Frane. Massimiliano Pasini Topografia. Calderini, RCS Libri Education
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- Gerardina Grilli
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1 Frane Tra i rischi naturali le frane sono quelli più diffusi e solo recentemente la tecnologia ha consentito di definirne i movimenti ed individuare la pericolosità. Ogni anno in Europa le frane comportano un costo elevato per la collettività (miliardi di Euro), infatti i fenomeni più pericolosi sono in grado di distruggere vaste aree muovendo grandi volumi. Molto frequenti ed estremamente dannosi per le infrastrutture e le attività economiche (ma anche per la vita umana quando vanno a compromettere le grandi arterie di comunicazione e gli edifici) sono i colamenti di detriti o terra, di piccolo volume. Definizione del rischio Quando si parla valutazione di rischio bisogna distinguere tra: - pericolosità (hazard), intesa come quel potenziale che può causare danni - rischio (risk), intesa come la probabilità che tale potenziale diventi effettivo Dal punto di vista matematico qualsiasi tipo di rischio può essere rappresentato dalla seguente equazione: Rischio = Pericolosità Vulnerabilità Valore degli elementi a rischio Pericolosità = probabilità che un fenomeno potenzialmente distruttivo di una data intensità si verifichi in una certa area in un preciso periodo di tempo (viene generalmente espressa come probabilità annuale o tempo di ritorno). Tale variabile dipendente è funzione dell'intensità. Vulnerabilità = grado di perdita prodotto sugli elementi esposti al rischio. Il range varia da 0 (nessuna perdita) ad 1 (perdita totale). In altre parole è la capacità di un sistema di resistere all evento calamitoso. Tale variabile dipendente è funzione dell'intensità e degli elementi a rischio. Valore degli elementi a rischio = valore economico o numero degli elementi in una determinata area a rischio. Tale variabile dipendente è (ovviamente) funzione dei soli elementi a rischio Intensità = per quanto riguarda i fenomeni franosi la sua definizione risulta problematica in quanto dipende da una serie di fattori di difficile valutazione; la si può indicare come la severità geometrica e meccanica del fenomeno potenzialmente distruttivo (ovvero spessore coinvolto o dimensione dei massi, velocità della frana ed energia cinetica sviluppata). Può quindi essere espressa in una scala relativa oppure attraverso le grandezze fisiche che la caratterizzano (volume, velocità, energia). Per quanto riguarda altre catastrofi naturali, come ad esempio gli eventi meteorologici straordinari, le piene o i terremoti, la definizione dell'intensità è immediata perchè può essere fatta corrispondere rispettivamente all'altezza di precipitazione, alla portata della piena o alla magnitudo del sisma. Elementi a rischio = rappresentano tutto quello che è presente nell area esposta al rischio ovvero: popolazione, proprietà, attività economiche, servizi pubblici, beni ambientali, ecc.. Nel D.L. 11/6/1998, n. 180, convertito con L. 267/98 e successive modificazioni, si distinguono, sulla base del tipo di danno prodotto, quattro categorie di rischio: - R1 = rischio moderato: danni sociali, economici e al patrimonio ambientale marginali; - R2 = rischio medio: danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l incolumità delle persone, l agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche; - R3 = rischio elevato: possibili problemi per l incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, interruzione delle
2 attività socioeconomiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale, - R4 = rischio molto elevato: possibili perdite di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione delle attività socioeconomiche. Definizione e classificazione delle frane La frana è un fenomeno naturale (oppure indotto direttamente o indirettamente dall attività umana) governato principalmente dalla gravità che riguarda il rapido spostamento, ad una quota minore e verso l esterno, del materiale costituente la frana stessa (roccia o terra). La superficie di distacco può essere superficiale o profonda, interessare un intero versante o parte di esso ed il movimento franoso può essere lento o rapido. Una frana si crea per cause molteplici ed interagenti fra di loro, queste cause si possono schematicamente riassumere in: fattori geologici, ovvero caratteri strutturali (faglie e fratturazioni), giacitura, degradazione, eventi sismici e vulcanici; fattori morfologici ovvero pendenza dei versanti; fattori idrogeologici, ovvero circolazione idrica superficiale e sotterranea, entità e distribuzione delle pressioni; fattori climatici e vegetazionali, ovvero alternanza di lunghe stagioni secche e periodi di intensa e/o prolungata piovosità; fattori antropici, ovvero scavi e riporti, disboscamenti e abbandono delle terre. Si può quindi affermare che le frane sono dovute a: - cause strutturali o predisponenti, che sono intrinseche dell ammasso roccioso o del pendio dovute prevalentemente ai fattori geologici, morfologici e idrogeologici - cause scatenanti o determinanti che agiscono da catalizzatori del movimento franoso dovute prevalentemente ai fattori climatici, vegetazionali, antropici ed al manifestarsi di eventi sismici o vulcanici. Il movimento accade quando le forze destabilizzanti superano per intensità quelle stabilizzanti. L individuazione delle area a rischio frana non può prescindere da una classificazione delle frane stesse. La classificazione delle frane è spesso controversa. Il sistema più usualmente adottato è quello proposto da Varnes (1978) i cui parametri considerati per la classificazione sono: 1) tipo di materiale coinvolto: a) roccia b) detrito c) terra Il materiale coinvolto nel fenomeno franoso si riferisce al materiale che costituiva il pendio prima del movimento. Si parla di roccia quando l evento ha coinvolto materiale che costituiva un ammasso roccioso, di detrito o terra se ci si riferisce a materiale sciolto che può essere facilmente disgregato per agitazione; il detrito è costituito principalmente (80%) da granuli con dimensioni > 2 mm e la terra da granuli con dimensioni < 2. 2) tipologia di movimento: a) crollo b) ribaltamento c) scivolamento d) espansione laterale e) colata
3 CROLLO (FALL) Il movimento è caratterizzato dallo spostamento di materiale in caduta libera e dal successivo movimento (salti, rotolamenti, rimbalzi) dei relativi frammenti di roccia su una superficie non definita. Sono fenomeni improvvisi e generalmente si verificano in versanti interessati da continuità strutturali preesistenti (come faglie e piani di stratificazione); il materiale si stacca da una parete verticale o sub-verticale con una velocità che può essere molto. Le cause determinanti possono essere le escursioni termiche (gelo e disgelo), l erosione alla base, le azioni sismiche e le azioni antropiche. RIBALTAMENTO (TOPLESS) Il movimento è simile al crollo, determinato dalle stesse cause ed è caratterizzato dal ribaltamento frontale del materiale che ruota intorno ad un punto al di sotto del baricentro della massa. Il fenomeno può trasformarsi in crollo o in scorrimento se non intervengono fattori frenanti; la velocità di ribaltamento varia da estremamente lenta ad estremamente rapida e può subire delle variazioni durante il movimento. Il ribaltamento interessa generalmente le rocce lapidee che hanno subito intensi processi di alterazione e/o che presentano delle superfici di discontinuità (faglie o superfici di strato). Le frane per ribaltamento si verificano di norma nelle zone dove le superfici di strato risultano essere sub-verticali (a) o lungo le sponde dei corsi d acqua per scalzamento al piede (b). SCORRIMENTO o SCIVOLAMENTO (SLIDES) Il movimento avviene lungo una superficie di rottura, che può essere curva o piana, di nuova formazione o preesistente, a causa del superamento della resistenza a taglio. Se il movimento si verifica lungo una superficie concava (che si produce al momento della rottura del materiale) si avrà uno scorrimento rotazionale; avviene in terreni o rocce dotati di coesione e la parte inferiore del cumulo di frana tende ad allargarsi e dando luogo molto spesso a frane di colamento. Se invece la
4 superficie di rottura è piana, si avrà uno scorrimento traslazionale e tale superficie poco scabrosa corrisponde di solito a discontinuità strutturali quali faglie oppure a contatti tra strati di differente composizione litologica. La velocità del movimento varia da lento fino a rapido e le principali cause degli scorrimenti sono le acque di infiltrazione, le azioni antropiche e i terremoti. a) rotazionale b) traslazionale ESPANSIONE LATERALE (LATERAL SPREAD): Sono movimenti lenti e complessi, a componente orizzontale prevalente, che comportano una espansione laterale della massa fratturata. Si possono verificare prevalentemente in roccia e non si distingue né una superficie di scorrimento, né una zona di deformazione oppure quando una massa rocciosa lapidea fratturata giace su un terreno dal comportamento molto plastico, cioè che subisce deformazioni a causa di agenti esogeni o terremoti. COLAMENTO (FLOW) È caratteristico dei terreni sciolti ovvero delle terre e degli ammassi detritici ed è dovuto all'elevato contenuto d'acqua. Sono movimenti franosi, anche molto estesi, che coinvolgono tutta la massa spostata e la deformazione si distribuisce lungo superfici di taglio che non si conservano durante il movimento ma si generano continuamente. Negli ammassi rocciosi il fenomeno può provocare piegamenti o rigonfiamenti mentre nei materiali sciolti si generano forme simili a quelle di un fluido viscoso in moto e la frana segue l andamento di preesistenti solchi di erosione che ne costituiscono l alveo. La superficie di scorrimento non è ben definibile e la velocità varia da punto a punto della massa; inoltre può variare da estremamente rapida ad estremamente lenta per il colamento nei materiali sciolti, mentre è lenta il colamento in roccia.
5 FENOMENI COMPLESSI (COMPLEX) Sono combinazioni di due o più tipi di frane precedentemente descritte. Nomenclatura di un movimento franoso Le parti fondamentali che si possono distinguere in un movimento franoso sono: - la nicchia di distacco, che è la zona superiore della frana, con una caratteristica forma "a cucchiaio" - l alveo di frana, che è la porzione intermedia - il cumulo di frana, che è la parte terminale della frana, di forma convessa e rilevata rispetto alla superficie topografica preesistente. Il materiale mobilizzato rappresenta quel materiale che si è mosso rispetto alla sua posizione originaria e si è deposto a valle; viene suddiviso in: - corpo principale - piede della frana
6 Stabilizzazione dei pendii La scelta della tipologia di intervento strutturale per la stabilizzazione di un pendio è legata a diversi fattori: - le condizioni di stabilità attuale del pendio - la velocità del movimento franoso - le dimensioni del corpo di frana - la disponibilità e la convenienza economica I criteri utilizzabili per la stabilizzazione di un pendio sono finalizzati all ottenimento dei seguenti obiettivi: riduzione delle forze squilibranti o destabilizzanti; aumento delle forze resistenti. La modifica della geometria del pendio con movimenti di terra ovvero l esecuzione di scavi di alleggerimento nella zona del ciglio di distacco e l esecuzione di riporti nella zona del piede è la soluzione ideale per le frane di scorrimento. Per le frane di traslazione su superficie piana l'effetto di stabilizzazione produce risultati se gli scavi ed i riporti riducono l'inclinazione del pendio. La modifica della geometria del pendio presenta però delle controindicazioni in quanto gli scavi di alleggerimento in corrispondenza del ciglio possono causare l instabilità del versante a monte della frana, mentre i riporti ubicati al piede della frana possono modificare le condizioni di deflusso delle acque superficiali. Tra gli interventi per l'aumento delle forze resistenti, si evidenziano quelli che prevedono la realizzazione di vere e proprie opere di sostegno, ma anche la sistemazione idraulica superficiale e/o profonda, ovvero il miglioramento delle caratteristiche meccaniche dei terreni (addensamento, iniezioni, etc.). Il classico intervento di stabilizzazione strutturale si realizza in genere mediante due tipi di interventi: 1) inserimento al piede della frana di opere di sostegno continue 2) inserimento all'interno del corpo di frana di strutture puntuali (queste sono da preferire nei casi in cui la superficie ed in particolare la lunghezza sia rilevante) In base quindi alla posizione rispetto al pendio ed alla tipologia strutturale si possono realizzare differenti opere di sostegno quali muri, pozzi, palificate, setti, paratie, gabbionate. Tra i limiti di queste opere va sicuramente preso in considerazione il loro impatto ambientale e per alcune di esse, la rigidità (rischio di fessurazioni a seguito di spostamenti del terreno); per questi motivi quando è possibile è sempre opportuno ricorrere alle tecniche di Ingegneria Naturalistica. Il drenaggio rappresenta la principale azione da intraprendere nel corso di un intervento su un versante franoso, per evitare l appesantimento, la perdita delle caratteristiche di coesione e attrito interno, l aumento delle pressioni interstiziali, le infiltrazioni, ecc. Le piante sono sempre efficaci a tale scopo raggiungendo anche strati profondi, ma per il drenaggio di portate > 1 l/s è necessario ricorrere ad opere convenzionali. La riduzione delle pressioni all'interno del corpo di frana può essere realizzato in modo diretto mediante opportune opere di drenaggio che possono essere: - di tipo superficiale, con trincee drenanti - in profondità, mediante pozzi, gallerie, setti drenanti, fori suborizzontali. Una riduzione indiretta delle pressioni all'interno del copro di frana può ottenersi anche per mezzo di opere di protezione superficiale; queste oltre a contenere l'azione erosiva superficiale esercitata dalle acque meteoriche, limitano l'infiltrazione e la percolazione delle stesse all'interno del corpo di frana. Anche gli interventi di protezione superficiale possono ottenersi per mezzo dell'impiego di
7 tecniche di Ingegneria Naturalistica accoppiando materiali naturali con materiali artificiali quali i geosintetici. Il miglioramento delle proprietà meccaniche dei terreni può realizzarsi con differenti procedimenti a seconda della natura dei terreni: - iniezioni di miscele cementizie nei terreni a grana grossa e nelle rocce fratturate; - addensamento mediante vibrazione nei terreni a grana grossa; - iniezioni di resine nei terreni a grana media e nelle rocce con micro-fessurazioni; - elettrolisi e cottura nelle argille. Esempi di interventi per la riduzione delle forze destabilizzanti su un pendio Esempi di interventi convenzionali per l'aumento delle forze resistenti
8 L'impiego della vegetazione per il consolidamento e la stabilizzazione dei versanti Per diverso tempo i versanti sono stati stabilizzati con viminate, tondame, palificate di sostegno e ramaglia, in quanto, fino ad un secolo fa, il legno, il pietrame e le piante rappresentavano gli unici materiali usati dall'uomo per la messa in sicurezza di pendii e scarpate ( "Le radici dei salici non permettono alle scarpate di spaccarsi e i rami dei salici che si trovino disposti lungo le scarpate, vengono di seguito potati in modo che diventino ogni anno più robusti", Leonardo da Vinci ). Tondame Viminate Le metodologie più recenti sono quelle che utilizzano unicamente materiali vivi, quali talee ed astoni di salice e piantine radicate. Per progettare un efficace intervento di Ingegneria Naturalistica che preveda l'impiego della vegetazione per la stabilizzazione di un movimento franoso è indispensabile capire il tipo di fenomeno da contrastare ovvero se si tratta di un fenomeno di erosione del suolo, di un movimento di massa superficiale o di movimento di massa profondo. In genere per la stabilizzazione dei pendii naturali o delle scarpate artificiali non è sempre possibile utilizzare solamente la vegetazione ma è necessario far ricorso anche agli elementi strutturali descritti in precedenza (che possono anche garantire lo sviluppo della vegetazione sul versante stabilizzato). Gli interventi di sistemazione dei versanti con tecniche di Ingegneria Naturalistica prevedono essenzialmente opere antierosive, stabilizzanti e consolidanti basate sulle azioni di tipo meccanico indotte dalla copertura vegetale delle specie arbustive ed erbacee utilizzate le cui radici: - legano le particelle del suolo rinforzandolo e diminuendo l'erosione, di conseguenza si ottiene un aumento della resistenza al taglio - possono avere la funzione di ancoraggio dello strato superiore instabile alla roccia stabile sottostante. Qualche volta si può fare affidamento anche sulla capacità delle radici di inglobare parti di strutture inerti. A garanzia di una migliore radicazione, sui versanti seminati, si usa piantare alberi ed arbusti con capacità di radicazione avventizia (produzione di radici da parte di organi della pianta diversi dalla radice).
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