Politiche per la crescita: Sviluppo industriale
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- Clemente Cortese
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1 Politiche per la crescita: Sviluppo industriale A cura del Forum Permanente per lo Sviluppo del Partito Democratico della Provincia di Avellino. Coordinatore: Augusto Penna. Con il contributo del Forum Ambiente e Comunità del Partito Democratico della Provincia di Avellino. Coordinatore: Mario Pagliaro
2 Premessa La crisi del sistema economico, che ha già cambiato lo scenario globale, chiama drammaticamente, e con forza, la Politica a una responsabilità riformatrice alta e radicale, a tutti i livelli istituzionali: dal governo del Paese a quello delle più piccole comunità della nostra Irpinia. In base ad elaborazioni SVIMEZ su dati del MISE, dal 2001 al 2012 le agevolazioni concesse all industria italiana sono crollate del 51,5%, passando dai 10,1 miliardi di euro annui del triennio ai 4,3 del triennio A pagare di più è stato però il Sud. Dal 2001 al 2012infatti le agevolazioni concesse all industria del Mezzogiorno sono crollate del 80,5%, passando dai 6,4 miliardi di euro annui del triennio agli 1,2 del triennio Situazione diversa al Centro- Nord, dove le agevolazioni concesse all industria sono scese negli stessi anni del 24,3%, passando dai 3,7 miliardi euro annui del triennio ai 2,8 del triennio (Figura 1).La tendenza si conferma anche sul fronte delle agevolazioni erogate. Nel periodo in questione, in dieci anni, le agevolazioni erogate all industria meridionale flettono del 67%, da 3,9 a 1,3miliardi di euro annui, il triplo del Centro- Nord (- 22,4%)(Figura 2). Limitando l analisi agli anni di crisi , le agevolazioni concesse nel Mezzogiorno sono state pari a 1 miliardo e 931 milioni di euro annui, contro i 2 miliardi e 905 milioni del Centro- Nord. Se però agli interventi per il sostegno della nuova imprenditorialità sono stati assegnati al Centro- Nord 108 milioni e quasi il triplo al Sud, 293 milioni, nella ricerca e sviluppo e nella direttrice internazionalizzazione il Mezzogiorno è decisamente penalizzato: 367 milioni di euro annui destinati alla ricerca per il Sud, quasi il triplo, 1.193, al Centro- Nord. Ancora peggio riguardo all internazionalizzazione: nel Mezzogiorno sono andati 11,6 milioni di euro annui, oltre 30 volte in meno del Centro- Nord (351,5). Mentre gli interventi per il riequilibrio territoriale sembrano dimenticare le differenze di sviluppo tra Nord e Sud: in termini di risorse le misure relative allo sviluppo produttivo e territoriale, in cui sono inseriti gli interventi per il riequilibrio territoriale delle zone arretrate, non fanno incredibilmente differenza tra le due aree: 1 miliardo e 78 milioni al Centro- Nord, 1 miliardo e155 milioni al Sud. Negli anni di crisi nel Mezzogiorno il peso del valore aggiunto manifatturiero sul totale dell area è sceso dall 11,2% al 9,6%, attestandosi alla metà del Centro- Nord (18,9%). Giù anche il tasso di industrializzazione, che misura il numero di addetti nel settore ogni mille abitanti: nel 2012 al Sud è arrivato a 32,1 contro l 83,2. In picchiata gli investimenti: - 52%, più del doppio del Centro- Nord (- 19,7%). pag.2 di 8
3 Figura 1 - Importi complessivi (in miliardi di euro) delle agevolazioni concesse dal 2001 al Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati MISE. Figura 2 - Quote di accesso del Mezzogiorno sul totale nazionale delle agevolazioni, concesse ed erogate (valori in percentuale). Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati MISE. Nel Mezzogiorno le microimprese under10 addetti impiegano circa il 40% degli occupati manifatturieri totali, contro il 24% del Centro- Nord. E scende ancora la dimensione media delle aziende: nel 2001 era di solo 28 addetti, pari al77% di quella del Centro- Nord (36 addetti), dieci anni dopo è scesa a 25 addetti, pari al 67% del Centro- Nord (37 addetti). In termini di risorse, dal 2007 al2012 gli aiuti di Stato nel settore industriale sono stati dello 0,27% del PIL, inferiori alla media europea dell Ue a 27 (0,47%), molto meno di quanto destinato al settore in Germania (0,53%)e Francia (0,61%). Oltre alle risorse, nei principali paesi europei sono molto più forti che in Italia le misure di sostegno al settore: in Germania opera una rete di 66 istituti a sostegno dell innovazione e del trasferimento tecnologico delle PMI, con un budget annuale di 2 miliardi di euro (Fraunhofer- Gesellschaft), cui si aggiunge la export bank pubblica IPEX che a tutto il 2011 ha erogato complessivamente prestiti per 60 miliardi di euro; in Francia sono attivi i Poli di competitività, la Banca pubblica di investimento (BPI), con un capitale di 42 miliardi di euro, e UBIFRANCE, un agenzia specifica per l internazionalizzazione. pag.3 di 8
4 Tabella 1 - Principali misure di sostegno a favore delle PMI in Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, per obiettivi Fonte: Una politica industriale per il riposizionamento competitivo e lo sviluppo del Sud. Obiettivi e strumenti di Riccardo Padovani, Grazia Servidio e Luca Cappellani REM, Edizioni Il pag.4 di 8
5 Vision di Sviluppo Di fronte alla crudezza dei dati riportati, occorre porre in campo uno sforzo ideale in grado di immaginare un nuovo modello di sviluppo economico per l intero Paese, che coinvolga le istituzioni democratiche, a tutti i livelli. Un modello che consenta al Paese non solo di risollevarsi dall'attuale situazione di crisi ma, anche, di iniziare un percorso di crescita sostenibile e stabile per gli anni a venire. Se si analizzano le linee di sviluppo dell economia mondiale, appare evidente che i vettori decisivi della crescita nel prossimo futuro saranno sempre più legati alla conoscenza, all'innovazione e agli alti standard di qualità dei prodotti. Sono, questi, fattori competitivi indispensabili e allo stesso tempo, sostenibili: sono meno esposti di altri all'aggressione da parte di competitors e garantiscono benefici ad ampio raggio, con ricadute positive sull intero sistema economico. Recuperare il gap che separa il nostro tessuto economico da quello di altre realtà più avanzate, relativamente ad alcuni settori ad alto contenuto d'innovazione è fondamentale per competere nel lungo periodo. In quest ottica, occorre sostenere con politiche mirate a sviluppare la cultura dell'imprenditorialità, la creazione di start up, il trasferimento tecnologico e l'incontro fra le idee imprenditoriali e i capitali. Il problema di fondo, però, come si legge nello studio di Padovani et alii a,è che al Sud le imprese sono piccole, poco innovative, poco propense all export, e accedono poco a quasi tutti i principali interventi della politica industriale nazionale. Per questo, secondo la SVIMEZ, nell ambito degli interventi nazionali, nell accedere al Fondo Italiano di Investimenti per le PMI, al Fondo Strategico Italiano e al credito all'export andrebbero previste corsie preferenziali per le imprese meridionali. Per quanto riguarda la politica regionale, invece, andrebbero inserite nei POR di tutte le regioni meridionali misure aggiuntive a favore dei Contratti di rete ; rafforzati i fondi di private equity specifici per il Sud, poco diffusi nell area; prolungato il Piano per il Sud dell ICE per la promozione delle esportazioni, ed esteso anche alle regioni meridionali non dell Obiettivo Convergenza. Sul fronte del credito andrebbe sostenuto il processo di ricapitalizzazione delle imprese con l istituzione di una Bad- Bank, che possa rilevare le partite in sofferenza, enormemente cresciute con la crisi, al fine di ridare elasticità ai bilanci bancari e porre le banche in condizione di riprendere a finanziare il sistema produttivo. Per favorire l attrazione di investimenti esterni all area, nazionali ed esteri, occorrerebbe poter contare su forme di fiscalità di vantaggio per compensare gli svantaggi competitivi che penalizzano il Sud rispetto ai paesi dell Est Europa; paesi avvantaggiati da un più basso costo del lavoro, e che possono utilizzare liberamente i maggiori margini di libertà delle leve fiscale e monetaria. a Una politica industriale per il riposizionamento competitivo e lo sviluppo del Sud. Obiettivi e strumenti di Riccardo Padovani, Grazia Servidio e Luca Cappellani REM, Edizioni Il Mulino, 2014 pag.5 di 8
6 Nella nostra provincia, ad oltre 30 anni dalla grande scommessa dell industrializzazione pesante in montagna, da quella che fu pensata come l occasione di riscatto, di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro per centinaia di famiglie, duramente colpite dalla tragedia del terremoto, abbiamo il dovere di interrogarci su cosa resta di quella scommessa, su cosa abbiamo scommesso e su cosa andiamo ad incassare. Occorre, cioè, chiedersi in maniera decisa se, sulla base dell esperienza vissuta, il modello di sviluppo di questa provincia debba ancora essere quello che è stato, oppure debba essere ripensato in una nuova visione che concili l industria con i settori più innovativi dell economia verde. Se si riflette con onestà intellettuale, se si guarda ai fatti con il distacco dello storico, si deve riconoscere che quella scommessa andava fatta, che probabilmente quella era l unica strada percorribile per dare sollievo all economia, per creare posti di lavoro, per trasformare la disperazione in speranza. Ma, con altrettanta onestà, dobbiamo denunciare che errori vi furono, ed anche gravi, nelle modalità con cui quella scommessa è stata giocata. Innanzitutto sulla posta giocata. Su quel modello, abbiamo scommesso TUTTO e, questo, è stato il più grave degli errori. Avevamo (ed abbiamo ancora) un territorio da valorizzare, un territorio simile a quello delle Langhe, simile a quello della Val D Orcia ed abbiamo ragionato come se potesse diventare la nuova Ivrea. Abbiamo, cioè, colpevolmente, legato il modello di sviluppo solo ed esclusivamente ad asset industriali, secondo un approccio dettato dalla visione di una sinistra più attenta al martello e meno alla falce. Ed è per questo motivo, per non incorre nello stesso errore, che questo partito deve dire no ad ipotesi di sviluppo legate all industria pesante, deve dire no alle trivellazioni petrolifere. Perché adottando questo modello ci giocheremmo l intero patrimonio ambientale e, se tra 20 anni, questa scommessa la dovessimo perdere, non ci resterebbe più niente, a parte capannoni vuoti e carcasse spoglie. Un altro importante errore da non ripetere è stato quello relativo alla mancata selezione delle compagini industriali venute in Irpinia seguendo la corrente dei finanziamenti pubblici, senza alcuna strategia industriale. E questo ci porta a riflettere sulla necessità di avere una strategia industriale, una politica industriale. Una politica che guardi al collegamento col territorio, all industria di filiera, alle eccellenze industriali e ad alto contenuto di innovazione. Non è un caso che le grandi realtà industriali che resistono sul nostro territorio e che lasciano speranza allo sviluppo industriale, abbiano queste caratteristiche. Per evitare questi due grandi errori, dunque, risulta necessario puntare su strategie industriali ben definite e su un modello diversificato di sviluppo del territorio. Il modello di sviluppo che il PD propone è, dunque, un modello adattivo che deve mirare alla tutela di quelle realtà industriali che per l alto contenuto di innovazione, per la solidità d impresa, per la connessione con il territorio dove sorgono, sono riuscite a superare le crisi industriali degli ultimi anni, ma deve anche guardare con coraggio ai settori più innovativi e dinamici del tessuto economico provinciale: l agricoltura d eccellenza, le biotecnologie, il terzo settore, l'industria culturale, le attività turistiche di valorizzazione ambientale ed enogastronomica. pag.6 di 8
7 Il modello proposto richiede una visione nuova e coraggiosa di Sviluppo Industriale, che, in ogni caso, dovrà rappresentare quantitativamente una fetta importante dell economia provinciale, come propone la stessa SVIMEZ. Questo modello richiede che vengano perseguiti i seguenti punti programmatici, attraverso politiche attivabili già nel breve- medio periodo: Rielaborazione dello strumento di pianificazione (c.d. Piano Regolatore ASI) nel segno della sburocratizzazione e dello snellimento delle procedure ponendo però la giusta attenzione ai principi di ecologia industriale e del paesaggio, puntando al riuso. L'individuazione delle ragioni delle modificazioni/trasferimenti/mortalità aziendali nel tempo, deve diventare parametro di analisi acquisito nelle nuove progettazioni/rimodulazioni. E' necessario uscire dall'ottica generalista, che tanto poco ha dato in termini di continuità produttiva ed occupazionale, costruendo, invece, una vocazione specifica. Serve strutturare l'accoglienza/creazione di quelle iniziative imprenditoriali, e/o manifatturiere, che siano omogenee alla vocazioni territoriali. Per quanto sopra, in Irpinia, in generale, sarebbe auspicabile una rielaborazione dei P.U.C. e del PRG ASI, non per ri- vedere in senso semplicistico il dimensionamento e/o la perimetrazione delle aree produttive esistenti ma per definire politiche e azioni volte a ottimizzarle, attraverso logiche di riuso (prima che di ampliamento) e di omogeneità alle vocazioni territoriali. Questo per attrarre imprese sane, innovative, ambientalmente sostenibili e capaci di promuovere occupazione qualificata, produttività e competitività nel lungo periodo. Riorganizzazione dell assetto e della funzione attuale del Consorzio ASI, piuttosto che come mero collocatore e gestore di immobili, come organismo deputato alla promozione di Politiche industriali a medio- lungo termine. Rilancio delle aree industriali (con particolare riferimento a Pianodardine e Solofra)attraverso anche lo snellimento delle procedure di assegnazione e di modifica dei lotti; Conversione delle aree ASI periferiche in Energy Factory, insediandovi o integrando attività connesse alla produzione di energia (Fotovoltaico, centrali a biomasse, centrali di cogenerazione e trigenerazione per le attività industriali limitrofe). Incentivazione dell Industria di filiera e ad alto contenuto di innovazione. Sviluppo della Ricerca dell Industria in campo Agroalimentare. Promozione della ricerca in campo ambientale e nelle nuove tecnologie per l energia. Incentivazione alla creazione di Spin- off dalle Università del Sannio e di Salerno. Realizzazione in chiave sostenibile della Piattaforma Logistica in Valle Ufita, che consente di intercettare flussi di merci sul Corridoio transeuropeo VIII. Istituzione di Zone Franche Urbane/Zone Economiche Speciali per l Irpinia allo scopo di favorire l attrazione di investimenti esterni (nazionali ed esteri), attraverso forme di fiscalità di vantaggio; Tale favor, al fine di evitare indebiti e già visti episodi di distorsione del mercato, anche attraverso speculazioni, deve essere limitato a quelle tipologie aziendali che palesemente si inseriscono all'interno di filiere produttive già ampiamente consolidate in provincia, che dimostrino trend aziendali positivi e siano già organiche alle vocazioni territoriali oggetto di programmazione regionale. Il tutto, in pag.7 di 8
8 un'ottica di integrazione e completamento e non di sovrapposizione o di privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite. Promozione di progettualità per l istituzione di corsie preferenziali di accesso al Fondo Italiano di Investimenti per le PMI, al Fondo Strategico Italiano e al credito all'export per le imprese meridionali delle aree interne; Valorizzazione dell impresa artigianale attraverso facilitazioni di accesso al credito e mediante la promozione di accordi scuola- artigiano per la formazione on site; Promozione di progettualità per l istituzione di Contratti di rete ; Promozione di progettualità per l accesso alle politiche di sostegno alle esportazioni tramite il piano SUD dell Agenzia Governativa ICE; Promozione di politiche di impulso verso il Ciclo industriale chiuso che creino le condizioni per un'eco- efficienza del sistema produttivo locale, puntando alla configurazione di insediamenti produttivi organici alle previsioni nazionali per le Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate (APEA), considerando, cioè, il sistema industriale come parte di un ciclo chiuso dove, in analogia con quanto avviene in natura (in cui non esiste il concetto di rifiuto), tutti i prodotti di un processo produttivo (scarti compresi) rappresentano materie prime di un altro processo, secondo una logica virtuosa di interdipendenza imprenditoriale attraverso sistemi di pianificazione ambientale e strumenti di progettazione ecologica ed evitando di seguire una logica di edificio industriale quale mero mezzo di produzione (costruito unicamente nel rispetto di requisiti di funzionalità ed efficienza del processo produttivo) e destinato a cicli produttivi medio/brevi. Questa visione di sviluppo industriale, che si colloca nel framework generale del modello di sviluppo sostenibile e reversibile auspicato dal Partito Democratico di Avellino, permette di coniugare le ragioni della crescita economica con quelle del miglioramento della qualità ambientale dell edificato e degli spazi aperti, puntando al traguardo dello sviluppo in una logica sistemica di eco- efficienza che realizzi il migliore utilizzo delle risorse disponibili, ad esempio, attraverso la riduzione del prelievo d acqua di falda tramite il riciclo dell acqua piovana e delle acque grigie, la predisposizione di reti fognarie separate e la realizzazione di sistemi di depurazione collettivi, oppure, nel campo dell'energia, massimizzando l impiego delle fonti rinnovabili e incentivando la realizzazione di sistemi di produzione di energia efficienti e con più basse emissioni di inquinanti, dalle applicazioni fotovoltaiche per la produzione di energia elettrica, ai collettori solari termici, al recupero del calore dissipato nei processi produttivi o all utilizzo delle biomasse. Avellino, 6 febbraio 2015 La segreteria provinciale PD pag.8 di 8
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