AVV. ANTONIO INGROIA STUDIO LEGALE Via Venti Settembre n ROMA CF NGR NTN 59C31 G273Z P.IVA *****
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1 AVV. ANTONIO INGROIA STUDIO LEGALE Via Venti Settembre n ROMA CF NGR NTN 59C31 G273Z P.IVA Ecc.ma Corte dei Conti Procura Regionale del Lazio Via A. Baiamonti, ROMA OGGETTO: Esposto denuncia per i danni erariali causati dalla decisione adottata dal Consiglio dei Ministri di indire il referendum abrogativo nella data del 17 aprile 2016 u.s. e per l invito rivolto dal Presidente del Consiglio dei Ministri agli elettori di astenersi dal voto. Ill.mo Sig. Procuratore, con il presente esposto denuncia il sottoscritto, Avv. Antonio Ingroia, Presidente e legale rappresentante del movimento politico denominato Azione Civile, a nome dei suoi iscritti e dei componenti il coordinamento nazionale, massimo organo collegiale del movimento, che in tal senso ha deliberato durante la riunione del 2 maggio 2016, intende sottoporre all attenzione della Procura Regionale della Corte dei Conti i fatti di seguito riportati, allo scopo di consentire la verifica dell eventuale sussistenza di responsabilità connesse alla violazione di disposizioni di legge che disciplinano la corretta gestione delle risorse pubbliche. PREMESSO Che con D.P.R. 15 febbraio 2016 veniva indetto il referendum popolare per l abrogazione del comma 17, terzo periodo, dell articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (T.U. Ambiente), come sostituito dal comma 239 dell articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
2 legge di stabilità 2016), limitatamente alle seguenti parole: «per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale». Detto D.P.R. faceva seguito a quanto deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 10 febbraio 2016, allorché il Governo decideva l indizione del referendum popolare per l abrogazione della norma che consente alle compagnie petrolifere l estrazione sine die di gas e petrolio dagli impianti già attivi sui giacimenti che si trovano nella fascia costiera delle 12 miglia. In quella sede, il Consiglio dei Ministri, ed il suo Presidente pro tempore in particolare, individuava la data del 17 aprile 2016 per lo svolgimento della consultazione referendaria, scartando il più ragionevole accorpamento con le elezioni amministrative del 5 giugno. Questa scelta provocava un rilevante aggravio della spesa pubblica, perché determinava la celebrazione di due consultazioni in luogo di una (quella referendaria del 17 aprile e quella elettorale del 5 giugno). Ma non solo, perché il Presidente del Consiglio dei Ministri lanciava, in seguito, una massiccia campagna per l astensione dei cittadini dal voto di aprile, puntando al non raggiungimento del quorum richiesto, del 50% + 1 degli aventi diritto, ed al fallimento della consultazione. Il 17 aprile 2016, la partecipazione al referendum si fermava alla soglia del 32,15%, mancando un quorum che prevedibilmente sarebbe stato raggiunto se la consultazione avesse avuto luogo insieme alle elezioni amministrative e se il Capo del Governo non si fosse speso per scoraggiare il voto. Ma il Presidente del Consiglio dei Ministri, nelle sue dichiarazioni pubbliche, non ha mai fatto mistero di essersi adoperato per il fallimento della consultazione. E le sue scelte sembrano essere state solo il frutto di questo pernicioso disegno, il cui costo è stato pagato esclusivamente dalle casse dello Stato. SI OSSERVA 2
3 Negli accadimenti descritti si intravede, certamente, una violazione dei doveri e degli obblighi cui il Presidente del Consiglio pro tempore è sottoposto. Egli, infatti, ha violato la disciplina contenuta nell art. 98 del Testo Unico delle Leggi Elettorali (D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361) secondo cui: Il pubblico ufficiale, l incaricato di un pubblico servizio, l esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell esercizio di esse, si adopera a costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati od a vincolare i suffragi degli elettori a favore od in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati o ad indurli all astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire a lire Tale disciplina è estesa anche all istituto referendario dall art. 51 della legge n. 352/1970, secondo cui: «Le disposizioni penali, contenute nel Titolo VII del testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati, si applicano anche con riferimento alle disposizioni della presente legge. Le sanzioni previste dagli articoli 96, 97 e 98 del suddetto testo unico si applicano anche quando i fatti negli articoli stessi contemplati riguardino le firme per richiesta di referendum o per proposte di leggi, o voti o astensioni di voto relativamente ai referendum disciplinati nei Titoli I, II e III della presente legge». E deve ritenersi applicabile anche al Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore che, pubblico ufficiale nell esercizio delle proprie funzioni, è più volte intervenuto nel dibattito, accedendo a mezzi e spazi informativi di primaria importanza, da cui sarebbe stato certamente escluso se non avesse rivestito quella carica, e li ha adoperati abusandone per istigare gli elettori a disertare le urne. «Spero che questo referendum, che potrebbe bloccare 11mila posti di lavoro, fallisca» ha detto il premier nel corso della diretta Twitter e Facebook #Matteorisponde il 5 aprile 2016; 3
4 «È una bufala: non c è nessun referendum sulle trivelle. L astensione è una scelta legittima» ha aggiunto sulla sua Enews il 14 aprile 2016; «chi vuole votare è libero di farlo, chi vuole farlo fallire può non andare a votare. Tutte le posizioni sono legittime» ha rincarato nel corso della visita alla redazione de Il resto del Carlino di Bologna il 15 aprile Sulle intenzioni di un Premier che fa simili affermazioni, a pochi giorni dal voto, sapendo che le sue parole sarebbero rimbalzate sui media, non possono esservi dubbi. Nel caso de quo è lapalissiano che il Presidente del Consiglio dei Ministri prevedesse, senza neanche troppe difficoltà, il verificarsi dell evento dannoso, cioè il fallimento del referendum e la vanificazione dello sforzo economico burocratico della macchina statale mobilitata per la celebrazione della consultazione referendaria. A dire quanto sia costato alla collettività il referendum del 17 aprile u.s. è lo stesso Presidente del Consiglio che, in una dichiarazione rilasciata il 20 marzo 2016, ha attaccato le Regioni promotrici della consultazione, tentando di scaricare su di loro i costi della democrazia, dichiarando: «non buttate 300 milioni di euro per dare segnali». È evidente che in caso di election day una parte importante di quella cifra, sottratta alle finanze pubbliche, sarebbe stata risparmiata: l allestimento dei seggi, il compenso per gli scrutatori, gli straordinari garantiti alle forze dell ordine ed ai militari, sarebbero stati utilizzati una sola volta per la celebrazione di due consultazioni. E, probabilmente, anche gli elettori rimasti a casa sarebbero stati incoraggiati a recarsi al seggio, evitando la frustrazione del referendum. 4
5 Come si accennava, il Presidente del Consiglio si è mosso in due direzioni: da una parte, ha scorporato la consultazione referendaria dalle elezioni amministrative e, dall altra, ha pubblicamente incitato gli elettori al non voto. Il danno, cioè il costo sostenuto dalle pubbliche finanze per la celebrazione di un referendum reso inutile dal mancato raggiungimento del quorum, può dirsi conseguenza dell azione del Premier? Alle elezioni amministrative del 5 giugno l affluenza si è attestata al 62,14%: evitare ad ogni costo che un numero simile di elettori potesse trovarsi, anche incidentalmente, mobilitato per il referendum ha senz altro contribuito ad abbassare il livello della partecipazione. Augurarsi, poi, il fallimento della consultazione referendaria godendo del carisma rivestito dalla propria carica e di una capillare copertura mediatica argomentando in modo scorretto e strumentale che, in caso contrario, si sarebbero persi undicimila posti di lavoro, non ha mancato di influenzare vasti settori dell opinione pubblica. Pertanto, in assenza di queste due azioni, i maggiori commentatori sono concordi nel ritenere che il quorum sarebbe stato raggiunto e, soprattutto, che l asserita somma di 300 milioni di euro non sarebbe stata così inutilmente sperperata. In effetti, non c era davvero alcun motivo plausibile perché le due consultazioni non si dovessero tenere nelle medesime giornate. Il costo sostenuto dalla collettività a fronte di questa decisione è il danno erariale causato alle casse dello Stato dal Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, quanto meno a titolo di colpa grave. Sull abuso commesso dal pubblico ufficiale, che si avvale dei suoi poteri e delle strutture da lui dipendenti per influenzare la partecipazione al voto, non mancano le decisioni giudiziarie. Come quella cristallizzata dalla sentenza 26 giugno 1985 del Tribunale di 5
6 Potenza, secondo cui: «Integra il reato di cui l'art. 98, d. p. r. 30 marzo 1957, n. 361 il fatto del sindaco che, utilizzando mezzi dell amministrazione comunale, faccia affiggere manifesti con i quali, in contrasto con il programma di un partito politico sostenitore dell'astensione, ma i cui esponenti partecipano alla competizione elettorale, invita i cittadini ad esercitare il diritto di voto con scheda valida». Tuttavia, in questo caso, si vuole porre l accento sull aspetto contabile del danno erariale provocato alle casse dello Stato più che su quello penale, del reato che può essere riscontrato nelle condotte sopra esposte. Pertanto, alla luce di tutte le superiori considerazioni, deduzioni ed illustrazioni, SI CHIEDE a codesta On.le Procura regionale della Corte dei Conti di accertare le responsabilità erariali del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore e di chiunque altro abbia concorso alla produzione di tali danni alle casse dello Stato; di stabilirne l ammontare prodotto e di procedere per quanto di competenza, anche alla luce dei princìpi di economicità ed efficienza che regolano la Pubblica Amministrazione ex art. 1 legge n. 241/1990. Allegati: 1. Articolo ANSA.it del 5 aprile 2016: «Trivelle: Renzi, spero referendum fallisca»; 2. Articolo Corriere.it del 14 aprile 2016: «Trivelle, Renzi: è un referendum bufala. Astensione è legittima». Con osservanza Roma, 28 luglio 2016 Il Presidente di Azione Civile Antonio Ingroia 6
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