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1 Università degli Studi Roma Tre Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica A. A. 2001/2002 Tesi di Laurea Il software per l identificatore di elettroni nell esperimento HARP Candidato: Cristiano Valli (matr /19) Relatore: prof.ssa Domizia Orestano

2 Introduzione La possibilità che i neutrini abbiano massa e tra di loro esista un mescolamento (mixing) quantistico rappresenta una conseguenza naturale ed estremamente interessante di molte teorie della fisica delle particelle sviluppate negli ultimi anni. Dal punto di vista sperimentale le ricerche in tale direzione hanno seguito un orientamento volto allo studio del fenomeno dell oscillazione nei vari canali di apparizione o sparizione di sapore, al fine di coprire uno spettro il piú possibile ampio per i parametri di massa ( ) e mixing ( ). Attualmente, le osservazioni anomale spiegabili in termini di oscillazione dei neutrini sono: a) Il deficit di neutrini solari. Il flusso di neutrini elettronici osservato nel corso dei vari esperimenti è di quello predetto dal Modello Solare Standard (SSM) [1]. Questo risultato può essere spiegato attraverso la formulazione di un ipotesi di oscillazione dei neutrini prodotti dalle reazioni di fusione nel Sole. Tali ipotesi si basano sull assunzione che una parte dei neutrini prodotti dalla sorgente scompaiano prima di giungere al rivelatore (trasformandosi in neutrini muonici) Esperimenti ad alta statistica (SuperKamiokande [2] e SNO [3, 4, 5], cui si aggiungerà successivamente Borexino [6]) dovrebbero definitivamente provare l ipotesi di oscillazione dei neutrini solari nell arco di qualche anno. I valori di coinvolti ( ) potrebbero essere inaccessibili ad esperimenti con fasci da acceleratori. b) L anomalia nel rapporto tra flussi di e in eventi di neutrini atmosferici. Questo risultato, ottenuto nell esperimento SuperKamiokande [7, 8], è ormai consolidato e viene spiegato in termini di un oscillazione

3 3 con i seguenti parametri:. e c) Il segnale proveniente dall esperimento LSND [9, 10] di eventi del tipo in un fascio di. L evidenza sperimentale è controversa ed attende una conferma dagli esperimenti che verranno effettuati per comprovarne il risultato. Assumendo oscillazioni e imponendo i vincoli di altre ricerche (negative) di oscillazione, i parametri dell oscillazione sarebbero ev e. Poichè i dati ottenuti dagli esperimenti indicano che vi sono 3 diversi valori delle differenze di massa, nell ipotesi che vi siano 3 generazioni di neutrini, non è possibile interpretare i risultati sperimentali in termini di oscillazione, a meno di non ipotizzare l esistenza di una quarta famiglia di neutrini. Pertanto la situazione sperimentale allo stato attuale delle cose non permette la conferma o la smentita delle teorie sull oscillazione. Diversi esperimenti di rivelazione dei neutrini sono in corso o in fase di progettazione presso numerosi acceleratori di particelle. Di particolare rilievo risultano essere i Long Baseline Experiments, esperimenti nei quali la distanza fra il punto di produzione dei neutrini e quello in cui vengono rivelati è molto grande ( ). La principale caratteristica di questi esperimenti è quella di permettere di indagare nell intervallo di valori del parametro in cui sono osservate le oscillazioni di neutrino atmosferico nell esperimento SuperKamiokande. In questi esperimenti è particolarmente cruciale il flusso di neutrini prodotti ed il massimo finora ottenuto è $# per anno. Un modo per ottenere un flusso di neutrini almeno cento volte maggiore è attraverso un acceleratore di nuova concezione chiamato neutrino factory che implica nuove tecnologie ancora in fase di ricerca e sviluppo. Il lavoro descritto in questa tesi si inserisce proprio nel progetto di una neutrino factory e viene realizzato nell esperimento HARP condotto presso il protosincrotrone (PS) del CERN. HARP intende misurare con grande precisione la sezione d urto differenziale di produzione di pioni in funzione dell impulso del fascio di protoni incidenti e del materiale bersaglio con lo scopo di ottimizzare il progetto della sorgente di pioni che verrà utilizzata nella neutrino factory. "!

4 La struttura della tesi è la seguente: nel primo capitolo vengono brevemente descritte le attuali problematiche nella fisica del neutrino; il secondo capitolo è dedicato alla descrizione delle principali caratteristiche di una neutrino factory e alla presentazione degli obiettivi di HARP; il terzo capitolo è dedicato alla descrizione dell apparato sperimentale. I due capitoli successivi rappresentano invece la parte originale del lavoro, incentrato sullo sviluppo del software necessario per consentire l analisi degli eventi di fisica dell identificatore di elettroni e dell identificatore di muoni. Nel quarto capitolo viene descritta l implementazione della parte relativa alla Simulazione e Ricostruzione del calorimetro e vengono presentati i risultati ottenuti utilizzando tale software ; nel quinto capitolo invece viene presentato il lavoro svolto per consentire la ricostruzione delle particelle nel calorimetro e nei rivelatori ad esso correlati. 4

5 Capitolo 1 Introduzione alla fisica del neutrino 1.1 Le particelle fondamentali e le loro interazioni Una delle piú importanti conquiste della fisica delle particelle elementari degli ultimi anni è stato il Modello Standard [11], il modello teorico che descrive i costituenti fondamentali e le loro interazioni. Questa teoria descrive la materia con 12 particelle (divise in 6 doppietti): 6 quark e 6 leptoni (si veda figura 1.1). Secondo questo modello esistono quattro tipi di interazioni fra queste particelle: l interazione elettromagnetica, l interazione debole,l interazione forte e l interazione gravitazionale. La teoria quantistica dei campi descrive queste interazioni attraverso particelle di spin intero (i bosoni). Il fotone è il quanto dell interazione elettromagnetica, i bosoni,, sono i quanti dell interazione debole, gli 8 gluoni sono i quanti dell interazione forte e il gravitone é il quanto dell interazione gravitazionale. Nel corso degli anni si é andata affermando l affascinante ipotesi che queste interazioni altro non siano che diverse manifestazioni di una stessa interazione, e che la loro unificazione avvenga ad una scala di energia molto piú grande di quella attualmente accessibile dai moderni acceleratori di particelle. L idea di base è che a questa energia esista una supersimmetria [12] e che dalla sua rottura vengano generate le particelle fondamentali e le interazioni come vengono osservate.

6 1.1 Le particelle fondamentali e le loro interazioni 6 Figura 1.1: Leptoni e quark

7 1.2 I neutrini 7 Il potere predittivo di questi modelli teorici é tuttavia fortemente legato alla capacità di prevedere fenomeni a bassa energia, accessibili dai moderni esperimenti. Uno dei problemi sperimentali di maggiore importanza non spiegato dal Modello Standard é quello della massa dei neutrini. 1.2 I neutrini Sorgenti di neutrino Le sorgenti da cui hanno origine i neutrini possono essere raggruppate in tre grandi categorie: il cosmo, la terra e le macchine costruite dall uomo. Neutrini di origine cosmica reazioni di fusione nelle Stelle. I neutrini prodotti in queste reazioni sono i derivanti dai processi di fusione termonucleare che avvengono all interno di una stella. La principale sorgente é il Sole che emette # con energie fino a. Alcune delle reazioni di fusione in una stella sono: p p p p p # D D # Nella figura 1.2 si riporta la distribuzione del flusso di neutrini prodotti nei processi di fusione stellare in funzione dell energia con cui vengono prodotti. Le figure 1.3 e 1.4 mostrano rispettivamente le principali reazioni di fusione nelle stelle e i valori

8 1.2 I neutrini 8 Flux (/cm 2 /s or /cm 2 /s/mev) N 17 F 15 O pp 7 Be 7 Be Solar Neutrino Spectrum Bahcall-Pinsonneault SSM Neutrino Energy (MeV) pep hep 8 B Figura 1.2: Flusso di neutrini prodotti dalle reazioni di fusione nelle stelle Figura 1.3: Principali reazioni di fusione nelle stelle Figura 1.4: Stima dei flussi di neutrini prodotti nelle reazioni di fusione nelle stelle

9 1.2 I neutrini 9 Figura 1.5: Produzione di neutrini nel Sole

10 1.2 I neutrini 10 dei flussi di neutrini solari da esse provenienti per tipo di reazione e spettro dell energia del neutrino emesso. La figura 1.5 mostra la rappresentazione della produzione di neutrini nel nucleo del Sole. Si osservi come ciascuna reazione sia caratterizzata da uno specifico spettro di energia del neutrino elettronico emesso. Un cenno a parte meritano i neutrini prodotti nell Universo e i neutrini galattici ed extragalattici [13], che, per la loro eccezionalitá ed alta energia, costituiscono uno strumento importante per lo studio dei fenomeni astrofisici Alcune possibili sorgenti extragalattiche di neutrini sono le binarie X (Cygnus ), i Nuclei Galattici Attivi (AGN) ed i Gamma Ray Burst. neutrini prodotti dai raggi cosmici. L interazione dei raggi cosmici con i nuclei dell atmosfera é schematizzabile con la reazione: dove è un nucleo dell atmosfera ed X sono prodotti adronici dell interazione.il prodotto a sua volta decade secondo la reazione: ed il muone prodotto secondo la reazione: Vengono prodotti dunque sia neutrini elettronici che neutrini muonici (se si considerano anche le reazioni coniugate di carica di quelle riportate). Di fondamentale importanza é il rapporto: R= il cui valore atteso in base a a queste considerazioni é. In figura 1.6 è riportata una rappresentazione della produzione

11 1.2 I neutrini 11 di neutrini in seguito alle interazioni dei raggi cosmici con i nuclei dell atmosfera. neutrini prodotti dal Big Bang. Secondo il modello standard che descrive la nascita e l evoluzione dell Universo il flusso di neutrini prodotti dal Big Bang sarebbe, ed ogni neutrino avrebbe una energia di. Proprio a causa della loro bassissima energia questi neutrini non sono mai stati rivelati. Neutrini di origine terrestre Sulla terra ci sono molti nuclei atomici radioattivi che danno origine alla radioattività naturale. Il decadimento che avviene secondo la reazione produce. La potenza proveniente da questa sorgente di radioattività naturale è stimata circa GWatt e i neutrini da essa derivante sono molto numerosi:. Neutrini prodotti artificialmente neutrini prodotti dai reattori nucleari rappresentano un abbondante prodotto delle reazioni nucleari che avvengono nel nucleo dei reattori. Un reattore di media potenza produce circa, ciascuno dei quali ha in media un energia. neutrini prodotti dagli acceleratori di particelle generalmente di alta energia (possono raggiungere le centinaia di GeV): sono generalmente e sono prodotti per studiare la struttura dei nucleoni e le interazioni deboli.

12 1.2 I neutrini 12 Figura 1.6: La produzione di neutrini nelle interazioni dei raggi cosmici con nuclei nell atmosfera terrestre

13 1.2 I neutrini Tecniche sperimentali per la rivelazione dei neutrini Esistono essenzialmente tre tipi di rivelatori in base all energia o al tipo di neutrino che si vuole osservare: Rivelatori per neutrini solari I neutrini solari, come abbiamo già osservato nel precedente paragrafo, hanno un energia compresa tra e a seconda del tipo di reazione termonucleare all interno del sole che li produce. Gli esperimenti sono tutti posti sotto terra (o sotto il mare o sotto il ghiaccio) a grande profondità e i rivelatori sono di due diversi tipi: rivelatori radio-chimici in cui si contano, in seguito alla interazione con i neutrini, le trasformazioni in altri atomi radioattivi di alcuni atomi presenti nel rivelatore stesso (ad esempio il Germanio 71 proveniente dal Gallio nell esperimento GALLEX o l Argon 37 proveniente dal Cloro nell esperimento compiuto nella miniera di Homestake [14]). Questo tipo di rivelazione ha il vantaggio di poter accedere a neutrini di bassa energia. rivelatori di luce Cherenkov emessa quando un neutrino interagisce con l acqua di cui sono costituiti (ad esempio Kamiokande e SuperKamiokande). La soglia dell energia del neutrino per questi tipi di rivelatori è piuttosto elevata ( ) e permette di accedere solo ai neutrini provenienti, ad esempio, da alcune reazioni solari e non da altre. Questi rivelatori sono anche sensibili ai neutrini atmosferici. Gli esperimenti che utilizzano la tecnica di rivelazione con luce Cherenkov godono di due enormi vantaggi: il primo è quello di avere l informazione temporale di quando è avvenuta l interazione e il secondo di permettere la ricostruzione della direzione dei neutrini che interagiscono nel rivelatore. Rivelatori per neutrini dai reattori nucleari Gli anti-neutrini provenienti dai reattori nucleari sono emessi in grande quantità con un energia media di. Per rivelare l antineutrino, viene utilizzata una reazione beta-inversa ( ),

14 1.3 Oscillazioni 14 identificando il fotone emesso quando il neutrone è assorbito dalla materia e i due fotoni prodotti quando l si annichila con un della materia. Questo tipo di rivelazione è stato utilizzato per la prima volta da Cowan e Reines per rivelare l esistenza del neutrino nel Rivelatori per neutrini da acceleratori I neutrini prodotti dagli acceleratori hanno oggigiorno un energia compresa tra 10 MeV e 100 GeV. Il rivelatore in questo caso identifica le particelle provenienti dall interazione di un neutrino di alta energia con un nucleone o un elettrone all interno del rivelatore stesso che funge pertanto anche da bersaglio. I fasci di neutrino sono prodotti facendo incidere un fascio di protoni su un bersaglio e filtrando i neutrini attraverso grossi spessori di materiale molto denso in grado di arrestare tutte le altre particelle. 1.3 Oscillazioni Introduzione Alcuni esperimenti, di cui il primo risale alla fine degli anni settanta, condotti per misurare il flusso dei neutrini provenienti dal sole hanno mostrato una inconsistenza piuttosto importante con le predizioni dei modelli solari. Questa inconsistenza può essere spiegata supponedo che il modello solare sia sbagliato, oppure che gli esperimenti abbiano problemi di normalizzazione dei dati, o che esista un fenomeno nuovo in grado di trasformare neutrini di una determinata famiglia (ad esempio ) in neutrini di altra famiglia ( e/o ). Tale fenomeno è indicato con il nome di oscillazione di neutrino. Oggigiorno altre misure sui flussi di neutrini atmosferici, che non risultato in buon accordo con le predizioni teoriche, sembrano indicare con sempre maggior confidenza che le oscillazioni di neutrino esistano e siano effettivamente responsabili dei risultati sperimentali ottenuti. È tuttavia importante notare che nessun esperimento con neutrini provenienti da sorgenti artificiali ( reattori nucleari e acceleratori), ad eccezione dell esperimento LSND, ha per ora fornito indicazioni di oscillazione.

15 1.3 Oscillazioni Il problema dei neutrini nel Modello Solare Standard Il Modello Solare Standard (SSM) è un modello utilizzato per spiegare l origine e l evoluzione del Sole. Esso si basa su una serie di ipotesi per descrivere le caratteristiche di questa stella: Il Sole è una protostella convettiva,omogenea a a simmetria sferica la sua massa è grammi non ha nè campo magnetico nè momento angolare l abbondanza relativa dei suoi elementi è ricavata da analisi spettrali della radiazione emessa e dalla composizione di meteoriti Queste ipotesi hanno portato a formulare delle previsione teoriche su una serie di grandezze osservabili. Le previsioni che hanno ricevuto una conferma dagli esperimenti sono: luminosità raggio abbondanze di elementi in buon accordo con quelle previste struttura interna correttamente prevista e verificata sperimentalmente con osservazioni di fenomeni eliosismologici Il SSM fornisce anche una stima del flusso di neutrini elettronici emessi dal Sole. Nel paragrafo successivo si confronteranno i risultati sperimentali con le previsioni teoriche di questo modello Risultati sperimentali Nei paragrafi che seguono vengono riportati i risultati conseguiti dagli esperimenti che sinora si sono occupati di studiare la fisica dei neutrini solari ed atmosferici.

16 1.3 Oscillazioni 16 Neutrini Solari Il primo esperimento a riguardo ha preso il via nella miniera di Homestake nel La tecnica di rivelazione utilizzata é quella radiochimica, e la reazione di decadimento beta inverso alla base dell esperimento é la seguente: KeV (l energia di soglia della reazione è l energia che il neutrino deve possedere per dar luogo a tale reazione). La tecnica utilizzata dall esperimento permette di misurare il flusso di neutrini elettronici prodotti nella reazione di decadimento del. L apparato é costituito da 615 tonnellate di tetracloroetilene. Dalla misura della frequenza di decadimento dei nuclei di prodotti nella reazione di cui sopra si é ottenuta una stima del flusso di neutrini elettronici di: con energia di soglia del neutrino di catture/nucleo bersaglio/sec), contro un valore predetto per questa energia di soglia in base al SSM (Bahcall e Pinsonneault BP92 [15]) di (1 Unitá Neutrini Solari = SNU. Questo è il primo risultato sperimentale che ha messo in discussione il valore del flusso di neutrini solari predetto dal SSM. Da qui è nata la necessitá di nuovi modelli teorici in grado di spiegare questo risultato. Una delle possibili ipotesi in grado di giustificare questo risultato é quella predetta da Bruno Pontecorvo alla metà degli anni 50 (precedente rispetto al risultato di Homestake) secondo la quale, i neutrini avrebbero una massa non nulla e proprio per questo essi potrebbero subire oscillazioni quantomeccaniche. Il risultato di Homestake viene interpretato da alcuni come la prima evidenza sperimentale di questa ipotesi per i neutrini elettronici. Un altro apparato sperimentale che ha contribuito allo studio della fisica dei neutrini solari è Kamiokande, realizzato nella miniera di Kamioka in Giappone [16]. L esperimento Kamiokande utilizza, per la rivelazione dei neutrini, un apparato sperimentale basato sul fenomeno della radiazione Cherenkov ed osserva eventi di diffusione elastica su elettrone secondo la

17 1.3 Oscillazioni 17 reazione: La soglia per poter rivelare i neutrini con questa reazione è di. Pertanto Kamiokande ha potuto osservare i neutrini elettronici provenienti dal decadimento del nucleo # e in piccola parte i neutrini hep. Il risultato complessivo pubblicato unendo i dati raccolti in due diversi periodi di attività del rivelatore è: che rappresenta il e Pinsonneault. del valore previsto dal modello di Bahcall Due recenti esperimenti importanti che hanno utilizzato la tecnica radiochimica per la rivelazione dei neutrini elettronici sono stati effettuati nei Laboratori del Gran Sasso (GALLEX [17]) ed a Baksan in Russia (SA- GE [18]). La reazione utilizzata da GALLEX e SAGE è la seguente : con una soglia di rivelazione sull energia del neutrino di KeV, che permette di sondare lo spettro dei neutrini prodotti nella reazione. L apparato sperimentale di GALLEX è costituito da 30 tonnellate di La misura del flusso di neutrini elettronici ottenuta é: SNU. L apparato sperimentale di SAGE è invece costituito da 60 tonnellate di Ga metallico e il risultato ottenuto [18] è: mentre il valore predetto dal modello BP92 è di da confrontare con la stessa previsione del modello di BP92. Dunque anche i risultati di GALLEX e di SAGE sembrano indicare un deficit nel flusso dei neutrini elettronici rispetto al valore predetto dal Modello Solare Standard. Nella figura 1.7 vengono riportati i risultati conseguti dall esperimento GALLEX..

18 1.3 Oscillazioni 18 Figura 1.7: Flusso di neutrini elettronici relativo ai vari periodi di presa dati per l esperimento GALLEX

19 1.3 Oscillazioni 19 Neutrini Atmosferici A seguito dei risultati ottenuti dagli esperimenti sui neutrini solari, fu formulata l ipotesi che un analogo fenomeno di oscillazione quantomeccanica potesse avvenire anche per i neutrini muonici prodotti dai raggi cosmici. Tuttavia lo sviluppo di un apparato di rivelazione basato sulla tecnica ottica presentava per quei tempi notevoli difficoltà, come quella di distinguere i muoni prodotti nella reazione di diffusione neutrino muonico-muone da quelli prodotti dai raggi cosmici. Il primo esperimento che si propose di studiare la fisica dei neutrini atmosferici fu Kamiokande [19, 20, 21], ed il risultato ottenuto fu considerato un evidenza del fenomeno di oscillazione quantomeccanica anche per i neutrini atmosferici. Kamiokande ha ottenuto la seguente misura: contro un valore teoricamente atteso di. L esperimento Kamiokande ha trovato la sua naturale prosecuzione in un nuovo e piú ambizioso progetto, l esperimento SuperKamiokande [7, 2, 8], condotto a partire dal Anche SuperKamiokande utilizza per rivelare i neutrini un rivelatore Cherenkov analogo al precedente ma molto piú massivo. L obiettivo è quello di raccogliere un numero di dati molto piú consistente di quello precedente e di indagare oltre che sul flusso di neutrini solari, in modo particolare sul flusso di neutrini atmosferici. Nonostante che la reazione di rivelazione dei neutrini sia la stessa di prima, questa volta la soglia di rivelazione è piú bassa :. L apparato di rivelazione è costituito da tonnellate di e diviso in due cilindri concentrici, quello interno in cui la luce viene rivelata da fotomoltiplicatori del diametro di 50 cm, quello esterno in cui i rivelatori sono 1885 fotomoltiplicatori del diametro di 20 cm. Questi ultimi servono a rivelare i muoni prodotti dai raggi cosmici e costituiscono il sistema di veto. I risultati sperimentali ottenuti fino ad ora hanno portato ad una misura del flusso di neutrini solari pari a circa il 40 del valore previsto dal SSM confermando cosí le indicazioni di Kamiokande basate su una statistica molto minore. L apparato di SuperKamiokande ha anche permesso di studiare piú a fondo il problema dei neutrini atmosferici e ha misurato un rapporto nella regione di bassa energia (sub-gev) e

20 1.3 Oscillazioni 20 nella regione di alta energia (multi-gev). Questi valori sono ben lontani da quelli previsti teoricamente. Una ulteriore conferma all ipotesi delle oscillazioni di neutrino atmosferico proviene dalla distribuzione angolare del deficit di rispetto ai : questa sembra indicare che l effetto sia presente principalmente per provenienti dal basso. I neutrini atmosferici vengono generati dall interazione dei raggi cosmici con l atmosfera; poichè si assume che la distribuzione dei raggi cosmici sia isotropa, c è una stretta correlazione tra la direzione di provenienza dei neutrini e la distanze percorsa dalla sorgente (atmosfera) e il rivelatore (vedi figura 1.8). Nella figura 1.9 è mostrata la distribuzione del flusso di in funzione dell angolo rispetto alla verticale del rivelatore. L osservazione di questa dipendenza angolare è stata interpretata come un segnale di oscillazione per i neutrini atmosferici. Neutrini da sorgenti artificiali Esperimenti di oscillazione del neutrino sono anche stati realizzati presso reattori nucleari o acceleratori di particelle, ovvero con neutrini provenienti da sorgenti artificiali. Fra quelli realizzati presso reattori nucleari ricordiamo CHOOZ [22] che ha avuto luogo in Francia nei pressi del reattore nucleare CHOOZ, circa 1000 metri sotto-terra in un vecchio tunnel. Questo esperimento rivela neutrini prodotti con un energia media di utilizzando un apparato costituito da scintillatore liquido drogato con gadolinio che occupa un volume di litri posto all interno di un contenitore di materiale acrilico che funge anche da bersaglio. Gli anti-neutrini prodotti dal reattore interagiscono nell apparato generando un positrone ed un neutrone. Il neutrone interagisce a sua volta con il materiale del rivelatore producendo fotoni che vengono rivelati da una barriera di fotomoltiplicatori posti all esterno dell involucro che racchiude il materiale scintillante. Il bersaglio è circondato da un altro contenitore piú grande dotato anch esso di fotomoltiplicatori in grado di fungere da veto contro il fondo di raggi cosmici e di radioattività proveniente dalle rocce circostanti. I dati di CHOOZ non danno nessun segnale di un fenomeno di oscillazione. I due piú recenti esperimenti condotti presso gli acceleratori di parti-

21 1.3 Oscillazioni 21 Figura 1.8: Schema della dipendenza del flusso di rivelati dalla loro direzione di provenienza

22 1.3 Oscillazioni 22 Figura 1.9: Distribuzione del flusso di in funzione dell angolo (angolo fra la verticale e la direzione di provenienza dei neutrini)

23 1.3 Oscillazioni 23 celle sono invece NOMAD [23] e CHORUS [24] che si prefiggevano di ricercare l oscillazione per i prodotti al SuperProtoSincrotrone (SPS) del CERN basandosi sull osservazione del prodotto in interazioni di corrente carica del. Poichè il contenuto intrinseco di nel fascio di neutrino del CERN era inferiore alla sensibilità degli esperimenti, l eventuale osservazione di eventi contenenti avrebbe potuto costituire un evidenza sperimentale dell oscillazione. Nessun indizio di oscillazione è stata osservata da entrambi gli esperimenti. Tuttavia l esperimento LSND (Liquid Scintillator Neutrino Detector) condotto presso i laboratori di Los Alamos (USA) ha dato, unico fra gli esperimenti con fasci di neutrino prodotti artificialmente, un risultato interpretabile in termini di oscillazioni di neutrino. Questo esperimento ha studiato infatti l oscillazione, dove gli sono prodotti dalla reazione di decadimento del. Poichè il numero di + é nota con buona precisione, é possibile determinare l oscillazione rivelando un numero di maggiore rispetto al valore atteso teoricamente. La misura del numero di prodotti viene effettuata attraverso la rivelazione di: prodotti è molto basso e la sezione d urto della reazione prodotti prodotti nella reazione + +, aventi un energia di Il materiale utilizzato per la rivelazione è costituito da scintillatore minerale omogeneo, racchiuso in un contenitore cilindrico. I segnali luminosi prodotti vengono letti da 1220 fotomoltiplicatori. L analisi riguarda il campione di dati raccolti durante il periodo. Il risultato pubblicato [9] è: dove è la probabilità che avvenga l oscillazione. Questo è anche l unico esperimento in cui la segnatura sperimentale dell oscillazione sia un eccesso di eventi e non un deficit Modelli di oscillazione Il fenomeno dell oscillazione dei neutrini viene spiegato nell ambito di due teorie: la teoria VO dell oscillazione nel vuoto [25] e quella MSW del-

24 1.3 Oscillazioni 24 l oscillazione nella materia [26]. La teoria VO prevede che il fenomeno dell oscillazione avvenga nel vuoto. Nell ipotesi che i neutrini abbiano una massa non nulla, fra di essi può verificarsi un mixing quantistico, dovuto al fatto che gli autostati di sapore non coincidono con gli autostati di massa. In questa ipotesi si rappresentano gli autostati di sapore con il vettore: e gli autostati di massa con: la relazione che intercorre fra di loro é la seguente: dove è una matrice unitaria che correla gli autostati di massa a quelli di sapore (in modo del tutto analogo a quella di Cabibbo-Kobayashi- Maskawa (CKM) per i quark). Il generico elemento di questa matrice può essere rappresentato come: dove è l angolo di mixing fra il neutrino e il neutrino. L evoluzione degli autostati di massa nel tempo è espressa dall equazione di Schrodinger: dove è la matrice delle masse dei neutrini nella base degli autostati di sapore mentre è espressa nella base degli autostati di massa. Gli autovalori della matrice, ovvero,, sono i valori delle masse dei neutrini. In una trattazione semplificata in cui si consideri l oscillazione fra due sole famiglie di neutrini la relazione che esprime la probabilità di oscillazione di un autostato di sapore in un altro autostato di sapore é la seguente:

25 1.3 Oscillazioni 25 Come si osserva in questa formula compaiono parametri: é l angolo di mixing fra gli autostati di massa indicati con é la differenza del quadrato delle masse fra i due autostati é l energia del fascio di neutrini é la distanza del rivelatore dalla sorgente del fascio Questa equazione definisce una lunghezza di oscillazione nel vuoto espressa tramite la relazione: Se quest ultima è minore della dimensione della sorgente di neutrini o del rivelatore (o di entrambi), il termine periodico che dipende dalla distribuzione dell energia nell equazione precedente diventa e la probabilità di oscillazione assume la forma: e in un piano. I risultati sperimentali in generale vengono rappresentati da porzioni di questo piano, che individuano l intervallo dei valori dei parametri di oscillazione accessibili o indagati dall esperimento. I valori dei parametri dell oscillazione dei neutrini solari calcolati con il modello VO sono: In generale si usa rappresentare i parametri ;. e La teoria MSW si basa sull ipotesi che il fenomeno di oscillazione si verifichi nella materia.

26 1.3 Oscillazioni 26 Questa teoria (che prende il nome da coloro che la presentarono, Michelson, Smirnov e Wolfenstein) formula un modello realistico in particolare per il canale solare dell oscillazione (quello ). Essa sviluppa un analogia fra descrizione del fenomeno di trasformazione dei neutrini e teoria dell oscillatore armonico. Il fascio di neutrini si comporta proprio come un insieme di oscillatori armonici sollecitati da una forza esterna anch essa periodica. Quando la frequenza della forzante eguaglia quella propria del fascio, viene raggiunta una condizione di risonanza. Questo comporta la liberazione di una parte dell energia del fascio, ovvero una transizione delle particelle che lo costituiscono dalla frequenza originale ad una frequenza diversa. Quantisticamente queste diverse frequenze altro non sono che differenti autostati di energia e di massa, cioè particelle diverse, caratterizzate da diversi valori di uno stesso numero quantico (il sapore ). Secondo la teoria i neutrini, emessi nel nucleo del Sole, nel cammino verso la Terra attraversano una regione della crosta solare caratterizzata da un valore critico della densità elettronica; in queste condizioni il fascio di neutrini elettronici entra in condizioni di risonanza e una parte di essi subisce una trasformazione, cambiando stato di sapore. La relazione che esprime la densità elettronica caratteristica del modello è: dove : : valore della densità elettronica alla quale si verifica la condizione di risonanza : angolo di mixing dei neutrini nella materia E: energia del neutrino : costante di Fermi delle interazioni elettrodeboli L angolo di mescolamento nella materia,, è dato dall equazione:

27 1.3 Oscillazioni 27 dove si ha: in cui indica l energia potenziale dell interazione dei neutrini con la materia; è l angolo di mescolamento nel vuoto; con è espresso in e l energia E dei neutrini in MeV. Se è molto piccolo, per il denominatore sparisce e l angolo di mixing nella materia,, è uguale a che corrisponde al mescolamento massimo. La lunghezza di oscillazione nella materia,, è maggiore di quella nel vuoto ed è data da dove è la lunghezza di oscillazione nel vuoto data dalla. Il massimo valore di è raggiunto alla risonanza, dove. Nel caso degli antineutrini il termine di energia potenziale cambia segno per cui si ha che la differenza tra i due autovalori di massa cresce monotonamente con la densità e non si ha risonanza. La teoria prevede possibili soluzioni per il problema dell oscillazione, corrispondenti a diverse regioni dei parametri: soluzione Large Mixing Angle: ; soluzione Small Mixing Angle: ; soluzione Low : ;

28 1.3 Oscillazioni 28 I modelli MSW e VO non sono in grado di spiegare l origine del mixing dei tre canali. Ciò è possibile se si avanzano delle ipotesi circa la gerarchia ed i meccanismi di generazione delle masse dei neutrini stessi. Questo viene fatto nell ambito dei modelli teorici che estendono il Modello Standard, dei quali si darà un breve cenno nel paragrafo che segue Meccanismi di generazione delle masse Come già sottolineato nella nostra breve introduzione il fatto che i neutrini abbiano massa non può in alcun modo essere spiegato nell ambito del Modello Standard e questo apre due interrogativi: qual è la vera natura delle interazioni dei neutrini? qual è il meccanismo di generazione delle loro masse? Uno degli interrogativi che il Modello Standard non riesce a spiegare è la diversa struttura delle due matrici di mixing dei quark e dei neutrini: la prima è quasi diagonale, la seconda invece nell ipotesi di oscillazione non lo è. Se i quark ed i neutrini interagiscono allo stesso modo (interazione elettrodebole), non vi è motivo di credere che siano cosí diversi fra loro. L ipotesi di oscillazione può essere compresa appieno soltanto nell ambito di teorie che inglobino tutte le particelle. Queste teorie si prefiggono di fornire spiegazioni logiche sull origine delle particelle fondamentali che costituiscono la materia e sulle loro interazioni. I modelli sulla generazione delle masse dei neutrini sono di due tipi: Modelli a generazioni di neutrini [27, 28] Modelli a generazioni di neutrini [27, 29] Nel primo caso si ipotizzano soli canali di oscillazione, il canale atmosferico e quello solare, e soli neutrini. Nel secondo caso di modelli invece viene considerata l ipotesi dell esistenza di almeno neutrini che giustificherebbero un terzo canale di oscillazione in aggiunta ai primi due. Il fatto che la massa dei neutrini apra le porte per nuove teorie oltre lo SM è

29 1.3 Oscillazioni 29 dovuto alla violazione della proprietà di rinormalizzabilità degli operatori che compaiono nella Lagrangiana del Modello Standard. È infatti noto che affinché una teoria abbia potere predittivo, le ampiezze dei processi fisici calcolati in base ai modelli devono restare finite ad ogni ordine dello sviluppo in serie nella costante di accoppiamento. Questo per evitare l insorgere di divergenze (siano esse infrarosse, a bassa energia, o ultraviolette, ad alta energia) che facciano perdere validità alle previsioni della teoria. Per generare le masse dei neutrini ci si aspetterebbe un termine simile a quello utilizzato per i leptoni, cioè un interazione fra leptoni levogiri (left handed) e destrogiri (right handed) mediata da un bosone di Higgs. Ma questo non è possibile in quanto gli esperimenti hanno confermato che i neutrini sono autostati di elicità levogiri [30]. Un meccanismo in grado di spiegare l origine delle masse dei neutrini è il meccanismo see-saw [27, 31]. In base ad esso esisterebbe un neutrino destrogiro per ogni neutrino levogiro (in totale neutrini right handed). Questa nuova generazione di avrebbero delle masse dell ordine di quelle della scala di Grande Unificazione (GUT). Secondo questa teoria la massa dei neutrini sarebbe generata dalla rottura di una simmetria e la loro interazione con le altre particelle soppressa appunto da questo termine di scala. Caratteristica fondamentale di questi neutrini right è che essi non hanno una carica convenzionale nello SM (cioè ad essi non è attribuibile alcun numero quantico come la stranezza, l ipercarica o la carica elettrica) pertanto sono particelle invisibili alle energie attualmente accessibili per mezzo dei moderni acceleratori di particelle. Questa teoria prevede la non conservazione del numero leptonico. Il punto chiave della previsione del meccanismo see-saw è la relazione: dove si ha : M è la matrice di Majorana, matrice delle masse dei neutrini right è la matrice di Dirac Come si vede in base a tale formula piú grande è la scala di massa dei neutrini right e piú piccole saranno le masse dei neutrini left (quelli visibili). Le matrici di Dirac rendono conto della violazione del numero leptonico

30 1.3 Oscillazioni 30 alla scala di Majorana. Le previsioni sul valore di questa scala risultano comprese fra e. Nell ambito delle teorie di GUT sia SO(10) che SU(5) [32] costituiscono delle valide proposte per la risoluzione del problema della generazione delle masse dei neutrini e, cosa non trascurabile, costituiscono delle estensioni del Modello Standard. Supposto che esistano neutrini, vi sono possibilità circa lo spettro delle loro masse: masse degeneri: le masse sono all incirca uguali, prodotte da un termine perturbativo nella Lagrangiana della seguente forma: La soluzione prevista per il fenomeno di oscillazione è quella LMA della teoria MSW, dunque il mixing è massimale (come intuibile ricordando la teoria delle perturbazioni per stati degeneri della meccanica quantistica). Nello spettro di massa dell ordine di i neutrini si proporrebero allora come candidati per spiegare la massa mancante nell Universo gerarchia inversa delle masse: si ha : la massa del è la piú grande fra quella dei neutrini (poi viene il e quindi il. Il termine che genera le masse è uguale al caso precedente (degenerazione delle masse). gerarchia diretta delle masse: il terzo autovalore della matrice delle masse (nella base degli autostati di massa) è molto maggiore degli altri. In questo modello ci si aspetterebbe che la soluzione piú naturale del fenomeno di oscillazione sia quella SMA, questo perché in base alla teoria delle perturbazioni autostati distinti corrispondono ad un mixing minimo. La soluzione LMA è raggiungibile supponendo che esista una corrispondenza fra le matrici di mixing di quark e neutrini nel modo seguente: a grandi mixing nel settore dei neutrini (e piú in generale dei leptoni) left handed corrispondono grandi mixing fra quark right handed. Questa soluzione é contemplata nell ambito delle teorie GUT, in cui vengono comprese tutte le famiglie di particelle del Modello Standard con i loro partner chirali (cioè di elicità opposta).

31 1.3 Oscillazioni 31 Secondo tali modelli supersimmetrici, la separazione delle masse dei neutrini può essere ottenuta se si tiene conto di una interazione con s- leptoni (partner supersimmetrici dei leptoni con spin intero): è il disaccoppiamento di tali s-leptoni alla scala di Majorana a far nascere le masse dei neutrini, generando soglie di energia dipendenti dal sapore. La previsione per la separazione degli autostati di massa in funzione degli autostati di sapore è : = = = " " Il secondo modello per la generazione delle masse dei neutrini si basa sull assunzione della veridicità del segnale proveniente dall esperimento LSND, che indicherebbe l esistenza di un terzo canale di oscillazione, il cui stato finale sarebbe un neutrino sterile. Tale neutrino non viene rivelato poichè, anche se piú pesante degli altri, non ha interazioni deboli e dunque non c é modo di segnalarne la presenza se non come massa mancante (di qui il nome sterile ). Una delle teorie in grado di fornire una spiegazione sull origine del neutrino sterile è la teoria delle extra dimensioni [33]. Questa teoria scavalca il problema gerarchico (cosa accade fra la scala di Fermi O(TeV) e quella di GUT o quella di Planck ) risolvendolo nella maniera seguente. L ipotesi dell unificazione delle interazioni alla scala di Planck si basa sull assunzione che le relazioni fra l intensità e l energia di tutte le interazioni fondamentali siano quelle teoricamente previste. Secondo la teoria delle extra dimensioni l intensità della forza gravitazionale eguaglierebbe quella delle altre interazioni ad una scala di energia dell ordine di quella di Fermi ( TeV), che diventerebbe la scala fondamentale di energia. Ma questo implica una importante conseguenza: la gravità al di sotto di questa scala di energia risulta confinata in dimensioni submillimetriche delle quali non abbiamo alcuna percezione, se non in eventi la cui segnatura sperimentale sia la scomparsa di particelle.

32 1.3 Oscillazioni 32 Purtroppo l attuale impossibilità di effettuare misure dell interazione gravitazionale a distanze inferiori al mm non permette di verificare sperimentalmente questa teoria. Le previsioni circa il numero delle possibili extra dimensioni in queste teorie sono molteplici, ma condizioni imposte dalla compatibilità con il Modello Standard sembrano indicare un massimo di dimensioni oltre le convenzionali. Una delle caratteristiche fenomenologiche di maggior interesse di queste teorie è che le particelle dello SM sono confinate nelle nostre dimensioni spazio-temporali (é come se si trovassero in una buca di potenziale), mentre nelle extra dimensioni possono propagarsi soltanto queste extra-particelle. Se la gravità domina in queste dimensioni allora l ipotesi piú affascinante è che queste extra-particelle altro non siano se non i gravitoni, cioè i quanti dell interazione gravitazionale. Le particelle dello SM possono entrare in queste extra dimensioni soltanto se la loro energia supera un certo valore di soglia ed una volta entratevi non possono uscirne. Una delle ipotesi che correlano queste teorie con il fenomeno di oscillazione dei neutrini è che le particelle che si propagano in queste extra dimensioni siano proprio i neutrini sterili. Questo spiegherebbe in parte la debolezza del segnale dell esperimento LSND, legata all esigua probabilità di transizione fra queste extra dimensioni e lo spazio tempo come lo conosciamo. Inoltre, un altro aspetto accattivante di questa teoria è l ipotesi che i neutrini sterili siano la massa mancante nell Universo. Il termine di interazione dei neutrini sterili con le particelle dello SM ha la forma : dove : h: è la costante di Planck : è la scala di energia di unificazione delle interazioni : è la scala di Planck L: campi leptonici : campi dei neutrini H: campo di Higgs

33 1.3 Oscillazioni 33 dove il termine rende conto della soppressione dell interazione dovuta alla scala di massa a cui le extra dimensioni si unificano con quelle convenzionali. Nonostante il suo fascino questa teoria presenta numerosi problemi, fra i quali il fatto di non essere in grado di spiegare che cosa accada alla scala di Planck. Essa non può pertanto essere inglobata in scenari top-bottom di descrizione della natura, quali teorie delle superstringhe o Grandi Unificazioni. Inoltre vi è il non trascurabile aspetto della necessità di una conferma sperimentale, che, stanti le ipotesi, non sarà possibile se non per mezzo degli esperimenti di futura generazione (Large Hadron Collider al CERN) Prospettive sperimentali attuali e future Come é stato visto nel paragrafo 1.3.3, gli esperimenti di rivelazione dei neutrini elettronici prodotti dal Sole e di quelli muonici prodotti nell atmosfera hanno confermato l ipotesi di una anomalia nel flusso di neutrini rivelati, spiegabile con le seguenti ipotesi di oscillazione: Nella figura 1.10 vengono riassunti i risultati sulla stima dei parametri di oscillazione ottenuti dagli esperimenti finora effettuati. La manifestazione del fenomeno di oscillazione può avvenire sia rivelando nell apparato sperimentale l interazione di un nuovo tipo di neutrino (non presente nel fascio originale, esperimenti in apparizione), sia osservando un numero di interazioni di neutrino minore di quello aspettato (esperimenti in scomparsa). Nel paragrafo che segue verranno esposte le caratteristiche ed i primi risultati degli esperimenti attuali sulla fisica dei neutrini. Inoltre si parlerà delle prospettive dei futuri apparati di rivelazione, attualmente in fase di progettazione. Uno fra i maggiori esperimenti attualmente operativi ha preso il via nel 1999 nella miniera di Sudbury, in Canada. SNO (Subdury Neutrino Observatory) [3, 4, 5] permette di rivelare neutrini prodotti dal Sole in un ampio

34 1.3 Oscillazioni 34 Figura 1.10: Stima dei parametri di oscillazione in alcuni esperimenti finora effettuati

35 1.3 Oscillazioni 35 spettro di energie, ciò poichè utilizza non soltanto la tecnica della radiazione Cherenkov ma anche la reazione di rottura dei nuclei di deuterio, che sono contenuti nell acqua pesante utilizzata come materiale rivelatore. L obiettivo dell esperimento é la misura del flusso totale di neutrini prodotti dal Sole, ma l esperimento è anche in grado di ripetere la misura della dipendenza del flusso di neutrini muonici dalla direzione di provenienza (per comprovare il risultato di SuperKamiokande). Le reazioni utilizzate per la rivelazione sono: D diffusione elastica n p p p diffusione di corrente neutra diffusione di corrente carica In figura 1.11 è mostrata la collocazione dell esperimento SNO. l apparato di rivelazione (si veda figura 1.12 è costituito da 7 tonnellate di acqua ( ) e 1 tonnellata di acqua pesante ( ). Le soglie di energia per le reazioni che avvengono nel rivelatore ( permettono di sondare la regione di energia dei neutrini del #. Il confronto con i dati di SuperKamiokande per quel che riguarda i neutrini solari indica che i flussi di rivelato attraverso la reazione di diffusione elastica (ES) misurati dai due esperimenti sono consistenti tra loro mentre il flusso di misurato da SNO attraverso la reazione di corrente carica (CC) è decisamente maggiore. Questo fatto indica che non tutti i neutrini osservati nella reazione ES sono. ) Nel futuro si prevedono molti altri esperimenti condotti con tecniche tradizionali. Citiamo i piú importanti : GNO: l esperimento è in pratica un potenziamento dell esperimento GALLEX che ha continuamente preso dati fino al I principali cambiamenti sono un aumento della massa del materiale usato come rivelatore e dell efficienza dell apparato sperimentale. BOREXINO: situato nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso in Italia; il materiale sensibile è costituito da 300 tonnellate di scintillatore liquido, la soglia di energia permette l identificazione dei neutrini

36 1.3 Oscillazioni 36 Figura 1.11: Disposizione dell esperimento SNO

37 1.3 Oscillazioni 37 Figura 1.12: L apparato di rivelazione di SNO

38 1.3 Oscillazioni 38 Figura 1.13: Disegno dell apparato di rivelazione di Borexino elettronici provenienti dal decadimento di nuclei del # ; nella figura 1.13 è rappresentato l apparato di rivelazione di Borexino. ICARUS: il materiale sensibile è una TPC costituita da 600 tonnellate di Argon liquido che permette la rivelazione di neutrini con energia di soglia. SUPERKAMIOKANDE: è previsto un abbassamento dell energia di soglia; MiniBOONE: che, utilizzando come acceleratore il protosincrotrone di Fermilab verificherà i risultati dell esperimento LSND. Questi esperimenti studieranno il fenomeno dell oscillazione dei neutrini elettronici prodotti dal Sole e di quelli muonici prodotti dai raggi cosmici. Accanto a questi esperimenti tradizionali sta nascendo una nuova

39 1.3 Oscillazioni 39 generazione di esperimenti detti Long Baseline Experiments. Questi ultimi sono stati concepiti per cercare di sondare con neutrini provenienti da acceleratori le stesse regioni dei parametri e per le quali si sono osservate evidenze sperimentali per le oscillazioni di neutrini atmosferici ( ). Le principali caratteristiche di questi esperimenti di nuova concezione sono: possibilitá di ottenere fasci di neutrini puri volte maggiore di quella at- luminositá del fascio di neutrini tualmente raggiungibile distanza fra sorgente di produzione del fascio di neutrini e apparato di rivelazione variabile fra le centinaia e le migliaia di Km Solo l ultima caratteristica sopra citata può essere ottenuta relativamente a breve termine con fasci di neutrini convenzionali. Il primo di questi nuovi progetti è l esperimento K2K in Giappone [34], nel quale il fascio di neutrini a bassa energia è prodotto dall esperimento KEK PS ed inviato verso il rivelatore di SuperKamiokande (la distanza fra la sorgente di produzione dei neutrini ed il rivelatore è di 250 Km). Questo esperimento è suddiviso in due fasi: la prima nella quale, dato il basso valore dell intensitá del fascio, non possono essere prodotti ; la seconda in cui è previsto un potenziamento dell intensitá del fascio, durante la quale sará possibile rivelare l apparizione dei. In figura 1.14 vengono mostrati alcuni risultati preliminari dei parametri di oscillazione dell esperimento. Un altro importante esperimento Long Baseline è MINOS [35], in cui i neutrini verranno prodotti dall interazione di un fascio di protoni da 120 (NUMI) al FermiLab di Chicago; il rivelatore si trova nella miniera di SOUDAN in Canada (la distanza fra la sorgente di neutrini ed il rivelatore è di 730 Km). L apparato di rivelazione é costituito da 8000 tonnellate di Fe; le misure riguarderanno il rapporto e la misura del flusso di prodotti (si tratta di un esperimento in scomparsa, nel quale si rivela la mancanza di neutrini muonici). L ultimo esperimento previsto nasce da una collaborazione fra 2 grandi laboratori europei di fisica sperimentale, il CERN in Svizzera ed i Laboratori Nazionali del Gran Sasso in Italia. Il fascio di neutrini verrá prodotto al CERN e viaggerá sino a raggiungere l apparato di rivelazione posto

40 1.3 Oscillazioni 40 Figura 1.14: Stima dei valori dei parametri di oscillazione accessibili all esperimento K2K al Gran Sasso coprendo una distanza di 732 Km. L anello utilizzato per produrre i neutrini sará il superprotosincrotrone (energia di l energia media dei neutrini sará di -. ) e Per ottenere fasci di neutrino molto intensi e molto puri, bisogna ricorrere a metodi non convenzionali come quello di utilizzare un anello di accumulazione per muoni avente lunghe sezioni diritte dove i muoni possano decadere. In questo caso si parlerà di neutrino factory. Il prossimo capitolo sarà dedicato alla descrizione delle principali caratteristiche del progetto di una neutrino factory e alle motivazioni dell esperimento HARP.

41 Capitolo 2 Neutrino factory e obiettivi dell esperimento HARP 2.1 Introduzione Nell ambito del progetto della neutrino factory sono stati proposti un certo numero di esperimenti ancillari che hanno lo scopo di ottimizzare le varie parti della futura macchina. Uno di questi esperimenti è HARP che è stato approvato e viene condotto al protosincrotrone (PS) in funzione presso i laboratori del CERN di Ginevra ed è finalizzato alla misura, su tutto l angolo solido, degli adroni secondari prodotti nella collisione di fasci di protoni di energia variabile con bersagli di diverso materiale e spessore. Le motivazioni principali che hanno portato alla realizzazione di questo progetto sono due: la possibilità di acquisire adeguate conoscenze sulla sezione d urto differenziale della produzione di pioni nelle interazioni protoninuclei per ottimizzare il progetto di una intensa sorgente di neutrini (neutrino factory). In tale progetto i neutrini vengono generati dal decadimento dei muoni in un anello di accumulazione (muon storage ring); la necessità di ottenere una stima di maggiore precisione rispetto alle attuali sul flusso dei neutrini atmosferici necessario per comprendere meglio i dati che indicano la presenza di oscillazioni di neutrino atmosferico. Infatti sia gli esperimenti che i calcoli teorici sul flusso dei

42 2.2 Neutrino factory 42 neutrini atmosferici sono affetti da grosse incertezze sia statistiche che sistematiche. Prima di descrivere gli obiettivi dell esperimento HARP é pertanto necessario presentare le caratteristiche principali di una neutrino factory ed individuare eventualmente un apparato sperimentale in grado di sfruttare appieno le possibilità offerte da tale macchina. 2.2 Neutrino factory Principali caratteristiche Come giá specificato, i principali vantaggi di una neutrino factory rispetto ai convenzionali fasci di neutrini (prodotti da decadimenti di in seguito ad interazioni con bersagli fissi) sono l intensitá raggiungibile (100 volte quella che si potrebbe ottenere con metodi tradizionali) e la possibilitá di ottenere un fascio puro di neutrini elettronici. I neutrini sono prodotti nel decadimento del : La figura 2.1 mostra la cinematica del decadimento a tre corpi di questa reazione nel sistema di riferimento del muone. Nella figura si osservano le elicità delle particelle coinvolte nella reazione. Dalla conservazione del momento angolare è favorita l emissione all indietro del positrone e l emissione in avanti del. La distinzione fra neutrini elettronici e neutrini muonici viene effettuata per mezzo delle reazioni utilizzate per la loro rivelazione. Infatti, poichè l interazione di corrente carica fra questi due tipi di neutrino produce solo ed rispettivamente, ovvero; dove è un nucleo e X è un generico stato finale adronico. un eventiuale oscillazione di neutrino si manifesterebbe come la presenza di leptoni di carica sbagliata.

43 2.2 Neutrino factory 43 decadimento nel riferimento di quiete del π + ν π + µ µ + h= 1 h= 1 decadimento nel riferimento di quiete del e + µ+ ν e µ + h=+1 h= 1 ν µ h=+1 Figura 2.1: Cinematica dei decadimenti del e del

44 2.2 Neutrino factory 44 darebbe origine a un e l oscillazione darebbe origine a un. Individuiamo, a titolo di esempio, un possibile apparato sperimentale Pertanto l oscillazione in grado di rivelare le oscillazioni di neutrino prodotte. Una possibile soluzione potrebbe essere costituita da un rivelatore cilindrico, di dimensioni 10 m (R) x 20 m (L), formato da t di materiale rivelatore composto da strati di Fe (spessore 6 cm) alternati a scintillatore (spessore 2 cm). Nella regione di rivelazione è posto un campo magnetico parallelo all asse del cilindro dell intensitá di circa 1 T. La segnatura sperimentale prevista è data dall apparizione nel rivelatore dei derivanti dall oscillazione contaminare il campione rivelato sono: ). Eventi di fondo in grado di CC con misidentificazione del prodotto (è rivelato come per un errore di segno) CC in cui il non viene rivelato NC CC NC Progetto Nelle pagine che seguono viene descritto il progetto della neutrino factory di Chicago [36, 37], ma è bene sottolineare che questo è soltanto un esempio che permette di descrivere le principali caratteristiche di una neutrino factory. Vi sono altri progetti [38] attualmente in fase di sviluppo che differiscono da quello descritto nei particolari, ma i principi di base restano gli stessi. I requisiti di progetto di una neutrino factory sono: fascio di p di energia dell ordine di alcuni e potenza di vari MW; nella tabella 2.1 vengono indicati i valori richiesti per alcune possibili configurazioni della sorgente di protoni. sistema di raffreddamento del bersaglio che deve assorbire circa il 25 della potenza del fascio

45 2.2 Neutrino factory 45 Tabella 2.1: Possibili sorgenti del fascio di protoni per il progetto di una neutrino factory campo magnetico molto elevato ( Tesla) rotazione di fase dei pioni prodotti nell interazione protone-bersaglio elevata compressione dell impulso trasverso dei muoni prodotti dal decadimento dei pioni (fattore ) per limitarne la dispersione accelerazione dei muoni per riacquistare l impulso longitudinale perduto nella fase precedente alta energia dei muoni nell anello di accumulazione Nelle figure 2.2, 2.3, 2.4 sono rappresentati alcuni possibili schemi di progetto di una neutrino factory. Un parametro fondamentale per il progetto di una neutrino factory è l energia del fascio di muoni che circolano nell anello di accumulazione: la dipendenza del flusso di neutrini prodotti ed incidenti sul rivelatore in funzione dell energia del fascio di muoni ha un andamento del tipo. Questo fatto suggerirebbe una produzione di fasci di energia sempre maggiore, tuttavia per le fisica delle oscillazioni il limite per ottenere un segnale chiaro è di 50. La scelta della particolare geometria a ginocchio dell anello di accumulazione nasce dalla necessità di massimizzare il numero di neutrini prodotti per muone circolante nell anello (con questa geometria si ottiene una efficienza del 75 ).

46 2.2 Neutrino factory 46 Figura 2.2: Disegno di una generica neutrino factory

47 2.2 Neutrino factory 47 Figura 2.3: Disegno della neutrino factory di Chicago

48 2.2 Neutrino factory 48 Figura 2.4: Disegno della neutrino factory al CERN

49 2.2 Neutrino factory 49 Figura 2.5: Tecnica per il raffreddamento dei muoni Tecniche per il raffreddamento dei muoni I muoni prodotti dal decadimento dei carichi non possono essere accumulati efficientemente in un anello a meno di comprimerne la componente trasversa dell impulso. Ciò si può realizzare facendoli passare attraverso vari strati di materiale, nel quale avviene progressivamente la riduzione della componente trasversa e longitudinale dell impulso (il meccanismo alla base è la perdita di energia come risulta visibile dalla figura 2.5; successivamente la componente longitudinale del momento viene aumentata nuovamente per mezzo di un acceleratore lineare a radiofrequenza (LINAC). I principali parametri che determinano l efficacia del processo di raffreddamento sono: impulso dei muoni in ingresso ( " la dimensione trasversa (emittanza) del fascio numero dei moduli necessari per realizzare l operazione (circa 20-30); in ognuno di essi si richiede una riduzione delle componenti trasverse di impulso di un fattore 2 L apparato per rivelare l entità del raffreddamento del fascio di muoni (muon cooling detector) è costituito da uno spettrometro ed una TPC )

50 2.2 Neutrino factory 50 a monte della zona di raffreddamento (per la ricostruzione di momento e traccia delle particelle incidenti) e da un altro spettrometro posto a valle (che permette la misura dell impulso dei muoni uscenti). I 2 spettrometri consentono nel loro insieme una risoluzione temporale di circa 8 ps su un cammino di 30 m (dimensioni previste per la zona di raffreddamento dei muoni). Il muon cooling è costituito da moduli di assorbitore di idrogeno liquido ed una serie di magneti solenoidali e cavità a RF per il focheggiamento del fascio di muoni. Questi vengono raffreddati per mezzo di un apparato criogenico che dissipa l elevato calore che si sviluppa per effetto Joule. Gli ultimi 2 moduli hanno un elevato gradiente di campo (circa 30 T) per ridurre al minimo l emittanza del fascio di muoni uscenti e sono realizzati per mezzo di magneti solenoidali. Una delle possibili alternative per il focheggiamento del fascio di muoni uscente dall apparato di raffreddamento è rappresentata dall impiego di lenti di Li liquido (questo perché ad una rate di 15 Hz una sbarra di Li solido potrebbe fondersi) Produzione di pioni in una neutrino factory In questo contesto è chiaro come una misura accurata della sezione d urto di produzione dei pioni nell interazione protone-nucleo sia la prima informazione importante per ottenere il flusso di neutrini desiderato. I dati esistenti sulla produzione totale dei pioni nelle collisioni protonenucleo a bassa energia non sono sufficientemente accurati per consentire la ottimizzazione del numero di muoni nell anello di accumulazione. Simulazioni correnti sul numero di pioni prodotti tramite programmi di simulazione delle interazioni adroniche nella materia, come FLUKA e MARS [39], mostrano fra di loro discrepanze dell ordine del. Una delle possibili ragioni di tali differenze è la scarsità di dati sperimentali fondamentali per lo sviluppo di questi programmi. Tuttavia, per la simulazione degli eventi di fisica che si possono verificare in una neutrino factory, è richiesta un alta precisione nella misura del flusso di pioni prodotti nelle interazioni adroniche con la materia ed è da qui che nasce l esigenza di un esperimento come HARP mirato a migliorare tale conoscenza. Poichè i muoni sono prodotti dal decadimento in volo di pioni (prodotti a loro volta da una interazione primaria fra un fascio di protoni e un ber-

51 2.3 Flusso dei neutrini atmosferici 51 saglio fisso), risulta evidente la necessità di una maggiore precisione nelle seguenti misure: sezione d urto di produzione dei pioni nella collisione protone-bersaglio fisso in funzione dell energia del fascio di protoni e del tipo di materiale utilizzato per il bersaglio distribuzione nello spazio delle fasi dei pioni prodotti in funzione dell energia del fascio e del materiale scelto per il bersaglio Come già sottolineato, la conoscenza di questi dati è un requisito fondamentale per il progetto della neutrino factory. Per ottimizzare il numero di pioni prodotti per protone incidente si rende dunque necessario un esperimento che studi l interazione dei protoni in un intervallo di energia 1-15 su un bersaglio fisso costituito da materiali di vario tipo e di vario spessore. Infatti, per il progetto della sorgente deputata alla produzione delle particelle del fascio primario sono state vagliate numerose ipotesi, fra le quali un acceleratore lineare di protoni (proton linac) da ed un sin- (si veda la tabella ). Si discute anche sulla possibilità crotrone da di utilizzare bersagli di deuterio al posto dei protoni perché tale elemento è in grado di garantire maggiore simmetria nella produzione di pioni di entrambi i segni. Sono anche stati proposti diversi materiali bersaglio, partendo da materiali a basso Z (Be, Li, C) fino a materiali ad alto Z (come Ni, Cu o W). L esperimento di produzione dei pioni fornisce l insieme di dati necessari per ottimizzare sia l energia del fascio primario che il materiale utilizzato come bersaglio. L obiettivo fondamentale da raggiungere è quello di massimizzare la produzione di pioni, al fine di garantire una piena efficienza per la successiva fase nel progetto della neutrino factory. L esperimento HARP è in grado di misurare la sezione d urto di produzione di pioni in collisioni protone-bersaglio con una precisione del La stessa accuratezza può essere ottenuta per la misura del rapporto su. 2.3 Flusso dei neutrini atmosferici L esistenza di un incertezza di nel calcolo del flusso dei neutrini atmosferici e di nella sua composizione percentuale in termini di e [40, 41] potrebbe essere ridotta misurando lo spettro dei pioni positivi.

52 2.3 Flusso dei neutrini atmosferici 52 e negativi prodotti dall interazione del fascio proveniente dal protosincrotrone con il bersaglio. Questo è importante per l interpretazione dei risultati correnti provenienti dalla collaborazione SuperKamiokande che, come detto in precedenza, ha pubblicato evidenze di oscillazioni basate su un campione di interazioni di neutrini atmosferici di statistica molto elevata [7, 8]. L interpretazione dettagliata di questi dati, cosí come il confronto con dati raccolti con tecniche diverse, richiede un calcolo affidabile del flusso dei neutrini atmosferici. I parametri alla base di una simulazione per il calcolo del flusso di neutrini atmosferici sono : ipotesi sullo spettro e la composizione dei raggi cosmici; fenomenologia dell interazione dei protoni sui nuclei di ossigeno e di azoto precisione sulla misura della sezione d urto neutrino-nucleone a bassa energia Per determinare il flusso dei neutrini atmosferici è molto importante la conoscenza della distribuzione in impulso e in angolo solido dei pioni prodotti nell interazione del raggio cosmico primario con l atmosfera. Queste conoscenze si possono dedurre dalle sezioni d urto differenziali ottenute con esperimenti ad acceleratori in funzione dell energia del fascio primario. Nella figura 2.6 viene mostrata la frazione della sezione d urto di produzione di pioni, prodotti dalla collisione di un fascio di protoni su un bersaglio di Be. È bene ricordare che dei raggi cosmici primari è costituito da nuclei di elio e che i risultati sperimentali sulla produzione di pioni nelle collisioni fra raggi cosmici e nuclei dell atmosfera provengono principalmente da un unico tipo di esperimenti di produzione adronica compiuto negli anni. Pur essendo i modelli attuali e le simulazioni su tali interazioni in accordo con questi dati, i loro risultati hanno bisogno di ulteriori conferme in quanto soffrono di incertezze. In conclusione, è necessario un singolo esperimento con larga accettanza ed alta precisione in grado di misurare il numero dei pioni prodotti dall interazione di protoni e nuclei di elio su bersagli di azoto e ossigeno. Con questi dati in mano, in pochi anni, sarà possibile calcolare i parametri

53 2.3 Flusso dei neutrini atmosferici 53 measured fraction of cross section Eichten et al., π + Allaby et al., π + Abbott et al., π x lab Figura 2.6: Regione cinematica coperta dalle misure di sezione d urto di produzione di pioni in interazioni p-be degli esperimenti finora effettuati

54 2.4 Obiettivi dell esperimento HARP 54 del fenomeno di oscillazione dei neutrini atmosferici con una precisione maggiore che nel passato. 2.4 Obiettivi dell esperimento HARP Sulla base di quanto esposto nei paragrafi precedenti è possibile individuare quali misure siano richieste ad HARP per ottimizzare il disegno della neutrino factory e per fornire un calcolo realistico del flusso di neutrini atmosferici fino ad un limite inferiore di energia di Il progetto della neutrino factory richiede le seguenti misure: fascio di protoni con momento compreso tra e GeV/c; bersagli spessi realizzati con materiali ad alto Z. Tuttavia, dato che il bersaglio della neutrino factory si troverà in campo magnetico molto elevato, si richiede la misura dell efficienza per la produzione dei pioni anche con dei bersagli sottili; flusso di protoni secondari prodotti per valutare i problemi relativi alle radiazioni indotte e distribuzione dei pioni secondari prodotti nella regione dello spazio delle fasi definita da MeV/c MeV/c MeV/c dove con e si indicano rispettivamente i momenti longitudinale e trasverso; fasci di deuterio con momento GeV/c per nucleone per valutarne l utilità al fine di aumentare la precisione nella misura del rapporto rispetto a quello ottenuto con un fascio di protoni; produzione di pioni aventi direzione di volo opposta rispetto al fascio per valutarne l utilità in funzione di una sorgente di alta intensità di muoni. Per quel che riguarda il flusso dei neutrini atmosferici, invece, si richiedono:.

55 2.4 Obiettivi dell esperimento HARP 55 fascio di protoni e pioni con momento compreso tra e GeV/c; bersagli di azoto e ossigeno; studio della produzione di protoni e secondari ( ) su tutto lo spazio delle fasi con energia delle particelle come quantità cinematica di primario interesse. La precisione richiesta è pochi per per i kaoni; cento per, e protoni, ioni di elio con momento compreso tra come complemento ai dati sui protoni. e GeV/c per nucleone Va infine tenuto presente che, sia per la neutrino factory che per lo studio del flusso di neutrini atmosferici è essenziale che le sezioni d urto inclusive delle particelle secondarie siano note con una precisione del. Questo è motivato dal desiderio di ottenere una precisione del sia sulla produzione di muoni accettati nello stadio iniziale della neutrino factory che sul flusso dei neutrini atmosferici. I calcoli di accettanza dell apparato sono molto piú precisi ora che nel passato grazie ai moderni mezzi di simulazione. La scommessa piú importante dell esperimento è quella di capire le efficienze con un errore di appena l. Questo fatto richiede la progettazione di un rivelatore il piú ridondante possibile con la possibilità di ricavare le efficienze in piú modi diversi per poi confrontarle. Ad esempio l identificazione di pioni/protoni è fornita da una misura di in una Time Projection Chamber (TPC), da una misura di tempo di volo (TOF) e da un Cherenkov a gas a soglia. Sovrapposizioni di misure in certi domini cinematici possono aiutare a stimare le efficienze assolute.

56 Capitolo 3 Apparato sperimentale La caratteristica principale che l apparato di rivelazione di HARP deve possedere è la capacità di identificazione delle particelle prodotte nell interazione primaria su tutto l angolo solido in un intervallo di momenti compreso fra e. Si richiede pertanto l utilizzo di una serie di rivelatori che permettano di massimizzare l accettanza dell esperimento ma che allo stesso tempo garantiscano una elevata reiezione del fondo (necessaria per evitare errate identificazioni delle particelle). Vediamo come ciò è possibile. 3.1 Identificazione delle particelle A diverse energie il campione di pioni è contaminato da molti tipi di particelle, come può essere visto nelle due seguenti condizioni estreme: per protoni incidenti di bassa energia ( ) non si ha produzione di kaoni. Tuttavia, per un bersaglio sottile, il flusso dei protoni diffusi è stimato volte maggiore del numero di pioni positivi integrato su tutti i possibili momenti. Nonostante la sostanziale differenza cinematica tra il processo di diffusione di protoni su bersaglio sottile e quello di produzione dei pioni, per avere un segnale sufficientemente puro è necessario garantirsi un potere di reiezione dell ordine di 100 per i protoni diffusi. per protoni incidenti di alta energia ( ) il rapporto integrale e il rapporto è è circa. Come si vede in figura 3.1,

57 3.1 Identificazione delle particelle 57 entrambi questi rapporti diventano maggiori al crescere dell energia delle particelle prodotte (per esempio a, e ). Pertanto per poter ottenere una misura della sezione d urto di produzione dei pioni con la precisione richiesta (vedi capitolo precedente) è necessario un apparato che permetta di sopprimere la contaminazione di protoni (come per il fascio a GeV) e, in aggiunta, di rigettare i K con un livello di confidenza del. Per permettere l identificazione del maggior numero di particelle possibile con la maggiore efficacia possibile, si ricorre a 3 metodi complementari: 1. per particelle prodotte di basso momento, si sfrutta la perdita di energia per ionizzazione ( ) nella TPC (Time Projection Chamber) complementata da misure di TOF (Time Of Flight) per particelle prodotte a piccolo angolo o da RPC per particelle prodotte a grande angolo 2. per particelle di alto momento è utilizzato un rivelatore Cherenkov a soglia riempito di a pressione atmosferica complementato da misure di nella TPC nella regione altamente relativistica; 3. identificazione di elettroni e muoni tramite calorimetro, camere a deriva per la ricostruzione delle tracce e identificatore di muoni. Nella TPC la carica depositata dalla ionizzazione delle tracce viene trasportata verso un piano a fili proporzionali multi-anodo e le cariche indotte nelle piastre (pads) posizionate a mm dai fili anodici vengono misurate e rivelate. Con una frequenza di clock di MHz e una velocità di deriva di cm/ il deposito primario di carica viene campionato ogni centimetro parallelamente all asse della TPC. Dato che il bersaglio è collocato ad una distanza di cm lungo l asse della TPC dentro la zona attiva, il massimo numero di campionamenti per tracce a piccoli angoli è (corrispondente alla distanza fra bersaglio ed estremità a valle della TPC). Per tracce a grandi angoli ( ), invece, esso è limitato dal numero di anelli di piastre concentriche cioè. Ci si aspetta che la risoluzione nella misura del all interno della TPC sia dell ordine del. A causa della dipendenza dal momento della ionizzazione specifica di particelle di diverse specie ( )

58 3.1 Identificazione delle particelle 58 Particle/15 GeV proton(0.02 lambda Be) Momentum (GeV) Figura 3.1: Spettro di p,,k per un fascio di protoni incidenti di GeV/c su un bersaglio di Be spesso della lunghezza di interazione. La diffusione elastica dei protoni non è stata inclusa e le linee verticali indicano i valori di soglia dei rivelatori Cherenkov per pioni e kaoni con gas diversi.

59 3.1 Identificazione delle particelle 59 l identificazione delle particelle è possibile solo per certi intervalli di momenti. Il di pioni, kaoni e protoni è mostrato nella figura 3.2 dove si osserva che i pioni sono ben separati dai kaoni e dai protoni per momenti fino a circa GeV/c e GeV/c rispettivamente. I kaoni sono ben separati dai protoni per momenti maggiori di GeV/c ma non possono essere facilmente distinti dai pioni intorno a questi valori. Tuttavia i pioni possono essere distinti dai protoni nella regione della salita relativistica intorno ai GeV/c. L identificazione delle particelle prodotte a grande angolo è complementata dalle misure effettuate da RPC posti attorno alla TPC. Per l identificazone delle particelle prodotte a piccoli angoli (in avanti) si utilizza un TOF con una linea di volo sufficientemente lunga e una buona risoluzione temporale. Se si assume una risoluzione di ps, è possibile una separazione, con un livello di confidenza del, tra pioni e protoni (kaoni) per momenti fino a GeV/c ( GeV/c) per una traiettoria di volo di m. Per la distinzione /p si può ottenere una separazione con un livello di confidenza del fino ad un momento di GeV/c. L intervallo di valori piú rilevante per il buon funzionamento del TOF è tuttavia per momenti fino a GeV/c, mentre per momenti superiori a GeV/c viene utilizzato un rivelatore Cherenkov a soglia riempito di che ha una soglia per i pioni a GeV/c e per i kaoni a GeV/c permettendo cosí l identificazione dei pioni nell intero intervallo di interesse. La velocità delle diverse particelle in funzione del momento è mostrata in figura 3.3. In conclusione la combinazione di TPC, TOF e rivelatore Cherenkov consente la separazione di pioni, protoni e kaoni su un grande intervallo di momenti (si vedano le figure 3.4 e 3.5). Occorre ricordare che, per quanto riguarda i leptoni, gli elettroni sono prodotti in abbondanza dal decadimento del tramite la conversione dei fotoni in coppie - oppure dai raggi, mentre i muoni provengono principalmente dal decadimento dei pioni carichi. Entrambi i tipi di particelle possono essere separate dai pioni. In aggiunta è necessario un metodo che permetta di misurare la contaminazione da parte di muoni e pioni del fascio primario di protoni. Elettroni di alto momento e muoni sono identificati tramite l identificatore di elettroni e di muoni.

60 3.1 Identificazione delle particelle 60 de/dx (KeV/cm) Energy Loss of different particles in Argon Momentum (GeV/c) Figura 3.2: Misura ideale del nella TPC in funzione del momento per p, K e trascurando la densità del mezzo

61 3.1 Identificazione delle particelle 61 Velocity (c units) Momentum (GeV) Cherenkov threshold Figura 3.3: Velocità delle particelle come funzione del momento nell intervallo GeV/c, insieme con la soglia per la luce Cherenkov nel

62 3.1 Identificazione delle particelle 62 Transverse Momentum (GeV/c) Longitudinal Momentum (GeV/c) pion distribution for 15 GeV protons on beryllium target (GFLUKA) Figura 3.4: Spettro di produzione di pioni secondari prodotti nelle collisioni dei protoni da GeV/c con un bersaglio sottile di berillio. Sono state sovrapposte le aree di spazio delle fasi che ci aspetta siano coperte dall identificazione di /p tramite la TPC (zona verde), il TOF (zona blu) (al CL) e il Cherenkov (zona gialla). I dati sono stati ottenuti utilizzando i programmi di simulazione GEANT e FLUKA

63 3.1 Identificazione delle particelle 63 Transverse Momentum (GeV/c) Longitudinal Momentum (GeV/c) proton distribution for 15 GeV protons on beryllium target (GFLUKA) Figura 3.5: Spettro di produzione di protoni secondari prodotti nelle collisioni dei protoni da GeV/c con un bersaglio sottile di berillio. Sono state sovrapposte le aree di spazio delle fasi che ci aspetta siano coperte dall identificazione di /p tramite la TPC (zona verde), il TOF (zona blu) (al CL) e il Cherenkov (zona gialla). I dati sono stati ottenuti utilizzando i programmi di simulazione GEANT e FLUKA

64 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 64 Tabella 3.1: Elenco dei rivelatori lungo l asse del fascio (asse z) 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale L esperimento è collocato nell area sperimentale est del protosincrotrone (PS) del CERN ed utilizza la linea di fascio T (si veda la figura 3.8). Il sistema di riferimento scelto consiste di una terna ortonormale destrorsa in cui l asse z è lungo la linea di fascio e l asse y è verticale e punta verso l alto. La direzione delle particelle del fascio prima del bersaglio (che è parte intergrante di HARP), viene misurata da tre piccole camere a fili con piani x e y. Alcuni contatori (scintillatori e Cherenkov) sono posti sulla linea di fascio per identificare e selezionare le particelle che colpiscono il bersaglio. La figura 3.6 mostra uno schema dell esperimento HARP mentre nella tabella 3.1 sono elencati i vari rivelatori utilizzati con la loro posizione lungo l asse del fascio. La figura 3.7 mostra l apparato di rivelazione visto nel suo insieme.

65 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 65 Figura 3.6: Prospetto dell esperimento

66 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 66 Figura 3.7: Vista frontale dell esperimento

67 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 67 Il bersaglio è inserito in un supporto interno alla TPC, un cilindro il m avente un diametro di cui volume totale è di l, di lunghezza m e circondato da un solenoide da T. La TPC fornisce il rapporto e la misura del momento delle particelle uscenti. Quest ultima misura è completata (per le particelle emesse in avanti) da uno spettrometro magnetico con un potere curvante di Tm, posto tra due quadrupletti di camere a deriva. Le camere posizionate dopo lo spettrometro sono seguite da un contatore Cherenkov a soglia, riempito di gas, utilizzato per fornire la separazione tra pioni e kaoni ad un impulso di GeV/c. Un ulteriore raggruppamento di camere a deriva è seguito da un muro di scintillatori, il TOF, posizionato a m dal bersaglio e con risoluzione temporale di ps, che viene utilizzato per identificare particelle con impulso inferiore ai GeV/c. Il TOF è seguito da un calorimetro di cm di profondità pari a 1, comprendente i moduli del calorimetro di CHORUS a fibre scintillanti e piombo, adatto all identificazione (e quindi all eliminazione) degli elettroni. Infine seguono un piano di scintillatori delle dimensioni di e un identificatore di muoni. Quest ultimo è costituito da piani di assorbitori alternati ad altrettanti piani di scintillatori ed ha una profondità di Fascio cm pari a Il fascio T fornisce, con una buona definizione del momento (inferiore a ) nell intervallo, protoni, muoni, kaoni, pioni ed elettroni ma non la possibilità di distinguerli. Pertanto si rende necessario l utilizzo di una serie di rivelatori disposti prima del bersaglio che permettano l identificazione delle varie particelle che costituiscono il fascio. A tal proposito, poichè la distanza fra il bersaglio di T9 e l area di test di HARP è di metri, la contaminazione di K nel fascio primario è bassa e pertanto il vero problema è distinguere i protoni dai. Nella figura 3.8 è rappresentata la collocazione di HARP nella EAST HALL del CERN PS. Nel primo fuoco è installato un TOF, il TOF-A, mentre dopo l ultimo 1 con si indica il cammino di radiazione 2 ricordo che con si indica la lunghezza di interazione

68 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 68 Figura 3.8: Collocazione dell esperimento HARP nell East Hall del CERN PS

69 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 69 quadrupolo ne è posizionato un secondo, il TOF-B, utilizzato per definire il tempo di zero dell esperimento. La misura della posizione e l identificazione delle particelle entranti a monte del bersaglio è effettuata da tre piccole camere a fili (MWPC) delle dimensioni di e spaziatura tra i fili di mm, posizionate nello spazio libero dopo l ultimo quadrupolo. Un altra MWPC, di dimensioni e spaziatura doppie, è fissata all ultimo quadrupolo per misurare la distribuzione spaziale delle particelle dell alone del fascio e confrontarla con quella ottenuta dalla simulazione dei muoni provenienti dal decadimento dei pioni. Questa misura servirà a stabilire il contenuto di muoni nel fascio iniziale, specialmente nel fascio a basso momento dove il rivelatore di muoni avrà una perdita nella capacità di identificazione delle particelle. Il gas utilizzato nelle MWPC è una miscela costituita da Ar, La strumentazione elettronica necessaria per la lettura dei segnali provenienti dalle MWPC è quella utilizzata per il calorimetro elettromagnetico nell esperimento DELPHI. Sulla linea di fascio si trovano diversi rivelatori in grado di fornire una discriminazione delle particelle formatesi dopo la diffusione sul bersaglio primario del PS. Il numero degli elettroni viene ridotto tramite un assorbitore di piombo mentre protoni e pioni con momento dell ordine dei GeV/c vengono discriminati tramite i due rivelatori Cherenkov: uno lungo m, installato in modo permanente nel quadrupolo finale prima del fuoco A di riferimento, l altro lungo m installato di fronte al fuoco.. Per misure di basso momento, inoltre, vengono utilizzati i due TOF con risoluzione temporale dell ordine di ps, recuperati dall esperimento NA. Il flusso dipende dal tipo di particella considerata: il flusso di protoni e pioni secondari, ottenuti con protoni primari per spill, è di e risulta adeguato per gli scopi dell esperimento; il flusso di kaoni a basse energie risulta modesto a causa del loro decadimento nella lunga linea di fascio. Nella figura 3.9 è possibile osservare lo sviluppo trasverso del fascio in corrispondenza del TOFA e del TOFB. Come si vede nella figura che mostra lo sviluppo trasverso della linea di fascio T9, come calcolato dagli esperti del fascio del PS per un fascio di.

70 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 70 A B with disp. / mm horizontal vertical s / m Figura 3.9: Sviluppo trasverso della linea di fascio T9

71 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 71 GeV/c, il fascio fornito nel fuoco B ha uno sviluppo trasverso minore. Infatti è stato progettato per avere in quel punto una dimensione trasversa relativamente simmetrica ( ), che risulta completamente adeguata per l esperimento Bersaglio Per massimizzare l accettanza angolare il bersaglio è posto all interno della TPC. Come bersagli vengono utilizzati una serie di materiali diversi, prevalentemente in forma solida. Tutti i bersagli sono inseriti all interno di cilindri che ne permettono una facile intercambiabilità. Il supporto che sorregge i bersagli è inoltre avvolto in una griglia di campo il cui compito è quello di schermare i bersagli dal campo elettrico e magnetico nella TPC. Nella tabella 3.2 è riportato un elenco dei materiali utilizzati e delle loro dimensioni. La principale serie di misure viene eseguita con bersagli sottili aventi la forma di un disco con diametro di mm e spessore dell ordine del della lunghezza di interazione. Questo valore è stato scelto per minimizzare le reinterazioni nel bersaglio stesso mantenendo una ragionevole percentuale di interazioni. In un secondo tempo verranno utilizzati un certo numero di bersagli spessi con lo scopo primario di studiare le reinterazioni. Il loro spessore è dell ordine di una o due lunghezze di interazione ed hanno la forma di una barretta con lunghezza minore di mm. Un ultima serie di misure sarà eseguita utilizzando i seguenti materiali per bersagli : ossigeno e azoto liquidi (sarà necessario utilizzare una opportuno apparato criogenico per il raffreddamento di tali elementi) per misurare le sezioni d urto necessarie al calcolo del flusso dei neutrini atmosferici; deuterio poichè ne è stato discusso l utilizzo in una proposta di neutrino factory. Infine, allo scopo di verificare i risultati degli esperimenti K2K e Mini- BooNE, è anche in progetto lo studio dei bersagli utilizzati in quegli espe-

72 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 72 Tabella 3.2: Elenco dei bersagli utilizzati

73 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 73 rimenti per ottenere misure precise di produzione di neutrini da pioni e relativo flusso TPC La TPC di HARP è stata costruita come prototipo a dimensioni reali dall esperimento ALEPH (TPC90). Nella figura 3.10 è possibile osservare il disegno e la costituzione della TPC : Nella figura 3.11 è mostrato uno schema del disegno delle piastre ( pads ) di rivelazione del segnale della TPC. Come si vede la TPC circonda interamente il bersaglio (posto al suo interno ad una distanza di 50 cm dall estremità a monte della TPC) in quanto il suo compito principale è quello di rivelare tutte le particelle prodotte sulla quasi totalità dell angolo solido nell interazione primaria. Il campo magnetico ed il campo elettrico sono paralleli all asse della TPC. caratteristiche della TPC Per riutilizzare la TPC di ALEPH è stato necessario effettuare 2 operazioni fondamentali : ricostruire il piano di lettura con una nuova geometria radiale costruire una griglia di campo per schermare il bersaglio dai campi magnetico ed elettrico Il campo di deriva è prodotto dalla d.d.p. esistente fra l estremità a valle in cui è posta una membrana mantenuta a -22 kv e l estremità a monte in cui vi è un piano di fili anodici (0 kv). Il piano di lettura dei segnali si trova ad una distanza di 4 mm dal piano anodico. Il volume attivo della TPC è delimitato da una gabbia di campo esterna che avvolge il rivelatore ed una interna che circonda il bersaglio ed il suo supporto cilindrico. La TPC non è in pertanto grado di essere sensibile nella regione di 10 cm di diametro intorno al bersaglio. Gli elettroni derivano verso l estremità a monte della TPC (dove è posta l elettronica per la lettura dei segnali), questo per minimizzare le interazioni secondarie fra particelle e moduli elettronici (che

74 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 74 Figura 3.10: Progetto della TPC

75 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 75 Figura 3.11: Schema delle piastre di rivelazione della TPC

76 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 76 sarebbero inevitabili se l elettronica fosse posta nell estremità a valle del bersaglio). Il gas utilizzato per riempire la TPC è una miscela di Ar e, per un volume totale di 700 litri ed una frequenza di ricambio di 100 ; la velocità di deriva è saturata a 5, con un tempo di deriva stimato attorno a. Il nuovo piano di lettura dei segnali è costituito da 3972 piastre, ciascuna delle quali ha dimensione 6.5 (azimutale) x 15 (radiale), disposte in 20 anelli concentrici in un raggio compreso fra 7 e 40 cm. La funzione dei piastre è quella di rivelare la carica indotta dalla migrazione degli elettroni (prodotti dalla ionizzazione del gas al passaggio di una particella) verso il piano di fili anodici posto di fronte al piano di tali piastre. Il segnale risultante viene cosí preamplificato per mezzo di opportuni preamplificatori utilizzati nell esperimento NA49 (preamplificatori CALICE). Ciascuno di questi preamplificatori è connesso tramite cavo coassiale di 5 metri di lunghezza ad un FEDC (card VME con riduzione del rumore e digitalizzazione del segnale ad una frequenza di 10 MHz). Queste card sono alloggiate all interno di un crate VME modello 9U: in totale vi sono 88 moduli FEDC con 48 canali ciascuno. Il particolare disegno dei piastre permette una risoluzione spaziale r- di 300 per anello di piastre, che significa una risoluzione in impulso pari a. Il problema maggiore per la risoluzione spaziale è la presenza delle componenti radiali del campo magnetico. La calibrazione della TPC è stata effettuata per mezzo di sorgenti radioattive (Mn), fasci laser e raggi cosmici. Per testare la TPC è stato costruito un prototipo chiamato TPCino le cui caratteristiche sono sostanzialmente le stesse della TPC, anche se le dimensioni sono minori RPC La TPC, tramite, misura la separazione tra elettroni, pioni e protoni a non riesce a di- grandi angoli ma per momenti compresi stinguere tra elettroni e pioni. In questo intervallo il numero di elettroni provenienti dalla conversione dei fotoni dovuti al decadimento dei, è elevato ed è importante poterli distinguere. Per svolgere questo compito può essere utilizzata la tecnica del tempo di volo. Per ottenere una buona separazione in un cammino di volo delle tracce dell ordine di cm, è necessaria una risoluzione temporale migliore di ps, ottenibile con lastre di scintillatori letti da entrambi i lati. Nel caso di HARP, invece, si è deciso

77 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 77 di equipaggiare la TPC con degli RPC (Resistive Plate Counters) che garantiscono comunque un ottima risoluzione temporale (200 ps). Gli RPC sono raggruppati in moduli, ciascuno avente dimensioni 192 x 10.6, che contengono a loro volta piastre di dimensioni 10.4 x In totale vi sono 30 moduli attorno alla TPC e 16 alla fine di essa. Ciascun pad è costituito da 4 gap di 0.3 mm ciascuno riempiti con una miscela di Ar e e separati da piani di vetro ad alta resistenza dello spessore di 1 cm. Il segnale proveniente da ciascun pad viene preamplificato (i preamplificatori sono quelli utilizzati nell esperimento OPA687) e portato allo stadio di amplificazione: successivamente, viene effettuata l unione logica dei segnali a 8 a 8 ed i segnali risultanti vengono portati al sistema di trigger. In totale vi sono 368 canali letti da ADC e TDC ad alta risoluzione temporale Magneti Solenoide La TPC richiede la presenza di un campo magnetico solenoidale; si è perciò utilizzato il magnete che la collaborazione ALEPH aveva realizzato per la sua TPC seppur con sostanziali modifiche. Esso consiste in un solenoide magnetico che fornisce in modo impulsato un campo uniforme di T in un volume di cm di diametro e cm di lunghezza. Il cambiamento piú importante riguarda il tappo di ferro che, nel magnete di ALEPH, chiudeva le linee di ritorno del campo magnetico e che contribuiva a mantenerne la necessaria omogeneità all interno del volume della TPC: esso è stato rimosso creando una componente radiale del campo che provoca una distorsione nella traiettoria delle particelle dirette verso la parte finale della TPC. Per ovviare al problema si è provveduto ad allungare il magnete aggiungendo spirali, di cui con un raggio esterno maggiore. I parametri del solenoide sono riportati nella tabella 3.3. L intensità del campo è ora di 0.7 T ed il magnete funziona in regime pulsato con corrente di picco di 910 A e potenza massima assorbita di 0.72 MW. Nella figura 3.12 è mostrata una vista del magnete della TPC.

78 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 78 Figura 3.12: Vista del magnete della TPC

79 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 79 Dipolo Tabella 3.3: Parametri del solenoide La misura del momento della traccia nella TPC viene complementata da quella eseguita nello spettrometro che la segue: mentre la funzione della TPC è quella di rivelare tracce di basso momento e grande angolo (massimizzare l accettanza dell esperimento sull intero angolo solido), lo spettrometro misura tracce di alto momento e piccolo angolo. In figura 3.13 è mostrato lo spettrometro : Il magnete dello spettrometro è stato costruito nel laboratorio Orsay ed è stato precedentemente utilizzato nell esperimento HYPERON al PS e al superprotosincrotrone (SPS). Esso è in grado di fornire un campo magnetico diretto verso l alto fino ad un valore massimo di T per una apertura di m. Nel caso di HARP, dato il momento limitato delle particelle e la necessità di avere una grande accettanza angolare, l orientazione del magnete è stata cambiata e l integrale di campo è stato ridotto ad un valore di 0.68 Tm. Il magnete opera in regime pulsato con corrente di picco di 2910 A ed un assorbimento max. di 0.36 MW. Il passo del magnete può essere aumentato rimuovendo uno o piú spirali fino ad un massimo di m; il campo magnetico è omogeneo entro il su una larghezza totale di m; le dimensioni del gap sono 88 cm (altezza) x 241 cm (larghezza) x 171 cm

80 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 80 Figura 3.13: Vista dall alto e laterale dello spettrometro magnetico (misure in mm)

81 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 81 (profondità). L angolo di deflessione delle particelle è di. La direzione di deflessione delle particelle è orizzontale. mrad per momenti di Camere a deriva Le camere a deriva sono state utilizzate nell esperimento NOMAD e sono raggruppate in moduli di per garantire una migliore compattezza e rigidità planare. Ogni camera è costituita da 3 gap di 8 mm ciascuno ed è separata dalla successiva da pannelli con struttura a nido d ape dello spessore di cm ( di una lunghezza di radiazione per una camera completa). La dimensione della cella di deriva è di ciascuna camera è di cm e in NOMAD l orientazione dei fili era +, e - rispetto alla direzione orizzontale. La miscela di gas scelta in NOMAD era etano e argon; per evitare problemi di sicurezza dovuti all infiammabilità dei gas (in particolare del metano), si è scelto di utilizzare una miscela costituita da argon ( ) con anidride carbonica ( ) e tracce di metano ( ). In totale vi sono 23 camere a deriva e fili. L elettronica di lettura dei segnali è costituita da TDC CAEN V767. L efficienza tipica delle camere in NOMAD era del 3 e la maggior parte della perdita era dovuta alle barre di supporto utilizzate per mantenere i fili (lunghe m) al centro della gap di gas. m raggiunta per particelle incidenti La risoluzione spaziale media di normalmente, decresceva fino a m per tracce a e la minima separazione tra le tracce è di mm. Avendo dovuto cambiare la composizione della miscelas di gas, in HARP ci si aspetta che l efficenza possa essere diversa. Per questo esperimento le camere utilizzate per il tracciamento hanno subito alcune modifiche meccaniche tra cui la rotazione di per orientare i fili verticalmente, necessaria in quanto il campo magnetico in NOMAD curvava verticalmente le particelle mentre in HARP si hanno deflessioni orizzontali. Tra il Cherenkov e il TOF, sono stati utilizzati moduli per coprire l intera accettanza di quest ultimo ( m orizzontalmente) ed altri tre tra il TOF e l identificatore di elettroni, la cui funzione è quella di permettere la rico- 3 in NOMAD, il numero di canali difettosi era minore dell

82 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 82 struzione della posizione delle particelle neutre che hanno interagito nella lastra di Fe posta subito prima di queste camere. Nel prosieguo di questo lavoro si farà riferimento ad esse con il nome di Preshower Rivelatore Cherenkov Al crescere dell energia delle particelle incidenti, occorre utilizzare un altra tecnica alternativa alla perdita di energia per ionizzazione per procedere all identificazione dei protoni e dei mesoni secondari. Dalle simulazioni Monte Carlo si osserva che la contaminazione del campione dei pioni da parte dei kaoni aumenta al crescere dell energia del fascio primario. Le previsioni sulla distribuzione angolare dei pioni prodotti indicano inoltre che il di quelli che hanno un impulso maggiore di GeV/c risultano concentrati in un cono di angolo polare mrad, ed è pertanto in questa regione che si concentrerà la ricerca delle particelle. La soluzione piú ovvia per lo studio dei processi fisici caratterizzati da queste condizioni è l utilizzo di un rivelatore Cherenkov a gas posizionato dopo il magnete dipolare. Un disegno del contatore è mostrato in figura Il rivelatore ha dimensioni esterne di m (larghezza) m (profondità) e contiene specchi la cui efficienza di raccolta della luce è stimata a. La finestra di entrata ha un area di e quella m (altezza) di uscita di. Il volume attivo del rivelatore è riempito con di perfluorobutano ( nella tabella 3.4 La soglia caratteristica per la rivelazione delle particelle è : : : : ), le cui proprietà fisico-chimiche sono riassunte Pertanto è possibile un ottima distinzione delle particelle che entrano ). Il m. La radiazione nel rivelatore nella regione di alti momenti del fascio ( - cammino minimo di una particella nel gas è di liberata dalle particelle nel rivelatore viene riflessa da specchi di Al (2 x 12, ciascuno di forma cilindrica, coprono un area di 8, con raggio di curvatura di 2.4 m) e catturata da PM (disposti su 2 file da ambo i lati, in

83 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 83 Figura 3.14: Schema del contatore Cherenkov

84 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 84 Tabella 3.4: Proprietà fisico-chimiche del totale 19 per ogni lato) che sono stati dotati di opportuna schermatura dal campo magnetico. Ogni PM è dotato di un cono di Winston di diametro 340 mm. L efficienza nella cattura della radiazione è del. Ciascun PM è separato dal gas che riempie il rivelatore da un vetro Schott B270. I PM sono stati recuperati dall esperimento CHOOZ TOF Il piano del TOF (Time Of Flight) è costituito da scintillatori di cui disposti orizzontalmente nella zona centrale e i restanti posti ai lati in posizione verticale, letti da entrambi i lati(si veda la figura 3.15). Il materiale di cui sono costituiti gli scintillatori è il BC408. Dietro il piano ci sono due scintillatori orizzontali e uno verticale, mentre davanti si hanno scintillatori orizzontali e piccoli orizzontali letti da un solo fotomoltiplicatore. Tutti gli scintillatori sono letti da PM Philips XP020. Essi sono avvolti in fogli di Al e ricoperti con plastica nera. Al centro di ogni barra c è un piccolo prisma che, connesso ad una fibra ottica, permette il controllo della stabilità online dell apparato. La risoluzione temporale dell apparato è di ps, in ottimo accordo con le specifiche dell esperimento. Questo consente la separazione a livello di. L elettronica per la lettura dei se- 4 dei dai p al di sopra di

85 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 85 Figura 3.15: Disegno del TOF gnali provenienti dai PM è affidata a TDC ad alta risoluzione temporale ( ps). Nella figura 3.15 è mostrato l attuale disegno del TOF Identificatore di elettroni Questo rivelatore ha la capacità di separare gli elettroni dai pioni nella regione in cui entrambi superano la soglia dei rivelatori Cherenkov. Il rivelatore può anche identificare i pioni neutri, con impulsi GeV/c, che decadono in due fotoni. Per questi scopi si utilizza la seguente sequenza di componenti: un convertitore di fotoni realizzato con un piano di ferro dello spessore di cm;

86 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 86 tre camere a deriva utilizzate nell esperimento NOMAD; un piano di moduli del calorimetro elettromagnetico recuperato dall esperimento CHORUS; inoltre, per il controllo della calibrazione del calorimetro: un piano di scintillatori delle dimensioni di che serve solamente per generare un trigger di muoni cosmici in coincidenza con il TOF. Nella figura 3.16 è mostrato il disegno dell identificatore di muoni e di elettroni. Il calorimetro è costituito da 62 moduli dello spessore di cm (5.3 ) (strati di Pb alternati a strati di scintillatore in rapporto 4 a 1) e da 80 moduli dello spessore di cm (strati di Pb alternati a strati di scintillatore in rapporto 4 a 1). I primi costituivano il calorimetro elettromagnetico di CHORUS e verranno indicati con il nome mentre i secondi facevano parte del calorimetro adronico ma hanno caratteristiche analoghe a quelle dei moduli elettromagnetici e verranno indicati con il nome. Inoltre, ciascun modulo EM1 è a sua volta formato da 2 moduli otticamente disaccoppiati (letti cioè ciascuno da un proprio PM). Per la lettura dei segnali si utilizzano un totale di fotomoltiplicatori (2 x ((2 x 62) + 80) ) e il segnale analogico da essi proveniente viene convertito in un segnale digitale tramite l utilizzo di convertitori di carica (QDC C.A.E.N. V ). I fotomoltiplicatori del piano di scintillatori sono invece letti da un TDC V della C.A.E.N. Ciascun modulo è costituito da una pila di strati di piombo estruso in cui sono posizionate fibre scintillanti del diametro di mm e lunghezza m. Queste vengono raccolte su entrambi i lati in due diversi gruppi formando, cosí, due contatori indipendenti. Ciascuno dei quattro gruppi di fibre è otticamente accoppiato, tramite una guida di luce in Plexiglass, ad un fotomoltiplicatore del diametro di un pollice. Ogni modulo ha una profondità di cm corrispondenti a e Ciascun modulo è costituito da strati di piombo estruso identici per altezza e dimensioni a quelli del settore EM ma aventi una lunghezza di m..

87 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 87 Figura 3.16: Progetto dell identificatore di elettroni e muoni

88 3.2 Descrizione dell apparato sperimentale 88 In questo caso le fibre vengono raccolte, da entrambi i lati, in un unico gruppo otticamente accoppiato, tramite una guida di luce, ad un fotomoltiplicatore del diametro di due pollici. Ogni modulo ha una profondità di cm che corrispondono a e. In totale, i due piani EM1+EM2 hanno una profondità di non è sufficiente per un contenimento totale dello sciame di un elettrone da, ma che risulta adeguata per una semplice identificazione dell elettrone stesso Identificatore di muoni Per pioni e kaoni secondari di basse energie la probabilità di decadimento in volo è importante ( per i pioni e per i kaoni con impulso di GeV/c). Il loro decadimento produce i seguenti effetti: errata assegnazione di impulsi trasversi e longitudinali; aumento della misura del tempo di volo dovuto al decadimento di un pione nel rivelatore Cherenkov producendo cosí una possibile confusione pioni/kaoni. Sebbene questi effetti possano essere corretti su base statistica, un identificatore di muoni evento per evento può risolvere problemi di identificazioni dubbie. Il progetto del rivelatore, che è stato costruito utilizzando materiale riciclato da altre collaborazioni, è mostrato in figura Dopo un blocco di ferro spesso cm ( ), abbiamo una struttura costituita da piani anch essi di ferro e spessi cm intercalati da piani di scintillatori ( per piano) alla fine dei quali si trova un sottile pannello di alluminio cui sono fissati altri due scintillatori piú piccoli e posizionati verticalmente, che vengono utilizzati solamente per il trigger locale. Questo rivelatore è decentrato orizzontalmente rispetto al fascio nella direzione delle x positive per questioni di sicurezza. Infatti la presenza del campo magnetico devia le particelle positive prodotte dall interazione del fascio con il bersaglio in quella direzione e l identificatore di muoni è utilizzato come ulteriore barriera per bloccare il passaggio delle particelle verso l area non schermata. Come nel caso dell identificatore degli elettroni, i segnali provenienti dai che

89 3.3 Trigger 89 fotomoltiplicatori sono letti da moduli elettronici QDC C.A.E.N. V. Posizionato subito dopo i moduli EM2 si ha un piano di scintillatori i cui elementi, delle dimensioni di (altezza) (larghezza) cm, sono posizionati verticalmente e a distanze diverse (piú fitti al centro, piú radi verso l esterno) in modo da coprire completamente il piano costituito dai moduli EM Trigger La scelta del sistema di trigger è fondamentale per la riuscita dell esperimento, in quanto è necessario prima di tutto avere un sistema che consenta di garantire la massima accettanza possibile (perdere il minor numero di eventi di segnale possibili), ma al contempo permetta di conservare un buon potere di reiezione nei confronti degli eventi di fondo. Il fascio è organizzato in bunch, che si susseguono ad intervalli regolari di 14.4 s ed hanno una durata di 400 ms. L intensità del fascio a disposizione di HARP è di, piú che sufficiente per gli scopi dell esperimento. Inoltre il fascio viene focalizzato in un area di 10 mm di diametro e questo al fine di ridurre le inefficienze dovute alle dispersioni. Per coprire l intero intervallo in momento longitudinale e trasverso dei pioni per tutti i tipi di bersagli con una precisione dell si stima saranno necessari circa eventi per ognuno dei 140 setup sperimentali, ottenuti variando i seguenti 2 parametri : impulso del fascio tipo e spessore del bersaglio L esperimento prevede due sistemi di trigger, uno per le particelle prodotte a basso momento e grande angolo, l altro per le particelle prodotte ad alto momento e piccolo angolo. Il trigger per le particelle emesse in avanti è dato dall AND logico dei segnali dei seguenti rivelatori: FTP Forward Trigger Plane: posto di fronte al magnete dello spettroscopio, composto da 2 piani di 7 contatori a scintillazione let- ed ha un foro centrale ti da PM, copre un area di x

90 3.4 Acquisizione dei dati (DAQ) 90 per consentire il passaggio delle particelle del fascio che non hanno interagito TS Target defining Scintillator: contatore a scintillazione di forma discoidale (diametro 2 cm, spessore 5 mm) letto da 4 PM disposti radialmente con efficienza del 99.5 TOFA + TOFB: posti sulla linea di fascio in corrispondenza dei due punti focali di HARP, hanno il compito di identificare le particelle che costituiscono il fascio stesso prima dell interazione attraverso una misura del loro tempo di volo Il trigger per le particelle a grande angolo è dato dall AND dei segnali provenienti dai seguenti rivelatori: ITC: tubo cilindrico che circonda il bersaglio, è costituito da 4 strati di scintillatore (dello spessore di 1mm ciascuno) letti da 16 PM; ha dimensioni 130 cm (lunghezza) x 7 cm (diametro) TS TOFA + TOFB Il trigger dell esperimento è ottenuto dall unione logica (OR) di questi due sistemi. Esso permette dunque la copertura di una vasta gamma di situazioni sperimentali che si possono verificare, dalle particelle prodotte con un grande boost in avanti (rivelate dal FTP) a quelle prodotte a grande angolo con elevato impulso trasverso (rivelate da ITC). 3.4 Acquisizione dei dati (DAQ) Il sistema di acquisizione dei dati (DAQ) svolge una serie di funzioni fondamentali : lettura dei segnali provenienti da moduli ADC, TDC e QDC monitoraggio dell apparato e dei rivelatori in tempo reale (Online Monitoring)

91 3.4 Acquisizione dei dati (DAQ) 91 Figura 3.17: Il sistema di acquisizione dei dati calibrazione e regolazione dei parametri dei rivelatori e sincronizzazione dei processi Il sistema di acquisizione utilizzato è DATE [42], progettato ed utilizzato nell esperimento ALICE. uno schema del disegno e della struttura del DAQ è mostrato nella figura 3.17: Ogni rivelatore invia i suoi segnali,eventualmente preamplificati, ai moduli di elettronica (Adc,Tdc,Qdc) alloggiati in crates VME. Questi moduli trasformano i segnali analogici in segnali digitali. Ogni crate VME ospita una CPU (PC con sistema operativo LINUX) che gestisce l acquisizione dei dati e li invia, al termine di ciascun evento, ad una coppia di altri Personal Computer che svolgono la funzione di Costruttori dell Evento (Event Builder). La trasmissione dei dati tra le diverse CPU avviene per mezzo di switch Ethernet che operano ad una rate di trasferimento di 100. Un Event Builder raccoglie per un dato evento le informazioni provenienti

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