PREMESSA. La destituzione di Mussolini e l armistizio dell 8 settembre 1943.
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- Benedetta Mora
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1 4 PREMESSA La destituzione di Mussolini e l armistizio dell 8 settembre Di Giorgio Rochat. Tratto dal Dizionario storico della Resistenza L 8 settembre 1943 è un giorno nerissimo per l Italia e l armistizio suscita molte polemiche. Il punto di partenza è la piena sconfitta dell Italia fascista. Nell agosto 1943 l esercito italiano non sarebbe stato in grado di opporre alcuna resistenza a un invasione degli angloamericani o della Germania nazista. Le città italiane erano esposte ai bombardamenti aerei praticamente senza difesa. Il re Vittorio Emanuele III era stato costretto a destituire Mussolini il 25 luglio perché gli Vittorio Emanuele III angloamericani non erano disposti a trattare con lui. Il maresciallo Pietro Badoglio aveva dichiarato che la guerra a fianco della Germania continuava, mentre il suo compito era di chiuderla. Uscire dalla guerra non era facile per più ragioni. La prima riguardava il problema di mantenere la continuità del potere degli organismi riguardanti lo Stato monarchico. Nell estate 1943 gli alleati angloamericani non avevano ancora deciso come comportarsi se l Italia avesse chiesto di arrendersi. La richiesta di una resa incondizionata, proclamata dal presidente Roosevelt in gennaio a Casablanca, non aveva risolto i contrasti tra i sostenitori di una linea dura (prevalentemente inglesi) e i favorevoli ad una maggiore elasticità verso l Italia sconfitta (prevalentemente statunitensi). Il contrasto fu risolto con un ampia delega per le condizioni di armistizio al generale Dwight Eisenhower, comandante delle forze alleate del Mediterraneo, cui interessava soprattutto di assicurarsi la collaborazione italiana per facilitare lo sbarco in preparazione a Salerno. Subito dopo il 25 luglio circa otto divisioni tedesche occuparono Alpi e
2 5 Appennini. Le otto divisioni vennero dislocate nel Centro-sud e vennero completate e rafforzate. La Germania doveva spingere più a sud possibile l occupazione della penisola italiana. Per uscire dalla guerra fascista c erano tre vie: - Ottenere dai tedeschi il consenso a un armistizio come premessa per la neutralizzazione dell Italia nel conflitto; - Attaccare le forze tedesche nello stesso momento della destituzione di Mussolini; - Aprire trattative segrete con gli Alleati, volendo continuare la guerra con i tedeschi. Fu la decisione presa dal nuovo governo il 31 luglio. A fine luglio il generale Eisenhower aveva già messo a punto le condizioni da porre, il cosiddetto armistizio breve poi firmato il 3 settembre, che prevedeva la fine delle ostilità, la collaborazione italiana, la consegna della flotta, i pieni poteri delle autorità militari alleate. Roosevelt e Churchill definirono un secondo elenco che stabiliva il pieno Il generale Castellano firma la resa senza condizioni a Cassabile controllo dei vincitori sullo stato italiano. Questo elenco, chiamato armistizio lungo, fu consegnato ai rappresentanti italiani all ultimo momento e poi firmato da Badoglio a Malta il 29 settembre. Il 1 settembre il governo italiano decise di accettare l armistizio, che fu firmato il tre a Cassibile, in Sicilia, dal generale Castellano in rappresentanza del governo e del generale Bedell W. Smith. L applicazione concreta dell armistizio si basava su degli equivoci. Badoglio contava su uno sbarco alleato che li liberasse dalla minaccia tedesca su
3 6 Roma, che invece avvenne a sud della capitale. La data della proclamazione dell armistizio avvenne più tardi di quanto doveva avvenire. Per giustificare il crollo del vertice politico-militare all 8 settembre ebbe ampia diffusione la versione che l annuncio dell armistizio, previsto per metà settembre, fosse stato anticipato per impedire di diramare gli ordini per una reazione della Forze armate italiane. Badoglio e i capi militari non pensarono mai di potere e dover prendere l iniziativa contro i tedeschi al momento della proclamazione dell armistizio. La loro preoccupazione era di mantenere il segreto sulle trattative con i vincitori; e infatti, fino all ultimo si basarono sulla collaborazione con i tedeschi in caso di sbarchi angloamericani. L 8 settembre 1943, alle 18.30, il generale Eisenhower annunciò per radio che l Italia aveva chiesto e ottenuto l armistizio. Badoglio aveva detto anche che le Forze armate avrebbero reagito ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza, un indicazione tragicamente insufficiente per i comandi che dovevano fronteggiare l immediata aggressione tedesca. La mancata difesa di Roma. Il controllo di Roma all indomani dell armistizio aveva un importanza politica e militare. E le forze italiane disponibili non erano poche; due divisioni corazzate, una a nord e l altra a sud di Roma. In realtà un confronto preciso delle forze contrapposte non è possibile, perché le due divisioni tedesche erano incomplete, ma furono rafforzate con reparti in transito o già sul posto. Anche tenendo conto dell armamento, rimane una superiorità italiana netta. L importanza della capitale era così evidente che gli Alleati erano disposti a inviarvi una divisione statunitense aviotrasportata per rafforzare la difesa italiana. La divisione aveva un efficienza limitata, ma il suo arrivo avrebbe avuto un eccezionale valore politico. Badoglio e il suo generale avevano così poca fiducia nelle loro truppe. Nulla fu fatto per predisporre la difesa, e la sera del sette il generale Maxwell Taylor giunse a Roma, Badoglio e il suo generale
4 7 badarono a dimostrargli che l arrivo degli americani era impossibile e in sostanza non gradito. La mattina dell 8 settembre il contrordine di Taylor giunse appena in tempo per fermare gli aeroplani che stavano per decollare carichi di paracadutisti. Il re e Badoglio si preoccuparono soltanto di salvare se stessi. Poiché l imbarco per la Sardegna, era messo in pericolo dai movimenti tedeschi su Ostia, abbandonarono Roma in automobile diretti a Pescara. La cosa più grave fu che i fuggiaschi non si curarono di lasciare ordini per le forze armate e la difesa di Roma. L unico ordine dato alle truppe, fu di ripiegare su Tivoli per coprire la fuga del re. Subito dopo il loro arrivo a Brindisi, Badoglio e i suoi generali si preoccuparono di fabbricare una versione dei Il maresciallo Badoglio fatti che li assolvesse dalle loro responsabilità. Le vicende della marina confermano la difficoltà degli alti comandi di affrontare con lucidità il rovesciamento di fronte. L ammiraglio Raffaele De Courten, fu messo al corrente di questa clausola ai primi di settembre, ma non ritenne di informarne gli ammiragli che comandavano le squadre navali. I comandanti delle squadre navali furono comunque gli unici a ricevere ordini precisi la sera dell 8 settembre. Ciò nonostante gli ufficiali delle corazzate persero tempo a discutere se obbedire agli ordini o affondare le navi. Le corazzate uscirono dal porto soltanto la mattina del nove, diretti a la Maddalena, dando la possibilità all aviazione tedesca di affondare la corazzata Roma. Dopo di che le altre navi si decisero a dirigersi su Malta. Il collasso delle forze armate In Italia e nei Balcani le forze tedesche erano inferiori a quelle italiane, ma godevano di due vantaggi decisivi: in primo luogo erano pronte a scattare con
5 8 ordini chiari; in secondo luogo le unità tedesche potevano spostarsi rapidamente e contare sull afflusso di riserve e di aerei. Le forze italiane sul territorio nazionale erano composte da reparti d efficienza molto scarsa. Le divisioni disponibili erano in ricostituzione, mentre nei Balcani la situazione era migliore. Erano divisioni logorate da oltre due anni di compiti di presidio e lotta anti-partigiana, con scarse capacità di movimento. Queste forze non erano in grado di tenere testa ai tedeschi; ma il loro collasso immediato, fu determinato dalla mancanza di direttive in una situazione di crisi. Anziani colonnelli e generali si trovarono a decidere se accettare gli accomodamenti proposti dai tedeschi, oppure aprire il fuoco. Sul territorio nazionale le forze armate si dissolsero nel giro di 48 ore, dopo combattimenti sporadici. Nei Balcani i tedeschi incontrarono maggiori difficoltà. Una parte delle truppe italiane fu disarmata senza problemi. Un bilancio. La sopraffazione ed eliminazione delle Forze armate italiane all 8 settembre fu l ultima vittoria della Wehrmacht. Gerhard Schreiber elenca nel suo studio il grandioso bottino. Un bilancio storico-politico è più difficile. Sottolineiamo alcuni punti: a) Il disastro dell 8 settembre fu il prezzo da pagare per la guerra di Mussolini; b) Le trattative di resa furono impostate e condotte malamente, ma ebbero successo per le esigenze militari degli Alleati; c) Il re, Badoglio e i capi militari rinunciarono a organizzare la resistenza delle Forze armate alla sicura aggressione tedesca, anche a Roma dove i rapporti di forza erano favorevoli, per la priorità data al mantenimento del segreto e per poca fiducia nelle loro truppe. L armistizio fu sentito come disonore da una piccola minoranza che scelse di continuare la guerra dalla parte di Hitler e di Mussolini. 50 anni più tardi è stato interpretato come morte della patria. Per un altra minoranza l 8 settembre segnò la fine dell Italia autoritaria e l inizio di una dura riconquista dei valori di
6 9 libertà e democrazia. Per la maggioranza degli italiani fu un giorno di speranza subito cancellata dall occupazione nazista. La divisione Acqui (di Ilio Muraca) Qualche volta, fra gli uomini, si combattono conflitti armati che si presentano diversi da tutti gli altri. Con queste caratteristiche, si presenta la battaglia condotta dalla divisione di fanteria da montagna Acqui. Caratteristica principale di quel combattimento, fu la decisione plebiscitaria dei militari della divisione. La Acqui, venne posta di fronte a due soluzioni: la resa e la consegna delle armi ai tedeschi. Momento determinante della decisione di combattere fu l ultimatum tedesco dell 11 settembre, con intimazione di cedere le armi, seguito dall affondamento di alcune zattere piene di tedeschi. A tale aperto atto di guerra i tedeschi risposero con un più pressante ultimatum. Fu a questo punto che, il generale Gandin invitò i suoi uomini a pronunciarsi su tre alternative: alleanza con i tedeschi, cessione delle armi, resistenza. Il sacrario dei caduti della divisione Acqui a Cefalonia
7 10 I reparti, con un referendum, si pronunciarono all unanimità per la terza soluzione: combattere. Così, dopo l ingiunzione, di sospendere l arrivo dei loro rinforzi, lo scontro con i tedeschi ebbe inizio. I primi combattimenti videro i tedeschi subire pesanti smacchi. Intanto il tenente colonnello Barge aveva chiesto ulteriori rinforzi di artiglieria e di unità di montagna. Il 18 settembre, l accanita resistenza della guarnizione italiana finì per attirare l attenzione di Hitler. Di qui, il perentorio ordine del dittatore che molti, avrebbero cercato di scaricare sulla spalle dei comandanti subordinati, costituì un fatto eccezionale: A Cefalonia, a causa del comportamento insolente e proditorio, non deve essere fatto alcun prigioniero di nazionalità italiana. L incauto e prematuro abbandono del passo di Kardakata, il continuo sbarco dei rinforzi e un infernale carosello in picchiata dei loro aerei Stukas finirono per far volgere le sorti della battaglia a favore dei tedeschi. Così, il 22 settembre, gli scontri ebbero termine e iniziò la carneficina dei sopravvissuti. I prigionieri e i feriti, vennero falciati dalle armi automatiche. Compiuto l orrendo crimine, bisognava fare scomparire le tracce. Salvo varie centinaia di salme, la maggior parte dei corpi vennero cosparsi di benzina e bruciati. Il generale Hubert Lanz, per sbarazzarsi delle salme degli ufficiali ideò il loro trasporto al largo e, ordinò il loro affondamento. Durante il trasporto dei prigionieri sopravvissuti, tre navi urtarono le mine e colarono a picco con il loro carico di tremila italiani, molti dei quali, gettatisi in mare, vennero falcidiati dalle mitraglie tedesche. Stessa sorte ebbe la guarnigione italiana dell isola di Corfù, che resistette valorosamente. Così la Acqui venne distrutta. A Cefalonia e Corfù, i massacri non furono opera di SS o di milizie politiche tedesche, ma di soldati regolari della Wehrmacht.
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