Provincia di Forlì-Cesena

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1 Provincia di Forlì-Cesena VARIANTE AL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE (approvato con delibera di CP n /149 del 14/09/2006) IN RECEPIMENTO DEI PIANI DI GESTIONE DEI DISTRETTI IDROGRAFICI DELL'APPENNINO SETTENTRIONALE E DELL'APPENNINO CENTRALE E DEL PIANO REGIONALE DI TUTELA DELLE ACQUE Attuazione dell'art. 27 bis della L.R. 20/2000 e s.m.i. GENERALE

2 Indice generale PREMESSA Quadro normativo e di pianificazione sovraordinata...5 PIANO DI GESTIONE DEL DISTRETTO IDROGRAFICO DELL'APPENNINO SETTENTRIONALE riferimenti normativi I contenuti generali e gli obiettivi della direttiva quadro sulle acque Il percorso della direttiva e i corpi idrici Acque superficiali Laghi ed invasi Acque marino-costiere Acque sotterranee Pressioni Obiettivi e Misure Gli obiettivi ambientali Le misure...21 PIANO DI GESTIONE DEL DISTRETTO IDROGRAFICO DELL'APPENNINO CENTRALE...25 ALLEGATI Stralcio Scheda Sub Unità 10 Bacini Romagnoli del Piano di gestione dell'autorità di Distretto dell'appennino Settentrionale Stralcio Scheda sub Unità 11 Marecchia Conca del Piano di Gestione dell'autorità di Distretto dell'appennino Settentrionale Stralcio Elaborato 6 del Piano di gestione dell'autorità di Distretto dell'appennino Settentrionale Sintesi del programma di misure adottate a norma dell'art

3 4 Registro delle aree protette ricadenti nel territorio della provincia di Forlì Cesena...28 CARTOGRAFIA A SCALA PROVINCIALE DELLE AREE DI SALVAGUARDIA DELLE ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE DESTINATE AL CONSUMO UMANO...30 ALLEGATI ALLA CARTOGRAFIA zone di protezione delle acque sotterranee: aree di ricarica nel territorio di pedecollina-pianura zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio collinare-montano

4 Premessa Le norme del Piano di Tutela delle acque della Regione Emilia-Romagna (PTA), approvato con Delibera di Assemblea Legislativa n.40 del 21/12/05, affidano al PTCP il recepimento e l attuazione dei contenuti del PTA a livello locale. In data 29 maggio 2008, con deliberazione prot. n.54495, la Giunta Provinciale ha approvato il documento preliminare del Piano Provinciale di Tutela delle Acque che prevedeva la predisposizione dei documenti sulla base del Piano Regionale. Il percorso di formazione del Piano, iniziato nel 2008 mediante apposite Conferenze di Pianificazione, non ha trovato compimento, sia per esigenze interne al Servizio Ambiente, sia per le variazioni normative intervenute (applicazione DIR.2000/60/CE e D.lgs. 152/2006, Adozione dei Piani di Gestione del Distretto Idrografico dell'appennino Settentrionale e dell'appennino Centrale). All'atto della ripresa dei lavori della Conferenza di Pianificazione, nel febbraio 2012, la Regione Emilia Romagna, considerato che nel frattempo era mutato il quadro normativo (in primo luogo sono stati approvati i Piani di Gestione del Distretti Idrografici, strumenti sovraordinati rispetto ai Piani di Tutela Regionali), ha rappresentato l'opportunità di procedere con la predisposizione di una VARIANTE AL PTCP IN RECEPIMENTO DEL PTA REGIONALE E DEL PIANO DI GESTIONE DEI DISTRETTI IDROGRAFICI DELL'APPENNINO SETTENTRIONALE E DELL'APPENNINO CENTRALE, senza introdurre misure supplementari rispetto a quanto previsto dal PTA regionale ed assicurando la completa coerenza con le disposizioni sia regionali che nazionali vigenti in tema di risorse idriche. La presente proposta di Piano da adottare, si configura come variante tematica al PTCP della Provincia di Forlì Cesena, finalizzata a recepire le previsioni di Piani sovraordinati (Piani di Gestione dell Autorità di Distretto dell Appennino settentrionale e dell Autorità di Distretto dell Appennino Centrale) ed adeguare il Piano alle disposizioni di legge vigenti in materia di tutela delle acque. A tal fine si avvia il procedimento di variante al PTCP, ai sensi dell artico 27 bis della L.R.20/2000 che prevede, al punto b) del comma 1, il recepimento delle previsioni di piani sovraordinati e prevede, al comma 2, che sia svolta la consultazione degli enti che svolgono compiti di governo del territorio in forma scritta, in luogo della convocazione della Conferenza di Pianificazione. 4

5 1 Quadro normativo e di pianificazione sovraordinata La normativa intervenuta successivamente all approvazione del PTA regionale ha subito un evoluzione, avendo il D.Lgs.152/06 Norme in materia ambientale sostituito il D.Lgs.152/99 e recepito i nuovi metodi di monitoraggio, di individuazione e di classificazione dei corpi idrici, derivanti dalla Direttiva 2000/60 (Direttiva Quadro). Il D.Lgs.152/06, nel dare attuazione alla Direttiva Quadro ha anche individuato all art. 64 i distretti idrografici in cui è ripartito l intero territorio nazionale ed all art.117 ha disciplinato i Piani di Gestione, che rappresentano Piani stralcio del Piano di Bacino distrettuale. Il distretto idrografico viene definito nella Direttiva Quadro come la principale unità per la gestione dei bacini idrografici, per la quale viene istituita un Autorità di Bacino distrettuale. Nelle more dell istituzione delle Autorità di Bacino Distrettuale, le Autorità di Bacino di rilievo nazionale sono state incaricate di coordinare le attività ai fini dell adozione dei Piani di Gestione. Il territorio della Regione Emilia Romagna afferisce al Distretto idrografico Padano per la parte ricadente nel Bacino del Po, al Distretto idrografico dell'appennino Settentrionale per i bacini idrografici del Conca-Marecchia, Reno, Fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso e al Distretto idrografico dell'appennino Centrale per la parte ricadente nel Bacino del Tevere. I Piani di Gestione sono pertanto stati elaborati ed adottati, per il Distretto idrografico dell'appennino Settentrionale dall'autorità di Bacino del Fiume Arno e per il Distretto idrografico dell'appennino Centrale dall'autorità di Bacino del Fiume Tevere. I contenuti del Piano di Gestione sono riportati nella parte A dell allegato 4 alla parte III del D.Lgs.152/06 e riguardano la rappresentazione cartografica dei corpi idrici superficiali e sotterranei, gli obiettivi ambientali fissati per tali corpi idrici e programmi e misure per conseguire tali obiettivi. Il Piano di tutela delle acque regionale si conforma al Piano di Bacino Distrettuale e si attiene agli obiettivi ed alle priorità di intervento definiti a scala di distretto dal Piano di Gestione. Il Piano di Gestione, piano sovraordinato, risulta quindi il riferimento per la tutela e gestione delle acque, a cui la pianificazione provinciale deve attenersi. La Regione ha partecipato attivamente alla redazione dei Piani di Gestione; in tale contesto ha fornito un contributo deliberato dalla Giunta Regionale (Deliberazione della Giunta Regionale n.350 dell'8 febbraio 2010) che è stato trasmesso alle Autorità di Bacino per il recepimento nei Piani di Gestione. In particolare è stata 5

6 assicurata la completa coerenza delle misure di tutela inserite nei due Piani. Con la citata deliberazione 350/2010 Approvazione delle attività riguardanti l'implementazione della Direttiva 2000/60/CE ai fini della redazione ed adozione dei piani di gestione dei Distretti idrografici padano, appennino settentrionale e appennino centrale la Regione Emilia Romagna ha approvato le procedure, i criteri metodologici e le risultanze delle attività di tipizzazione, individuazione e caratterizzazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei, di definizione delle reti di monitoraggio di prima individuazione e i relativi programmi di monitoraggio. Dette attività sono contenute negli allegati alla deliberazione di cui sopra ed in particolare, per il territorio della provincia di Forlì Cesena, le informazioni sono contenute nei seguenti allegati: ALLEGATO 1: Analisi delle pressioni e degli impatti ALLEGATO 2: Tipizzazione/caratterizzazione e individuazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei, prima individuazione delle reti di monitoraggio ALLEGATO 4: Programma di monitoraggio del distretto idrografico Appennino Settentrionale. Nel Distretto idrografico dell Appennino Centrale, visto il ridotto territorio interessato e la mancata rilevanza di pressioni significative, non è stata individuata alcuna stazione della rete di monitoraggio; In data 24 febbraio 2010 il Comitato Istituzionale dell'autorità di Bacino del Fiume Arno ha adottato il Piano di Gestione dell'appennino Settentrionale e nella stessa data il Comitato Istituzionale dell'autorità di Bacino del Fiume Tevere ha adottato il Piano di Gestione del Distretto Idrografico dell'appennino Centrale; Detti Piani tengono conto dei contributi forniti dalla Regioni che rientrano nel Distretto, in particolare gli elementi contenuti nella deliberazione della Giunta della Regione Emilia Romagna n. 350 dell'8 febbraio

7 PIANO DI GESTIONE DEL DISTRETTO IDROGRAFICO DELL'APPENNINO SETTENTRIONALE 1 riferimenti normativi La direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, ha come obiettivo prioritario quello di istituire un quadro per l'azione comunitaria in materia di protezione delle acque, al fine in particolare di ridurre l'inquinamento, impedire un ulteriore deterioramento e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide sotto il profilo del fabbisogno idrico; promuovere e agevolare un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo e contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità. La Direttiva Quadro amplia la prospettiva di tutela delle acque, mettendo in relazione la tutela delle acque intesa come tutela delle caratteristiche fisico chimiche e quantitative con la salvaguardia degli ambienti e degli ecosistemi acquatici. Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel dare attuazione alla direttiva 2000/60/CE, ha individuato all'art. 64 i distretti idrografici in cui è ripartito l'intero territorio nazionale e all'art. 117 ha disciplinato i Piani di gestione, stabilendo che per ciascun distretto sia adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna o stralcio del Piano di bacino distrettuale. Il medesimo decreto all'art. 63 ha, inoltre, previsto l'istituzione in ciascun distretto idrografico di un'autorità di bacino distrettuale. Il Distretto dell'appennino Settentrionale fa capo, per quanto concerne il ruolo di coordinamento all'autorità di bacino del fiume Arno. Per quanto attiene, infine, ai contenuti del Piano di gestione, occorre richiamare l'allegato VII della direttiva che elenca gli elementi che il Piano deve contenere. Occorre comunque ribadire, al riguardo, che il Piano di gestione previsto dall'art. 13 è cosa diversa e distinta dai Piani regionali di tutela delle acque, previsti e disciplinati all'art. 121 del decreto legislativo n. 152/2006, tra i cui contenuti si ravvisano alcuni degli elementi pur previsti nell'allegato VII. I Piani regionali di tutela costituiscono, infatti, documenti di riferimento in base ai quali viene elaborata la proposta di Piano di gestione, analogamente ad altri strumenti di pianificazione territoriale e di settore, dei quali è stato tenuto conto nella redazione del Piano di gestione e ai quali è stata dedicata particolare attenzione nella elaborazione della proposta di Piano. 7

8 2 I contenuti generali e gli obiettivi della direttiva quadro sulle acque La direttiva 2000/60/CE introduce in maniera piena e precisa il concetto di gestione della risorsa idrica. La gestione viene attuata tramite il piano che quindi prevede misure ed interventi da attuarsi attraverso la programmazione e il governo del territorio. La gestione della risorsa deve essere attuata mediante una pianificazione che si basa su una robustissima caratterizzazione del sistema (corpi idrici superficiali e sotterranei) e, attraverso l'analisi dello stato di qualità, delle pressioni e degli impatti, attuando una attenta analisi economica, arriva a determinare le misure che sono necessarie per il raggiungimento degli obiettivi. L'impianto della direttiva ruota attorno al raggiungimento degli obiettivi ambientali. Questi sono di fatto già definiti univocamente alla scala europea, distinti per tipologia di risorsa ovvero tra acque superficiali, acque sotterranee e aree protette. In particolare gli obiettivi sono così riassumibili: non deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei e protezione, miglioramento e ripristino dei medesimi; raggiungimento dello stato buono entro il 2015, che consiste: II. per le acque superficiali in buono stato ecologico e buono stato chimico ; III. per le acque sotterranee in buono stato chimico e buono stato quantitativo ; progressiva riduzione dell inquinamento da sostanze pericolose prioritarie e arresto o graduale eliminazione di emissioni, scarichi e perdite di sostanze pericolose prioritarie; raggiungimento degli standard ed obiettivi fissati per le aree protette dalla normativa comunitaria. L'obiettivo quindi è univoco e, benché sia possibile derogarlo nel tempo, consiste nel raggiungimento delle stato buono, opportunamente definito con protocolli e specifiche definite. È importante notare che, laddove un corpo idrico sia interessato da più obiettivi ambientali, si applica quello più stringente e rigoroso, a prescindere dal fatto che tutti gli obiettivi ambientali devono comunque essere raggiunti. Per i corpi idrici fortemente modificati e per quelli artificiali, la direttiva fissa appositi criteri per la loro designazione, che presuppongono un confronto tra le conseguenze implicite nel raggiungimento del buono stato ecologico e altri aspetti anche di 8

9 ordine economico. Per tali corpi idrici la direttiva prevede il raggiungimento dello stato buono (rispettivamente buon potenziale ecologico e buono stato chimico ) al Si sottolinea che i corpi idrici fortemente modificati e quelli artificiali costituiscono una categoria di corpi idrici a sé stante, con i suoi schemi di classificazione e con i suoi obiettivi specifici, che non costituiscono deroghe agli obiettivi generali fissati dalla medesima direttiva. Nella definizione degli obiettivi, la direttiva prevede comunque la possibilità di proroghe, deroghe o eccezioni, rispettivamente disciplinate all'art. 4.4, 4.5 e 4.6 della medesima, ossia: allungamento della data in cui raggiungere l obiettivo di stato buono, al 2021 o al massimo al 2027, o al primo momento utile in cui le caratteristiche naturali del corpo idrico lo consentano; raggiungimento di obiettivi ambientali meno rigorosi per corpi idrici specifici quando l'attività umana o le condizioni naturali rendono non fattibile o esageratamente oneroso il raggiungimento di tali obiettivi, fatte salve certe condizioni; possibilità di deterioramento temporaneo dello stato di un corpo idrico per circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e imprevedibili (es: alluvioni violente, siccità prolungate, ); possibilità che intervengano modifiche nelle caratteristiche fisiche di un corpo idrico per intervenute attività sostenibili di sviluppo umano. Per poter utilizzare tali opzioni devono, comunque, verificarsi le seguenti condizioni: le eccezioni applicate ad un corpo idrico non devono mai escludere o compromettere in modo permanente il raggiungimento dell obiettivo ambientale per gli altri corpi idrici del distretto; deve essere almeno assicurato lo stesso livello di protezione richiesto dalla normativa comunitaria esistente. 3 Il percorso della direttiva e i corpi idrici Allo scopo di poter raggiungere gli obiettivi sopra indicati, la direttiva traccia un percorso tecnico, amministrativo e partecipativo estremamente dettagliato e raffinato che vede nel corpo idrico l'elemento fondamentale, il soggetto principe su cui si applicano le misure e gli interventi necessari al raggiungimento dello stato buono. Il corpo idrico, in un certo senso, è l'unità elementare in cui si misurano la qualità e 9

10 quantità della risorsa, lo stato dell'ecosistema, l'effetto di pressioni ed impatti, lo stato chimico ed ecologico complessivo, i costi ed i benefici delle azioni e l'efficacia degli interventi. Tutto ciò viene perseguito con una attenta e proceduralizzata individuazione e caratterizzazione del corpo idrico, oltretutto ben definita nei numerosi documenti guida prodotti nell'ambito della Common implementation strategy for the water framework directive (2000/60/CE). Ne deriva che il processo di definizione del corpo idrico assume una importanza fondamentale per il corretto sviluppo del piano e per il raggiungimento dei risultati. Il corpo idrico è l'unità di base necessaria per la costruzione del quadro conoscitivo e, quindi del Piano di gestione. L identificazione dei corpi idrici è l elemento fondamentale della pianificazione di gestione, in quanto determina gli elementi fisici unitari sui quali definire gli obiettivi di qualità (e quindi l insieme di misure di piano necessario per conseguirli). Nella direttiva, e nei documenti guida di riferimento, viene indicato un procedimento organico e multifase, nel quale coesistono l analisi delle caratteristiche fisiche, cioè di tipo idromorfologico ed idraulico (anche in relazione alle opere che sono dovute all uomo), l analisi delle caratteristiche quali quantitative, riferite cioè allo stato di qualità biologica e chimica oltre che alla quantità ed alla natura degli impatti prodotti dalle pressioni antropiche, e l analisi delle caratteristiche di scala. Nel Piano di gestione l attività di caratterizzazione iniziale è propedeutica alla identificazione dei corpi idrici di tipo superficiale. Tali acque vengono distinte in una delle quattro categorie fondamentali (fiumi, laghi, acque di transizione, acque costiere) e successivamente tipizzate. La tipizzazione avviene attraverso un metodo con il quale le acque vengono classificate in tipi avvalendosi di descrittori obbligatori nonché di descrittori opzionali (Allegato II della direttiva 2000/60/CE), tali da garantire in modo affidabile le condizioni biologiche di riferimento tipiche specifiche. L identificazione dei corpi idrici superficiali segue la tipizzazione secondo criteri che tengono conto principalmente delle differenze significative tra un corpo e l altro, valutate in relazione alle caratteristiche fisiche, allo stato di qualità, alle pressioni esistenti sul territorio e dell estensione delle aree protette. Per le acque sotterranee, l individuazione dei corpi idrici avviene attraverso un percorso di caratterizzazione che parte dai complessi idrogeologici, passando per gli 10

11 acquiferi, ed arriva alla delimitazione dei corpi idrici sotterranei, condotta in modo da assicurare che si possa effettuare una descrizione appropriata ed univoca dello stato chimico e quantitativo e che vengano identificati e raggiunti gli obiettivi di qualità ambientale. Tale delimitazione si basa inizialmente su criteri di tipo fisico ed è successivamente perfezionata sulla base di informazioni concernenti lo stato di qualità ambientale. I corpi idrici fortemente modificati e artificiali (condizioni non previste per le acque sotterranee), a cui abbiamo prima accennato, sono identificati e designati nei casi in cui lo stato ecologico buono non è raggiungibile a causa degli impatti sulle caratteristiche delle acque superficiali dovuti ad alterazioni fisiche. I limiti dei corpi idrici fortemente modificati sono soprattutto delineati dall entità dei cambiamenti delle caratteristiche idromorfologiche che risultano dalle alterazioni fisiche causate dall attività umana ovvero che ostacolano il raggiungimento dello stato ecologico buono. Le aree protette sono un altro importante passo nel processo di identificazione e caratterizzazione del corpo idrico. Infatti a tali aree, opportunamente catalogate nel registro delle aree protette di distretto, è attribuita una protezione speciale a livello comunitario, al fine di salvaguardare le acque superficiali e sotterranee ivi contenute o di conservarne gli habitat e le specie che dipendono direttamente dall ambiente acquatico. 3.1 Acque superficiali Nel percorso previsto dalla direttiva, il passo successivo all identificazione dei corpi idrici, ossia delle unità elementari sulle quali si gioca il raggiungimento dell obiettivo di qualità, è chiaramente quello di determinare lo stato ambientale attuale del corpo idrico stesso. La determinazione dello stato di qualità dei corpi idrici avviene tramite il monitoraggio che assume un ruolo determinante. A differenza delle varie normative preesistenti, la direttiva definisce il monitoraggio in maniera molto articolata, distinguendolo in: monitoraggio di sorveglianza monitoraggio operativo monitoraggio di indagine 11

12 Se l obiettivo generale del monitoraggio è quello di stabilire un quadro coerente ed esauriente dello stato ecologico e chimico delle acque all interno di ciascun bacino idrografico, ivi comprese le acque marino-costiere assegnate al distretto idrografico in cui ricade il medesimo bacino idrografico, il compito specifico del monitoraggio di sorveglianza è quello di permettere la classificazione di tutti i corpi idrici superficiali. Altri compiti, ugualmente essenziali, possono così essere riassunti : integrare e convalidare i risultati dell analisi delle pressioni e degli impatti, permettendo la definizione, già richiamata, dei corpi idrici a rischio e non a rischio di raggiungere gli obiettivi di qualità; la progettazione efficace ed effettiva dei futuri programmi di monitoraggio; la valutazione delle variazioni a lungo termine di origine naturale; la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica; tenere sotto osservazione l evoluzione dello stato ecologico dei siti di riferimento. Il monitoraggio operativo è invece realizzato per: stabilire lo stato dei corpi idrici identificati a rischio di non soddisfare gli obiettivi ambientali; valutare qualsiasi variazione dello stato di tali corpi idrici risultante dai programmi di misure del piano di gestione; classificare i corpi idrici in questione. Esso è di conseguenza effettuato per tutti i corpi idrici che: sono stati classificati a rischio di non raggiungere gli obiettivi ambientali sulla base dell analisi delle pressioni e degli impatti e/o dei risultati del monitoraggio di sorveglianza e/o da precedenti campagne di monitoraggio; sono scaricate e/o immesse e/o rilasciate e/o presenti le sostanze riportate nell elenco di priorità. Il monitoraggio d indagine è richiesto in casi specifici e più precisamente: quando sono sconosciute le ragioni di eventuali superamenti (ad esempio quando non si ha chiara conoscenza delle cause del mancato raggiungimento del buono stato ecologico e/o chimico, ovvero del peggioramento dello stato delle acque); quando il monitoraggio di sorveglianza indica per un dato corpo idrico il probabile rischio di non raggiungere gli obiettivi ambientali, e il monitoraggio operativo non è 12

13 ancora stato definito, al fine di avere un quadro conoscitivo più dettagliato sulle cause che impediscono il raggiungimento degli obiettivi; per valutare l'ampiezza e gli impatti dell'inquinamento accidentale. Per quanto riguarda il territorio della provincia di Forlì Cesena, il Piano di Gestione riporta nelle schede sub-unità 10 Bacini Romagnoli e sub unità Marecchia Conca, i tratti dei corpi idrici superficiali individuati ai sensi del D.Lgs.152/06, e la relativa classificazione sulla base delle informazioni disponibili dal monitoraggio pregresso integrato da un giudizio esperto e suffragato dai riscontri dell analisi delle pressioni e degli impatti. 3.2 Laghi ed invasi Come per le acque fluviali, si è proceduto con la tipizzazione anche per i laghi e gli invasi: Per lago si intende un corpo idrico naturale lentico, superficiale, interno, fermo, di acqua dolce, dotato di significativo bacino scolante. L invaso è un corpo idrico fortemente modificato o un corpo lacustre naturaleampliato o artificiale. Nella Regione Emilia-Romagna i corpi idrici lacustri individuati su base dimensionale per la tipizzazione sono tutti INVASI (corpi lacustri artificiali). In particolare nel territorio della provincia di Forlì Cesena è presente l'invaso di Ridracoli, corpo idrico significativo ai sensi del D.Lgs. 152/06. Si è quindi proceduto con la valutazione dello stato qualitativo che è stata effettuata sulla base del monitoraggio pregresso, effettuato presso la stazione di monitoraggio già presente, relativamente ai parametri e ai criteri previsti dal D.Lgs. 152/99 s.m.i., e delle risultanze dell analisi delle pressioni e degli impatti, nonché del giudizio esperto. Per il futuro, si prevede una stazione di monitoraggio al centro dell invaso con prelievi a più profondità o un prelievo di un campione integrato della zona eufotica. Lo stato complessivo dell'invaso di Ridracoli è attualmente buono 13

14 3.3 Acque marino-costiere La caratterizzazione delle acque costiere su base geomorfologica ed idrodinamica è la base di partenza, richiesta dalla Direttiva 2000/60/CE, per potere analizzare i vari elementi di qualità necessari per la classificazione delle acque. Sono significative le acque marine comprese entro la distanza di 3000 m dalla costa ed entro la batimetria di 50 m. L intera fascia costiera dell Emilia-Romagna è di tipo sabbioso e appartiene alla tipologia E - pianura alluvionale. Lungo la fascia costiera dell Emilia-Romagna per le acque marino-costiere si individuano 2 Corpi Idrici: I. il primo si estende da Goro (delta Po) a Ravenna, con una superficie di circa 96 km2, codificato CD1 e influenzato dagli apporti sversati dal bacino padano e da quello del fiume Reno; II. il secondo va da Ravenna a Cattolica, codificato CD2, di superficie pari a 202 km2, e sottende il contributo dei bacini idrografici dei Fiumi Uniti/Savio e del Conca/Marecchia. La fascia costiera dell Emilia-Romagna sulla base dell art. 77 del D.Lgs. 152/06 è dichiarata area sensibile in relazione ai processi di eutrofizzazione presenti e pertanto i 2 corpi idrici individuati sono assegnati alla categoria dei corpi idrici a rischio. Verrà quindi applicato il monitoraggio operativo, le cui finalità sono: stabilire lo stato dei corpi idrici identificati a rischio di non soddisfare gli obiettivi ambientali dell articolo 77 e seguenti del decreto legislativo 152/06; valutare qualsiasi variazione dello stato di tali corpi idrici risultante dai programmi di misure; classificare i corpi idrici. La valutazione dello stato qualitativo è stata effettuata sulla base del monitoraggio pregresso relativamente ai parametri e ai criteri previsti dal D.Lgs. 152/99 s.m.i., e delle risultanze dell analisi delle pressioni e degli impatti, nonché del giudizio esperto. Nell ambito del processo di implementazione della Direttiva 2000/60/CE lungo la fascia costiera dell Emilia-Romagna è stato concluso il processo di tipizzazione sia su base geomorfologica che su quella idrologica, nonché l individuazione dei corpi idrici nelle acque marine, propedeutico alla definizione delle reti di monitoraggio. Il nuovo piano di monitoraggio proposto, prevede l intensificazione della frequenza nelle determinazioni analitiche riferite in particolare alla componente biologica 14

15 (fitoplancton e macrozoobenthos) che sono elementi basilari ai fini della classificazione dello stato ecologico. La figura seguente riporta lo stato di qualità delle acque fluviali e di quelle marino costiere della provincia di Forlì Cesena 15

16 3.4 Acque sotterranee Passando ai corpi idrici sotterranei, la direttiva indica che lo stato ambientale deve essere valutato considerando due fattori: lo stato chimico e lo stato quantitativo. Per quanto concerne la classificazione chimica, la direttiva prevede la definizione di un unico stato, quello buono, che è caratterizzato, nella sostanza, dal rispetto di alcuni standard di qualità e di valori soglia, relativi ad un insieme di inquinanti. Anche per lo stato quantitativo la direttiva definisce il solo stato quantitativo buono, caratterizzato da una condizione di equilibrio di massa, in cui la media annua dell estrazione a lungo termine non esaurisce le risorse idriche disponibili. Anche per i corpi idrici sotterranei la valutazione dello stato ambientale delle acque sotterranee viene svolta attraverso un apposito programma di monitoraggio. Il monitoraggio delle acque sotterranee previsto prevede la creazione di due vere e proprie reti di monitoraggio, una per il monitoraggio quantitativo, finalizzata ad integrare e validare la caratterizzazione e la definizione del rischio di non raggiungere l obiettivo di buono stato quantitativo per tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici, ed una per il monitoraggio chimico. Quest ultima è a sua volta distinta in una rete per il monitoraggio di sorveglianza, finalizzata ad integrare e validare la caratterizzazione e la identificazione del rischio di non raggiungere l obiettivo di buono stato chimico ed a fornire informazioni utili a valutare le tendenze a lungo termine delle condizioni naturali e delle concentrazioni di inquinanti derivanti dall attività antropica, ed in una rete per il monitoraggio operativo, finalizzata a stabilire lo stato di qualità di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici definiti a rischio ed a stabilire la presenza di significative e durature tendenze ascendenti nella concentrazione di inquinanti. Per quanto riguarda i corpi idrici sotterranei della provincia di Forlì Cesena, sono stati identificati due macro gruppi di corpi idrici sotterranei: quelli di pianura e quelli montani. L acquifero di pianura è costituito dai Gruppi Acquiferi A, B e C, suddivisi in unità di rango minore. I gruppi acquiferi A e B sono costituiti principalmente da depositi alluvionali, mentre il gruppo acquifero C da depositi marino costieri. La gran parte della pianura emiliano-romagnola è formata da un acquifero multifalda, in cui la porzione grossolana dei complessi acquiferi è sede di una falda confinata o semi confinata. I dati già disponibili dai monitoraggi effettuati indicano che spesso le diverse falde hanno caratteristiche qualitative e quantitative diverse tra loro. Le falde 16

17 più superficiali hanno tempi di ricarica più veloci e generalmente un impatto antropico maggiore sia come sfruttamento della risorsa che come carico di inquinanti. In questo ultimo caso ciò è vero soprattutto nelle zone di ricarica dell acquifero principale o subito a valle delle stesse. Per quanto riguarda invece la ricostruzione delle pressioni sullo stato quantitativo, per i complessi idrogeologici della piana alluvionale emerge che la pressione è concentrata prevalentemente negli acquiferi più superficiali,individuati prevalentemente in A1 e A2. La pressione si attenua poi in quelli sottostanti. Ciò è meno vero per la piana alluvionale appenninica e soprattutto per la parte distale delle conoidi, dove la pressione sembra permanere anche negli acquiferi A3, A4 e parte del B. Alla luce di queste valutazioni, nell individuare i copri idrici sotterranei, si è scelto di suddividere l acquifero verticalmente, considerando una porzione superiore data dall insieme dei primi due complessi acquiferi (A1 ed A2), ed una inferiore e sottostante che raggruppa tutti gli altri complessi e gruppi acquiferi (A3, A4, gruppo Acquifero B e C). Questa suddivisione verticale è motivata da una diversa pressione antropica sulle due porzioni individuate ed ha anche un preciso significato geologico. In questo modo i corpi idrici sotterranei di pianura ai sensi delle nuove direttive europee assumono una definizione anche tridimensionale e completano soprattutto per la zona delle conoidi alluvionali l individuazione della porzione di acquifero libero dal confinato. Oltre ai corpi idrici sotterranei individuati occorre evidenziare tra tutti l acquifero freatico di pianura da quelli sottostanti e confinati e seppure risulti avere uno spessore contenuto entro poche decine di metri, non più di 25 metri, risulta avere una ricarica diretta dai corsi d acqua superficiali e in alcuni contesti il suo sfruttamento non risulta oggi trascurabile, oltre a subire notevoli pressioni antropiche da comprometterne irrimediabilmente la qualità. Quelli più sfruttati e sottoposti alle maggiori pressioni sono quelli pianura in cui le principali fonti diffuse di contaminanti che determinano un impatto nelle acque sotterranee sono costituite dai carichi di azoto e dai fitofarmaci risultato delle attività agricole e zootecniche. Tutto ciò ha portato alla attribuzione per la maggior parte di essi dello stato scarso, con conseguente raggiungimento dell obiettivo buono al 2021 o al

18 La figura seguente riporta lo stato di qualità delle acque sotterranee della provincia di Forlì Cesena 18

19 4 Pressioni Le pressioni agenti sui vari corpi idrici sono state fornite dalla Regione EmiliaRomagna nel proprio contributo deliberato con la D.G.R.n.350/2010 e sono organizzate in classi ed in sottoclassi secondo il sistema informativo WISE: Tipi di pressioni relative alle acque superficiali 1 Point Source Fonte puntuale 2 Diffuse Source Fonte diffusa 3 Abstraction - Prelievi 4 Water flow regulatione and morphological alterations of surface water Regolazione del flusso e alterazione della morfologia 5 River management Gestione dell alveo e delle sponde 6 Transitional and coastal water management Gestione della costa 7 Other morphological alterations Altre alterazioni morfologiche 8 Other pressures Altre pressioni Tipi di pressioni relative alle acque sotterranee 1 Point Source Fonte puntuale 2 Diffuse Source Fonte diffusa 3 Abstraction - Prelievi 4 Artificial Recharge Ricarica artificiale 5 Saltwater intrusion Intrusione salina 6 Other pressures Altre pressioni 19

20 5 Obiettivi e Misure 5.1 Gli obiettivi ambientali La direttiva definisce gli obiettivi ambientali da raggiungere mediante la pianificazione. Gli obiettivi sono stabiliti in maniera articolata, facendo esplicitamente riferimento alle acque superficiali (corpi idrici superficiali e corpi artificiali o fortemente modificati), a quelle sotterranee ad alle aree protette, individuando sostanzialmente tre macro finalità di intervento: l impedimento del peggioramento quali quantitativo dei corpi idrici, il perseguimento dello stato ambientale buono e (ove pertinente) la riduzione dell inquinamento causato dalle sostanze prioritarie, con particolare riferimento a quelle pericolose. Per le acque superficiali, la direttiva prevede che gli Stati membri attuino misure finalizzate ad impedire il deterioramento, a proteggere, migliorare e ripristinare lo stato di tutti i corpi idrici superficiali, a raggiungere un buono stato ambientale, anche in riferimento ai corpi idrici artificiali (in base alle disposizioni di cui all'allegato V, entro 15 anni dall'entrata in vigore della stessa direttiva), a ridurre progressivamente l'inquinamento causato dalle sostanze prioritarie e arrestare o eliminare gradualmente le emissioni, gli scarichi e le perdite di sostanze pericolose prioritarie. Per le acque sotterranee, devono essere attuate le misure necessarie per impedire o limitare l'immissione di inquinanti, ad impedire il deterioramento dello stato, a proteggere, migliorare e ripristinare i corpi idrici sotterranei, ed ad assicurare un equilibrio tra l'estrazione e il ravvenamento al fine di conseguire un buono stato delle acque sotterranee in base alle disposizioni di cui all'allegato V della direttiva, entro 15 anni dall'entrata in vigore della direttiva stessa. Gli Stati membri devono inoltre attuare le misure necessarie a invertire le tendenze significative e durature all'aumento della concentrazione di qualsiasi inquinante derivante dall'impatto dell'attività umana per ridurre progressivamente l'inquinamento delle acque sotterranee. Per le aree protette, gli Stati membri si conformano a tutti gli standard e agli obiettivi entro 15 anni dall'entrata in vigore della direttiva, salvo diversa disposizione della normativa comunitaria a norma della quale le singole aree protette sono state istituite. 20

21 La direttiva dettaglia con estrema cura i casi in cui gli Stati membri sono legittimati a prorogare i termini di raggiungimento dello stato di qualità buono ovvero a perseguire obiettivi meno rigorosi rispetto a quello buono. La direttiva illustra inoltre con chiarezza i casi in cui il mancato ottenimento degli obiettivi di qualità o addirittura il deterioramento della qualità dei corpi idrici non costituisce una violazione agli obblighi connessi alla direttiva medesima, e definisce con rigore la tipologia di misure, distinte tra misure di base e complementari, da includere nel piano di gestione per il perseguimento del complesso di obiettivi ambientali identificati. 5.2 Le misure Si giunge, infine, alla definizione delle misure. La direttiva stabilisce che il programma di misure deve essere predisposto allo scopo di realizzare gli obiettivi ambientali. Il programma di misure deve contenere le misure di base e, se necessarie, le misure supplementari. Tra le misure di base sono comprese quelle derivanti dal recepimento della normativa comunitaria in materia di protezione delle acque, oltre ad altre azioni specifiche tra le quali, quelle attuate per un impiego sostenibile della risorsa, quelle per il controllo degli emungimenti da acque superficiali e sotterranee, sino ad arrivare alle misure necessarie per ottemperare all'obbligo del recupero dei costi relativi ai servizi idrici in applicazione del principio chi inquina paga. Per misure supplementari si intendono invece quelle azioni e quei provvedimenti che vengono ritenuti necessari, in aggiunta alle misure di base sopra sinteticamente richiamate, per il raggiungimento degli obiettivi ambientali. Tali misure possono derivare da studi specifici e comprendono sia provvedimenti legislativi e/o amministrativi, sia misure di carattere tecnico per migliorare l'efficienza di impianti o strutture, sia provvedimenti di tipo pianificatorio e/o di governo del territorio, etc. Gli obiettivi attribuiti dall Autorità di distretto dell Appennino Settentrionale per i corpi idrici superficiali della provincia di Forlì Cesena, tengono conto della possibilità di proroga prevista dalla Direttiva Quadro nel raggiungimento dell obiettivo di qualità buono, sulla base dello stato attuale e dei costi connessi al raggiungimento. Per i corpi idrici sotterranei, lo schema adottato per definire gli obiettivi discende direttamente dall attribuzione dello stato complessivo: per i corpi idrici nello stato buono, l obiettivo rimane confermato al Per i restanti corpi idrici, gli obiettivi 21

22 sono buono al 2021 o buono al 2027, differenziando l orizzonte temporale in base alla condizione di rischio, allo stato dell acquifero in termini di bilancio e capacità di ricarica, oltre che per le pressioni esistenti. In sintesi allo stato di qualità derivante dal monitoraggio sono state associate le considerazioni in merito allo stato a rischio/non a rischio stabiliti sulla base della valutazione dell impatto riportate nella delibera regionale n.350/2010. Le misure elencate fanno in parte riferimento a Piani e Programmi già vigenti, in particolare il Piano di tutela delle acque della Regione Emilia-Romagna e il Piano d Ambito ATO. Gli obiettivi e le misure per i corpi idrici si possono ritrovare nelle schede delle subunità 10 Bacini Romagnoli e sub-unità 11 Marecchia Conca. Nelle figure seguenti si possono vedere gli obiettivi per i corpi idrici superficiali e sotterranei. 22

23 Figura obiettivo acque superficiali e costiere 23

24 Figura obiettivo acque sotterranee 24

25 PIANO DI GESTIONE DEL DISTRETTO IDROGRAFICO DELL'APPENNINO CENTRALE Come più sopra citato, il D.Lgs.152/06, nel dare attuazione alla Direttiva Quadro ha individuato all art.64 i distretti idrografici in cui è ripartito l intero territorio nazionale. Con la citata deliberazione 350/2010 Approvazione delle attività riguardanti l'implementazione della Direttiva 2000/60/CE ai fini della redazione ed adozione dei piani di gestione dei Distretti idrografici padano, appennino settentrionale e appennino centrale la Regione Emilia Romagna ha approvato le procedure, i criteri metodologici e le risultanze delle attività di tipizzazione, individuazione e caratterizzazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei, di definizione delle reti di monitoraggio di prima individuazione e i relativi programmi di monitoraggio; Nel Distretto idrografico dell Appennino Centrale, per la porzione di territorio ricadente in provincia di Forlì Cesena, visto il ridotto territorio interessato e la mancata rilevanza di pressioni significative, non è stata individuata alcuna stazione della rete di monitoraggio; In attuazione di quanto previsto all'art. 13 della direttiva 2000/60/CE e ai sensi dell'art. 1, comma 3-bis del decreto-legge 30 dicembre 2009, n.208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, con deliberazione n.1 del 24 febbraio 2010, il Comitato Istituzionale dell'autorità di Bacino del Fiume Tevere, costituito ai sensi dell'art.12, comma 3, della legge n. 183/1989 e integrato dai componenti designati dalle Regioni il cui territorio ricade nel Distretto Idrografico non già rappresentante nel medesimo Comitato, ha adottato il Piano di Gestione del Distretto Idrografico dell'appennino Centrale. Come sopra precisato, una piccolissima porzione del territorio della provincia di Forlì Cesena ricade all'interno del Distretto dell'appennino Centrale e in detta porzione di territorio forlivese è presente un unico insediamento abitato (agglomerato di Balze Falera) della consistenza di circa 800 abitanti, a fronte di abitanti del subdistretto dell'alto Tevere; Esaminando il Piano di Gestione di tale Distretto si evidenzia che nella limitatissima porzione della provincia di Forlì Cesena, non sono segnalate problematiche di alcun tipo e lo stato di qualità del corpo idrico superficiale fiume Tevere - ivi ricadente per 9,3 Km è buono e non a rischio. 25

26 Pertanto, si confermano: il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale buono al 2015; le misure previste dal PTA della Regione Emilia Romagna, riprese dal Piano di Gestione dell'appennino centrale. La relazione di Piano, lo stato di qualità attuale dei corpi idrici, le misure e gli obiettivi per il Distretto dell'appennino Centrale, sono reperibili presso il sito dell'autorità di Bacino del Fiume Tevere. 26

27 ALLEGATI 27

28 ALLEGATI ALLA 1 Stralcio Scheda Sub Unità 10 Bacini Romagnoli del Piano di gestione dell'autorità di Distretto dell'appennino Settentrionale 2 Stralcio Scheda sub Unità 11 Marecchia Conca del Piano di Gestione dell'autorità di Distretto dell'appennino Settentrionale 3 Stralcio Elaborato 6 del Piano di gestione dell'autorità di Distretto dell'appennino Settentrionale Sintesi del programma di misure adottate a norma dell'art Registro delle aree protette ricadenti nel territorio della provincia di Forlì Cesena Inoltre, si rimanda alla consultazione puntuale: il Piano di gestione dell'appennino Settentrionale (al sito (al sito il Piano di gestione dell'appennino 28 Centrale

29 Con deliberazione 350/2010 Approvazione delle attività riguardanti l'implementazione della Direttiva 2000/60/CE ai fini della redazione ed adozione dei piani di gestione dei Distretti idrografici padano, appennino settentrionale e appennino centrale la Regione Emilia Romagna ha approvato le procedure, i criteri metodologici e le risultanze delle attività di tipizzazione, individuazione e caratterizzazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei, di definizione delle reti di monitoraggio di prima individuazione e i relativi programmi di monitoraggio. Pertanto, si rimanda la consultazione puntuale degli allegati di cui alla deliberazione della Giunta della Regione Emilia Romagna n. 350 dell'8 febbraio 2010; in particolare: ALLEGATO 1: Analisi delle pressioni e degli impatti; ALLEGATO 2: Tipizzazione/caratterizzazione e individuazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei, prima individuazione delle reti di monitoraggio; ALLEGATO 4: Programma di monitoraggio del Distretto idrografico Appennino settentrionale La documentazione regionale sopra citata è reperibile presso il sito 29

30 CARTOGRAFIA A SCALA PROVINCIALE DELLE AREE DI SALVAGUARDIA DELLE ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE DESTINATE AL CONSUMO UMANO Le Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Tutela delle Acque della Regione Emilia Romagna prevedono, al Cap. 7, la disciplina per la salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano ; in particolare l'art. 44 delimitazione spaziale delle zone di protezione specifica i criteri secondo i quali devono essere individuate: a) le zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina pianura; b) le zone di protezione delle acque superficiali c) le zone di protezione delle acque sotterranee in territorio collinare e montano (all'interno delle quali sono indicate anche le emergenze naturali della falda). Per dare concreta attuazione alla pianificazione sovraordinata, è necessario, ai sensi dell'art. 44 delle Norme del PTA regionale, delimitare cartograficamente e recepire le norme conseguenti in merito a: 1 zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina pianura 2 zone di protezione delle acque superficiali 3 zone di protezione delle acque sotterranee in territorio collinare e montano, comprese le emergenze naturali della falda. La cartografia è stata predisposta seguendo le indicazioni ed i criteri specificamente indicati dal Piano di Tutela Regionale ed in collaborazione con la Regione Emilia Romagna. E' quindi necessario procedere con l'adozione/approvazione anche di detta cartografia e con le conseguenti norme tecniche di attuazione, nel rispetto di quanto previsto dal Piano di Gestione dell'appennino Settentrionale, dal Piano di Gestione dell'appennino Centrale nonché dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Emilia Romagna. Le figure che seguono riportano le delimitazioni delle zone sopraindicate: 30

31 Zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina pianura; 31

32 zone di protezione delle acque superficiali 32

33 zone di protezione delle acque sotterranee in territorio collinare e montano (all'interno delle quali, nella cartografia di maggior dettaglio, sono indicate anche le emergenze naturali della falda). 33

34 ALLEGATI ALLA CARTOGRAFIA relazioni del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna concernente l'individuazione delle 5 zone di protezione delle acque sotterranee: aree di ricarica nel territorio di pedecollina-pianura 6 zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio collinaremontano 34

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