NOTA A CORTE DI GIUSTIZIA DELLA COMUNITÀ EUROPEA del 19 dicembre 2012 C - 159/11 A cura di Simone Luca

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1 NOTA A CORTE DI GIUSTIZIA DELLA COMUNITÀ EUROPEA del 19 dicembre 2012 C - 159/11 A cura di Simone Luca La Corte di Giustizia della Comunità Europea - Grande Sezione, con la sentenza 19 dicembre 2012 in epigrafe, ha precisato il novero dei soggetti che possono partecipare alle gare per l affidamento di pubblici appalti, confermando il principio di massima apertura delle gare pubbliche che prevale su qualsiasi disposizione nazionale che precluda la partecipazione a soggetti privi di specifiche forme. Ha individuato, inoltre, il discrimen che intercorre tra la stipulazione, senza previa gara, di un contratto mediante il quale taluni enti pubblici istituiscono tra loro una cooperazione, e un contratto a titolo oneroso, stipulato tra un operatore economico e un amministrazione aggiudicatrice ed avente oggetto una prestazione di servizi che costituisce, invece, un appalto pubblico. La controversia in questione verte, infatti, sulla possibile contrarietà al principio di libera concorrenza derivante dall accordo tra pubbliche amministrazioni, nell ipotesi in cui una di esse possa essere considerata un operatore economico. Il caso affrontato nella sentenza in epigrafe concerne un contratto di consulenza concluso tra l Azienda Sanitaria Locale di Lecce (ASL) e l Università di Salento, con il quale quest ultima si obbligava a svolgere attività di studio e di valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture ospedaliere della Provincia di Lecce alla luce delle recenti normative nazionali emanate in materia di sicurezza delle strutture, a fronte di una remunerazione limitata ai costi sostenuti. L ASL e l Università hanno inquadrato, dunque, il contratto di consulenza all interno dell ambito degli accordi di cooperazione tra amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di attività di interesse generale, ai sensi dell art. 15 della legge n. 241/1990. Tuttavia, diversi ordini e associazioni professionali ed alcune imprese hanno proposto vari ricorsi avverso l atto di deliberazione, con il quale il Direttore generale dell ASL ha approvato il 1

2 disciplinare relativo all esecuzione, da parte dell Università, dell attività di studio e valutazione, e ogni atto presupposto, consequenziale e connesso, lamentando la violazione della normativa nazionale e dell Unione in materia di appalti pubblici. L art. 15 della legge n. 241/1990, nello stabilire che le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, ha come presupposto l esistenza di accordi destinati ad organizzare le parti in ordine allo sviluppo di un attività ulteriore di interesse comune; ovvero, per consentire una più efficiente ed economica gestione di servizi pubblici. Un siffatto accordo, pertanto, potrà essere concluso anche nell ipotesi in cui una pubblica amministrazione intenda affidare a titolo oneroso ad altra pubblica amministrazione la prestazione di un servizio che ricada tra i compiti di questa, conformemente agli obiettivi istituzionali degli enti parti dell accordo. Gli appalti pubblici, per le peculiarità che presentano, sono sottoposti ad una normativa inderogabile di matrice sia interno che comunitario. In particolare, la normativa comunitaria, avendo come fondamentale obiettivo quello di garantire la massima ampiezza del mercato interno, ha l'intento di assicurare a tutti gli interessati la possibilità di partecipare a procedure d'appalto, bandite in uno Stato membro, in condizioni di parità con le imprese appartenenti a tale Stato. L art. 1 della direttiva 2004/18 definisce appalti pubblici i contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l esecuzione di lavori, fornitura di prodotti o la prestazioni di servizi. A livello nazionale, l intera disciplina relativa alle concessioni ed agli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, sia di importo superiore alle soglie comunitarie che di importo inferiore, è stata raccolta nel D. lgs. n. 163/2006 codice dei contratti pubblici, modificato recentemente dal D.lgs. n. 152/2008 e dal c.d. decreto sviluppo Tale testo normativo ha recepito le direttive comunitarie nn. 2004/17, in tema di concessioni ed appalti pubblici nei settori speciali, e 2004/18, inerente le concessioni e gli appalti pubblici nei settori ordinari. 2

3 La nozione di appalti pubblici di cui all art. 6 del suddetto decreto legislativo non si differenzia molto da quella della direttiva comunitaria, statuendo, infatti, che sono contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l esecuzione di lavori, fornitura di prodotti, la prestazione di servizi. Nello specifico, l appalto di lavori ha per oggetto la realizzazione di un opera pubblica che soddisfi in modo diretto ed immediato un interesse pubblico. L appalto di servizi ha per oggetto un facere, ovvero, la prestazione di un attività, consistendo nell obbligo dell appaltatore di fornire un servizio a fronte del corrispettivo predeterminato. L appalto di forniture di beni, infine, consente alla pubblica amministrazione di potersi approvvigionare di beni, di diversa natura merceologica; esso ricomprende una categoria ampia avente ad oggetto l acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l acquisto a riscatto, con o senza opzione per l acquisto, di prodotti. L allegato II A della direttiva 2004/18 per categorie di servizi indica quelle relative ai servizi di ricerca e sviluppo, con esclusione dei servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli di cui beneficiano esclusivamente le amministrazioni aggiudicatrici e/o gli enti aggiudicatori per loro uso nell esercizio della propria attività, nella misura in cui la prestazione di servizi sia interamente retribuita da dette amministrazioni e/o detti enti, e quelle relative ai servizi inerenti all architettura e all ingegneria, anche integrata, ai servizi attinenti all urbanistica e alla paesaggistica, ai servizi affini di consulenza scientifica e tecnica, nonché ai servizi di sperimentazione tecnica e analisi. Per siffatte categorie, l articolo 20 della direttiva in questione prevede l applicazione, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, delle procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti pubblici adottate ai fini della detta direttiva. Orbene, alla luce della disciplina di cui all art. 15 della legge n. 241/1990 e di quella relativa agli appalti pubblici, il Consiglio di Stato si è chiesto se la conclusione di un accordo tra pubbliche amministrazione non osti al principio della libera concorrenza qualora una delle amministrazioni interessate possa essere considerata un operatore economico; ovvero, se il contratto di consulenza stipulato tra l ASL e l Università non debba, piuttosto, rientrare nell ambito dell applicazione della normativa dell Unione in materia di appalti pubblici, avendo ad oggetto prestazioni di ricerca che sembrerebbero non incompatibili con i servizi menzionati nell allegato II A della direttiva 2004/18. 3

4 Innanzitutto, viene in rilievo la nozione di operatore economico che già in precedenza la Corte di Giustizia aveva avuto modo di precisare nella c.d. sentenza CoNISMA del 23 dicembre 2009, C- 305/08. La Direttiva 2004/18 statuisce che per operatore economico bisogna intendere ogni persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori/opere, prodotti o servizi. I giudici comunitari hanno chiarito, dunque, che tale nozione deve essere interpretata in modo estensivo, basandosi su presupposti oggettivi/sostanziali anziché soggettivi/formali, nel senso di consentire la partecipazione alle gare anche a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un impresa e non assicurano un presenza regolare sul mercato. I principi stabiliti dalla sentenza CoNISMA hanno segnato un vero e proprio spartiacque, in quanto hanno superato gli orientamenti nazionali che negavano l ammissibilità alle gare di soggetti privi di determinati requisiti come, ad esempio, l assenza del fine lucrativo e la capacità di attività d impresa. Prendendo in considerazione la disciplina nazionale, l articolo 34 del D. lgs. n. 163/2006 individua un elenco di soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici. Un primo problema che l articolo pone riguarda la natura, tassativa o meno, dell elenco contenuto; un secondo, ma strettamente connesso al primo, è legato al significato attribuito al termine imprenditore espressamente utilizzato dalla norma in questione. In altre parole, ci si è chiesto se per imprenditore ai sensi dell articolo 34 è da intendersi solo quello disciplinato dall articolo 2082 del codice civile, poiché in tal caso ci si troverebbe innanzi ad una nozione di imprenditore più ristretta rispetto a quella indicata dalla normativa comunitaria, che considera imprenditore la persona fisica o giuridica o l ente pubblico o il raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato la realizzazione di lavori e/o opere. Prima dell intervento dei giudici comunitari sussistevano, a tal proposito, diversi orientamenti. 4

5 Secondo un primo e maggioritario indirizzo, era impedito alle associazioni di volontariato di partecipare alle procedure di gara ad evidenza pubblica, a ciò ostando l assenza di lucro nel loro scopo sociale (TAR Lombardia Milano, Sez. III, 9 marzo 2000, n. 1869). La descritta esclusione, peraltro, era motivata in ragione del fatto che le associazioni godono, altresì, di regimi fiscali particolarmente agevolati, con la conseguenza che la loro ammissione alle gare introdurrebbe un elemento destabilizzante della concorrenza e del corretto confronto tra imprese (TAR Basilicata, Sez. I, 6 dicembre 2005, n. 1011). Il TAR Lazio Roma, Sez. III, 29 luglio 2008, n. 7591, aveva ribadito, inoltre, la tesi secondo cui occorreva, ai fini della delimitazione dell ambito soggettivo di applicazione dell art. 34 del D. lgs. n. 163/2006, far riferimento alla nozione di impresa ricavabile dal codice civile, con la conseguente esclusione di una fondazione da una gara d appalto in ragione della circostanza che l assenza di scopo di lucro non le consentirebbe di svolgere attività commerciali. In definitiva, secondo tale orientamento giurisprudenziale la ratio sottostante alle direttive ed all art. 34 del d.lgs. n. 163 del 2006 era quella di consentire la partecipazione ai soli soggetti che perseguono scopi di lucro; ovvero, alle diverse forme di impresa previste dal codice civile e dalle altre leggi speciali. Un indirizzo minoritario accolto dalla giurisprudenza, tuttavia, adottando una diversa ricostruzione della sfera di applicazione soggettiva, finiva per consentire l accesso alle gare anche alle associazioni prive di scopi di lucro, in nome della più ampia tutela dei principi di apertura del mercato e della concorrenza (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 26 marzo 2009, n. 889). Tale ricostruzione trovava conferma anche nella sentenza del Consiglio di Stato del 16 giugno 2009, n. 3897, laddove stabiliva che i soggetti senza scopo di lucro, quali le fondazioni, possono soddisfare i requisiti necessari per essere qualificati come operatori economici, attese la personalità giuridica che le fondazioni vantano e la loro capacità di esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro scopi e sempre che quest ultima possibilità trovi riscontro nella disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico. Dopo l intervento della Corte di Giustizia che, come già detto, ha ampliato il novero dei soggetti ai quali è ammesso partecipare ad un appalto pubblico, il legislatore nazionale si è adeguato modificando l art. 34 del Codice appalti con il D. lgs. n. 152/2008 includendo alla lettera f-bis anche gli operatori economici stabiliti in altri Stati membri e costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi. 5

6 Sulla scorta della sua precedente giurisprudenza, la Corte di Giustizia con la sentenza in epigrafe ha ribadito, dunque, il principio secondo cui possono partecipare alle gare tutti i soggetti indipendentemente dal fatto di essere soggetti di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivi sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale, o, ancora, dal fatto di essere sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno. La legislazione nazionale non può vietare, quindi, la partecipazione ad appalti aventi ad oggetto servizi per i quali enti pubblici sono autorizzati a operare sul mercato; in quanto, un simile divieto contrasterebbe con le disposizioni della direttiva 2004/18. I giudici comunitari, in secondo luogo, hanno rilevato che l oggetto del contratto tra l ASL e l Università, pur potendo rientrare nel campo della ricerca scientifica, ricadono secondo la loro natura effettiva nell ambito dei servizi di ricerca e sviluppo di cui all allegato II A, categoria 8, della direttiva 2004/18, oppure nell ambito dei servizi d ingegneria e dei servizi affini di consulenza scientifica e tecnica indicati nella categoria 12 di tale allegato. Ancora una volta, è stato sottolineato la necessità di valutare il caso concreto utilizzando criteri oggettivi e sostanziali, al fine di poter inquadrare esattamente la natura dell attività svolta dal soggetto. Va ricordato, inoltre, che ai sensi dell art. 66 del D.P.R. n. 382/1980: le Università, purché non vi osti lo svolgimento della loro funzione didattica, possono eseguire attività di ricerca e consulenza stabile mediante contratti e convenzioni con enti pubblici e privati. Un contratto non può esulare, inoltre, dalla nozione di appalto pubblico per il solo fatto che la remunerazione in esso prevista sia limitata al rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio convenuto. In terzo luogo, la Corte ha puntualizzato che due tipi di appalto conclusi da enti pubblici sfuggono all ambito di applicazione del diritto dell Unione, e precisamente: i contratti di appalto stipulati da un ente pubblico con un soggetto giuridicamente distinto da esso, quando detto ente eserciti su tale soggetto un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e il soggetto in questione realizzi la parte più importante della propria attività con l ente o con gli enti che lo controllano ipotesi che, comunque, non è applicabile alla fattispecie in questione e i contratti che istituiscono 6

7 una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi. In quest ultima circostanza, inoltre, non sarà possibile applicare le norme comunitarie in materia di appalti, dovendosi trattare di contratti stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in posizione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazione ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi di interesse pubblico. Il contratto di consulenza stipulato tra l ASL e l Università presenta alcune delle caratteristiche menzionate e, in particolare, potrebbe rientrare nell ambito di quei contratti che danno luogo ad una cooperazione tra diversi enti pubblici, diretti alla realizzazione di un servizio pubblico comune. Un siffatto contratto, tuttavia, deve comunque soddisfare tutti i criteri richiesti e, pertanto, non potrà esulare dall applicazione della normativa dell Unione in materia di appalti pubblici. Ciò in quanto il contratto in questione presenta elementi che corrispondono ad attività che possono essere generalmente svolte da ingegneri o architetti e che, se pur basate su un fondamento scientifico, non assomigliano ad attività di ricerca scientifica. Di conseguenza, la funzione di servizio pubblico costituente l oggetto della cooperazione tra enti pubblici istituita da detto contratto non sembra garantire l adempimento di una funzione di servizio pubblico comune all ASL e all Università. L accertamento della corrispondenza del contratto a tali criteri spetta, in ogni caso, al giudice di rinvio. Per tali ragioni, la Corte di Giustizia ha dichiarato che un contratto mediante il quale taluni enti pubblici istituiscono tra loro una cooperazione e che non abbia il fine di garantire l adempimento di una funzione di servizio pubblico comune ad entrambi gli enti, non sia retto da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d interesse pubblico, oppure sia tale da porre un prestatore privato in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti, non può esulare dalla norme dell Unione in materia di appalti e, quindi, una normativa nazionale che ne autorizzi la stipulazione senza previa gara osta ai principi contenuti nella direttiva 2004/18. 7

8 Un ulteriore problema, connesso all ammissione delle università, degli istituti di ricerca e dei loro raggruppamenti alla partecipazione ad appalti pubblici, riguarda la possibile violazione del principio di concorrenza. Una siffatta apertura potrebbe, infatti, sottrarre al libero mercato quote di appalti pubblici a un numero non irrilevante di imprese ordinarie e privilegiare tali enti; in quanto, quest ultimi possono fare affidamento a finanziamenti pubblici costanti e prevedibili dei quali invece gli altri operatori economici non possono beneficiare. La questione è stata oggetto di riflessione nella sentenza CoNISMA C-305/08, del 23 dicembre In tale occasione, i giudici comunitari, pur non disconoscendo l eventualità di una possibile distorsione della concorrenza dovuta alla partecipazione ad un appalto pubblico di enti, ha affermato che la direttiva 2004/18 impone l obbligo agli Stati membri di provvedere affinché una distorsione di tal tipo non venga a prodursi. Inoltre, in caso di offerte anormalmente basse dovute alla circostanza che l offerente abbia la possibilità di attingere a finanziamenti pubblici o, generalmente, ad aiuti di Stato, l amministrazione aggiudicatrice ha l obbligo, o quantomeno la facoltà, di prendere in considerazione l esistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano. In ogni caso, l eventualità di una posizione privilegiata di un operatore economico non è, di per sé, ragione sufficiente per giustificare a priori la sua esclusione dalla partecipazione ad un appalto pubblico. La dottrina ha rilevato come l applicazione nel nostro ordinamento del suddetto principio enunciato dalla Corte di Giustizia comporterebbe due ordini di problemi. In primo luogo, l applicazione di tale criterio implicherebbe un ulteriore onere di istruttoria e conseguente motivazione da parte dell Amministrazione che, ai fini di una valutazione da effettuarsi nel singolo caso concreto, sarebbe chiamata non più solo a controllare la natura soggettiva dell offerente, ma ad avvalersi dello strumento della verifica dell anomalia dell offerta, con particolare attenzione all eventuale incidenza di regimi fiscali di favore di cui goda l offerente o di altre forme di agevolazione suscettibili di alterare il confronto concorrenziale. 8

9 Da ciò è possibile ritenere che il compito della stazione appaltante, ed il successivo sindacato giurisdizionale, deve necessariamente risultare più incisivo e penetrante, al fine di impedire indebite distorsioni nel mercato. Così opinando, non può trascurarsi di considerare che, in tal modo, verrebbero accresciuti i poteri discrezionali, sia pure di natura tecnica, dell amministrazione aggiudicatrice il cui esercizio potrebbe comportare un probabile incremento dell attività contenziosa. La scelta più adeguata dovrebbe essere allora quella della previsione di criteri normativi, di rango primario o secondario, non per far luogo ad esclusioni di tipo automatico che, come è noto, sono vietate dall ordinamento comunitario, ma per consentire alle amministrazione aggiudicatrici, in sede di valutazione dell offerta economica, di procedere a questa specifica attività valutativa circa l eventuale anomalia dell offerta mediante l applicazione, dunque, di criteri predeterminati. Sotto altra angolatura, è stato sottolineato come la pronuncia in commento potrebbe riflettersi sull art. 13, co. 1, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 e s.m.i. con il quale è stato introdotto il divieto per le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle Amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all attività di tali enti in funzione della loro attività (con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici) di partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici disciplinati dal D. lgs. n. 163/2006. Disposizione introdotta con lo scopo di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, data la considerevole diffusione sul territorio di società a partecipazione pubblica, mista o totalitaria ed i loro rapporti preferenziali con le Amministrazioni aggiudicatrici. Il principio di massima apertura concorrenziale, in base al quale la Corte di Giustizia ha considerato contrari alle norme comunitarie in materia di appalti pubblici divieti generalizzati alla partecipazione alle procedure di gara per alcune categorie di soggetti, porta a dubitare che tale divieto possa considerarsi del tutto compatibile con il diritto comunitario. E, in effetti, se da un lato i giudici comunitari hanno affermato che gli Stati membri possono autorizzare o non autorizzare tali soggetti ad operare sul mercato in funzione della circostanza che l attività in questione sia compatibile, o meno, con i loro fini istituzionali e statutari ; dall altro, hanno anche precisato che tuttavia, se, e nei limiti in cui, siffatti soggetti siano autorizzati a offrire taluni servizi sul mercato, 9

10 la normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/18 nel diritto interno non può vietare a questi ultimi di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi. 10

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