SPIRITUALITÀ CRISTIANA E COACHING La relazione facilitante di Gesù
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- Rita Damiani
- 7 anni fa
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1 Edizioni La parola SPIRITUALITÀ CRISTIANA E COACHING La relazione facilitante di Gesù di Natale Brescianini e Alessandro Pannitti Arriverà in Libreria nelle prossime settimane Vi presentiamo un estratto dal capitolo Consapevolezza, sviluppo ed espressione del potenziale. Il libro consiste in un dialogo tra Alessandro Pannitti, Coach professionista appassionato di Cristo, e Natale Brescianini, monaco benedettino appassionato di Coaching. Nel testo che segue i due autori sono indicati con le iniziali del nome di battesimo (A e N). CONSAPEVOLEZZA, SVILUPPO ED ESPRESSIONE DEL POTENZIALE A: La «Relazione Facilitante» (Pannitti, Rossi, 2012) è quella modalità di interazione capace di creare consapevolezza, autodeterminazione, responsabilità; limitare le interferenze interne e esterne, supportare lo sviluppo del potenziale personale facilitando l espressione dell eccellenza individuale. La relazione di Coaching è facilitante perché grazie alle sue caratteristiche peculiari fin qui approfondite facilita la consapevolezza, lo sviluppo e l espressione del potenziale del cliente-coachee. Eccoci di fronte al secondo pilastro del metodo del Coaching. Una relazione fondata sull accoglienza dell unicità della persona, sull ascolto attivo, sull alleanza fiduciosa e sull autenticità (le 4 A ) diventa il terreno ideale sul quale intraprendere un cammino di allenamento volto ad esprimere tutte le risorse personali che giacciono forse ad un livello solo potenziale. Ecco perché la relazione di Coaching viene definita una relazione facilitante: in quanto 59
2 facilita lo sviluppo del potenziale del cliente, custode dei propri talenti specifici, unici, irripetibili che, per citare Maslow, pretendono di essere manifestati. Quanto fin qui condiviso mi dà conferma che la relazione che Gesù ha instaurato con le persone sia paragonabile a quella di un Coach professionista con il proprio Coachee. Chi ha avuto l immenso privilegio di incontrare Gesù di persona e di interagire con lui con cuore aperto ha inevitabilmente compiuto un percorso personale di sviluppo. Le persone sono spesso bloccate nella comunicazione perché disistimate, frustrate, considerate in maniera negativa o addirittura come inesistenti. Per superare questi ostacoli esse si rifugiano frequentemente nella recita di un ruolo, preferendo presentarsi in modo diverso da quello che sono realmente. Davanti a Gesù nessuno deve ricorrere a questi sotterfugi per farsi accettare È importante che ognuno impari a presentarsi per quello che è veramente, uscendo dai suoi meccanismi di difesa e dando corpo al positivo che è in lui (F. Lambiasi, G. Tangorra, 1997). Ancora oggi, con chi intraprende un cammino spirituale, Gesù continua a relazionarsi e a facilitare lo sviluppo del potenziale di chi pone la Buona Novella al centro della propria esperienza di vita. Paolo Curtaz scrive: riconoscendo che Gesù di Nazareth è il Messia, Simone il pescatore di Cafarnao scopre, per la prima volta, di essere Pietro. Gesù lo scruta nel profondo, così come Simone lo ha riconosciuto Messia, Simone viene riconosciuto come Pietro. È accaduto anche a me e, credo, anche a molti di voi lettori: da quando il Signore ha bussato alla porta del mio cuore, e ho creduto, riconoscendolo mio Maestro e Signore, negli anni ho scoperto dentro di me doni e capacità che non conoscevo, che non sapevo di avere, e ho visto in me una persona che non intuivo, e che pure il Maestro già conosceva e amava. In aggiunta a quanto già discusso nella prima parte di 60
3 questa nostra conversazione, in che modo secondo te la relazione instaurata da Gesù è una relazione facilitante allo sviluppo e all espressione del potenziale delle persone? N: L espressione «relazione facilitante» riferito al percorso di Coaching mi piace particolarmente, e trovo sintetizzi benissimo tutto ciò che Gesù ha detto e ha fatto. I Vangeli ci tengono a evidenziare la differenza di stile tra Gesù e gli scribi e farisei, cioè le persone che intendevano essere le guide di un popolo facilitando la relazione tra Dio e il popolo stesso. Sia Gesù, sia gli scribi e i farisei in teoria puntavano allo stesso obiettivo: aiutare le persone affinché potessero incontrare Dio. Il problema è che dietro questo obiettivo c era una diversa visione di spiritualità, di religione, di Dio stesso. Il capitolo 23 di Matteo comincia così: Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati rabbì dalla gente». Scribi e farisei si sono quindi seduti sulla cattedra di Mosè, colui che rappresenta per eccellenza il simbolo della guida di un popolo. Lo hanno fatto però appesantendo la vita delle persone, piuttosto che facilitarla. Inoltre non sono autentici, in quanto dicono e non fanno. La diversità con lo stile di Gesù emerge soprattutto nelle controversie che sorgono. Le più significative le troviamo nel Vangelo di Marco, nei capitoli 2 e 3. Siamo di fronte a cinque miracoli compiuti da Gesù, ma 61
4 l attenzione dell evangelista è posta soprattutto sulle affermazioni di Gesù nella disputa con gli scribi e i farisei riguardo le questioni del peccato, del digiuno e del rispetto del Sabato. Dicendo che: Il sabato è stato fatto per l uomo e non l uomo per il sabato! (Mc 2,27) Gesù mette le regole, la struttura e l organizzazione a servizio dell uomo e non il contrario. Ecco la relazione facilitante! Un tipo di relazione che si pone a servizio della persona anziché utilizzarla per altri scopi. L obiettivo finale di una relazione facilitante non è quello fissato dagli scribi e dai farisei, cioè il rispetto arido e meccanico di regole, ma quello di facilitare un profondo processo di trasformazione e cambiamento in una persona. A: Consultando ancora il testo di Giovanni Perini, Le domande di Gesù nel Vangelo di Marco, mi pare rilevante sottolineare come in ognuna delle dispute da te menzionate Gesù rivolga ai dottori della legge sempre una domanda efficace, a conferma del suo approccio relazionale evidenziato nel precedente capitolo. Sul peccato: Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico «Ti sono perdonati i peccati», oppure dire «Alzati, prendi la tua barella e cammina»? (Mc 2,8-9). Sul digiuno: Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? (Mc 2,19). Infine sul Sabato: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla? (Mc 3,4). N: Infatti, l uso puntuale di domande efficaci e la relazione facilitante di Gesù rispetto a quella non-facilitante dei dottori della legge, mi fa pensare ad un altra lezione data da Gesù attraverso la parabola del «Buon Samaritano» al capitolo 10 del Vangelo di Luca, che culmina infatti con la domanda: Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? (Lc 10,36). Chiediamoci: come mai il sacerdote e il levita non si fermano ad aiutare il 62
5 moribondo, ma videro e passarono oltre? Perché sono persone cattive? Penso di no! Si comportano in questo modo perché per loro è giusto fare così. Infatti la legge del Levitico stabiliva che toccare una persona in fin di vita comportava diventare impuro. Per loro questo significava non potere più effettuare il servizio liturgico al tempio, cioè il lavoro che erano chiamati a svolgere, perché non ci si poteva presentare davanti a Dio in uno stato di impurità. Il sacerdote e il levita più che non volere, non possono fermarsi, perché se lo facessero trasgredirebbero la legge. Il samaritano, invece, uomo libero da questi schemi, fa ciò che un essere umano è davvero chiamato a fare, cioè aiutare una persona che si trova nel bisogno. La riflessione sulla quale Gesù intende condurre chi ascolta la parabola è: ma che razza di religione, di spiritualità stiamo costruendo se in nome di Dio noi ci dimentichiamo dell essere umano, e per giunta di chi ha più bisogno? Un grande equivoco nella costruzione di una religione, che Gesù denuncia in modo esplicito, è che nel nome di Dio ci si possa dimenticare della persona. È paradossale ma si può dire che nemmeno Dio è bastato a se stesso, se è vero che ha voluto uscire da sé con la creazione e se tra tutte le creature ne ha scelta una in particolare, l essere umano, fatto a sua immagine e somiglianza. La relazione facilitante mette al centro la persona, l altro che ho di fronte, con i suoi tempi e i suoi modi il suo kairos e il suo kronos proprio come ha fatto il samaritano. 63
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