CENNI IN TEMA DI AFFIDAMENTO CONDIVISO DEI FIGLI Chiara Masera

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1 CENNI IN TEMA DI AFFIDAMENTO CONDIVISO DEI FIGLI Chiara Masera La Legge 8 febbraio 2006, n. 54 ha introdotto nel nostro ordinamento alcune Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli che hanno apportato modifiche importanti sia al codice civile che al codice di procedura civile, in materia di diritto di famiglia ed in particolare, per quanto qui interessa, in tema di affidamento dei minori in caso di scioglimento della famiglia. Prima dell entrata in vigore della citata legge, la normativa era caratterizzata dalla regola generale della distinzione tra titolarità ed esercizio della potestà genitoriale in capo ad entrambi i genitori (c.d. bigenitorialità) quando la famiglia è unita ed esercizio esclusivo di tale potestà da parte del genitore affidatario (affidamento esclusivo: c.d. monogenitorialità), quando la famiglia si scioglie. Tale impostazione, che ha sempre privilegiato la stabilità e la certezza di riferimenti per il minore rappresentate dall affidamento ad un solo genitore era già stata in parte messa in discussione/temperata dall introduzione dei due istituti (con la riforma contenuta nella L. 6 marzo 1987 n. 74, contenente Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio ) dell affidamento congiunto e dell affidamento alternato, istituti che esprimono, seppur con modalità differenti il principio della bigenitorialità, nell interesse del minore, anche in caso di scioglimento della famiglia. Solo un accenno ai due menzionati istituti, prima di passare all esame del nuovo istituto dell affidamento condiviso; l affidamento congiunto consiste nell attribuzione stabile ad entrambi i coniugi dell esercizio della potestà in regime di comune accordo: presupposto di tale forma di affidamento è che il minore, pur convivendo con uno solo dei genitori, sia affidato anche all altro, cosicché entrambi abbiano l esercizio della potestà sullo stesso. L affidamento alternato si caratterizza per il fatto che il minore trascorra periodi pressochè identici ora con l uno ora con l altro genitore, in modo che, astrattamente, in funzione del periodo di affidamento, ogni genitore abbia l esercizio esclusivo della potestà sul minore. Presupposto di tali forme di affidamento è sempre stato ravvisato nella assenza di conflittualità insanabili tra i genitori, ovvero nel permanere di un armonia tra gli stessi, presupposti che, vista la frequente conflittualità che si sviluppa in caso di separazione, raramente sono stati ritenuti in pratica sussistenti, rendendo pertanto l applicazione di tali istituti eccezione alla regola dell affidamento esclusivo. Il principio dell affidamento condiviso, introdotto dalla citata L. 54/2006, in vigore dal 16 marzo 2006, è delineato nelle previsioni contenute negli artt. 155, così come riformato dalla citata legge e 155 bis sexies c.c., di nuova introduzione (per la lettura del testo integrale delle norme si può consultare In attesa di poter apprezzare l interpretazione giurisprudenziale di tali norme e soprassedendo in questa sede dall analizzare le molteplici critiche (per lo più fondate) che sono state mosse alle stesse, tanto dalla più autorevole dottrina quanto dagli stessi magistrati intervenuti in diversi convegni, sia sotto il profilo sostanziale che processuale, si cercherà qui di seguito di elencare sinteticamente le novità introdotte dalle medesime, segnalando come aperti alcuni interrogativi che diverse espressioni contenute nella legge non chiariscono: La regola e l eccezione

2 il principio fondante della nuova normativa è espresso dal I comma del nuovo art. 155 c.c. e consiste nel diritto del figlio minore, anche in caso di scioglimento della famiglia, alla c.d. bigenitorialità piena, ovvero al diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori ed altresì di mantenere rapporti significativi con i nonni e con i parenti di ciascun ramo genitoriale; tale principio trova come corollario indispensabile la previsione contenuta nel II comma dello stesso articolo, ovvero che il giudice che pronuncia la separazione e che si trova ad adottare i provvedimenti relativi alla prole, nel precipuo interesse morale e materiale della stessa, deve valutare prioritariamente la soluzione che porta all affidamento ad entrambi i genitori; ne consegue che si è invertito rispetto al passato il rapporto regola-eccezione tra affidamento esclusivo e affidamento congiunto: ora la regola generale è quella dell affidamento ad entrambi i genitori/condiviso e solo quando l interesse del minore lo richieda il giudice potrà disporre, su richiesta di uno dei genitori o anche d ufficio, con provvedimento motivato, l affidamento ad uno solo dei genitori (combinato disposto degli artt. 155 I e II comma c.c. e 155 bis c.c.); si osserva che l art. 155 bis c.c. pur precisando che ciascuno dei genitori può richiedere l affidamento esclusivo, quando lo ritenga nell interesse del minore, tenta di scoraggiare la proposizione di routine di tale domanda, aggiungendo che se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell interesse dei figli, richiamando inoltre la sanzione prevista dall art. 96 c.p.c. per la lite temeraria; se invece il giudice verifica la sussistenza del dedotto interesse del minore ad un affidamento esclusivo, disporrà per lo stesso, curando per quanto possibile di stabilire modalità che permettano al minore di mantenere rapporti significativi con l altro genitore e con i nonni; come è evidente nel nuovo impianto normativo, la motivazione che il giudice sarà tenuto a fornire per decidere nel senso di un interesse del minore ad un affidamento esclusivo acquista un importanza decisiva, anche, è immaginabile, nell ottica di eventuali reclami avverso tale decisione o ancora nell ottica di una successiva richiesta di revisione delle disposizioni concernenti l affidamento dei figli, ai sensi dell art. 155 ter c.c.; l art. 155 sexies c.c. prevede infine che il giudice, prima dell emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all art. 155 c.c. (quindi pare di poter ritenere relativi solo ai figli), può assumere, ad istanza di parte o anche d ufficio, mezzi di prova (verosimilmente in relazione ad aspetti sia personali dei genitori e dei figli che patrimoniali); di più delicata interpretazione è la previsione, sempre contenuta nell art. 155 sexies c.c. che il giudice dispone, inoltre, l audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. L utilizzo da parte del legislatore del presente indicativo dispone se da alcuni, per il momento, è stata interpretata come può disporre, lasciando discrezionalità al giudice sul se e quando poter procedere alla stessa, da altri è stata ritenuta una precisa scelta del legislatore, in applicazione delle convenzioni internazionali in materia (in particolare la Convenzione di

3 New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 e la Convenzione europea sull esercizio dei diritti dei bambini, adottata a Strasburgo il 25 gennaio 1996) di adottare lo strumento dell audizione personale e diretta come un passaggio obbligato per il giudice prima dell assunzione di qualsiasi provvedimento. Questa seconda interpretazione, sicuramente conforme al dettato normativo, creerebbe peraltro seri problemi in relazione alla durata dei giudizi ed all organizzazione degli uffici giudiziari, soprattutto in relazione alle necessarie e complesse modalità da utilizzare per tutelare l interesse del minore. Non resta che verificare in concreto come si assesterà l interpretazione giurisprudenziale sul punto dell an e del quando dovrà verificarsi tale audizione. L accordo dei genitori e la mediazione familiare Importante è la previsione contenuta nel II comma dell art. 155 c.c. secondo la quale il giudice prende atto, se non contrari all interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori (prendere atto pare significare non certo da parte del giudice dover tener conto/adottare il contenuto dell accordo dei genitori, quanto prendere in seria considerazione tali accordi e decidere difformemente solo ove possa ravvisare l esistenza di diverse scelte capaci di realizzare ancor meglio l interesse del minore); gli accordi dei genitori dovranno avere ad oggetto sia l affidamento dei figli (sia quello condiviso, sia eventualmente le ragioni giustificative di una richiesta di affidamento esclusivo ad uno di essi), sia i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore, sia la regolamentazione degli aspetti economici. L importanza del raggiungimento di un accordo dei genitori, al fine di un positivo funzionamento in concreto dell affidamento condiviso, è ulteriormente confermata dall introduzione nel nostro ordinamento, con il II comma dell art. 155 sexies c.c., del riconoscimento dell istituto della mediazione familiare. Tale norma prevede che il giudice qualora ne ravvisi l opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, possa rinviare l adozione dei provvedimenti di cui all art. 155 c.c. per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell interesse morale e materiale dei figli. Si discute sotto tale profilo sul quando del tentativo di mediazione, ovvero se sia o meno possibile/opportuno (anche in termini di tempi processuali) che lo stesso possa essere svolto ancor prima che vengano assunti i provvedimenti presidenziali o se sia preferibile che lo stesso venga effettuato dopo lo svolgimento dell udienza presidenziale. La disciplina dell affidamento condiviso I contenuti principali del nuovo concetto di affidamento condiviso sono previsti nel II e III comma dell art. 155 c.c. Innanzitutto il giudice deve determinare i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore ; superata la terminologia del diritto di visita, che presuppone la posizione di disparità propria dei regimi di affido esclusivo, spetta in ogni caso al giudice (meglio se supportato dagli accordi già raggiunti dai genitori) determinare le modalità che permettano una ripartizione dei tempi e delle attività del minore da condividersi con i due genitori che garantiscano al medesimo di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi.

4 Maggiori problemi, soprattutto di carattere pratico/organizzativo per il potenziale incremento di contenzioso che sarebbe in grado di ingenerare, potrebbero derivare dal disposto del III comma dell art. 155 c.c. che, dopo aver enunciato il principio fondante della nuova normativa in base al quale la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori, prosegue prevedendo differenti discipline riguardo alle c.d. decisioni di maggior interesse per i figli e alle c.d. decisioni di ordinaria amministrazione. Per quanto concerne le prime è previsto che le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all istruzione, all educazione e alla salute sono assunte di comune accordo, tenendo conto delle capacità, dell inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli e che in caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. A questo proposito si auspica da più parti che tali decisioni di maggior interesse, la cui decisione in caso di disaccordo dovrebbe spettare al giudice, siano interpretate in senso rigoroso e restrittivo, sia per non svuotare di contenuto l esercizio della potestà genitoriale, in contrasto con la normativa che tende invece a richiamare i genitori alla piena e paritaria corresponsabilità sia per non gravare in modo eccessivo i tribunali con le conseguenze di inevitabili ritardi e mancanza di tempestività. Per le questioni c.d. di ordinaria amministrazione il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Dal tenore letterale della norma pare dunque potersi desumere che, quando non vi sia accordo tra i genitori sulle questioni quotidiane di ordinaria amministrazione (anche in questo caso è auspicabile al più presto l individuazione giurisprudenziale delle questioni che possono essere ricondotte in tale categoria), le stesse non possano essere rimesse al giudice, il quale ha solo il potere di attribuire questa porzione della potestà genitoriale ad uno solo dei genitori, riconoscendo quindi l impossibilità degli stessi di gestire tali aspetti in maniera condivisa. Infine l art. 155 ter c.c. prevede il diritto dei genitori di chiedere in qualsiasi momento una revisione delle disposizioni concernenti l affidamento dei figli, l attribuzione dell esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo. A questo proposito il principale problema interpretativo che dovrà essere risolto consiste nel determinare se sia ancora necessario per poter chiedere la revisione un mutamento della situazione di fatto rispetto a quella in essere al tempo dell originaria regolamentazione o se invece sia sempre possibile sottoporre nuovamente al giudice la questione, senza dedurre alcun mutamento di circostanze di fatto. Alcuni autorevoli interpreti sarebbero dell avviso di adottare questa seconda/nuova impostazione solo per quanto riguarda la modifica delle condizioni relative all affidamento dei figli (non ad esempio per quelle concernenti l assegno di mantenimento o di divorzio del coniuge). Il mantenimento dei figli Il IV comma dell art. 155 c.c. prevede che salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito e che il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

5 Tale norma, che nella sua prima parte riporta principi che possono dirsi da tempo acquisiti, risulta significativamente innovativa nella sua seconda parte, ove prevede che la fissazione di un assegno non sia la regola generale ma invece l eccezione ( ove necessario ), imponendo pertanto al giudice di motivare la scelta in tal senso ed ancor più di motivare la quantificazione dello stesso sulla base dei criteri indicati nei nn. 1)-5) contenuti nella norma. Si può poi desumere a contrario che ove i genitori non abbiano sottoscritto appositi accordi economici e ove il giudice non ritenga necessario stabilire la corresponsione di un assegno a carico di uno dei genitori, i genitori stessi siano liberi di provvedere, a proprio discrezione, alle esigenze di mantenimento della prole, in proporzione al proprio reddito. Il VI comma dell art. 155 c.c. prevede infine che ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi ; tale ultima previsione, da tempo attesa, non può che essere accolta con favore, avendo recepito un orientamento già diffuso a livello di prassi, fugando ogni dubbio interpretativo in proposito. L assegnazione della casa coniugale e le prescrizioni in tema di residenza L art. 155 quater c.c. enuncia innanzitutto il principio basilare (e non certo nuovo) secondo il quale il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell interesse dei figli ed a seguire l affermazione (già in precedenza consolidata in giurisprudenza) che dell assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l eventuale titolo di proprietà. La vera novità (correttamente criticata da più parti e da alcuni tacciata di incostituzionalità) è rappresentata dalla previsione, contenuta nel II comma in base alla quale il diritto al godimento della casa familiare viene meno (senza par di capire ma ci sono autorevoli opinioni in senso contrario- alcuno spazio di discrezionalità per il giudice) nel caso che l assegnatario 1) non abiti o 2) cessi di abitarvi stabilmente o 3) conviva more uxorio o 4) contragga nuovo matrimonio. Sul punto è facile prevedere un incremento importante di contenzioso. In tema di cambiamento di residenza di uno dei genitori, infine, il II comma dell art. 155 quater c.c. prevede che, ove lo stesso sia idoneo ad interferire con le modalità di esercizio dell affidamento, lo stesso legittima l instaurazione di un giudizio volto a ridefinire la situazione precedente, anche da un punto di vista economico. ***** Concludendo questa prima sintesi della nuova normativa ed in attesa di poter sciogliere alcuni dubbi interpretativi derivanti dalla scarsa chiarezza di numerose previsioni e dal difetto di coordinamento delle stesse con altre norme del nostro ordinamento, si osserva che la scelta del legislatore di porre come nuova regola, da valutare come soluzione prioritaria l affidamento condiviso basato sul principio di c.d. bigenitorialità pare scelta condivisibile e stimolante, sia per i professionisti del diritto che per gli psicologi e mediatori familiari, considerato come dato acquisito che per la tutela della crescita psicofisica del minore, il rapporto continuativo ed equilibrato con entrambi i genitori in quanto tali, anche se non più coniugi o coppia di fatto, riveste un ruolo essenziale.

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