Le riforme per la trasparenza del mercato finanziario. Luigi Abete. Presidente Assonime. Convegno Nazionale 2012

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1 Le riforme per la trasparenza del mercato finanziario Luigi Abete Presidente Assonime Convegno Nazionale 2012 Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro Competere per crescere, le sfide dell Europa, le opportunità per l Italia Napoli, 13 ottobre 2012

2 1. Introduzione La crisi finanziaria scoppiata nel 2008 e i recenti scandali che hanno coinvolto alcune grandi banche internazionali hanno messo in luce alcune rilevanti criticità relative ad una scarsa trasparenza e a non sempre efficienti meccanismi di governance nel settore bancario e finanziario. La trasparenza nei bilanci degli intermediari è stata indebolita dall eccessivo uso di derivati e prodotti strutturati; la composizione degli attivi è stata talvolta influenzata dalla necessità di massimizzare i profitti di breve periodo, risparmiando capitale regolamentare; le politiche di remunerazione hanno incentivato comportamenti rischiosi che hanno minato la sana e prudente gestione degli intermediari. Questi comportamenti sono stati facilitati dall applicazione più debole degli standard di vigilanza da parte delle autorità nel mondo anglosassone e in alcuni paesi dell Europa continentale. In altri paesi, come l Italia, la maggiore attenzione delle autorità unita a un modello di business più orientato all attività bancaria tradizionale ha consentito agli intermediari di essere meno esposti ai rischi di instabilità finanziaria. Tra i principali punti di dibattito nell analisi della crisi è emerso il tema della scarsa trasparenza e dei conflitti di interesse presenti nelle cosiddette banche universali in cui si realizza la combinazione dell attività di banca commerciale e di banca di investimento. 2. Le criticità del modello di banca universale Il modello di banca universale, introdotto in tutta Europa alla fine degli anni 80 con la seconda direttiva bancaria, permette la combinazione del business bancario commerciale (raccolta di depositi e erogazione di prestiti) con le attività di investment banking (es. trading) e altre attività finanziarie non bancarie, in primis quelle assicurative. Negli Stati Uniti, il Glass-Steagall Act del 1933 aveva introdotto una separazione strutturale tra banche commerciali e banche di investimento. Solo nel 1999 queste barriere sono state rimosse e si è nuovamente consentita la formazione di gruppi bancari universali. 1

3 La scelta di consentire il modello di banca universale è stata determinata in larga misura dai possibili benefici in termini di efficienza e di economie di scala e di diversificazione che possono crearsi in un gruppo bancario e finanziario polifunzionale. La combinazione di attività bancarie tradizionali con altri tipi di business, e in particolare con l investment banking, presenta benefici ma anche criticità. In un modello di banca universale, le banche possono utilizzare le fonti di finanziamento (capitale proprio e raccolta, inclusi i depositi dei risparmiatori) non solo per effettuare prestiti e finanziare l economia reale, ma anche per investimenti in conto proprio su titoli, sia per finalità di copertura che per finalità di trading. L attività di raccolta di depositi, riservata alle banche commerciali, può quindi essere sfruttata per investire in conto proprio sul lato dell attivo, con il vantaggio di poter usufruire di una base di risorse finanziarie stabili e a basso costo, anche perché garantite dai sistemi di assicurazione dei depositi. Le somme dei depositanti possono dunque essere utilizzate dalle banche per investimenti rischiosi sul mercato dei capitali, con grandi guadagni se le cose vanno bene, e con il salvagente dell intervento pubblico se le cose vanno male: la rete di protezione pubblica riservata all attività bancaria tradizionale, e in particolare ai depositi, viene implicitamente estesa ad altre attività finanziarie formalmente non incluse nella rete di protezione. Tale meccanismo ha contribuito a produrre nel sistema finanziario il cosiddetto azzardo morale : sono cioè stati assunti rischi molto elevati, al fine di massimizzare i rendimenti, senza riguardo per gli elevati rischi di perdite, nell aspettativa che se le cose fossero andate bene i guadagni sarebbero stati privati, mentre se le cose fossero andate male lo Stato sarebbe avrebbe offerto un salvagente e socializzato le perdite. La strategia di massimizzare i rendimenti assumendo rischi eccessivi è stata perseguita anche con un elevato utilizzo della leva finanziaria: alcune banche operavano con una scarsa dotazione patrimoniale pur a fronte di un volume di attività molto rilevante e crescente nel tempo. Per alcune banche internazionali il totale degli attivi era superiore a 30 volte il capitale, e talvolta 50. Inoltre, le banche che più facevano ricorso alla leva finanziaria erano quelle che più operavano sul mercato dei capitali e che più si finanziavano sul mercato interbancario. Investimenti rischiosi venivano così finanziati con fonti di 2

4 finanziamento tipicamente volatili e a breve o brevissimo termine, affiancate però da una quota di depositi, che consentiva di accedere alla rete di protezione. L effetto di tale strategia è stato quello di offrire rendimenti molto elevati finché i mercati hanno guadagnato, ma di produrre ingenti perdite quando i mercati sono crollati, con gravi ripercussioni sulla solvibilità e stabilità non solo dei singoli intermediari ma anche del sistema finanziario nel suo complesso. Il fenomeno dell azzardo morale è risultato particolarmente significativo per alcune grandi banche internazionali, che per la loro dimensione o rilevanza sistemica ritenevano di essere troppo grandi per essere lasciate fallire (too-big-to-fail). Con l unica importante eccezione di Lehman Brothers, le aspettative di salvataggio pubblico hanno trovato piena conferma nelle scelte dei policy maker, con il risultato che l azzardo morale nel sistema finanziario è ulteriormente aumentato. L aumento della rischiosità si è peraltro verificato anche nell attività bancaria tipica, come documentato da un recente studio della Banca dei Regolamenti Internazionali: le banche salvate non hanno affatto diminuito il loro profilo di rischio dopo il salvataggio e hanno anzi continuato a mantenerlo a livelli più elevati di quello delle banche che non hanno avuto bisogno dell intervento pubblico 1. I policy maker e i regolatori su entrambe le sponde dell Atlantico hanno messo in campo numerose iniziative per eliminare l azzardo morale e il too-big-to-fail dal sistema finanziario. Tra le principali misure si ricordano il rafforzamento dei requisiti di capitale e liquidità (Basilea III); un nuovo approccio alla regolamentazione e alla vigilanza focalizzato sul rischio sistemico, anche con la creazione di nuovi organismi di vigilanza a tutela della macro-stabilità finanziaria (lo European Systemic Risk Board nell UE e il Financial Stability Oversight Council negli USA); una 1 Lo studio si riferisce a un campione di 87 grandi banche internazionali, di cui 40 hanno ricevuto supporto pubblico durante la crisi, e si focalizza sul mercato dei prestiti sindacati (prestiti congiunti da parte di un gruppo di banche a un singolo debitore). Le banche salvate, prima della crisi, avevano una quota maggiore di leveraged loans (prestiti a soggetti altamente indebitati e dunque con elevato profilo di rischio), con tassi di interesse più elevati che segnalavano il maggior rischio. Dopo la crisi e il salvataggio, le banche salvate non hanno modificato la propria propensione al rischio e hanno addirittura aumentato la rischiosità dei nuovi prestiti, incrementando la quota di leveraged loans, sui quali anche i tassi di interesse sono saliti; le banche non salvate, invece, che anche prima della crisi avevano meno leveraged loans, e con tassi di interesse più bassi, hanno ulteriormente diminuito il loro profilo di rischio. 3

5 regolamentazione speciale per le istituzioni finanziarie con rilevanza sistemica (le cosiddette SIFI, Systemically Important Financial Institutions); un rafforzamento degli schemi di assicurazione dei depositi; l introduzione di sistemi di gestione e risoluzione delle crisi bancarie che consentano di lasciar fallire anche le grandi banche senza ripercussioni sistemiche né costi per i contribuenti. Nel settembre 2012, la Commissione Europea ha presentato un importante proposta per la creazione di un unione bancaria che attribuisce penetranti poteri di vigilanza alla Banca Centrale Europea. È da verificare l efficacia di queste misure nel correggere gli incentivi distorti nel settore finanziario e contenere l eccessiva assunzione di rischi e l azzardo morale, anche perché molte di queste misure devono ancora essere implementate. La commistione tra banca di investimento e banca commerciale può infatti aver giocato un ruolo nel rendere le strutture finanziarie dei gruppi bancari fragili e instabili. Le elevate perdite subite dalle banche sul mercato dei capitali hanno spesso contagiato anche il business di banca commerciale e compromesso la solidità dei gruppi bancari nel loro complesso. Sia negli USA che in Europa resta aperto il dibattito teorico e di policy sull opportunità di affiancare alle misure citate alcune più significative modifiche alla struttura delle banche, come la separazione strutturale tra le attività di banca commerciale e di banca d investimento, al fine di gestire i conflitti di interesse e prevenire l eccessiva assunzione di rischi da parte delle banche. 3. Separazione strutturale e regolamentazione I conflitti d interesse possono essere gestiti sostanzialmente in due modi: con una separazione o con una regolamentazione. Nel mondo del Glass-Steagall Act, la scelta era stata quella di isolare le due attività di banca commerciale e banca d investimento, una decisione scaturita dalla crisi finanziaria del 1929 e dalla successiva grande depressione. La strada seguita con la banca universale è stata invece quella di consentire la combinazione delle due funzioni nello stesso gruppo bancario, cercando di risolvere il problema del conflitto tra interessi e obiettivi con strumenti di trasparenza e di regolamentazione prudenziale, senza barriere settoriali tra i diversi segmenti di dell attività bancaria, commerciale e di investimento. 4

6 La filosofia del nuovo approccio può essere ben illustrata dalle regole volte a tutelare la stabilità delle banche. Un pilastro della regolamentazione prudenziale è rappresentato dalle regole di Basilea sul capitale delle banche: piuttosto che impedire alle banche di svolgere determinate attività rischiose, si è preferito lasciar loro la discrezionalità nella scelta degli investimenti, facendo però pagare un prezzo per i rischi assunti in termini di requisiti patrimoniali. Il coefficiente di solvibilità di Basilea I (e poi anche di Basilea II e III) era infatti riferito agli attivi ponderati per il rischio: il concetto cruciale era che attività più rischiose dovevano ricevere una ponderazione per il rischio più alta, e dunque assorbire più capitale. Con l adozione di Basilea II a metà degli anni 2000 e di Basilea III dopo la recente crisi finanziaria si è cercato di raffinare le ponderazioni per il rischio al fine di cogliere meglio l effettivo profilo di rischio delle banche: il principio è però rimasto sostanzialmente lo stesso, cioè non si impongono restrizioni di attività, ma si fa pagare un prezzo, tanto più alto quanto più elevata è la rischiosità degli investimenti. In tal modo, il meccanismo dovrebbe scoraggiare l eccessiva assunzione di rischio non vietando le attività più rischiose, ma rendendole più costose. La filosofia di Basilea non è però stata efficace nel cogliere i reali profili di rischio, e anzi ha consentito e, in alcuni casi, incoraggiato, una sottocapitalizzazione, favorita anche dall assenza di un requisito patrimoniale assoluto non ponderato per il rischio e misurato come rapporto tra il totale dell attivo e il capitale (il cosiddetto leverage ratio, introdotto solo con Basilea III). La copertura patrimoniale è risultata particolarmente inadeguata con riferimento ai cosiddetti rischi di mercato, cioè sostanzialmente quelli relativi alle attività di trading sul mercato dei capitali: per questa ragione, il Comitato di Basilea ha avviato un processo di rafforzamento dei requisiti di capitale soprattutto a fronte di questi rischi, nel contesto, comunque, di un più generale rafforzamento dei requisiti di capitale. I risultati di tutti questi tentativi sono ancora da verificare, ma è certo che la scarsa efficacia delle regole prudenziali sul capitale nell impedire l eccessiva assunzione di rischi e l eccessivo indebitamento ha sollevato dubbi sull adeguatezza di una strategia regolamentare che fa pagare un prezzo per i rischi, ma non impone divieti sulle attività. La questione centrale è se sia necessario introdurre nuovamente forme di controlli e restrizioni strutturali: la strada preferita, sia negli Stati Uniti che in Europa, sembra proprio questa, pur con differenti modalità e diversa intensità. 5

7 4. Le proposte di separazione delle attività bancarie La Volcker rule negli USA Negli Stati Uniti, il Dodd-Frank Act, la legge di riforma del sistema finanziario approvata nel luglio del 2010, ha introdotto la cosiddetta Volcker rule (ideata su proposta dell ex governatore della Federal Reserve), che stabilisce il divieto per le banche di deposito di effettuare, direttamente o indirettamente, operazioni di trading in conto proprio: queste ultime dovrebbero essere consentite solo a banche di investimento non coinvolte nell attività di banca commerciale e ad altre istituzioni finanziarie non bancarie. Sono previste esenzioni per quelle operazioni che si configurano come attività di copertura. L obiettivo principale di tale separazione strutturale è quello di impedire il ripetersi delle distorsioni prodotte dalla commistione di commercial e investment banking, in particolare che perdite su attività di trading si ripercuotano negativamente sul business di banca commerciale, compromettendone la solidità. L effetto dovrebbe essere anche quello di rendere le banche meno complesse, meno interconnesse e più piccole. La Vocker rule necessita di molte regole di attuazione che devono tuttavia essere ancora approvate: questo passaggio appare complicato per la difficoltà di distinguere le attività di trading in conto proprio da altre attività sul mercato dei capitali che invece le banche commerciali potranno continuare a svolgere (es. market making e underwriting). Il rapporto Vickers nel Regno Unito Nel Regno Unito l Independent Commission on Banking istituita dal governo inglese ha presentato nel settembre 2011 il Vickers Report (John Vickers è stato il Chair della Commissione), in cui si è proposto un isolamento (ring-fencing) delle attività di banca retail all interno dei gruppi bancari, lasciando fuori il resto del business (es. investment, wholesale, etc.). A differenza della Volcker rule, l approccio inglese consente che i due business vengano svolti all interno dello stesso gruppo bancario, purché siano isolati e purché siano protette le entità che svolgono attività di banca commerciale (a cui devono essere applicati requisiti di capitale più stringenti). 6

8 Il Rapporto Liikanen Nel novembre 2011 la Commissione Europea ha assegnato a un gruppo di esperti guidati da Erkki Liikanen, Governatore della Banca di Finlandia, il compito di elaborare un rapporto sulle riforme per la struttura del settore bancario europeo. Il gruppo ha presentato il suo rapporto (il cosiddetto Liikanen Report ) alla Commissione il 2 ottobre scorso: il documento contiene proposte che prevedono la separazione delle attività di trading dalle altre attività bancarie; il rafforzamento dei requisiti di capitale per le attività di trading e per i prestiti immobiliari; l utilizzo di strumenti di bail-in per la risoluzione delle crisi bancarie; una serie di misure per il rafforzamento della corporate governance. Il rapporto rappresenta una significativa discontinuità nell approccio alla riforma della finanza nell Unione Europea, dato che per la prima volta, dopo la crisi del 2008, viene proposta una forma di segregazione delle attività di trading per le banche dell Europa continentale. Il rapporto Liikanen prevede la segregazione delle attività di trading in entità legali separate, ma all interno dello stesso gruppo bancario: tali entità devono essere indipendenti e autosufficienti (es. con proprio capitale) e non possono ricevere sostegno finanziario dalle entità del gruppo che fanno retail banking. La soglia proposta per fare scattare l obbligo di segregazione è del 15%-25% di attività di trading sul totale dell attivo, o 100 miliardi di euro: l ambito di applicazione riguarderebbe quindi i maggiori gruppi bancari dell Unione Europea. L obiettivo è quello di impedire che le garanzie e la rete di protezione di cui beneficiano i depositi si estendano alle attività rischiose di trading. Diversamente da quanto previsto dalla Volcker rule, nelle attività di trading sono incluse anche quelle di market-making, mentre, come nella Volcker rule, sono previste esenzioni per i servizi di copertura (hedging) prestati ai clienti non bancari. Il rapporto Liikanen prevede anche che le autorità competenti per la risoluzione possano richiedere una più ampia separazione rispetto a quella obbligatoria, qualora lo ritengano necessario per garantire l efficacia della risoluzione e la continuità di funzioni critiche. 7

9 5. Conclusioni: un approccio pragmatico L evidenza su costi e benefici della banca universale da un lato e della separazione strutturale dall altro lato è mista e non consente di avere sufficienti basi analitiche per compiere senza esitazioni una scelta a favore di un approccio o dell altro. A seguito dell adozione della Volcker rule negli Stati Uniti e del Vickers Report nel Regno Unito, e adesso con la pubblicazione del Rapporto Liikanen che riguarda anche l Europa continentale, il dibattito sulla scelta tra i due modelli ha assunto nuovamente una rilevanza centrale nell ambito della fase di profonda riforma della finanza successiva alla crisi finanziaria del La risposta americana e quella europea hanno in comune l obiettivo di separare il trading proprietario delle banche dalle loro attività di banche commerciali. L intensità e le modalità della separazione sono diverse, dato che l approccio statunitense si avvicina maggiormente a una separazione totale, mentre gli approcci europei (sia quello inglese che quello del rapporto Liikanen) introducono firewalls e segregazioni all interno dei gruppi bancari ma non abbandonano il modello di banca universale. I sostenitori della separazione strutturale evidenziano la necessità di impedire che passività finanziarie tipiche dell attività bancaria tradizionale e commerciale, tipicamente i depositi, e le garanzie di cui beneficiano, possano essere sfruttati come risorse finanziarie a basso costo per fare investimenti rischiosi sul mercato dei capitali: l obiettivo della separazione strutturale sarebbe dunque quello di rimuovere un sussidio implicito, procurato dall attività di banca commerciale all attività speculativa di trading. Una piena separazione strutturale sarebbe quindi funzionale a impedire l uso dei depositi come fonte di finanziamento a basso costo per espandere eccessivamente i bilanci con investimenti speculativi; consentirebbe inoltre di rendere il sistema finanziario più stabile evitando il reciproco contagio tra settore bancario e mercato dei capitali in caso di crisi. La separazione strutturale permetterebbe di limitare la concentrazione di potere nel sistema bancario, di aumentare il numero di operatori e la liquidità dei mercati, e di impedire che gli interessi, e quindi le attività di lobbying, dell intera industria bancaria siano allineati. 8

10 Infine, la semplicità dell approccio della separazione strutturale lo renderebbe facilmente implementabile e leggibile dal mercato e dai regolatori, impedendo che le regole vengano aggirate con meccanismi opachi. Secondo i sostenitori del modello di banca universale, la separazione strutturale non è uno strumento utile per evitare l eccessiva assunzione di rischi nel settore finanziario, che si è verificata sia nel settore bancario tradizionale, sia nell investment banking, sia in altri segmenti non bancari del settore finanziario. La separazione strutturale potrebbe inoltre avere un impatto negativo sull efficacia dei servizi bancari e sul loro costo (per esempio perché si renderebbe necessario l outsourcing per effettuare operazioni di copertura su rischi di credito, rischi di tasso di interesse, etc.). La strada alternativa proposta per mitigare i rischi è invece quella di rafforzare regole e controlli, per esempio con requisiti di capitale e liquidità maggiori, la preparazione di recovery and resolution plans, e altri strumenti che da un lato consentano di far pagare alle banche un prezzo commisurato al loro profilo di rischio, scoraggiando così l assunzione di rischi eccessivi, e dall altro lato creino le condizioni per un efficace monitoraggio dei rischi da parte delle autorità di vigilanza. Si vorrebbe in tal modo agire sui comportamenti attraverso un cambiamento nella struttura degli incentivi, piuttosto che con divieti strutturali: questi ultimi vengono invece ritenuti inefficaci, anche perché l innovazione finanziaria rischierebbe di creare strumenti e modalità per aggirare i vincoli strutturali. In conclusione, è estremamente difficile stabilire con certezza se le misure di separazione strutturale offrirebbero più benefici che costi. Certamente la dimensione e il grado di concentrazione nei sistemi bancari hanno raggiunto livelli che rendono estremamente difficile e complessa la regolamentazione, la vigilanza e la gestione e risoluzione delle crisi. A prescindere dalle misure di separazione strutturale, e su un piano più generale, sarebbe dunque importante creare regole, condizioni e incentivi che possano ridurre dimensione, concentrazione e complessità, rendendo il sistema bancario e finanziario più stabile, più efficiente e più capace di rispondere alle esigenze dell economia reale. Per far questo, è di fondamentale importanza che l industria finanziaria assuma una piena consapevolezza dei problemi e della posta in gioco. 9

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