13. La destinazione alla prova del certificato medico e della cartella clinica
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- Lelia Gasparini
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1 La cartella clinica e la responsabilità del medico La destinazione alla prova del certificato medico e della cartella clinica Se, per ipotesi, venisse revocato o dichiarato nullo l accreditamento di una casa di cura, che valore avrebbe la cartella clinica redatta dopo tale provvedimento: semplice scrittura privata o, anche, certificazione sanitaria agli effetti dell art. 481 c.p.? Si passerebbe dall atto pubblico alla scrittura privata senza che questa venga nemmeno in rilievo quale certificazione di dati clinici? Qual è la differenza ontologica tra la cartella clinica (privata) dalle altre scritture private? La risposta a tali domande dipende anche dalla effettiva esistenza di una «destinazione» della cartella clinica «alla prova» dei fatti in essa rappresentati. Tale destinazione deve essere valutata, infatti, non solo sulla base delle norme di legge che disciplinano la formazione e l utilizzazione della cartella clinica, bensì anche sulla base del valore di fatto che la cartella clinica ha assunto in un dato contesto sociale. Orbene, non vi è dubbio alcuno che accanto alla finalità clinica e scientifica, la cartella clinica abbia, per disciplina normativa e, soprattutto, per l uso che quotidianamente se ne è fatto (in sede penale, amministrativa, assicurativa e civile), un evidente destinazione alla prova giuridica dei fatti clinici in essa rappresentati. La cartella clinica ha, in modo quasi speculare, gli stessi tratti soggettivi ed oggettivi della certificazione sanitaria, tanto che lo stesso legislatore, in alcuni casi, le considera equipollenti («certificato di assistenza al parto o cartella clinica» art. 93, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196; «certificazione o cartella clinica rilasciata da una struttura pubblica o privata convenzionata» D.M. 4 marzo 1993). La «destinazione alla prova» (che secondo alcuni sarebbe presente solo nei certificati) è menzionata anche nell art. 479 c.p., relativo a tutti gli atti pubblici (anche diversi dai certificati
2 386 Domenico Fiordalisi del pubblico ufficiale disciplinati, invece, dagli artt. 477 e 480 c.p.) che si riferisce «ai fatti dei quali l atto è destinato a provare la verità», con la conseguenza che riposa sulla «idoneità» alla prova e sulla «destinazione» alla prova uno dei criteri distintivi tra atto pubblico e scrittura privata. Questa è idonea a provare ma non è destinata alla prova 46. Esaminiamo il caso della cartella clinica rilasciata da una struttura sanitaria privata o da un singolo medico, anche se è poco frequente trovare in Italia una casa di cura non accreditata o imbattersi in una cartella clinica rilasciata da un singolo medico; ma proprio questi casi limite ci permettono di analizzare tutti gli aspetti della cartella clinica, partendo dalle ipotesi di base. La cartella clinica, già come scrittura privata, ha molti tratti simili alla certificazione sanitaria perché ha assunto nel «traffico giuridico» una pubblica considerazione di misura eguale o addirittura superiore ai semplici certificati medici, per la maggiore ricchezza di dati obiettivi contenuti (non solo, quindi, per la provenienza da una struttura sanitaria). Non si vede, allora, il motivo per il quale la cartella clinica (privata) non debba possedere lo stesso valore giuridico formale del certificato sanitario, in ordine alle «obiettività cliniche» riportate. Siffatta ricostruzione porterebbe, a nostro avviso, a sanzionare ai sensi dell art. 481 c.p. anche le falsità ideologiche delle cartelle cliniche (di strutture) private le quali, pur rimanendo solo delle «scritture private», sono assimilabili alle certificazioni del medico, per la parte relativa alle «obiettività cliniche» ivi indicate. Al contrario le comuni scritture private, ai sensi dell art. 485 c.p., sono oggetto solo dei reati di falsità materiale e non anche di quelli di falsità ideologica; infatti sono testuali ed eccezionali le ipotesi in cui le scritture private sono tutelate penalmente sot- 46 DE MARSICO, voce Falsità in atti, in Enc. dir., vol. XVI, Milano, p. 588.
3 La cartella clinica e la responsabilità del medico 387 to il profilo ideologico, come il caso delle false comunicazioni sociali di cui agli artt. 2621, 2622, 2623 e 2624 c.c. Non si tratta di applicare norme incriminatici in via analogica (operazione ermeneutica che è vietata ai sensi degli artt. 13 e 25 Cost., dell art. 1 c.p. e dell art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale) bensì di applicare in tutta la sua estensione la stessa norma incriminatrice, perché riteniamo che la cartella clinica appartenga alla categoria delle certificazioni sanitarie, delle quali possiede lo stesso valore probatorio. A questo proposito bisogna, comunque, precisare che la destinazione alla prova della cartella clinica privata, come quella delle certificazioni sanitarie in generale, è limitata a fatti e dati clinici obiettivamente riportati e non comprende i giudizi diagnostici che si fondino su fatti che non siano esplicitamente dichiarati o implicitamente contenuti nel giudizio medesimo. Non può sussistere il reato di cui all art. 481 c.p. in relazione ad atti che sono solo manifestazione di semplice giudizio o rispetto a fatti che non siano stati percepiti direttamente dal medico 47. Così potrà dare luogo a falsità punibile la falsa indicazione in un certificato medico della temperatura corporea del paziente, ma non la falsa indicazione della data di nascita. Il «fatto» clinicamente rilevante ed il giudizio diagnostico hanno rilevanza penale, ai sensi dell art. 481 c.p., solo se scientificamente collegati. Si pensi, inoltre, all uso probatorio che si fa delle cartelle cliniche pubbliche e private nelle comuni cause di risarcimento danni. Se due soggetti coinvolti nel medesimo incidente stradale producono in giudizio due cartelle cliniche di cui una di una casa di cura privata (italiana o estera) ed un altra di un ospedale, potrebbe non esserci molta differenza nella valutazione del giudice, il quale sicuramente potrà ritenere provate le lesioni 47 NAPPI, voce Falsità in atti, in Enc. giur. Treccani, vol. XIV, Roma, 1989, p. 8 ss.
4 388 Domenico Fiordalisi subite e gli interventi praticati anche sulla base della cartella clinica della casa di cura privata. Appare, pertanto, condivisibile quella giurisprudenza che qualifica la cartella clinica dell ente pubblico come «certificazione amministrativa» 48. La finalità di prova della cartella clinica si coglie anche dall art. 92, D.Lgs. 30 giugno 2003 che disciplina espressamente l uso probatorio della copia della cartella clinica da parte di soggetti diversi dall interessato: Normativa «se la richiesta è giustificata dalla documentata necessità a) di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria ai sensi dell art. 26, comma 4, lett. c), di rango pari a quello dell interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile; b) di tutelare, in conformità alla disciplina sull accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile». Così, ai sensi dell art. 93, comma 2 dello stesso decreto legislativo equipara il certificato di assistenza al parto (che può essere rilasciato da qualunque medico) e la cartella clinica hanno le medesime finalità probatorie agli effetti della dichiarazione di nascita. Anche il D.M. 4 marzo 1993, sui protocolli per la concessione dell idoneità alla pratica sportiva agonistiche delle persone handicappate, all art. 4 statuisce che «la cartella clinica di una struttura pubblica o privata convenzionata» è equiparata ad una «certificazione», al fine di provare la patologia responsabile dell handicap a determinati effetti giuridici. Si deve convenire, pertanto, che i medici hanno una potestà generale di certificazione sanitaria dei fatti clinici della persona umana, in virtù della quale l atto o gli atti emessi possono rite- 48 Cass., sez. III, 27 settembre 1999, n
5 La cartella clinica e la responsabilità del medico 389 nersi destinati, fin dal momento della formazione, a provare la verità di «dati e fatti clinici», mentre, come si è detto, la scrittura privata può essere solo idonea a provare, ma non è destinata a provare La categoria autonoma delle certificazioni sanitarie Il legislatore ha, quindi, utilizzato termini simili: «poteri certificativi» nell art. 357, comma 2, c.p. e «certificati» negli artt. 480 e 481 c.p., con significati parzialmente diversi. Vi è un rapporto «di genere a specie» tra il documento (redatto da un professionista sanitario) chiamato dal legislatore «certificato» agli effetti dell art. 481 c.p., ed i documenti chiamati dal legislatore «certificati» nell art. 480 c.p. Analogo rapporto «di genere a specie» vi è con l atto che è espressione dei «poteri certificativi» di cui all art. 357 c.p., vale a dire tra i certificati in senso lato (nei quali annoveriamo anche le certificazioni sanitarie) e quelli in senso stretto. La differenza consiste, allora, solo nel valore che la legge attribuisce all atto anche attraverso la disciplina della «forme», perché soprattutto attraverso la disciplina delle «forme» viene esplicitata la natura della funzione o della mansione. La differenza non attiene, invece, alla sua struttura generale dell atto (propria di ogni certificazione), posto che la medesima struttura è sufficiente alla qualificazione dell atto del professionista sanitario come «certificato» in almeno uno dei tipi legali suddetti. Anche per questi motivi il certificato, inteso in senso lato, non necessariamente deve riferirsi a dati oppure ad atti preesistenti. Solo il concreto esercizio del potere certificativo, inteso 49 DE MARSICO, voce Falsità in atti, in Enc. dir., vol. XVI, Milano, 1967, p. 588.
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