Fig. 4.1 Fessure da reazione alcali-aggregato evidenziate dalla presenza del silicato idrato alcalino di colore biancastro

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1 ( ). La distribuzione non uniforme del gesso nell inerte aggrava il rischio di fessurazione in quanto l espansione risulta localizzata solo in prossimità dei granuli di gesso con conseguenti tensioni differenziali all interno del calcestruzzo. A differenza delle sabbie marine, che possono essere eventualmente private dal cloruro (molto solubile in acqua) con un trattamento di lavaggio con acqua potabile, gli inerti inquinati da gesso o anidrite non possono essere bonificati con alcun trattamento e debbono essere assolutamente scartati dalla produzione di calcestruzzi a base cementizia. Con altrettanto sospetto debbono essere guardati gli inerti contenenti minerali a base di solfuri (per esempio la pirite, FeS 2 ), in quanto sia pure con tempi molto più lunghi si possono, per ossidazione, trasformare in solfati e generare fenomeni espansivi e dirompenti correlati con la formazione di ettringite secondaria. Fig. 4.1 Fessure da reazione alcali-aggregato evidenziate dalla presenza del silicato idrato alcalino di colore biancastro Silice alcali-reattiva Alcune forme di silice presenti nell aggregato lapideo - quelle amorfe, mal cristallizzate o comunque deformate ancorché cristalline - possono reagire con gli alcali del cemento (sodio e potassio) per formare silicati alcalini idrati dal carattere espansivo e fortemente dirompenti nei confronti della circostante matrice cementizia. Questa reazione, nota come ASR (Alcali- Silica Reaction), si manifesta attraverso fessurazioni irregolari (Fig. 4.1) o espulsioni localizzate (Fig. 4.2) di materiale (pop-out) che possono pregiudicare seriamente la durabilità delle opere in calcestruzzo. Attualmente la presenza di silice reattiva nell inerte rappresenta la più insidiosa ed erratica forma di degrado del calcestruzzo. Ciò dipende dal concorso di più cause: 37

2 a) La presenza di silice reattiva in un inerte - a differenza della presenza di cloruro o solfato rilevabile con una semplice e rapida analisi chimica - può essere accertata con molta difficoltà e tempi lunghi. b) La silice reattiva è distribuita in forma discreta (per esempio, è presente in qualche granulo di inerte, ma è completamente assente negli altri): ciò comporta il rischio di non evidenziare la sua presenza se il campione di inerte sotto esame non contiene alcun granulo di silice reattiva e di considerare, quindi, accettabile un inerte che dovrebbe, invece, essere scartato. c) La reazione alcali-silice dipende dal contenuto di alcali nel calcestruzzo: un contenuto di alcali oltre la soglia di 2 kg per metro cubo di calcestruzzo è considerato pericoloso; a causa della variazione del contenuto di alcali (da cemento a cemento, con il dosaggio di cemento, e talvolta da un periodo all altro per lo stesso cemento) la reazione alcalisilice presenta una certa erraticità e si può manifestare o meno in condizioni apparentemente eguali. d) La reazione alcali-silice può decorrere solo in presenza di umidità e si verifica, quindi, più frequentemente in ambienti esterni, ma anche in ambienti chiusi come avviene nei pavimenti industriali non protetti con barriera a vapore ed esposti alla risalita capillare di acqua dal terreno. e) La reazione alcali-silice è in generale molto lenta ed è accelerata alle temperature più elevate; tuttavia, a seconda delle circostanze (grado di reattività della silice, umidità e temperatura ambientale, contenuto di alcali) il fenomeno può richiedere da qualche mese ad una decina di anni per potersi manifestare. Fig. 4.2 Frammenti di calcestruzzo (pop-out) espulsi dalla superficie di pavimenti contenenti aggregati reattivi: i frammenti sono stati capovolti rispetto alla loro posizione nei pavimenti 38

3 dove m s.s.a. è la massa dell'aggregato conservato sotto acqua fino a completa saturazione ed asciugato in superficie. Nella Fig. 4.7 sono rappresentate schematicamente le quattro possibili situazioni nelle quali può trovarsi un aggregato nei confronti del contenuto di umidità (u): asciutto, insaturo, s.s.a. e bagnato. 4.5 INFLUENZA DELL'UMIDITÀ DELL'INERTE SULLE PRESTAZIONI DEL CALCESTRUZZO Nella pratica di cantiere l'aggregato si troverà spesso nella situazione di insaturo, qualche volta (dopo una pioggia) in quello di bagnato, raramente in quella di asciutto (dopo lunga permanenza in clima secco, caldo e ventilato), ed ancor più raramente, e solo transitoriamente, in quella di s.s.a. La condizione di s.s.a. tuttavia, è di grande importanza pratica oltre che teorica, perché è quella in cui vengono a trovarsi gli inerti all'interno del calcestruzzo subito dopo l'impasto, ed è anche la situazione in cui si calcola la massa volumica (peso specifico) della sabbia e della ghiaia per tramutare i volumi dei singoli inerti nelle corrispondenti masse ( 12.1). In altre parole un inerte bagnato cede l'acqua in eccesso (u>u a ) rispetto alla situazione di s.s.a. che va a sommarsi all'acqua introdotta in betoniera, facendo aumentare il valore dell'acqua totale di impasto (a). D'altra parte, un inerte insaturo (u<u a ) ed ancor più un inerte asciutto (u=0) comporterà una suzione di acqua da parte dell'inerte cosicché questo si porta in condizione di s.s.a. con conseguente diminuzione della effettiva acqua di impasto. Le conseguenze di questi scambi di acqua tra inerti e calcestruzzo sono schematicamente sintetizzate in Fig Per prevenire queste oscillazioni nelle prestazioni del calcestruzzo (R ck e slump) è necessario compensare le variazioni di umidità apportate o sottratte dall'inerte rispettivamente con minori o maggiori aggiunte di acqua in betoniera. A tale scopo è necessario controllare quasi quotidianamente l'umidità (u) degli inerti (soprattutto in relazione alle variazioni igrometriche dell'ambiente) 51

4 grado di compattazione ugualmente elevato (0.98), come anche una resistenza meccanica (30 N/mm 2 ) molto prossima a quella massima, per la capacità autocompattante del calcestruzzo superfluido. Per un approfondimento dell argomento sulla lavorabilità e l affidabilità dell opera si legga l Appendice III. 6.6 PROVINI E CAROTE Da un punto di vista pratico, il grafico della Fig. 6.6 può essere di utilità per accertare se le deviazioni tra la massima resistenza meccanica potenziale (quella determinata, per esempio, su provini cubici o cilindrici costipati a rifiuto e quindi con g c eguale a 1) e quella in opera (determinata su carote estratte dalla struttura) sia in qualche modo da imputare ad un minor grado di compattazione del calcestruzzo in opera (deducibile dalla misura delle masse volumiche m v ed m vo ) per effetto di una carente costipazione (vibrazione) e/o di una insufficiente lavorabilità del conglomerato fresco della struttura (Fig. 6.7). Fig. 6.7 Confronto nella resistenza meccanica dei provini compattati a rifiuto e della carota estratta dalla struttura Val la pena di ricordare che nel confronto tra resistenza meccanica delle carote e quella dei provini cubici occorre anche tener conto dell effetto forma: i provini cilindrici (e quindi anche le carote) con rapporto altezza/diametro di 2 presentano mediamente una resistenza meccanica non superiore all 80% di quella dei corrispondenti provini cubici a parità di tutte le altre condizioni (composizione, stagionatura e grado di compattazione). Pertanto, la resistenza meccanica delle carote deve essere divisa per 0.80 prima di essere confrontata con quella misurata sui provini a forma cubica, a parità di tempo di stagionatura. 72

5 Insomma con i cementi microfini si raggiunge il duplice obiettivo di una maggiore stabilità (cioè minimo bleeding) del grout e di una maggiore capacità di impregnare i vuoti del sistema da consolidare. i cementi microfini debbono essere impiegati con elevati rapporti acqua/cemento ( 1) perché la loro elevata reattività, conseguente della grande superficie esposta all acqua, provoca un irrigidimento eccessivo dei grout con gli usuali rapporti acqua/cemento Il bleeding e le aggiunte minerali Le aggiunte minerali impiegate per la riduzione del bleeding nelle sospensioni cementizie, sono sostanzialmente di tre tipi: bentonite, fumo di silice e silice colloidale. In tutti i casi, si tratta di prodotti inorganici ad elevatissima area superficiale specifica e quindi in grado di sedimentare molto lentamente in un mezzo acquoso. La elevata area superficiale di questi prodotti fa aumentare la interazione fisica all interfaccia solido-liquido con beneficio per la stabilità dell intero sistema. Inoltre, per effetto della piccolissima dimensione di queste particelle (quasi tutte sotto 0.1 mµ) si riduce notevolmente la velocità di sedimentazione per effetto della menzionata legge di Stokes. In realtà la bentonite ed il fumo di silice si comportano in modo diverso: la bentonite, molto più fine del fumo di silice, tende a formare con l acqua una sospensione colloidale molto stabile e viscosa nella quale le particelle di cemento sono ostacolate nella loro sedimentazione per effetto della gravità; il fumo di silice (Fig. 2.4), d altra parte, è in grado di stabilire dei veri e propri legami chimici con le particelle di cemento a seguito della reazione pozzolanica tra la silice amorfa del fumo e la calce di idrolisi del cemento ( 3.6). Fig Microfotografia della silice colloidale amorfa ultra-fine (Ultra-Fine Amorphous Colloidal Silica, UFACS), per gentile concessione di Ulf Skarp La silice colloidale (Fig. 7.4) associa il comportamento della bentonite per la ridotta dimensione delle particelle di silice amorfe(5-50 nm), e quella del fumo di 78

6 critico: infatti, se la frattazzatura viene eseguita tardivamente, quando il substrato in calcestruzzo è ormai indurito, si rischia di non poter incorporare monoliticamente lo spolvero superficiale al calcestruzzo; se, d altra parte, lo spolvero viene applicato e frattazzato prematuramente, quando il bleeding non si è ancora esaurito, la risalita d acqua viene bloccata al di sotto dello strato corticale densificato per effetto della frattazzatura. Ciò provoca la formazione di una sorta di lente d acqua - più o meno diffusa - al di sotto dello strato di spolvero indurito (Fig. 7.5). Con il tempo, a seguito dell evaporazione o dell assorbimento dell acqua da parte del circostante materiale, si viene a creare un vuoto proprio al di sotto dello strato densificato superficiale che risulta così destinato al distacco ( scartellamento dello spolvero), come è mostrato in Fig In caso di gelate immediatamente successive all applicazione dello spolvero, l acqua di bleeding bloccata sotto lo strato corticale densificato può ghiacciare ed espandere provocando la distruzione del pavimento in superficie. Fig. 7.6 Scartellamento dello strato corticale di un pavimento (a sinistra) a causa di prematura applicazione dello spolvero su un calcestruzzo ancora in fase di bleeding 82

7 Capitolo X Il degrado del calcestruzzo armato 10.1 LE CAUSE DEL DEGRADO Se si escludono i fenomeni a carattere straordinario, improvviso e traumatico (come i dissesti da sisma, gli eventi bellici ed i danni da incendi) il degrado delle strutture in calcestruzzo armato può essere ricondotto ai seguenti fenomeni naturali e comunque lenti nel tempo: la corrosione delle armature metalliche; l attacco solfatico della matrice cementizia; la reazione alcali-silice che coinvolge gli inerti; la formazione di ghiaccio che riguarda la matrice cementizia e gli inerti; il dilavamento della superficie del calcestruzzo da parte di acque acide; la microfessurazione indotta da variazioni igro-termiche e da sollecitazioni statiche/dinamiche in servizio CORROSIONE DELLE ARMATURE METALLICHE La corrosione delle armature metalliche consiste nella trasformazione dell acciaio (prevalentemente costituito da ferro metallico, Fe) in ruggine formata da ossidi ferrici Fe(OH) 2, Fe(OH) 3, Fe 2 O 3, ecc. porosi, incoerenti e voluminosi: Il processo [10.1] è alimentato dalla presenza di aria umida che contiene gli ingredienti (0 2,H 2 O) necessari alla corrosione. Tuttavia perché possa decorrere in modo apprezzabilmente pericoloso (per esempio diminuzione dello spessore di acciaio 20 µm/anno) il processo corrosivo deve essere attivato da uno dei due seguenti meccanismi: carbonatazione del calcestruzzo penetrazione del cloruro 107

8 un cemento di classe Accanto a questi valori, desunti dalla norma EN 206 o dalle Linee Guida, sono anche riportati nelle Tabelle che seguono, gli spessori di copriferro per ogni classe di esposizione CLASSE DI ESPOSIZIONE XC: CARBONATAZIONE La Tabella 11.2 si riferisce alle sotto-classi di esposizione XC1, XC2, XC3 ed XC4 tutte riguardanti la corrosione delle armature metalliche promossa dalla carbonatazione per effetto dell esposizione all aria umida (O 2, H 2 O, CO 2 ). Le condizioni più aggressive corrispondono alla classe XC4 (Fig. 11.1): queste si verificano nelle strutture esposte ciclicamente all asciutto (ingresso nel calcestruzzo di aria secca contenente O 2 e CO 2 ) ed alla pioggia (ingresso di H 2 O) che sono gli ingredienti per neutralizzare la calce del conglomerato (CO 2 ) e per alimentare l ossidazione del ferro (O 2, H 2 O) secondo il processo [11.1]: 136

9 mm) in galleria (Fig. 13.1) con uno sfrido minimo grazie all accelerazione della presa. Essi consentono, inoltre, di accelerare anche l indurimento nelle prime 24 ore senza penalizzazione delle prestazioni meccaniche in servizio, purché si impieghino acceleranti privi di alcali (alkali-free). Gli acceleranti alcalini, infatti, a base di silicato o alluminato o carbonato di sodio oltre ad essere molto caustici per i danni che provocano all epidermide ed alle mucose degli operai penalizzano le resistenze meccaniche alle lunghe stagionature, cioè le prestazioni in servizio. Gli acceleranti alkali-free (a base di solfato ferrico o di alluminio), invece, non riducono le prestazioni in servizio e, proprio per l assenza di alcali, non sono caustici per chi lavora con il calcestruzzo spruzzato. Fig Applicazione in galleria di uno strato di calcestruzzo proiettato con additivo accelerante La Fig mostra le tipiche prestazioni ottenibili con acceleranti alkali-free e con silicato di sodio in calcestruzzi proiettati le cui composiizoni sono mostrate in Tabella Gli additivi ritardanti, invece, hanno la funzione di ridurre il grado di idratazione (á) del cemento nelle prime ore, soprattutto in climi caldi quando l alta temperatura accelera l idratazione del cemento ostacolando il trasporto del calcestruzzo (perdita di lavorabilità), le operazioni di getto e quelle di finitura. Anche questi additivi aiutano l impresa a risolvere qualche problema in fase esecutiva ma non modificano sostanzialmente le prestazioni del materiale in servizio. Gli additivi aeranti (air-entraining agents, AEA, in inglese), invece, modificano le prestazioni del calcestruzzo in servizio migliorandone la resistenza al ghiaccio ( 10.5; ; 11.5; 12.4). 164

10 12.1): L elevato quantitativo di acqua per aumentare la lavorabilità e l elevato dosaggio di cemento (c), che consegue da un alto valore di a e da un basso valore di a/c, comporta anche un ridotto quantitativo di inerte (i), ed un basso rapporto inerte-cemento (i/c) con elevata tendenza al ritiro igrometrico ( 15.5). Inoltre l elevato contenuto di cemento comporta un forte sviluppo di calore con rischi di fessurazioni per l insorgere di rilevanti gradienti termici ( 14.5) ed elevata deformazione viscosa delle strutture in servizio ( 16.2). Nella Fig è schematicamente mostrata la variazione di composizione (a pari a/c, R ck e lavorabilità) con aggiunta di superfluidificante (1%) per aumentare i/c (e ridurre quindi il ritiro igrometrico: 15.7) e per ridurre c, e diminuire quindi lo sviluppo di calore ed il gradiente termico ( 17.5) oltre che la deformazione viscosa ( 16.2) 13.4 VANTAGGI CON I SUPERFLUIDIFICANTI L impiego dei superfluidificanti ha rivoluzionato il mondo delle costruzioni in c.a. e c.a.p.. E possibile, infatti, a seconda della modalità di impiego: migliorare la lavorabilità e l affidabilità delle strutture in opera (a pari a/c); aumentare R ck e durabilità riducendo l acqua (a) e quindi a/c (a pari lavorabilità); ridurre il ritiro igrometrico, il gradente termico e la deformazione viscosa riducendo sia l acqua (a) che il cemento (c), a pari a/c e pari lavorabilità. 172

11 Se si pone (δt 3 ) max eguale a 20 C (massimo gradiente termico accettabile, oltre il quale esiste il rischio di fessurazione) si ottiene Inserendo 2400 Kg/m 2 al posto di m, e 1,1 KJ/(Kg c) al posto di ñ si ottiene: Scegliendo il tipo di cemento e conseguentemente il valore di q 3 dalla Tabella 14.2, si può calcolare il massimo dosaggio di cemento (c), attraverso la [14.6], per non superare il gradiente termico (δt 3 ) max di 20 C. Per esempio il valore del dosaggio di cemento (c) diventa 168 Kg/m 3 con il CEM II A-L 42.5R e 330 Kg/m 3 se si sceglie il CEM III/B 42.5 con un minor calore di idratazione (q 3 =315 e 160 KJ/kg rispettivamente per il cemento al calcare ed il cemento d altoforno). Bibliografia consigliata: Vito Alunno Rossetti; Il Calcestruzzo. Materiali e Tecnologia ; McGraw Hill Italia; Milano; 1997 Mario Collepardi; Scienza e Tecnologia del Calcestruzzo ; Terza Edizione; Hoepli; Milano; 1991 Mario Collepardi e Luigi Coppola; Mix-Design del Calcestruzzo ; Enco; Seconda Edizione; 1993 Lorella Angelini, Vincenzo Maniscalco, Mario Collepardi; Calcestruzzo stagionato a vapore a bassa temperatura (20-40 C) ; Atti delle Giornate AICAP 1985; 2-4 Maggio;

12 15.7 CALCOLO DEL RITIRO DI UNA STRUTTURA Per passare da S 0 (ritiro standard di un provino) ad S (ritiro della struttura) occorre precisare le condizioni reali nelle quali si intende valutare il ritiro igrometrico. Le Tabelle presentano i valori dei coefficienti f 1, f 2, f 3, f 4 ed f 5 per i quali moltiplicare S 0 per passare ad S. Se, per esempio, si vuole calcolare il ritiro S nelle seguenti condizioni: t = 2 anni UR = 70% h = 20 cm (pilastro di sezione 40x40 cm) A = 1% (area occupata dalla sezione dei ferri rispetto alla sezione totale) inerte = basalto (E i = 95 GPa) i coefficienti correttivi (f i ) diventano: f 1 = 1,15 (Tabella 15.1) f 2 = 0,70 (Tabella 15.2) f 3 = 0,65 (Tabella 15.3) f 4 = 0,85 (Tabella 15.4) f 5 = 0,60 (Tabella 15.5) Con questi valori dei coefficienti correttivi f i, ed un ritiro standard di 470 µm/m, il ritiro S calcolato attraverso la [15.11] diventa: S = 470 1,15 0,70 0,65 0,85 0,60 = 125 µm/m Come si può vedere, i valori di f i nelle Tabelle 1-5 possono far aumentare o mitigare il ritiro S rispetto a quello standard S 0. In particolare, fanno aumentare il ritiro: una UR minore; un tempo di esposizione più lungo in un ambiente insaturo; uno spessore fittizio più piccolo; una percentuale di armatura minore; ed un modulo elastico dell inerte più basso. Ovviamente il ritiro è mitigato se i parametri sopra menzionati sono variati in senso opposto. Il ritiro è comunque nullo in strutture esposte in ambiente permanentemente saturo di vapore (UR > 95%) o immerse sotto acqua. Da un punto di vista pratico il ritiro diminuisce se: si aumenta il diametro massimo dell inerte a pari slump ed a pari R ck (e quindi a pari a/c) in quanto si riduce la richiesta d acqua (a) secondo la regola di Lyse ( ) e a pari a/c si riduce anche c: aumenta quindi il volume di inerte V i (Fig. 12.1) e pertanto aumenta i/c con riduzione di S o (Fig. 15.4) 195

13 al diminuire dell UR il coefficiente g 1 aumenta significativamente e raggiunge valore di 2-3 per una UR del 50-75% (Fig. 16.5); ciò comporta un eguale aumento del creep a parità di tutte le altre condizioni; val la pena di segnalare che in ambienti saturi (UR = 100%) o comunque quando l evaporazione è impedita, g 1 è eguale ad 1 e equivale a dire che il creep di essiccamento (ε d ), ma anche il ritiro (S) nella Fig. 16.4c, sono nulli, cioè il creep totale ε ct coincide con il creep puro (ε c ) della Fig. 16.4b; g 2 diminuisce se si aumenta l età (t 0 ) di applicazione del carico e se si impiega un cemento di maggior classe di resistenza (Fig. 16.6): in sostanza g 2 diminuisce quanto più il calcestruzzo risulta meccanicamente resistente al momento dell applicazione del carico; g 3 (Fig. 16.7) diminuisce al diminuire del rapporto a/c (cioè con una matrice cementizia più resistente meccanicamente) ed al diminuire del dosaggio di cemento (c), cioè con la riduzione del volume di matrice cementizia più deformabile della componente lapidea (almeno con aggregati naturali usuali): in altre parole l impiego di superfluidificanti per ridurre a ed a/c ( ) o per ridurre a e c ( ) sono favorevoli alla riduzione di g 3 e quindi del creep; analogo effetto può essere conseguito con l adozione di un maggiore diametro massimo per l inerte che, a pari lavorabilità comporta una minore richiesta d acqua ( 5.2.1) ed a pari a/c (quindi a pari resistenza meccanica) comporta un minor dosaggio di cemento (c); 205

14 Pertanto, solo disponendo di aggregati densi e compatti (basalti, graniti, ecc.), con tessitura superficiale ruvida per favorire la massima adesione della matrice agli aggregati in corrispondenza della zona di transizione, diventa possibile sfruttare al massimo l ulteriore densificazione conseguibile nella matrice con un maggior contenuto di particelle ultra-fini. Ovviamente il maggior contenuto di queste particelle finissime deve essere accompagnato da un maggior dosaggio di superfluidificante per compensare l enorme richiesta d acqua provocata dalla polvere del finissimo. Un applicazione di questo principio è mostrata esemplificativamente nella Tabella 17.1 dov è mostrata la composiszione di un impasto DSP con resistenze meccaniche a compressione che a tempi lunghi (3 anni) superano i 150 N/mm 2 e che a 28 giorni superano facilmente i 120 N/mm 2 (Fig. 17.8). 219

15 l indice di reoplasticità (R) dal reciproco della capacità di bleeding (B) di un calcestruzzo fluido: Ad un certo calcestruzzo fluido (slump > 200 mm) con segregazione e bleeding nullo (B = 0) corrisponde un indice di reoplasticità infinito, mentre ovviamente il valore di R diminuisce all aumentare della segregazione ed dell acqua di bleeding raccolta in superficie ( 7.5). Fig Assenza di segregazione in una carota (>1m) in un getto di SCC Oltre alla caratterizzazione di queste due proprietà tra loro associate e tendenzialmente antitetiche (alta fluidità e bassa segregazione), furono anche realizzate opere in calcestruzzo reoplastico autenticamente precursore del calcestruzzo autocompattante per l assenza totale di vibrazione in fase di messa in opera proprio grazie alle caratteristiche reologiche di questo calcestruzzo (Fig. 18.3). Naturalmente la produzione di un calcestruzzo con alto indice di reoplasticità dipende non solo dall impiego di un additivo superfluidificante ma anche e soprattutto da: 224

16 Nella Tabella 18.1 è mostrata una tipica composizione per SCC da produrre in un impianto di prefabbricazione ed in Fig è mostrato lo sviluppo della resistenza meccanica a temperatura ambiente e con trattamento a vapore. 231

17 Un aspetto molto interessante riguarda la migliore durabilità del calcestruzzo leggero strutturale con argilla espansa (rispetto ad un calcestruzzo ordinario di pari R ck ) in termini di minore penetrazione sia della CO 2 che del cloruro proveniente da ambienti marini o dai sali gettati sulle strade, autostrade e pavimenti per sciogliere il ghiaccio (L. Coppola, S. Collepardi, P. Bellinzona, Enco Journal N 17, pp 31-32, 2001). Questo comportamento del calcestruzzo leggero strutturale dovuto probabilmente all attività pozzolanica assunta dall argilla espansa a seguito del riscaldamento del processo produttivo ( 19.3) in termini pratici significa una migliore protezione dei ferri di armatura della corrosione promossa dalla carbonatazione ( ) o dalla penetrazione dei cloruri ( ). La seconda tipologia di conglomerato leggero strutturale per il settore del calcestruzzo preconfezionato riguarda un materiale con caratteristiche simili al precedente, ma caratterizzato dalla possibilità non solo di essere pompato, ma soprattutto di essere messo in opera senza vibrazione come un vero e proprio calcestruzzo autocompattante (Capitolo XVIII). Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile impiegare, oltre ai normali ingredienti, la seguente terna di prodotti: cenere volante ( 2.10) 241

18 calcestruzzo compattato a rifiuto e stagionato in condizioni standard (20 C, UR 95%). Il lettore sa anche che nelle opere reali, se realizzate con gli usuali calcestruzzi, se si escludono insomma gli emergenti SCC (calcestruzzi autocompattanti), la resistenza meccanica della struttura, cioè quelle determinata sulla carota estratta dalla struttura stessa, potrà essere al massimo eguale a quella determinata su provini cubici o cilindrici. Le cause di questa discrepanza non sono tanto da imputare agli effetti di disturbo provocati dalla estrazione che potrebbero penalizzare la resistenza meccanica della carota, quanto invece alla incompleta compattazione del calcestruzzo in opera rispetto a quella generalmente completa (compattazione a rifiuto ), con cui si confezionano i provini prelevati al momento del getto sul calcestruzzo fornito. L'imposizione di queste condizioni nella preparazione dei provini (compattazione a rifiuto del calcestruzzo fresco, stagionatura a 20 C con UR 95%), dipende dal fatto che i risultati delle proprietà da misurare (resistenza meccanica, penetrazione d acqua, diffusione dei cloruri, carbonatazione, ecc.) dipendono moltissimo proprio dalle condizioni di preparazione dei provini. Pertanto queste condizioni vanno standardizzate e rispettate anche per gli aspetti commerciali coinvolti nell ottenimento dei risultati ottenuti (l impresa paga il calcestruzzo al fornitore in base alla R ck ottenuta). Si potrebbe discutere se queste condizione (compattazione a rifiuto, stagionatura a 20 C, ecc.) sono realistiche o meno. Certamente sono diverse da quelle incontrate sul cantiere. Ed allora quali condizioni scegliere? Quelle invernali (maturazione a 5 C) con una vibrazione scadente, oppure quelle estive (maturazione a 35 C) con una vibrazione accettabile? Val la pena di ricordare che lo scopo della determinazione della R ck sui provini cubici o cilindrici è quello di stabilire se la qualità del materiale fornito è o meno conforme alle prescrizioni di capitolato. Non esiste alcuna possibilità di estendere il risultato della R ck misurata sui provini del materiali e alle strutture in opera. Né questa è l intenzione del legislatore. Se la R ck misurata sui provini è conforme al valore prescritto in capitolato, non necessariamente la resistenza meccanica della struttura in opera (cioè quella della carota) sarà eguale al valore della R ck. Tra la resistenza meccanica del provino cubico o cilindrico e quella della carota estratta dalla struttura esiste una differenza soprattutto per il diverso grado di compattazione con cui il calcestruzzo è stato costipato dentro le casseforme per i provini o i casseri per La compattazione a rifiuto sta a significare che dopo ogni costipazione manuale (con pestello) o meccanica (tavolo vibrante) il calcestruzzo fresco va nuovamente aggiunto dentro la cassaforma finché il livello del calcestruzzo fresco non si abbassa più dentro la cassaforma a seguito della compattazione. Cioè, finché la cassaforma non accetta più (rifiuta) ulteriore calcestruzzo fresco. Questa situazione corrisponde alla massima densità del materiale, come può essere facilmente calcolato dal peso della cassaforma ridotta dalla tara al termine della compattazione. 275

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