La tematica della frode fiscale realizzata tramite utilizzo di fatture per operazioni

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1 UTILIZZO DI FATTURE PER OPERAZIONI SOGGETTIVAMENTE INESISTENTI : DA ONERE DI PROBATIO DIABOLICA A PRESUNZIONE ASSOLUTA DI RESPONSABILITÀ? La tematica della frode fiscale realizzata tramite utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti è argomento che da tempo ha interessato in modo rilevante la giurisprudenza di legittimità e di merito. Come è noto, stante la definizione posta dall art. 1 della L. 74/2000, la frode fiscale mediante uso di fatture per operazioni inesistenti può avere una connotazione oggettiva, nel qual caso si contesta l esistenza dell operazione, o una connotazione soggettiva, che riguarda il caso in cui l operazione è posta in capo a soggetti differenti da quelli effettivi. In particolare, quest ultima fattispecie è ravvisabile non nella contestazione dell esistenza dell operazione commerciale, ma nel fatto che la stessa non sia intervenuta tra i soggetti indicati nella fattura. Tradizionalmente, le conseguenze di ordine strettamente tributario che si facevano derivare da una contestazione di frode per inesistenza soggettiva comportavano e il disconoscimento degli elementi passivi ai fini delle imposte dirette e la revoca della detrazione per quanto concerneva l Iva. Con riferimento alle imposte dirette, un condivisibile e recente orientamento della giurisprudenza di legittimità (tra le tante, Cass. n. 9537/2011 e n. 1147/2010), in ossequio al principio di capacità contributiva, ha statuito che in caso di contestazione di utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, in assenza di eccezioni riguardanti la congruità, l inerenza e la corrispondenza temporale delle poste passive, debba considerarsi ammissibile la deduzione dei costi, stante il loro effettivo sostentamento. A tale orientamento è seguito il noto intervento del legislatore con l art. 8, comma 1, D.L. 16/2012, che ha riformato l art. 14, comma 4 bis, L. 537/93, norma che avrebbe dovuto determinare l ammissibilità della deduzione dei costi in caso di operazioni soggettivamente inesistenti. Tuttavia, anche alla luce del detto intervento legislativo, la questione è tutt altro che risolta 1. 1 Il riferimento è alla circolare dell Agenzia delle Entrate n. 32/E del 2012, che ha negato ipotesi di riconoscimento automatico della deducibilità dei costi, subordinando qualsiasi valutazione ad apposite indagini da parte dell Amministrazione finanziaria sulle componenti passive. Si

2 2 Con riferimento all Iva, invece, la negazione del diritto alla detrazione viene giustificata poichè il meccanismo tipico dell imposta verrebbe stravolto dal fatto che i reali soggetti intervenuti nell operazione non sarebbero quelli indicati in fattura. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata numerose volte in merito all onere della prova in caso di siffatta contestazione, arrivando a riconoscerne l obbligo, in via principale, in capo all'amministrazione finanziaria. In particolare, la Corte di Cassazione ha affermato che nella ipotesi di fatture che l Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l operazione è effettiva, ma spetta all Amministrazione, che adduce la falsità del documento e, quindi l esistenza di un maggiore imponibile, provare che l operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è stata mai posta in essere 2 ; ha riconosciuto inoltre il principio secondo cui l onere per il contribuente di provare la veridicità delle fatture scatta soltanto quando gli organi di controllo fiscale adducono elementi che fanno almeno sospettare della non veridicità delle fatture, ed è assurda la tesi secondo cui tutte le fatture si presumerebbero false fino a prova contraria offerta dal contribuente 3 ; ed ancora sul piano dell onere della prova ciò comporta che spetta all Ufficio finanziario che contesta la deduzione dimostrare che l operazione cui essa si riferisce è soggettivamente inesistente 4. L orientamento della giurisprudenza è dunque chiaro: solo nel caso in cui l'amministrazione finanziaria abbia adempiuto al proprio onere probatorio pensi altresì alla recente sentenza della Corte di Cassazione n del 16 ottobre 2012, che ha operato un interpretazione oltremodo restrittiva della normativa sui costi da reato, negando la deducibilità delle componenti passive. 2 Sentenza n / Sentenza n / Sentenza n.17377/

3 3 dimostrando l esistenza della frode dal punto di vista soggettivo, spetterà al soggetto colpito dalla contestazione provare l'effettività e l'esistenza dell'operazione. Sempre in materia di Iva, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha poi coniato un principio di buona fede necessario per consentire la detraibilità dell Iva assolta in fattura. 5 In particolare, dopo aver riconosciuto l importanza della tutela del diritto alla detrazione dell Iva, considerato diritto fondamentale per la corretta esplicazione della neutralità del tributo nella catena produttivo/distributiva, la Corte sottolinea che, nei casi di frode fiscale, l utilizzatore della fattura può detrarsi l Iva assolta purchè sia assodata la sua estraneità all operazione fraudolenta e la sua ignoranza, incolpevole, della stessa 6. La recente giurisprudenza della Commissione Tributaria Provinciale di Ferrara ha accolto tale indirizzo. In particolare, con la sentenza n. 129/2012 la Commissione Ferrarese ha confermato che, in caso di contestazione riguardante l utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti, il riconoscimento della detrazione debba essere subordinato alla buona fede del contribuente destinatario della contestazione 7. 5 sentenza C - 439/04 e C 440/04 del 6 luglio Alla luce delle suesposte considerazioni, risulta che gli operatori che adottano tutte le misure che si possono loro ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le loro operazioni non facciano parte di una frode, che si tratti di frode dell IVA o di altre frodi, devono poter fare affidamento sulla liceità di tali operazioni, senza rischiare di perdere il proprio diritto alla deduzione dell IVA pagata a monte. 7 Le qualità che il cessionario dovrà ricercare sono di tipo sostanziale, quali l accertarsi dell esistenza in capo al cedente di un efficiente struttura operativa e di un autonoma capacità di fornire i beni acquistati, senza con ciò pretendere un dovere di accurata indagine, essendo sufficiente riferirsi ad elementi obiettivi di comune esperienza imprenditoriale (ad es assenza di strutture, l anomalia dei prezzi perché inferiori a quelli di mercato, assenza di una clientela qualificata, mancanza di indici di capacità commerciale, pubblicità, giro d affari) elementi che non dovrebbero sfuggire ad un contraente inserito in un determinato settore commerciale e mediamente accorto. In tal senso è stato elaborato il requisito della c.d. buona fede oggettiva, quale ignoranza incolpevole dell esistenza di una frode fiscale organizzata, ignoranza non ascrivibile a negligenza e da commisurarsi alla qualità dell imprenditore. Nello 3

4 4 Ancora degna di menzione è un altra pronuncia recente della Commissione ferrarese 8, che ha sentenziato l onere per Amministrazione finanziaria, in caso di contestazione di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, di indicare gli elementi che starebbero alla base della frode, anche se di natura presuntiva. Tali elementi, però, se derivanti da contestazioni riguardanti soggetti terzi, devono essere inseriti in apposita verifica indirizzata nei confronti del contribuente cui viene rivolta la contestazione. 9 Recentemente, per connotare meglio i confini del concetto di buona fede individuato dalla Corte di Giustizia, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, precisando cosa debba essere richiesto, dal punto di vista probatorio, al soggetto che ha operato la detrazione. In particolare, la Corte ha rilevato che in concreto, viene posto a carico del cessionario un obbligo di diligenza nella scelta del fornitore e di attenzione ai requisiti del soggetto cedente, non formali (essendo evidente che ogni meccanismo fraudolento si cura in primo luogo di esibire all esterno una apparente correttezza contabile e cartolare) ma sostanziali, nel senso di una effettiva esistenza nel cedente di una efficiente struttura operativa e della capacità di fornire autonomamente i beni acquistati, senza ovviamente pretendere un inesigibile dovere di accurata indagine, ma fondandosi su quegli elementi obiettivi (ad es. assenza di strutture, assenza di una clientela qualificata, mancanza di indici di capacità commerciale pubblicità, giro di affari, ecc.) che non possono sfuggire ad un contraente stesso senso CTP di Ferrara n. 159/2012 e n. 128/2012). 8 CTP Ferrara n. 178/ E vero che in caso di contestazione di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti l Ufficio ha il solo onere di indicare gli elementi, anche presuntivi, in base ai quali si mette in dubbio l effettività delle operazioni in esame; è pur vero, però, che detti elementi, anche di carattere presuntivo, devono risultare da una verifica fiscale condotta nei confronti della contribuente destinataria dell avviso di accertamento; verifica che può anche essere basata su riscontri derivanti da accertamenti svolti nei confronti di altri soggetti, costituenti valida motivazione per relationem dell avviso di accertamento, ma che devono essere portati a conoscenza della contribuente nei modi e nei termini di legge. 4

5 5 onesto che operi in un determinato settore commerciale e che in particolare (e qui è l unica differenza terminologica accettabile) non devono sfuggire ad un imprenditore mediamente accorto. 10 La tendenza che si scorge in tale ultima pronuncia, atta a mitigare i riflessi di onere di probatio diabolica potenzialmente rinvenibili nel concetto di buona fede coniato dalla Corte di Giustizia, ha trovato una brusca frenata in un recente arresto della Corte di Cassazione, e precisamente nella sentenza n /2012. In tale sentenza, la Corte ha precisato che, in caso di contestazione riguardante l utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, la buona fede del committente acquirente va considerata un ipotesi non impossibile ma di mera scuola. Con questa infelice espressione, la Corte sembra adombrare una sorta di responsabilità oggettiva nei confronti del soggetto cessionario committente in ipotesi di frode soggettiva, un ipotesi di presunzione assoluta di colpevolezza. Chiare appaiono le violazioni sia sotto il profilo procedurale, in ordine all ordinaria dinamica che connota i fatti processuali, e sia di ordine sostanziale, con riferimento al meccanismo dell iva, per cui la detrazione rappresenta la giustificazione essenziale, finalizzata a realizzare la neutralità dell operatore economico che interviene nella catena dei passaggi che antecedono il consumatore finale. La pronuncia di cui sopra si pone in contrasto oltre che con tutto l orientamento della stessa Corte di Cassazione sopraccitato, anche con le pronunce più recenti della Corte di Giustizia, che hanno negato, in modo espresso, l ammissibilità di una responsabilità oggettiva che disconosca ingiustificatamente la detraibilità dell Iva al soggetto passivo d imposta. In particolare, la Corte, dopo aver sottolineato che il diritto alla detrazione rappresenta parte integrante del meccanismo dell Iva e che in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni ricorda che non è invece 10 Cass. n /

6 6 compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla suddetta direttiva, come ricordato ai punti della presente sentenza, sanzionare con il diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l operazione interessata si iscriveva in un evasione commessa dal fornitore, o che un altra operazione nell ambito della catena di fornitura, anteriore o posteriore a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell IVA (v., in tal senso, sentenze citate Optigen e a., punti 52 e 55, nonchè Kittel e Recolta Recycling, punti 45, 46, e 60). Infatti, l istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell Erario 11. Arriviamo ad alcune conclusioni. Nel caso di contestazione riguardante l utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, formalizzata in uno o più avvisi di accertamento, l ambito più consono in cui opporre le ragioni del contribuente è certamente quello giurisdizionale 12. Nel processo, pertanto, la vertenza deve attenersi ai principi cardine che regolano tale contesto, primo fra tutti il principio del giusto processo e della parità delle parti processuali. Conseguentemente, considerato definitivamente cancellato il principio di generale legittimità dei provvedimenti amministrativi, 13 la posizione dell Amministrazione finanziaria deve essere considerata al pari di tutte le altre 11 Sentenza sulle cause riunite C 80/11 e C- 142/11 del 21 giugno Dello stesso tenore è anche la più recente C - 285/11 del 6 dicembre A parere di chi scrive, è certamente sconsigliabile un approccio difensivo nei confronti di siffatta contestazione che si muova nell ambito amministrativo (mediante gli strumenti dell istanza di annullamento in autotutela o dell istanza di accertamento con adesione). E questo sia per l essenza della contestazione stessa, che certamente non si presta a definizioni conciliative intermedie, sia per i riflessi colpevolisti che un eventuale definizione in adesione potrebbe portare al parallelo ambito penale che la contestazione di frode fiscale in senso soggettivo determina. 13 A partire dalla storica pronuncia della Cassazione n. 2990/79, che ha sentenziato espressamente l assenza di qualsivoglia presunzione di legittimità dei provvedimenti amministrativi. 6

7 7 parti processuali. Spetterà quindi all autorità amministrativa la prova dei fatti che si considerano costituenti il fondamento della pretesa, secondo le regole generali dell art c.c. E utile qui ricordare l insegnamento della dottrina tradizionale 14, per cui la Pubblica Amministrazione non può emettere alcun atto che abbia effetti pregiudizievoli sulla posizione soggettiva dei consociati se prima non fornisce prova a se stessa dei fatti che hanno determinato l emanazione di quell atto. Pare altresì condivisibile l orientamento della giurisprudenza di legittimità (seguito anche dalla giurisprudenza di merito, tra cui la commissione ferrarese nelle sentenza sopra menzionate) che ritiene ammissibile la prova tramite presunzioni, a patto, però, che venga rispettata l essenza di tale tipologia di prova critica, vale a dire esista la certezza dell esistenza del fatto noto, scongiurando qualsiasi ipotesi di praesumptio de praesumpto. Orbene, la prima conclusione cui si giunge è che, in ottemperanza all orientamento dominante della Corte di Cassazione, nonché a quello recentissimo della Corte di Giustizia, il principale onere probatorio è a carico del soggetto pubblico che, in veste di attore in senso sostanziale, dovrà provare l esistenza di una frode di natura soggettiva tra i diversi soggetti intervenuti nell operazione. In particolare, l Amministrazione finanziaria sarà tenuta, oltre a dare la dimostrazione di violazioni di natura formale, anche a rendere conto dell intento evasivo perseguito dai partecipi alla frode e dell illecito arricchimento che, tramite la supposta frode in senso soggettivo, le parti avrebbero inteso perseguire. La prima valutazione che il giudice adito dovrà dunque esperire sarà in relazione a tale primo livello di onere probatorio, posto a carico dell Ufficio: se tale onere non sarà assolto, il giudice dovrà considerare illegittimo l atto 14 Allorio E, Diritto processuale tributario,

8 8 impositivo impugnato, per carenza di prova in ordine al presupposto della pretesa impositiva. In via successiva, invece, al soggetto colpito dalla pretesa impositiva riguardante la frode in senso soggettivo dovrà essere concessa la più completa facoltà di controprova. Tale facoltà dovrà realizzarsi sotto un duplice profilo. Preliminarmente, a carico del suddetto soggetto sussiste un onere di precisa contestazione dei fatti posti alla base della pretesa impositiva; tale obbligo è oggi ancor più penetrante, alla luce del principio di non contestazione sancito dalla L. 69/2009 che ha modificato l art. 115 c.p.c., ai sensi del quale il giudice deve porre a fondamento della propria decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. Stante il preciso disposto normativo, non sarà sufficiente che il contribuente ponga una generica contestazione all atto accertativo notificato, ma lo stesso avrà l onere di contestare con precisione e punto per punto la pretesa impositiva avanzata. In caso contrario, quanto sostenuto nell accertamento sarà considerato fatto non controverso, e posto alla base della decisione da parte del giudice adito. In secondo luogo, oltre alla specifica contestazione, il contribuente, in ossequio al disposto del 2697 comma secondo c.c., dovrà porre alla base delle specifiche contestazioni idonei mezzi di prova sia sotto il profilo oggettivo, funzionali cioè a contestare l esistenza stessa della frode (dimostrando, ad esempio, che le operazioni sono effettivamente intervenute con il soggetto emittente la fattura, e non con altri), sia sotto un profilo soggettivo, dimostrando la propria inconsapevolezza ed estraneità alla frode. In caso di contestazioni particolarmente gravi, come innegabilmente è quella di utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, non è concepibile, a parere di chi scrive, una dinamica tra le parti intervenute che si muova diversamente da quanto appena prospettato, o che avvalori illegittime inversioni dell onere probatorio. In caso contrario, si determinerebbe la reviviscenza di illegittimi e pericolosi principi di presunzione generale di legittimità degli atti 8

9 9 accertativi, principi che parevano e paiono (fortunatamente) sepolti ormai da tempo. Francesco Cazzorla collaboratore esterno del Massimario della Commissione Tributaria Regionale dell Emilia Romagna per la Commissione Tributaria Provinciale di Ferrara - Avvocato in Ferrara. 9

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