L evoluzione dello scudo araldico dei regnanti napoletani

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1 L evoluzione dello scudo araldico dei regnanti napoletani Un aspetto interessante da sottolineare, quando si effettua lo studio delle monete coniate nel Regno di Napoli, è l evoluzione, attraverso i secoli, dello scudo araldico rappresentativo della casa regnante. Le varie casate che si sono succedute sul trono non hanno mai eliminato o fatto scomparire l emblema dei predecessori ma, anche per dare un senso di continuità alla corona, hanno integrato il proprio con il precedente. Iniziamo con la casata dei primi sovrani che regnarono sul Meridione riunificato, gli Altavilla. Il loro emblema era uno scudo blu con banda scaccata in bianco e rosso (i disegni che seguono sono rappresentati in maniera monocromatica 1 ): L ultima discendente di questa nobile famiglia normanna, Costanza, si sposò con Enrico VI Hohenstaufen, figlio di Federico Barbarossa, la cui casata era rappresentata da un aquila 2 nera su fondo bianco: 1 I retini e le campiture usano le regole stabilite nel XVII secolo da Pietra Santa, dove l argento ed il bianco sono rappresentati bianchi, l oro con il puntinato, il blu con le righe orizzontali, il rosso con le righe verticali ed il nero con una griglia quadrata (abbiamo riportato solo i colori usati per gli emblemi delle Casate che regnarono a Napoli); tale sistema fu adottato per poter permettere la stampa degli scudi araldici in un epoca in cui ancora non veniva elaborato un sistema per le rappresentazioni colorate. Tale sistema è ad oggi ancora in uso. 2 Riprendendo la tradizione dell antica Roma, l aquila era uno dei simboli del potere imperiale. 1/3

2 Per quanto riguarda la casa d Angiò, con Carlo I lo scudo araldico era rappresentato da gigli d oro su campo blu: in seguito lo scudo fu bipartito e nella metà sinistra 3 fu aggiunta una croce di Gerusalemme 4 d oro su campo bianco: Successivamente, con l acquisizione del ramo dei Durazzo, lo stemma fu integrato con l emblema ungherese: fasce orizzontali bianche e rosse; tale scudo fu usato da Carlo III fino a Giovanna II. Contemporaneamente, in Sicilia, arrivarono gli Aragonesi, con il loro scudo araldico verghettato 5 rosso ed oro. 3 Nell araldica destra e sinistra sono definiti in base a chi porta lo scudo, quindi in maniera opposta rispetto a chi guarda il cavaliere. 4 Si definisce in araldica croce di Gerusalemme (detta anche croce ramponata ) una croce potenziata (cioè che presenta, alle estremità, degli elementi perpendicolari ai bracci) cantonata da quattro croci più piccole. 5 Uno scudo o una pezza si definiscono verghettati quando sono interamente coperti da pali contigui e con i colori alternati, in numero uguale o superiore a dieci; in numero minore (e pari) si definiscono invece palati. Nella blasonatura occorre specificare il numero delle zone (chiamate anche pezzi), salvo che siano 6, che rappresenta il 2/3

3 Una volta che conquistarono l isola e cacciarono definitivamente gli Angiò decisero, per una sorta di desiderio di continuità di governo, di aggiungere al loro emblema l aquila imperiale degli Hohenstaufen, quasi a volersi erigere a successori di Federico II (non va comunque dimenticato che Alfonso il Magnanimo era un erede di Costanza di Svevia, figlia di re Manfredi): Con Alfonso I d Aragona, che riunì nuovamente e sotto un unica corona la Sicilia ed il Regno di Napoli, venne realizzato un nuovo scudo, che unì le tre casate degli Angiò-Durazzo e degli Aragona (anche perchè Alfonso I era stato adottato come figlio e designato successore al trono da Giovanna II d Angiò-Durazzo, nonché nominato duca di Calabria, titolo proprio del principe ereditario della Corona napoletana e pertanto si ha una continuità e non una rottura istituzionale): numero predefinito. Nel blasonare un verghettato o un palato si comincia dal colore a destra dello scudo, dove per destra si intende la destra del cavaliere che porta lo scudo, cioè la sinistra di chi guarda. 3/3

4 regnanti: Il nuovo scudo, modificato e reso circolare, fu anche riportato sulle monete dei successivi Ai legittimi sovrani napoletani si sostituirono, per due brevi occasioni, gli invasori francesi, prima con Carlo VIII, successivamente con Luigi XII. Le parentesi del regno furono relativamente brevi, per cui non si procedette a creare un nuovo emblema misto, ma fu imposto direttamente quello della casa di Francia: tre gigli d oro su campo blu. Al casato francese si sostituì definitivamente, nel 1502, il ramo spagnolo della casa d Aragona che nel frattempo, con le nozze fra Isabella di Castiglia e Ferdinando d Aragona, era riuscito a riunire, sotto un unico scettro, quasi tutta la penisola iberica (nel 1469 si erano celebrate le nozze fra i due sovrani che avevano visto l unificazione di buona parte dei territori settentrionali, centrali ed orientali; nel 1492, con la liberazione di Granada dai musulmani, si erano liberati anche i territori meridionali). Il nuovo emblema doveva quindi racchiudere tutti i possedimenti, per cui vi comparvero inquartati nel I e nel IV quadrante le insegne di Castiglia (castello d oro su fondo rosso) e di Leon (un leone rampante rosso su campo bianco) e nel II e III quadrante, affiancate, le insegne di Aragona (palato rosso ed oro) e di Aragona di Sicilia (palato rosso ed oro interrotto dall aquila nera degli Hohenstaufen); nella punta fu posto un melograno, simbolo di Granada. Lo scudo fu 4/3

5 anche arricchito da due elementi esterni: un nastro che recitava il motto TANTO MONTA (letteralmente fa lo stesso, alludendo all uguaglianza fra i due sovrani spagnoli) e il giogo e le frecce (allusivi alla cacciata dei musulmani dalla Spagna, impresa per cui Ferdinando d Aragona fu insignito da Innocenzo VIII del titolo di Cattolico). Lo stemma fu mantenuto fino all avvento, sul trono, di Carlo V, il quale venne a regnare su di un vastissimo impero, per cui lo stemma araldico divenne fra i più ricchi e complicati che si videro sul trono napoletano. Da parte di padre, l arciduca d Austria Filippo il Bello, ereditò infatti i domini borgognoni delle Fiandre, nonché la Castiglia e le colonie americane; dal nonno materno Ferdinando ebbe l Aragona, il Regno di Napoli, il Regno di Sicilia ed il dominio sulla Sardegna; dall imperatore Massimiliano discesero tutte le ricchezze della Casa d Asburgo, che comprendevano l Austria, la Stiria, la Corinzia, il Voralberg e il Tirolo. A ciò si aggiunse l elezione ad Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico avvenuta nel Esistono diverse rappresentazioni di uno stemma araldico talmente complicato che quando esso veniva scolpito su pietra per adornare i palazzi o veniva rappresentato sullo spazio ridotto di una moneta non poteva riportare tutti i suoi elementi, in quanto sarebbe risultato praticamente illeggibile (di solito gli emblemi che si trovano su quasi ogni rappresentazione sono quelli di Castiglia, di Leon, di Aragona, di Sicilia, di Granada, di Gerusalemme, di Ungheria, d Austria, di Borgogna, di Brabante, 5/3

6 di Limburgo e del Tirolo); a titolo di esempio basti pensare che nelle rappresentazioni su carta o su tela l emblema era racchiuso anche dal collare dell Ordine del Toson d Oro 6, altrove difficilmente rappresentabile. Lo scudo è comunque sempre portato da un aquila bicipite sormontata dalla corona imperiale; ai suoi lati le Colonne d Ercole legate da un nastro che riporta il motto PLVS VLTRA (ovvero Più in là 7 ) e sormontate quella a sinistra da una corona regia, quella a destra da una imperiale. A lui successe il figlio Filippo II, con cui si ebbe la spartizione dell Impero con lo zio (il fratello, quindi, di Carlo V) 6 Istituito dal duca di Borgogna Filippo il Buono di Valois, fu ereditato da Carlo V tramite l imperatore Massimiliano, in seguito al suo matrimonio con l ultima erede dei Valois, Maria. Nel collare sono rappresentati degli acciarini concatenati tra loro ed intervallati da pietre focaie (omaggio, quindi, ad una nuova arma : l arma da fuoco; alla base pende il leggendario Vello d Oro, recuperato da Giasone e dagli Argonauti. Il motto è ANTE FERI QUAM FLAMMA MICET (cioè Ferisce prima che la fiamma splenda ). 7 Il motto allude alla sconfinatezza dei domini di Carlo V, infatti riprende la frase posta sotto le Colonne d Ercole, e cioè NON PLVS VLTRA ( Non più in là ) e la modifica a sottolineare che il suo casato si era spinto oltre i limiti del mondo. 6/3

7 il quale, come si può notare, presenta molte analogie con quello paterno. In seguito tale scudo fu integrato anche con lo stemma di Portogallo, a seguito dell unificazione della penisola iberica sotto un unico signore Spesso, come si può notare, lo stemma nobiliare veniva adornato anche con il collare dell Ordine del Toson d Oro. Nei decenni successivi nuovi possedimenti si aggiunsero alla corona spagnola, ed altri se ne distaccarono, per cui si giunse, con Carlo III, ad una nuova versione dello scudo reale Interessante notare come, attraverso i secoli, sono restati invariate le armi di Aragona (verghettato 8 rosso ed oro), di Sicilia-Hohenstaufen (Aragona inquartato con l aquila nera imperiale su fondo 8 Uno scudo o una pezza si definiscono verghettati quando sono interamente coperti da pali contigui e con i colori alternati, in numero uguale o superiore a dieci; in numero minore (e pari) si definiscono invece palati. Nella blasonatura occorre specificare il numero delle zone (chiamate anche pezzi), salvo che siano 6, che rappresenta il 7/3

8 bianco), di Castiglia e di Leon (rispettivamente castello giallo su fondo rosso e leone rampante rosso su campo bianco), ovvero di quei possedimenti che, fino a Carlo V, furono il nerbo di questa casata (e di tutti i suoi numerosi rami collaterali). Alberto D Andrea Christian Andreani numero predefinito. Nel blasonare un verghettato o un palato si comincia dal colore a destra dello scudo, dove per destra si intende la destra del cavaliere che porta lo scudo, cioè la sinistra di chi guarda. 8/3