LE MACCHINE ELETTRICHE

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1 LE MACCHINE ELETTRICHE Corso di Analisi dei Circuiti e Macchine Elettriche Ingegneria Biomedica Prof. Ottorino Bruno Ing. Luca Sani

2 Indice Capitolo I Le Macchine Elettriche Le macchine Le macchine elettriche I trasformatori elettrici I generatori elettrici I motori elettrici Il bilancio energetico Il rendimento Capitolo II Motore In Corrente Continua Introduzione Il collettore commutatore di Pacinotti Gli avvolgimenti di una macchina a collettore L espressione della forza elettromotrice indotta I motori in corrente continua Motori con eccitazione indipendente Motore in corrente continua con eccitazione in serie Alimentazione di motori in continua a tensione variabile Alimentazione con raddrizzatore (AC-DC) monofase Alimentazione con raddrizzatore (AC-DC) a ponte Capitolo III Motore Asincrono Introduzione Principio di funzionamento di un motore in alternata Cenni costruttivi di un motore asincrono Principio di funzionamento del motore asincrono Le equazioni della macchina asincrona in condizioni di regime Il bilancio energetico nella macchina asincrona I modi di funzionare della macchina asincrona Determinazione dei parametri della macchina asincrona Prova a vuoto Prova in corto circuito Misura delle resistenze

3 3.9 La caratteristica meccanica della macchina asincrona Regolazione di velocità agendo sulla resistenza rotorica Regolazione di velocità agendo sull ampiezza della tensione di alimentazione Regolazione di velocità a tensione variabile e a frequenza variabile Generazione dell alimentazione a tensione e frequenza variabili Inverter di tensione monofase Inverter di tensione trifase Capitolo IV Motore Brushless Introduzione Principio di funzionamento Vantaggi nell uso del motore brushless Svantaggi nell uso del BDCM Capitolo V Motore a Passo Caratteristiche generali Motori a passo a riluttanza variabile Motori a passo a magnete permanente Riferimenti Bibliografici

4 Capitolo I LE MACCHINE ELETTRICHE 1.1 Le macchine Nella natura sono insite energie sotto forma potenziale o cinetica, come l'energia che si sprigiona da un combustibile, quella liberata nelle reazioni nucleari, quella accumulata in un bacino idroeletirico, o l'energia di un getto d'acqua o di un getto di vapore, che raramente possono trovare una utilizzazione diretta. Più spesso è necessario trasformare una data specie di energia in un'altra, allo scopo di renderne possibile, conveniente e razionale l'utilizzazione. I sistemi fisici in cui avvengono trasformazioni di energia da una specie ad un'altra prendono il nome di macchine. Caratteristica particolare delle macchine è la presenza in esse di un ingresso e di una uscita; l'ingresso è costituito dagli organi attraverso i quali la macchina riceve energia dall'esterno sotto una data forma; l'uscita è costituita dagli organi attraverso i quali l'energia viene restituita sotto una forma diversa. L'ingresso e l'uscita dunque consentono alla macchina di scambiare energia con i sistemi esterni ad essa. Gli organi di entrata, quelli di uscita e gli organi della macchina in cui avvengono le trasformazioni assumono caratteristiche diverse a seconda delle forme di energia in gioco e dei fenomeni fisici che nella macchina debbono aver luogo perchè si realizzino le richieste trasformazioni. Si prenda ad esempio una turbina a vapore: essa, come è noto, è una macchina che trasforma l'energia termica del vapore in energia meccanica di rotazione resa disponibile all'asse. In questa macchina il distributore è l'organo di entrata e questo, insieme alla girante costituiscono gli organi in cui l'energia viene trasformata; l'asse di rotazione è l'organo di uscita. I fenomeni fisici che si verificano in tali organi della turbina sono una espansione del vapore (che inizia nel distributore e termina nella girante) con trasformazione dell'energia termica del vapore in energia cinetica e contemporanea trasformazione di questa, nella girante, in energia meccanica impressa all'asse. Gli organi attivi di una macchina possono agire da fermi o per mezzo di determinati movimenti. Le macchine che non hanno organi in movimento sono delle statiche, le altre sono dette dinamiche e possono essere rotanti o alternative a seconda del tipo di movimento. In rapporto alle funzioni cui sono destinate, le macchine si possono classificare nel seguente modo: macchine generatrici (o generatori), macchine motrici (o motori), macchine trasformatrici o convertitricí (trasformatori e convertitori), macchine utilizzatrici (o utilizzatori ). Le prime sono macchine chiamate a generare una data forma di energia (esempio: generatore elettrico), attraverso una trasformazione di energia di forma diversa. Il nome di generatore è improprio e va inteso solo nel senso indicato di generatore di una data forma di energia e non nel senso di generatore di energia, la quale come è noto non può essere generata ma solo trasformata da una specie ad un'altra. Le seconde, cioè i motori, sono tutte quelle macchine la cui energia resa è di forma meccanica (esempio: la citata turbina a vapore). 3

5 Le macchine trasformatrici adempiono alla funzione di trasformare le caratteristiche di impiego di una qualunque forma di energia, senza cambiarne la specie: (esempio: trasformatori elettrici, riduttori e moltiplicatori di velocità o di pressione, convertitori di coppia ecc.). Le macchine utilizzatrici infine sono quelle che compiono un determinato lavoro o una determinata operazione tecnologica (esempio: pompe per il sollevamento dell'acqua, montacarichi, macchine utensili, macchine da cucire, saldatrìci elettriche, forni elettrici, ecc.). Le macchine utilizzatrici di carattere dinamico sono sempre accoppiate a motori, dei quali utilizzano l'energia meccanica erogata all'asse. In queste quattro distinte funzioni di generatrici, trasformatrici, motrici e utilizzatrici, le macchine si collocano come altrettanti anelli nella catena di trasformazioni con le quali le energie della natura gradualmente si tramutano dallo stato originario in lavoro utile. 1.2 Le macchine elettriche Le macchine elettriche sono quelle in cui una almeno delle forme di energia, ricevuta e resa, è di natura elettrica In queste macchine la prima distinzione che bisogna fare riguarda il tipo delle correnti che attraversano i circuiti che ad esse fanno capo. Secondo questa distinzione si possono avere macchine a corrente continua e macchine a corrente alternata nella forma monofase o polifase. Un'altra importante classificazione delle macchine elettriche può farsi in rapporto alla circostanza che l'energia elettrica sia presente all'ingresso della macchina oppure all'uscita: le macchine nelle quali l'energia elettrica è quella resa si chiamano generatori elettrici; le macchine nelle quali la energia elettrica è quella assorbita, mentre quella resa è meccanica, si chiamano motori elettrici; le macchine nelle quali sia l'energia ricevuta che quella resa sono di natura elettrica si chiamano in generale convertitori, e nel caso particolare in cui la corrente è alternata tanto all'ingresso che all'uscita si chiamano trasformatori. Un ultimo criterio di distinzione fra le macchine elettriche è quello di raggrupparle in macchine rotanti e in macchine statiche. Al primo gruppo appartengono principalmente i generatori ed i motori elettrici, al secondo invece i trasformatori e i convertitori elettrici. Alcuni tipi di macchine rotanti a corrente alternata, funzionano ad una velocità, detta di sincronismo, che è rigidamente legata al valore della frequenza di rete: a queste macchine si dà il nome specifico di macchine sincrone; in altre invece la velocità di rotazione dipende oltrechè dalla frequenza anche dall'entità del carico nel senso che variando il carico la velocità si discosta più o meno dal valore di sincronismo: queste macchine vengono perciò chiamate asincrone I trasformatori elettrici I trasformatori sono macchine statiche a corrente alternata, funzionanti in base al fenomeno della mutua induzione sono perciò costituiti da due circuiti fra loro magneticamente accoppiati. L'accoppiamento magnetico tra i due circuiti deve naturalmente essere il più stretto possibile; per questo motivo i due circuiti vengono avvolti attorno ad uno stesso nucleo magnetico di piccola riluttanza nel quale si sviluppa un flusso che si concatena quasi completamente con entrambi. L'avvolgimento che fa capo ai morsetti di ingresso prende il nome di primario del trasformatore, l'avvolgimento che è collegato ai morsetti di uscita è chiamato secondario. 4

6 Il funzionamento è peraltro in ogni caso perfettamente reversibile per cui l'ingresso o l'uscita, oppure il primario o il secondario, non sono distinti da specifiche particolarità costruttive bensì dal senso del flusso di energia che si vuol realizzare. Una effettiva distinzione costruttiva deve essere fatta invece tra avvolgimento di alta tensione e avvolgimento di bassa tensione, in quanto essi comportano un diverso numero di spire ed un differente grado di isolamento. Essendo basato su un fenomeno di mutua induzione il funzionamento del trasformatore può realizzarsi solo in regime di corrente variabile. Applicando ad uno dei due avvolgimenti (primario) la tensione alternata che si vuol trasformare, si crea nel nucleo un flusso pure alternato che induce nelle spire dello stesso avvolgimento una f.e.m. eguale e contraria (salvò le cadute di tensione) alla tensione applicata; poichè lo stesso flusso si concatena anche con ciascuna delle spire del secondo avvolgimento (secondario) in ognuna di queste si induce una f.e.m. analoga: l'effetto risultante che si manifesta ai morsetti del secondo avvolgimento costituisce la tensione trasformata pari in valore a quella applicata al primario moltiplicata per il rapporto fra i numeri di spire del secondo e del primo avvolgimento; perciò semplicemente assegnando il giusto numero di spire a questi avvolgimenti è possibile raggiungere i valori desiderati della tensione secondaria. Un aspetto importante del funzionamento a carico dei trasformatori è il fenomeno della reazione. In queste macchine esso si manifesta in maniera semplicissima: per ogni valore di corrente erogata al secondario viene richiamata al primario una corrente di reazione di valore tale che la forza magnetornotrice complessivamente agente sul circuito magnetico si mantenga costante, come costante rimane l'ampiezza del flusso, la quale ampiezza è imposta dalla tensione di alimentazione. Le tensioni e le correnti vengono così ad assumere, in ogni caso, valori che rispettano il principio di conservazione dell'energia e cioè si verifica necessariamente l'uguaglianza, salvo le perdite, fra le potenze all'uscita e all ingresso. Da questo fatto deriva che nei trasformatori le tensioni e le correnti non sono indipendenti, ma vincolate alla condizione che ad un determinato rapporto esistente fra le prime corrisponda un rapporto inverso fra le seconde I generatori elettrici I generatori industriali di energia elettrica sono basati tutti sul fenomeno della induzione elettromagnetica che, come è noto, consiste nella generazione di una f.e.m. in un sistema di conduttori che si muove rispetto ad un campo magnetico in modo tale da tagliarne le linee di forza, e cioè in modo che il flusso concatenato col sistema di conduttori subisca una variazione. A tal fine ogni generatore elettrico si compone di un sistema induttore destinato a creare il campo magnetico, e di un sistema indotto, nel quale deve generarsi la f.e.m. che si vuole utilizzare e questi due sistemi debbono potersi muovere l'uno rispetto all'altro. L'induttore è sempre costituito da un sistema di poli magnetici, talvolta realizzati mediante magneti permanenti, ma più comunemente eccitati per mezzo di un adeguato avvolgimento di eccitazione (o induttore o di campo) percorso da una opportuna corrente continua detta corrente di eccitazione. Il sistema indotto assume disposizioni diverse a seconda che i generatori sono a corrente continua o a corrente alternata; in entrambi i casi però trattasi di avvolgimenti distribuiti di fronte al sistema induttore, opportunamente allogati su un loro supporto di materiale 5

7 magnetico. Il moto relativo fra indotto e induttore si attua tenendo fisso uno dei due sistemi e mettendo in rotazione l'altro: il sistema fisso costituisce lo statore della macchina, il sistema che ruota ne costituisce il rotore. Agli effetti del fenomeno di induzione è facile osservare che non è determinante il fatto che i sistemi induttore e indotto appartengano allo statore o al rotore; nella realizzazione pratica, alcuni aspetti particolari del funzionamento impongono che i generatori a corrente continua abbiano il sistema induttore nello statore e quello indotto nel rotore; i generatori a corrente alternata invece presentano comunemente l'indotto nello statore e l'induttore nel rotore. Nelle forme costruttive normali, sia nelle macchine a corrente alternata che in quelle a corrente continua, le f.e.m. che vengono generate nei conduttori attivi del sistema indotto hanno sempre una forma periodica alternala: negli alternatori queste f.e.m. indotte possono così venire utilizzate collegando direttamente l'avvolgimento indotto con i morsetti di uscita della macchina; nelle dinamo, invece, per poter disporre all'uscita di una f.e.m. continua è necessario interporre fra gli avvolgimenti indotti ed i morsetti della macchina uno speciale organo raddrizzatore a contatti striscianti denominato collellore, per eseguire appunto il raddrizzamento rispetto ai morsetti, delle f.e.m. alternate generate nei conduttori dell'indotto. Per questa ragione le dinamo vengono comunemente costruite a indotto rotante e induttore fisso, mentre negli alternatori viene preferita la costruzione inversa a indotto fisso e induttore rotante. Un fenomeno comune a tutte le macchine elettriche e che si manifesta all'atto in cui passano dal funzionamento a vuoto al funzionamento sotto carico, cioè all'atto in cui esse cominciano ad erogare potenza, è quello della reazione. Questo fenomeno è sostanzialmente dovuto al fatto che quando una macchina eroga una certa potenza deve, per il principio della conservazione dell'energia, necessariamente richiamarne all'ingresso una egual quantità, aumentata delle perdite che accompagnano la trasformazione. Nei generatori elettrici la reazione a carico si manifesta come una coppia resistente che si oppone alla rotazione: è contro questa coppia che il motore primo è chiamato a spendere quella potenza meccanica che si ritroverà ai morsetti di uscita della macchina, sotto forma elettrica I motori elettrici I motori elettrici sono macchine rotanti che trasformano energia elettrica in energia meccanica. Quindi le grandezze di ingresso sono la tensione e la corrente e quelle di uscita la velocità angolare dell albero motore e la coppia elettromagnetica sviluppata (Fig. 1.1). Energia elettrica (V,I) Energia meccanica (C em, ω m ) MOTORE ELETTRICO Fig Motore elettrico. 6

8 Hanno dunque una funzione opposta a quella dei generatori, e da questi possono essere fatti derivare semplicemente invertendo il flusso delle energie; generatori e motori elettrici sono cioè macchine perfettamente reversibili e in linea teorica possono funzionare indifferentemente in un senso o nell'altro. Come nel caso dei generatori, un motore elettrico è costituito da una parte fissa, detta statore, e da una mobile, il rotore, il quale può ruotare attorno ad un asse. Su entrambe le componenti sono alloggiati dei dispositivi (avvolgimenti o magneti permanenti) atti a generare dei flussi magnetici. Poichè trasformano energia elettrica in energia meccanica, le grandezze di ingresso sono la tensione e la corrente (V,I) e quelle di uscita la velocità angolare dell albero motore (rotore) e la coppia elettromagnetica sviluppata (ω m, C em ). L equazione che governa il moto del rotore è la seconda legge della dinamica applicata al caso del moto rotatorio: dω C C J dt m m r = (1.1) Dove: ω m J C m C r = velocità angolare di un corpo rigido; = momento di inerzia; = coppia motrice, ossia la coppia elettromagnetica sviluppata dal motore (C em ); = coppia resistente esercitata dal carico applicato all albero motore. Come nel caso dei generatori, esistono motori a corrente continua e motori a corrente alternata monofasi e polifasi. I motori a corrente alternata possono essere del tipo sincrono o asincrono e, a differenza dei generatori, sono i tipi asincroni quelli maggiormente impiegati negli azionamenti industriali. In qualunque tipo di motore elettrico, la coppia elettromagnetica nasce sempre dall interazione tra un flusso magnetico prodotto negli avvolgimenti di statore (Φ s ) e quello originato negli avvolgimenti di rotore (Φ r ). Si considera la situazione riportata nella in Fig. 1.2, dove sono evidenziate le linee del campo magnetico di statore (tratto continuo) e quelle del campo magnetico del rotore (tratto discontinuo). 7

9 ΦR θ Φs ωm N S N S Fig Posizione relativa dei campi magnetici di statore e di rotore. Con tratto continuo sono indicate le linee di flusso del campo magnetico di statore. Con tratto spezzato sono indicate le linee di flusso del campo magnetico di rotore. Si possono individuare i poli magnetici statorici e rotorici (il nord è la regione da cui escono le linee di flusso, il sud dove entrano). Tra poli magnetici di segno opposto si sviluppano delle forze che danno origine alla coppia elettromagnetica. In generale vale la relazione: C = kφ Φ sinθ (1.2) em s r dove θ è l angolo tra la direzione di Φ s e quella di Φ r. La condizione fondamentale per avere una coppia con valor medio non nullo è che i due flussi (Φ s e Φ r ) devono ruotare in modo sincrono (ossia avere la stessa velocità angolare) rispetto ad un sistema di riferimento comune. I vari tipi di motori elencati precedentemente si distinguono per il diverso modo con cui sono generati Φ s e Φ r e la velocità angolare con la quale entrambi ruotano. Di ogni classe di motore occorre determinare: a) il circuito elettrico equivalente; b) la caratteristica meccanica, ossia l andamento della coppia elettromagnetica in funzione della velocità di rotazione dell albero motore. c) Del carico applicato all albero motore occorre conoscere l andamento della coppia resistente al variare della velocità angolare. Questa curva dipende dal tipo di carico, come si può vedere in Fig

10 Attrito Coulombiano Coppia gravitazionale Dipende dalla ruvidità dei corpi a contatto. Coppia tipica di macchine utensili (es: laminatoi). Non dipende dal senso di rotazione.e attiva in discesa. Tipica di macchine da sollevamento. Attrito Viscoso Tipica di cuscinetti meccanici (a bassa velocità si ritorna alla caratteristica dell attrito coulombiano) Coppie proporzionali alla velocità di rotazione.tipica di macchine mescolatrici. Attrito Ventilante C r α n, α 2 Tipica di ventilatori e pompe. Tipica di avvolgitori. Fig.1.3. Caratteristiche tipiche di coppia resistente 9

11 1.3 Il bilancio energetico Le trasformazioni di energia che avvengono nelle macchine sono sempre accompagnate da fenomeni dissipativi che determinano la sottrazione di una parte dell'energia trasformandola in calore che riscalda la macchina. I fenomeni che nelle macchine elettrìche determinano dissipazione di potenza sono molti e a volte complessi. Fra i principali di essi figurano per primi gli attriti e le resistenze meccaniche cui sono sottoposti gli organì in movimento delle macchine rotanti, i quali danno luogo alle perdite meccaniche. Altre cause di perdita sono i fenomeni di isteresi magnetica e la nascita di correnti parassite, che si verificano entro i nuclei magneticí attraversati da flussi variabili; le dissipazioni derivanti da questi fenomeni, data la loro origine, prendono il nome di perdite nel ferro. A queste si aggiungono le perdite nel rame dovute all'effetto Joule negli avvolgimenti indotti. Per le macchìne dotate dì uno specifico circuito di eccitazione, bisogna inoltre citare le corrispondenti perdite per eccitazione, costituite appunto dalla potenza dissipata in tale circuito. Tutte queste perdite naturalmente non sono le stesse ai vari regimi di funzionamento cui possono essere sottoposte le macchine. Esse sono suscettibili di variazioni: le perdite meccaniche sono infatti legate alle velocità di rotazione, le perdite nel ferro sono legate sia alle velocità che ai flussi e quindi alle tensioni, le perdite nel rame degli avvolgimentí indotto e induttore sono notoriamente proporzionali al quadrato delle correnti che li percorrono. Normalmente le macchine funzionano a valori prestabiliti di velocità e di tensione, per cui le perdite meccaniche e quelle nel ferro e per eccitazione si possono ritenere pressochè costanti al variare della potenza resa. Ciò non avviene invece per le perdite nel rame di indotto le quali aumentano con il quadrato delle correnti di carico. In ogni caso gli effetti delle dissipazioni interne di energia risultano sempre doppiamente negatìvi. In primo luogo essi si risolvono in un impoverimento del flusso di energia, essendo irrecuperabìle la parte trasformata in calore. Secondariamente, e questo però è il danno maggiore, il riscaldamento che ne consegue pone un limite alla potenza della macchina in rapporto alle sue caratteristiche costruttive e dimensionali, non dovendosi mai raggiungere temperature dannose per le parti isolanti. Per questa ragione il calore che si produce per i fenomeni dissipativi deve essere contenuto entro valori che possano essere smaltiti con un accettabile sovrariscaldamento della macchina rispetto all'ambiente. Ma il calore di dissipazione è proporzionale alla potenza perduta, e questa cresce rapidamente al crescere della potenza erogata; perciò solo con una limitazione di quest'ultima si può ottenere una limitazione del riscaldamento. A questo riguardo ciascuna macchina viene caratterizzata precisandone la sua potenza nominale, la quale rappresenta la potenza massima che la macchina può erogare in servizio continuativo, senza superare in alcun suo punto i limiti di temperatura ammessi dalle Norme CEI (Comítato Elettrotecníco Italiano); se una macchina viene utilizzata per una potenza più elevata si dice che essa funziona in sovraccarico e il surriscaldamento che ne consegue ha sicuramente, in tempo più o meno lungo, un effetto distruttivo degli isolamenti. Per aumentare a parità di peso la potenza. nominale delle macchine si mettono in atto efficienti sistemi di raffreddamento capaci di aumentare grandemente la possibilità della macchina di smaltire il proprio calore di dissipazione entro i dovuti limiti di sovrariscaldamento; d'altro lato si cerca di ridurre al minimo le cause stesse del riscaldamento con accorgimenti costruttivi di vario genere e con l'impiego dei materiali più adatti. Ciò nondimeno le cause di perdita non possono essere mai eliminate, e perciò insieme alle due potenze, assorbita e resa, bisogna prendere in particolare considerazione per ciascuna 10

12 macchina anche la potenza perduta. Questa potenza è evidentemente data dalla somma di tutte le perdite presenti nella. macchima ed è chiaro che nel corso della trasformazione che in questa avviene essa si sottrae alla potenza assorbita, per modo che alla uscita si. dispone di una, potenza minore. 1.4 Il rendimento Per giudicare della efficienza di una macchina, un elemento indicativo può essere costituito dall'entità delle perdite; più significativo però a questo riguardo è il rapporto fra la potenza resa (P) e quella assorbita (P a ), cioè il rendimento: P P η = = P P+ P a p (1.3) dove P p rappresenta la potenza dissipata in perdite. La (1.3) può essere espressa anche nella seguente forma: P Pa Pp Pp η = = = 1 = 1 p (1.4) P P P a a a dove p = P P p a Il rendimento, che è sempre minore dell'unità, esprime la misura relativa della potenza resa dalla macchina rispetto alla potenza assorbita. Nella pratica tecnica il rendimento delle macchine viene comunemente espresso in forma percentuale ponendo: 11

13 Capitolo II MOTORE IN CORRENTE CONTINUA 2.1 Introduzione Le macchine elettriche rotanti a collettore costituiscono la più vasta categoria di apparati elettromeccanici di conversione dell energia. Parecchi dei dispositivi elettromeccanici a collettore sono ormai obsoleti e non vengono più utilizzati nelle moderne applicazioni industriali, sostituiti da dispositivi statici e diodi controllati, che offrono il vantaggio di un minore costo. Tuttavia alcune macchine a collettore sono ancora largamente usate, e se pur esistono in teoria, dispositivi elettromeccanici alternativi che potrebbero essere usati con successo, mantengono ancora una loro validità di impiego, dovuta soprattutto all affidabilità del funzionamento ed alla facilità di regolazione intrinseca per alcune di esse. 2.2 Il collettore commutatore di Pacinotti Si consideri (Fig. 2.1) una spira immerso in un campo magnetico costante B che ruoti con velocità angolare uniforme " " ω. B ω N θ = ωt B A B Fig Spira rotante immersa in un campo di induzione B. Il flusso concatenato con la spira varia con legge circolare: 12

14 ϕ = B Scos ωt. (2.1) La tensione indotta V AB (t) vale: e quindi (Fig. 2.2): V AB V t AB( ) dϕ = (2.2) dt ( t) = ωbs senωt (2.3) V AB t Fig Tensione indotta ai capi della spira. La tensione indotta nella spira rotante è quindi una tensione alternativa a valor medio nullo. Si supponga ora di modificare la costruzione meccanica degli anelli cui fanno capo i terminali delle spire, e di collegare questi a due semianelli A, B isolati tra loro; si appoggino quindi due spazzole A, B sui due semianelli in maniera tale che ciascuna spazzola venga a contatto alternativamente con il semianello A e quindi con B (Fig. 2.3). La tensione indotta tra i semianelli ovviamente è sempre: V AB ' ' = ωbssenωt (2.4) ed è una tensione alternativa; la tensione che si raccoglie alle spazzole vale invece (Fig. 2.4): V AB V = ωbssenωt per 0 < ωt < π ω ω π ω 2π AB ' ' = VAB ' ' = BSsen t per < t < (2.5) 13

15 B ω N θ = ωt B A B B A θ = ωt ω N B B A A spira semianelli Fig Schema di principio di una macchina a collettore. 14

16 V AB V AB t V A B Fig Tensione generata prelevata alle spazzole. Si ottiene in tal modo una tensione raddrizzata a valore medio non nullo, a partire da una tensione indotta di tipo alternativo. Il dispositivo meccanico che consente il raddrizzamento della tensione, viene chiamato collettore commutatore. Si può sintetizzare quanto detto nelle seguenti conclusioni. 1) la tensione indotta negli avvolgimenti delle macchine a collettore è di tipo alternativo a valor medio nullo, la sua frequenza dipende dalla velocità di rotazione del rotore rispetto al flusso di eccitazione esterno, l ampiezza è anch essa funzione lineare di tale velocità; 2) il collettore commutatore permette di ottenere alle spazzole una tensione a valore medio non nullo. 2.3 Gli avvolgimenti di una macchina a collettore Fino ad ora si è esaminato il comportamento di una spira immensa in un campo magnetico costante i cui estremi fanno capo ad un colettore commutatore costituito da due semianelli; in questo paragrafo si vuole descrivere la costituzione reale degli avvolgimenti di una macchina a collettore e valutare la forza elettromotrice che si induce in essi. Tutto ciò senza avere la pretesa di esaurire l argomento relativo agli avvolgimenti di una macchina in corrente continua, ma soltanto per dare l idea di come sono costituite le macchine a collettore. Si prende quindi in esame il circuito di Fig Tra due espansioni polari (costituite o da magnete permanente o da un avvolgimento di eccitazione indipendente percorso da corrente continua) è sistemato un toro su cui stanno avvolte alcune spire (otto nel caso in esame) che costituiscono un avvolgimento chiuso in corto circuito. Ciascuna spira è collegato elettricamente mediante un conduttore di rame detto collegamento a bandiera con un settore del collettore commutatore. Quest ultimo è costituito da tanti settori (detti lamelle ) quante sono le spire (otto nel caso in esame). Sul collettore sono disposte due spazzole. 15

17 Avvolgimento ω A Toro Espansione Polare e 2 2 e N e S 4 6 Collegamento a bandiera 5 B Collettore Commutatore spazzole Fig. 2.5 Macchina a collettore. Se il rotore ruota con velocità angolare ω, le tensioni indotte nelle spire sono di tipo alternativo e la loro forma dipende della legge con cui varia l induzione lungo il traferro. Ammesso per ipotesi che tale legge sia sinusoidale sono sinusoidali anche le tensioni indotte con pulsazioni pari alla velocità angolare ω; è immediato osservare che la fase delle tensioni indotte dipende dalla posizione angolare degli assi magnetici delle spire: e1 () t = EM senωt 2π e" () t = EM sen( ωt ) 8 2( n 1) π en() t = EM sen( ωt ) 8 M e8 () t = EM sen( ωt 2 π) 8 (2.6) In un piano di Gauss si possono riportare i vettori rappresentativi delle tensioni sopraddette (Fig. 2.6); in tale figura è anche riportato la poligonale somma delle predette tensioni. 16

18 j E 6 V AB E 7 E 8 E 4 E 6 E 1 E 7 r E 5 E 3 E 2 E 4 E 3 E 8 ω E 2 E 1 Fig Distribuzione delle tensioni indotte nell avvolgimento di indotto. Una prima considerazione immediata è che la somma delle forze elettromotrici indotte è nulla e quindi nel circuito chiuso costituito dalle 8 spire non circola corrente. La tensione che si raccoglie alle spazzole A e B può essere valutata scegliendo un qualunque percorso che unisce le due spazzole e calcolando lungo tale percorso la somma delle forze elettromotrici indotte lungo le varie spire. Si supponga ora di avere un indotto con un numero estremamente grande di spire avvolto (idealmente infinite) ed un collettore commutatore quindi con un numero estremamente grande di lamelle ciascuna delle quali occupi un arco di periferia del collettore assimilabile ad un segmento. La poligonale, nel piano di Gauss, della forze elettromotrici indotte nelle varie spire, si può assimilare ad un cerchio in questo caso e quindi si raccoglie alle spazzole una tensione costante pari al modulo del settore V AB. Si è quindi ottenuto un dispositivo elettromeccanico che, mediante l adozione di un collettore commutatore, trasforma delle tensioni indotte di tipo alternativo in una tensione continua. 17

19 2.4 L espressione della forza elettromotrice indotta Si prenda in esame una macchina ad un paio di poli con le spazzole disposte a contatto con le spire che giacciono sul piano neutro di macchina (o, il che è lo stesso, di inversione delle f.e.m.) (Fig. 2.7). A v N B dθ π r S θ Fig Macchina in continua unipolare. Come già visto la tensione che si raccoglie alle spazzole A, B è data dalla somma delle forze elettromotrici indotte in metà delle spire dell avvolgimento, o, il che è la stesso, in metà dei lati attivi disposti lungo la periferia compresa in una delle due semicirconferenze tra le due spazzole. Si effettua quindi il calcolo della somma delle tensioni indotte nei lati attivi disposti sotto il polo Nord. Si supponga che i lati attivi siano N a, e che quindi le spire siano N S = N a /2. Ogni conduttore (lato attivo della spira) si muove con velocità v, immerso in un campo di induzione B. Lungo il traferro si ammette che l induzione B sia ortogonale alla superficie di separazione aria-ferro (in base alla legge della rifrazione delle linee di forza) e quindi anche ortogonale alla velocità con cui il conduttore si muove. Quindi in questo ultimo si genera una f.e.m. che in modulo vale: l B e = B v (2.7) dove con " " si intende la lunghezza assiale di macchina Poiché: si ottiene (Fig. 2.7) v = ω r, (2.8) m. e = B ω r (2.9) l m 18

20 Il numero di lati attivi compresi in un angolo elementare " dθ " è dato da: dn N a = dθ (2.10) 2π e quindi il contributo alla forza elettromotrice di tali conduttori è: Na de = e dn = B r ωmdθ (2.11) 2π è sufficiente quindi integrare la (2.11) nel dominio composto di tutti i conduttori che contribuiscono alla generazione della f.e.m.; ossia nell angolo (0, π); si ottiene: π Na E = Br ωmdθ. (2.12) 0 2π Si osservi ora che il flusso elementare che investe l area elementare di periferia del traferro compreso nell angolo dθ, è dato da: dφ = B rdθ, (2.13) e quindi con un cambiamento di variabili la (2.12) diventa: E Na 2π = ωm dφ (2.14) S ove la superficie S è una qualunque superficie che si appoggia sulle generatrici del cilindro rotorico corrispondenti alle spazzole (in particolare la superficie S può coincidere con la semiperiferia del cilindro). L integrale che compare nella (2.14) altro non è che il flusso concatenato con detta superficie S e nel caso in esame, quando cioè le spazzole sono situate sul piano neutro, coincide col flusso polare φ p. La (2.14) assume quindi la forma: Na E = ωm φp. (2.15) 2π Nella (2.15) la velocità angolare meccanica è espressa in radianti al secondo; se si indica con n la velocità in giri al minuto si ottiene: ω m πn = 2 60 (2.16) e quindi la (2.15) assume la forma:. Nn a E = φ p (2.17) 60 19

21 La (2.17) è la classica espressione della forza elettromotrice indotta per una macchina a un paio di poli. Se ora consideriamo una macchina con p paia di poli, lungo la semiperiferia vi è p volte il flusso φ p (flusso uscente da un polo) e quindi la f.e.m. che si genera nella semiperiferia è dato da: E p N a = n p 60 φ (2.18) Inoltre, sempre se la macchina è a più paia di poli, bisogna tener conto delle coppie di vie interne che collegano i morsetti esterni a cui si raccoglie la tensione. Se vi è più di una coppia di via interna, i lati attivi che contribuiscono alla f.e.m. non sono N a 2, bensì N a ove con a 2a si intende le coppie di vie interne. In definitiva l espressione generale della f.e.m. indotta è data da: P Nn a E = φ p (2.19) a 60 Nella espressione (2.19) il flusso φ p, come già detto è il flusso polare che dipende della corrente di eccitazione della macchina che scorre negli avvolgimenti statorici. La relazione che lega φ p a tale corrente è data dalla legge di Hopkinson: φ = p N i R ecc ecc (2.20) ove N ecc è il numero delle spire dell avvolgimento di accitazione, i ecc è la corrente di eccitazione, R la riluttanza del circuito magnetico visto dalle amperspire di eccitazione. Sostituendo la (2.20) nella (2.17) e definendo: M sr = p a NN a 2πR ecc (2.21) si ottiene un altra espressione della f.e.m. indotta che verrà molto usata in seguito: E = ω M i (2.22) m sr ecc. 20

22 2.5 I motori in corrente continua I motori in corrente continua costituiscono attualmente, senza alcun dubbio, la categoria più importante delle macchine elettriche rotanti a collettore. La loro funzione, negli azionamenti elettrici industriali non è ancora stata sostituita da altri dispositivi, anche se in tempi recenti sono state avanzate promettenti proposte relative all uso di macchine in corrente alternata (sincrone e asincrone) in grado di sostituire i motori in corrente continua a collettore. Come si vedrà il maggior pregio di tali motori è la loro flessibilità e la facilità con cui possono essere controllati in velocità e coppia. Il loro uso è tutt oggi generalizzato soprattutto in quei casi in cui è necessario un funzionamento con grandi escursioni di velocità ed in cui sia richiesta una facile regolazione del funzionamento della macchina. Si prenderanno in esame i motori in corrente continua con eccitazione indipendente o in derivazione e con eccitazione in serie. Da un punto di vista costruttivo non vi è alcuna differenza tra un generatore in corrente continua (Fig. 2.8) ed un motore (Fig. 2.9); la stessa macchina può essere usata in entrambi i modi, non si ritornerà quindi sui caratteri costruttivi e sulle equazioni di funzionamento della macchina; si vuole soltanto puntualizzare che mentre nel funzionamento da generatore la macchina si considerava chiusa su un carico puramente passivo (resistenza di carico r c ), nel funzionamento come motore la macchina deve essere chiusa su un bipolo attivo in grado di fornire potenza elettrica che si potrà in generale schematizzare con un generatore di tensione ideale ed una resistenza interna. Si supporrà che i motori vengono alimentati da un generatore ideale di tensione di valore V. (Fig. 2.9). + C em V r c r ecc i ecc v ecc ω m - Fig Generatore in corrente continua ad eccitazione indipendente. 21

23 i a + r i V AB C em r ecc i ecc v ecc ω m - Fig Motore in corrente continua ad eccitazione indipendente. Prima di iniziare lo studio dei vari tipi di motori è utile calcolare in generale l espressione della coppia elettromagnetica sviluppata da una macchina in corrente continua. Ciò può essere fatto mediante semplici considerazioni energetiche; detto infatti C em la coppia elettromagnetica sviluppata dalla macchina, considerata positiva nel verso di rotazione del rotore, il bilancio energetico della macchina è descritto in Fig P = v i + v i ec ecc ecc a Fig Flusso di potenza in un motore in continua. L equilibrio descritto in Fig. 2.10, vale in modulo a segno e può essere espresso nella forma: Pel = Pperdite + Pem + Pmecc (2.23) ove con P ec si intende la potenza elettrica entrante nella macchina data da: Pel = vecciecc + v ia, (2.24) con le converzioni per le tensioni e correnti date in Fig. 2.9; le perdite, nel modello di macchina usato sono costituite dalle perdite nel ramo: 22

24 P = r i + ri (2.25) 2 2 perdite ecc ecc a a, la potenza elettromagnetica altro non è che la potenza necessaria a variare l energia immagazzinata nel campo magnetico: P em = dwem d 1 Lhkihik, dt = dt 2 (2.26) hk, ove L hk sono i coefficienti di auto e mutua induzione dei circuiti di macchina; la potenza meccanica P mecc è, col suo segno la potenza all asse data da: Pmecc = cem ωm (2.27) avendo, come si è già detto considerato il senso positivo della coppia elettromagnetica, concorde col verso di rotazione della macchina. Si prendono ora in esame le equazioni che descrivono l equilibrio elettrico della macchina: d vecc = ( recc + Lecc ) iecc dt d v ω M i ( r L ) i = + + dt m sr ecc a a a (2.28) Si moltiplichi la prima equazione per " i ecc " e la seconda per " i a " e si sommino quindi le espressioni ottenute. 2 2 d d ieccvecc + iav = recciecc + ri a a + iecc Lecciecc + ia La ia ] + [ ωmmsr ieccia ] (2.29) dt dt Si osservi la relazione (2.29): il termine a sinistra rappresenta ovviamente la potenza elettrica fornita alla macchina sia dall alimentazione sull armatura, sia dall alimentazione sull eccitazione; il primo termine entro parentesi quadra a destra del segno di uguaglianza rappresenta le perdite nel rame della macchina; il secondo termine rappresenta la potenza elettromagnetica che finisce in variazione dell energia magnetica immagazzinando: infatti l energia magnetica può essere messa nella forma: la potenza elettromagnetica è quindi data da: Wm = Lecciecc + Laia (2.30) 2 2 d d d Pelm = Wm = iecc Lecc iecc + iala ia (2.31) dt dt dt espressione che coincide con secondo termine entro parentesi quadra alla destra 23

25 dell uguaglianza della (2.29). Ciò detto, il confronto tra la (2.29) e l equilibrio delle potenze in gioco espresso dalla (2.23) porta a concludere che la potenza meccanica è rappresentata dall ultimo termine entro parentesi quadra della (2.29), per cui vale: P = ω M i i (2.32) mecc m sr ecc a, e quindi C = M i i (2.33) em sr ecc a Motori con eccitazione indipendente Lo schema elettrica di tali motori è descritto in figura V ecc V + i a r ecc i ecc C em r ω m Fig Motore con eccitazione indipendente. Nell ipotesi che i parametri di macchina rimangono costanti al variare delle correnti in gioco, le equazioni dell equilibrio elettrico, in condizioni di regime sono date da: Vecc = recc iecc V = ω M i + ri m sr ecc a a (2.34) ossia: 24

26 Vecc iecc = recc ω ia = r ecc V mmsr r ecc a V (2.35) La coppia sviluppata, ricordando la (2.33), è data da: C = M i i = M V V ω M ecc em sr a ecc sr m sr reccra V r ecc ecc (2.36) La (2.36) rappresenta l equazione dalla caratteristica meccanica del motore, ossia della legge che lega la coppia sviluppata alla velocità angolare. Tale caratteristica teorica è data da una retta (Fig. 2.12). C em MV sr eccv r r ecc a V r ecc V ecc M sr Fig Caratteristica meccanica di un motore ad eccitazione indipendente. Di tali caratteristiche teoriche ovviamente ne esistono infinite, al variare del parametro r ecc, oppure della tensione di armatura V. In Fig è tracciato l andamento qualitativo di varie caratteristiche meccaniche al variare di r ecc (a) e della V (b). ω m 25

27 C em (A) C em R ecc V (B) ω m ω m Fig Caratteristica meccanica al variare della resistenza di eccitazione (A) e della tensione di armatura (B). Le rette rappresentanti le caratteristiche meccaniche teoriche sono tracciate non solo nel primo quadrante, ma possono essere prolungate nel secondo e quarto quadrante. Vediamo ora il significato di questi prolungamenti: il tratto di caratteristica nel secondo quadrante si ha per " ω m < 0 "; l equilibrio delle potenze ricavate dalla seconda equazione dalle (2.34) può essere così espresso: Vi = ω M i i + r i (2.37) 2 a m sr ecc a a a La corrente i a non cambia segno se ω m <0 come si può notare dalla seconda delle 2.35, anzi aumenta in valore assoluto, il che significa che la potenza elettrica vi a è sempre positiva e quindi assorbita dalla rete. Il termine ω m M sr i ecc i a che rappresenta la potenza meccanica, si inverte di segno e quindi la potenza meccanica non è più erogata all asse, ma viene assorbita dalla macchina. In questa situazione quindi la macchina assorbe una potenza elettrica dalla rete, assorbe una potenza meccanica dall asse e dissipa il tutto per effetto Joule sulla propria resistenza; la macchina funziona da freno. Per il tratto di caratteristica meccanica compreso nel quarto quadrante si ha che la velocità angolare meccanica supera il valore r ecc /M sr : r ecc ω m > (2.38) M sr ciò significa che si inverte la corrente i a (basta osservare la seconda equazione delle (2.35)) e quindi si inverte la coppia elettromagnetica, come si può osservare dalla Fig Ciò significa che diventano negative sia la potenza elettrica Vi a sia la potenza meccanica " ω m M sr i ecc i a "; la macchina quindi assorbe potenza meccanica dall asse ed eroga potenza elettiva alla rete in corrente continua; il funzionamento è da generatore. L esame di tutta la caratteristica meccanica teorica di questo motore è stato condotto più per completezza di indagine che per effettivo interesse pratico della caratteristica in ogni sua parte: infatti la macchina non verrà mai usata nel tratto di caratteristica corrispondente al funzionamento da freno e neppure nel tratto di funzionamento come motore nell intorno della velocità nulla. La corrente infatti in tale modo di funzionare raggiunge valori proibitivi per l integrità della macchina; basti pensare che allo spunto la corrente assorbita è data 26

28 dall espressione: i a V = (2.39) r a che è un valore molto grande, considerato che la resistenza di armatura è molto piccola; nel funzionamento da freno poi il valore teorico della corrente è ancora maggiore. Sorge a questo punto il problema di avviare il motore evitando che la corrente raggiunga valori tali da danneggiare la macchina. A tal fine (Fig. 2.14) si inserisce una resistenza addizionale " r ' ", in serie all armatura della macchina che limiti allo spunto il valore della corrente: i a V = r + r' a (2.40) Tale resistenza addizionale ovviamente viene gradatamente esclusa man mano che la velocità aumenta e nasce quindi la f.e.m. nell armatura di macchina in grado di equilibrare la tensione esterna. La legge che lega la corrente di armatura i a alla velocità angolare meccanica, quando vi è una resistenza r in serie all armatura, è dato da (vedi la seconda equazione delle 2.35) i a = V ωmmsr r ecc r + r' a V (2.41) Tale legge rappresenta una famiglia di rette (al variare di r ) aventi tutte la medesima intercetta sull asse delle ascisse (Fig. 2.14): ( m ) 0 r ecc ω = ia = (2.42) M sr 27

29 - V ecc + - V + i a A a a 4 a 5 a 3 2 i ecc C r T 2 r T 1 a 1 B ω m C em r r T 3 T 4 V r ecc V ecc M sr ω m Fig Regolazione in avviamento di un motore ad eccitazione indipendente. Fissato il valore " i max " che può essere supportato dall armatura della macchina, allo spunto ' sarà necessario inserire una resistenza r 1 tale che la caratteristica (ω m, i a ) passi per il punto (0, i max ), (retta a 1 ); la macchina quindi spunta con una corrente accettabile, la velocità aumenta e diminuisce di conseguenza la correnta i a. Quando la corrente ha raggiunto un valore ' sufficientemente basso i min (punto B) si esclude parte della resistenza r 1 (si chiude il tasto ' T 1 ) e rimane inserita una resistenza addizionale r 2 in maniera tale da passare su una nuova caratteristica (retta a 2 ) così che la corrente i a raggiunge ancora il valor massimo consentito i max (punto c). In maniera perfettamente analoga si chiudono successivamente i tasti T 2, T 3 e T 4 fino ad arrivare alla caratteristica finale (retta a 4 ) con resistenza addizionale nulla. Per invertire il verso di marcia occorre invertire il segno della coppia elettromagnetica. Ciò si può ottenere invertendo una delle due correnti e quindi o la tensione di armatura o quella di eccitazione. Si parla di motore con eccitazione in derivazione, quando la V e la V ecc coincidono (Fig. 2.15). Lo studio di questa macchina è identico a quella con eccitazione indipendente: è sufficiente sostituire in tutte le espressioni V ecc = V. Un ultima osservazione vi è da fare in merito al funzionamento di questo motore in c.c.: il senso di rotazione del motore non dipende dalla polarità della tensione di alimentazione; infatti (Fig. 2.15), se si invertono le polarità della tensione di alimentazione, si inverte sia la corrente di campo che la corrente di armatura e quindi il segno della coppia elettromagnetica rimane inalterato; l espressione della coppia elettromagnetica dipende dal quadrato della tensione di alimentazione e quindi è irrilevante il segno di V. Per cambiare verso di rotazione del motore è necessario invertire soltanto la corrente di campo. 28

30 + V - i a r ecc i ecc C em r ω m Fig Motore con eccitazione in derivazione Motore in corrente continuo con eccitazione in serie Lo schema elettrico di tale motore è descritto in Fig r i a V r m C em i ecc ω m r ecc - Fig Motore ad eccitazione serie. Sempre nell ipotesi che i parametri di macchina rimangono inalterati, l equilibrio elettrico in condizioni di regime è dato dall equazione: 29

31 ( ') V = ω M ηi + r + r + r i (2.43) m sr a a ecc a ove con η (η= r ecc / (r ecc + r m ) ) si intende l aliquota della corrente di armatura che scorre ' nell avvolgimento di eccitazione e con r ecc si intende il parallelo tra la resistenza " r ecc " di regolazione, posta in parallelo al campo e la resistenza di campo stessa r m. Ovviamente la resistenza addizionale r posta in serie all armatura è presente soltanto allo spunto della macchina e ha il compito di limitare la corrente nella fase di avviamento. La corrente i a quindi, nel caso in cui r sia nullo vale: i a V = ω M η+ r + r m sr a ecc (2.44) e la coppia elettromagnetica sviluppata assume la forma: C = M i (2.45) 2 em srη a, ossia: C em 2 ηv = Msr ( ω M η+ r + r ) m sr a ecc 2. (2.46) L andamento teorico della caratteristica meccanica nel I quadrante (C em > 0 e ω m > 0) è riportato in Fig. (2.17). C em V ω m Fig Caratteristica meccanica di un motore ad eccitazione serie al variare della tensione di armatura. 30

32 Anche in questo caso la caratteristica meccanica può essere prolungata nel IV quadrante, ottenendo il funzionamento da generatore o da freno a seconda del valore della velocità angolare. Tuttavia, la sola zona di funzionamento che interessa è quella relativa al funzionamento da motore (I quadrante) in quanto, nel funzionamento da fermo la corrente in gioco è troppo elevata e danneggia irrimediabilmente la macchina ed il comportamento da generatore è di tipo instabile come si può facilmente verificare da un semplice esame della forma della caratteristica meccanica. Addirittura il primo tratto della caratteristica meccanica nella zona di funzionamento da motore non ha interesse in quanto la corrente di armatura è troppo elevata; allo spunto quindi è necessario limitare la corrente i a con un opportuna resistenza addizionale " r ' ". L andamento della corrente i a in funzione della velocità e per vari valori della resistenza addizionate " r ' " è riportata in Fig T 1 T 2 T 3 + r r r i a r m V C em i ecc ω m r ecc i max - i min a 1 a 2 a 3 ω m Fig Regolazione in avviamento di un motore ad eccitazione serie. Allo spunto sarà necessario inserire una resistenza " r ' 1 " (T 1, T 2 e T 3 aperti) in maniera tale che la corrente i a raggiunga il massimo valore ammissibile; via via che la macchina aumenta in velocità la corrente i a diminuisce e, quando avrà raggiunto un valore sufficientemente basso si potrà passare ad un altra caratteristica a 2 escludendo parte della resistenza (si chiude il tasto T 1 ), e così via, sino a giungere in condizioni di funzionamento a regime. La coppia elettromagnetica, al varire della resistenza addizionale r, assume andamenti analoghi alla corrente di armatura. Anche in questa macchina l inversione della polarità della tensione di alimentazione non provoca l inversione del senso del moto; infatti si inverte sia la corrente di armatura, sia la corrente di campo e quindi la coppia elettromagnetica non cambia di segno. Per invertire il senso di rotazione è necessario invertire il collegamento del campo col resto del circuito. 2.6 Alimentazione di motori in continua a tensione variabile 31

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