I cittadini comunitari. A cura dell'avv. Giulia Perin - Associazione per gli Studi Giuridici sull'immigrazione
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1 I cittadini comunitari A cura dell'avv. Giulia Perin - Associazione per gli Studi Giuridici sull'immigrazione (aggiornata a gennaio 2008) LE NORME CHE REGOLANO LA CONDIZIONE GIURIDICA DEI CITTADINI COMUNITARI IN ITALIA. Lo statuto dei cittadini dell Unione europea trova la sua fonte immediata nel diritto comunitario. Ciò significa che le norme italiane che disciplinano la condizione dei cittadini comunitari in Italia (così come le norme francesi o tedesche che disciplinano la condizione dei cittadini comunitari in Francia o in Germania) devono conformarsi a quanto disposto dalle fonti del diritto comunitario. Esempio. La normativa comunitaria (in particolare, la direttiva 2004/38/CE) ha soppresso l obbligo di chiedere una carta di soggiorno per i cittadini comunitari. In conseguenza di ciò, nessuno Stato membro può imporre oggi ai cittadini dell Unione di richiedere una carta di soggiorno per soggiornare nel loro territorio Ciò non esclude che le norme di diritto italiano che regolano la condizione dei cittadini comunitari possano contenere delle previsioni più generose di quelle dell ordinamento comunitario: quest ultimo ordinamento vieta di disciplinare la condizione dei cittadini di un altro Stato membro in modo peggiorativo rispetto a quanto discendente dal diritto comunitario, mentre è senz altro possibile un trattamento migliorativo della loro condizione. ESEMPIO. In base al diritto comunitario, gli Stati membri non sono obbligati ad assistere i cittadini comunitari che non abbiano un lavoro o, in alternativa, sufficienti risorse, salvo che trovi applicazione il regime della Tessera sanitaria europea (TEAM). Tuttavia, l ordinamento costituzionale italiano obbliga lo Stato ad assicurare il diritto alla salute a tutti coloro che si trovino anche irregolarmente sul nostro territorio. La soglia imposta dal diritto costituzionale in questo caso è più elevata di quella del diritto comunitario: in un ipotesi come questa, lo Stato italiano dovrà rispettare i vincoli discendenti dal diritto costituzionale e riconoscere anche ai cittadini comunitari che non possano ottenere l iscrizione anagrafica il diritto alle cure urgenti ed essenziali (1). Si osserva, inoltre, che un trattamento di miglior favore rispetto a quello previsto nella disciplina comunitaria potrà discendere dall applicazione dell art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 286 del 1998 (Testo unico sull immigrazione), che prevede che il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli. Nel diritto comunitario, il principale testo normativo di riferimento è oggi costituito dalla Direttiva 2004/38/CE: in tale normativa, si trovano, infatti, disciplinati i diritti di ingresso e di soggiorno che spettano ai cittadini comunitari e ai loro familiari. Tale Direttiva è stata trasposta con specifici atti legislativi all interno di ogni Stato membro: in Italia, la normativa di attuazione è costituita dal d. lgs. n. 30 del 6 febbraio 2007 (significativamente rubricato "Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri"), entrato in vigore in data 11 aprile A CHI SI APPLICA IL REGIME DELLA LIBERA CIRCOLAZIONE E DEL SOGGIORNO DEI CITTADINI COMUNITARI E DEI LORO FAMILIARI. Ogni persona che abbia la cittadinanza di uno Stato membro dell Unione europea è automaticamente cittadino dell Unione. Attualmente gli Stati membri dell Unione europea sono 27: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria. L importanza della cittadinanza dell Unione risiede nei diritti che conseguono al possesso di tale statuto. In particolare, da tale cittadinanza discende l applicabilità del regime della libera circolazione e del soggiorno previsto dalla normativa comunitaria. La libera circolazione delle persone si applica anche ai cittadini degli Stati aderenti all Accordo sullo Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein, Norvegia) e ai cittadini della Confederazione elvetica. IL DIRITTO ALL INGRESSO IN ITALIA DEL CITTADINO COMUNITARIO E DEI SUOI FAMILIARI. Ogni cittadino comunitario ha il diritto di entrare in Italia senza dover espletare alcuna formalità. E sufficiente che sia in possesso di un passaporto o di una carta d identità valida per l espatrio secondo la legislazione dello Stato di cui ha la cittadinanza. Le autorità potranno controllare la validità del documento, ma non potranno fare domande sugli scopi e sulla durata del soggiorno. Il diritto del cittadino comunitario di entrare e muoversi liberamente all interno del territorio italiano può essere limitato solo per motivi di ordine pubblico, sicurezza dello Stato, sanità pubblica o restrizioni derivanti da norme penali. Il diritto all ingresso dei familiari extracomunitari del cittadino comunitario.
2 a) Il diritto all ingresso del coniuge, dei discendenti e degli ascendenti diretti e del coniuge. I familiari del cittadino comunitario che si rechi in Italia hanno il diritto di seguirlo o raggiungerlo, qualunque sia la loro nazionalità. In base al diritto comunitario, per familiari si intendono: il coniuge; i discendenti del cittadino comunitario che abbiano meno di 21 anni o che siano a carico e i discendenti del coniuge del cittadino comunitario; gli ascendenti del cittadino comunitario o del coniuge del cittadino comunitario, purchè a carico. Il d. lgs. n. 30 del 2007 prevede che chi non è cittadino dell Unione potrebbe avere bisogno di un visto, a seconda della sua nazionalità. L eventuale visto deve essere rilasciato gratuitamente e nel più breve tempo possibile. Ad ogni modo, il familiare non può essere respinto alla frontiera soltanto per mancanza del necessario visto di ingresso. Il suo diritto all ingresso discende, infatti, dal vincolo familiare, non dal visto di ingresso: pertanto,se un cittadino comunitario o un membro della sua famiglia non dispone del documento di viaggio necessario o, nel caso in cui fosse necessario, del visto d ingresso, dovrà essere concesso un termine ragionevole perché possa ottenere il documento mancante o dimostrare la loro qualità di beneficiari della libertà di circolazione e di soggiorno. b) Il diritto all ingresso dei familiari extracomunitari che non sono coniugi, né discendenti fino al 21 anno, né ascendenti diretti o del coniuge. In base al diritto comunitario, lo Stato italiano ha assunto l impegno di agevolare l ingresso ed il soggiorno anche degli altri familiari in osservanza del principio comunitario che intende preservare le relazioni stabili oppure di dipendenza fisica o finanziaria del cittadino dell Unione europea. In particolare, possono fare ingresso in Italia con un visto per residenza elettiva i familiari che si trovano in una delle seguenti situazioni: - sono a carico o convivono con il cittadino dell'unione titolare del diritto di soggiorno; - gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell'unione li assista personalmente; - si tratta del partner con cui il cittadino dell Unione ha una relazione stabile attestata dallo Stato del cittadino dell Unione. In questo caso, il familiare o il partner cittadino di uno Stato terzo devono essere in possesso del passaporto in corso di validità e del visto di ingresso per residenza elettiva rilasciato dalla rappresentanza consolare italiana nel paese di provenienza. IL DIRITTO AL SOGGIORNO I. SOGGIORNO INFERIORE A TRE MESI. a) Chi ha diritto a soggiornare per tre mesi in Italia? Tutti i cittadini comunitari, indipendentemente da qualsiasi requisito di reddito o di lavoro, hanno diritto di permanere in Italia per un periodo di tre mesi. Tale diritto si estende ai loro familiari, secondo la definizione sopra indicata. b) Quali sono le formalità da adempiere in questo periodo In questo primo periodo, né i cittadini comunitari, né i familiari che li accompagnano sono sottoposti a particolari formalità. Per i primi tre mesi, è sufficiente che il cittadino comunitario o il suo familiare sia in possesso di una carta d identità o di un passaporto in corso di validità senza avere l obbligo di presentarsi in Questura. c) A che cosa hanno diritto il cittadino comunitario e i suoi familiari nel periodo di primi tre mesi? Durante i primi tre mesi di soggiorno, il cittadino dell'unione può senz altro intraprendere un attività lavorativa, autonoma e subordinata, senza aver bisogno di ottenere un autorizzazione al lavoro. Egli gode immediatamente nel settore lavorativo del principio di parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani. La parità di trattamento si applica a tutte le condizioni di lavoro e di impiego (ad esempio: retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o reimpiego in caso di disoccupazione). Se, tuttavia, non svolge in questi primi tre mesi alcuna attività lavorativa, il cittadino comunitario e i suoi familiari non godono, per il solo fatto della loro cittadinanza o del legame familiare, del diritto a tutte le prestazioni d'assistenza sociale, salvo che tale diritto sia automaticamente riconosciuto in forza di altre disposizioni di legge. ESEMPIO. Durante questo primo periodo, il cittadino comunitario può rimanere in Italia, anche se non dimostra di avere un lavoro o delle risorse sufficienti. Se ha bisogno dell assistenza sanitaria durante la permanenza in Italia,
3 non avrà diritto ad ottenere l iscrizione al SSN, salvo, come si è visto, che svolga attività lavorativa, anche stagionale. Il diritto alle prestazioni sanitarie sarà in ogni caso riconosciuto ai cittadini comunitari in possesso della TEAM o di altro Modello rilasciato dal loro Paese d'origine: in questo caso, l Azienda sanitaria riconoscerà il diritto alle prestazioni sanitarie, di cui poi chiederà il rimborso allo Stato di origine. Nel caso in cui il cittadino comunitario, pur essendo assicurato nel proprio Paese, non disponga della TEAM, l Azienda sanitaria richiederà d'ufficio il certificato allo Stato estero. In mancanza di assicurazione, il pagamento della prestazione sarà richiesto direttamente all'assistito. Come risulta evidente, all amplissimo riconoscimento di un diritto al soggiorno per un periodo di tre mesi a favore di tutte le persone che abbiano la cittadinanza dell Unione fa da corollario il mancato riconoscimento della parità di trattamento in questo periodo con i cittadini italiani. II. SOGGIORNO PER UN PERIODO SUPERIORE A TRE MESI. a) Chi ha diritto a soggiornare per un periodo superiore a tre mesi in Italia? A differenza di quanto avviene nei primi tre mesi di soggiorno in Italia in cui qualsiasi cittadino comunitario, in ragione della sua sola nazionalità, ha diritto a soggiornare in Italia successivamente al decorso di tale primo periodo, il diritto al soggiorno dei cittadini comunitari è subordinato al possesso di alcuni requisiti. In particolare, ai sensi dell art. 7 del d. lgs. n. 30 del 2007, ha diritto di soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi il cittadino comunitario che: è un lavoratore dipendente o autonomo in Italia; è iscritto presso un istituto d istruzione pubblico o privato per seguire un corso di studi o di formazione professionale, purché in possesso di un assicurazione sanitaria e di mezzi tali da non richiedere misure di assistenza sociale; possiede risorse sufficienti per sé e per i suoi familiari e abbia un assicurazione sanitaria completa in Italia. In altre parole, si richiede che il cittadino comunitario disponga di un lavoro ovvero, in alternativa, di risorse sufficienti per sé e per i suoi familiari tali da non farlo diventare un onere a carico dell assistenza dello Stato. IL CASO DEL CITTADINO COMUNITARIO ALLA RICERCA DI UN PRIMO IMPIEGO IN ITALIA. E il cittadino comunitario che non abbia un lavoro, ma sia venuto in Italia per cercarlo e non possegga risorse sufficienti per non diventare un onere a carico dello Stato? In astratto, questo cittadino comunitario non rientra in nessuna delle categorie appena menzionate. Tuttavia, la Corte di Giustizia ha affermato che tale cittadino, anche dopo il decorso del periodo dei primi tre mesi, non può essere allontanato dallo Stato membro in cui sta cercando lavoro, finché possa dimostrare di continuare a cercare lavoro e di avere probabilità di trovarlo. Un periodo di tolleranza adeguato può essere quello di sei mesi (cfr. sentenza Antonissen). Il d. lgs. n. 30 del 2007, facendo proprio l insegnamento della Corte di Giustizia ha previsto al proprio art. 13, comma 3, che i cittadini dell'unione che siano entrati in Italia alla ricerca di lavoro non possono essere allontanati fino a quando possono dimostrare di essere iscritti nel Centro per l'impiego da non più di sei mesi ovvero di aver reso la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento dell'attività lavorativa, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297 e di non essere stati esclusi dallo stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 4 del medesimo decreto legislativo n. 297 del b) Formalità da adempiere in questo periodo In questo secondo periodo (soggiorno superiore a tre mesi), tanto i cittadini comunitari quanto i loro familiari sono tenuti ad adempiere determinate formalità. I cittadini comunitari devono provvedere a chiedere l iscrizione anagrafica presso il Comune di residenza. Sarà l Ente locale a verificare la sussistenza dei requisiti al soggiorno: mentre in precedenza, la sussistenza del diritto al soggiorno veniva verificata dalla Questura, con la nuova normativa, la competenza è passata ai Comuni, i quali prima di disporre l iscrizione anagrafica, verificheranno, oltre alla sussistenza della dimora abituale, anche l esistenza degli altri requisiti, di lavoro e di reddito richiesti dalla normativa (2). In particolare, se soggiorna in Italia come lavoratore o è familiare di lavoratore deve documentare al Comune, oltre alla dimora abituale, rispettivamente l attività lavorativa o il legame parentale; negli altri casi di soggiorno deve dimostrare la disponibilità di risorse economiche sufficienti a non farlo gravare sul sistema di assistenza pubblica e la titolarità di un assicurazione sanitaria idonea a coprire le spese sanitarie (3). Per i familiari di tali cittadini non aventi la cittadinanza di uno Stato membro resta, invece, l obbligo di richiedere alla Questura un titolo di soggiorno: qualora essi dimostrino il diritto al soggiorno del loro familiare comunitario, oltre al legame familiare, verrà loro rilasciata una carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell Unione valida per cinque anni. N.B. Le Questure richiedono al familiare del cittadino comunitario anche di dimostrare la legalità del proprio soggiorno, ad esempio dimostrando di essere legalmente entrati in Italia in forza di un visto. Nel caso in cui il familiare non possa dimostrare la legalità del proprio soggiorno in Italia, negano il rilascio della carta di soggiorno. Questa prassi, che pure trova fondamento nell art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 30 del 2007, che richiede al fine del rilascio della carta di soggiorno, la produzione del visto di ingresso, ove richiesto appare di dubbia legittimità alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. sentt. Carpenter, MRAX, Commissione c. Spagna, Jia).
4 Che cosa succede se il Comune, nel corso del procedimento di iscrizione, accerta la mancanza delle condizioni per il soggiorno superiore a tre mesi? In tal caso, l Ufficio Anagrafe adotta un provvedimento di rifiuto dell iscrizione contro il quale è ammesso ricorso al Tribunale in composizione monocratica ai sensi dell art. 8 del decreto legislativo n. 30/2007. c) A che cosa ha diritto il cittadino comunitario che abbia i requisiti per soggiornare per un periodo superiore ai tre mesi? Il cittadino dell'unione che abbia i requisiti per soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi gode del diritto alla parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani, non solo in ambito lavorativo, ma in tutti gli ambiti, compresi quelli relativi alle diverse prestazioni sociali. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno. * * * * * * * * * * * * PERDITA DEL DIRITTO AL SOGGIORNO PER VENIR MENO DEI REQUISITI DI LAVORO E DI REDDITO O PER IL VENIR MENO DEL LEGAME FAMILIARE. ECCEZIONI. L art. 13 del d. lgs. n. 30 del 2007 subordina il mantenimento del diritto al soggiorno dopo i primi tre mesi al mantenimento dei requisiti di lavoro, reddito e del legame familiare. In altre parole, la regola è che quando tali requisiti vengono meno il cittadino comunitario ed i suoi familiari potrebbero essere allontanati dal territorio italiano. Esistono, tuttavia, delle importanti eccezioni a tale regola, stabilite dall art. 7, 11 e 12 del medesimo decreto legislativo, per i lavoratori e i familiari dei cittadini comunitari A. ECCEZIONI RELATIVE AI LAVORATORI. L art. 7 del d. lgs. n. 30 del 2007 prevede che il cittadino dell'unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno quando: - e' temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio; - e' in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver esercitato un'attività lavorativa per oltre un anno nel territorio nazionale ed e' iscritto presso il Centro per l'impiego, ovvero ha reso la dichiarazione che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa; - e' in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si e' trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, e' iscritto presso il Centro per l'impiego ovvero ha reso la dichiarazione che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. In tale caso, l'interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno; - segue un corso di formazione professionale. B. ECCEZIONI RELATIVE AI FAMILIARI ECCEZIONE N. 1. Mettiamo che il cittadino comunitario che si sia spostato con la sua famiglia in Italia decida di tornarsene nel suo Paese, ma i suoi familiari non ritengano di accompagnarlo. L art. 11 stabilisce che tali familiari possono mantenere il loro diritto al soggiorno, se - hanno acquisito il diritto al soggiorno permanente ovvero - lavorano o hanno risorse sufficienti. ECCEZIONE N. 2. Mettiamo che deceda il cittadino comunitario che si sia spostato in Italia con la sua famiglia. In tal caso, sempre l art. 11 stabilisce che i familiari possono mantenere il loro diritto al soggiorno, se - hanno risieduto in Italia almeno un anno prima del decesso del cittadino comunitario ovvero - hanno acquisito il diritto al soggiorno permanente ovvero - lavorano ovvero hanno risorse sufficienti. ECCEZIONE N. 3. Mettiamo che il cittadino comunitario che si sia spostato in Italia con il proprio coniuge divorzi o ottenga l annullamento del matrimonio. In questo caso, il coniuge non comunitario manterrà il diritto al soggiorno qualora - abbia acquisito il diritto al soggiorno permanente; ovvero - lavori o abbia risorse sufficienti; - il matrimonio e' durato almeno tre anni, di cui almeno un anno nel territorio nazionale, prima dell'inizio del procedimento di divorzio o annullamento; - il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto l'affidamento dei figli del cittadino dell'unione in base ad accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria; - il coniuge risulti parte offesa in procedimento penale, in corso o definito con sentenza di condanna, per reati contro la persona commessi nell'ambito familiare; - il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro benefici di un diritto di visita al figlio minore, a condizione che l'organo giurisdizionale ha ritenuto che le visite devono obbligatoriamente essere effettuate nel territorio nazionale, e fino a quando sono considerate necessarie. Ad ogni modo, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, l eventuale decisione di allontanamento del cittadino comunitario e/o del familiare di questi può essere presa soltanto a seguito di un giudizio di proporzionalità, in cui devono considerarsi l inserimento del cittadino comunitario o del suo familiare in Italia, i legami residui con il Paese di origine o di provenienza, la temporaneità dello stato di difficoltà. III. DIRITTO DI SOGGIORNO PERMANENTE. Chi ha diritto al soggiorno permanente?
5 Hanno diritto a vedersi riconosciuto il diritto al soggiorno permanente: a) il cittadino dell Unione e i suoi familiari che abbiano soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni in Italia; b) il lavoratore subordinato o autonomo che raggiunga l età pensionabile o venga prepensionato, dopo tre anni di soggiorno; c) il lavoratore subordinato o autonomo che cessi di esercitare l attività professionale a causa di una sopravvenuta incapacità lavorativa permanente, dopo due anni di soggiorno,. Ai fini del calcolo dei cinque anni va considerato anche il periodo di soggiorno regolare precedente l entrata in vigore del decreto legislativo. In questo caso la data di decorrenza coincide con la data d inizio validità del titolo di soggiorno (permesso o carta di soggiorno) già posseduto dall interessato. La continuità del soggiorno non viene interrotta da: - assenze che non superino complessivamente sei mesi l'anno; - assenze di durata superiore a sei mesi per l'assolvimento di obblighi militari; - assenze fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo. Il diritto di soggiorno permanente si perde, invece, in ogni caso a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi. Formalità amministrative I cittadini comunitari che si trovino in una di queste condizioni hanno diritto ad ottenere dal Comune di residenza un attestato che certifichi la sua condizione di titolare del diritto di soggiorno permanente, mentre ai loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che abbiano maturato il diritto al soggiorno permanente sarà rilasciata dalla Questura una Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei. Che cosa significa diritto al soggiorno permanente? Come si è visto, il diritto al soggiorno in Italia dei cittadini comunitari per un periodo superiore a tre mesi non è incondizionato. Infatti, il cittadino comunitario deve dimostrare o di lavorare o di possedere risorse sufficienti. Qualora questi requisiti vengano meno, egli potrà essere allontanato. Il principale vantaggio che concede il riconoscimento del diritto al soggiorno permanente è che da quel momento, il cittadino comunitario, così come i suoi familiari, potranno fermarsi in Italia, anche qualora i requisiti di reddito e di lavoro vengano meno. Ma non è tutto. Il titolare del diritto al soggiorno permanente è altresì più difficilmente espellibile per ragioni di ordine pubblico. IV. ACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA PER NATURALIZZAZIONE La cittadinanza italiana per naturalizzazione può essere concessa al cittadino di uno Stato membro dell Unione europea che risieda legalmente in Italia da 4 anni, anziché da 10, come per i cittadini non appartenenti alla Comunità. * * * * * * * * * * * * ALLONTANAMENTO DEL CITTADINO COMUNITARIO O DEL SUO FAMILIARE. Ai sensi dell art. 20 del d. lgs. n. 30 del 2007, i cittadini comunitari e i membri della loro famiglia possono essere fatti oggetto di un provvedimento di espulsione soltanto in ipotesi di estrema gravità, per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza pubblica. In particolare, i provvedimenti di allontanamento non possono essere motivati dalla semplice esistenza di condanne penali, ne sulla base di pericoli per l ordine pubblico o la sicurezza dello Stato che non siano correlati al comportamento personale, ne dall insorgenza di patologie successiva al rilascio della carta di soggiorno. Nel decidere sull'adozione un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, si deve rispettare il principio di proporzionalità bilanciando, da un lato, la gravità della minaccia posta dal cittadino comunitario o dal suo familiare, dall altro, la durata del soggiorno in Italia dell'interessato, l età, lo stato di salute, la situazione familiare e economica, l integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell'importanza dei legami con il Paese d'origine. CASI IN CUI IL POTERE DI ALLONTANAMENTO È ANCORA PIÙ LIMITATO. Quando il cittadino comunitario o i suoi familiari siano divenuti titolari del diritto al soggiorno permanente, l allontanamento può essere disposto in ipotesi ancora più eccezionali, dovendo ricorrere gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica. Ancora più limitate sono le ipotesi in cui può farsi ricorso ad un provvedimento di allontanamento qualora il cittadino comunitario abbia soggiornato nel territorio italiano per i precedenti dieci anni (4) ovvero sia minorenne. In tal caso, il provvedimento di allontanamento può essere adottato solo per motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato, salvo che l allontanamento sia necessario nell interesse del minore. * * * * * * * * * * * * LE RESTRIZIONI DI ACCESSO AL MERCATO DEL LAVORO ATTUALMENTE IN VIGORE PER I CITTADINI PROVENIENTI DAI NUOVI STATI MEMBRI. Le restrizioni all accesso al mercato del lavoro italiano inizialmente previste per i lavoratori provenienti dalla Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Slovacca, Slovenia e Ungheria sono venute meno in data 27 luglio 2006 (cfr. Circolare del Ministero del lavoro 31 luglio 2006, n. 21).
6 Le limitazioni al libero accesso al mercato del lavoro previste per i cittadini rumeni e bulgari cessano il 31 dicembre 2007 (cfr. Circolare dei Ministeri della Solidarietà Sociale e dell Interno n. 2 del 28 dicembre 2006). Note: (1) Deve essere segnalato che, almeno fino al 31 dicembre 2007, il Ministero della Salute non ha ritenuto di avere altri obblighi nei confronti dei cittadini comunitari oltre quelli discendenti dal diritto comunitario. Il diritto alle cure urgenti ed essenziali, riconosciuto ai cittadini extracomunitari, non è quindi stato considerato automaticamente estensibile anche ai cittadini comunitari non iscrivibili all anagrafe, benché tale diritto debba essere considerato nucleo essenziale del diritto costituzionale alla salute spettante ad ogni individuo che si trova sul nostro territorio. Il Ministero si è limitato a riconoscere, da un lato, la proroga dell'uso del codice STP per cure urgenti ed essenziali, ancorché continuative, per l anno 2007, a favore dei soli cittadini bulgari e romeni che ne erano in possesso al 31 dicembre 2006, dall altro, la garanzia delle prestazioni sanitarie indifferibili ed urgenti (ma non essenziali) ai soggetti che non risultano essere assistiti dal Paese di provenienza e in condizioni di indigenza. (2) Per i minori comunitari presenti sul territorio nazionale, non accompagnati dai genitori o da chi esercita la patria potestà, si procede all iscrizione anagrafica sulla base della decisione dell Autorità giudiziaria minorile che ne dispone l affidamento o la tutela (3)Soddisfano il requisito della copertura sanitaria anche i certificati E106, E120, E121, E109, mentre la TEAM non può essere considerata sostitutiva dell assicurazione sanitaria. (4) Si ricorda che bastano 5 anni di residenza continuativa per ottenere il diritto al soggiorno permanente
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