Il Pensiero teologico di Paolo
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- Emilia Salvatore
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1 Il Pensiero teologico di Paolo Bibliografia G.BARBAGLIO, Il pensare dell apostolo Paolo, Bologna, EDB, 2004 ID., La teologia di Paolo, abbozzi in forma epistolare, Bologna, EDB, 2001 J.D.G. DUNN, La teologia dell apostolo Paolo. Introduzione allo studio della Bibbia, vol. V, Brescia, Paideia, 1999 H.HUBNER, Teologia biblica del Nuovo Testamento, 2, La teologia di Paolo, Brescia, Paideia, 1999 A. PITTA, Paolo la Scrittura e la legge. Antiche e nuove prospettive, Bologna, EDB, 2008 H.SCHLIER, Linee fondamentali di una teologia paolina, Brescia,Queriniana, 2004 N.B. Gli autori e le relative opere scritti in neretto devono essere consultati dagli studenti 1. Introduzione La discussione (partita praticamente da Lutero in poi) intorno al problema se il pensiero teologico di Paolo fosse frammentato o avesse un centro, è ancora aperta e forse lo sarà ancora a lungo: tali e tanti sono infatti i temi che Paolo sviluppa teologicamente nelle sue lettere. Abbiamo infatti temi di cristologia, di soteriologia, ecclesiologia, escatologia, ecc. Di una cosa tuttavia possiamo essere assolutamente sicuri: alla base di tutto c è l esperienza di Damasco, l incontro con il Cristo. Paolo non di rado è stato accusato di essere stato l inventore del cristianesimo (cf. l esegesi liberale e razionalistica protestantica che fino alla metà del secolo appena trascorso ha avuto un grande influsso nello studio della letteratura paolina e da cui in massima parte dipende anche l approccio ebraico a Gesù oggi). Lo abbiamo già visto. E vero invece il contrario: è stato l evento di Damasco, così spesso raccontato e ripensato da Paolo nelle sue lettere 1, che ha portato l apostolo al pensiero cristiano. Egli certamente gli ha dato forma e sistematizzazione teologica. Esiste un centro nel pensiero teologico di Paolo? A partire dalla visione di Gesù, l Apostolo interpreta quell evento come una chiamata e al tempo stesso gli è donata la chiara percezione della portata dirompente di Gesù Cristo, il quale per la sua identità messianica, diversamente concepita in rapporto alle premesse giudaiche, va a ridefinire sia la fede in Dio, sia l idea di storia della salvezza, sia l idea di uomo, di comunità, di speranza, ecc. Non c è dubbio che proprio la figura di Gesù Cristo costituisce il punto focale dell universo concettuale di Paolo come lo è della sua stessa vita. 2 Gesù è il Cristo, cioè il Messia: ciò cambia l ordine delle cose, il rapporto con Dio, con l uomo e con l universo, ciò dà fondamento alla ecclesìa, dona l avvio alla escatologia, fonda l antropologia salvifica. L elenco non è esaustivo, ma è certamente sfaccettato. Il problema è sapere se dentro questa sfaccettatura ci sia un centro e quale esso sia. Alcuni studiosi sottolineano il valore della teologia della Croce, altri la dimensione apocalittica della rivelazione di Dio in Cristo Gesù o ancora la costante tensione verso orizzonti universalistici. 1 1Cor, 15,8-11; Gal, 1,15-16; Fil, 3,7. Da notare che le riletture dell evento damasceno sono sempre precedute dal ricordo del passato giudaico e da quello di persecutore della Chiesa. 2 R. PENNA, Dio e l uomo redento: una nuova relazione, in VITA PASTORALE, gennaio 2006, pag
2 Negli studi odierni le accezioni sono diverse. C è chi focalizza l attenzione sull identità cristiana, nel senso di cogliere quale tipo di relazione determini il rapporto dell uomo redento con Dio. In pratica, secondo alcuni, come il Dunn e Hubner, Paolo, al centro del suo pensiero teologico, viene a definire il significato dell essere cristiano. Lo vedremo meglio in seguito. E qui si affrontano due posizioni. La prima è la tesi luterana classica che sostiene la centralità della giustificazione per mezzo della fede: il cristiano è uno che Dio rende giusto in base al fatto che egli crede e cioè si affida completamente alla sua grazia (linguaggio giuridico). La seconda, sostenuta anche all interno dello stesso protestantesimo, punta piuttosto sulla decisività di una personale partecipazione o comunione con Cristo ( linguaggio mistico ). La differenza tra i due punti di vista non è secondaria. Il primo sembra considerare le cose da un punto esteriore tale da lasciare ciascuno dei due poli ( Dio/Cristo e il credente) sul loro rispettivo versante come quando Paolo scrive: Riteniamo che per fede venga giustificato un uomo, senza opere di legge 3. Il secondo supera invece le distanze e sottolinea la decisività di una comunione, se non di una interpenetrazione dei soggetti, come quando Paolo scrive: Non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me 4. La dualità presentata non si spiega in definitiva se non si tiene conto di un altra precedente duplicità di fondo. Si deve cioè tenere conto del duplice concetto di peccato ( mart a) che Paolo utilizza. Il primo concetto consiste nel considerare il peccato come una semplice trasgressione individuale della legge. Il secondo consiste nel considerare il Peccato come una entità personificata o collettiva, attiva e potente. Esso domina e schiavizza ogni uomo, ed è precedente alla legge. E per questo che Paolo ritiene che le metafore giuridiche connesse con la giustificazione (legge, comandamenti, trasgressioni, giustizia, giustificare, giusto, fede) non siano sufficienti a spiegare l intera realtà cristiana. Per cogliere appieno la prospettiva paolina sui fondamenti dell identità cristiana bisogna prestare attenzione anche alle metafore mistiche o partecipative (morire con Cristo, vivere in Cristo, essere in Lui, Cristo vive in me ). Tuttavia non bisogna contrapporre i due aspetti: si avrebbe una lettura parziale della teologia paolina. Bisogna pertanto ammettere che per Paolo non ci sarebbe partecipazione se non ci fosse giustificazione. Vedremo infatti, in fase esegetica, come le due cose siano armonizzate: questo appare evidente in modo particolare nella lettera ai Galati e soprattutto in quella ai Romani, anche se 1Cor e la stessa 1Tes già preparano il terreno a questa completa ed unitaria visione paolina. Per questo motivo si possono vedere nella letteratura paolina quasi due forme di linguaggio: una di natura giuridica (giustificazione mediante la fede: di p stewj) ed un altra di natura mistica che utilizza n (in Lui, nella sua morte, vivere per Dio in Lui, ecc). I due versanti linguistici vanno armonizzati e messi in rapporto tra di loro: infatti è certo che per l apostolo non è possibile vivere in Cristo, senza essere diventati prima giusti per fede. 5 Bisogna tenere conto per altro che la giustificazione per fede è data da Dio per mezzo di Cristo 6. Hans Hubner 7, nella sua lettura teologica del pensiero di Paolo, riesce, in parte, a coniugare ambedue gli aspetti in una sintesi che, tuttavia non ha avuto grande accoglienza specialmente tra gli studiosi di lingua italiana.. Egli, come articolazione ermeneutica, si serve ampiamente del metodo retorico. 3 Rom 3,20. 4 Gal 2,20. 5 Romano PENNA, o.c. 6 Rom 3,26 7 H.HUBNER, Teologia biblica del Nuovo Testamento,2. La teologia di Paolo, Brescia Paideia,
3 Tuttavia la tendenza che sembra essere dominante oggi è quella di cercare un unità tra i diversi centri individuati nel pensiero teologico di Paolo, come, per esempio fa il Barbaglio. Ma cosa significa per Paolo fare teologia? Pensare teologicamente, per Paolo significa argomentare in modo teologico. Egli scrive, argomentando teologicamente, a comunità che già sono cristiane perciò esige che il lettore pensi in modo teologico insieme a lui, che colga in modo riflessivo almeno ciò che egli presenta argomentando. Se si guarda da questo punto di vista l epistolario, allora le lettere non sono semplicemente missionarie, ma, pur trattando argomenti pertinenti alle situazioni delle comunità stesse, hanno sempre un risvolto teologico argomentativo. Sono, in altre parole, i problemi interni alle singole comunità cristiane ad avere bisogno, per un verso o per un altro, della parola apostolica e dunque anche della riflessione teologica. Paolo argomenta con la Scrittura: questo è un elemento costitutivo per l argomentazione teologica delle lettere paoline. Proprio nei punti cruciali il ricorso alla Scrittura è di importanza fondamentale per il suo argomentare teologico. Egli adduce prove scritturistiche, dunque si serve dell indiscussa ed incontestata autorità della Scrittura adottando anche il metodo della retorica 8. Quella di Paolo, come osserva Ubner, inoltre è una teologia in divenire che va intesa come sviluppo progressivo di un qualcosa che era stato pensato ed esposto in precedenza. Come vedremo più sotto, questa visione è fortemente messa in discussione negli studi più recenti.. Un esempio tipico di questo modo di pensare di Paolo teologo è il rapporto tra la lettera ai Galati e quella ai Romani. Quest ultima, secondo molti esegeti, appare come uno sviluppo progressivo rispetto a Galati. Sembrerebbe che la lettera ai Romani si presenti come risultato della storia degli effetti della lettera ai Galati. Addirittura alcuni pensano che Romani sia una revisione dell argomentazione sviluppata in Galati, una volta visti gli effetti e l incidenza che quest ultima lettera ha avuto nell ambito delle comunità paoline. Oggi questo dato sembra ormai acquisito. A questo punto è forse necessario stabilire la cronologia delle lettere autenticamente paoline. In ordine cronologico sono presentate come lettere autentiche: 1 Tess., Gal., 1 e 2 Cor., Rom. L ordine cronologico di Filippesi e Filemone, anch esse autentiche, non può essere stabilito con certezza. Ma più che la cronologia assoluta, secondo Hubner, è importante quella relativa, soprattutto per quanto riguarda la priorità data ai Galati rispetto alla corrispondenza corintiaca. La lettera ai Galati, afferma questo autore luterano, mostra infatti un Paolo argomentante in maniera fortemente rigida rispetto al tema della legge e della circoncisione e quindi della giustificazione, mentre questa rigidità si va via via attenuando nelle lettere ai Corinti (soprattutto la prima) fino a scomparire quasi del tutto nella lettera ai Romani. Sembrerebbe che Paolo su certe questioni diventi più tollerante. Non si può allora collocare 1 Cor prima di Galati: verrebbe a mancare una certa continuità evolutiva nel pensiero teologicamente argomentante di Paolo. Avremmo infatti una strana successione: una visione di più larghe vedute prima (cf 1 Cor 8), una intransigente nella lettera ai Galati, ed infine una revisione nella lettera ai Romani. Tenendo conto dello sviluppo del pensiero di Paolo tutto sarebbe più facile se si mantenesse il seguente ordine cronologico: 1Tess, Gal, 1 e 2 Cor, Rom. Hubner arriva ad osservare che la teologia di Paolo è sempre in divenire. Questa tesi tuttavia non ha riscosso molto successo. Oggi non si guarda più tanto allo sviluppo del modo argomentante dell apostolo. Infatti, come fa osservare il Barbaglio, non è facile precisare i termini dell evoluzione del pensiero paolino, se non conosciamo con 8 ID., o.c., pag
4 chiarezza l ordine di successione delle sue lettere 9. L ordine che propone Sanchez Caro, per esempio è il seguente: 1Tess.; 1Cor; 2Cor (con ogni probabilità); Galati; Romani. Si discute circa la successione delle lettere cosiddette della prigionia, durante la quale furono composte le lettere ai Filippesi e a Filemone. Infine avremmo le lettere pastorali, 1 e 2 Timoteo, Tito che se fossero sicuramente paoline sarebbero certamente posteriori a tutte le altre. Come d altra parte incerte appaiono, nell ordine, le cosiddette lettere deuteropaoline (pastorali escluse), e cioè Colossesi, Efesini, 2 Tess 10. Il nostro autore vi arriva attraverso un analisi interna. Tale successione sembra essere oggi la più accettata, anche perché Paolo non ha un pensiero fisso che intende svolgere, quasi come un trattato teologico a puntate sparso nel suo epistolario, ma risponde teologicamente a situazioni concrete delle sue comunità. Certo, tuttavia, la comunità di Roma non appartiene, a livello di paternità, a Paolo: il fatto che egli abbia indirizzato ad essa la lettera teologicamente più rilevante ha delle motivazioni che meritano di essere trattate a parte. C è infine da tenere conto che ad influenzare il pensiero argomentante di Paolo ci sono stati almeno tre eventi importanti. Il primo, senza dubbio, è stato la chiamata a diventare apostolo avvenuta sulla via di Damasco. Il secondo è la partecipazione appassionata a quello che può essere definito il sinodo di Gerusalemme sulla missione ai pagani. Il terzo, certamente il più doloroso e drammatico, fa riferimento al factum antiochenum come lo chiama H. Hubner 11. Su questi eventi siamo particolarmente informati dalla lettera ai Galati, cap 1 e 2. Dalla narrazione che l apostolo mostra circa il sinodo gerosolimitano, si può dedurre che egli sia incorso in una specie di autoinganno. Nel cap 2 della lettera ai Galati l apostolo ci fa un dettagliato resoconto delle discussioni sorte a Gerusalemme sul tema proposto della missione ai pagani. Ci dice anche dell accordo preso con le autorità della chiesa. E lo fa con l intento dichiarato di mostrare queste persone come testimoni delle dichiarazioni che farà nell argomentazione teologica della lettera (3,1-5,12), dichiarazioni fortemente critiche, addirittura antinomistiche, nei confronti della legge. E evidente che quelli di Gerusalemme, e soprattutto quelli che Paolo chiama colonne non avrebbero condiviso una teoria sulla legge così come è presentata da Paolo in Galati. Paolo deve avere interpretato male il loro assenso che in realtà, dice Hubner, era dato solo per la sospensione della legge riguardante la circoncisione nei confronti dei pagani convertiti. Paolo invece lo avrebbe inteso come esenzione totale dalla legge e in tal maniera, di conseguenza, si comportava. Prima dell incontro con Cristo Paolo tiene sempre a ricordare il suo acceso amore per la legge. Vedeva i cristiani come giudei traditori della legge. Per questo ne divenne persecutore. L evento di Damasco cambiò tutto in modo radicale tanto che può essere chiamato come il momento in cui nasce per Paolo la libertà teologica dalla legge, per quanto in maniera embrionale. Si può affermare, continua Hubner forse un po esageratamente, che la chiamata di Paolo non può essere vista in maniera separata dalla questione sulla legge. Se questa supposizione è esatta, allora si può capire perché in occasione del factum antiochenum 12 era inevitabile che scoppiasse lo scandalo. Entrambi i gruppi ritenevano di avere perfettamente ragione. Giacomo informato del fatto che ad Antiochia giudeo-cristiani ed etnico-cristiani prendevano i pasti in comune, si sentì offeso: concedere che la missione ai gentili non comportasse l obbligo della circoncisione, non significava certo che gli etnico-cristiani potessero indurre i giudeo-cristiani ad apostatare la legge, nel caso specifico le prescrizioni alimentari. Agli occhi di Giacomo infatti al sinodo si era parlato solamente di circoncisione. Ai pagani che volevano farsi cristiani-e solo ad essi- era stata 9 BARBAGLIO, Il pensare dell apostolo Paolo, pag J.SANCHEZ CARO, Scritti paolini, pag H.HUBNER, o.c., pag 40 e seg. 12 Galati 2,11 e seg
5 fatta quest unica concessione. Tale argomentazione, sostenuta dalle persone mandate da Giacomo ad Antiochia, dovette convincere sia Pietro che Barnaba, ed infine l intera comunità. Da parte sua Paolo non riusciva o si rifiutava di capire, convinto di essere stato approvato al sinodo di Gerusalemme. La conseguenza fu certamente tragica per lui che si trovò completamente isolato. Ma nonostante il vivace scontro con Pietro e Barnaba, in seguito Paolo continuò a sentirsi in comunione con la comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme. Questo emerge chiaramente dalla stessa lettera ai Galati, altrimenti l argomento portato in essa sarebbe privo di fondamento. Paolo non rompe mai la comunione ecclesiale, anche se sulla questione della legge ha le idee abbastanza chiare che tuttavia, nel processo teologico che si evidenzia in 1 Cor e soprattutto nella lettera ai Romani, si chiariscono ulteriormente e si ammorbidiscono raccogliendo gli effetti e l impatto che la lettera ai Galati ha avuto sulle comunità ecclesiali. La questione sulla legge è in stretto rapporto con la giustificazione per fede, questa a sua volta non può non riguardare la situazione del popolo della prima alleanza e il rapporto con le autorità ecclesiali di Gerusalemme (giudeo-cristiani). Se le cose stanno così, viene da chiedersi se sono questioni che a noi oggi interessano, o ci assillano teologicamente, esistenzialmente o pastoralmente. Non ci appare questo tipo di teologia appartenere al suo tempo? Quale cristiano oggi è disposto a farsi circoncidere, come un tempo i Galati? Quale cristiano oggi desidera osservare la legge di Mosè per presentarsi giusto davanti a Dio? C è dunque da chiedersi se la teologia paolina non implichi anche una teologia che per noi oggi possa svelarci qualcosa di esistenzialmente importante e significativo dal punto di vista cristiano. La risposta a questa domanda così decisiva non può non venirci che dallo studio delle lettere dell Apostolo e soprattutto dalle risposte che egli offre alle varie problematiche delle comunità alle quali scrive
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