NOTE PRELIMINARI SUL SEPOLCRETO

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1 NOTE PRELIMINARI SUL SEPOLCRETO ALTOMEDIEVALE DI CROPANI (CZ) LOCALITÀ BASILICATA: I MATERIALI RINVENUTI NELLE SEPOLTURE di MARIA GRAZIA AISA, MARGHERITA CORRADO, PAOLO DE VINGO 1. INTRODUZIONE Tra il 1998 ed il 2001 scavi sistematici, anche se non esaustivi, hanno messo in luce un edificio di culto cristiano circondato da un vasto sepolcreto (72 tombe) i cui corredi tombali datano tra il VI ed il VII secolo (Tav. I, n. 1). La necropoli è posta sulla sommità quasi piana di una modesta altura (m 144 s.l.m.) che è parte della più ampia dorsale collinare di Basilicata, sita subito a monte della corrente S.S. 106 e dominante la breve pianura costiera dove sorge l odierna Marina di Cropani. L edificio di culto, costruito in un momento avanzato del VI secolo e abbandonato definitivamente alla fine del VII o nei primi decenni dell VIII, probabilmente per il trasferimento della popolazione rivierasca verso aree più interne e sicure, è orientato est-ovest, come la maggior parte delle tombe. Si compone di un aula rettangolare (m 12 4,60) chiusa ad est da un abside e di un vano accessorio rettangolare (m 10,20 4,20). Quest ultimo è forse il prolungamento di un ambiente addossato all angolo nord-ovest del vano absidato, destinato ad ospitare una sepoltura (t. 8) che, ben costruita in muratura e stuccata all interno, doveva, con ogni probabilità, appartenere ad una famiglia in vista. La fabbrica, conservata quasi soltanto nel filare di fondazione, fu costruita utilizzando pietrame locale di pezzatura diversa, che una malta biancastra univa a spezzoni di mattoni, di tegole piane e dolia recuperati probabilmente da una fattoria tardo-repubblicana presente nelle vicinanze. Le continue spoliazioni subite, unite all azione degli agenti atmosferici, hanno fatto sì che oggi non è possibile stabilire l ubicazione né dello o degli ingressi né delle eventuali finestre della chiesa. Delle settantadue sepolture, otto sono ubicate all interno dell edificio di culto, le altre lo circondano almeno su tre lati: il quarto, quello settentrionale, deve essere ancora esplorato. All interno della struttura ecclesiale, cinque tombe sono collocate nell ambiente absidato, mentre tre sono state realizzate nel vano accessorio. Le restanti sessantaquattro sepolture hanno generalmente un andamento est-ovest, anche se non mancano variazioni anche sensibili; si dispongono in file almeno in parte parallele e senza sovrapposizioni, tranne in un caso. Fatta eccezione per poche fosse terragne, tutte sono del tipo a cassa litica foderata di pietrame (ciottoli fluviali, sfaldoni di calcarenite o conglomerato) e grossi frammenti di embrici, mattoni, resti di anfore commerciali e dolia uniti senza malta. Tranne in un caso, il fondo non è costruito. Le coperture sono costituite da lastroni e spezzoni di pietra locale. Nel settore sud-occidentale della necropoli si nota una concentrazione di tombe di infanti e bambini, di dimensioni ridotte ma di fattura altrettanto accurata. Sono presenti tanto sepolture monosome quanto polisome. Le salme sono disposte distese supine, con la testa sempre ad ovest. Nelle tombe multiple si contano fino a quindici individui e per fare posto alle nuove deposizioni, le precedenti venivano spinte contro i lati lunghi o la testata, con l accortezza, spesso, di spiccarne i crani e collocarli sul lato occidentale. 2. I CORREDI (Tav. I, nn. 2-10) Il vasellame, recuperato costantemente accanto ai crani, consta esclusivamente di forme chiuse atte a contenere e versare liquidi. Questi contenitori, di dimensioni ridotte, oscillano tra i 10,8 ed i 19 cm di altezza; tranne la bottiglia al n. 10, invetriata, fanno tutti parte della classe della ceramica comune depurata decorata con bande geometriche, macchie e sgocciolature di colore rosso-bruno. Presentano una morfologia molto varia che, pur attingendo dalla grande tradizione tecnica romana, la piega ad una produzione locale quasi domestica che semplifica sia il repertorio formale che gli elementi decorativi e produce manufatti simili ma mai identici, in cui si moltiplicano le varianti che rielaborano poche forme destinate quasi esclusivamente all autoconsumo (RAIMONDO 1998). Le forme attestate nella necropoli cropanese tra la ceramica comune sono il boccale (n. 2), l anforetta (n. 3) e la brocca (nn. 4-9). Tutte hanno in comune il fondo largo e piano. Gli impasti sono sempre chiari (beige o rosa), generalmente ben depurati e duri. Il boccale, lacunoso dell orlo, con corpo ovoide ed ansa a bastoncello, trova un confronto stringente con un esemplare rinvenuto negli strati altomedievali dell esedra della Crypta Balbi (RICCI 1998, fig. 9, n. 9). L anforetta, con orlo estroflesso, collo con decorazioni orizzontali incise a pettine e anse a bastoncello, si confronta con un manufatto presente in livelli della seconda metà del VI-VII secolo nel castrum bizantino di S. Maria del Mare (CZ) (RAIMONDO 2002, figg. 5, n. 11; 11, n. 2). Vari punti di somiglianza reciproca hanno le due brocche ai nn. 4 e 5 nelle dimensioni, nel lungo collo cilindrico, nettamente distinto dalla spalla e dall ansa a nastro; i corpi sono invece l uno globoso, l altro ovoide e degli orli, distinti a nastro, quello della n. 5 è rimarcato da una solcatura esterna. Esse trovano un confronto generico con la brocca tipo SMM 84 di S. Maria del Mare e con una brocca siciliana proveniente da Contessa Entellina (RAIMONDO 2002, fig. 5, n. 10; PUGLISI, SARDELLA 1998, fig. 3, n. 6; tav. 19, n. 28). La brocca n. 6 mostra un orlo distinto a nastro, collo troncoconico, corpo biconico ed ansa a nastro; sembrano riconoscersi in essa gli echi morfologici di una brocca siciliana recuperata nella villa romana di Patti (seconda metà VI- VII secolo) (PUGLISI, SARDELLA 1998, fig. 2). Le due brocche/boccali ai nn. 8 e 9, di forma molto simile bocca trilobata, stretto collo svasato, corpo globoso che si allarga verso il fondo, ansa a bastoncello differiscono invece per sintassi decorativa. Infatti se il decoro a bande rosse le accomuna, si diversificano nella presenza, sulla spalla della n. 8, di tre registri di fitte linee parallele realizzate a pettine, mentre sulla spalla della n. 9 compaiono una triplice serie di incisioni ad onda. La forma di entrambe trova confronti puntuali sia in Calabria che in Campania con materiale coevo (COSCARELLA 1996, tav. XV, b; D AGOSTINO, MARAZ- ZI 1985, fig. A15). L associazione tra la decorazione a bande rosse e le linee incise sia diritte sia ad onda si riscontra, invece, soprattutto su bacini ed anfore domestiche (RAIMON- DO 1998, figg. 2, n. 1; 3, n. 4). Un confronto più puntuale per il motivo ad onda si osserva in una brocca da Rossano (COSCARELLA 1996, tav. XV, a). Un discorso a parte merita la bottiglia n. 10, in vetrina pesante. Si tratta di un reperto molto significativo, visto anche il suo stato di conservazione e vista la scarsità di attestazioni di questo tipo di ceramica rivestita nei contesti altomedievali calabresi (RAIMONDO 2002), quasi sempre in strati datati a partire dall VIII secolo. Ha orlo ingrossato e leggermente estroflesso, lungo collo cilindrico, interrotto a metà da un listello a rilievo, e corpo globulare. Tutta la superficie della bottiglia è decorata dai solchi paralleli prodotti durante la lavorazione al tornio. L impasto è di colore arancio, ricco di dimagrante. La vetrina, con sfumature dal verde-oliva al marrone rossiccio, è abbastanza spessa ma afflitta da numerose imperfezioni superficiali e scrostata in più punti. Trova confronto morfologico con un orciolo acromo della necropoli di Fiesole (CIAMPOLTRINI 1998, fig. 5, n. 2), ma si può rapportare anche con la brocca a vetrina pesante proveniente dalla zona di Taureana di Palmi (DI 741

2 GANGI, LEBOLE 1997, fig. 3, n. 1), mentre di una bottiglia a vetrina pesante dalla necropoli di Prestica, sopra Capo Colonna di Crotone, si hanno solo notizie verbali (CORRA- DO 2001). Il manufatto in esame, che dall impasto risulta di produzione non locale, è databile a fine VII-inizi VIII secolo. In due tombe, infine (t. BB e t. XIII/99), sono state recuperate due bottiglie vitree (PAPPARELLA c.s.), entrambe con lungo collo troncoconico. La prima ha corpo globoso con anello tubolare interno in prossimità della spalla; la seconda, molto lacunosa, è in vetro verde con una decorazione a fasce ondulate irregolarmente, di colore rosso più o meno intenso. Per il primo tipo abbiamo confronti puntuali anche in Calabria, a Botricello (AISA, CORRADO c.s.); per il secondo motivi decorativi simili sono presenti in manufatti trovati nell Italia Settentrionale. M.G. A. 3. ANELLI E FIBBIE (Tav. II, nn. 1-13) La presenza di un costume maschile e femminile composito, con il quale gli individui sono stati inumati, testimoniata dal riscontro in numerose sepolture di oggetti indossati nella vita quotidiana, consentono di ipotizzare una comunità poliedrica formata da una pluralità di individui. Gli anelli ritrovati sono ornamenti caratteristici della tradizione orafa romana che persiste anche nel corso del VI e del VII secolo nella penisola italica. La tipologia attestata può essere ricondotta in modo univoco al tipo 3 (BALDINI LIPPOLIS 1999) all interno del quale è possibile però riconoscere due varianti. Quest ultime si differenziano per le diverse caratteristiche del castone che può essere ribattuto (tipo 3a) (nn. 2-5) o applicato (tipo 3b) (nn. 1, 6). Anelli «a fascia bombata» presentano un indice consistente di diffusione soprattutto in Calabria (CORRADO 2001) e in Sicilia, dove è possibile che lo stile esecutivo abbia risentito di influenze orientali (BALDINI LIPPOLIS 1999), ma si riscontrano anche in contesti sepolcrali altomedievali come quelli della necropoli di Meizza (TORCELLAN 1986, tavv , 19.9, 21.4 e ) nella regione istriana, nell insediamento fortificato di S. Antonino nella Liguria di Ponente (DE VINGO, FOSSATI 2001, tav ), nell inumazione femminile di Onore, datata tra il V ed il VI secolo (DE MARCHI 1997, tav. V nn. 4-5), nel sepolcreto di Santi di Sopra a Calvisano sempre in Lombardia (DE MARCHI 1997a, tomba 12, fig. 7B/4) e, tornando alle regioni meridionali, in quello di Piano di Carpino, presso Foggia (D ANGELA 1988, tav. LXVII, nn. 15, 21; LXXIV-LXXV, nn ). La superficie del castone è risultata essere sempre decorata con elaborazioni grafiche di vario tipo: motivo floreale inscritto in stella a otto punte (n. 3), stella a cinque punte (pentalpha) entro clipeo (n. 2), cerchietti concentrici puntinati (n. 4) e, in più esemplari, monogramma cruciforme con lettere greche agli apici, una delle quali, nel pezzo qui riprodotto, è da sciogliere in OU (n. 5). Per quest ultimo esempio è possibile ipotizzare che possa trattarsi di un anello matrimoniale (DE VINGO-FOSSATI 2001). Anelli con castoni piani saldati alla verga a sezione circolare (nn. 1, 6) e testata decorata con motivi ad incisione sono abbastanza diffusi nei corredi tombali, come nel caso degli esempi calabresi (CORRADO 2001), di quelli presenti nella necropoli di Nocera Umbra (ARENA, PAROLI 1994, tomba 79, tav. III), fra i gioielli di un tesoro rinvenuto a Siracusa nel 1872 (FARIOLI CAMPANATI 1982, schede e figg ), fra i manufatti provenienti dallo scavo dell esedra augustea della Crypta Balbi a Roma (RICCI 1997, fig ) e dal sito di S. Antonino (DE VINGO, FOSSATI 2001, tav. 69 n. 9). Nel caso dei materiali di Cropani, solo per uno dei due esempi attestati è stato possibile interpretare in modo preciso il motivo inciso: un rapace ad ali spiegate gradiente a sinistra (n. 1). L esame tecnico-morfologico di questi manufatti rende proponibile, in linea generale, un loro utilizzo come elementi decorativi anche se la rappresentazione di un aquila stilizzata, con tratti di incisione più profondi che negli altri esempi, non esclude l ipotesi che possa trattarsi di un anello-sigillo, con il quale potevano essere autenticati documenti ufficiali o sui quali apporre il proprio simbolo di pertinenza. Questa ipotesi è stata recentemente proposta per gli esempi di Roma (RICCI 1997), dopo che la stessa possibilità era già stata espressa per quelli di Trezzo sull Adda, in Lombardia (LUSUARDI SIE- NA 1992). Le fibbie possono essere attribuite a due tipi principali: a placca mobile e fissa (BALDINI LIPPOLIS 1999). Nel primo caso placca ed anello erano realizzati separatamente e successivamente uniti o mediante l inserimento di un perno bloccato alle due estremità (nn. 8-9,12), oppure la placca veniva ribattuta e riavvolta intorno ad un lato del medesimo anello (nn ), mentre nella seconda circostanza placca ed anello erano fusi insieme (nn. 7,13). Le fibbie con appendice mobile sono state ricondotte a quattro possibili varianti: con placca semicircolare (tipo 4c, ad «U» nella classificazione del Werner) (n. 9), a «V» (tipo 4f, Balgota nella classificazione del Werner) (n. 8), triangolare (tipo 4e, Corinto nella classificazione del Werner) (n. 7) e ad insetto (tipo 4h) (n. 12). I reperti appartengono a tipologie molto note ed attestate nei secoli compresi tra il V ed il VII nel bacino del Mediterraneo occidentale ed orientale (VON HESSEN 1983). Nella penisola italiana sono documentate nella necropoli di Castel Trosino nelle Marche (PAROLI 1995, tomba 90, tav. 175) ma anche in Sicilia, in Puglia (BALDINI LIPPOLIS 1999), in Sardegna (SPANU 1998) e in numerosi contesti sepolcrali della fascia costiera calabrese centro-settentrionale (CORRADO 2001). Fibbie realizzate con caratteristiche esecutive di notevole cura e precisione artistica del tipo Balgota, Corinto e ad «U» compaiono in varie fasi di lavorazione anche a Roma, nel laboratorio della Crypta Balbi (RICCI 1997, fig ). Questo dato sembrerebbe confermare l esistenza di officine specializzate distribuite in un area dai confini molto ampi e ridimensionerebbe la possibilità di pochi ed esclusivi centri produttivi. In due casi è presente un motivo decorativo realizzato ad incisione sulla placca: semplici cerchiolini simmetrici puntinati ottenuti a punzone e motivi curvilinei incisi combinati con i medesimi cerchiolini negli spazi interstiziali. Fra le fibbie illustrate, le piccole dimensioni rendono possibile ricondurre un solo esemplare (n. 13) agli elementi complementari del vestiario e non consentono di assegnarlo agli accessori del costume quotidiano. Infatti si tratta di una fibbia a placca fissa cruciforme per borsa presente a Luni (CINI, PALUMBO, RICCI , tav. IV.9), nella necropoli altomedievale della Selvicciola ad Ischia di Castro (INCITTI 1997, fig ), a Torcello (LECIEJEWIÇZ, TABACZYNSKA, TABACZYNSKI 1977, fig ) ed anche a Roma (RICCI 1997, fig. 5.5). P. D.V. 4. ORECCHINI, PERLE, AMULETI (TAV. II, NN ) Gli orecchini sono i monili che si rinvengono più spesso nel sepolcreto di Basilicata. A quelli in bronzo, di gran lunga i più comuni, si aggiungono pochi esemplari in argento e un unica coppia in ferro. Sulla scia di alcune proposte di classificazione formulate nell ultimo decennio (STASOLLA 1993; BALDINI LIPPOLIS 1999), ma senza timore di prenderne le distanze quando i criteri di differenziazione adottati appaiano poco significativi, si è ritenuto di distribuirli fin d ora in quattro gruppi principali, articolati ulteriormente al loro interno. Databili nel complesso al VI-VII secolo, mancano per molti di essi confronti davvero puntuali. Pur attingendo tutti, infatti, al patrimonio stilistico e tecnico della coeva oreficeria bizantina, la fascia di mercato medio-bassa alla quale evidentemente erano destinati 742

3 Tavola I spingeva l artigiano ad un largo uso di metalli di valore modesto. Giustificava, inoltre, una semplificazione dei modelli preziosi spinta al punto di ridurre al minimo il tempo e l energia richiesti per la rifinitura dei pezzi. Al tipo I sono assegnati gli orecchini ad anello semplice, intendendo con ciò, oltre ai più ovvî cerchi in filo di bronzo o d argento di vario diametro (n. 14), quanti altri a prescindere dalla sezione circolare, quadrangolare o piatta e dalla presenza o meno di una chiusura vera e propria non hanno nel cerchio un mero sostegno ma gli riconoscono tutta intera la valenza decorativa. Ogni tentativo di accentuarla comporta pertanto un intervento sull anello stesso. Ciò può tradursi nel variare della sezione nell arco inferiore, decorato mediante incisioni su manufatti enei (n. 15) o invece liscio ma delimitato da anellini in un cerchio d argento (n. 16), oppure in un ingrossamento biconico a metà dell arco inferiore che, accompagnato da ghiera fermapunta a doppio globo (n. 17), trova riscontro in Sicilia (ORSI 1942, fig. 62,b) e li apparenta ad esemplari della serie successiva. Il tipo II, quello degli orecchini ad anello con vaghi metallici, partecipa dei caratteri del I e del IV gruppo ma merita di essere trattato autonomamente. Il cerchio, infatti, elemento primario, si 743

4 Tavola II arricchisce in questo caso mediante accessori che sono in stretta relazione con esso. Si contano dunque orecchini in bronzo che, avvicinabili a monili dal Catanese (ORSI 1942, pp , fig. 56) attestati anche nelle non lontane San Leonardo di Cutro e Botricello (CORRADO 2001), ad imitazione di vaghi inseriti nell anello, recano insiemi di perle sferiche composte ciascuna di due metà saldate tra loro a contatto con la verga (n. 18). Appartengono al medesimo gruppo i cerchi d argento con singolo vago ovoide in lamina dello stesso metallo (n. 19) che talora si aggiunge al risalto biconico già visto (n. 20). Nel tipo III l anello ha soprattutto lo scopo di formare esso stesso, come nelle belle 744

5 serie pinguentine, e più frequentemente di sostenere, un numero variabile di occhielli per pendenti. La non rara assenza di questi ultimi dipende spesso da fattori contingenti. Non è irragionevole, però, pensare che sia il cappio singolo (n. 21) o doppio (n. 22) (cfr. SALVATORE 1991, p. 287) triplo in un orecchino analogo dal cimitero di Belsito-Torre Toscana, nel Cosentino (ROMA 2001, p. 157, fig. 67), sia l esile filo metallico fissato per le estremità al centro dell arco inferiore e avvolto a più riprese su se stesso (n. 23) come in un pezzo dal Cirotano (CORRADO 2001), sia i fili annodati ad un cerchio a sezione tonda o rettangolare in grado di dar luogo ciascuno ad uno o più anellini di sospensione (n. 24), come a Botricello (CORRADO 2001), sia infine gli occhielli saldati alla sezione inferiore della verga e talora associati, come nell unico esemplare d argento (n. 25), ad applicazioni di triangoli di globetti ottenute a stampo, fossero reputati elementi costitutivi di un gioiello di per sé completo, al quale l aggiunta discrezionale dei pendenti conferiva ulteriore importanza. Al tipo IV, infine, si assegnano una coppia di orecchini in ferro con applicazione cilindrica a base convessa (n. 26) ed una in bronzo, assai malconcia e lacunosa, le cui applicazioni, di forma purtroppo incerta, sono saldate per un lembo al cerchio in modo da risultare anch esse non perpendicolari ma parallele a quello, peculiarità che distingue anche la coppia con pendente a cestello nota da Torre Toscana di Belsito (ROMA 2001, p. 152, n. 2, fig. 55). I vaghi di vetro e di pasta vitrea rinvenuti a Cropani- Basilicata sono per lo più semplici, lisci e monocromi (nn ). Molto vari per dimensioni, sagoma (discoidale, ovoide, troncoconica, cilindrica, sferica, piriforme, lenticolare, biconica) e colore (giallo, blu, verde, fucsia), li affianca qualche esemplare lacunoso di perle multiple gialle tipo Grancia t. 44/Cotominello, databile al VII secolo. Sono insiemi di piccoli grani cilindrici (n. 31) o sferici (n. 32), talvolta appena schiacciati (n. 33), di vetro e pasta vitrea rispettivamente, che trovano puntuale riscontro, tra gli altri, in collane bizantine da necropoli di età longobarda quali quelle di Nocera Umbra (Umbria longobarda, figg. 12, 16, tavv. 19, 21, 25a) e di Piano del Carpino (D ANGELA 1988b, tavv. LXXI-LXXII, n. 11). Tra le paste vitree si segnalano due belle serie, purtroppo molto degradate, l una con formati diversi di tozzi elementi ad ogiva dalle superfici di colore verde brillante (n. 34) e l altra con più esili perle a bastoncello, lisce anch esse ma ornate da fitte striature oblique in verde scuro su fondo più chiaro (n. 35). Un vago di forma ovoide, benché abbia perduto l intero rivestimento esterno e mostri perciò l anima, costituita, come negli altri casi, da una miriade di segmenti di varia forma e colore (rosso e nero compresi) tenuti insieme da una base giallastra, si direbbe pertinente anch esso a quest ultima serie. Si contano poi una grossa perla sferoidale blu con striature pettinate incise in rosso e giallo (n. 36) (cfr. DAVIDSON 1952, tav. 122, nn ; KOMATA , tav. IV, n. 12; TORCELLAN 1986, tav. 5, n. 7) ed una di colore bianco e forma cilindrica segnata esternamente da fitte costolature ben rilevate (n. 37). Di grande interesse, ma in pessimo stato di conservazione, è infine quella di vetro giallo con esile lamina di bronzo a rivestimento delle pareti del foro pervio confrontabile, ad oggi, solo con analoghi elementi cilindrici in vetro verde ed anima metallica relativi ad una collana del Museo Civico Archeologico di Cirò Marina (AISA, COR- RADO C.S.). L utilizzo di perle semplici, in particolare, ma anche dei vaghi multipli a rocchetto e di quelli a bastoncello sopra descritti, è documentato con certezza a Cropani-Basilicata per orecchini (tipo III) e bracciali/collane. Ciò rende problematica l attribuzione dei singoli esemplari agli uni o agli altri monili se trovati contestualmente. Entrando nel merito, si conoscono finora due esempi di collane o bracciali, entrambi privi di supporto e fermaglio metallici. Un monile consta di almeno 26 elementi, tra cui tutte le perle ad ogiva e quasi tutte quelle a bastoncello, che possono essergli assegnati quasi senza riserve poiché la sepoltura da cui provengono ha restituito un solo orecchino di tipo III. Ben 27 dei 29 grani superstiti dell altro monile, invece, si suppongono in parte relativi ad esso e in parte ai numerosi orecchini con pendenti rinvenuti in rapporto alle stesse riduzioni, senza che sia possibile precisare quali e quante perle appartenessero all uno e agli altri. Sfuggono al dubbio soltanto il pendente troncoconico d ambra bionda (n. 38), resina dalle rinomate proprietà medicamentose (cfr. GUIDONI GUI- DI 1983), ed un follis di IV secolo forato a mo di medaglietta (n. 39) che fa fede della funzione esorcistica riconosciuta in età altomedievale al tondello coniato pure se, come in questo caso, assai logoro (PEDUTO 1995; CORRADO c.s.). Infine, l abitudine ricorrente nei cimiteri dell epoca di collocare entro tombe maschili singoli vaghi, in genere di grandi dimensioni, le cui funzioni sono state finora variamente spiegate da terminazioni di cordoni a decorazioni di fodero di spatha (PANELLA, MOLINARI 2001, p. 240, I.12.7, e-f) o piuttosto amuleti (TORCELLAN 1986, pp. 55, 80, n. 27, tav. 36, nn. 2, 4), ipotesi quest ultima non incompatibile con altre, è attestato nella necropoli di località Basilicata in almeno due casi. Una grossa perla blu con incrostazioni policrome (n. 40), in particolare, è stata trovata all altezza del fianco sinistro dell individuo della t. XVII insieme a due anelli digitali non indossati (nn. 1-2). Avevano senz altro scopo profilattico un grosso sonaglio sferico in lamina di bronzo e una fascetta di piombo (n. 41) che, ripiegata con cura, all apertura ha rivelato sulla faccia meglio protetta per la lettura dell altra si attende la conclusione delle operazioni di restauro una serie di simboli e segni incisi con uno strumento a punta fine (pentalpha, croci, sequenze di lettere). Sull esempio di alcuni documenti analoghi, coevi, dalla Sicilia e dal Mediterraneo orientale (MANGANARO 1995), si deve credere che l oggetto avesse lo scopo di assicurare la salute del defunto preservandone l anima dai demoni, il che ne fa a tutti gli effetti un phylacterium. M.C. BIBLIOGRAFIA AISA M.G., CORRADO M. 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