IT TORBIERE DEL SEBINO

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1 IT TORBIERE DEL SEBINO A cura del Dott. Marco Torretta (Settembre 2003) Le Torbiere del Sebino, una delle aree umide più significative della Provincia di Brescia, occupano un area paludosa intensamente sfruttata in epoca moderna per ricavare torba. Questa attività ha creato un eterogeneo mosaico di depressioni, più o meno ampie e di varia profondità, in cui si è insediata una vegetazione palustre riscontrabile nei piccoli specchi lacustri. Posta immediatamente a ridosso della sponda meridionale del lago d Iseo, si estende per circa 360 ha nei Comuni di Iseo, Provaglio d Iseo e Cortefranca. La torbiera si può facilmente dividere in due complessi distinti: il maggiore, separato dal lago d Iseo, è chiamato Lama ; quello di minore estensione, a diretto contatto con il lago, è detto Lametta. Le tipologie vegetazionali, in questo tipo di ambiente, si distribuiscono seguendo la profondità dell acqua, fattore comparabile per la vegetazione acquatica al gradiente d umidità. Inoltre si trovano a seconda del diverso tipo di substrato e del quantitativo di nutrienti disponibili diverse situazioni a volte piuttosto circoscritte. Partendo dalle zone a maggiore profondità possiamo trovare: Magnopotamion e Hydrocarition (Habitat ) Al limite della Riserva, verso il lago, si rinviene una prateria sommersa tipica di stazioni perilacuali di media profondità, impostata su substrati grossolani ed interessata da debole corrente. La presenza di Vallisneria spiralis, Elodea canadensis e Potamogeton ssp. Altre tipologie di vegetazione sommersa, profondamente diverse dalle precedenti, sono state riscontrate in altre parti della Riserva, come nelle pozze di argilla ed in alcune vasche isolate nella zona Nord, improntate da Myriophyllum spicatum, Myriophyllum verticillatum, Potamogeton lucens e Potamogeton natans. Lamineto (Habitat Proposto ) Pur non potendo parlare di acque aperte in senso stretto, in quanto la genesi delle vasche della Torbiera è dovuta all escavazione, si è adottata per questa tipologia di vegetazione, sia per la fisionomia sia per la sua componente floristica, il termine di lamineto, proprio di stazioni perilacustri. Nelle ampie vasche della Lama, specialmente nel corpo centrale, vi sono ampie zone sgombre dalla vegetazione, ma accanto a queste, per lo più addossate ai resti delle briglie si trovano ampie plaghe di vegetazione flottante. Questa è formata in maggior parte da macrofite ancorate al fondo con foglie galleggianti. Tra queste Nymphaea alba è la componente preponderante, mentre a volte questa si accompagna Nuphar luteum. Anche questa è una macrofita con foglie galleggianti, che è presente in particolar modo negli specchi d acqua delle Torbiere della zona Sud. Non si sono mai rinvenute stazioni isolate di nannufaro, che risulta sempre compenetrato alla ninfea, mentre sono numerose le plaghe formate esclusivamente da quest ultima. Sono state ritrovate poche altre piante sommerse che si accompagnano alle due precedenti, la più frequente è Potamogeton crispus.

2 In Lama il lamineto, sembrerebbe, preferire zone di modesta profondità, infatti, si posiziona preferibilmente lungo in profilo delle briglie affondate. E molto abbondante, poi, nella zona sotto il Monastero di San Pietro, dove il fondale è molto basso, e si ha un notevole apporto di nutrienti. In questa zona sbocca un piccolo canale che convoglia le acque reflue di Provaglio d Iseo in caso di troppo pieno della rete fognaria. In Lametta la composizione floristica dei lamineti varia di poco. Si ritrovano tra le componenti sommerse Utricularia australis e Ceratophyllum demersum. Ciò che si modifica è la sua fisionomia. Le pozze scavate in Lametta, eseguite in tempi più recenti, sono più profonde e con le sponde più ripide rispetto a vasche di analoghe dimensioni poste in Lama. Questi due fattori fanno sì che il lamineto cresca molto addossato alle sponde quasi compenetrato alle vegetazioni della riva. Solo nei canali più stretti vi è una copertura totale della superficie, mentre negli specchi d acqua più ampi le acque libere sono preponderanti. Quello che sembra discriminante a riguardo della componente floristica è la trasparenza delle acque. Infatti, in Lametta la componente sommersa è presente in misura maggiore, rispetto alla Lama che presenta acque più torbide per quasi tutta la stagione calda.si possono identificare due diversi tipi di lamineto. Il primo, caratteristico di stazioni a bassa profondità, con maggiore copertura vegetale, improntato da Nymphaea alba, è presente in Lama e in alcuni canali della Lametta. Il secondo, con buona frequenza di Nuphar luteum e con copertura minore, si ritrova in ambienti con maggiore profondità, è presente in Lama addossato alle briglie o alle isole nella parte centrale, forma la fascia più esterna nei popolamenti sotto il Monastero ed in Lametta è presente in alcuni canali. Questi tipi sono riconducibili nell ambito dei Potamogetonetalia, cui appartiene anche l alleanza Nymphaeion, cui si possono avvicinare sia le tipologie vegetali presenti nelle pozze d argilla, sia i lamineti, raggruppati nel Myriophyllo-Nupharetum. Nei Potamogetonetalia confluiscono vari tipi di vegetazione idrofita sommersa o natante, e i consorzi caratterizzati da Potamogeton sp. e da Nymphaea alba sono tipici di acque ferme o poco fluenti. Tra le due cenosi sono nette le diversità a livello del substrato, con la prima che necessita di sedimenti grossolani e sciolti, mentre la seconda che richiede abbondanti depositi limosi ricchi di sostanze organiche. La dinamica di queste vegetazioni appare ben delineata, trattandosi di fasi intermedie della serie occludente, destinate, però, a mantenersi a lungo, grazie alla morfologia delle vasche. In alcune zone questo habitat è caratterizzato da abbondante presenza di Utricularia austalis, una pianta peculiare. Infatti, questa pianta acquatica, presenta delle cisti mediante le quali preda piccoli crostacei come le artemie, da cui ricava i nutrienti che di norma sono scarsi nelle acque di torbiera. Ad Iseo si segnalano diverse pozze ricche di questa specie e specialmente in due stazioni (al Ciochet e vicino alle pozze d argilla) si ritrova con una popolazione abbastanza abbondante. (22.431u) Fragmiteti e Magnocariceti (Habitat ) La cannuccia di palude, Phragmites australis, forma aggruppamenti in alcuni punti quasi monospecifici connotando il paesaggio delle torbiere sebine. Il fragmiteto si presenta come una fascia più o meno continua che borda l intero perimetro della Lama ed è presente su molte briglie isolate, mentre in Lametta separa la parte interna

3 dal lago coprendo anche estesi tratti di Riserva nei pressi di Clusane. A volte, nelle zone di maggiore profondità, antistante al fragmiteto si può rinvenire Schoenoplectus lacustris, che forma un ampia cortina, assieme a Typha latifolia e Typha angustifolia. Oltre alle cenosi più improntate a Phragmites australis, un altro aspetto peculiare, se non quello principale, delle torbiere sebine è quello dei cariceti. La vegetazione manifesta la tipica fisionomia dei cariceti ad alti-herbae, in cui vistosi cespi di carici, Carex elata soprattutto, crescono poco distanti fra loro e rilevati rispetto al substrato che si presenta molto soffice e ricco di lettiera. Questo tipo di vegetazione occupa ancora estese aree in Lametta, ove tende a sfumare nel fragmiteto, mentre in Lama si ritrova più frammentato per le numerose attività che hanno influito in maniera negativa su di esso. In Lametta, le attività di scavo hanno fatto si, che i bordi siano rialzati rispetto all interno, in quanto su questi erano depositati i materiali limosi di riporto. Si ritrovano con i carici anche Lythrum salicaria, Galium palustre e Cladium mariscus. Nella parte più vicina alla riva sono presenti anche Typha angustifolia e Polygonum amphibium. Phragmites australis cresce attorno ai cespi, ed è sicuramente più abbondante sui bordi delle isole. Questo è dovuto al fatto che è stato favorito dall accumulo dei materiali riportati, che probabilmente hanno facilitato anche l attecchimento di specie ruderali. Potremmo accostare questa fisionomia di vegetazione al Caricetum elatae, tipica associazione costruttrice legata a suoli, anche con substrato torboso, con acque ricche di calcare. Nelle torbiere sebine questo si rinviene sia a diretto contatto con la superficie delle acque sia addossato al fragmiteto. Da notare anche come gli incendi avvenuti nell inverno 2001, non abbiano avuto effetti negativi sui cariceti della Lametta. Infatti, non solo i cespi risultavano danneggiati solo in superficie, ma il fuoco ha ripulito il cariceto dalla presenza invasiva della canna di palude. Un altra tipologia di vegetazione che si può accostare ai magnocariceti è quella caratterizzata dalla massiccia presenza di una pteridofita Thelypteris palustris. La felce di palude è distribuita in Lama in maniera poco omogenea. La zona di massima presenza è nella zona Nord, mentre a Sud è poco presente se non addirittura mancante. Si accompagna spesso con Typha latifolia, Sparganium erectum, Sagittaria latifolia Cladium mariscus, Carex elata, Carex pseudocyperus e Carex acutiformis. Nel loro insieme queste vegetazioni sono tipiche delle rive dei laghi o dei corsi d acqua. Si notano delle situazioni in cui si evidenzia una spiccata povertà floristica, specialmente nei fragmiteti situati verso lago su fondali profondi 1-1,5 metri, oppure lungo la cintura perimetrale della Lama. In questi la cannuccia di palude cresce molto fitta, con una densità tale da rendere quasi impenetrabile il fragmiteto. La scarsità di luce e di aria che circola al suo interno, accompagnata dalla grande quantità di lettiera prodotta che si accumula sul terreno, impediscono la germinazione e l attecchimento di altre specie vegetali. In altri casi esistono consorzi situati su suoli più asciutti e più ricchi di specie. Queste tipologie di vegetazione potrebbero essere riferibili all ordine Phragmitetalia. Sempre in quest ordine possiamo collocare le altre tipologie descritte che però sono riferibili all alleanza Magnocaricion. Inoltre la presenza della felce di palude è indicatrice delle potenzialità della vegetazione verso il bosco di ontano nero (Alnus glutinosa). La specie, infatti, è caratteristica dell ordine Alnetalia glutinosae.

4 Cladieto (Habitat PRIORITARIO) La presenza di Cladium mariscus, dovrebbe essere il risultato del riempimento di pozze decorticate in superficie. L ampiezza ecologica del falasco permette a questo di insediarsi in aree anche più asciutte come le briglie in cui si accompagna alla felce di palude. Nanocipereto (Habitat ) Un discorso a parte va fatto per quelle tipologie di vegetazione che essendo stadi intermedi della serie interrante sono state ormai perse, ma che per la loro importanza varrebbe la pena recuperare. Tra queste segnaliamo il nanocipereto improntato da Eleocaris ovata una volta presente sulle isole della Lametta. In questi tratti si era manifestata una fase di ringiovanimento a causa del riporto sul cariceto del substrato argilloso-limoso, proveniente dalle opere di scavo. Su di questo, soggetto a periodiche inondazioni, si era appunto affermata questa tipologia di vegetazione sostitutiva del cariceto. La presenza di forme con più elevata competitività, come il Cladium mariscus, ha portato alla scomparsa di queste tipologie, che potrebbero essere recuperate mediante modesti interventi, come il riporto di sabbie. Prati: Molinieti e Arrenatereti (Habitat e ) Le vegetazioni incluse in questi gruppi, sono riferibili ad ambienti più asciutti e con marcato intervento antropico come i prati, cui si accostano le briglie pedonali, sottili lingue di terra che separano le vasche, in cui appare evidente il disturbo da calpestio. I prati si presentano, in Torbiera, come una fascia discontinua che separa i coltivi o le zone più antropizzate da vegetazioni più strettamente legate all ambiente palustre. Le condizioni ambientali non del tutto simili e l uso fatto dall uomo, fanno variare la tipologia dei prati presi in esame. A Nord, vi è una zona lievemente depressa; ciò determina, assieme alla presenza di un piccolo fossato, una maggiore umidità nel terreno per buona parte dell anno. Il substrato si presenta soffice, ben aerato senza fenomeni di stagnazione delle acque. La pratica dello sfalcio non avviene con regolarità, come invece accade per altre aree simili nel perimetro della Torbiera. Questi fattori fanno sì che compaiano specie non presenti in altri prati presi in esame. La riduzione della pressione antropica favorisce la comparsa di Cyperus longus che dimostrerebbe le potenzialità più igrofile dei prati una volta abbandonati. Un altra specie caratterizza il rilievo denotando una più marcata umidità: Lysimachia nummularia, una Primulacea che ricopre una discreta superficie del rilievo. In prati ben più sfruttati il terreno appare più compatto, rispetto alla situazione vista in precedenza, e anche l umidità è inferiore per la posizione più elevata. La pratica dello sfalcio è effettuata con più regolarità, almeno tre quattro volte l anno. Queste condizioni connotano i due in maniera diversa rispetto i precedenti. Non sono più presenti elementi legati ad una più spiccata umidità. Compaiono alcuni elementi legati al disturbo come Plantago lanceolata e Taraxacum officinale. In primavera dominano le Cruciferae mentre con l avanzare della stagione compaiono aminatoe ed Umbelliferae. Alta è la copertura di Arrhenatherum elatius con notevole presenza di Trifolium repens. Le briglie, le porzioni di Torbiera risparmiate dalle opere di scavo e trasformate in percorsi utilizzati dai cavatori per gli spostamenti tra le vasche, si possono ricondurre alla tipologia dei prati anche se più disturbate dall intervento antropico. Infatti, alcune di queste sono

5 tuttora utilizzate come percorsi pedonali, fatto che acuisce il disturbo dovuto al calpestio. Come per i prati diverse sono le situazioni riscontrate. Nella Zona A di Riserva Integrale le briglie sono svincolate dall essere percorse dai visitatori, perché in questa zona non è consentito l accesso. Si presentano con una maggiore larghezza rispetto ad altre briglie, con un substrato compatto ma non indurito, e sempre discretamente umido. Sui bordi sono presenti alti cespugli di amina sanguinea che separano l interno dalle fasce di fragmiteto che orlano le vasche. Si rinvengono scarsi elementi che ricordano le potenzialità dell area. Tra questi spicca Carex elata che, però, non si presenta con i tipici cespi ma in più modesta forma. Un elemento ruderale si esprime con forza, anche grazie alla grande presenza nell area Nord, Solidago gigantea, che ricopre, formando ampie chiazze, gli spazi adiacenti ai cespugli. Sulle altre briglie il disturbo è più elevato e continuo, comunque dovuto al calpestio. La percorrenza obbligata di una piccola porzione delle briglie, compatta molto il terreno. Questo fa sì che nella parte centrale siano presenti quelle specie che più di altre resistono al calpestio come Plantago major. Sui bordi la situazione è diversa. Sono presenti elementi più tipici dei luoghi umidi come Carex pseudocyperus e Juncus effusus. Accanto a questi, però, sono presenti anche tutta una serie di elementi eterogenei come Solanum nigrum, Poa trivialis, Malva sylvestris ed Aster novi-belgii. Da notare, infine, come i lavori di ripristino delle briglie, abbiano ridotto la presenza di Carex acutiformis (segnalata con popolamenti più estesi in lavori precedenti), mentre sembrerebbero aver favorito l espandersi di Amorpha fruticosa, una aminatoe introdotta dall America che colonizza i bordi delle briglie. I lavori di dissodamento del terreno hanno facilitato l ingresso di questa specie da popolamenti adiacenti e nelle parti rifatte è presente, oltre che nello strato basso-arbustivo in cui prevalgono individui ricresciuti da spezzoni di radici, anche in quello erbaceo, originato dalla germinazione dei semi. Tutte queste tipologie di vegetazione, possono essere avvicinate all ordine Arrhenatheretalia, raggruppante appunto prati tendenzialmente umidi di origine antropica e mantenuti mediante lo sfalcio. Per le briglie alcuni elementi come Carex acutiformis potrebbero accostare queste ad un aspetto impoverito del Caricetum ripario-acutiformis, ma la povertà aminatoe riscontrata, dovuta al notevole rimaneggiamento che hanno subito negli anni, e l elevato contingente di specie proveniente dai prati fa propendere ad ascrivere anch esse nell ordine Arrhenatheretalia, almeno in quei tratti più intensamente sottoposti ad attività umana. Boschi e filari 91E Vulnerabilità L aspetto forse più problematico delle Torbiere del Sebino riguarda la qualità delle acque che influenzano tutto la biocenosi che gravita su questo complesso. Possiamo considerare la Lama come un bacino chiuso distaccato dalla Lametta che, essendo a contatto con le acque del Lago d Iseo, risponde in maniera diretta alle variazioni del livello di questo. La Lama si presenta come un corpo idrico caratterizzato da una profondità ridotta, da un elevata temperatura estiva, da un periodo di gelo invernale più o meno lungo, durante il

6 quale alcune vasche meno profonde tendono a ghiacciare, e con uno scarso ricambio delle acque. Gli apporti d acqua in Lama sono dovuti, per la maggior parte, dalle precipitazioni meteoriche. Infatti, vi sono solo due piccoli immissari. Uno, il Rì, posizionato nella zona Sud, ha un regime torrentizio con lunghi periodi di secca. Il secondo è invece un piccolo fosso, ubicato nella zona Nord e proveniente da Iseo, con una portata modesta. Altri apporti sono dovuti alla presenza di sorgenti sotterranee, come dimostra l esistenza della sorgente Funtanì ubicata sotto il Monte Cognolo. Le acque che sgorgavano da questa erano una volta più copiose ed alimentavano tutto il complesso della Torbiera. Attualmente il flusso si è molto ridotto, e gli effetti dell acqua sorgiva si risentono solamente in una piccola vasca al lato della Lama. Le perdite d acqua della Lama sono dovute all evaporazione e al flusso dell unico emissario, un canale artificiale che si diparte verso lago da una zona posta in prossimità della Cascina della Pesa. Su questo piccolo canale in Consorzio dell Oglio ha impiantato una pompa idrovora per regolare il livello delle acque in Lama essenzialmente per prevenire allagamenti. Questa pompa dovrebbe entrare in funzione quando il livello raggiunge i 185,80 m. s.l.m.. Sempre secondo i dati del Consorzio dell Oglio il movimento di sgrondo delle acque va dalla zona Sud, lievemente più alta, vicino alla ferrovia verso lago passando dalla Lametta. Questo processo avviene secondo il principio dei vasi comunicanti, e per compiere l intero tragitto l acqua impiega circa tre giorni. Di conseguenza, è molto importante che la qualità dell acqua che è immessa nella Torbiera non sia troppo scadente, per non pregiudicare un ambiente delicato e con poche possibilità di un veloce ricambio. Si è notato però che a volte dal Rì giungono acque schiumose, sicuramente inquinate da qualche tensioattivo. La presenza di uno scolmatore di Provaglio d Iseo, è da ritenersi dannosa in quanto le acque reflue che a volte, in caso di troppo pieno del sistema fognario, convoglia in Lama anche ingenti quantità di liquami. Questo fatto aumenta la trofia delle acque, causando con il passare del tempo fenomeni d eutrofizzazione, deleteri sia per alcune specie vegetali sia animali. Un certo inquinamento aminatoe, l introduzione e il proliferare di specie alloctone, è dovuto alla presenza del vivaio del Garden ubicato nelle immediate vicinanze della zona Sud delle Torbiere. Questo fenomeno interessa soprattutto essenze arbustive ed arboree, mentre non riguarda specie erbacee. Sono da combattere anche alcune specie vegetali che introdotte anni fa a scopi ornamentali, sono diventate comuni in ambienti umidi. Tra queste particolarmente vigorosa è Amorpha fruticosa, una aminatoe americana che cresce ai bordi delle vasche. Questa soppianta alcune specie arbustive tipiche delle nostre zone, grazie al fatto di poter ricrescere da spezzoni di radice, sia per la notevole produzione di semi. Una serie d interventi per contenere questa specie sono già in atto, ma dovrebbero essere intensificati, cercando di raccogliere lo strame prodotto da eventuali tagli a raso per rimuovere anche i semi. Un altra specie da controllare è sicuramente Nymphaea alba. Questa macrofita deposita, alla fine d ogni stagione vegetativa, ingenti quantità di materiale organico sul fondo. Questo fatto porta sia all aumento della velocità di chiusura delle pozze, sia ad un progressivo aumento dei nutrienti disciolti nelle acque con la possibilità di innescare fenomeni d eutrofizzazione.

7 Dovrebbero essere messi in atto una serie d interventi per la rimozione, a fine stagione, di gran parte del aminato. La stagionalità degli interventi è alla base di una corretta gestione. Infatti, si lascerebbe intatto questo ambiente nei mesi in cui gli animali sono più attivi in esso, asportando la parte fogliare solamente quando queste naturalmente cadrebbero sul fondo disfacendosi. Il disturbo antropico è soprattutto dovuto alla percorrenza delle briglie, e sembrerebbe arrecare danni solo alle briglie stesse. Un maggiore controllo sarebbe auspicabile per evitare quei comportamenti individuali che potrebbero nuocere ad altre cenosi vegetali, adiacenti alle briglie ma non interessate dal passaggio. Le attività umane più prossime alle pozze sono di natura agricola. Le colture, soprattutto di cereali, le vigne, e alcuni oliveti, non sembrerebbero, però, portare un disturbo significativo, in quanto sempre separate da una fascia di prato che fa, in qualche modo, da filtro. Anche la presenza di strutture ricettive, le attività artigianali ed industriali poste nelle immediate adiacenze non sembrerebbero compromettere l ambiente, salvo verificare eventuali scarichi fuorilegge che convogliano acque o altri prodotti di scarto nelle pozze. Un ultimo accenno va fatto a riguardo degli incendi. Questi hanno più volte interessato l area, e nell inverno 2001 due grossi incendi hanno interessato la Lametta. Questi hanno duramente colpito determinate tipologie di vegetazione, mentre sembra aver favorito altre più adatte a superare questo tipo di stress.

8 Schema dinamico: Myriophyllo-Nupharetum Aggruppamenti a Schoenoplectus lacustris o a Typha angustifolia Aggruppamenti a Typha latifolia Aggruppamenti a Phragmites australis Cladietum marisci Caricetum elatae Molinio-Arrhenatheretalia Bosco igrofilo improntato da Alnus glutinosa Polygonato multiflori-quercetum roboris

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