considerata la possibilità di richiedere delle proroghe dello stesso; - l Amministrazione si sarebbe attivata sin da quando ha avuto conoscenza della situazione: e cioè dal In punto di fatto, il Comune rappresentava, infine, come nel 1996, considerata l inerzia della ricorrente, avesse provveduto ad approvare un progetto di bonifica, occupare i terreni, eseguire le operazioni di bonifica e, nel 2002, ad adottare un atto di imposizione
4 dell onere reale sul terreno (provvedimento impugnato con ricorso pendente sub R.G. 463/00). In vista della pubblica udienza anche parte ricorrente presentava una memoria, nella quale ha chiarito come l attività della stessa fosse iniziata solo nel marzo del 1989, successivamente alla predisposizione del primo piano di bonifica ad opera della Provincia e fosse durata solo pochi mesi, insistendo sulla carenza di istruttoria in cui l Amministrazione comunale sarebbe incorsa nell intimare la bonifica alla Liquifer. Alla pubblica udienza del 29 aprile 2009 la causa, su conforme richiesta delle parti in causa, è stata trattenuta in decisione. DIRITTO Il ricorso in esame è volto a censurare la legittimità del provvedimento con cui il Sindaco del Comune di Asola ha ordinato la bonifica dell area di proprietà della ditta ricorrente secondo le indicazioni dell Assessorato Ambiente Ecologia dell Amministrazione provinciale di Mantova e le metodologie del Progetto per la bonifica del sito approvato dal Consiglio comunale con deliberazione n. 20 del 16 febbraio 1994, pena l esecuzione in danno. La fattispecie in esame risulta essere assoggettata alla disciplina contenuta nel D.P.R. 915/82, atteso che il provvedimento impugnato risale ad un epoca anteriore all entrata in vigore del d. lgs. 22/97. Secondo il precedente di questa sezione rappresentato dalla sentenza T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 05 febbraio 2008, n. 39, che il Collegio ritiene di poter condividere a pieno, ai sensi degli artt. 3, comma 3, 9 e 13, d.p.r. 10 settembre 1982, n. 915, precedentemente in vigore, il proprietario dell'area sulla quale siano stati depositati rifiuti speciali non è tenuto allo smaltimento degli stessi ed alla bonifica dell'area relativa laddove non abbia in alcun modo contribuito a causare il danno ambientale. Tale normativa non disponeva puntualmente in ordine al profilo delle responsabilità, con la conseguenza che la giurisprudenza maggioritaria è andata formandosi prendendo a riferimento i principi di cui all'art. 130/R del Trattato dell'unione Europea introdotto dall'atto Unico Europeo del 1986 (attualmente l'art. 174 dopo i trattati di Amsterdam e di Nizza), il quale sancisce il noto principio per cui "chi inquina paga", nonchè l'art. 18 della L. 349/1986 che conferma la regola per cui la responsabilità per danno ambientale consegue al compimento di fatti dolosi o colposi e non già alla mera qualità di proprietario dell'area (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II - 2/8/2000 n. 1775).Dunque già in virtù dell'art. 9 del D.P.R. 915/82 l'ordine di smaltimento dei rifiuti non poteva essere diretto indiscriminatamente nei confronti del proprietario, dato che la responsabilità in capo a quest'ultimo sorgeva esclusivamente in quanto lo stesso potesse dirsi "obbligato" secondo un giudizio di corresponsabilità con l'autore dell'abbandono illecito dei rifiuti.tale linea interpretativa è stata confermata dall entrata in vigore del D. Lgs. 22/97 che, con il richiamato art. 14, ha inteso eliminare i margini di incertezza presenti nella precedente formulazione normativa, valorizzando l'opzione ermeneutica che ha individuato il nesso fra obbligo di smaltimento e sussistenza di profili di responsabilità - a titolo almeno colposo - in capo al soggetto destinatario dell'ordine.ciò in linea anche con il principio generale per cui l'illecito amministrativo postula la configurabilità di una condotta dolosa o colposa, rivelandosi illegittima
5 l'applicazione di una sanzione amministrativa sul presupposto di una generica culpa in vigilando ovvero in eligendo, in assenza dello specifico accertamento dell'imputabilità della contestata infrazione al comportamento posto in essere dal soggetto. Il Collegio ritiene, quindi, in ragione di quanto sopra ed in conformità al precedente di cui alla sentenza T.A.R. Lombardia Milano, sez. I - 23/6/ 1997, n. 1026, da cui non ravvisa ragione di discostarsi, che, ai sensi degli artt. 3 comma 3, 9 e 13 del D.P.R. 915/82 il proprietario dell'area sulla quale siano stati depositati rifiuti speciali non è tenuto allo smaltimento degli stessi ed alla bonifica dell'area stessa laddove non abbia in alcun modo contribuito a causare il danno ambientale.ne discende, nel caso di specie, l illegittimità delle ordinanze con cui la bonifica è stata imposta alla proprietà senza alcuna valutazione dei comportamenti intrapresi e del loro collegamento causale con l'evento dannoso, e senza svolgere alcuna indagine tesa ad accertarne la responsabilità dell'illecito ed anzi senza considerare che la ricorrente ha dato conto di elementi, confermati anche dagli accertamenti eseguiti in sede penale, che rendono plausibile una responsabilità in capo alla ditta precedentemente proprietaria degli immobili. In assenza di uno specifico accertamento di responsabilità del proprietario, infatti, il Comune avrebbe dovuto limitarsi a portare a conoscenza di questi la necessità di procedere alla bonifica dell area, al fine di consentirgli la possibilità di esercitare la facoltà di porre in essere gli interventi di recupero ambientale, in modo tale da evitare l'esproprio connesso all'onere reale gravante sul suo terreno. In effetti, ai sensi dell'art. 17 del D. Lgs. citato e del suo regolamento attuativo approvato con D.M. 25/10/1999 n recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati - il proprietario di questi ultimi, ove non sia responsabile del riscontrato inquinamento, non ha l'obbligo giuridico di provvedere direttamente alla bonifica, ma ne assume il relativo onere se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare (Consiglio di Stato, sez. VI - 5/9/2005 n. 4525). Si ritiene, però, che ad analoghe conclusioni dovesse pervenirsi anche alla luce della previgente normativa, meno esplicita, ma fondata su principi analoghi. In definitiva il primo motivo di ricorso, principale ed assorbente, è fondato e va accolto dato che, come già rilevato, è mancata del tutto ogni attività istruttoria diretta ad appurare le responsabilità della ricorrente, rendendo, conseguentemente, superfluo l esame delle ulteriori doglianze. Il ricorso merita, quindi, accoglimento, ma il Collegio ritiene, considerata la complessità della vicenda, nonché della disciplina di settore, che le spese del giudizio possano trovare compensazione tra le parti in causa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in esame e per l effetto annulla il provvedimento impugnato. Dispone la compensazione delle spese del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
6 Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 29/04/2009 con l'intervento dei Magistrati: Sergio Conti, Presidente Stefano Tenca, Primo Referendario Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore IL PRESIDENTE L'ESTENSORE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 15/05/2009 (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) IL SEGRETARIO
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