SENTENZA DELLA CORTE (GRANDE SEZIONE) DEL 27 GIUGNO 2006, CAUSA C-540/03

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1 SENTENZA DELLA CORTE (GRANDE SEZIONE) DEL 27 GIUGNO 2006, CAUSA C-540/03 «Politica di immigrazione Diritto al ricongiungimento familiare dei figli minori di cittadini di paesi terzi Tutela dei diritti fondamentali Diritto al rispetto della vita familiare Obbligo di prendere in considerazione l interesse del figlio minore» 1 Con il presente ricorso il Parlamento europeo chiede l annullamento dell art. 4, nn. 1, ultimo comma, e 6, nonché dell art. 8 della direttiva del Consiglio 22 settembre 2003, 2003/86/CE, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU L 251, pag. 12; in prosieguo: la «direttiva») La direttiva 3 La direttiva, fondata sul Trattato CE, e in particolare sull art. 63, n. 3, lett. a), del medesimo, stabilisce i requisiti in presenza dei quali può essere esercitato il diritto al ricongiungimento familiare a favore dei cittadini dei paesi terzi che risiedano legalmente sul territorio degli Stati membri. 4 Il secondo considerando della direttiva così recita: «Le misure in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero essere adottate in conformità con l obbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita familiare che è consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale. La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti in particolare nell articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea [GU 2000, C 364, pag. 1; in prosieguo: la «Carta»]. ( ) 7 Ai sensi dell art. 3, n. 4, della direttiva stessa: (.) «La presente direttiva fa salve le disposizioni più favorevoli contenute: a) negli accordi bilaterali e multilaterali stipulati tra la Comunità o tra la Comunità e i suoi Stati membri, da una parte, e dei paesi terzi, dall altra; b) nella Carta sociale europea del 18 ottobre 1961, nella Carta sociale europea riveduta del 3 maggio 1987 e nella convenzione europea relativa allo status di lavoratore migrante del 24 novembre 1977». Sulle norme giuridiche con riguardo alle quali può essere verificata la legittimità della direttiva 30 Il Parlamento sostiene che le disposizioni impugnate non rispetterebbero i diritti fondamentali, e in particolare il diritto alla vita familiare ed il diritto di non discriminazione, quali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri dell Unione europea, quali principi generali del diritto comunitario che l Unione è tenuta a rispettare in applicazione dell art. 6, n. 2, UE, al quale fa rinvio l art. 46, lett. d), UE per quanto concerne l azione delle istituzioni. 1

2 31 Il Parlamento invoca, in primo luogo, il diritto al rispetto della vita familiare, sancito dall art. 8 della CEDU, interpretato dalla Corte come comprensivo parimenti del diritto al ricongiungimento familiare (sentenze Carpenter, citata supra, punto 42, e 23 settembre 2003, causa C-109/01, Akrich, Racc. pag. I-9607, punto 59). Lo stesso principio è stato ripreso all art. 7 della Carta, con riguardo alla quale il Parlamento sottolinea che, contenendo un elenco dei diritti fondamentali esistenti ancorché priva di effetti giuridici vincolanti, essa costituisce tuttavia un indice utile ai fini dell interpretazione delle disposizioni della CEDU. Il Parlamento si richiama inoltre all art. 24 della Carta, relativo ai diritti dei minori, il cui n. 2 prevede che «in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l interesse superiore del minore dev essere considerato preminente» ed il cui successivo n. 3, afferma che «il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse». 32 Il Parlamento invoca, in secondo luogo, il principio di non discriminazione fondata sull età delle persone di cui trattasi, contemplato dall art. 14 della CEDU e sancito espressamente dall art. 21, n. 1, della Carta. 33 Il Parlamento si richiama parimenti a varie disposizioni di convenzioni internazionali sottoscritte sotto l egida delle Nazioni Unite: l art. 24 del patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato il 19 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976, la convenzione sui diritti del fanciullo adottata il 20 novembre 1989 ed entrata in vigore il 2 settembre 1990, la convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri della loro famiglia, adottata il 18 dicembre 1990 ed entrata in vigore il 1 luglio 2003, nonché la dichiarazione dei diritti del fanciullo, adottata dall Assemblea generale dell Organizzazione delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 [risoluzione 1386(XIV)]. Il Parlamento rammenta, inoltre, la raccomandazione n. R (94) 14 del Comitato dei ministri del Consiglio d Europa agli Stati membri, del 22 novembre 1994, riguardante le politiche familiari coerenti e integrate, nonché la raccomandazione n. R (99) 23 del Comitato medesimo agli Stati membri, del 15 dicembre 1999, sul ricongiungimento familiare per i rifugiati e le altre persone aventi necessità di protezione internazionale. Il Parlamento si richiama, infine, a varie costituzioni degli Stati membri dell Unione europea. 34 Il Consiglio rileva che la Comunità non è parte contraente dei vari strumenti di diritto internazionale pubblico invocati dal Parlamento. In ogni caso, tali norme richiederebbero semplicemente che gli interessi dei fanciulli siano presi in considerazione e rispettati, senza peraltro stabilire alcun diritto assoluto in materia di ricongiungimento familiare. Il Consiglio rileva peraltro che, a suo parere, non occorre esaminare il ricorso alla luce della Carta, tenuto conto che essa non costituisce una fonte di diritto comunitario. 35 I diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l osservanza. A tal fine la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell uomo cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito. La CEDU riveste, a questo proposito, un particolare significato (v., segnatamente, sentenze 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT, Racc. pag. I-2925, punto 41; parere 2/94, del 28 marzo 1996, Racc. pag. I-1759, punto 33; sentenze 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 37; 22 ottobre 2002, causa C-94/00, Roquette Frères, Racc. pag. I-9011, punto 25; 12 giugno 2003, causa C-112/00, Schmidberger, Racc. pag. I-5659, punto 71, e 14 ottobre 2004, causa C-36/02, Omega, Racc. pag. I-9609, punto 33). 36 Peraltro, ai termini dell art. 6, n. 2, UE, «l Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla [CEDU] e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario». 37 La Corte ha già avuto modo di rammentare che il patto internazionale sui diritti civili e politici si annovera tra gli strumenti internazionali relativi alla tutela dei diritti dell uomo di cui la Corte tiene 2

3 conto per l applicazione dei principi generali del diritto comunitario (v., in particolare, sentenze 18 ottobre 1989, causa 374/87, Orkem/Commissione, Racc. pag. 3283, punto 31; 18 ottobre 1990, cause riunite C-297/88 e C-197/89, Dzodzi, Racc. pag. I-3763, punto 68, e 17 febbraio 1998, causa C-249/96, Grant, Racc. pag. I-621, punto 44). Ciò vale parimenti per la menzionata convenzione relativa ai diritti del fanciullo che, al pari del patto citato supra, è vincolante nei confronti di ogni singolo Stato membro. 38 Per quanto attiene alla Carta, essa è stata proclamata solennemente dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione a Nizza il 7 dicembre Se è pur vero che la Carta non costituisce uno strumento giuridico vincolante, il legislatore comunitario ha tuttavia inteso riconoscerne l importanza affermando, al secondo considerando della direttiva, che quest ultima rispetta i principi riconosciuti non solamente dall art. 8 della CEDU, bensì parimenti dalla Carta. L obiettivo principale della Carta, come emerge dal suo preambolo, è peraltro quello di riaffermare «i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dalla [CEDU], dalle carte sociali adottate dall Unione e dal Consiglio d Europa, nonché dalla giurisprudenza della Corte (...) e da quella della Corte europea dei diritti dell uomo». 39 Quanto agli altri strumenti internazionali invocati dal Parlamento, con riserva per la Carta sociale europea di cui infra, al punto 107 della presente sentenza, non risulta, in ogni caso, che essi contengano disposizioni di più intensa tutela dei diritti del fanciullo rispetto a quelle contenute negli strumenti già menzionati. Sull art. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva 52 Si deve rammentare, in limine, che il diritto al rispetto della vita familiare, ai sensi dell art. 8 della CEDU, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo costante giurisprudenza della Corte, sono protetti nell ordinamento giuridico comunitario (citate sentenze Carpenter, punto 41, e Akrich, punti 58 e 59). Tale diritto alla convivenza con i familiari prossimi implica per gli Stati membri obblighi che possono essere di carattere negativo, qualora uno di essi sia tenuto a non espellere un soggetto, ovvero di carattere positivo, quando l obbligo sia quello di consentire ad un soggetto di fare ingresso e di risiedere sul proprio territorio. 53 In tal senso, come affermato dalla Corte, ancorché la CEDU non garantisca, quale diritto fondamentale a favore di uno straniero, alcun diritto di entrare o risiedere nel territorio di un paese determinato, l esclusione di una persona da un paese in cui vivono i suoi congiunti può rappresentare un ingerenza nel diritto al rispetto della vita familiare come tutelato dall art. 8, n. 1, della Convenzione medesima (citate sentenze Carpenter, punto 42, e Akrich, punto 59). 54 Peraltro, come affermato dalla Corte europea dei diritti dell uomo nella sentenza 21 dicembre 2001, Sen c. Paesi Bassi, paragrafo 31, «l art. 8 [della CEDU] può far sorgere obblighi positivi inerenti ad un rispetto effettivo della vita familiare. I principi applicabili a tali obblighi sono analoghi a quelli che disciplinano gli obblighi di carattere negativo. In entrambi i casi, occorre tener conto del giusto equilibrio da realizzare tra i concorrenti interessi dell individuo e della società complessivamente intesa; parimenti, nelle due ipotesi, lo Stato gode di un certo margine di discrezionalità (sentenza 19 febbraio 1996, Gül [c. Svizzera, Recueil des arrêts et décisions, 1996-I], pag. 174, paragrafo 38, e 28 novembre 1996, Ahmut [c. Paesi Bassi, Recueil des arrêts et décisions, 1996-VI, pag. 2030], paragrafo 63)». 55 Al paragrafo 36 della menzionata sentenza Sen c. Paesi Bassi, la Corte europea dei diritti dell uomo ha ricordato nei seguenti termini i principi applicabili in materia di ricongiungimento familiare, principi già enunciati nelle proprie sentenze, citate supra, Gül c. Svizzera, paragrafo 38, e Ahmut c. Paesi Bassi, paragrafo 67: 3

4 «a) La portata dell obbligo per uno Stato di consentire l ingresso sul proprio territorio ai congiunti di persone immigrate dipende dalla situazione degli interessati e dall interesse generale. b) Conformemente ad un consolidato principio di diritto internazionale, gli Stati hanno il diritto senza pregiudizio degli obblighi per essi derivanti dai Trattati di controllare l ingresso di cittadini non nazionali sul loro territorio. c) In materia di immigrazione, l art. 8 non può essere interpretato nel senso che esso implichi per uno Stato membro l obbligo generale di rispettare la scelta, da parte di coppie coniugate, della loro comune residenza e di consentire il ricongiungimento familiare sul proprio territorio». 56 La Corte europea dei diritti dell uomo ha precisato di prendere in considerazione, nel proprio esame, l età dei figli minori di cui trattasi, la loro situazione nel rispettivo paese di origine ed il loro grado di dipendenza rispetto ai genitori (sentenza Sen c. Paesi Bassi, citata supra, paragrafo 37; v. parimenti sentenza 31 gennaio 2006, Rodrigues da Silva c. Paesi Bassi, paragrafo 39). 57 La convenzione relativa ai diritti del fanciullo riconosce parimenti il principio del rispetto della vita familiare. Essa è fondata sul riconoscimento, espresso nel suo sesto considerando, che il minore deve poter crescere, ai fini di un armonioso sviluppo della propria personalità, nell ambiente familiare. L art. 9, n. 1, della detta convenzione prevede, in tal senso, che gli Stati contraenti provvedano affinché il minore non venga separato dai genitori contro la loro volontà; da tale obbligo discende, ai termini del successivo art. 10, n. 1, che qualsiasi richiesta effettuata da un minore o dai genitori al fine di fare ingresso in uno Stato contraente o di lasciare il medesimo ai fini del ricongiungimento familiare dev essere considerata dagli Stati contraenti, in uno spirito positivo, con umanità e diligenza. 58 L art. 7 della Carta riconosce parimenti il diritto al rispetto della vita privata o familiare. Tale disposizione dev essere letta in correlazione con l obbligo di prendere in considerazione il superiore interesse del minore, sancito dall art. 24, n. 2, della Carta medesima, tenendo conto parimenti della necessità per il minore di intrattenere regolarmente rapporti personali con i due genitori, necessità affermata dal medesimo art. 24, n Le disposizioni richiamate sottolineano l importanza, per il minore, della vita familiare e raccomandano agli Stati di prendere in considerazione l interesse del medesimo, senza peraltro far sorgere a favore dei familiari il diritto soggettivo ad essere ammessi nel territorio di uno Stato; tali disposizioni non possono essere interpretate nel senso di privare gli Stati di un certo potere discrezionale nell esame delle domande di ricongiungimento familiare. 60 Al di là di tali disposizioni, l art. 4, n. 1, della direttiva impone agli Stati membri obblighi positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi chiaramente definiti, imponendo loro, nelle ipotesi contemplate dalla direttiva, di autorizzare il ricongiungimento familiare di taluni congiunti del soggiornante senza potersi avvalere di discrezionalità in proposito. 61 Per quanto attiene all art. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva, tale disposizione produce l effetto, in presenza di circostanze tassativamente definite, vale a dire quando un minore di età superiore ai 12 anni giunga indipendentemente dal resto della famiglia, di mantenere parzialmente il margine di discrezionalità degli Stati membri consentendo loro, prima di autorizzare l ingresso ed il soggiorno del minore in base alla direttiva, di esaminare se il minore stesso risponda ai criteri di integrazione previsti dalla legge nazionale vigente alla data di attuazione della direttiva stessa. 62 In tal modo, l art. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva non può essere considerato in contrasto con il diritto al rispetto della vita familiare. Infatti, nel contesto della direttiva, che impone agli Stati membri obblighi positivi precisi, la detta disposizione mantiene a favore degli Stati stessi un potere discrezionale limitato, non diverso da quello riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dell uomo nella propria giurisprudenza in materia di diritto al rispetto della vita familiare, ponderando, in ogni singola fattispecie concreta, gli interessi in gioco. 4

5 63 Peraltro, come sancito dall art. 5, n. 5, della direttiva, nell ambito di tale ponderazione degli interessi gli Stati membri devono tenere nella dovuta considerazione l interesse superiore del figlio minore. 64 Occorre inoltre tener conto dell art. 17 della direttiva, che impone agli Stati membri di prendere debitamente in considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona, la durata della residenza nello Stato membro interessato nonché l esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il rispettivo paese di origine. Come emerge dal punto 56 della presente sentenza, tali criteri corrispondono a quelli presi in considerazione dalla Corte europea dei diritti dell uomo nell ambito della verifica se uno Stato, che abbia respinto una domanda di ricongiungimento familiare, abbia correttamente proceduto alla ponderazione degli interessi in gioco. 66 Per quanto attiene al criterio di integrazione, non risulta che tale criterio sia di per sé contrario al diritto al rispetto della vita familiare, sancito dall art. 8 della CEDU. Come precedentemente rammentato, tale diritto non deve essere interpretato nel senso che esso implichi necessariamente l obbligo, per un determinato Stato membro, di consentire il ricongiungimento familiare sul proprio territorio, e l art. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva si limita a mantenere il potere discrezionale dello Stato membro, limitandolo all esame di un criterio definito dalla legge nazionale, potere che lo Stato medesimo dovrà esercitare nel rispetto, segnatamente, dei principi sanciti agli artt. 5, n. 5, e 17 della direttiva. In ogni caso, la necessità dell integrazione può emergere da più legittimi scopi tra quelli enunciati dall art. 8, n. 2, della CEDU. 70 L assenza di definizione della nozione di integrazione non può essere interpretata quale autorizzazione conferita agli Stati membri di avvalersi di tale nozione in modo contrario ai principi generali del diritto comunitario, e più in particolare ai diritti fondamentali. Infatti, gli Stati membri che intendono avvalersi della deroga non possono utilizzare una nozione indeterminata di integrazione, bensì devono applicare, nell esame della specifica situazione di un minore di più di 12 anni che giunga nel paese indipendentemente dal resto della propria famiglia, il criterio di integrazione previsto dalla loro normativa vigente alla data di attuazione della direttiva. 71 Conseguentemente, l art. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva non può essere interpretato nel senso che gli Stati membri siano autorizzati, esplicitamente o implicitamente, ad adottare disposizioni di attuazione che risultino contrarie al diritto al rispetto della vita familiare.. 76 Da tutti i suesposti elementi emerge che l art. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva non può essere considerato in contrasto con il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare, con l obbligo di prendere in considerazione il superiore interesse del figlio minore ovvero con il principio di non discriminazione in funzione dell età, né in quanto tale, né nella parte in cui autorizzerebbe espressamente o implicitamente gli Stati membri ad agire in tal senso. Sull art. 4, n. 6, della direttiva 84 Si deve rammentare che, nell ambito del presente ricorso, il sindacato della Corte verte sulla questione se la disposizione impugnata rispetti, di per sé, i diritti fondamentali, e in particolare il diritto al rispetto della vita familiare, l obbligo di prendere in considerazione l interesse superiore dei minori ed il principio di non discriminazione in funzione dell età. Occorre, segnatamente, verificare se l art. 4, n. 6, della direttiva consenta espressamente o implicitamente agli Stati membri di sottrarsi al rispetto di tali principi fondamentali consentendo loro, in deroga alle altre disposizioni dell art. 4 della direttiva, di stabilire un requisito in funzione dell età di un figlio minore per il quale venga fatta richiesta di ingresso e soggiorno sul territorio nazionale nell ambito di un ricongiungimento familiare. 5

6 85 Non risulta che la disposizione impugnata violi il diritto al rispetto della vita familiare sancito dall art. 8 della CEDU come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell uomo. L art. 4, n. 6, della direttiva attribuisce, infatti, agli Stati membri la facoltà di riservare l applicazione dei requisiti del ricongiungimento familiare previsti dalla direttiva alle domande proposte prima che i minori abbiano raggiunto l età di 15 anni. Tale disposizione non può essere tuttavia interpretata nel senso che essa vieterebbe agli Stati membri di prendere in considerazione una domanda relativa ad un minore di età superiore a 15 anni ovvero che li autorizzerebbe a non farlo. 90 Da tutti i suesposti elementi emerge che l art. 4, n. 6, della direttiva non può essere considerato in contrasto con il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare, con l obbligo di prendere in considerazione l interesse superiore del minore o con il principio di non discriminazione in funzione dell età, né di per sé, né laddove autorizzerebbe espressamente o implicitamente gli Stati membri ad agire in tal senso. Sull art. 8 della direttiva 97 Al pari delle altre disposizioni impugnate nell ambito del presente ricorso, l art. 8 della direttiva autorizza gli Stati membri a derogare alle regole del ricongiungimento familiare dettate dalla direttiva stessa. Il primo comma del detto art. 8 autorizza gli Stati membri ad esigere un soggiorno legale di due anni al massimo prima che il soggiornante possa essere raggiunto dai suoi familiari. Il secondo comma di tale articolo consente agli Stati membri la cui legislazione tenga conto della loro capacità di accoglienza di prevedere un periodo di attesa non superiore a tre anni tra la presentazione della domanda di ricongiungimento ed il rilascio del permesso di soggiorno ai familiari. 98 Tale disposizione non produce, quindi, l effetto di impedire qualsiasi ricongiungimento familiare, bensì mantiene a favore degli Stati membri un margine di discrezionalità limitato, consentendo loro di assicurarsi che il ricongiungimento familiare abbia luogo in condizioni favorevoli, dopo un periodo di soggiorno sufficientemente lungo nello Stato membro ospitante da parte del soggiornante perché si possa presumere un insediamento stabile e un certo livello di integrazione. Pertanto, il fatto che uno Stato membro prenda in considerazione tali elementi e la facoltà di differire il ricongiungimento familiare di due anni o, secondo i casi, di tre anni non si pongono in contrasto con il diritto al rispetto della vita familiare sancito, in particolare, dall art. 8 della CEDU come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell uomo. 102 La coesistenza di situazioni differenti, a seconda che gli Stati membri scelgano di avvalersi o meno della possibilità di imporre un periodo di attesa di due anni, ovvero di tre anni, nel caso in cui la loro legislazione vigente alla data di adozione della direttiva tenga conto della loro capacità di accoglienza, non costituisce altro che l espressione della difficoltà di procedere ad un ravvicinamento delle legislazioni in un settore che, sino a quel momento, ricadeva unicamente nella competenza degli Stati membri. Come riconosciuto dal Parlamento stesso, la direttiva, nel suo complesso, è importante ai fini dell attuazione armonizzata del diritto al ricongiungimento familiare. Nella specie, non risulta che il legislatore comunitario abbia oltrepassato i limiti imposti dai diritti fondamentali laddove ha consentito agli Stati membri che disponessero o intendessero adottare una normativa specifica di modulare taluni aspetti del diritto al ricongiungimento. 103 Conseguentemente, l art. 8 della direttiva non può essere considerato in contrasto con il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare o con l obbligo di prendere in considerazione l interesse superiore del minore, né di per sé, né nella parte in cui autorizzerebbe espressamente o implicitamente gli Stati membri ad agire in tal senso. 109 Il ricorso dev essere conseguentemente respinto. 6

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