D.P.C.M. del 15 dicembre D.P.C.M. del 30 marzo D.M. del 21 maggio 2001, n. 308

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1 D.P.C.M. del 15 dicembre 2000 Riparto tra le regioni dei finanziamenti destinati al potenziamento dei servizi a favore delle persone che versano in stato di povertà estrema e senza fissa dimora D.P.C.M. del 30 marzo 2001 Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell'art. 5 della L. 8 novembre 2000, n. 328 D.M. del 21 maggio 2001, n. 308 Regolamento concernente «Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della L. 8 novembre 2000, n. 328» 1

2 D.P.C.M. 15 dicembre Riparto tra le regioni dei finanziamenti destinati al potenziamento dei servizi a favore delle persone che versano in stato di povertà estrema e senza fissa dimora. IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Vista la legge 8 novembre 2000, n. 328, recante la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, che individua come finalità la promozione di interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, la prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali, e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione; Visto in particolare l'art. 28 della citata legge 8 novembre 2000, n. 328, che prevede l'emanazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri di un atto di indirizzo e coordinamento contenente i criteri di riparto alle regioni dei finanziamenti del Fondo nazionale per le politiche sociali destinati al potenziamento degli interventi volti ad assicurare i servizi destinati alle persone che versano in situazioni di povertà estrema e alle persone senza fissa dimora, i termini delle richieste di finanziamento, i requisiti per l'accesso ai finanziamenti, i criteri generali di valutazione dei progetti, le modalità di monitoraggio dei progetti, nonché le priorità da assicurare ai comuni delle grandi aree urbane; Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante la delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione, ed in particolare l'art. 8; Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, ed in particolare l'art. 131, che conferisce alle regioni ed agli enti locali tutte le funzioni ed i compiti amministrativi nella materia dei «servizi sociali», tranne quelli espressamente mantenuti allo Stato; Considerata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 gennaio 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 24 gennaio 2000, che a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 gennaio 2000, pubblicato nella citata Gazzetta Ufficiale, recante la dichiarazione dello stato di emergenza, fino al 31 gennaio 2001, nel territorio dei comuni capoluogo delle aree metropolitane individuate ai sensi dell'art. 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modifiche ed integrazioni, derivante dalla grave situazione riguardante le persone che versano in stato di povertà estrema e che si trovano senza dimora, ha autorizzato la spesa di lire 30 miliardi per l'anno 2000 da destinarsi ad interventi di carattere straordinario aggiuntivi rispetto a quelli effettuati ai sensi della legislazione vigente; Acquisita l'intesa della conferenza unificata, ai sensi dell'art. 28, comma 3, della legge 8 novembre 2000, n. 328, nella seduta del 6 dicembre 2000; 1 Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 marzo 2001, n

3 Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 15 dicembre 2000; Sulla proposta del Ministro per la solidarietà sociale; Decreta: 1. Termine per la presentazione dei progetti. 1. Gli enti locali, le organizzazioni di volontariato, gli organismi non lucrativi di utilità sociale e le IPAB possono presentare alle regioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, i progetti concernenti la realizzazione, l'ampliamento o l'innovazione di centri e di servizi di pronta accoglienza, interventi socio-sanitari, servizi per l'accompagnamento e il reinserimento sociale delle persone che versano in situazioni di povertà estrema e delle persone senza fissa dimora. 2. Requisiti. 1. Sono ammessi ai finanziamenti regionali i progetti di cui all'art. 1 che presentino i seguenti requisiti: a) individuazione di un'area territoriale determinata, anche a livello subcomunale o intercomunale, sulla base di indicatori che documentino la presenza abituale di persone senza fissa dimora che frequentino detta area come territorio nel cui àmbito organizzano la propria sopravvivenza, o la presenza di persone e nuclei familiari in stato di bisogno primario; b) presenza nell'area di cui alla lettera a) di servizi e opportunità in misura minima sufficiente per avviare un processo di accompagnamento delle persone senza fissa dimora o di soggetti in condizione di povertà estrema; c) individuazione delle attività e servizi proposti nel progetto, dei loro obiettivi e dell'indicazione dettagliata delle relative spese per la realizzazione; d) individuazione dell'insieme dei soggetti pubblici e privati che partecipano all'attuazione del progetto, unitamente alla documentazione che attesta la loro esperienza nel settore; e) collegamento con altre iniziative eventualmente presenti nel territorio, concernenti la riqualificazione delle aree urbane, l'assistenza economica, ed altri interventi e servizi idonei a realizzare le finalità dei servizi di cui all'art Nella valutazione dei progetti sono considerati preferenziali, secondo una graduatoria determinata dalla regione e differenziata a seconda del contesto territoriale, i seguenti criteri: a) l'attività di rete tra organizzazioni del terzo settore e la collaborazione tra soggetti pubblici e privati nella realizzazione del progetto; 3

4 b) l'integrazione tra diverse aree di intervento e servizi, quali quello sanitario, assistenziale, formativo, nell'attuazione del progetto; c) la previsione, nell'àmbito del progetto, di percorsi di accompagnamento e graduale inserimento sociale, che colleghino il superamento dell'emergenza con l'avvio di processi di reinserimento e recupero di capacità delle persone interessate; d) l'integrazione con altri progetti e iniziative esistenti a livello locale, che pur non riguardando specificamente le persone senza fissa dimora e in stato di povertà estrema, possono utilmente raccordarsi ai progetti a loro favore e agevolare il loro reinserimento sociale; e) l'indicazione da parte dei soggetti proponenti di strumenti di auto-valutazione e verifica dei risultati conseguiti nell'àmbito dei progetti. 3. Ripartizione delle risorse. 1. Le risorse finanziarie di cui all'art. 28 della legge 8 novembre 2000, n. 328, sono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in base ai seguenti criteri: a) il 75 % delle risorse è riservato alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano nelle quali è compreso almeno un comune capoluogo di area metropolitana, come individuata ai sensi dell'art. 22 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; b) la quota indicata alla lettera a) è ripartita tra le regioni e le province autonome ivi individuate in base alla popolazione residente nella regione; c) la quota residua del 25% delle risorse è ripartita tra le altre regioni e province autonome in base alla popolazione residente. 2. Le risorse di cui al comma 1, lettera a), sono destinate dalle regioni con priorità ai comuni capoluogo di aerea metropolitana come individuata dall'art. 22 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; le risorse di cui al comma 1, lettera c), sono destinate dalle regioni con priorità alle grandi aeree urbane. 4. Monitoraggio e verifica dei risultati degli interventi. 1. I soggetti di cui all'art. 1, destinatari delle risorse, trasmettono ogni sei mesi alla regione un rapporto analitico sullo stato di attuazione degli interventi posti in essere. Il rapporto deve indicare: a) il numero delle persone assistite in un arco di tempo definito, distinte per sesso ed età, almeno indicativa, e la documentazione che attesta la realizzazione degli interventi; b) la descrizione dei servizi offerti, degli eventuali percorsi suggeriti o promossi, del numero di persone inserite nei vari percorsi di reinserimento; 4

5 c) la descrizione analitica, in termini finanziari e di risorse umane, delle risorse impiegate. 2. Le regioni possono attuare ulteriori forme di monitoraggio e valutazione dell'efficacia degli interventi. 5. Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano. 1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all'attuazione degli obiettivi del presente atto nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione. 5

6 D.P.C.M. 30 marzo Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell'art. 5 della L. 8 novembre 2000, n IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Vista la legge 8 novembre 2000, n. 328: «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali»; Visto in particolare l'art. 5, comma 3 della legge n. 328 del 2000 che prevede l'adozione di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo sulla base del quale le regioni, secondo quanto previsto dall'art. 3, comma 4, della medesima legge, adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona; Visto l'art. 5, comma 4, della legge n. 328 del 2000 che prevede che le regioni disciplinino, sulla base degli indirizzi del Governo, le modalità per valorizzare l'apporto del volontariato nell'erogazione dei servizi; Vista la legge 11 agosto 1991, n. 266: «Legge-quadro sul volontariato»; Vista la legge 7 dicembre 2000, n. 383: «Disciplina delle associazioni di promozione sociale»; Vista la legge 8 novembre 1991, n. 381: «Disciplina delle cooperative sociali»; Vista la legge 7 novembre 2000, n. 327: «Valutazione dei costi del lavoro e della sicurezza nelle gare di appalto»; Visto l'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni; Visto l'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Visto il parere della Conferenza unificata, di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta dell'8 marzo 2001; Acquisita l'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, espressa nella seduta dell'8 marzo 2001; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 marzo 2001; Sulla proposta del Ministro per la solidarietà sociale; 2 Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 agosto 2001, n

7 Decreta: 1. Ruolo dei soggetti del terzo settore nella programmazione progettazione e gestione dei servizi alla persona. 1. Il presente provvedimento fornisce indirizzi per la regolazione dei rapporti tra comuni e loro forme associative con i soggetti del terzo settore ai fini dell'affidamento dei servizi previsti dalla legge n. 328 del 2000, nonché per la valorizzazione del loro ruolo nella attività di programmazione e progettazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 2. Le regioni, sulla base del presente provvedimento, adottano specifici indirizzi per: a) promuovere l'offerta, il miglioramento della qualità e l'innovazione dei servizi e degli interventi anche attraverso la definizione di specifici requisiti di qualità e il ruolo riconosciuto degli utenti e delle loro associazioni ed enti di tutela; b) favorire la pluralità di offerta dei servizi e delle prestazioni, nel rispetto dei princìpi di trasparenza e semplificazione amministrativa; c) favorire l'utilizzo di forme di aggiudicazione o negoziali che consentano la piena espressione della capacità progettuale ed organizzativa dei soggetti dei terzo settore; d) favorire forme di coprogettazione promosse dalle amministrazioni pubbliche interessate, che coinvolgano attivamente i soggetti del terzo settore per l'individuazione di progetti sperimentali ed innovativi al fine di affrontare specifiche problematiche sociali; e) definire adeguati processi di consultazione con i soggetti del terzo settore e con i loro organismi rappresentativi riconosciuti come parte sociale. 3. I comuni, ai fini dell'erogazione dei servizi e degli interventi, anche nell'àmbito dei rapporti di cui al comma 1, predispongono, d'intesa con l'azienda USL nel caso di interventi socio-sanitari integrati, progetti individuali di assistenza ovvero l'erogazione di interventi nell'àmbito di percorsi assistenziali attivi per l'integrazione o la reintegrazione sociale. 2. I soggetti del terzo settore. 1. Ai fini del presente atto si considerano soggetti del terzo settore: le organizzazioni di volontariato, le associazioni e gli enti di promozione sociale, gli organismi della cooperazione, le cooperative sociali, le fondazioni, gli enti di patronato, altri soggetti privati non a scopo di lucro. 3. Le organizzazioni di volontariato. 1. Le regioni e i comuni valorizzano l'apporto del volontariato nel sistema di interventi e servizi come espressione organizzata di solidarietà sociale, di autoaiuto e reciprocità nonché con 7

8 riferimento ai servizi e alle prestazioni, anche di carattere promozionale, complementari a servizi che richiedono una organizzazione complessa ed altre attività compatibili, ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266, con la natura e le finalità del volontariato. Gli enti pubblici stabiliscono forme di collaborazione con le organizzazioni di volontariato avvalendosi dello strumento della convenzione di cui alla legge n. 266/ Selezione dei soggetti del terzo settore. 1. I comuni, ai fini della preselezione dei soggetti presso cui acquistare o ai quali affidare l'erogazione di servizi di cui ai successivi articoli 5 e 6, fermo restando quanto stabilito dall'art. 11 della legge n. 328 del 2000, valutano i seguenti elementi: a) la formazione, la qualificazione e l'esperienza professionale degli operatori coinvolti; b) l'esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento; 2. I comuni procedono all'aggiudicazione dei servizi di cui al comma 1 sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tenendo conto in particolare dei seguenti elementi qualitativi: a) le modalità adottate per il contenimento del turn over degli operatori; b) gli strumenti di qualificazione organizzativa del lavoro; c) la conoscenza degli specifici problemi sociali del territorio e delle risorse sociali della comunità; d) il rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva e delle norme in materia di previdenza e assistenza. 3. I comuni, ai fini delle aggiudicazioni di cui al comma 2, non devono procedere all'affidamento dei servizi con il metodo del massimo ribasso. 5. Acquisto di servizi e prestazioni. 1. I comuni, al fine di realizzare il sistema integrato di interventi e servizi sociali garantendone i livelli essenziali, possono acquistare servizi e interventi organizzati dai soggetti del terzo settore. 2. Le regioni disciplinano le modalità per l'acquisto da parte dei comuni dei servizi ed interventi organizzati dai soggetti del terzo settore definendo in particolare: a) le modalità per garantire una adeguata pubblicità del presumibile fabbisogno di servizi in un determinato arco temporale; b) le modalità per l'istituzione dell'elenco dei fornitori di servizi autorizzati ai sensi dell'art. 11 della legge n. 328 del 2000, che si dichiarano disponibili ad offrire i servizi richiesti secondo tariffe e caratteristiche qualitative concordate; 8

9 c) i criteri per l'eventuale selezione dei soggetti fornitori sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tenuto conto di quanto previsto dall'art Oggetto dell'acquisto o dell'affidamento di cui all'art. 6, deve essere l'organizzazione complessiva del servizio o della prestazione, con assoluta esclusione delle mere prestazioni di manodopera che possono essere acquisite esclusivamente nelle forme previste dalla legge n. 196 del I comuni stipulano convenzioni con i fornitori iscritti nell'elenco di cui al comma 2, anche acquisendo la disponibilità del fornitore alla erogazione di servizi e interventi a favore di cittadini in possesso dei titoli di cui all'art. 17 della legge n. 328 del Affidamento della gestione dei servizi. 1. Le regioni adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra comuni e soggetti del terzo settore nell'affidamento dei servizi alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000 tenuto conto delle norme nazionali e comunitarie che disciplinano le procedure di affidamento dei servizi da parte della pubblica amministrazione. 2. Nel rispetto dei princìpi di pubblicità e trasparenza dell'azione della pubblica amministrazione e di libera concorrenza tra i privati nel rapportarsi ad essa, sono da privilegiare le procedure di aggiudicazione ristrette e negoziate. In tale àmbito le procedure ristrette permettono di valutare e valorizzare diversi elementi di qualità che il comune intende ottenere dal servizio appaltato. 3. I comuni, nell'affidamento per la gestione dei servizi, utilizzano il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tenuto conto anche di quanto previsto all'art I contratti previsti dal presente articolo prevedono forme e modalità per la verifica degli adempimenti oggetto del contratto ivi compreso il mantenimento dei livelli qualitativi concordati ed i provvedimenti da adottare in caso di mancato rispetto. 7. Istruttorie pubbliche per la coprogettazione con i soggetti del terzo settore. 1. Al fine di affrontare specifiche problematiche sociali, valorizzando e coinvolgendo attivamente i soggetti del terzo settore, i comuni possono indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali su cui i soggetti del terzo settore esprimono disponibilità a collaborare con il comune per la realizzazione degli obiettivi. Le regioni possono adottare indirizzi per definire le modalità di indizione e funzionamento delle istruttorie pubbliche nonché per la individuazione delle forme di sostegno. 8. Promozione e qualificazione del terzo settore. 1. Le regioni e i comuni predispongono, di concerto con gli organismi rappresentativi del terzo settore, azioni di promozione, sostegno e qualificazione dei soggetti del terzo settore mediante politiche formative, fiscali e interventi per l'accesso agevolato al credito e ai fondi europei, avvalendosi anche delle realtà e delle competenze da loro espresse. 9

10 9. Norme finali e transitorie. 1. In attesa della adozione delle norme statali e regionali in materia di autorizzazione e accreditamento, previste dalla legge n. 328 del 2000, le regioni definiscono, nell'àmbito degli indirizzi di attuazione del presente provvedimento, le condizioni minime e le modalità per l'instaurazione di rapporti economici tra i comuni e i soggetti del terzo settore. 2. Le disposizioni del presente provvedimento si applicano anche ai soggetti ai quali i comuni delegano l'esercizio delle proprie funzioni, nonché ai soggetti costituiti per l'esercizio delle stesse. 3. Le regioni adottano indirizzi al fine di rendere applicabili le norme del presente provvedimento anche ai servizi ed interventi socio sanitari. 4. Le disposizioni di cui agli articoli 4, 5 e 6 del presente decreto si applicano, in quanto compatibili, ai rapporti con altri soggetti erogatori. 5. Le regioni a statuto speciale e le province autonome provvedono alle finalità del presente atto di indirizzo nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti. 10

11 Acc. 19 aprile Accordo tra il Ministro per la solidarietà sociale, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per la realizzazione dei servizi di informazione sulle attività e sulla rete dei servizi attivati nel territorio in favore delle famiglie. LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E DI BOLZANO Visto l'art. 2, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che affida a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi, secondo quanto previsto dall'art. 4 del medesimo decreto legislativo; Visto l'art. 4, comma 1, del predetto decreto legislativo, nel quale si prevede che, in questa Conferenza, Governo, regioni e province autonome, in attuazione del principio di leale collaborazione, possano concludere accordi al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune; Vista la legge 8 novembre 2000, n. 328, recante «Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali»; Visto l'art. 80, comma 14, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che prevede lo stanziamento di risorse aggiuntive, pari a 20 miliardi, del Fondo nazionale per le politiche sociali, quale cofinanziamento delle iniziative sperimentali promosse dagli enti locali per la realizzazione di specifici servizi di informazione sulle attività e sulla rete dei servizi attivati sul territorio in favore delle famiglie; Visto l'obiettivo 1 del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali recante «Valorizzare e sostenere le responsabilità familiari»; Vista la proposta di accordo trasmessa il 27 marzo 2001 dal Dipartimento per gli affari sociali; Considerato che in sede tecnica il 5 aprile i rappresentanti regionali hanno proposto una modifica alla proposta di accordo che è stata accolta dal rappresentante del Dipartimento per gli affari sociali; Acquisito l'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e province autonome, espresso ai sensi dell'art. 4, comma 2, del richiamato decreto legislativo; Sancisce il seguente accordo nei termini sottoindicati: 3 Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 maggio 2001, n

12 Il Ministro per la solidarietà sociale, i presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano: Considerato che una quota del Fondo per le politiche sociali, pari a 20 miliardi di lire, è stata ripartita, ai sensi dell'art. 20, comma 7, della citata legge 8 novembre 2000, n. 328, sulla base degli indici demografici rilevati dall'istat, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per essere destinata nell'anno 2001 al cofinanziamento di iniziative sperimentali, promosse dagli enti locali entro il 30 settembre 2000, finalizzata alla realizzazione di specifici servizi di informazione, gestiti nelle forme previste dalla vigente legislazione, sulle attività e sulla rete dei servizi promossi sul territorio in favore delle famiglie; Attesa la necessità di realizzare un'intesa tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano relativa ai criteri di utilizzazione della suddetta quota del fondo; Convengono sui seguenti criteri: gli enti locali gestiscono le suddette iniziative direttamente o mediante convenzioni con organismi pubblici e privati di comprovata esperienza nel settore dell'assistenza e consulenza in materia di legislazione sociale e di tematiche familiari e femminili, in particolare per quanto riguarda le agevolazioni per le famiglie, i servizi di assistenza domiciliare, le normative in materia di sanità, occupazione, trattamenti pensionistici; i contributi vengono concessi secondo le condizioni e le modalità stabilite dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, con propri provvedimenti emanati nel rispetto delle norme degli statuti di autonomia, previa verifica della sussistenza nelle domande dei seguenti elementi: a) promozione delle iniziative entro la data del 30 settembre 2000, mediante l'adozione di atti idonei; b) esplicitazione della quota di cofinanziamento dell'iniziativa a carico degli enti proponenti; c) descrizione delle attività, con indicazione del soggetto gestore e delle professionalità attivate; le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano stabiliscono le modalità per la verifica delle attività svolte, per la revoca in caso di inadempimento e per l'eventuale riassegnazione dei fondi; le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base delle relazioni fatte pervenire dagli enti locali, trasmettono al Ministro per la solidarietà sociale una relazione sulle iniziative attuate e sulla loro efficacia, nonché sulla spesa sostenuta. 12

13 D.M. 21 maggio 2001, n Regolamento concernente «Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della L. 8 novembre 2000, n IL MINISTRO PER LA SOLIDARIETÀ SOCIALE Visto l'articolo 17, comma 3, della legge 28 agosto 1998, n. 400; Vista la legge 8 novembre 2000, n. 328, recante «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali»; Visti in particolare gli articoli 9, comma 1, lettera c), e 11, comma 1, della legge n. 328 del 2000, che prevedono la fissazione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale; Visto l'articolo 8, comma 3, lettera f), della medesima legge n. 328 del 2000 che prevede che le regioni, sulla base dei requisiti minimi fissati dallo Stato, definiscano i criteri per l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi a gestione pubblica o dei soggetti di cui all'articolo 1, commi 4 e 5; Sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Sentiti i Ministri della sanità e per gli affari regionali; Udito il parere della sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, espresso nell'adunanza del 9 aprile 2001; Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri n. DAS/232/UL/749 dell'8 maggio 2001, a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Adotta il seguente regolamento: 1. Oggetto e finalità. 1. Il presente decreto fissa i requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo diurno e residenziale di cui alla legge n. 328 del 4 Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 luglio 2001, n

14 2000, con previsione di requisiti specifici per le comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni. 2. Ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge n. 328 del 2000, le regioni recepiscono e integrano, in relazione alle esigenze locali, i requisiti minimi fissati dal presente decreto, individuando, se del caso, le condizioni in base alle quali le strutture sono considerate di nuova istituzione e le modalità e i termini entro cui prevedere, anche in regime di deroga, l'adeguamento ai requisiti per le strutture già operanti. 2. Strutture e servizi soggetti ai requisiti minimi per l'autorizzazione. 1. I requisiti minimi per l'autorizzazione al funzionamento di cui alla legge n. 328 del 2000 riguardano le strutture e i servizi già operanti e quelli di nuova istituzione, gestiti dai soggetti pubblici o dai soggetti di cui all'articolo 1, commi 4 e 5 della legge n. 328 del 2000 che, indipendentemente dalla denominazione dichiarata, sono rivolti a: a) minori per interventi socio-assistenziali ed educativi integrativi o sostitutivi della famiglia; b) disabili per interventi socio-assistenziali o socio-sanitari finalizzati al mantenimento e al recupero dei livelli di autonomia della persona e al sostegno della famiglia; c) anziani per interventi socio-assistenziali o socio-sanitari, finalizzati al mantenimento e al recupero delle residue capacità di autonomia della persona e al sostegno della famiglia; d) persone affette da AIDS che necessitano di assistenza continua, e risultano prive del necessario supporto familiare, o per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente impossibile o contrastante con il progetto individuale; e) persone con problematiche psico-sociali che necessitano di assistenza continua e risultano prive del necessario supporto familiare, o per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente impossibile o contrastante con il progetto individuale. 2. Per le strutture che erogano prestazioni socio-sanitarie di cui all'articolo 8-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato dal decreto legislativo n. 229 del 1999, l'autorizzazione di cui al comma 1, lettere b), c), d) ed e), è rilasciata comunque in conformità a quanto previsto dall'articolo 8-ter dello stesso decreto legislativo. 3. Restano ferme le disposizioni adottate in attuazione della legge 18 febbraio 1999, n. 45, in materia di strutture e servizi destinati al recupero e alla riabilitazione della tossicodipendenza. 3. Strutture di tipo familiare e comunità di accoglienza di minori. 1. Le comunità di tipo familiare e i gruppi appartamento con funzioni di accoglienza e bassa intensità assistenziale, che accolgono, fino ad un massimo di sei utenti, anziani, disabili, minori o adolescenti, adulti in difficoltà per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente 14

15 o permanentemente impossibile o contrastante con il progetto individuale, devono possedere i requisiti strutturali previsti per gli alloggi destinati a civile abitazione. Per le comunità che accolgono minori, gli specifici requisiti organizzativi, adeguati alle necessità educativo-assistenziali dei bambini e degli adolescenti, sono stabiliti dalle regioni. 4. Soggetti e procedure. 1. Fino all'entrata in vigore della disciplina regionale, e fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 2, comma 2, e dall'articolo 8, comma 1, i comuni rilasciano autorizzazioni all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo diurno e residenziale a seguito della verifica del possesso dei requisiti minimi strutturali e organizzativi di cui al presente decreto. 5. Requisiti comuni delle strutture a ciclo diurno e residenziale. 1. Fermo restando il possesso dei requisiti previsti dalle norme vigenti in materia urbanistica, edilizia, prevenzione incendi, igiene e sicurezza e l'applicazione dei contratti di lavoro e dei relativi accordi integrativi, le strutture devono possedere i seguenti requisiti minimi ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera c), della legge n. 328 del 2000: a) ubicazione in luoghi abitati facilmente raggiungibili con l'uso di mezzi pubblici, comunque tale da permettere la partecipazione degli utenti alla vita sociale del territorio e facilitare le visite agli ospiti delle strutture; b) dotazione di spazi destinati ad attività collettive e di socializzazione distinti dagli spazi destinati alle camere da letto, organizzati in modo da garantire l'autonomia individuale, la fruibilità e la privacy; c) presenza di figure professionali sociali e sanitarie qualificate, in relazione alle caratteristiche ed ai bisogni dell'utenza ospitata, così come disciplinato dalla regione; d) presenza di un coordinatore responsabile della struttura; e) adozione di un registro degli ospiti e predisposizione per gli stessi di un piano individualizzato di assistenza e, per i minori, di un progetto educativo individuale; il piano individualizzato ed il progetto educativo individuale devono indicare in particolare: gli obiettivi da raggiungere, i contenuti e le modalità dell'intervento, il piano delle verifiche; f) organizzazione delle attività nel rispetto dei normali ritmi di vita degli ospiti; g) adozione, da parte del soggetto gestore, di una Carta dei servizi sociali secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge n. 328 del 2000, comprendente la pubblicizzazione delle tariffe praticate con indicazione delle prestazioni ricomprese. 15

16 6. Requisiti comuni ai servizi. 1. Ferma restando l'applicazione dei contratti di lavoro e dei relativi accordi integrativi, il soggetto erogatore di servizi alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000 deve garantire il rispetto delle seguenti condizioni organizzative, che costituiscono requisiti minimi ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera c), della medesima legge: a) presenza di figure professionali qualificate in relazione alla tipologia di servizio erogato, secondo standard definiti dalle regioni; b) presenza di un coordinatore responsabile del servizio; c) adozione, da parte del soggetto erogatore, di una Carta dei servizi sociali secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge n. 328 del 2000 comprendente la pubblicizzazione delle tariffe praticate con indicazione delle prestazioni ricomprese; d) adozione di un registro degli utenti del servizio con l'indicazione dei piani individualizzati di assistenza. 7. Requisiti specifici delle strutture. 1. Ai fini della individuazione dei requisiti minimi delle strutture si considerano: a) strutture a carattere comunitario; b) strutture a prevalente accoglienza alberghiera; c) strutture protette; d) strutture a ciclo diurno. 2. Le strutture a carattere comunitario sono caratterizzate da bassa intensità assistenziale, bassa e media complessità organizzativa, destinate ad accogliere utenza con limitata autonomia personale, priva del necessario supporto familiare o per la quale la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente contrastante con il piano individualizzato di assistenza. 3. Le strutture a prevalente accoglienza alberghiera sono caratterizzate da bassa intensità assistenziale, media e alta complessità organizzativa in relazione al numero di persone ospitate, destinate ad accogliere anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti. 4. Le strutture protette sono caratterizzate da media intensità assistenziale, media e alta complessità organizzativa, destinate ad accogliere utenza non autosufficiente. 5. Le strutture a ciclo diurno sono caratterizzate da diverso grado di intensità assistenziale in relazione ai bisogni dell'utenza ospitata e possono trovare collocazione all'interno o in collegamento con una delle tipologie di strutture di cui ai commi precedenti. 16

17 6. Oltre ai requisiti indicati agli articoli precedenti, le strutture di cui al presente articolo devono possedere i requisiti indicati nell'allegato A al presente decreto quale parte integrante. 8. Norme transitorie e finali. 1. Ferma restando l'applicazione dei requisiti minimi di cui al presente decreto, fino all'adozione di ulteriori disposizioni regionali continuano ad applicarsi le norme regionali relative ai procedimenti di autorizzazione emanate prima dell'entrata in vigore della legge n. 328 del Le strutture per anziani già operanti alla data di entrata in vigore del presente decreto, con capacità ricettiva superiore a quella fissata nell'allegato A al presente provvedimento e con camere fino ad un massimo di quattro posti letto, non possono in nessun caso aumentare la capacità ricettiva e devono comunque organizzare la propria attività per nuclei funzionali fino a trenta ospiti. 3. Le regioni, nell'àmbito delle norme di cui all'articolo 1, comma 2, adottano i tempi e le misure volte al definitivo superamento degli istituti per minori con particolare riguardo ai requisiti minimi richiesti ai sensi dell'articolo 22, comma 3, della legge n. 328 del Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente decreto nell'àmbito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti. Allegato A (omissis) 17

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