IL R.C.T. UGOLINO VIVALDI

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1 IL R.C.T. UGOLINO VIVALDI Ad integrazione dell'articolo di Camillo Bianchi Il diario di Battista Manenti pubblicato sul n. 1 della rivista "Museo & storia" 1

2 I DIARI DI BATTISTA MANENTI E DI NICOLA COSTAGLIOLA (Camillo Bianchi) Nell Annuario del della città di Bergamo ("Museo & storia" Anno 1 n p ) è stato pubblicato il diario del marinaio Battista Manenti nel quale venivano narrate le ultime ore del R.C.T. Ugolino Vivaldi affondato il 10 Settembre 1943 per atto di guerra e le vicissitudini di alcuni dei superstiti, rimasti in mare per dieci giorni prima di approdare in terra spagnola. A integrazione delle notizie fornite dal Manenti era stata pubblicata una nota nella quale venivano fornite alcune notizie relative all unità. Viene ora presentato un resoconto degli stessi episodi redatto da un ufficiale del Vivaldi, Nicola Costagliola, Tenente del Genio Navale Direzione Macchine, e fornito dal figlio Tobia. A questo resoconto (Il R.C.T. Ugolino Vivaldi La sua tragica fine e le storie dei sopravvissuti) il figlio acclude alcune notizie supplementari da lui raccolte derivandole dalle testimonianze e dai racconti del padre. Risulta interessante confrontare i due resoconti. Che presentano caratteristiche differenti. Quello del Manenti è un diario molto esteso, molto dettagliato; quello del Costagliola è un rapporto molto stringato, che il Costagliola ha presentato, dietro specifica richiesta, al suo Comando al rientro in Italia, dopo aver trascorso circa due anni nei campi di concentramento in Germania. È pertanto un rapporto nel quale vengono riportati solo i dati essenziali relativi all affondamento del Vivaldi e al salvataggio di alcuni dei superstiti. Sembra essere la copia di un rapporto redatto per l Ufficio storico della marina. Secondo la testimonianza del figlio Tobia Costagliola, il rapporto fu redatto in soli quattro giorni e presentato in tutta fretta al Comando che lo aveva richiesto. Forse il Comando aveva voluto, imponendo un periodo di tempo molto breve per la sua compilazione, che venissero riportati solo dati certi privi di commenti e interpretazioni, che spesso falsano l essenzialità del racconto. Questo spiegherebbe perché nel rapporto mancano molti dettagli degli eventi. A me il nome del Costagliola non suona nuovo. Il suo nome e gli eventi da lui raccontati, io forse li ho già visti citati nei rapporti, letti ed appuntati, di altri ufficiale del Vivaldi depositati presso l Ufficio Storico della Marina. Unitamente alla notizia che alcuni dei superstiti del Vivaldi erano stati portati a St. Raphael (Francia) e poi nei campi di concentramento in Germania. A parte questo fatto, il rapporto del Costagliola è un documento molto interessante che varrebbe la pena di essere fatto conoscere. ll diario del Manenti non si sa quando sia stato effettivamente scritto, ma è molto probabile che sia stato scritto durante l internamento in Spagna quando gli eventi narrati erano ancora ben vivi nella memoria e non soffocati da ricordi di successivi eventi tragici e dolorosi. Come invece può essere avvenuto per il Costagliola, che di ricordi di eventi tragici vissuti nei campi di concentramento in Germania ne doveva avere molti. Come provano le note aggiuntive fornite dal figlio Tobia, riportando in esteso i ricordi del padre relativi proprio a questo periodo di prigionia. E 2

3 il figlio Tobia accenna al fatto che al padre i dettagli degli eventi relativi al Vivaldi si ripresentavano nei suoi incubi. Questo viene detto non per mettere in dubbio l attendibilità del rapporto del Costagliola, attendibilità che in nessun modo viene messa in discussione, ma semplicemente per chiarire perché il Costagliola nulla dice di due episodi narrati dal Manenti e che io ritengo interessanti da un punto di vista storico. Per altro i resoconti del Manenti e del Costagliola coincidono in molti punti, e non potrebbe essere altrimenti visto che uno era ufficiale di macchina, quindi addetto al corretto funzionamento delle caldaie motrici dell unità, e l altro era fuochista. Il Manenti così racconta di un bombardamento subito dal Vivaldi da parte di un aereo tedesco (era la sera del 9 Settembre): Tutto d un tratto sento gridare hanno sganciato, io alzo gli occhi e che vedo? Ma quella non è una bomba, quello è un aereo da caccia, ma cade addosso a noi. In quell istante la nave fa un accostata a dritta, tutto d un tratto uno spostamento tanto forte e un esplosione formidabile che io credetti che ci avesse colpiti in pieno; salgo la scaletta come un fulmine con il cuore in gola credendo che la nave stesse per affondare per i brutti scherzi che faceva e per l acqua che mi vedevo venire addosso. Invece fortunatamente per l abilità del Comandante che ha conosciuto la bomba e che ha virato tutto a dritta, la bomba ci cadde a una decina di metri distante sulla sinistra. Dopo abbiamo saputo di che bomba si trattava; non era nientemeno che una bomba alata radiocomandata, cioè una nuova bomba che i tedeschi hanno così sperimentata per la prima volta su di noi. È possibile che il Manenti abbia saputo che i tedeschi possedevano bombe teleguidate o magnetiche dai discorsi che in proposito il Comandante Camicia e gli altri ufficiali del Vivaldi presenti sulla zattera di salvataggio si saranno certamente scambiati commentando l evento. La prima impressione del Manenti «quella non è una bomba, quello è un aereo da caccia» può aver risentito del fatto notorio che i giapponesi usavano kamikaze negli attacchi alle navi. Il Costagliola scrive semplicemente: Durante il combattimento, fummo ripetutamente attaccati anche da aerei tedeschi che mitragliarono l unità e sganciarono a breve distanza tanto che la nave fu colpita da colonne d acqua. È comprensibile che il Costagliola non dica nulla della bomba; o perché al momento del suo sgancio era sottocoperta in sala macchine, o perché abbia ritenuto importante rapportare il solo fatto senza fare tardivi commenti in proposito. O forse perché, appena rientrato dalla prigionia, nulla sapesse di bombe teleguidate o magnetiche. L episodio può essere storicamente significativo. È versione corrente, sempre che la memoria di vecchie letture non mi venga meno, che era il giorno 9 Settembre quando i tedeschi hanno per la prima volta sperimentato e usato una bomba teleguidata per colpire una nave (e affondare la corazzata Roma). Se il racconto del Manenti venisse confermato, questo potrebbe indicare che da parte dei tedeschi le bombe teleguidate non erano più in fase sperimentale ma erano già operative. 3

4 Altro episodio che compare in forma diversa nei due scritti. Il Manenti narra che, dopo che il Vivaldi era affondato, i superstiti si erano raccolti a bordo di mezzi di salvataggio. Dopo 8-9 ore che erano in mare, lo erano dalle ore 7 circa del mattino, videro arrivare, da nord, due trimotori tedeschi che ammararono nelle loro vicinanze. Vennero portati a bordo i feriti più gravi ed altri membri dell equipaggio, circa quindici persone per aereo. Uno solo degli aerei riuscì a decollare, l altro rimase fermo per avaria; ma dopo breve tempo arrivarono altri due aerei. L aereo in avaria venne riparato e i tre aerei raccolsero altri naufraghi e si prepararono a decollare. Ma sulla scena comparve, proveniente da sud, un quadrimotore americano che, riconosciuto che era in corso una operazione di salvataggio, si astenne da azioni belliche e in circolo sorvolò più volte gli aerei pronti al decollo. Ma gli aerei tedeschi aprirono il fuoco verso l aereo americano, che rispose al fuoco e distrusse i tre aerei tedeschi. Ma i naufraghi che erano a bordo ebbero il tempo di lasciare gli aerei e di mettersi in salvo. E con essi i membri degli equipaggi degli aerei tedeschi. E i naufraghi rimasero in attesa di soccorsi. Il Costagliola scrive: Verso le ore 11 un aereo tedesco da ricognizione ci scopriva e ci segnalava. Verso le ore 14 vennero sul posto 4 aerei da soccorso che, malgrado il mare mosso, riuscirono ad ammarare. Sui quattro aerei presero posto i feriti ed altri membri dell equipaggio del Vivaldi. Su uno degli aerei prese posto anche il sottoscritto. Dopo circa mezz ora, mentre si stava per partire, sopravvenne un aereo non identificato che, abbassandosi sull acqua, iniziò un intenso fuoco sugli aerei che si accingevano a prendere quota. In breve gli aerei andarono distrutti, meno uno che aveva potuto partire prima. Il sottoscritto, con gli altri colleghi, riuscì a stento a gettarsi in mare. Malgrado il mare agitato, nuotai per circa un ora e 15 minuti riuscendo a raggiungere un mezzo di salvataggio. Il racconto del Manenti e del Costagliola differiscono perché nel racconto del Costagliola non si fa cenno al fatto che gli aerei di soccorso tedeschi avevano aperto il fuoco sull apparecchio americano. Il fatto può essere spiegato con il fatto che dopo due anni di prigionia nei campi di concentramento tedeschi l episodio può essere uscito dalla memoria del Costagliola o che dovendo scrivere un rapporto con i soli fatti salienti abbia tralasciato questo particolare. Ma può anche essere che il Costagliola, essendo a bordo di uno degli aerei in procinto di partire e quindi con i motori al massimo, non abbia percepito che gli aerei tedeschi avevano aperto il fuoco sull apparecchio americano provocandone la reazione. Su un terzo episodio i due resoconto invece concordano. Il Manenti racconta che alla fine il soccorso sperato venne, ed era una motocorvetta tedesca: Tutti i tedeschi sono in coperta della nave con la pistola in mano e non ci lasciano salire: incominciarono a far salire i naufraghi tedeschi e poi qualche ufficiale italiano. Quando credemmo che fosse giunto il nostro turno, ecco che la nave parte a tutta velocità e ci lasciano così senza più nessuna speranza. Così rimanemmo tutta la notte in attesa di soccorso. Il Costagliola narra: 4

5 Nella notte, verso le due circa, una vedetta tedesca venne sul posto e tutti circondammo il mezzo nella speranza di essere presi a bordo; ma soltanto un gruppo ci riuscì perché il comandante dell unità tedesca, dopo aver salvato i connazionali, mise le macchine in moto e si allontanò. Restammo con alcuni feriti che eravamo riusciti ad issare a bordo tutta la notte in coperta, senza alcun soccorso da parte i componenti dell equipaggio tedesco. Il Costagliola ebbe la fortuna, assieme a pochi altri, di essere accolto a bordo del mezzo tedesco. Portato prima a St. Raphael (Francia) e poi nei campi di prigionia in Germania, rientrò in Italia alla fine di Agosto Il Manenti era rientrato in Italia dalla Spagna nel Luglio In un suo rapporto, il comandante del Vivaldi, Capitano di Vascello Francesco Camicia, parlando del bombardamento del Vivaldi da parte di un aereo tedesco, dice: Un aereo trimotore isolato attacca a bassa quota la nostra unità; la nostra ben diretta reazione lo costringe ad allontanarsi. Poco dopo ritorna all attacco tenendosi a quota superiore ai 3500 metri, si mette in rotta quasi parallela alla nostra, quando raggiunge l altezza della nostra poppa e mentre è lievemente scartato sulla nostra sinistra, sgancia una bomba. Nel campo del binocolo essa appare essere del tipo a razzo e della forma di un piccolo aereo. Ordino di aumentare al massimo la velocità ed accosto a dritta per largarmi dalla zona di sgancio. Quando vedo la bomba decisamente in picchiata verso di noi, accosto a sinistra per presentarmi traversato al piano della traiettoria. Dalle lente oscillazioni che detta bomba compie prima di mettersi in picchiata ho la sensazione che si tratti di bomba magnetica. È di forma quasi cilindrica, e delle dimensioni apparenti di mt 2,50 x 0,40 di diametro. Ad un terzo di lunghezza dell ogiva ha due piccole ali attaccate in basso, la cui apertura è di circa un terzo della sua lunghezza totale; non sono stati notati impennaggi di coda. La bomba finisce in acqua a circa metri dal nostro traverso a sinistra a poppavia del fumaiolo di poppa. Oltre alle considerevoli ripercussioni sullo scafo, si ha un fortissimo spostamento d aria; una grossa colonna d acqua biancastra (apparentemente di entità uguale a quella dello scoppio di una mina magnetica) ci investe dall estrema poppa fino all impianto di prora, incappellando alberi e fumaioli. La concussione d aria provoca la caduta in mare di diverse persone, circa una ventina, nonché, come in seguito constatato, la rottura di alcune tubolature e l incatastamento di alcune valvole. L accostata effettuata all ultimo momento dal Vivaldi, per mettersi perpendicolare alla traiettoria di caduta, quando la bomba era già in decisa picchiata e velocità, non è stata seguita dall arma, forse perché la velocità di caduta della bomba era tale che ogni ulteriore cambiamento di direzione (dovuto ad attrazione magnetica od altro), era soggetto a notevole isteresi. L esplosivo della carica deve essere di particolare potenza, perché in proporzione delle dimensioni della bomba, la colonna d acqua creatasi dal suo scoppio è stata maggiore a quella di una bomba di 2000 kg. Nella relazione del Sottocapo Furiere.., si legge: Si avvicinano due ricognitori tedeschi che girano sopra di noi per parecchio tempo, poi si allontanano. 5

6 Sopraggiungono tre bimotori tedeschi che ammarano nelle vicinanze. Imbarca il capo cannoniere.., il 2 capo.., il Ten. Vas.., alcuni marinai con alcuni feriti. L apparecchio riparte. Sopraggiunge ancora un bimotore che ammara. Due bimotori imbarcano parecchie persone tra cui il Maggiore.., il Ten..., il Cap. Commissario... Giunge sul cielo del naufragio un bimotore americano. Un aereo tedesco apre il fuoco contro di esso. L americano risponde immediatamente ed in tre passaggi incendia i tre bimotori che ancora erano ammarati. Con la motobarca ci si dirige per recuperare i naufraghi. Si raccolgono tutti, meno il Capo silurasti.., ed il Cann..., ferito al petto da proiettile dell aereo. Giunge una motosilurante tedesca che imbarca i naufraghi degli aerei tedeschi ed una quindicina di persone fra cui il Magg., il Ten..., il Cap. Commissario..., Il S.T. Vasc..., il Capo S.D.T. di 3ª.., il Capo S.D.T. di 2ª... Nel rapporto del Maggiore.., si legge: Verso le 11 il Vivaldi affonda rapidamente. Verso le 13 ammara un bimotore tedesco che imbarca circa 25 uomini col Direttore di Tiro Ten. Vasc... e parte subito. Verso le 16 ammarano altri tre apparecchi simili al primo, ma uno di essi fa avaria allo scafo durante la manovra. Gli altri due imbarcano anch essi circa 25 uomini ognuno, fra i quali sono anch io, ma mentre si è pronti a partire un caccia americano che ci sorvola sopra apre il fuoco. I tre apparecchi sono in fiamme e bruciano coi feriti gravi rimasti a bordo, Io raggiungo la motolancia dopo circa un ora e mezzo di nuoto. La notte verso le tre insieme ad una cinquantina di persone sono salvato da una motovedetta tedesca. Che raggiunge St. Raphael (Francia) l 11 verso le 14,30. Nulla so della sorte della rimanente parte dell equipaggio rimasto in mare. Da questo momento sono prigioniero dei Tedeschi e condotto al Golf Hotel dove sono prigionieri già circa 350 Ufficiali del R.E. I dati che compaiono nei rapporti del Ten. Costagliola e del marinaio Manenti trovano riscontro nei rapporti sopra citati. Bergamo, 25 Giugno 2007 b.c.d. 6

7 MARINA MILITARE ITALIANA Bergamo, 22 Aprile 1998 Ufficio Storico via Taormina Roma Egregio Comandante, ho avuto, in questi giorni, occasione di leggere un diario scritto da un marinaio bergamasco imbarcato sul R.C.T. "U.Vivaldi". Narra del combattimento sostenuto del "Vivaldi" nello stretto di Bonifacio l'8 Settembre 1943, del suo affondamento il 10, del naufragio e della permanenza in mare fino al 18 sui mezzi si salvataggio. E' un diario estremamente interessante e vivace. E drammatico. Per inquadrare meglio l'evento con notizie ufficiali, vorrei conoscere qualche cosa di più del "Vivaldi" e del suo servizio nella guerra, della sua fine e della fine del suo equipaggio. Il suo Comandante, se le notizie che possiedo sono esatte, era il Capitano di Vascello Francesco Camicia. E' possibile attraverso l'ufficio Storico della Marina risalire alle notizie che mi interessano? Le sarò grato per l'attenzione che vorrà prestare alla mia richiesta e per qualsivoglia informazione che mi vorrà fornire in merito. Grazie e cordiali saluti. STATO MAGGIORE MARINA Bergamo, 29 Luglio 1998 MARISTAT UAGRE 1º Ufficio Sezione Editoria via dell'acqua Traversa Roma Signor Comandante, faccio seguito alla vostra lettera del 18 Luglio u.s. (Prot. No ) per ringraziarvi del materiale gentilmente trasmesso relativo al RCT U.Vivaldi. Se mi sarà possibile venire a Roma, prenderò certamente contatto con voi per consultare altri documenti relativi al RCT Vivaldi Grazie e cordiali saluti. 7

8 STATO MAGGIORE della MARINA Bergamo, 3 ottobre 1998 Maristat Uagre - 1º Ufficio via dell'acqua Traversa Roma Egregio Comandante, per prima cosa un ringraziamento per l'ospitalità concessami in occasione della mia recente visita e per l'opportunità offertami di consultare la documentazione relativa al RCT Vivaldi. Sono però spiacente di non aver potuto acquisire tutte le notizie delle quali andavo alla ricerca e che mi sarebbero servite per integrare, chiarire, spiegare alcuni punti del diario di un marinaio del Vivaldi che aveva vissuto la tragedia dell'affondamento della nave e della traversata verso le Baleari. Volevo ricostruire l'intera linea di comando del Vivaldi. Ho potuto solo individuare Comandante, Vice-Comandante e Direttore Macchina: Capitano di Vascello Francesco Camicia, Tenente di Vascello Giovanni Peraldi, Maggiore G.N. Rodolfo Strudel. Chi erano gli altri ufficiali in comando? Chi era Direttore Tiro, chi Assistente di Squadriglia, ecc? Ho preso visione delle relazioni del Magg. G.N. Strudel e del Sottocapo Furiere Eugenio Costa. Molto interessanti perché descrivono il combattimento da punti di vista diversi da quello del Comandante e perché illuminano la sorte di quella parte dell'equipaggio che non ha seguito il Comandante Camicia sui mezzi di salvataggio diretti alle Baleari. Non avrei certamente utilizzato quei rapporti nella loro interezza, perché capisco perfettamente le ragioni della legge della privacy. Anche se nel caso di ricerche storiche la legge potrebbe essere meno vincolante. Mi sarebbero servite per illustrare il sacrificio di quell' Ufficiale e di quel Capo che non hanno voluto abbandonare la nave e sono affondati con essa. In un rapporto del Comandante Camicia se ne descrivono i comportamenti quasi come in una motivazione per ricompense al merito. Mi sembra un episodio che meriterebbe di essere ampiamente conosciuto. A membri dell'equipaggio sono state concesse ricompense al merito? Quali ne sarebbero le motivazioni? Infine avrei utilizzato l'elenco completo dell'equipaggio solo per scopi statistici, non essendo necessario ai miei scopi conoscere e divulgare nomi. Volevo, suddiviso per Ufficiali, Sottufficiali, Graduati, Marinai, costruire un prospetto con: Numero totale del personale al momento del combattimento; Numero dei morti nel corso del combattimento; Numero dei morti per ferite riportate nel combattimento; Numero dei superstiti imbarcati sui mezzi di fortuna e diretti in Spagna; Numero dei morti durante la traversata e sepolti in mare; Numero dei superstiti raccolti da unità aeree e da unità navali tedesche e trasferiti in Francia e poi nei campi di concentramento; 8

9 Numero dei superstiti raccolti da unità aeree alleate e da un sommergibile inglese e trasferiti ad Algeri e poi nei campi prigionia. In fine volevo rendermi ragione perché a bordo della nave, al momento del combattimento, si trovassero 240 persone, sarebbero dovute essere 280, mentre nella descrizione generale dell'unità si dice che l'equipaggio doveva essere costituito da 9 Ufficiali e da 164 Sottufficiali e Marinai. A tutti questi miei interrogativi oramai solo voi potete dare risposta. Sarebbe troppo da parte mia chiedervi di avere tanta pazienza e cortesia per farlo? So che chiedo molto, ma ve ne sarei grato. Per quanto riguarda la parte statistica alla quale accennavo, lavoro ingrato che richiede molta pazienza, lo potrei fare io se da voi potessi avere l'elenco completo del personale a bordo, fotocopiato mascherando i nomi. La legge della privacy non verrebbe infranta. L'elenco che mi interessa è facilmente identificabile tra i parecchi presenti nel fascicolo, perché è scritto in caratteri 4-5 volte maggiori di quelli di una comune macchina da scrivere e perché contiene parecchie stampigliature in inchiostro rosso, aggiunte in tempi successivi alla compilazione. Mi scuso per questa lettera forse eccessivamente lunga e per richieste certamente incaute e temerarie. Grazie e cordiali saluti. Accludo anche copia di una lettera scritta in Spagna MINISTERO MARINA MILITARE Bergamo, 25 Maggio 1999 Ufficio Storico Madrid Spagna Egregi Signori, sono alla ricerca di informazioni relative ad un gruppo di marinai italiani che, naufragati il 10 Settembre 1943 per affondamento della loro nave, il «RCT Ugolino Vivaldi», da parte di unità tedesche, dopo essere andati alla deriva su zattere di salvataggio per 10 giorni, alla fine sono approdati su territorio spagnolo. Vorrei sapere se nei vostri archivi ci sono documenti relativi a questo evento e vorrei sapere se questi marinai italiani, con loro c era anche il loro Comandante F.Camicia, sono approdati sulle coste delle Baleari o direttamente sul continente, e dove precisamente sono approdati, e per quanto tempo sono rimasti in territorio spagnolo prima di essere rimpatriati in Italia. 9

10 I dati mi servirebbero per integrare il diario che di quell evento ne ebbe a scrivere uno dei marinai, Battista Manenti di Chiuduno (Bergamo), diario che, per il suo grande interesse, vorrei rendere pubblico. Ma vorrei integrarlo con alcuni dati supplementari che nel diario mancano. Se nei vostri archivi ci sono documenti che corrispondono ai miei interesse, potrei averne fotocopie? Grazie per il cortese interessamento che vorrete prestare alle mie richieste. Mi scuso per il disturbo che le mie domande vi possono arrecare. Vi sarei grato se vorrete dare una risposta a questa mia lettera anche se le ricerche nei vostri archivi dovessero avere un esito negativo. Grazie e cordiali saluti. MINISTERIO MARINA MILITAR Bergamo, 25 Maggio 1999 Archivio Històrico Madrid (España) Me destoy buscando informaciones sobre un grupo de marineros italianos que llegaron a las costa españolas a raiz del naufragio del RCT Ugolino Vivaldi en el 1943, el 10 de Septiembre, causado par una unidad alemana. Es uno de los marineros que naufragaron naciò un diario de gra interes històrico; me estoy ocupando del diario de Battista Manenti de Chiuduno (Bergamo). Me estoy ocupando de añadir algunos datos que faltan en el mismo. Por esto me permito molestaros para asber si podeis ayudarme en ello. Os lo agredeceria muchisimo. Me gustaria saber, si fuese posible por favor, si en vuestro archivos ai noticia del naufragio, si los marineros llegaron a las Islas Baleares o directamente en España o exactamente donde llegaron, y durante quanto tiempo estuvieron en España antes de ser reempatriados en Italia. Con los marineros italianos estaba su Comandante F.Camicia. Se que pido y os molesto a lo mejor demasiado, pero si en vuestro archivos hubiesen documentos que hablasen de lo que me estoy ocupando, podria obtener un fotocopia? Os agradezco muchisimo por todas las informaciones que podais darme y os pido disculpas por la molestias que os he podido dar. Una ultima cosa, si fuese posible recivir una respuesta a mi carta aunque no hayais encontrado nada en vuestros archivos. Muchisimas gracias. Bergamo, 25 Giugno 2007 b.c.d. 10

11 IL R.C.T. UGOLINO VIVALDI, LA SUA TRAGICA FINE E LE STORIE DEI SOPRAVVISSUTI ( Tobia Costagliola ) INTRODUZIONE La descrizione tecnica dell Ugolino Vivaldi è stata già presentata, con dovizia di particolari, da Camillo Bianchi insieme alla sua storia. Per puro caso sono venuto a conoscenza che le vicende del Vivaldi e dei suoi naufraghi erano rievocate nel documento della Fondazione Bergamo nella storia. Leggendo il diario di Battista Manenti ho pensato subito alla sorte di coloro che, come Nicola Costagliola, mio padre, ebbero la fortuna... di essere salvati per primi... per finire poi nei campi di concentramento tedeschi. Il testo che segue è la trascrizione integrale della relazione manoscritta da mio padre e da me custodita insieme a tutti i suoi documenti militari e mercantili ed alle decorazioni ricevute. La relazione fu richiesta a mio padre quando, rientrato dalla prigionia, si presentò al suo Comando. Fu redatta in tutta fretta e presentata dopo soli quattro giorni. Mio padre non era ancora nelle condizioni ideali per scrivere quanto accadutogli negli ultimi due anni e avrebbe preferito essere aiutato a dimenticare, almeno in quei giorni, quanto veniva invece invitato ad evocare... Tuttavia si sforzò a scrivere, limitandosi a descrivere succintamente il naufragio ed i fatti che seguirono, quasi rifiutandosi, istintivamente, di entrare in quei dettagli che, negli anni successivi, furono al centro dei suoi incubi ricorrenti e dei suoi racconti. Come si noterà nella relazione, sono più dettagliati gli avvenimenti più lontani che quelli più recenti. Nicola Costagliola, nato a Procida (Napoli) il 9 febbraio 1905, era ufficiale di macchine della Marina mercantile italiana quando fu costretto ad interrompere la sua attività e la sua carriera fin dal novembre del Si trattava di «richiamo in temporaneo servizio attivo per esigenze militari di carattere eccezionale». Anche precedentemente era stato comunque richiamato per brevi periodi. Ha alternato periodi di imbarco su varie unità con periodi di lavoro, nei depositi di Brindisi e nell arsenale di Taranto e, dopo l entrata in guerra dell Italia, ha servito come sottotenente e poi come tenente del Genio navale direzione macchine, prima sul Regio cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello e poi sul Regio cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi. Il 27 luglio 1941 ha prestato giuramento presso il Comando del R.c.t. Malocello. Arrivò sul Vivaldi, a Napoli, il 7 aprile 1943, durante i lunghi lavori di riparazione seguiti alla tragedia di Pantelleria. Dopo i lavori, la nave partecipò a varie attività belliche nel Tirreno subendo anche molti attacchi nemici. La relazione di mio padre parte dal 7 settembre del 1943, a Genova. Alcune note allegate sono appunti da me tratti, sui racconti di mio padre e del maggiore Rodolfo Strudel, quando ero ancora ragazzo e, negli anni successivi, ogni qualvolta si parlava di guerra e di prigionia. 11

12 Personalmente, come descritto in una delle note che seguono, ricordo il Vivaldi, a Procida, forse proprio nel giorno in cui, dopo l incursione aerea descritta da Battista Manenti, partiva per Genova. Inizia da quel giorno la serie di fortunose vicende che dopo due anni si concludono con l arrivo a casa, duramente provato nel corpo e nello spirito, ma miracolosamente vivo! Nel 1946 riprende la sua attività nella Marina mercantile. Infatti, il 10 ottobre 1946, partiva da Napoli, per raggiungere, a Genova (si ricomincia da Genova...) la Mn Sestriere che avrebbe portato negli Stati Uniti con la Nuova spedizione dei Mille. Fu infatti definita Spedizione dei Mille il viaggio della nave Sestriere che portava negli Stati Uniti ben mille marittimi, componenti 50 equipaggi per altrettante navi tipo Liberty, assegnate alla Marina mercantile italiana. Dopo circa tre mesi trascorsi negli Stati Uniti, Nicola Costagliola partiva, in data 3 gennaio 1947, dal porto di New York, in qualità di secondo ufficiale di macchine, sul piroscafo Henry Doge, ribattezzato Giovanni Amendola, riprendendo così la vita interrotta bruscamente ben 10 anni prima... Nicola Costagliola andrà poi in pensione il 12 settembre

13 RELAZIONE DEL TEN. G. N. / D. M. / C. COSTAGLIOLA NICOLA FU TOBIA DOMICILIATO A PROCIDA IN VIA DANTE 3 (NAPOLI) Imbarcato sul R.C.T. U. VIVALDI, quale ufficiale di macchina alle dipendenze del Magg.re G..N./R.S./ Rodolfo STRUDEL, riferisco sugli avvenimenti dall in poi, relativamente alla mia persona. L unità, al comando del Cap. di Vasc. Francesco CAMICIA, era, dal 7 settembre a GENOVA per eseguire il cambio dei gruppi elettrogeni, quando ricevette l ordine di approntarsi rapidamente alla partenza. Il mattino dell 8 settembre si era pronti a muovere in un ora. Verso le ore 18.30, giunse l ordine di muovere per CIVITAVECCHIA e si partì di fatto verso le 19.30, mentre dalle altre unità che erano in porto giungevano grida confuse e correva tra l equipaggio la voce dell armistizio. Durante la notte si sentì alla radio l effettiva notizia dell armistizio e degli ordini impartiti dal Comando della Marina inglese. Ma, non essendo giunta nessuna comunicazione ufficiale, si proseguì la navigazione con rotta su CIVITAVECCHIA. Nella notte, il C.T. DA NOLI si accodò alla nostra unità. Alle ore 9 del 9 Settembre venne invertita la rotta su LA SPEZIA e, un ora dopo, si ritornò ad invertire la rotta e si dirigeva verso LA MADDALENA. Si navigava senza ancora nulla di preciso. Alle ore 12 circa, il Capo Comm. Paolo PELLETTIERI mi riferiva che un nuovo ordine stabiliva di dirigere verso BONA passando per le BOCCHE DI BONIFACIO e distruggendo i mezzi nemici incontrati sulla rotta. Verso le ore circa, due corvette tipo ORSA raggiungevano la nostra unità ed il Comandante di una delle unità predette informava a voce il nostro Comando che batterie della SARDEGNA e della CORSICA, sul tratto delle BOCCHE DI BONIFACIO, erano in mani tedesche e consigliava di non tentare il passaggio. Il Comandante decise di eseguire l ordine ricevuto e continuò la rotta. Poco prima delle ore 15.30, venne battuto il posto di combattimento e si entrava infatti nella parte più stretta delle BOCCHE. Alcuni minuti dopo si iniziava il fuoco e venivano distrutte alcune motozattere ed altri piccoli mezzi tedeschi. Ma, poco dopo, un fuoco intenso si levò dalla costa Sarda e da quella Corsa e l unità fu colpita alla caldaia n. 1 e successivamente a prua con una falla di circa 70 cm per un metro. Vi furono alcuni morti ai complessi, alle mitragliere, in caldaia e molti feriti. Anche la caldaia fu spenta perchè invasa dal fumo e da entrata d acqua la cui provenienza non potè essere accertata per la mancanza di luce. Fu colpita anche la caldaia 3, il locale dinamo ed, a poppa, il quadrato Ufficiali, la cabina del Comandante, il locale frigorifero. Di conseguenza, le tubolature di spinta nafta cald. n.1 e le tubolature alimento cald. 3 erano avariate con probabile avaria ai pozzi caldi ed alle casse di riserva. La situazione si presentava disperata ed aggravata anche dalla mancanza di luce nei locali. Era necessario accendere la caldaia 4 e rimettere in moto le macchine ma i fuochisti, riversi a poppa, si rifiutavano perchè presi dal panico. In questo momento alcuni dell equipaggio si lanciavano in mare nel tentativo di guadagnare la costa. Fu a questo punto che il direttore di Macchine ed il sottoscritto, costretti ogni tanto a lanciarsi a terra per il tiro nemico, cercarono di avvicinare i fuochisti per infondere loro coraggio e la necessità di operare. 13

14 Così si riuscì a convincere un gruppo a venire ad accendere la caldaia già menzionata. Col sottoscritto, veniva in caldaia il 2 Capo Mecc. SIGHINOLFI, il S.C. Mecc. FERRARA, il S.C. ZARDIN ed alcuni fuochisti. L unità dopo poco riuscì a muovere e ci allontanammo di alcune miglia mentre il C.T. DA NOLI ci passava sulla sn verso la costa Sarda. Qualche istante dopo il DA NOLI fu visto saltare in aria essendo andato probabilmente su un banco di mine. Vidi poi all orizzonte tre C.C.T.T. ed un incrociatore tipo Condottiero Romano (1) ma non potei precisare dove andassero e perchè si trovassero in quella zona. Durante il combattimento, fummo ripetutamente attaccati anche da aerei tedeschi che mitragliarono l unità e sganciarono a breve distanza tanto che la nave fu colpita da colonne d acqua. A bordo, intanto, mancava la luce e non fu possibile controllare le perdite d acqua che si verificavano nel locale cald. 1 2, motrice principale e cald. 3. La nostra unità, dopo aver navigato per oltre 50 miglia, si fermava per le gravi avarie riportate all apparato motore e per la completa mancanza di acqua, dopo aver tentato insieme al Direttore di macchine ogni cosa per fronteggiare le numerose avarie e gli allagamenti, sia in caldaia 1 e 2, che in macch. di pr. Riusciti vani tutti i tentativi per salvare la nave che affondava, il mattino del 10 Settembre fu deciso l abbandono della nave. Si caricarono sulle imbarcazioni i feriti e parte dell equipaggio, il sottoscritto insieme al Direttore di macchine ed il T.V. ATTIANESE nella lancia e molti altri nella motolancia. La nave affondava poco dopo. Verso le ore 11 un aereo tedesco da ricognizione ci scopriva e ci segnalava. Verso le ore 14 vennero sul posto 4 aerei di soccorso che, malgrado il mare mosso, riuscirono ad ammarare. Su uno prese posto, con parte dei feriti, il T.V. DE MASI e il Capo cannoniere, mentre altri mezzi si dirigevano verso gli altri aerei. Il sottoscritto ed il Magg. STRUDEL, il Capitano Comm.CAPPELLI Carlo e i S.T.V. ODDONE e SACCHINI ed alcuni feriti, prendevano posto su di un aereo mentre, su di un altro aereo, prese posto il Capo Comm. PELLETTIERI Paolo, il Comandante in 2 ed altri feriti. I nostri mezzi, con a bordo coloro che non erano stati potuto essere presi a bordo agli aerei, si allontanarono. Dopo circa mezz ora, mentre si stava per partire, sopravvenne un aereo non identificato che, abbassandosi sull acqua, iniziò un intenso fuoco sugli aerei che si accingevano a prendere quota. In breve gli aerei andarono distrutti tranne quello su cui aveva preso posto il T.V. DE MASI che si era allontanato poco prima. Il sottoscritto, con gli altri colleghi, riuscì a stento a gettarsi in mare diventando un bersaglio dello stesso mitragliamento. Malgrado il mare agitato, nuotai per circa un ora e 15 minuti riuscendo a raggiungere un mezzo di salvataggio. Nella notte, verso le 2 circa, una vedetta tedesca venne sul posto e tutti circondammo il mezzo nella speranza di essere presi a bordo; ma soltanto un gruppo ci riuscì perchè il comandante dell unità tedesca, dopo aver salvato i connazionali, mise le macchine in moto e si allontanò. Restammo con alcuni feriti che eravamo riusciti ad issare a bordo, tutta la notte in coperta, senza alcun soccorso da parte i componenti dell equipaggio tedesco (2). 14

15 Portato a ST.RAPHAEL (Francia) insieme agli altri e, separato subito dai marinai e sottufficiali che furono avviati al campo della Lega, insieme agli altri ufficiali, fummo accompagnati al GOLF HOTEL dove restammo circa un mese ricevendo qualche soccorso dagli ufficiali dell esercito che erano concentrati nello stesso hotel. Dal GOLF HOTEL, il fummo portati alla cittadella di LEMBERG (Polonia) ed ivi rinchiusi. Durante la permanenza a LENBERG, era comandante del campo il T.V. Medaglia d oro BRIGNOLI. Qui fui più volte invitato ad aderire alla R.S.I. come combattente o come lavoratore e, mentre alcune centinaia di ufficiali aderivano, io rifiutai, preferendo la fame ed il freddo al disonore. Eravamo, infatti in condizioni di assoluta inferiorità, per la mancanza di indumenti e di ogni scorta di viveri (3). Il giorno 12 gennaio 1944, fummo trasferiti da LENBERG in GERMANIA e precisamente a WIETZENDORF ( KR. SOLTAU ) OFLAGER 83 (4). Anche in questo campo fui invitato più volte a far parte della R.S.I., come combattente o lavoratore, ma ho sempre rifiutato nel modo più categorico. Dopo 18 mesi di freddo, fame e di indescrivibili sofferenze, contrariamente alla mia volontà, il giorno 7 febbraio 1945, dalle autorità tedesche fui preso insieme ad altri ufficiali e mandato, obbligatoriamente, a lavorare quale manovale presso la costruzione della centrale elettrica di ALT-GORGE (LUNEBURG) (5). Il 20 aprile 1945 fui finalmente liberato dalle truppe inglesi e portato nel centro di raccolta di HALDERN dove giunsi il 5 maggio c.a.(6). In questo centro di raccolta sono stato sempre vettovagliato dall amministrazione dell U.N.R.R.A. e sono stato rimpatriato il 30 agosto 1945 per poi giungere a Napoli il 16 settembre. Sotto la mia diretta responsabilità dichiaro che quanto scritto nella relazione corrisponde esattamente a verità e di non essere in possesso di altra documentazione. PROCIDA, li 22 settembre 1945 Il dichiarante NICOLA COSTAGLIOLA. VERBALIZZAZIONE DELLE PRECISAZIONI RICHIESTE AL MOMENTO DELLA CONSEGNA DELLA RELAZIONE : a.d.r. Il Cap. di Vascello Francesco CAMICIA dette l ordine di abbandonare la nave dopo essersi accertato che la nave si sarebbe inabissata. a.d.r. Nella motolancia e nella lancia di salvataggio l imbarco avvenne ordinatamente. a.d.r. L uff.le in 2 T.V. PERALDO ha sempre coadiuvato il Com.te e diresse le operazioni di imbarco durante l abbandono della nave. a.d.r. Non so dare indicazioni circa gli altri che non poterono salire sulla vedetta tedesca. 15

16 a.d.r. Non conosco i nomi degli ufficiali del R.E. che, assieme ad ufficiali tedeschi, ripetutamente ci invitavano ad aderire alla R.S.I. NOTE Da ricordi e testimonianze raccolte da Tobia Costagliola, secondogenito di Nicola Costagliola ( 1 ) Si trattava dell incrociatore REGOLO e dei c.t. FUCILIERE, MITRAGLIERE e CARABINIERE seguite a breve distanza dalle torpediniere ORSA, PEGASO ed IMPETUOSO. Queste navi, seguite da altre unità minori, salvarono poi alcuni superstiti del VIVALDI, del DA NOLI e della ROMA. Questo gruppo di navi, al comando del Cap. di vascello MARINI, cariche di feriti e di naufraghi, si diressero a PORTO MAHON nelle BALEARI (Le torpediniere PEGASO ed IMPETUOSO, gravemente danneggiate, si autoaffondarono). ( 2 ) Nel 1975 incontrai l ing.oddone, direttore delle Vendite Marina della SHELL di Genova, che mi raccontò un curioso aneddoto relativo al naufragio del VIVALDI. ODDONE era sottotenente di vascello del VIVALDI ed era riuscito ad imbarcarsi, con Nicola COSTAGLIOLA, alcuni ufficiali ed un gruppo di feriti, su uno degli aerei tedeschi che, non facendo in tempo a decollare, fu mitragliato ed affondato. Tutti gli occupanti dell aereo, feriti inclusi, riuscirono miracolosamente a salvarsi lanciandosi in mare. L acqua del mare diventava sempre più gelida ed alcuni naufraghi, esasperati, riuscirono ad indossare, sui propri indumenti laceri e ghiacciati, quelli tolti ad alcuni cadaveri che galleggiavano nelle vicinanze. Quando, nella notte, arrivò la motovedetta tedesca, Nicola COSTAGLIOLA ebbe la fortuna, insieme ad altri, di essere ammesso a bordo mentre il S.T.V. ODDONE fu tra gli sfortunati che furono lasciati in mare. Nicola COSTAGLIOLA fece in tempo a togliersi la tuta ed a lanciarla ad ODDONE che subito la indossò in acqua sopra i suoi indumenti. ODDONE mi disse che era stato rimpatriato dalle BALEARI ma non mi precisò se seguì la sorte del gruppo a cui appartenevano MANENTI ed il Comandante CAMICIA o se fu tra quelli che furono salvati dalle navi al comando del Cap. MARINI. Rimpatriato dopo circa 5 mesi, ODDONE spedì al nostro indirizzo tutti i documenti ed il portafoglio con le foto di famiglia rinvenuti in una tasca interna della tuta, ben protetti dall acqua. Fu così che, mia madre e tutta la famiglia che già piangeva nostro padre morto in mare, apprendemmo che nostro padre si era salvato dal naufragio e fatto prigioniero. Dalla disperazione passammo alla trepida attesa e alla speranza di rivedere presto nostro padre. Papà ritornò a casa soltanto il 16 settembre 1945, dopo circa 20 mesi di prigionia e ben 2 anni di assenza da casa. Si presentò a casa vestito con un campionario di indumenti appartenenti a tutte le armi... : un paio di stivaloni da fanteria, impolverati e con le suole schiodate, pantaloni da aviatore, un giubba grigio verde ed in testa una bustina da fante. Su tutto spiccava uno zaino logoro ed un grosso 16

17 bastone. Mi chiedevo chi potesse essere questo sconosciuto vestito in modo così bizzarro e, solo dopo un po', tra le grida e i pianti di gioia di mia madre e mia nonna, realizzai che quello sconosciuto era il mio papà. Mi aveva preso in braccio e baciato, l ultima volta, ben 25 mesi prima...! Era la prima settimana di settembre del 1943: il VIVALDI era a PROCIDA «di poggiata», ancorato a ridosso della punta di Solchiaro con tutti i cannoni puntati verso il mare ed una bandiera enorme che sventolava di poppa. Arrivai sotto bordo in braccio a mia madre su una piccola barca di pescatori. A mia madre non fu concesso il permesso di salire a bordo e, mentre mio padre, sceso nella barca, salutava mia madre, io fui preso in braccio da un ufficiale che mi portò sulla nave. Pochi ricordi, poche nitide immagini che sono ancora oggi scolpite nella mia mente: un barboncino nero che abbaiava e mi faceva festa; i marinai ed alcuni ufficiali che mi coccolavano; un ferito, con la testa bendata, dalla sua cuccetta che mi porgeva una scatoletta metallica contenente della cioccolata e dei biscotti; il quadrato ufficiali con un lungo tavolo e tante poltroncine tappezzate in rosso... Poi il saluto affettuoso di papà... che portavo sempre nel mio cuore specialmente quando, durante la notte, mia nonna, svegliata dal ticchettio del telegrafo che proveniva dall ufficio postale sottostante, chiamava mia madre che era nella camera accanto e ripeteva: «Chiara... senti... forse ci sono buone notizie...» ed io mi rigiravo nel letto ascoltando mia madre che piangeva e pregava. ( 3 ) Mio padre raccontava spesso quante angherie e maltrattamenti dovettero subire quando si rifiutarono di firmare. Gli tolsero tutti gli oggetti personali e, nonostante il freddo invernale, gli ridussero il vestiario al minimo costringendolo spesso a restare nudo all aria aperta sotto la pioggia o sotto la neve. La somministrazione del rancio era ridotta al minimo mentre gli altri ufficiali, quelli che avevano firmato, ostentavano, sollecitati dai tedeschi e alcuni ufficiali superiori italiani, gavette piene e finanche delle sigarette fumanti. Naturalmente le punizioni erano frequenti e venivano causate da provocazioni continue degli stessi tedeschi che non concedevano alcuna tregua nè di giorno nè di notte. I tedeschi avevano il calcio del fucile sempre pronto a colpire il capo o lo stomaco dei poveri malcapitati... ( 4 ) Nicola COSTAGLIOLA è morto nel 1983 all età di 78 anni. I due anni di prigionia ed i due rigidi inverni del 1943 /44 e 1944 /45 lo avevano segnato al tal punto che, ancora dopo molti anni, aveva degli incubi notturni durante i quali si agitava e gemeva fin quando mia madre non lo svegliava temendo che gli potesse veramente venire un malore (tra il 1954 e il 1983 aveva avuto ben tre infarti). Il brutto sogno era sempre lo stesso: «AUSTRETEN! AUSTRETEN!» : erano gli ordini di adunata all esterno della baracca con cui i tedeschi, nel cuore della notte, si divertivano a svegliare i prigionieri... Li tenevano fuori, nel fango putrido o nella neve, per ore interminabili, sull attenti... Molti svenivano e guai a chi li soccorreva! Qualcuno crollava per non alzarsi mai più... Poi, 17

18 all improvviso veniva dato l ordine di rientro... per ritornare fuori con la luce del giorno per il solito appello, pulizie, disinfezione maniacale... Questo trattamento era riservato a tutti quegli ufficiali che non avevano accettato di firmare l adesione alla R.S.I. Agli stessi veniva ridotta al minimo la somministrazione dei viveri. Molte volte la brodaglia di rape puzzolenti veniva versata fuori della gavetta cadendo addosso o sui piedi degli sventurati che poi incorrevano in punizioni perché erano sudici... I tedeschi cercavano con ogni mezzo di fiaccare la resistenza e la determinazione dei prigionieri e portarli alla disperazione ed al cedimento ma, nonostante questi maltrattamenti che causarono anche molte morti, il gruppo di ufficiali rimase sostanzialmente compatto e non cedette restando fedele al giuramento. Comprensibilmente, soprattutto qualche giovanissimo, esausto e ridotto allo stremo si arrese... In altre baracche, dove c erano quegli ufficiali che avevano firmato, era consentito di ricevere i pacchi che arrivavano dal Nord Italia dai familiari o dalla Croce Rossa. Ma anche a costoro, sia i soldati che gli ufficiali tedeschi facevano ogni sorta di dispetti. Innanzitutto aprivano i pacchi e li depredavano... Quel poco che restava a volte lo mescolavano con l intenzione di renderlo inutilizzabile o lo versavano a terra... Questi prigionieri erano comunque dei privilegiati e alcuni, di nascosto, passavano qualcosa al gruppo di mio padre. Egli amava raccontare che un giorno riuscì a preparare un pranzo (...) completo di dessert...! Un giovanissimo ufficiale, nottetempo, era riuscito a prelevare dai rifiuti della cucina del personale tedesco alcune patate mezze marce ed una grossa quantità di bucce. Mio padre riuscì a cuocere malamente sia le patate che le bucce, che vennero divise tra una dozzina di persone... E poi, la chicca...: da una sola grossa patata ben pelata, schiacciata ed amalgamata con neve sciolta e pochi grammi di zucchero avuti dalla baracca accanto, ottenne una crema semidolce che fu distribuita in misura equivalente di un cucchiaino a testa!... Dalle bucce di patate, ben pulite ed asciugate, dopo un po' di stagionatura accelerata vicino allo stufone si ricavava un pregiato tabacco con cui si confezionavano le sigarette... Mio padre aveva conservato una venerazione... per le patate... fino alla sua morte. Infatti, spesso, a tavola, nel degustare qualche pietanza preparata da mia madre o mia nonna, soleva dire: «Ci potevi mettere due patate...». E lo diceva anche per quelle pietanze laddove le patate non ci azzeccavano per niente... E noi figli ridevamo senza renderci conto di tutto quanto c era dietro... Lo "stufone", soprattutto nell ultimo inverno, non dava caldo a sufficienza. Mio padre aveva ricavato, da una lattina vuota di minestrone della Croce Rossa (svuotata nella baracca accanto ) del contenuto di circa tre quarti di litro, una specie di fornello tutto fare. La lattina era stata perforata in maniera molto precisa e simmetrica; la base era stata parzialmente aperta mentre la parte superiore era stata aperta a forma di carciofo, ribadita e rinforzata. Come funzionava? con una piccola candela accesa all interno si riusciva a riscaldare il contenuto di una gavetta... e a riscaldare le mani di più persone... Questo cimelio, che visto ancora oggi, può essere definito un opera d arte, uscì dallo zaino di mio padre ed è ancora in mio possesso, a perenne memoria delle vicende a cui è legato... Anche nel campo di WIETZENDORF i prigionieri venivano radunati a squadroni, quasi tutti i giorni, e costretti a restare denudati, mentre gli stracci che indossavano venivano disinfettati. 18

19 Questo succedeva sia sulla neve ghiacciata sia nel fango lurido e nauseabondo. Lo scenario che mio padre riusciva ad evocare era da girone infernale... (penso, ancora adesso, ad alcune scene dantesche di G. Dorè trovate su alcuni vecchi fascicoli conservati in casa): scheletri giallastri che spiccavano sul bianco della neve o si confondevano nelle pozzanghere fangose alimentate dalla pioggia che non mancava quasi mai... Mentre i corpi erano immobili e si trascinavano faticosamente, solo gli occhi di questi individui ridotti a larve, brillavano, luccicavano di una luce misteriosa e terribile... Papà diceva che era la luce della fede incrollabile, della consapevolezza che le loro decisioni erano giuste e della loro determinazione a resistere... Alcuni corpi appartenenti a panciuti alti ufficiali si distinguevano dagli altri per ciò che restava delle loro pance e dei grossi sederi: delle borse pendenti di pelle avvizzita... Questa era la descrizione impietosa che mio padre faceva per darci l idea delle estreme condizioni di vita in quel campo... ( 5 ) Era arrivata, dopo essere stata largamente contrastata, la precettazione per il lavoro fuori dal campo. Nonostante le precarie condizioni fisiche già descritte, un gruppo di poveri disgraziati fu prelevato e trasportato ad ALT GORGE. Appena arrivati, furono ammassati contro un recinto che divideva l area di lavoro da un terreno agricolo. Al di là della rete, mio padre scorse, come in una visione, una bimba dell età di 5/6 anni che mangiava del pane e ne porgeva un pezzo tendendogli la piccola mano... Egli ravvisava in quella bambina la sua piccola ANTONIETTA che l aspettava a PROCIDA... Con le lacrime agli occhi, riuscì a prendere quel pezzetto di pane come un buon auspicio e col convincimento che le tribolazioni stavano per finire... Lo conservò gelosamente fino al ritorno a casa, quando fu estratto da quel famoso zaino e mostrato a tutta la famiglia... Il pezzetto di pane della bambina non portò subito l attesa fortuna... Si era all inizio di nuove sofferenze... La parola d ordine per tutti quelli che avevano giurato era di «non lavorare!». Infatti ad ALT GORGE, dove mio padre fu portato per lavorare come manovale, tutto il gruppo,appena arrivato, cominciò a non collaborare, attuando una forma di astensione che li portò tutti in campo di punizione. Fu lì che li trovarono gli inglesi al loro arrivo. Molti prigionieri erano stati costretti ad entrare in grossi sacchi che venivano sistematicamente chiusi sulla testa. I sacchi erano sistemati intorno al campo a mo di trincea e molti di loro caddero sotto i colpi degli stessi Inglesi... Mio padre ed altri restarono incolumi nei sacchi che i tedeschi non erano riusciti a chiudere... Le sofferenze erano terminate!... Si ritornava a casa!... ( 6 ) In realtà non si tornò subito a casa. Tutti i prigionieri liberati furono portati ad HALDERN e lì tenuti dal 5 maggio al 19 agosto del All'euforia delle prime ore di liberazione subentrò, in tutti, uno stato di completa apatia e di abbandono fisico. Il campo di HALDERN fu, per alcune settimane, un grande ospedale da campo, dove giacevano centinaia di corpi ridotti a relitti umani. C era da mangiare, da bere ma tutti sentivano soltanto un gran bisogno di riposo. Mio padre, come 19

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