Gli oneri di funzionamento degli organi politici regionali : una analisi comparata

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1 Gli oneri di funzionamento degli organi politici regionali : una analisi comparata All interno: nota di sintesi In allegato: schede di analisi e tabelle comparative gennaio 2011

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3 Servizio per l assistenza giuridico-legislativa in materia di affari istituzionali Gli oneri di funzionamento degli organi politici regionali : una analisi comparata 3

4 Riproduzione e diffusione ad uso interno. I testi della normativa statale e delle altre regioni sono tratti dall'opera Leggi d'italia Professionale di Wolters Kluwer Italia Professionale SpA. E' in ogni caso esclusa la possibilità di riproduzione commerciale a scopo di lucro dei testi di cui trattasi. 4

5 INDICE 1. Introduzione 7 2. Il quadro costituzionale e la legislazione statale di coordinamento della finanza pubblica 8 Il quadro costituzionale 8 La legislazione statale di coordinamento della finanza pubblica limitativa degli oneri di funzionamento degli organi politici regionali 9 3. Il trattamento economico dei consiglieri nelle varie regioni e province autonome 14 Il fondamento statutario 14 La struttura del trattamento economico dei consiglieri regionali 16 L indennità consiliare 16 I rimborsi spese 18 Un tentativo di confronto tra le regioni 20 Il trattamento dei consiglieri regionali investiti di particolari funzioni 21 I trattamenti differiti e previdenziali e la loro funzione 22 Sistemi di gestione, finanziamento ed erogazione dei trattamenti 23 Contribuzione obbligatoria e volontaria a carico dei consiglieri 24 Trattamenti di fine mandato 25 L anticipazione del trattamento di fine mandato 27 L indennità di fine mandato nel Trentino- Alto Adige 27 L assegno vitalizio: i requisiti 28 Misura dell assegno vitalizio 30 Il sistema a capitalizzazione introdotto nelle regioni Trentino Alto Adige e Valle d Aosta 30 Reversibilità dell assegno vitalizio 32 Coperture assicurative 33 Divieti di cumulo Il trattamento economico dei membri delle giunte regionali Le dimensioni degli organi statutari regionali 38 La dimensione dei Consigli regionali 38 Numero degli organi consiliari 40 La dimensione delle Giunte regionali 41 I gruppi consiliari: dimensioni e oneri di funzionamento 44 5

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7 1. Introduzione La questione degli oneri di funzionamento degli organi politici, nell ambito del tema più generale dei costi della politica, da alcuni anni attrae l attenzione dell opinione pubblica, sollecitata da inchieste giornalistiche e da opere divulgative. L argomento è diventato quindi uno dei punti ricorrenti delle agende politiche sia a livello nazionale che regionale, sfociando talora in provvedimenti legislativi aventi per obiettivo il contenimento di tali oneri. Per quanto riguarda la Regione Friuli Venezia Giulia, nel corso della IX legislatura sono state depositate due proposte di legge di iniziativa consiliare sull argomento (la n. 266 di iniziativa dei consiglieri Gottardo ed altri e la n. 282 di iniziativa dei consiglieri Ciriani ed altri); mentre varie proposte sono state depositate o preannunciate nel corso dell attuale legislatura. 1 Il presente dossier di approfondimento intende fornire elementi conoscitivi oggettivi in tale materia, con riguardo agli organi politici regionali, offrendo una analisi comparata delle discipline che, nelle varie regioni e province autonome, incidono, direttamente o indirettamente, sugli oneri di funzionamento di tali organi, esaminando anche le recenti misure di contenimento di tali oneri adottate dal Parlamento nell esercizio della potestà di coordinamento della finanza pubblica. L analisi si è sviluppata sulle seguenti tematiche: Il quadro costituzionale e la legislazione statale di coordinamento della finanza pubblica limitativa degli oneri di funzionamento degli organi politici regionali il trattamento economico dei consiglieri regionali il trattamento economico dei membri delle giunte regionali la dimensione degli organi regionali statutari 1 Nell ambito della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e Province autonome, è stato realizzato nel 2007 uno studio sugli emolumenti dei consiglieri regionali che viene periodicamente aggiornato (reperibile sul sito all indirizzo: 7

8 Le fonti normative da cui sono tratte le informazioni utilizzate per la ricerca sono aggiornate al 31 agosto Ulteriori dati e informazioni sono stati desunti dai siti ufficiali dei Consigli regionali e delle Giunte regionali e sono pure aggiornati al 31 agosto Si precisa inoltre che la presente ricerca non tiene conto degli effetti derivanti sul trattamento economico dei consiglieri regionali, a decorrere dall 1 gennaio 2011, dalle riduzioni disposte dall Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati nel luglio Il dossier si articola nella presente nota di sintesi e in schede di analisi, corredate da tabelle comparative, in cui si evidenziano e confrontano i dati e le norme relativi alle varie regioni. Occorre fin d ora precisare che i dati monetari riportati, nel caso in cui non siano stati pubblicati sui siti istituzionali, sono stati elaborati a partire dai dati normativi disponibili ed hanno pertanto un valore meramente indicativo. 2. Il quadro costituzionale e la legislazione statale di coordinamento della finanza pubblica Il quadro costituzionale Per quanto riguarda le regioni ordinarie, prima delle riforme costituzionali del 1999 e del 2001, l art. 123 cost., allora vigente, riservava alla competenza degli statuti ordinari approvati con legge statale - la disciplina dell organizzazione interna della Regione (e quindi anche degli organi politici, compreso il trattamento economico dei relativi componenti), con il limite dell armonia con la costituzione e con le leggi della Repubblica, anche se alcuni aspetti di rilievo, quali la dimensione dei consigli regionali, erano definiti da una legge dello Stato (la legge 108/1068), che in quel contesto costituzionale, deteneva la competenza legislativa in materia di elezioni regionali, compresa la definizione del numero dei consiglieri regionali: infatti il vecchio art. 122 riservava alla legge statale il sistema d'elezione, il numero e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri regionali. Le riforme costituzionali del 1999 e del 2001 hanno rafforzato l autonomia regionale, sia in quanto gli statuti ordinari, cui ora è riservata dal nuovo art. 123 cost. la determinazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della regione, sono approvati con legge regionale soggetta al solo limite dell armonia con la 8

9 costituzione, sia perché la materia dell organizzazione regionale è ora collocabile fra quelle spettanti alla potestà legislativa regionale di tipo esclusivo-residuale. Inoltre le regioni ordinarie hanno acquisito una competenza legislativa concorrente in materia elettorale, essendo riservata alla legge statale la determinazione dei principi fondamentali in materia di elezioni regionali e della durata dei consigli regionali, ma non più del numero dei consiglieri: infatti il nuovo testo dell art. 122 cost. prevede che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principî fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. Tale ampliamento dell autonomia regionale consente, pertanto, oggi a ciascuna regione di determinare, con il proprio statuto, le dimensioni delle assemblee regionali. Per le Regioni a statuto speciale, gli statuti di rango costituzionale definiscono gli elementi essenziali degli organi politici regionali (tra cui la dimensione delle assemblee), rinviando la disciplina di dettaglio alla competenza legislativa regionale di tipo primario (e per alcuni aspetti alla legge regionale statutaria e al regolamento interno delle assemblee legislative). Le riforme costituzionali del 1999 e del 2001 hanno riguardato anche la forma di governo regionale: uno dei principali effetti delle riforme, sotto il profilo del funzionamento degli organi politici, è stata la scissione, in linea di principio, tra la carica di assessore regionale e quella di consigliere, con la possibilità di avere tutti o solo alcuni assessori non appartenenti all organo legislativo (mentre prima delle riforme tutti gli assessori erano al tempo stesso consiglieri regionali e beneficiavano del relativo trattamento economico). Le regioni hanno pertanto dovuto disciplinare specificamente il trattamento economico di tali nuove figure istituzionali, con esiti, come si vedrà, alquanto eterogenei. La legislazione statale di coordinamento della finanza pubblica limitativa degli oneri di funzionamento degli organi politici regionali La riforma costituzionale del 2001, nel ridefinire il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, pur riconoscendo una più ampia autonomia finanziaria di entrata e di spesa alle regioni e agli enti locali (art. 119 cost.), e minori vincoli nell esercizio della 9

10 potestà legislativa regionale in materia di organizzazione, riserva alla legislazione statale la determinazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, cost.). Sulla base di questo titolo di legittimazione, a partire dalla legge finanziaria del 2006, lo Stato è intervenuto con misure finalizzate al contenimento della spesa delle regioni e degli enti locali destinata al funzionamento degli organi politici, alcune delle quali tuttavia, come vedremo, non hanno superato lo scrutinio di costituzionalità. Il primo intervento risale alla legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 54-55), che, contestualmente ad un analogo intervento sulle indennità dei membri del Parlamento nazionale e di quello europeo 2, ha disposto per esigenze di coordinamento della finanza pubblica una rideterminazione in riduzione nella misura del 10 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005 dei seguenti emolumenti: a) le indennità di funzione spettanti ai sindaci, ai presidenti delle province e delle regioni, ai presidenti delle comunità montane, ai presidenti dei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e regionali, ai componenti degli organi esecutivi e degli uffici di presidenza dei consigli dei citati enti; b) le indennità e i gettoni di presenza spettanti ai consiglieri circoscrizionali, comunali, provinciali, regionali e delle comunità montane; c) le utilità comunque denominate spettanti per la partecipazione ad organi collegiali dei soggetti di cui alle lettere a) e b) in ragione della carica rivestita. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 157 del 2007, su ricorso della Regione Campania, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questa disposizione, con riferimento agli articoli 117 e 119 cost., nella parte in cui riferisce la riduzione delle indennità ai titolari degli organi politici regionali, in quanto essa pone un precetto specifico e puntuale, comprimendo l'autonomia finanziaria regionale ed eccedendo dall'ambito dei poteri statali in materia di coordinamento della finanza pubblica : infatti, secondo la Corte, la legislazione statale di coordinamento della finanza pubblica può 2 Si noti che una riduzione delle indennità e delle altre voci del trattamento economico dei parlamentari determina di riflesso una riduzione delle indennità consiliari e di altri emolumenti in tutte le regioni che utilizzano come parametro di riferimento gli analoghi istituti parlamentari. 10

11 prescrivere criteri e obiettivi, (ad esempio per il contenimento della spesa pubblica), ma non può imporre alle regioni minutamente gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi, in quanto ciò si risolve «in un indebita invasione dell area riservata dall art. 119 Cost. alle autonomie regionali. Prima ancora della pubblicazione della citata sentenza, la legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi ), è nuovamente intervenuta nella materia, disponendo che Ai fini del contenimento della spesa pubblica, le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano disposizioni, normative o amministrative, finalizzate ad assicurare la riduzione degli oneri degli organismi politici e degli apparati amministrativi, con particolare riferimento alla diminuzione dell'ammontare dei compensi e delle indennità dei componenti degli organi rappresentativi e del numero di questi ultimi, alla soppressione degli enti inutili, alla fusione delle società partecipate e al ridimensionamento delle strutture organizzative. Tale disposizione si autoqualifica quale principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ai fini del rispetto dei parametri stabiliti dal patto di stabilità e crescita dell'unione europea. Inoltre essa fissa un obiettivo quantitativo di risparmio derivante dalle misure attuate dalle regioni, formulato un termini di miglioramento dei saldi finanziari dei bilanci regionali, pari al 10 per cento rispetto ai saldi dell'anno precedente. Anche queste disposizione è stata impugnata, con ricorso della Regione Veneto, rigettato però dalla Corte con la sentenza n. 159 del La Corte ritiene che la questione di legittimità costituzionale, sollevata con riferimento agli art. 117 e 119 cost., non sia fondata, in quanto la disposizione impugnata rispetta il limite, individuato dalla Corte in precedenti sentenze, in base al quale le disposizioni statali recanti i principi di coordinamento della finanza pubblica devono porre solo criteri ed obiettivi cui dovranno attenersi le Regioni e gli enti locali nell'esercizio della propria autonomia finanziaria, senza invece imporre loro precetti specifici e puntuali. Difatti, osserva la Corte, le disposizioni impugnate non vanno oltre la individuazione di obiettivi finanziari globali e la indicazione che le Regioni intervengano, entro sei mesi, in via legislativa od anche solo amministrativa, per ridurre le spese nella vasta e, in certa misura, perfino eterogenea area dell'organizzazione regionale individuata dalla disposizione impugnata. 11

12 Il recente decreto legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni (pubblicato il 26 gennaio 2010 e convertito in legge, con modificazioni con legge 26 marzo 2010, n. 42, pubblicata il 27 marzo 2010) ha introdotto una nuova e più pregnante limitazione all autonomia legislativa delle regioni in materia di organizzazione, con riferimento alla definizione del trattamento economico dei consiglieri regionali, anche questa volta assumendo come titolo di legittimazione la potestà legislativa di determinazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica. Nessuna regione ha impugnato la legge, ricorrendo in via principale alla Corte costituzionale. La norma statale, contenuta nell art. 3 del citato decreto, impone a ciascuna regione di definire, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, l importo degli emolumenti e delle utilità comunque denominati, ivi compresi l indennità di funzione, l indennità di carica, la diaria, il rimborso spese, a qualunque titolo percepiti dai consiglieri regionali in virtù del loro mandato, in modo tale che, ove siano maggiori, non eccedano complessivamente, in alcun caso, l indennità massima spettante ai membri del Parlamento. Tale norma opera a decorrere dal primo rinnovo del consiglio regionale successivo alla data di entrata in vigore del decreto legge (27 marzo 2010): essa quindi è già operante per tutti i consigli delle regioni ordinarie che sono stati rinnovati nella tornata elettorale del marzo 2010 (Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto). Durante il dibattito parlamentare sul disegno di legge di conversione del decreto-legge, sono stati sollevati dubbi sulla legittimità costituzionale di tale norma, da parte di alcuni esponenti dell opposizione, ai quali si è replicato che la norma può essere valutata positivamente alla luce della giurisprudenza costituzionale, in quanto si limita a porre un tetto massimo entro cui le regioni potranno, nell'esercizio della propria autonomia, fissare l'ammontare degli emolumenti. 3 3 I dubbi di legittimità, con riferimento alla giurisprudenza della Corte costituzionale, sono stati evocati in particolare, nel dibattito nelle Commissioni riunite I e V, dai deputati del PD Bordo, Fontanelli e Baretta; rilievi non condivisi dal deputato Mantini (UDC) e dal relatore Calderisi, in ragione del fatto che la norma rimette alle singole regioni la disciplina di dettaglio ponendo solo un tetto massimo agli emolumenti. La deputata Lanzilottta (PD) ha invece criticato la norma sotto un altro profilo, ritenendo irragionevole un tetto uniforme e proponendo una modifica nel senso di differenziarlo in relazione alla dimensione demografica delle regioni. Va ricordato anche che la Commissione parlamentare per le questioni regionali, nel parere reso alle Commissioni I e V della Camera dei Deputati, considerata la giurisprudenza della Corte 12

13 Nel corso dell esame parlamentare del ddl di conversione sono state introdotti alcuni aggiustamenti alla norma: ad esempio con l inserimento dell inciso ove siano maggiori, si è voluto specificare che l obbligo di revisione dell'importo degli emolumenti dei consiglieri regionali non opera se questi siano già ora inferiori al tetto massimo 4. Analogamente l inserimento dell inciso senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica sembra precludere una revisione degli emolumenti in applicazione del nuovo principio che determini comunque un aumento dei costi complessivi a carico del bilancio regionale. Sempre nel corso dell esame parlamentare è stata ridefinito il parametro di riferimento, in luogo dell indennità spettante ai membri del Parlamento, si fa riferimento alla indennità massima spettante ai membri del Parlamento : la motivazione, data dal relatore 5, di tale modifica è che le indennità di deputati e senatori non coincidono necessariamente e quindi si deve far riferimento alla maggiore fra le due indennità. Si ricorda infatti che l art. 69 cost., secondo cui ai membri del Parlamento spetta un indennità stabilita dalla legge, è stato attuato dall art. 1 della legge 1261/1965, consentendo una differenziazione tra le indennità di deputato e quella di senatore, posto che la legge fissa un tetto massimo entro cui gli Uffici di Presidenza delle due Camere devono determinare l ammontare dell indennità 6. Tuttavia l espressione usata dal legislatore si può prestare ad una diversa interpretazione, intendendo per indennità massima il limite massimo fissato dal citato articolo 1 della legge 1261/1965 per le indennità parlamentari entro il quale deve situarsi la determinazione dell indennità da parte degli Uffici di Presidenza dei due rami del Parlamento. Un ulteriore intervento legislativo statale in tale materia è contenuto nel decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica ), convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122: l art. 5, comma 1, prevede infatti che sono riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di costituzionale che annette alla legge regionale la determinazione delle indennità spettanti ai consiglieri regionali, ha condizionato il proprio parere favorevole alla soppressione dell articolo 3. 4 In tal senso si veda l intervento del relatore Calderisi nella seduta delle Commissioni riunite I e V del 23 febbraio Si veda la relazione orale svolta dal relatore, on. Calderisi, nella seduta del 1 marzo 2010 alla Camera dei Deputati. 6 Quindi attualmente il tetto massimo dovrebbe essere dato dall indennità lorda dei senatori che è di euro ,95 (fonte: sito Senato), mentre quella dei Deputati è lievemente inferiore essendo pari a euro ,64 (fonte: sito Camera Deputati). 13

14 Stato di cui al D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398 gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che verranno deliberate dalle Regioni, con riferimento ai trattamenti economici degli organi indicati nell'art. 121 della Costituzione (cioè Consiglio, Giunta e Presidente della Regione). Inoltre l art. 5, comma 11, dispone che Chi è eletto o nominato in organi appartenenti a diversi livelli di governo non può comunque ricevere più di un emolumento, comunque denominato, a sua scelta : ciò determina quindi un divieto di cumulo delle indennità spettanti ai membri degli organi politici regionali, con emolumenti spettanti ai titolari di organi di altri livelli di governo (statale, provinciale, comunale, circoscrizionale), come ad esempio le indennità o i gettoni di presenza spettanti a sindaci o consiglieri comunali. 3. Il trattamento economico dei consiglieri nelle varie regioni e province autonome Il fondamento statutario Per quanto riguarda il trattamento economico dei consiglieri delle regioni ordinarie, l art. 17 della legge 62/1953, concernente la costituzione e il funzionamento delle regioni ordinarie, (nota coma Legge Scelba), attribuiva ai consiglieri regionali una indennità di presenza per i giorni di seduta da fissarsi con legge regionale. Successivamente la legge 1084/1970 ha però attribuito a questa norma (come a molte altre contenute nella legge 62/1953) valore transitorio fino all entrata in vigore dei rispettivi statuti. Il legislatore statale del 1970 attribuì dunque carattere cedevole alla disciplina quadro statale, proprio in osservanza dell art. 123 cost., allora vigente, che attribuiva, come detto, alla competenza degli statuti ordinari la disciplina dell organizzazione interna della Regione, cui è riconducibile la disciplina del trattamento economico dei consiglieri delle Regioni. Conseguentemente tutti gli statuti delle regioni ordinarie, adottati con legge statale in base all art. 123 cost., sia prima che dopo la riforma costituzionale del 1999, disciplinano il trattamento economico dei consiglieri, prevedendo, tra le loro prerogative, il diritto ad una indennità e rinviandone la disciplina alla legge regionale 7. Mentre alcuni statuti parlano solo di indennità, altri prevedono accanto ad essa, altre componenti del trattamento, come le diarie, i rimborsi spese, le forme di previdenza, i 7 In relazione alla natura di norma interposta degli statuti ordinari (ex art. 123 cost.) si determina così una riserva di legge in tale materia; fa tuttavia eccezione lo statuto pugliese del 2004, che rinvia la disciplina della materia a provvedimenti dell Ufficio di Presidenza in applicazione della relativa normativa. 14

15 trattamenti previdenziali. il più esplicito è lo statuto toscano del 2005, che parla di indennità, anche differita, rimborsi spese e assegni vitalizi. L unico statuto ad esplicitare la motivazione di tale prerogativa è quello Veneto del 1971, secondo cui l indennità è stabilita per garantire il libero esercizio del mandato. 8 Sulla base di tali previsioni statutarie, ciascuna Regione ha disciplinato la materia del trattamento economico dei consiglieri regionali con proprie leggi che, di norma, rinviano la puntuale determinazione del trattamento o di alcune sue componenti a regolamenti interni del Consiglio regionale o a deliberazioni dell Ufficio di Presidenza. Per quanto riguarda invece le Regioni a statuto speciale, l indennità consiliare trova esplicito fondamento nei rispettivi statuti, adottati con legge costituzionale, solo nel caso della Sardegna, della Valle d Aosta e del Friuli Venezia Giulia. I primi due contengono una norma sostanzialmente identica che riconosce ai consiglieri regionali il diritto ad un indennità fissata con legge regionale (e che ricorda quella contenuta nell art. 69 cost. per i parlamentari). Lo statuto del Friuli Venezia Giulia prevede per i consiglieri regionali l attribuzione, con legge regionale, di una indennità di presenza per i giorni di seduta dell Assemblea e delle Commissioni, mentre per il Presidente del Consiglio regionale prevede l attribuzione con legge regionale di una indennità di carica. La legge regionale statutaria del Friuli Venezia Giulia 17/2007, all art. 9, comma 4, ha specificato tale previsione statutaria prevedendo che la legge regionale stabilisce l indennità, anche differita, dei consiglieri, i rimborsi spese e l assegno vitalizio nei limiti di quanto la legge della Repubblica prevede per i deputati e in modo che almeno il 75% del complesso delle indennità sia collegato alla effettiva partecipazione ai lavori del Consiglio. Gli statuti delle Regioni Sicilia e Trentino Alto Adige non dispongono alcunché in materia. Per quanto riguarda la Sicilia, la materia era disciplinata esclusivamente, fino ad una legge regionale del 1965, da deliberazioni dell Assemblea regionale, adottate in seduta segreta 9. Nella Regione Trentino Alto Adige, la materia è attualmente 8 Si ricorda che nel dibattito in seno all Assemblea Costituente sull art. 69, la scelta di dare rilievo costituzionale all indennità parlamentare fu motivata con l esigenza di garantire l indipendenza economica dei parlamentari, in modo che tale incarico potesse essere assunto anche dagli appartenenti ai ceti meno abbienti. 9 Come riferisce La Lumia, I. Sull'indennita' dei deputati dell'assemblea regionale siciliana (11 gennaio 2010) in 15

16 disciplinata da una legge regionale del 1995, che si applica sia per la carica di consigliere regionale che per quella di consigliere provinciale (i titolari delle due cariche come è noto coincidono), mentre ciascuna Assemblea ha poi emanato autonomamente dei propri regolamenti attuativi e integrativi della disciplina legislativa. La struttura del trattamento economico dei consiglieri regionali La struttura adottata dalle Regioni per il trattamento economico dei consiglieri regionali presenta tratti sostanzialmente uniformi in quanto mutuata dagli analoghi istituti parlamentari. Pertanto il trattamento economico o indennitario ha tre componenti fondamentali: 1) una indennità in senso stretto 10 (modulata, come si vedrà, in base alle funzioni esercitate dal consigliere); 2) una serie di rimborsi spese di varia natura, di solito determinati in misura forfetaria (tra cui la diaria che ha la funzione di rimborsare le spese di soggiorno nel capoluogo regionale e il rimborso delle spese di trasferimento dalla propria residenza alla sede consiliare); 3) alcuni trattamenti differiti alla fine del mandato ovvero condizionati all avverarsi di determinanti eventi futuri e incerti (sopravvivenza ad una certa età anagrafica, inabilità al lavoro, infortunio, ecc.) e aventi quindi latu sensu natura previdenziale. Questa sostanziale uniformità delle diverse discipline regionali, rende possibile una comparazione tra i trattamenti delle diverse regioni, evidenziando i diversi criteri di determinazione previsti dalle leggi e dalle disposizioni attuative di ciascuna regione. L indennità consiliare Componente essenziale del trattamento è l indennità consiliare in senso stretto, destinata ad assicurare l indipendenza economica della persona chiamata a svolgere il mandato elettivo: pertanto essa non ha la funzione di ristoro delle spese sostenute per assolvere il mandato, ma piuttosto quella di fornire un reddito che consenta di non dipendere da altre fonti di guadagno, favorendo il libero esercizio del mandato, costituzionalmente garantito per tutti membri delle assemblee legislative. Mentre, secondo la concezione tradizionale, l indennità serviva a compensare dei sacrifici che 10 Il termine indennità è qui inteso in senso stretto: infatti l indennità parlamentare o consiliare in senso ampio comprende tutte le componenti del trattamento, inclusi quindi i rimborsi spese e i trattamenti differiti (Tabacchi S., Indennità parlamentari, in Rass. Parl., 2008, n. 2. pag. 458 ss.) 16

17 derivano dall impossibilità di dedicarsi a professioni lucrative, la dottrina prevalente assegna a tale attribuzione patrimoniale una funzione sostanzialmente retributiva, quale corrispettivo dell attività svolta dai membri delle assemblee legislative 11. In quasi tutte le Regioni l indennità è agganciata automaticamente (applicando determinate percentuali) all indennità parlamentare (talora la legge specifica che l indennità di riferimento è quella dei membri della Camera) 12. Uniche eccezioni sono il Trentino Alto Adige, dove il parametro di riferimento è l indennità parlamentare vigente al 31/1/2005, rivalutata annualmente in base all indice ISTAT (si è così sganciata la dinamica dell indennità consiliare da quella parlamentare), e l Umbria, dove il parametro di riferimento è il trattamento dei magistrati con funzione di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione (che peraltro è lo stesso parametro di riferimento dell indennità parlamentare in base alla legge 1261/1965). Poiché quasi tutte le regioni utilizzano lo stesso parametro di riferimento, è utile confrontare le percentuali applicate a tale parametro per il calcolo dell indennità base spettante al consigliere privo di cariche particolari, percentuali che variano da un minimo del 60% (Umbria) ad un massimo del 100%, (Sicilia) con un valore medio della percentuale pari al 74%. Va rilevato che successivamente alla legge 266/2005, alcune regioni hanno deliberato (in piena autonomia, posto che la norma statale è stata dichiarata incostituzionale) una riduzione del 10% dell indennità calcolata con i criteri predetti: la tabella A1 mette a confronto i criteri di determinazione delle indennità 11 In tal senso, con riferimento all analoga indennità parlamentare, Tabacchi S., Indennità parlamentari, op. cit., Bartole-Bin, Commentario breve alla Costituzione, CEDAM 2008, 2a ed. p. 634, Contini G., Voce Indennità parlamentare, in Enc. Dir. XXI, p. 107, Zampetti U. Art. 69 in Comm. Cost. Branca, Bologna- Roma, 1986, pag. 263: indizi di tale evoluzione della natura dell indennità sono il trattamento tributario (dal 1994 esse sono tassate interamente quali redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente), la alternatività dell indennità con le retribuzioni spettanti ai dipendenti pubblici (introdotta dal decreto legislativo 29/1993), la modulazione in base alla funzione esercitata e, talora, all attività effettivamente svolta, l esistenza di un sistema di previdenza e assistenza che grava in parte sull amministrazione di appartenenza e in parte sull interessato. 12 L indennità parlamentare è attualmente disciplinata dall articolo 1 della legge 1261/1965, che dà attuazione all'art. 69 della Costituzione: tale legge prevede che l indennità sia costituita da quote mensili comprensive anche del rimborso di spese di segreteria e di rappresentanza e che gli Uffici di Presidenza di ciascuna Camera determinano l'ammontare di dette quote in misura tale che non superino il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate. Il comma 52 dell'art. 1 della legge 266/2005 (legge finanziaria 2006) ha ridotto del 10% l ammontare massimo dell indennità, mentre l art. 1, comma 375, della legge 244/2007 ha sospeso per 5 anni l automatismo dell aggancio dell indennità alla retribuzione dei magistrati, che viene annualmente adeguata, ai sensi dell art. 24 della L. 448/1998, in base agli incrementi medi, calcolati dall ISTAT, conseguiti dalle categorie del personale pubblico contrattualizzate. 17

18 (parametro di riferimento, percentuale ed importo), evidenziando l eventuale riduzione cui si è fatto cenno. In alcune regioni, inoltre, l indennità subisce delle decurtazioni in caso di assenza ingiustificata del consigliere dalle sedute degli organi consiliari: in tal modo l indennità, viene modulata, non solo in base alla funzione svolta, ma anche in base alla attività effettivamente esercitata, quale risultante dalla presenza alle riunioni istituzionali (e talora anche dalla partecipazione alle votazioni tenute durante le stesse). I rimborsi spese Tale componente del trattamento economico si distingue nettamente dalle indennità in quanto, in base alla vigente normativa fiscale, essa non concorre a formare il reddito del consigliere 13. Si tratta di una componente che comprende varie voci, talune ricorrenti in ogni regione, altre no, per cui in questo caso una comparazione tra le regioni è molto più ardua. Gli importi dei rimborsi sono di solito stabiliti in modo forfetario, più raramente a pié di lista: alcuni di essi sono fissi per tutti i consiglieri (come la diaria), anche se sono talora previste decurtazioni in caso si assenze dalle sedute, altri invece variabili in relazione al luogo di residenza o all attività effettivamente svolta dal consigliere. Una voce ricorrente in molte regioni è la diaria mensile, un istituto previsto anche per i parlamentari 14 e che ha la funzione di ristoro economico delle spese sostenute per 13 Tali rimborsi, a differenza delle indennità, non sono soggetti a tassazione ex art. 52 lett. b TUIR, secondo cui non concorrono a formare il reddito le somme erogate ai titolari di cariche elettive pubbliche, nonché a coloro che esercitano le funzioni di cui agli articoli 114 e 135 della Costituzione, a titolo di rimborso di spese, purché l'erogazione di tali somme e i relativi criteri siano disposti dagli organi competenti a determinare i trattamenti dei soggetti stessi. 14 La diaria parlamentare è disciplinata dall articolo 2 della citata legge 1261/1961: ai membri del Parlamento è corrisposta, una diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma, il cui ammontare è determinato dagli Uffici di Presidenza delle due Camere sulla base di 15 giorni di presenza per ogni mese ed in misura non superiore all'indennità di missione giornaliera prevista per i magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate; gli Uffici di Presidenza possono altresì stabilire le modalità per le ritenute da effettuarsi per ogni assenza dalle sedute dell'assemblea e delle Commissioni. L importo mensile della diaria sia per i deputati che per i senatori, in vigore fino al 31 dicembre 2010, era pari a 4.003,11 euro. L'Ufficio di Presidenza della Camera, nella riunione del 27 luglio 2010, ha deliberato che a decorrere dal 1 gennaio 2011, per il triennio , la misura mensile della diaria è ridotta di 500,00. L'importo sarà quindi pari a 3.503,11. Analoga riduzione è stata adottata dal Consiglio di Presidenza del Senato. Alla Camera dei deputati tale somma viene ridotta di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato da quelle sedute dell'assemblea in cui si svolgono votazioni, che avvengono con il procedimento elettronico: a tal fine è considerato presente il deputato che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell'arco della giornata. Al Senato la somma viene 18

19 soggiornare nel capoluogo della Regione durante le sessioni di lavoro o nelle varie località in cui il consigliere deve svolgere il suo mandato. In relazione al suo parallelismo con la diaria parlamentare, quest ultima viene assunta come parametro di riferimento in gran parte delle regioni in cui essa è prevista, applicando una percentuale che in gran parte delle regioni in cui è fissata al 65% di quella parlamentare (in Trentino Alto Adige la percentuale è dell 80%, in Sardegna e in Sicilia è pari al 100%) 15. Tuttavia un confronto corretto tra le regioni deve tener conto che alla diaria mensile si sommano talvolta altre voci con funzioni analoghe e che hanno pure carattere forfetario, quali il rimborso spese onnicomprensivo per missioni nel territorio regionale 16, o il rimborso spese per il rapporto con gli elettori 17 (vedi tabella A2). La diaria mensile non è prevista nelle regioni Friuli Venezia Giulia (ove esiste un rimborso forfetario per le spese di vitto), Piemonte (ove viene riconosciuta una indennità di presenza per ogni giorno di presenza effettiva alle riunione) e in Liguria (che ha un sistema peculiare di rimborso spese, su cui vedi infra). Un altra voce ricorrente è il rimborso delle spese di trasporto per raggiungere la sede dell Assemblea dal proprio luogo di residenza. Anche questa voce è analoga a quella prevista per deputati e senatori: il rimborso è di solito calcolato moltiplicando il costo chilometrico del trasporto con un automezzo per il doppio della distanza in chilometri tra il luogo della residenza e la sede del Consiglio. Spesso l importo mensile di tale costo per l accesso alla sede consiliare viene calcolato in modo forfetario moltiplicando il costo unitario di accesso per un numero presuntivo di accessi mensili, ridotto del numero di giornate di assenza. Il rimborso non spetta se il consigliere dispone di un auto di servizio, mentre se risiede nel comune sede del Consiglio regionale, le ridotta di 258,23 euro per ogni giorno in cui si svolga almeno una seduta dell'assemblea con votazioni qualificate e verifiche del numero legale, se il Senatore non partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell'arco della giornata (fonte: siti Camera e Senato). 15 Unica eccezione è la Toscana in cui la diaria mensile è calcolata moltiplicando un importo fisso per seduta moltiplicata per 18 giorni di presenza (vedi tabella A2). 16 Tale forma di rimborso spese è prevista nelle regioni Basilicata, Calabria, Lombardia, Toscana e Veneto e in genere viene calcolato in una percentuale dell indennità di carica o dell indennità parlamentare (in Calabria arriva al 30% dell indennità parlamentare). 17 Voce prevista in Puglia, e calcolata applicando alla diaria (pari al 36% dell indennità parlamentare) percentuali variabili in relazione alla funzione esercitata: in tal modo il rimborso forfetario per il consigliere pugliese (sommando questa voce con la diaria) arriva al 43,92% dell indennità parlamentare. 19

20 soluzioni divergono da regione a regione: in talune regioni il rimborso non viene riconosciuto affatto, in altre viene riconosciuto comunque un importo minimo 18. In Liguria vige un sistema di rimborsi spese del tutto peculiare, in quanto in luogo dei rimborsi appena visti, si prevede un unico rimborso forfetario mensile delle spese connesse alla partecipazione alle riunioni degli organi regionali, commisurato all indennità dei deputati secondo percentuali che variano in base alla distanza tra il domicilio autocertificato del consigliere e la sede della Regione, tra il 30 e il 40%. Infine ci sono alcuni rimborsi spese particolari che si rinvengono solo in alcune Regioni: il rimborso delle spese di segreteria e rappresentanza 19, che serve a ristorare dei costi sostenuti per l assunzione di un collaboratore diretto. In Calabria, anziché il rimborso delle spese, si prevede la assunzione di uno o due collaboratori su indicazione nominativa del consigliere 20 ; In Sardegna è previsto un contributo per le spese di documentazione, aggiornamento e stampa e strumentazione tecnologica pari a 9.362,91 euro/anno; in Sicilia un rimborso per le spese telefoniche pari 4.678,36 euro/anno. Un tentativo di confronto tra le regioni La diversità rilevata tra le voci riferibili alla componente dei rimborsi spese, come detto, rende arduo un confronto tra le diverse regioni: tuttavia, si può tentare di enucleare quelle che sono le componenti fisse del trattamento economico, cioè l indennità base e i rimborsi spese determinati in misura forfetaria e non variabile in base al luogo di residenza del consigliere (escludendo quindi i rimborsi delle spese di trasporto per raggiungere la sede dell Assemblea). 18 In Basilicata e Piemonte ad es. tale rimborso è escluso se il consigliere risiede nel comune di svolgimento della riunione, in Lazio se risiede a meno di 15 Km dalla sede consiliare; inoltre sembrerebbe escluso in tutte quelle regioni che assumono come parametro la distanza tra comune di residenza e comune sede della riunione (essendo la distanza pari a 0). In Campania, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sicilia è riconosciuto comunque un rimborso anche a chi risiede nel comune capoluogo. 19 Tale voce si rinviene in Basilicata (dove a commisurata al trattamento economico lordo di un dipendente regionali), in Sardegna (3.352 euro/mese), in Sicilia (4.678,36 euro erogati direttamente al gruppo di appartenenza) 20 Vedi art. 10, LR Calabria 8/1996 e art. 1 LR Calabria 8/1997. Un analoga previsione era stata introdotta per i consiglieri della Regione Marche nel 2003 ma è stata successivamente soppressa nel Per quanto riguarda la Lombardia, ogni consigliere ha diritto ad un assistente, ricompresso nello staff assistenza consiglieri assegnato al gruppo di appartenenza (art. 67 LR 20/2008) 20

21 A tal fine è stata elaborata la tabella A3 che somma tali voci del trattamento economico, calcolate al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali. La tabella evidenzia le forti differenze esistenti da regione a regione: si va dal minimo di 8.588,19 dell Umbria al massimo di ,94 della Sicilia. Occorre però tener presente che la graduatoria delle regioni muterebbe sensibilmente se si considerassero gli importi netti (che non è stato possibile determinare in carenza di informazioni), in quanto variano notevolmente da regione a regione le ritenute fiscali e previdenziali applicate all indennità lorda. Ciò vale in particolare per il Friuli Venezia Giulia in cui le ritenute fiscali sono molto più elevate in quanto la componente del trattamento soggetta a tassazione incide molto di più che nelle altre regioni sugli emolumenti complessivi, come si può notare dalla tabella A3. Il trattamento dei consiglieri regionali investiti di particolari funzioni In tutte le regioni e province autonome, i consiglieri investiti di particolari funzioni nell ambito dell ordinamento consiliare, si vedono riconosciuto un trattamento differenziato sotto alcuni profili. In primo luogo si assiste ad una modulazione dell indennità consiliare, e talora anche dei rimborsi spese, in base alla funzione svolta dal consigliere, essendo complessivamente più elevata per i consiglieri che ricoprono particolari incarichi (Presidente del Consiglio, Vicepresidente del Consiglio, membro dell Ufficio di Presidenza, Presidente di Commissione, Capogruppo, ecc.). La maggiorazione di solito è ottenuta attribuendo una indennità aggiuntiva di funzione, che si somma all indennità di carica dei consiglieri, calcolata applicando una determinata percentuale allo stesso parametro di riferimento utilizzato per il calcolo di quest ultima (così in Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, TAA, VdA, Veneto). Oppure, in alcune regioni (Calabria, Lombardia, Molise), l indennità di carica varia in relazione alle funzioni esercitate dal consigliere: da un valore minimo spettante al consigliere che non assume cariche o funzioni particolari ad un valore massimo spettante al Presidente dell Assemblea. Per una comparazione delle modulazioni delle indennità per le diverse funzioni si rinvia alla tabella A4. 21

22 Esistono altri sistemi di modulazione: ad es. in Sardegna si muta l indennità parlamentare di riferimento, assumendo quella corrispondente alla analoga carica a livello parlamentare (così il Presidente del Consiglio regionale sardo prende l 80% del Presidente di un ramo del Parlamento). In Sicilia la maggiorazione è stabilita discrezionalmente dal Consiglio di Presidenza (e non viene resa nota). In alcune regioni, i consiglieri investiti di particolari funzioni beneficiano di una maggiorazione dei rimborsi spese, in aggiunta o in sostituzione della maggiorazione dell indennità (regioni Basilicata, Puglia, Toscana, Umbria). Un secondo profilo di differenziazione è dato dalla messa a disposizioni di tali consiglieri, in relazione alla funzione di cui sono investiti, di strutture di diretta collaborazione, variamente configurate dagli ordinamenti regionali (per la cui descrizione si rinvia alle schede di analisi). I trattamenti differiti e previdenziali e la loro funzione In tutte le Regioni, sono previsti dei sistemi con finalità previdenziali, istituiti e disciplinati da leggi regionali, talora sulla base di una esplicita previsione nei rispettivi statuti. Tali sistemi si ispirano agli analoghi modelli parlamentari introdotti da disposizioni interne degli Uffici di Presidenza di ciascuna Assemblea, con l istituzione di due distinte Casse di previdenza, una nel 1954 per il Senato, e l altra nel 1956, per i deputati, poi unificate in unica Cassa nel 1960, tuttora regolata mediante analoghe disposizioni approvate dai due Uffici di Presidenza. Tali trattamenti differiti e di natura previdenziale, sono ritenuti parte integrante dell indennità in senso ampio 21. Infatti, con riferimento alla analoga indennità parlamentare, la dottrina ha rilevato come tali trattamenti (ed in particolare il trattamento di quiescenza) possano essere considerati strutturalmente connessi con l indennità in senso ampio, in quanto assolvono alle stesse finalità di presidio dell indipendenza dei membri delle Camere. Tali trattamenti ed in particolare l assegno 21 Tali trattamenti sono qualificati espressamente da molte leggi regionali come parti del complessivo trattamento indennitario : si vedano in particolare le leggi della Campania, dell Emilia-Romagna, del Friuli Venezia Giulia, della Liguria, della Lombardia, delle Marche, del Piemonte, del Veneto. In quante parte integrante dell indennità, la dottrina ritiene operante anche per tali trattamenti la riserva di legge prevista dall art. 69 cost.. (Zampetti, U., cit. pag. 264). Analoghe considerazioni possono valere per le riserve di legge previste dagli statuti regionali. 22

23 di fine mandato e l assegno vitalizio appaiono alla dottrina coerenti con l idea della funzione parlamentare a tempo pieno e quindi con il carattere professionale che è andata via via acquisendo la funzione esercitata dai membri delle assemblee legislative: su questa premessa, si osserva come l assegno vitalizio, in particolare, contribuisca ad un esercizio del mandato libero da timori, anche futuri, di difficoltà economiche 22. Sistemi di gestione, finanziamento ed erogazione dei trattamenti Il sistema di gestione, finanziamento ed erogazione dei trattamenti differiti e previdenziali presenta tratti costanti in gran parte delle assemblee regionali: ad esso partecipano tutti i membri dell assemblea attraverso il versamento di contributi obbligatori (ai quali è possibile aggiungere contributi volontari) trattenuti sull indennità. Il sistema viene normalmente gestito dall Ufficio di Presidenza e i contributi e le erogazioni sono contabilizzati su specifici capitoli di entrata e spesa del bilancio interno del Consiglio: il finanziamento delle prestazioni è dato, oltre che dai contributi dei consiglieri in carica, da fondi del bilancio del Consiglio che coprono il saldo negativo tra contributi ed erogazioni, configurando così un sistema a ripartizione; le prestazioni erogate sono determinate dalla legge o dai regolamenti attuativi, in base al periodo di contribuzione e sono agganciate, di norma, alle indennità spettanti ai consiglieri o ai parlamentari in carica o, più raramente, indicizzate in base al costo della vita. In alcune regioni sopravvivono ancora dei Fondi o Casse previdenziali, con o senza personalità giuridica autonoma, per la gestione dei fondi: è un sistema di gestione previsto in origine, secondo il modello parlamentare, che però è stato abbandonato verso la metà degli anni 90 da quasi tutte le regioni 23. Si distinguono nettamente dalle altre regioni, i sistemi adottati in Trentino- Alto Adige e in Valle d Aosta. Nella regione Trentino-Alto Adige la LR 4/2004 ha previsto il graduale passaggio da un sistema a ripartizione ad un sistema a capitalizzazione, che è entrato a regime con la XIV legislatura (iniziata nel 2008): mentre per i vitalizi dei consiglieri in carica fino alla XIII legislatura si applica il tradizionale sistema a ripartizione, con 22 Bartole-Bin, Commentario breve alla Costituzione, CEDAM 2008, 2a ed. p. 634, Tabacchi, S. Indennità parlamentari op. cit. p. 460, Zampetti, U. Art. 69 in Comm. Cost. Branca, Bologna-Roma, 1986, pag Fondi o Casse di tal genere sono rimaste in Abruzzo e Umbria, nonché in Sicilia e Sardegna (dove sono state istituiti con disposizioni interne seguendo il modello delle Casse di previdenza per i parlamentari). 23

24 prestazioni rapportate all indennità parlamentare ed agli anni di contribuzione, per i consiglieri eletti per la prima volta nella XIV legislatura si applicherà un sistema a capitalizzazione con conferimento dei contributi obbligatori ad un apposito fondo (vedi infra). Viene inoltre istituito un Fondo di garanzia alimentato da un contributo di solidarietà del 4% a carico degli assegni vitalizi e di reversibilità dei consiglieri eletti fino alla XIII legislatura, con decorrenza e dai contributi obbligatori versati dai consiglieri in carica prima della XIV legislatura che concorre a ridurre gli oneri a carico del bilancio del Consiglio regionale per i trattamenti indennitari e i vitalizi. In Valle d Aosta, la LR 28/1999 ha previsto per l assegno vitalizio (non per l indennità di fine mandato) il passaggio da un regime a prestazione definita ad un sistema a capitalizzazione, che si applica obbligatoriamente a tutti i consiglieri eletti o rieletti a partire dalla XII legislatura (iniziata nel 2003), mentre i consiglieri già cessati o in carica nel 1999 hanno mantenuto il sistema precedente, con possibilità però di optare per il nuovo sistema. La gestione dei fondi e l erogazione dell assegno vitalizio è affidata ad un apposito Istituto dell assegno vitalizio, avente una propria forma giuridica autonoma e un proprio bilancio, separato da quello del Consiglio regionale, amministrato dall Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, secondo princìpi assicurativi e finanziato dalle trattenute obbligatorie a carico dei consiglieri regionali e da contributi del Consiglio regionale. Contribuzione obbligatoria e volontaria a carico dei consiglieri L obbligatorietà della contribuzione per il trattamento fine mandato e il vitalizio è generalizzata (spesso con aliquote distinte per le due prestazioni). Tuttavia in Lombardia il consigliere che abbia concluso almeno una legislatura può rinunciare al diritto a tali trattamenti ed ottenere la restituzione dei contributi versati senza interessi. In Piemonte può farlo entro un certo termine dalla fine di ciascuna legislatura. Talvolta l obbligo di contribuzione cessa superato un certo periodo, corrispondente a quello che dà diritto alla massima prestazione previdenziale 24 Nelle Regioni dove la reversibilità dell assegno è opzionale, per poter fruire di tale prestazione occorre versare un contributo aggiuntivo. Dove invece la reversibilità opera 24 Ad es. in Campania e in Lazio dopo 15 anni. 24

25 di diritto, la aliquota contributiva aggiuntiva può anche mancare ed essere compresa in quella per il vitalizio. La volontarietà della contribuzione è prevista nei seguenti casi: - una volta cessato il mandato, per poter raggiungere il periodo minimo di contribuzione (5 anni): qualora il consigliere non si avvalga di tale facoltà gli vengono restituiti i contributi senza interessi 25 ; - in alcune regioni, per completare la legislatura in caso di cessazione anticipata del mandato 26 ; - qualora il consigliere sia un dipendente pubblico in aspettativa obbligatoria e opti per la conservazione del trattamento economico di pubblico dipendente (come previsto dalla legge statale) per poter beneficiare delle prestazioni. Le percentuali di contribuzione variano da regione a regione, con un minimo in Sicilia (17,45%) e un massimo in Trentino-Alto Adige (40%) 27 (vedi tabella A5). Occorre anche osservare che varia da regione a regione il parametro di riferimento per il calcolo dei contributi: in alcuni casi si specifica che le aliquote contributive per i vitalizi vanno applicate alle indennità al netto delle ritenute fiscale (e talora anche al netto di quelle per l indennità di fine mandato): ciò porta ad un minor carico contributivo a parità di aliquota. Inoltre non vi è una correlazione diretta tra le aliquote contributive e quelle delle prestazioni: ad es. in Puglia con un aliquota contributiva del 23% (ben al disotto della media) vi è una aliquota del 40% per l assegno vitalizio minimo (che è la più alta rilevata). Trattamenti di fine mandato Ai consiglieri cessati dal mandato, ovvero ai loro eredi in caso di decesso durante il mandato, spetta in tutte le regioni un trattamento di fine mandato variamente 25 In molte regioni tale facoltà è esclusa se il consigliere è dichiarato ineleggibile o decaduto dalla carica. 26 In Abruzzo tale facoltà è data per completare la seconda legislatura; in Campania e Piemonte anche quelle successive. In Piemonte inoltre tale facoltà è riconosciuta anche in deroga al periodo minimo di 30 mesi nell'ipotesi di scioglimento anticipato del Consiglio regionale e quando il Consigliere sia cessato dal mandato a seguito del verificarsi di una situazione di incompatibilità e la nuova carica non preveda il conseguimento del diritto ad assegno vitalizio o trattamento analogo. 27 Più precisamente, la percentuale del 40% del Trentino Alto Adige è l aliquota massima applicabile, in quanto l aliquota per l assegno di fine mandato è fissata dall Ufficio di Presidenza entro un limite massimo stabilito dalla legge. 25

26 denominato. Sono, di norma, esclusi da tale diritto i consiglieri la cui elezione sia stata annullata e, in alcune regioni, anche quelli dichiarati decaduti (in tali casi si ha diritto solo alla restituzione delle somme versate senza interessi). Di norma, la misura è data moltiplicando l ultima mensilità dell indennità consiliare per il numero di anni di mandato (o frazioni superiori ai 6 mesi). In Friuli Venezia Giulia l'indennità di fine mandato è pari alla media delle mensilità dell'indennità di presenza lorda percepita nell'ultima legislatura dal consigliere regionale cessato, moltiplicata per ogni anno di esercizio del mandato. Talvolta si computano anche i mesi (o frazioni superiori ai 15 giorni) moltiplicati per 1/12 dell indennità (Abruzzo, Friuli Venezia Giulia). Talvolta sono previsti dei massimali: in Emilia-Romagna, Marche, Molise, Valle d Aosta e Veneto l indennità di fine mandato non può superare le 10 mensilità (in Emilia- Romagna e Marche anche in caso di legislature non consecutive); in Campania le 16 mensilità (ovvero 10 in caso di rielezione non immediata, tenuto conto anche di quelle già liquidate), in Calabria, 15 mensilità, solo in caso di rielezione non immediata). In Liguria, oltre ad limite massimo di 15 mensilità (anche in caso di rielezione non immediata), si prevede che dopo il decimo anno di mandato, spetti una mensilità per ogni biennio di mandato frazione superiore all anno. Ci sono Regioni che accordano trattamenti più favorevoli di quelli appena descritti: è il caso della normativa laziale che all ultima mensilità dell indennità di carica consiliare aggiunge la media delle indennità aggiuntive di funzione percepite limitatamente ai periodi di effettivo esercizio delle funzioni rapportato al periodo di mandato consiliare. Più favorevole, rispetto alla media, è anche la normativa del Piemonte (introdotta nel 2003) in cui l ultima mensilità lorda dell indennità consiliare è moltiplicata per due volte il numero degli anni di mandato. La Puglia con una legge del 2003 ha stabilito che l assegno di fine mandato sia calcolato moltiplicando l ultima indennità di mandato lorda annuale per il numero di legislature (o in proporzione alle frazioni di legislatura): ne deriva un trattamento più favorevole rispetto alla media, posto che per 5 anni di mandato si hanno 12 mensilità (con un rapporto di 2,5 mensilità per anno di mandato, contro un rapporto 1 a 1). 26

27 Al contrario in Sicilia la misura dell indennità di fine mandato è ottenuta moltiplicando l 80% dell indennità mensile lorda per il numero di anni di mandato (o frazioni superiori a 6 mesi). In alcune Regioni in caso di decesso del consigliere in carica, la misura viene incrementata (ad es. in Basificata e in Piemonte con una mensilità aggiuntiva dell'indennità di carica e di funzione di cui il Consigliere beneficiava al momento del decesso; in Campania con tre mensilità dell indennità di carica e della diaria; in Puglia con 12 mensilità dell indennità di mandato). L anticipazione del trattamento di fine mandato In alcune regioni è possibile ottenere, in presenza di taluni requisiti, l anticipazione del trattamento di fine mandato: tale facoltà è prevista in Basilicata (con un mandato di almeno trenta mesi e il limite dell'80% di quanto il Consigliere avrebbe diritto di ottenere in caso di cessazione del mandato consiliare alla data della richiesta dell'anticipazione medesima). Analogamente in Friuli Venezia Giulia, (dove occorrono almeno 8 anni di mandato e si può ottenere fino al 50% del maturato), in Liguria (dopo una legislatura e non oltre il 50% del maturato), nelle Marche (dopo una legislatura), in Piemonte (dopo 30 mesi e non oltre il 75% del maturato). In Calabria ed Emilia-Romagna è possibile chiederla anche senza aver raggiunto un periodo minimo di mandato, con il limite dell 80% del maturato. L indennità di fine mandato nel Trentino- Alto Adige In Trentino Alto Adige vige un sistema del tutto particolare. Per l indennità di fine mandato è stato istituito un Fondo di solidarietà, alimentato dai contributi obbligatori dei consiglieri e amministrato dall Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, che può delegare gestori di propria fiducia, con lo scopo di provvedere al pagamento di tale indennità. Per la gestione dei fondi l Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale emana appositi regolamenti attuativi. Alla fine di ogni legislatura il Consigliere o gli aventi diritto nel caso di decesso del Consigliere nel corso della legislatura, hanno diritto ad ottenere una indennità di fine mandato quantificata esclusivamente in base alla contribuzione effettuata ed ai risultati ottenuti dal fondo, senza oneri a carico del bilancio del Consiglio regionale. 27

28 L assegno vitalizio: i requisiti Di norma per acquisire il diritto all assegno vitalizio, sono necessari: 1) un requisito anagrafico o, alternativamente, 2) l inabilità totale e permanente al lavoro, nonché 3) un periodo minimo di contribuzione (anche volontaria) e, infine, 4) un periodo minimo di mandato. 1) Requisito anagrafico: l età anagrafica per l erogazione dell assegno varia da regione a regione da un minimo di 55 (Lazio) ad un massimo di 65 (vedi tabella A6). Tale requisito è stato spesso elevato nel corso degli ultimi anni, per tener conto della maggior aspettativa di vita. Ad es. la Basilicata ha dapprima elevato da 55 a 60 anni nel 1983 e poi da 60 a 65 anni nel 2002; a tale aumento del requisito dell età è corrisposto un aumento della misura dell assegno. La Liguria lo ha elevato da 60 a 65 anni con una legge del 2008 che si applica dalla IX legislatura (marzo 2010). Il Piemonte ha fatto un analoga modifica con una legge del 2001 che si applica ai consiglieri eletti per la prima volta nella legislatura successiva. L Umbria con una recente legge del 2009 ha elevato da 60 a 65 anni di età il requisito in esame, prevedendo che tale modifica non si applichi ai consiglieri già cessati dal mandato ed a quelli in carica all entrata in vigore della legge, che abbiano comunque versato il contributo per l assegno vitalizio per un minimo di dodici mesi. La Valle d Aosta ha aumentato il requisito anagrafico da 60 a 65 anni, con una legge del 1999, per i consiglieri eletti per la prima volta nel Il Veneto ha elevato il requisito anagrafico prima da 55 a 60 e poi a 65 anni, con una legge del 2006, (quest ultimo requisito si applica a partire dai nuovi eletti nella IX legislatura). In alcune regioni (Puglia, Sardegna, Sicilia), l età richiesta diminuisce, fino a 5 anni, in relazione agli anni di contribuzione successivi al 5. Analogamente in Trentino-Alto Adige per ogni anno di contribuzione successivo alla seconda legislatura, l età richiesta diminuisce di un anno. In molte regioni è possibile ottenere l anticipazione dell erogazione del vitalizio fino a 5 anni (10 anni in Valle d Aosta): l anticipazione è a titolo oneroso, in quanto essa comporta l applicazione all assegno calcolato in base al periodo di contribuzione di riduzioni percentuali (di solito del 5% all anno) o di coefficienti di riduzione variabili in base agli anni di anticipazione. In alcune regioni (Friuli Venezia Giulia e Liguria) per poter 28

29 fruire di tale anticipazione si richiede un periodo minimo di contribuzione, anche volontaria (9 anni e mezzo in Friuli Venezia Giulia e 10 anni in Liguria). 2) Inabilità totale e permanente al lavoro: in tal caso si prescinde dal requisito anagrafico; in alcune regioni (Abruzzo, Basilicata, Piemonte) se l inabilità è dovuta a cause connesse al mandato, si prescinde anche dal periodo minimo di contribuzione che viene considerato comunque raggiunto. In Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Marche, Toscana se l inabilità sopraggiunge nel corso del mandato, per qualunque causa, si acquista immediatamente il diritto al vitalizio nell importo minimo (anche nel Friuli Venezia Giulia ma occorre una contribuzione di almeno 30 mesi e l assegno è commisurato agli anni effettivi di contribuzione, computando come anno intero la frazione superiore a 6 mesi, mentre in Molise, la misura è ridotta proporzionalmente, salvo prosecuzione volontaria dei contributi). In Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Toscana se l inabilità è dovuta a causa del mandato tale diritto può essere acquistato anche una volta che questo sia cessato (in Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Toscana solo entro 5 anni dalla cessazione del mandato). In Abruzzo, Basilicata e Molise il diritto all assegno vitalizio può essere attribuito dall Ufficio di Presidenza anche nel caso di inabilità parziale, L accertamento dell inabilità è di norma compiuto da un collegio di tre medici di cui due nominati dall Ufficio di Presidenza e uno dall interessato. 3) Periodo minimo di contribuzione: è dappertutto 5 anni (in talune regioni la frazione superiore ai sei mesi è equiparata ad un anno), e può essere raggiunto anche con la prosecuzione volontaria della contribuzione, nel caso il consigliere cessi dal mandato prima della scadenza della legislatura. 4) Periodo minimo di mandato: è necessario aver svolto un periodo minimo di mandato (di norma almeno 30 mesi di mandato, in Calabria bastano 24 mesi) per poter raggiungere il periodo minimo di contribuzione con la contribuzione volontaria. Fa eccezione il Lazio in cui non è previsto alcun periodo minimo per poter versare i contributi volontari per raggiungere il periodo minimo di contribuzione. 29

30 Misura dell assegno vitalizio La misura dell assegno di norma è data da percentuali applicate all indennità spettante ai consiglieri in carica (essendo così aggiornata automaticamente in relazione agli aumenti di tale indennità): in Campania e in Lazio, il trattamento è più favorevole, in quanto il parametro di riferimento è dato dall indennità di carica sommata alla diaria. In Calabria, a decorrere dal 2010, le percentuali sono applicate sull ultima indennità di carica goduta dal consigliere con aggiornamento annuale in base all indice ISTAT. Le percentuali sono proporzionate agli anni di contribuzione fino ad arrivare ad un massimo dopo una certa soglia (di solito 15 anni). Le percentuali e i parametri di riferimento variano da regione a regione: nella tabella A7 sono riportati le percentuali applicate con 5, 10, 15 anni di contribuzione, nonché la percentuale massima nelle diverse regioni. Alcune Regione hanno abbassato le misure inizialmente previste: ad es. la Toscana con una legge del 1995 ha abbassato le percentuali mediamente di 10 punti da applicarsi per il calcolo dei vitalizi dei consiglieri eletti la prima volta nella legislatura successiva all entrata in vigore della legge (la VI). In Umbria una legge del 2009 ha abbassato le percentuali (ed elevato da 60 a 65 anni il requisito anagrafico), prevedendo che la modifica si applichi solo ai consiglieri eletti la prima volta nelle legislature successive a quella in corso alla data di entrata in vigore alla legge. In Campania, una legge del 1996 aveva previsto per i consiglieri eletti la prima volta nelle legislature successive (quindi dal 2000 in poi) misure e parametri di riferimento meno favorevoli, ma nel 2002 tali norme sono state abrogate. Al contrario, il Molise con una legge del 2009 ha aumentato di 5 punti percentuali, con decorrenza retroattiva dall , le percentuali di calcolo dell assegno. Il sistema a capitalizzazione introdotto nelle regioni Trentino Alto Adige e Valle d Aosta Come già rilevato, i sistemi previdenziali adottati in Trentino- Alto Adige e in Valle d Aosta si distinguono nettamente da quelli delle altre regioni, avendo queste regioni adottato un sistema a capitalizzazione. 30

31 Nella regione Trentino-Alto Adige tale sistema è stato introdotto dalla LR 4/2004 per i Consiglieri eletti per la prima volta a partire dalla XIV legislatura. Nel dettaglio, il sistema è così regolamentato: - il trattamento spetta al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età ovvero al termine del mandato, se tale età è stata già raggiunta, e dopo un periodo minimo di contribuzione di una legislatura (nel caso di subentro o cessazione anticipata dal mandato il periodo minimo di contribuzione è di anni due, mesi quattro e giorni quindici); - la misura del trattamento indennitario viene determinata sulla base delle contribuzioni individuali obbligatorie, incrementate da un interesse pari alla rivalutazione annua dell indice ISTAT e dai risultati ottenuti dallo specifico fondo. La rivalutazione ha effetto fino al raggiungimento del diritto al trattamento indennitario. - al Consigliere che cessi dal mandato prima di aver raggiunto il periodo minimo spetta la restituzione della contribuzione. - il Consigliere, alla cessazione del mandato, può scegliere tra la restituzione dell intero montante e la sua trasformazione in rendita vitalizia erogata dal Consiglio regionale e secondo le modalità definite dall Ufficio di Presidenza, con facoltà del Consigliere di optare per una rendita reversibile: le modalità di conversione del capitale in rendita sono stabilite dall Ufficio di Presidenza, avuto riguardo a basi demografiche/attuariali vigenti alla data di conversione, applicando, se del caso, i massimi tassi di interesse garantibili e consentiti dalla legislazione vigente al momento del calcolo dei coefficienti medesimi; - il montante accumulato, in caso di decesso del Consigliere prima dell acquisizione del diritto all erogazione del trattamento indennitario, è devoluto in base alla disciplina inerente alla successione legittima; - l erogazione del trattamento indennitario nella misura e con i requisiti previsti rimane a carico del bilancio del Consiglio regionale il quale liquida a proprio favore la posizione nel fondo del beneficiario, mentre le eventuali quote di rendita finanziaria maturate dal fondo concorrono a ridurre l onere a carico del bilancio del Consiglio regionale. Nella Regione Valle d Aosta il sistema a capitalizzazione si applica obbligatoriamente a tutti i consiglieri eletti o rieletti a partire dalla XII legislatura (iniziata nel 2003), mentre i consiglieri già cessati o in carica nella XI legislatura hanno mantenuto il sistema 31

32 precedente, con possibilità di optare per il nuovo sistema: con tale sistema l'assegno vitalizio risulta dalla conversione del capitale individuale maturato alla data del conseguimento del diritto alla corresponsione dell'assegno stesso. Il capitale è costituito dalla trattenuta obbligatoria versata, dai contributi a carico del bilancio del Consiglio regionale, stabiliti dall'ufficio di Presidenza in misura non superiore al doppio della trattenuta obbligatoria a carico del consigliere regionale, versati per un periodo massimo di quindici anni e dal rendimento eventualmente conseguito dall'istituto gestore. L'ammontare dell'assegno vitalizio è costituito dal capitale così definito, ovvero dalla corrispondente rendita, mensile e posticipata, determinata applicando al capitale accantonato coefficienti di conversione variabili in funzione dell'età, del sesso e della reversibilità. I parametri per il calcolo dei coefficienti di conversione sono stabiliti con un regolamento di applicazione della legge. Reversibilità dell assegno vitalizio In alcune regioni la reversibilità è opzionale: in tal caso la relativa contribuzione aggiuntiva è volontaria. Negli altri casi la contribuzione è obbligatoria o è compresa in quella per il vitalizio. Per la reversibilità, di norma, è sufficiente che al momento del decesso il consigliere abbia raggiunto il periodo minimo di contribuzione, non il requisito anagrafico. In alcune regioni 28 occorre anche il requisito anagrafico, in mancanza del quale i contributi versati sono restituiti agli aventi diritto, senza interessi. In alcune regioni se difetta il requisito della contribuzione, è ammessa per gli aventi diritto, la prosecuzione volontaria della contribuzione per maturare il diritto 29. In molte regioni se il decesso del Consigliere avviene per cause di servizio, si prescinde da qualunque altro requisito e ai fini del calcolo dell assegno il mandato s'intende assolto per un intera legislatura. In Campania e in Liguria, se il decesso, per qualunque causa, del Consigliere avviene in corso di mandato l assegno viene versato ai beneficiari anche se il consigliere non ha raggiunto il periodo minimo di contribuzione e viene erogato nella misura minima. Così pure in Molise, dove però la misura è ridotta proporzionalmente, salvo prosecuzione 28 Lazio, Lombardia e Marche. 29 Abruzzo, Lazio, Molise (ma in quest ultima regione solo dopo 30 mesi di mandato). 32

33 volontaria dei contributi e in Friuli Venezia Giulia, dove invece occorre che siano stati versate le contribuzioni per almeno 30 mesi e l assegno viene calcolato sugli anni di contribuzione o frazioni superiori a 6 mesi. La misura dell assegno costituisce normalmente una quota fissa del vitalizio (50 o 60%), in alcune regioni, come in Campania, Toscana, e Veneto invece le quote variano dal 50-60% al % in relazione al tipo e al numero di beneficiari, (raggiungendo il massimo nel caso del coniuge con 3 o più figli minorenni o equiparati). I beneficiari, di norma, sono il coniuge e i figli minorenni (o maggiorenni se studenti minori di 26 anni o inabili al lavoro). A volte la legge regionale esige che il coniuge sia convivente, oppure che permanga nello stato vedovile e che non sia stata pronunciata la sentenza di divorzio o di separazione. In alcune Regioni, possono beneficiare anche i genitori. 30 In alcune regioni (Friuli Venezia Giulia, Lazio, Veneto) si include tra i beneficiari anche il convivente more uxorio. Coperture assicurative In molte Regioni sono previste coperture assicurative obbligatorie o facoltative contro i rischi di morte, invalidità permanente e inabilità temporanea derivanti da infortuni che i consiglieri regionali possono subire nel corso del mandato consiliare per cause connesse con il suo esercizio o per ogni altra causa. Alle spese relative concorrono i consiglieri con un contributo a parziale copertura dei premi assicurativi. In Campania è prevista l'assicurazione obbligatoria contro i rischi da atti di terrorismo e da infortuni connessi all'espletamento del loro mandato (il 90% del premio di assicurazione è a carico del bilancio regionale; il residuo 10% a carico dei consiglieri regionali). Inoltre è prevista una assicurazione facoltativa, alle stesse condizioni, per l integrazione dell'assistenza sanitaria a favore dei consiglieri regionali. In Lazio si provvede anche alla copertura assicurativa dei Consiglieri in carica per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica ricoperta 30 Ad es. in Campania, qualora non sopravvivano né il coniuge, né figli o affiliati aventi diritto, l'assegno di reversibilità spetta ai genitori, che abbiano età superiore ai sessant'anni o siano inabili a proficuo lavoro. Analoga previsione in Veneto dove i genitori devono superare i 65 anni. 33

34 riguardanti la responsabilità patrimoniale, amministrativa, giudiziaria ed il relativo patrocinio legale comprese la responsabilità per danni cagionati allo Stato, alla pubblica amministrazione, alla Regione e la responsabilità contabile. La copertura dei rischi e delle responsabilità opera anche per le contestazioni, gli addebiti e le richieste avanzate nei confronti dei Consiglieri e degli Assessori dopo la loro cessazione dalla carica sempre per i fatti riferiti al periodo della loro carica. Gli oneri relativi all'assicurazione sono a carico del bilancio del Consiglio regionale e i Consiglieri regionali sono tenuti a concorrere alla spesa nella misura del cinquanta per cento del premio assicurativo. Divieti di cumulo Divieti di cumulo riguardanti le indennità Le indennità dei consiglieri regionali non sono cumulabili con gli stipendi dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in base all art. 71 del d.lgs. 29/1993 (trasfuso nel d.lgs. 165/2001), cui le regioni hanno dovuto adeguarsi: tali dipendenti, se eletti al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo e nei Consigli regionali sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato, ma possono optare per la conservazione, in luogo dell'indennità parlamentare e dell'analoga indennità corrisposta ai consiglieri regionali, del trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima. Il periodo di aspettativa è utile ai fini dell'anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza. Il divieto si applica solo alle indennità in senso stretto. Ad es. in Campania è previsto che in caso di opzione per la conservazione del trattamento economico presso l'amministrazione di appartenenza, il consigliere regionale conserva il diritto a percepire, a carico della Regione, le indennità di funzione collegate alle cariche particolari eventualmente ricoperte in seno alla Regione; le indennità di presenza e le diarie, comunque denominate, anche se calcolate in tutto o in parte in misura forfettaria; le indennità di missione, i rimborsi spese previsti da disposizioni attinenti lo status di consigliere regionale. Analogamente in Friuli Venezia Giulia, ove il divieto si applica solo alle indennità di presenza e non alle indennità di carica e di funzione, né ai rimborsi spese; in Lazio, ove si 34

35 applica solo alla indennità di carica del consigliere e non alle indennità di funzione e ai rimborsi spese; nelle Marche il divieto non opera per diarie e rimborsi spese. Oltre al divieto di cumulo tra indennità consiliari e trattamenti derivanti dal lavoro dipendenti presso pubbliche amministrazioni, sono previsti in alcune regioni, ulteriori divieti di cumulo. In Campania ed in Emilia-Romagna l'indennità di carica non può cumularsi con assegni o indennità, medaglie o gettoni di presenza comunque derivanti dagli uffici di Amministratore, Sindaco o Revisore dei conti conferiti dalle pubbliche amministrazioni, nonché da Enti sottoposti a controllo, vigilanza o tutela della Regione, ovvero da Enti ai quali la Regione partecipi 31. Un divieto analogo vige in Toscana, ove però si estende agli incarichi conferiti, oltre che dallo Stato e da enti pubblici, anche da banche di diritto pubblico, da enti privati concessionari di pubblici servizi, da enti privati con azionariato statale e da enti privati aventi rapporti di affari con lo Stato, le regioni, le province e i comuni. A questo riguardo, va ricordato che il decreto legge 78/2010 ha introdotto un divieto di cumulo delle indennità spettanti ai membri degli organi politici regionali con emolumenti spettanti ai titolari di organi di altri livelli di governo (ad es. sindaci e consiglieri comunali). Divieti di cumulo riguardanti gli assegni vitalizi Di norma si prevede che l'assegno vitalizio, anche in caso di reversibilità, è cumulabile, senza detrazione alcuna, con ogni altro trattamento di quiescenza spettante, a qualsiasi titolo, al consigliere cessato dal mandato o ai beneficiari della reversibilità. Quasi tutte le Regioni prevedono la sospensione dell erogazione dell assegno in caso di rielezione nello stesso Consiglio o di elezione in altre Assemblee legislative: in Campania la sospensione è prevista solo in caso di rielezione al Consiglio campano, non in caso di elezione ad altro Consiglio regionale, al Parlamento nazionale o europeo (la norma che 31 In Emilia-Romagna tuttavia il divieto di cumulo non si applica nei casi in cui assegni, indennità, medaglie o gettoni di presenza siano collegati ad incarichi o ad uffici che il Consigliere o l'assessore rivesta in seguito a nomina da parte del Consiglio, in rappresentanza della Regione o che sia chiamato a ricoprire, o cui sia eletto o nominato, in virtù di espressa previsione di leggi, di regolamenti o di statuti od atti costitutivi di enti o aziende. 35

36 prevedeva una tale sospensione è stata abrogata nel 2005, consentendo così di cumulare l assegno vitalizio con le indennità in questione). In Liguria, con una legge del 2008, che si applica a decorrere dal 1 gennaio 2010, l'assegno vitalizio mensile non è cumulabile con emolumenti percepiti in relazione a nomine o incarichi conferiti o deliberati dalla Regione Liguria, nonché a cariche elettive o di governo presso gli enti locali qualora gli stessi siano superiori, su base mensile lorda, al 40 per cento dell'indennità di carica lorda prevista per i Consiglieri regionali. La somma eccedente tale limite viene trattenuta, sull'assegno vitalizio mensile, dal Consiglio Regionale - Assemblea Legislativa della Liguria. Nel Trentino Alto Adige gli assegni vitalizi spettanti in base all'appartenenza ad altri Consigli regionali, al Parlamento nazionale o europeo o alle Giunte provinciali sono cumulabili con quello del Consiglio regionale del TAA solo fino al tetto massimo previsto per la Camera dei Deputati. L'assegno vitalizio erogato dal Consiglio regionale viene a tal fine decurtato. Inoltre nel 2008 è stato introdotto un ulteriore divieto di cumulo con riguardo alle persone nominate dalla Regione con incarichi di amministratore in enti pubblici (vietando l erogazione di compensi per tali incarichi) in caso di titolarità di un vitalizio derivante dall appartenenza ad un Consiglio provinciale rispettivamente regionale, al Parlamento nazionale o europeo. Inoltre ai titolari di vitalizi delle istituzioni summenzionate non possono essere conferiti incarichi di consulenza retribuiti dal Consiglio o dalla Giunta regionale. Gli ex membri delle suddette istituzioni non possono assumere nel quinquennio successivo al termine del mandato politico alcun incarico retribuito di amministratore o sindaco per conto della Regione. In Veneto, l'assegno vitalizio è inoltre sospeso se il titolare viene eletto alla carica di Difensore civico o di titolare dell'ufficio di protezione e pubblica tutela dei minori; ovvero qualora assuma incarico di Segretario generale della programmazione, di Segretario generale del Consiglio regionale, di Segretario regionale, di Direttore di ente dipendente dalla Regione, di Direttore generale dell'agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, di Direttore generale di Unità locale socio-sanitaria o di Azienda ospedaliera. 36

37 4. Il trattamento economico dei membri delle giunte regionali A seguito della mutata forma di governo regionale per effetto delle riforme del 1999 e del 2001, i membri della Giunta regionale non sono necessariamente membri del Consiglio (come era invece richiesto nel contesto costituzionale previgente, con l eccezioni di alcune delle regioni a statuto speciale). Tuttavia, in gran parte delle Regioni si sono mantenuti i criteri di determinazione delle indennità originari, basati sull appartenenza al Consiglio di tutti i membri della Giunta. Pertanto l indennità base spettante a tutti i membri della Giunta è, di norma, la stessa dei consiglieri, anche se l assessore non è membro del Consiglio, in quanto in tal caso gli viene attribuita un indennità equivalente a quella del consigliere (unica eccezione il Veneto). Inoltre ad ogni membro della Giunta è attribuita una maggiorazione dell indennità stessa, graduata in base all importanza della carica (da un massimo previsto per il Presidente della Giunta di solito equivalente a quella del Presidente del Consiglio regionale,- ad un valore intermedio per il Vicepresidente, fino al minimo per l Assessore). Analoghi criteri valgono per i Sottosegretari, ove istituiti. Nella tabella B1 sono riportati i criteri di determinazione dell indennità spettante ai membri delle Giunte e ai sottosegretari, per le regioni che adottano questo sistema. Accanto a questi criteri generali occorre tener conto delle specificità relative ad alcune regioni, che adottano come parametro di riferimento i trattamenti dei membri del Governo nazionale: in particolare in Liguria agli assessori non consiglieri è corrisposta una indennità pari al 75% di quella spettante ai ministri non parlamentari, mentre nelle regioni Sardegna e Lazio, accanto all indennità parametrata su quella dei parlamentari, spetta anche il trattamento stipendiale previsto per ministri e sottosegretari di stato non parlamentari. Per quanto riguarda la Puglia e l Umbria, l indennità non varia in base alla funzione, mentre a variare sono solo i rimborsi spese. Quanto al trattamento previdenziale, per i membri della Giunte che fanno parte del Consiglio, vale quanto previsto per i consiglieri. Invece per gli assessori non consiglieri, le soluzioni variano da regione a regione: mentre alcune regioni estendono lo stesso trattamento previsto per i consiglieri, in molte altre si rileva un differenziazione del 37

38 trattamento sotto questo profilo, non essendo estesi a tali assessori le indennità di fine mandato, gli assegni vitalizi e di reversibilità previsti per i consiglieri (così in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Valle d Aosta e Veneto). 5. Le dimensioni degli organi statutari regionali Un altro elemento da prendere in considerazione per valutare i costi di funzionamento degli organi politici è dato dalle dimensioni degli organi stessi: le variabili esaminate sotto questo profilo attengono alla dimensione delle assemblee (numero di membri assegnato ed effettivo); alla dimensione degli organi consiliari (numero dei componenti l Ufficio di Presidenza e numero di organi consiliari); alla dimensione delle Giunte (numero di assessori interni ed esterni) e dei gruppi consiliari (numero dei gruppi e dimensioni medie degli stessi). La dimensione dei Consigli regionali Le dimensioni dei Consigli delle Regioni ordinarie, fino alla riforma costituzionale del 1999, erano disciplinate dalla legge 108/1968 (Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a Statuto normale) che stabilì il numero dei consiglieri delle Regioni ordinarie in funzione della classe demografica di appartenenza. Infatti, come già ricordato in premessa, l allora vigente quadro costituzionale attribuiva alla legge statale, oltre che la disciplina del sistema di elezione dei Consigli regionali, la determinazione del numero dei consiglieri assegnati alla Regione. A seguito della approvazione della legge costituzionale 1/1999, che ha attribuito alle Regioni una potestà legislativa concorrente in materia elettorale (riservando alla legge statale la sola determinazione dei principi fondamentali e la durata della legislatura regionale, ma non più il numero dei consiglieri) ed una potestà esclusiva in materia di forma di governo, le Regioni ora possono determinare autonomamente, con il proprio statuto e la conseguente legge elettorale, il numero dei componenti della propria assemblea legislativa. Nelle Regioni a statuto speciale la dimensione dell assemblea è disciplinata dallo Statuto, approvato con legge costituzionale e quindi non può essere frutto di autodeterminazione regionale: gli statuti speciali fissano direttamente il numero dei consiglieri, salvo quello del Friuli Venezia Giulia, che correla la dimensione del Consiglio 38

39 alla popolazione residente. Una analoga previsione era contenuta nello statuto sardo 32 ma venne modificata nel 1986, assegnando alla Regione Sardegna un numero fisso di consiglieri. Va ricordato che le dimensioni dell assemblea regionale, in alcune regioni, possono aumentare in relazione all esito delle singole competizioni elettorali, al fine di garantire alla coalizione che sostiene il presidente della regione una adeguata maggioranza: tale sistema fu introdotto una prima volta con le modifiche apportate dalla legge 47/1995 alla legge elettorale 108/1968; fu poi confermato, ma solo in via transitoria, dalle leggi costituzionali 1/1999 e 2/2001 (per le regioni ordinarie in attesa dei nuovi statuti e delle conseguenti leggi elettorali regionali, per le regioni a statuto speciale in attesa delle nuove leggi statutarie). Alcune regioni, nel riscrivere i propri statuti, hanno ritenuto di mantenere la possibilità di introdurre tale sistema di attribuzione del premio di maggioranza nelle nuove leggi elettorali regionali. Pertanto, mentre in alcune regioni le dimensioni dell assemblea sono fissate dallo statuto (ordinario o speciale), in altre possono variare per l attribuzione di seggi aggiuntivi in forza delle norme transitorie contenute nelle leggi costituzionali citate (Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Sardegna, Veneto) o della scelta legislativa regionale di mantenere tale sistema (Calabria, Lazio anche se sulla questione è pendente un giudizio amministrativo - Puglia, Umbria). Nella tabella C1 sono confrontate le dimensioni (teoriche ed effettive, laddove possono variare) delle assemblee, sia in termini assoluti sia in rapporto alla popolazione residente; inoltre il dato vigente viene confrontato con quella risultante dall applicazione all attuale popolazione residente dei criteri previsti dalla legge 108/1968. Da tale confronto si desume che, con l approvazione dei nuovi statuti in base alla legge cost. 1/1999, solo la Lombardia e il Piemonte hanno confermato la previsione della legge 108, mentre tutte le altre hanno aumentato la dimensione dell Assemblea legislativa. Da rilevare che l Emillia-Romagna, la Toscana e l Umbria, dopo aver incrementato la dimensione dei Consigli, in sede di approvazione dei nuovi statuti, hanno rivisto tale scelta iniziale, riducendo il numero dei consiglieri (l Emilia-Romagna 32 Il testo originario dell art. 16 dello statuto del 1948, in vigore fino al 1986, prevedeva che il Consiglio regionale fosse composto di un consigliere ogni ventimila abitanti. 39

40 addirittura sotto il numero di consiglieri che le sarebbe spettato in base alla legge 108, avendo fissato a 50 il numero dei consiglieri, contro i 60 previsti dalla legge statale). In termini generali, si può osservare che la dimensione delle assemblee regionali continua ad essere correlata alla popolazione regionale. Tuttavia la variabile demografica non è sufficiente a spiegare la diversità delle dimensioni assembleari: un primo fattore che spiega tale variabilità è la specialità dell autonomia regionale, in quanto le assemblee delle autonomie speciali sono mediamente di maggiori dimensioni rispetto a quelle delle regioni ordinarie (il rapporto medio nelle autonomie speciali tra eletti e popolazione è pari a circa di un consigliere ogni abitanti, contro un rapporto medio di uno ogni nelle regioni ordinarie). Occorre poi considerare che non vi è una correlazione lineare tra popolazione e numero di consiglieri: infatti il rapporto popolazione/consiglieri cresce con il crescere della popolazione: nelle regioni con più di 4 milioni di abitanti, c è un consigliere ogni abitanti circa; in quelle da 2 a 4 milioni, uno ogni circa, in quelle da 1 a 2 milioni, uno ogni circa; e in quelle con meno di 1 milione di abitanti un consigliere ogni abitanti circa. Non è quindi un caso che è proprio la regione più popolosa, cioè la Lombardia ad avere il massimo rapporto consiglieri/abitanti ( ) e quella meno popolosa, la Valle d Aosta, ad avere il rapporto minimo (3.599). Numero degli organi consiliari La disciplina degli organi consiliari è un altro fattore che incide sui costi complessivi di funzionamento delle assemblee regionali: è pertanto utile prendere in esame alcune variabili quali il numero dei componenti dell Ufficio di Presidenza, il numero delle Commissioni permanenti e di altri organi collegiali permanenti con competenze particolari (indicati nella tabella C2). I valori assunti da tali variabili dipendono, come si vedrà, più che dalle dimensioni dell assemblea, da scelte di politica istituzionale adottate da ciascuna assemblea attraverso gli statuti regionali o, più spesso, con i propri regolamenti interni. Per quanto riguarda l Ufficio di Presidenza (che in Sicilia si chiama Consiglio di Presidenza), il numero dei componenti varia da 5 a 7, con eccezione della Sicilia e della Sardegna dove sono rispettivamente 9 e 11. L alto numero dei membri dell Ufficio di Presidenza del Consiglio sardo si spiega in quanto, in base all art. 4 del regolamento 40

41 interno del Consiglio, oltre al Presidente, due Vice Presidenti, tre Questori ed un Segretario, tutti i Gruppi consiliari hanno diritto di essere rappresentati in tale organo. Maggior variabilità si nota nel numero di organi collegiali permanenti istituiti dal regolamento interno, di solito sulla base di previsioni statutarie di principio. Il numero delle commissioni legislative, tra le quali sono suddivise le materie di competenza della Regione varia dalle 2 della Regione Trentino Alto Adige alle 16 della Regione Lazio, anche se la gran parte delle Regioni ha dalle 6 alle 8 commissioni legislative. Inoltre in quasi tutte le Assemblee vi sono organi preposti alla verifica dei poteri (Giunte delle elezioni) e all interpretazione e modifica del regolamento interno (Giunte o Commissioni per il regolamento). Meno frequenti organi con altre competenze: di controllo contabile (Abruzzo, Calabria, Campania, Molise e Veneto), di controllo della qualità delle leggi (Calabria, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Umbria); di controllo sull amministrazione regionale (Calabria, Sardegna e Umbria), di gestione della biblioteca (Friuli Venezia Giulia, Marche, Sicilia), di controllo delle nomine (Friuli Venezia Giulia e Piemonte), in materia di politiche comunitarie (Sicilia). La dimensione delle Giunte regionali La dimensione degli organi dell Esecutivo regionale è disciplinata, nelle Regioni a statuto ordinario, dallo Statuto (nella parte che regolamenta la forma di governo) e da legge regionali ordinarie. Dopo la riforma costituzionale del 1999, che ha demandato agli statuti la disciplina della forma di governo, la scelta tra elezione diretta o indiretta del Presidente, con le conseguenti modalità di elezione degli assessori, deve essere operata dalla fonte statutaria. Tuttavia, nelle regioni ordinarie, l incompatibilità tra assessore e consigliere, secondo la Corte costituzionale (sentenza 379/2004 relativa allo statuto dell Emilia Romagna) è materia riservata alla legge elettorale regionale, nel rispetto dei principi della legge statale ex art. 122 cost., e non può essere prevista dalla legge statutaria, ancorché incida sulla forma di governo. Nelle Regioni a statuto speciale, questa materia è demandata, dopo la legge cost. 2/2001, alle leggi statutarie regionali o provinciali sulla forma di governo e il sistema elettorale. Oltre al numero degli assessori, tali fonti disciplinano dunque la possibilità di nominare assessori esterni e la compatibilità o meno tra la carica di assessore e quella 41

42 di consigliere, aspetti che incidono evidentemente sulla dimensione complessiva degli organi regionali. Prima delle riforme costituzionali del 1999 e del 2001 gli assessori erano, di norma, necessariamente interni, in quanto dovevano essere eletti dal Consiglio fra i propri componenti. Solo nel caso della Regione Sardegna, la possibilità di nominare assessori esterni era contemplata già dallo statuto del 1948 (ex art. 38 secondo cui I membri della Giunta regionale hanno diritto di assistere alle sedute del Consiglio, anche se non ne facciano parte ). Dopo le riforme del 1999 e del 2001, solo le Regioni Valle d Aosta e Trentino-Alto Adige e la Provincia autonoma di Bolzano hanno mantenuto l elezione consiliare del Presidente e degli assessori (che nel caso della Valle d Aosta e della Provincia di Bolzano possono essere anche esterni al Consiglio), mentre in tutte le altre regioni e nella Provincia autonoma di Trento, il Presidente è eletto direttamente, fa parte dell Assemblea e nomina gli assessori. Relativamente alla previsione normativa sul numero degli assessori, di solito le fonti legislative stabiliscono il numero massimo (e talora anche quello minimo) di assessori, attribuendo quindi al Presidente eletto o al Consiglio il potere di dimensionare la Giunta entro i limiti previsti dalla legge; più raramente il numero è predefinito dalla legge 33. Gli Statuti della Calabria, dell Emilia Romagna e della Lombardia attribuiscono inoltre al Presidente la possibilità di nominare uno o più sottosegretari che lo coadiuvino nelle funzioni inerenti al mandato 34. Venendo alla possibilità di nomina di assessori esterni, nessuna tra le Regioni o Province autonome che hanno introdotto l elezione diretta del Presidente ha previsto il divieto di 33 Nella maggior parte delle Regioni si trova definito solo il numero massimo, mentre nelle Regioni Calabria ed Emilia-Romagna la composizione viene compresa tra un numero minimo ed un numero massimo; nelle Regioni Basilicata e Campania il numero di assessori è determinato direttamente dalla norma. In Friuli Venezia Giulia la legge statutaria del 2007 demanda alla legge regionale ordinaria la fissazione del numero minimo e massimo, ma è ancora in vigore una vecchia legge del 1988 che fissava in 10 il numero degli assessori. In Sicilia il numero degli assessori non è fissato dallo Statuto, e attualmente il numero degli assessori è ancora fissato dalla LR 28/1962 sull ordinamento del Governo e dell Amministrazione centrale della Regione Siciliana. 34 L art. 35 dello statuto calabrese, come modificato dalla LR 3/2010 prevede che il Presidente possa nominare fino a 2 sottosegretari cui spetta un indennità fissata con legge regionale; l art. 45 dello statuto dell Emilia-Romagna attribuisce al Presidente la facoltà di nominare un Sottosegretario alla presidenza; l art. 25 dello statuto lombardo prevede che il Presidente possa nominare fino a 4 sottosegretari. 42

43 nomina di assessori esterni, che costringerebbe il Presidente eletto a scegliere gli assessori solo tra i consiglieri. La soluzione prevalente adottata nelle Regioni italiane, dopo le riforme attuate con le leggi cost. 1/1999 e 2/2001, infatti, è nel senso che il Presidente della Regione eletto direttamente possa scegliere liberamente gli assessori anche al di fuori del Consiglio regionale, senza alcun limite. Solo le regioni Abruzzo e Calabria e la Provincia di Trento, oltre a prevedere la possibilità di nomina di assessori esterni, ne fissa anche un limite massimo: in Abruzzo, il numero degli assessori esterni non deve complessivamente risultare superiore al 20% massimo dei componenti la Giunta, in Calabria non deve essere complessivamente superiore a 4 unità, mentre a Trento sono ammessi fino a 3 assessori esterni. In quasi tutte le regioni, un consigliere regionale può essere nominato assessore conservando entrambe le cariche. Solo la Calabria, la Toscana e la Provincia di Trento prevedono l incompatibilità tra la due cariche. In Calabria e nella Provincia di Trento è prevista la sospensione dalla carica del consigliere nominato assessore (a Trento, essa non opera per il vicepresidente) e la sua surroga con un supplente, in modo da consentirgli il riacquisto della carica di consigliere una volta cessata quella di assessore. La legge elettorale toscana, fino ad una recente modifica del 2009 conteneva una analoga previsione, ora soppressa, quindi il consigliere che sia chiamato a fare l assessore deve dimettersi. Anche l Emilia-Romagna e la Sardegna avevano previsto discipline analoghe, che però, per motivi diversi, sono state dichiarate incostituzionali (vedi per l Emilia-Romagna la citata sent. 379/2004, e per la Sardegna, la sent. 149/2009). In Sicilia lo statuto, dopo la modifica apportata dalla legge cost. 2/2001, demanda alla legge statutaria la previsione delle eventuale incompatibilità con la carica di deputato regionale, che al momento tuttavia non è stata introdotta nell ordinamento siciliano. E interessante rilevare che circa la metà degli assessori regionali sono esterni al Consiglio (128 su 230 assessori, pari al 56%), e che in alcune Regioni tutti gli assessori sono esterni: in Emilia-Romagna, Molise, Sardegna e Toscana tutti gli assessori sono esterni, o per disposizione statutaria (Toscana) o per scelta del Presidente (tutte le altre). Nelle altre regioni la quota di assessori esterni varia dall 8% del Veneto all 83% della Campania. L introduzione degli assessori esterni ha comportato un aumento di oltre il 10% (da 1183 a 1311) del numero di componenti degli organi politici regionali. 43

44 Quanto alle dimensioni delle Giunte in termini assoluti, il numero di assessori varia dai 4 della Giunta del Trentino Alto Adige ai 16 della Giunta lombarda, con una dimensione media pari a 11,5. In termini relativi, in rapporto cioè al numero di consiglieri, la Giunta più grande è quella ligure (13 assessori su 40 consiglieri con un rapporto percentuale pari al 33%), mentre la percentuale media si attesta sul 21%. Va ricordato infine che le Regioni Toscana ed Umbria, con modifiche statutarie approvate nel 2009, hanno ridotto il numero degli assessori (la Toscana ha abbassato da 14 a 10 il numero massimo e eliminato il numero minimo, l Umbria ha abbassato il numero massimo da 9 a 8). Per una comparazione delle dimensioni delle giunte nelle varie regioni e province autonome si veda la tabella C3. I gruppi consiliari: dimensioni e oneri di funzionamento Le dimensioni dei gruppi consiliari hanno riflessi economici sui costi generali di funzionamento degli organi politici, posto che un alto grado di frammentazione comporta una maggior spesa a carico del bilancio consiliare in termini di oneri di funzionamento dei gruppi (personale, contributi finanziari, sedi e attrezzature). Il grado di frammentazione (assumendo come indicatore la dimensione media standardizzata dei gruppi) 35 varia notevolmente da regione a regione (vedi tabella c4: la dimensione media standardizzata va dal 7,14% del Molise al 16,67% di Sicilia e Valle d Aosta). Sotto questo profilo, sono determinanti sia le previsioni di soglie di sbarramento nella legge elettorale, sia le discipline regolamentari che pongono requisiti quantitativi (soglie minime) e/o qualitativi per la costituzione dei gruppi consiliari, diversi dal gruppo misto. Dall analisi della disciplina regolamentare vigente nelle diverse assemblee emerge la tendenza a non richiedere soglie minime, almeno all inizio della legislatura, ma solo requisiti qualitativi consistenti in un collegamento oggettivo con una forza politica esterna, di solito quella che ha presentato le liste in cui sono stati eletti i membri del gruppo. In tal modo si riproduce e talora si incrementa all interno dell Assemblea il 35 Data dalla dimensione media dei gruppi rapportata in percentuale alla dimensione complessiva dell assemblea, in modo da rendere confrontabili i dati relativi ad assemblee di diverse dimensioni. 44

45 grado di frammentazione partitica dato dall esito elettorale, che in alcune di queste assemblee raggiunge livelli molto elevati. Inoltre si può rilevare che il grado di frammentazione tende ad aumentare con il passare della legislatura, con la costituzione di nuovi gruppi non collegati a forze politiche presenti nella competizione elettorale: significativo il caso dell Assemblea pugliese, che alla fine dell VIII legislatura era suddivida in 20 gruppi, a fronte di 15 forze politiche che avevano ottenuto seggi, mentre all inizio della IX legislatura i gruppi dell assemblea pugliese sono scesi a 10. Quanto alle discipline in materia di contributi e assegnazione di personale si rinvia alle schede di analisi allegate. 45

46 A cura della Segreteria generale - Area giuridico-legislativa piazza Oberdan, Trieste tel fax Stampato in proprio dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, piazza Oberdan, Trieste

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