Cambiamenti climatici e rischio siccità sulle regioni nord occidentali Mario Giuliacci* - Centro Epson Meteo

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1 Cambiamenti climatici e rischio siccità sulle regioni nord occidentali Mario Giuliacci* - Centro Epson Meteo 1. Premessa Le risorse idriche della terra sono destinate a diventare anno dopo anno un bene sempre più prezioso per l umanità e non solo perché la popolazione mondiale è in rapida crescita e quindi si riduce progressivamente la disponibilità pro-capite dell acqua ma anche perché nel pianeta, a seguito del rapido cambiamento climatico degli ultimi decenni, sono diventate più numerose le aree oggetto di eventi di ricorrente e prolungata siccità, con gravi ripercussioni sull habitat, sulla qualità della vita, sull uso del territorio ai fini agricoli e, in alcuni casi, anche con lo spettro della desertificazione (un esempio per tutti: il Sahel, in Africa). Le regioni del globo che nell ultimo ventennio hanno visto maggiormente ridotte le proprie risorse idriche sono quasi tutte concentrate nella fascia tropicale dell emisfero Nord (fig. 1). Poche invece le aree nelle quali negli anni recenti si è osservata una sensibile riduzione di piovosità alle medie latitudini. Tra queste ultime la più preoccupante cade proprio in Europa (fig. 2) ed abbraccia il Nord della Spagna, il Centrosud della Francia e della Germania, la Svizzera e lambisce anche il Nord Italia. Fig. 1 - Variazione della piovosità media annuale (in mm/g) a livello planetario dal 1990 al Fig. 2 - Variazione della piovosità media annuale (in mm/g) sull Europa dal 1990 al * Centro Epson Meteo 9

2 2. Piovosità sulle regioni Nord occidentali dell Italia negli ultimi decenni In termini assoluti la riduzione della piovosità media annuale osservata sull Europa è stata più severa sull area europea adiacente la catena alpina ma, in termini relativi quello che poi più conta è più rilevante in realtà osservata sul Nord Italia. e, in particolar modo, sulle regioni Nord occidentali, Lombardia compresa (fig. 3). Sulla nostra penisola, invece la piovosità annuale è aumentata su gran parte del Meridione e, in misura minore, sulle adiacenti regioni centrali, smentendo in tal modo le proiezioni dei modelli climatici, i quali, almeno da un decennio, insistono nel prevedere invece una forte riduzione di piovosità sulle nostre regioni meridionali su alcune delle quali, come Puglia e Sicilia, era ed è prevista addirittura una incipiente certificazione ed un aumento delle piogge, invece, sulle regioni settentrionali. La riduzione di piovosità sul Nord Italia è risultata più intensa nelle stagione invernale e primaverile (figg. 4 e 5), più moderata in estate (fig. 6), mentre in autunno le piogge sono aumentate molto sulle regioni centromeridionali ma poco o niente sul Nord Italia (fig. 7). Con riferimento sempre alle regioni di Nordovest la minore piovosità è concentrata soprattutto nel periodo dicembre-marzo (fig. 8). Dal 1800 ad oggi solo negli anni 40 la piovosità media annuale, su base nazionale, era stata così drammatica come quella osservata negli ultimi 20 anni (fig. 9) mentre vi era stato un lungo periodo dal 1910 al 1950 di scarsa piovosità estiva. Fig. 4 - Variazione della piovosità media invernale (mm/g) in Italia dal 1990 al Un esame dettagliato dell andamento della piovosità media annuale sul Nord Italia dal 1980 ad oggi mette in evidenza che la più forte contrazione delle piogge si è verificata negli ultimi 10 anni e si nota pure come le annate più secche cadano tutte negli ultimi 5 anni (fig.10). Fig. 3 - Variazione della piovosità media annuale sull Italia (in mm/g) dal 1990 al Fig. 5 - Variazione della piovosità media primaverile (mm/g) in Italia dal 1990 al

3 Fig. 6 - Variazione della piovosità media estiva (mm/g) in Italia dal 1990 al Nella fig.11 è riportato anche l andamento della piovosità sulle regioni di Nordovest nel semestre freddo, ovvero quello nel quale è stata più rilevante la diminuzione della piovosità. Di pari passo, come era lecito attendersi, negli ultimi anni sono anche aumentati, nel corso dell anno e sempre sulle regioni di Nordovest, gli episodi di grave siccità (eventi con deficit idrico > 40% e durata > 4 Fig. 8 - Variazione della piovosità media (mm/g) in Italia dal 1990 al 2007nel periodo dicembre-marzo. mesi; fig.12), la maggior parte dei quali ovviamente concentrati nel periodo inverno-primavera. Il numero e la gravità degli episodi siccitosi ha subito un impennata negli anni 2000 (6 casi: 2001, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007). Fig. 7 - Variazione della piovosità media autunnale (mm/g) in Italia dal 1990 al Fig. 9 - Piovosità media annuale in Italia dal 1800 al 2007 (fonte CNR). 11

4 3. Le cause della siccità sulle regioni nord occidentali Fig Piovosità media annuale sul Nord Italia dal 1980 al 2007 (fonte Centro Epson Meteo). Le osservazioni evidenziano senza ombra di dubbio che il Global Warming non mostra segni di indebolimento. Ma, se il pianeta si surriscalda, qualunque ne sia la causa, è ovvio attendersi un alterazione di tutti quei parametri che concorrono alla caratterizzazione del clima a livello globale e regionale. Ad esempio, siccome la temperatura è in costante ascesa, è ovvio a meno che non si ritengano valide le leggi della Fisica che debba aumentare anche la fusione dei ghiacci polari e dei ghiacciai alpini nonché il livello degli oceani. Per di più, siccome la temperatura è in aumento, significa che, oltre alla energia proveniente dal sole, c è un altra fonte di calore in più. Ma se sul pianeta, rispetto al passato vi è un surplus di calore in arrivo (non importa se da incremento da gas-serra o di origine solare), allora non c è da meravigliarsi che siano anche aumentati, in intensità e frequenza, tutti quei fenomeni atmosferici che per nascere e svilupparsi hanno bisogno essenzialmente di calore: uragani, cicloni extratropicali (le classiche perturbazioni atlantiche responsabili dell aumento delle alluvioni autunnali sulla nostra penisola), i temporali estivi e autunnali (e annessi nubifragi), i tornado, le trombe d aria. Meno evidente, invece, a prima vista, la correlazione tra il Global Warming e le anomalie stagionali del regime delle piogge avvenuta su molte aree del pianeta nel corso degli ultimi anni. Ma un analisi più attenta mostra che l incremento del surplus di calore disponibile al suolo, quale ne sia la causa, ha provocato anche uno stravolgimento della circolazione atmosfe- Fig Andamento della piovosità sulle regioni di Nordovest nel semestre freddo dal 1980 al 2008 (fonte Centro Epson Meteo). Fig Frequenza degli episodi di grave siccità sulle regioni di Nordovest dal 1980 al

5 Fig Variazione della pressione al livello del mare in Europa nel periodo dicembre-marzo dal 1990 al Fig Traiettoria preferenziale delle perturbazioni atlantiche in inverno negli ultimi decenni. Insomma negli ultimi anni, durante gran parte della stagione invernale e primaverile, vi sono state frequenti e marcate anomalie positive nella pressione atmosferica sull Europa centro-occidentale (Nord Italia compreso), concomitanti ad anomalie negative alle alte latitudini (e quindi anche un rafforzamento del vortice polare di bassa pressione) e quindi una deviazione delle perturbazioni atlantiche verso le alte latitudini (fig.15). Il fenomeno, apparentemente curioso, di risonanza per cui, ad un aumento delle presenza dell alta pressione sull Europa centro-occidentale, corrisponde simultaneamente una diminuzione della pressione sul circolo polare è noto come Artic Oscillation (AO) in fase positiva (fig. 16.a ). Al contrario, quando la pressione è più bassa del normale sull Europa centro-occidentale, tende anche ad assumere, sempre in inverno-primavera, valori più alti del solito sul circolo polare (Artic Oscillation in fase negativa fig. 16.b), una situazione che ha prevalso nel periodo 50-80, caratterizzato, appunto, dal frequente arrivo sull Italia, nel semestre freddo, di piovose e fredde perturbazioni atlantiche. Un fenomeno analogo si osserva nella parte opposta dell emisfero ove l anticiclone del Pacifico meridionale tende ad indebolirsi molto più spesso che nel passato (in media ogni 5 anni) fino a scomparire per 1-2 anni, favorendo in tal modo anche la scomparsa degli Alisei in quell area del pianeta. Ma in tal modo le acque superficiali del Pacifico equatoriale, non più rimescolate dal vento, si surriscaldano anche di 5-6 C (fenorica generale e, più in particolare, un alterazione nel comportamento stagionale di tutti quei centri permanenti di azione dalla cui posizione e intensità dipende anche la piovosità delle varie aree del pianeta (ad esempio, a livello europeo: l anticiclone delle Azzorre, l anticiclone Nord africano e il vortice polare di bassa pressione sul circolo polare). Ma quale allora la causa di questi ormai ricorrenti episodi di siccità sulle nostre regioni Nord occidentali. Come appena accennato, evidentemente su tali regioni sono avvenute, negli ultimi decenni, modiche nella circolazione atmosferica tali da impedire l arrivo, come una volta, delle piovose e fredde perturbazioni atlantiche e annessi cicloni extra-tropicali. In effetti i dati di osservazione mostrano che nel semestre freddo del periodo e, in particolare nel periodo dicembre-marzo (fig. 13) è aumentata in maniera sensibile la pressione atmosferica su Francia meridionale, Germania meridionale, Svizzera e regioni Nord occidentali dell Italia, un evidente sintomo di una maggiore presenza, su tali aree, dell alta pressione dell anticiclone delle Azzorre, la quale però in tal modo viene a costituire una barriera nei confronti delle perturbazioni atlantiche, le quali sono costretta a muoversi verso le alte latitudini, disertando il Mediterraneo (fig. 14). Nel contempo però, come ancora evidenzia la fig.13, è diminuita in pari misura la pressione sulla Scandinavia e sulle limitrofe aree polari, un altrettanto evidente traccia lasciata dal passaggio di un maggior numero di cicloni extra-tropicali. 13

6 Fig Traiettoria preferenziale delle perturbazioni atlantiche tra dicembre e marzo dal 2003 al meno del Niño) su una superficie grande circa 1/7 del pianeta e quindi con ripercussioni sul clima di tutto il globo. Ma perché la AO è stata a lungo positiva negli ultimi decenni? Quali le cause, a sua volta, di tale alterazione della circolazione atmosferica a scala europea? Per rispondere a tali quesiti bisogna allora fare un passo indietro e ricordare sinteticamente come e perché si innesca la circolazione generale dell atmosfera. Lungo la fascia equatoriale la quantità di energia solare che nell arco dell anno viene mediamente assorbita dal suolo supera di gran lunga le perdite di calore per irraggiamento, convezione ed evaporazione, cosicché, in assenza di un meccanismo di smaltimento di tale surplus, la temperatura dell aria nella fascia tropicale dovrebbe salire di anno in anno. Alle latitudini polari invece il bilancio energetico annuale si chiude con un netto deficit, perché le perdite per irraggiamento superano l apporto energetico di origine solare cosicché, in assenza di apporti di calore, la calotta polare dovrebbe subire un progressivo e costante raffreddamento. In realtà, almeno nel corso degli ultimi anni, le temperature polari ed equatoriali non hanno subito rilevanti mutamenti e quindi bisogna ipotizzare la presenza di un meccanismo che, su base annua, rimuova il surplus di calore alle basse latitudini e ripiani il deficit energetico alle alte latitudini. Questo meccanismo è appunto la circolazione generale dell atmosfera. Infatti il diseguale riscaldamento tra polo ed equatore (differenza media annuale di temperatura di circa 30 gradi) è il motore che appunto mette in movimento le correnti a scala planetaria e la cui funzione è la ricerca Fig.16.a - Caratteristiche della Artic Oscillation in fase positiva. Fig.16.b - Caratteristiche della Artic Oscillation in fase negativa. 14

7 Fig.17 - Variazione della temperatura invernale in Europa dal 1981 al incessante di riportare all equilibrio il bilancio energetico globale, annullando il surplus calorico equatoriale e, nello stesso tempo, risanando il deficit ai poli. Se l attuale surriscaldamento del pianeta fosse omogeneo - ovvero se il riscaldamento fosse di 1 C su tutte le regioni del pianeta - allora la differenza di temperatura polo-equatore resterebbe comunque la medesima e quindi anche la circolazione atmosferica non subirebbe alterazioni significative. In realtà se osserviamo come si è modificata la temperatura al suolo negli ultimi 20 anni nel nostro emisfero, balza all occhio che il riscaldamento del globo è stato in genere molto più elevato intorno ai gradi di latitudine (fig. 17) perché qui il mantello di neve perenne del circolo polare è stato via via eroso ai bordi proprio per colpa del gradua- le surriscaldamento del pianeta (fig. 18). Insomma alle alte latitudini, là dove una volta insisteva per tutto l anno una bianca sterminata coltre nevosa, ora c è per molti mesi dell anno il grigiore di un nudo terreno. La conseguente forte diminuzione di albedo ha ovviamente portato ad un maggiore assorbimento di energia solare da parte del suolo. Da qui il maggior riscaldamento verificatosi a tali latitudini. Ma tale surriscaldamento comporta un maggiore innalzamento, per dilatazione, della colonna d aria a latitudini tra i 50 e i 90 gradi il quale, a sua volta provoca, per espansione adiabatica, un raffreddamento alle quote medio-alte troposferiche e anche nella stratosfera. Il raffreddamento a sua volta si tramuta in un approfondimento del vasto vortice polare (qualunque raffreddamento di un ciclone dinamico ne provoca un ulteriore calo della pressione). Ma l approfondimento determina più forti divelli barici in senso meridiano sulla fasci polare e quindi da una circolazione più intensa alle alte latitudini. Invece nella fascia subtropicale, ove il riscaldamento è stato meno intenso, l approfondimento del vortice polare è stato meno evidente cosicché lì la pressione, in senso relativo, è come se fosse aumentata rispetto alle alte latitudine. Ed ecco così spiegata anche la trasmigrazione verso le media latitudini da parte dell anticiclone della Azzorre nel semestre freddo. Insomma le anomalie della AO (approfondimento del vortice polare con simultaneo rafforzamento dell alta pressione intorno gradi di latitudine e rafforzamento della circolazione alle alte latitudini), sembrano discendere direttamente dal diseguale riscaldamento del nostro emisfero Fig Andamento della superficie innevata nell emisfero Nord dal 1920 al Fig Correlazione tra la pressione al livello e la superficie innevata in Europa dal 1973 al

8 Fig Artic Oscillation in fase negativa nel periodo dicembre-marzo dal 1960 al Fig Artic Oscillation in fase positiva nel periodo dicembre-marzo dal 1985 al per colpa della riduzione dell innevamento alle alte latitudini. Tutto questo del resto è anche confermato dalla forte correlazione tra la pressione al livello del mare e l innevamento nell emisfero Nord dal 1973 al 2005 nel periodo, appunto, che va dicembre e marzo (fig. 19). Dalla figura risulta infatti evidente che quando la superficie innevata diminuisce, la pressione atmosferica cala alle alte latitudini (correlazione positiva) ma aumenta alle medie latitudini (correlazione negativa) In tutto questo è irrilevante sapere se poi tale disuguale riscaldamento sia provocato o no dall incremento dei gas serra. anni). Tutto questo da una parte conferma la tendenza attuale del clima verso una estremizzazione degli eventi ma, dall altra, rende credibile anche l ipotesi che l attuale fase di accentuate instabilità climatica del regime delle piogge sul Nord Italia possa anche essere il sintomo di un inversione di tendenza nel trend della piovosità su tale area della penisola. Insomma la circolazione atmosferica sull Europa potrebbe essere a metà del guado, incerta se proseguire sul copione che ha caratterizzato gli ultimi anni oppure se ritornare ad una circolazione stile anni 60-80; 4. E il futuro? La forte riduzione della piovosità sulle regioni Nord occidentali negli ultimi anni potrebbe far pensare, in prima istanza, che tale trend possa persistere o, addirittura, intensificarsi nel corso dei prossimi anni. In realtà vi sono alcuni sintomi che invece fanno, a ragion veduta, sperare in una inversione di tendenza, seppure lenta e graduale. Tale inversione, confermata anche da alcuni recenti internazionali, è suffragata dalle considerazioni qui di seguito espresse: a. Facendo riferimento alla fig.11, è interessante rilevare come nel corso degli ultimi 10 anni sulle regioni di Nordovest i semestri molto siccitosi si siano alternati sempre più spesso con semestri abbastanza piovosi, come avvenuto nel 2001, 2002, 2004 e, con una inaspettata ripresa della piovosità 2008 (record storico di piovosità primaverile degli ultimi 50 Fig Andamento della Artic Oscillation tra gennaio e marzo dal 1950 al

9 b. In effetti la Artic Oscillation, che qui abbiamo individuato come principale responsabile dell attuale forte riduzione della piovosità sulle regioni di Nordovest, dopo la lunga fase negativa tra il 1960 e il 1985 (fig. 20) e dopo la altrettanto lunga e intensa fase positiva quasi ininterrottamente dal 1985 al 2005 (fig. 21), ora si sta attestando verso valori neutri con qualche forte puntata positiva alternata ad altrettanto forti puntate negative (fig. 22). Questo potrebbe stare a significare che la AO, nel suo più o meno periodico cambio di fase, nei prossimi anni possa stabilmente ritornare verso una fase negativa e quindi verso una situazione favorevole all arrivo delle perturbazioni atlantiche in inverno-primavera. Questa tendenza sembrerebbe confermata anche dalla fig. 23 la quale mette in evidenza come nel corso degli ultimi 5 anni l alta pressione atlantica si sia allungata verso Nord, fino ad insidiare il vortice polare, disertando più spesso che nel passato le regioni di Nordovest; c. Vi sono evidenti segni di un recupero dell innevamento nell emisfero Nord negli ultimi 5 anni e culminato nel gennaio 2008 con il più forte innevamento mai registratosi in tale emisfero nel corso degli ultimi 40 anni (fig. 24); d. Uno studio riportato nel 2008 dalla Rivista Nature e frutto della ricerca di studiosi tedeschi, intravede tra il 2010 e il 2020 una fase di raffreddamento del pianeta, determinato dall inversione di segno dell AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation). L AMO è un indice che descrive le anomalie di temperature nelle acque superficiali del Nord Fig. 24 Andamento dell innevamento in gennaio nell emisfero Nord dal 1966 al Fig. 25 Andamento della Atlantic Multidecadal Oscillation dal 1948 al Fig Variazione della pressione atmosferica al livello del mare in Europa nel periodo rispetto al quinquennio precedente. Atlantico. Un indice positivo, come quello in corso, sta a significare acque più fredde del normale; viceversa un indice positivo. Da altri recenti studi l AMO sembra condizionare tutti gli altri indici, AO compresa, per cui un inversione di segno dell AMO è seguita necessaraimente da un inversione anche nel segno dell AO. Ed in effetti le fasi più o meno periodiche dell AMO nell ultimo secolo (fig. 25) sembrano ricalcare le fasi alterne dell AO (fig. 22). In particolare un indice AMO positivo, come quello in atto più o meno ininterrottamente dal 1985 ad oggi, favorisce un indice AO positivo e viceversa; e. Nella primo semestre del 2008 il rateo di surriscaldamento del pianeta è stato il più contenuto dal 1993 ad oggi ( C). Se tale tendenza dovesse persistere nell immediato futuro, vi sarebbe da attendere un ulteriore recupero nella copertura nevosa dell emisfero Nord e quindi una situazione più favorevole ad una AO negativa. 17

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