Rapporto Ambientale Preliminare

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1 Rapporto Ambientale Preliminare V.A.S. Piano per il Parco Ufficio di Piano Rotonda, dicembre 2011

2 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 INDICE INTRODUZIONE PROCEDURA DI VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS) DEL PIANO PER IL PARCO SCOPO DEL RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE IL PROCEDIMENTO DI VAS ED IL PROCEDIMENTO PER L ENTRATA IN VIGORE DEL PIANO PER IL PARCO - PROPOSTA DI COORDINAMENTO DELLE PROCEDURE ELENCO SOGGETTI COMPETENTI QUESTIONARIO GUIDA PER I CONTRIBUTI DEI SOGGETTI COMPETENTI IL PIANO PER IL PARCO IL CONTESTO TERRITORIALE E SOCIOECONOMICO I principali caratteri del sistema ambientale I principali caratteri del sistema insediativo Analisi socio demografica Analisi socio-economica ELABORATI DEL PIANO PER IL PARCO SINTESI DEI CONTENUTI DEL PIANO PER IL PARCO OBIETTIVI E POLITICHE DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE Politiche di sostenibilità ambientale in ambito internazionale, comunitario e L.394/ QUADRO NORMATIVO E PROGRAMMATICO PER LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE RIFERIMENTI NORMATIVI E STRATEGICI INTERNAZIONALI, NAZIONALI E REGIONALI INDIVIDUAZIONE DEI PIANI E PROGRAMMI PERTINENTI IL SISTEMA DEI VINCOLI SCHEDE DI SINTESI DEGLI OBIETTIVI DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE, GENERALI E SPECIFICI QUADRO AMBIENTALE DI RIFERIMENTO DESCRIZIONE DEGLI ASPETTI PERTINENTI ALLO STATO DELL AMBIENTE ATTUALE Flora e vegetazione Fauna Natura Sistema forestale Pedologia Agricoltura e Zootecnia Geologia ed idrogeologia Sistema antropico QUADRO DI SINTESI DELLE CRITICITÀ, DELLE PRESSIONI E DEI PROBLEMI AMBIENTALI PERTINENTI AL PIANO (ANALISI SWOT)

3 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre DETERMINAZIONE E VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI AMBIENTALI METODOLOGIA E CRITERI PER LA DETERMINAZIONE DEGLI IMPATTI QUADRO DEI POTENZIALI IMPATTI ATTESI IMPATTI DERIVANTI DAGLI INTERVENTI PREVISTI NEL PIANO PER IL PARCO EFFETTI CUMULATIVI E SINERGICI SITI NATURA 2000 STUDIO D INCIDENZA Riferimenti normativi Studio d incidenza fase 1 verifica (screening) VERIFICA DI COERENZA E VALUTAZIONE DELLE EVENTUALI ALTERNATIVE VERIFICA DI COERENZA ESTERNA Coerenza verticale Coerenza orizzontale COERENZA INTERNA DEL PIANO VALUTAZIONE DELLE NECESSITÀ DI EVENTUALI PROPOSTE DI PIANO ALTERNATIVE O MISURE DI MITIGAZIONE Misurazione degli effetti di Piano Scenario zero: evoluzione che il territorio interessato dal Piano può subire nel tempo in assenza di attuazione del Piano stesso MONITORAGGIO SCELTA DEGLI INDICATORI NECESSARI ALLA VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI SCHEDE DEGLI INDICATORI E PERIODICITÀ DEL MONITORAGGIO

4 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 3 di 311 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE INTRODUZIONE La Direttiva 2001/42/CE sancisce il principio generale secondo il quale tutti i piani e programmi che possono avere effetti significativi sull ambiente devono essere sottoposti ad un processo di Valutazione Ambientale Strategica (VAS). La direttiva è volta a garantire ed a valutare la sostenibilità dei piani e dei programmi, mirando ad integrare la dimensione ambientale al pari di quella economica, sociale e territoriale. La VAS è un processo continuo e sistematico che corre parallelamente all elaborazione del piano o programma, e lo accompagna fino alla fase di attuazione e gestione, ed è finalizzata a garantire un elevato livello di protezione dell ambiente attraverso l integrazione ambientale a partire dalle prime fasi di predisposizione di piani e programmi e lungo il loro ciclo di vita. Il processo di VAS è un processo di valutazione ex ante che coinvolge attivamente ed in modo integrato l Ente pubblico proponente il Piano, gli Enti pubblici competenti in materia ambientale ed i portatori di interesse. La procedura di VAS prevista dalla Direttiva 2001/42/CE è stata recepita a livello nazionale con il D. Lgs. N.152/2006, successivamente integrato dal D. Lgs. N.4/2008 che estende il processo di VAS agli impatti sull ambiente e sul patrimonio ambientale e culturale, introducendo tra i principi di riferimento quelli inerenti lo sviluppo sostenibile intergenerazionale. La Regione Calabria ha recepito tali indicazioni mediante apposito Regolamento Regionale n.3/2008. La finalità della Parte seconda del D. Lgs. N.152/2006 e s.m.i. consiste nell assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività economica. Per mezzo della stessa si affronta la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative ed amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione (Art. 4 comma 3). In particolare per ciò che riguarda la valutazione ambientale di piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull'ambiente, la finalità è quella di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione ed approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile (Art. 4 comma 4, lettera a). Fra gli elementi strategici per conseguire tale obiettivo rivestono una particolare importanza: a) l integrazione delle tematiche ambientali nelle politiche economiche e settoriali sin dalla prime fasi dei processi decisionali; b) la partecipazione del pubblico al processo decisionale, in conformità con quanto stabilito dalla Direttiva 2003/35/CE;

5 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 4 di 311 c) l'accesso del pubblico all'informazione ambientale, ai sensi della Direttiva 2003/4/CE. In questo quadro la Valutazione Ambientale Strategica, applicata al Piano per il Parco, contribuisce a consolidare la coerenza con gli obiettivi strategici, ad incrementare la razionalità delle decisioni ed a favorire iter trasparenti e partecipativi. Inoltre, in attuazione alla Convenzione di Aarhus ratificata dall Italia con legge 16 marzo 2001 n.108 ed alla Legge 241/90, viene confermata la centralità dell accesso del pubblico agli atti del percorso di pianificazione ed alla VAS. Il processo di VAS a cui il Piano per il Parco deve essere sottoposto, comprende: la fase di scoping e la redazione del Rapporto Ambientale Preliminare; lo svolgimento di consultazioni sul Rapporto Ambientale Preliminare; l elaborazione del Rapporto Ambientale, della Sintesi Non Tecnica e della proposta di Piano per il Parco; lo svolgimento di consultazioni sulla proposta di Piano per il Parco e sul relativo Rapporto Ambientale; la valutazione del Piano per il Parco, del Rapporto Ambientale e degli esiti delle consultazioni da parte dell Autorità Competente; l eventuale revisione ed integrazione del Piano per il Parco; l espressione di un parere motivato da parte dell Autorità Competente; la decisione finale e l approvazione da parte dell organo competente all approvazione; l informazione sulla decisione ed il monitoraggio. I soggetti coinvolti in tale processo sono: l Autorità Competente (ovvero la pubblica amministrazione cui compete l'elaborazione del parere motivato) che è rappresentata dalla Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Ufficio Compatibilità Ambientale e la Regione Calabria, Dipartimento Ambiente; l Autorità Proponente e Procedente (ovvero la pubblica amministrazione che elabora ed adotta il Piano) che nel caso in esame è rappresentata dall Ente Parco Nazionale del Pollino; i Soggetti Competenti in materia ambientale, ovvero le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere interessate agli impatti sull'ambiente dovuti all'attuazione dei piani o programmi; il Pubblico, definito come una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone. Una lista dei soggetti che si ritengono interessati alla procedura di VAS relativa al Piano del Parco Nazionale del Pollino è riportata nel paragrafo 1.4.

6 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 5 di PROCEDURA DI VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS) DEL PIANO PER IL PARCO 1.1 SCOPO DEL RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE Secondo la Direttiva 2001/42/CE il Rapporto Ambientale è il documento che accompagna la proposta di Piano e che individua, descrive e valuta gli effetti significativi che l attuazione del Piano potrebbe avere sull ambiente; esso costituisce quindi il documento fondamentale del processo di consultazione e partecipazione del pubblico, in quanto si pone la finalità di garantire la trasparenza delle decisioni e delle valutazioni operate. All interno del processo di VAS, la fase iniziale di scoping consiste in un analisi preliminare necessaria a stabilire la portata del Piano in relazione alle modifiche ambientali che esso potenzialmente produce ed ha la finalità di definire preventivamente la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale, il loro livello di dettaglio, gli indicatori da utilizzare per l analisi di contesto. A tal fine il Rapporto Ambientale Preliminare qui presentato rappresenta lo strumento di valutazione delle preliminari scelte di programmazione e pianificazione, con la finalità di perseguire obiettivi di salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell ambiente, di protezione della salute umana e di utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, obiettivi da raggiungere mediante decisioni ed azioni ispirate al principio di precauzione, in una prospettiva di sviluppo durevole e sostenibile. Il Rapporto Ambientale Preliminare tiene conto di tutte le norme internazionali e nazionali connesse alle politiche e regolamentazioni definite in materia di valutazione ambientale, e descrive: i contenuti del Piano per il Parco (Art.12. L.394/91); gli obiettivi generali e specifici di sostenibilità ambientale definiti dagli strumenti normativi e di pianificazione a livello comunitario, nazionale e regionale; l'articolazione procedurale della VAS ai sensi della normativa vigente, integrata alla procedura di approvazione del Piano per il Parco; il quadro ambientale di riferimento finalizzato all individuazione degli elementi di criticità; i possibili impatti ambientali significativi conseguenti all'attuazione del Piano per il Parco e la proposta di struttura del Rapporto Ambientale; la verifica di coerenza tra gli obiettivi e le previsioni del Piano per il Parco ed il quadro normativo; la verifica di coerenza tra gli obiettivi generali e specifici di sostenibilità dichiarati e le previsioni del Piano; una proposta di indicatori utili alla valutazione ed al monitoraggio. Il presente documento verrà trasmesso ai soggetti competenti in materia ambientale affinchè diano il loro contributo all interno del processo di scoping, in particolare esprimendo un proprio parere circa: la completezza di quanto rappresentato; la correttezza della ricostruzione degli obiettivi di sostenibilità; la completezza dell elenco dei soggetti competenti in materia ambientale da coinvolgere; ogni altro aspetto ritenuto d interesse.

7 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 6 di IL PROCEDIMENTO DI VAS ED IL PROCEDIMENTO PER L ENTRATA IN VIGORE DEL PIANO PER IL PARCO - PROPOSTA DI COORDINAMENTO DELLE PROCEDURE Le disposizioni vigenti per il deposito, la pubblicità e la partecipazione relative all iter di entrata in vigore di un Piano per il Parco sono particolarmente complesse, come si dettaglierà di seguito. L iter della procedura della VAS è definito dal d. lgs. 152 del 2006, oltre che dalla specifiche previsioni regolamentari delle Regioni. Per obiettivi di semplificazione e di non necessari appesantimenti del procedimento, l art. 14 del D. lgs. 152 del 2006, al comma 4, prevede che le procedure di deposito, pubblicità e partecipazione, disposte ai sensi delle vigenti disposizioni per specifici piani e programmi, sono coordinate al fine di evitare duplicazioni con le norme del presente decreto. Tornando all iter del Piano per il Parco, i riferimenti normativi che regolano le competenze, l approvazione dell Ente, l adozione delle Regioni, le forme di pubblicità, l approvazione delle Regioni, l entrata in vigore del Piano per il Parco, si possono riassumere secondo la sequenza sotto schematizzata, che fa riferimento alla Legge quadro sulle aree protette n.394/91, così come integrata e modificata, in modo anche significativo, dalla Legge 9 dicembre 1998, n. 426, che ha aumentato il ruolo delle amministrazioni locali, attraverso l organismo della Comunità del Parco: Rapporti Consiglio Direttivo Comunità del Parco: l art. 11-bis, Tutela dei valori naturali, storici e ambientali e iniziative per la promozione economica e sociale della Legge quadro, sottolinea la necessità dello stretto rapporto tra il Consiglio Direttivo del Parco e la Comunità del Parco, prevedendo espressamente che i due organismi dell Ente elaborano contestualmente, e attraverso reciproche consultazioni di cui agli articoli 12 e 14, il Piano per il Parco e il Piano Pluriennale Economico-Sociale secondo le norme di cui agli stessi articoli 12 e 14 ; Fase preliminare alla redazione - definizione dei criteri: il ruolo della Comunità del Parco è reso determinante, fin dalle fasi di indirizzo del processo di pianificazione, anche dal comma 3 dell art. 12 della Legge quadro, che recita: la Comunità del Parco partecipa alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del piano per il parco indicati dal Consiglio Direttivo del parco ed esprime il proprio parere sul piano stesso ; Fase di approvazione: il Piano, previo parere della Comunità del Parco, è approvato dal Consiglio Direttivo, che lo inoltra alle Regioni (art. 12, comma 3); Fase di adozione: le Regioni adottano il Piano entro novanta giorni dall inoltro da parte del Consiglio Direttivo (art. 12, comma 3); Fase di deposito e pubblicità: il piano adottato è depositato per quaranta giorni presso le sedi dei comuni, delle comunità montane e delle regioni interessate; chiunque può prenderne visione ed estrarne copia. (art. 12, comma 4); Fase di raccolta delle osservazioni: alla conclusione dei quaranta giorni di deposito, entro i successivi quaranta giorni chiunque può presentare osservazioni scritte ;

8 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 7 di 311 Fase di riscontro del Parco alle osservazioni: dallo scadere dei quaranta giorni consentiti per le osservazioni, l'ente parco esprime il proprio parere sulle stesse entro trenta giorni (art. 12, comma 4), e lo trasmette alle Regioni; Fase di pronunciamento delle Regioni sulle osservazioni: entro centoventi giorni dal ricevimento del parere del Parco sulle osservazioni, le Regioni si pronunciano sulle osservazioni presentate (art. 12, comma 4); Fase di approvazione: alla pronuncia sulle osservazioni, la Regione, d'intesa con l'ente parco per quanto concerne le aree di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 (cioè le zone A, B e C del Piano) e d'intesa, oltre che con l'ente parco, anche con i comuni interessati per quanto concerne le aree di cui alla lettera d) del medesimo comma 2 (cioè le zone D del Piano), emana il provvedimento d'approvazione ; Fase di entrata in vigore: il piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino Ufficiale della regione ed è immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni e dei privati (art. 12, comma 8). Si fa rilevare che non è previsto alcun ruolo del Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, né è previsto un tempo massimo per l ottenimento delle necessarie intese con l Ente Parco e con i Comuni interessati. Come si vede, le modalità prescritte dalla norma sono complesse e, nel caso che si svolgano secondo i tempi concessi e senza incontrare difficoltà nell ottenimento dei pareri e delle intese, la procedura, partendo dalla data di approvazione del Consiglio Direttivo, durerebbe 320 giorni. Aggiungendo alla cronologia citata la tempistica usuale occorrente per la mera predisposizione ed efficacia degli atti amministrativi e tecnici necessari (deliberazioni di approvazione, adozione, rilascio di pareri, pubblicazioni, esecutività degli atti, istruttorie, trasmissioni etc.) si arriva facilmente a computare una procedura che può durare, realisticamente, almeno tra i quindici ed i ventiquattro mesi. Se alle difficoltà strettamente amministrative si aggiunge l inevitabile complessità del confronto con tutte le istituzioni coinvolte, si può cogliere la possibilità che l entrata in vigore di un Piano per il Parco possa arrivare dopo tempi anche molto più lunghi. La procedura di VAS prevista dal D. Lgs. N.152/2006, successivamente integrato dal D. Lgs. N.4/2008, oltre che dal Regolamento Regionale n.3/2008 (Regione Calabria), comprende differenti fasi: la fase di scoping e la redazione del Rapporto Ambientale Preliminare; lo svolgimento di consultazioni sul Rapporto Ambientale Preliminare; l elaborazione del Rapporto Ambientale, della Sintesi Non Tecnica e della proposta di Piano per il Parco; lo svolgimento di consultazioni sulla proposta di Piano per il Parco e sul relativo Rapporto Ambientale; la valutazione del Piano per il Parco, del Rapporto Ambientale e degli esiti delle consultazioni da parte dell Autorità Competente;

9 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 8 di 311 l eventuale revisione ed integrazione del Piano per il Parco; l espressione di un parere motivato da parte dell Autorità Competente; la decisione finale e l approvazione da parte dell organo competente all approvazione; l informazione sulla decisione ed il monitoraggio. Per il possibile coordinamento delle due procedure, il procedimento di VAS e quello per l entrata in vigore del Piano per il Parco, si propone che la fase di deposito dello strumento di pianificazione (L. n.394/91 art. 12, comma 4) coincida con l attivazione della fase di consultazione sulla proposta di Piano e sul Rapporto Ambientale, prevista dall art. 14 del D. lgs. 152 del In particolare, dopo la pubblicazione prevista dall art.14 comma 1 del D. lgs. 152 del 2006, che recita: contestualmente alla comunicazione di cui all'articolo 13, comma 5, l'autorità procedente cura la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficiale della regione o provincia autonoma interessata. L'avviso deve contenere: il titolo della proposta di piano o di programma, il proponente, l'autorità procedente, l'indicazione delle sedi ove può essere presa visione del piano o programma e del rapporto ambientale e delle sedi dove si può consultare la sintesi non tecnica, si propone di far coincidere le due fasi di deposito e le conseguenti osservazioni sui documenti prodotti facendo convergere le due procedure in un unico procedimento che tenga conto dei tempi previsti per ogni fase. Al perfezionamento della procedura di VAS, con la decisione e l informazione sulla decisione, ai sensi degli artt. 16 e 17 del D. lgs. 152 del 2006, si completerà la procedura prevista dall art.12 della legge 394/91 di approvazione del Piano per il Parco. La Fig.1 illustra in modo schematico la proposta di coordinamento delle procedure di VAS e di approvazione del Piano per il Parco.

10 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 9 di 311 Fig.1.1 Proposta di coordinamento delle procedure di VAS e di approvazione del Piano per il Parco V.A.S. - Valutazione Ambientale Strategica Piano per il Parco D. Lgs n 152/2006 D. Lgs n 4/2008 L. n 394/ L. n 426/1998 Art.13, comma 1 Trasmissione Rapporto Ambientale Preliminare alle Regioni Art. 11 bis - Art. 12, comma 3 Consultazioni tra Consiglio Direttivo e Comunità del Parco - Elaborazione del Piano Art.13, comma 2 Consultazioni (90 gg) Art. 12, comma 3 Parere della Comunità del Parco Art.13, comma 5 Trasmissione Rapporto Ambientale, Sintesi non tecnica e proposta di Piano alle Regioni Art. 12, comma 3 Approvazione del Piano da parte del Consiglio Direttivo Art.14, comma 1 Pubblicazione nel Bollettino Ufficiale delle Regioni Art. 12, comma 3 Adozione del Piano da parte delle Regioni (90 gg) OSSERVAZIONI Art.13, comma 6 - Art.14, comma 2 Art.14, comma 3 Documentazione depositata presso Regioni, Ente Parco, Province Osservazioni (60gg dalla pubblicazione) Art. 12, comma 4 Art. 12, comma 4 Documentazione depositata presso Regioni, Comuni e Comunità Montane Presa visione (40 gg) + Osservazioni (40 gg) + Parere Ente Parco (30 gg) APPROVAZIONE Art.15 Parere delle Regioni (90 gg) Art. 12, comma 4 Art.16 Approvazione del Piano da Art. 12, parte delle Regioni comma 4 Parere delle Regioni (120 gg) Approvazione del Piano da parte delle Regioni, d'intesa con l'ente Parco e con i Comuni

11 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 10 di ELENCO SOGGETTI COMPETENTI I soggetti competenti in materia ambientale sono, secondo la normativa vigente, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilità in campo ambientale, posso essere interessate agli impatti sull ambiente dovuti all attuazione dei piani o programmi. Di seguito è proposta una lista dei soggetti che si ritengono interessati alla procedura di VAS relativa al Piano per il Parco Nazionale del Pollino. AUTORITÀ COMPETENTI: REGIONE CALABRIA - Dipartimento Politiche dell'ambiente - Viale Isonzo Catanzaro Tel 0961/ / / Fax 0961/33913 REGIONE CALABRIA - Dipartimento Urbanistica E Governo del Territorio - Viale Isonzo, Catanzaro REGIONE CALABRIA Dipartimento Attività Produttive - Viale Cassiodoro, Palazzo Europa Santa Maria di Catanzaro REGIONE CALABRIA Dipartimento Agricoltura-Forestazione - Via Enrico Molè Catanzaro REGIONE CALABRIA Dipartimento: Infrastrutture - Lavori Pubblici - Politiche della Casa - E.R.P. - A.B.R. - Risorse Idriche - Ciclo integrato delle Acque REGIONE CALABRIA Autorità di Protezione Civile - Viale Europa, 35 Località Germaneto Catanzaro REGIONE CALABRIA Dipartimento Turismo e Beni Culturali - Via S. Nicola, Catanzaro REGIONE BASILICATA - Dipartimento Infrastrutture, Opere Pubbliche e Mobilità - C.so Garibaldi, Potenza (PZ) REGIONE BASILICATA - Dipartimento Attività Produttive, Politiche dell Impresa, Innovazione Tecnologica - Via Vincenzo Verrastro, Potenza (PZ) REGIONE BASILICATA - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Via Vincenzo Verrastro, Potenza (PZ) REGIONE BASILICATA - Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale, Economia Montana - Via Vincenzo Verrastro, Potenza (PZ) REGIONE BASILICATA Ufficio Protezione Civile - C.so Garibaldi, Potenza (PZ) REGIONE BASILICATA Autorità di Bacino - Corso Umberto 1 n.28, Potenza (PZ) ALTRI SOGGETTI COMPETENTI IN MATERIA AMBIENTALE: MINISTERO AMBIENTE TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche Direzione generale per la protezione della natura e del mare Direzione generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia Direzione generale per le valutazioni ambientali Via Cristoforo Colombo, n Roma (Italia) MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI - Via del Collegio Romano, ROMA Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria - Via Scylletion - Parco Scolacium - Roccelletta di Borgia Catanzaro (CZ) Direzione Generale per i beni culturali e paesaggistici della Basilicata - Corso XVIII Agosto 1860, n Potenza (PZ) Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle province di Cosenza, Catanzaro e Crotone - Piazza Valdesi, Cosenza (CS) Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Basilicata - Via dell'elettronica, Potenza (PZ)

12 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 11 di 311 Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Calabria - Via Torrione, Reggio Calabria Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Basilicata - Via S. Remo, Potenza MINISTERO DEL TURISMO - Via della Ferratella in Laterano, ROMA MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI - Piazzale Porta Pia, ROMA Provveditorato interregionale per la Sicilia e la Calabria - Piazza Verdi, Palermo (PA) Provveditorato interregionale per la Puglia e la Basilicata - Via Dalmazia, 70/B Bari (BA) MINISTERO PER LO SVILUPPO ECONOMICO - Gabinetto del Ministro - Via Molise, ROMA ISTITUTO SUPERIORE PER LA PROTEZIONE E LA RICERCA AMBIENTALE (ISPRA) Via Vitaliano Brancati, ROMA SOGGETTI AGENTI SUL TERRITORIO: PROVINCIA DI COSENZA - DIPARTIMENTO SVILUPPO, TUTELA, VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO Settore Agricoltura Caccia e Pesca - Viale Crati - Contrada Vaglio Lise Cosenza Settore Ambiente e Demanio Idrico - Via Via Romualdo Montagna, 13 Cosenza Settore Attività Economiche e Produttive - Viale Crati - Contrada Vaglio Lise Cosenza Settore Difesa del Suolo e Protezione Civile - Viale Crati - Contrada Vaglio Lise Cosenza Settore Programmazione e Gestione Territoriale - Viale Crati - Contrada Vaglio Lise Cosenza PROVINCIA DI POTENZA Assessorato Ambiente, Aree Protette e Parchi, Politiche per lo Sviluppo Sostenibile, Tutela dei Consumatori - Piazza delle Regioni, Potenza Assessorato Attività Produttive, Politiche Energetiche, Caccia e Pesca, Sport, Turismo, Internazionalizzazione PMI - Piazza delle Regioni, Potenza PROVINCIA DI MATERA Settore Forestazione, Agricoltura, Caccia e Pesca - Via D. Ridola, Matera Settore Trasporti, Ambiente - Via D. Ridola, Matera Settore Protezione Civile, Viabilità, Espropri, Concessione Edilizia Scolastica, Pianificazione Territorio, Contratti - Via D. Ridola, Matera COMUNITÀ MONTANE ALTO IONIO TREBISACCE - Via XXV Aprile, Trebisacce (CS) ALTO TIRRENO VERBICARO - Contrada S. Francesco Verbicaro (CS) POLLINO CASTROVILLARI - Viale Del Lavoro, Castrovillari (CS) UNIONE DELLE VALLI MALVITO - Via Ravata, Malvito (CS) "ALTO SINNI" SENISE - Via Zona Industriale Senise (PZ) "BASSO SINNI" TURSI - Piazza Maria Ss. D'Anglona Tursi (MT) "LAGONEGRESE" LAURIA - Traversa Largo Plebiscito, Lauria (PZ) "VAL SARMENTO" NOEPOLI - Contrada Manche Noepoli(PZ) COMUNI DEL PARCO - Acquaformosa (CS) Via San Francesco - CAP Aieta (CS) Piazza Mons. Lomonaco, 11 - CAP Alessandria del Carretto (CS) Piazza Municipio - CAP Belvedere Marittimo (CS) Piazza G. Amellino,1 - CAP Buonvicino (CS) Via Roma, 10 - CAP Castrovillari (CS) Piazza Municipio, 1 - CAP Cerchiara di Calabria (CS) Via Caputi - CAP Civita (CS) Piazza Municipio - CAP87010

13 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 12 di Francavilla Marittima (CS) Via Mazzini, 1 - CAP Frascineto (CS) Piazza Albania - CAP Grisolia (CS) Via Santa Sofia - CAP Laino Borgo (CS) Viale B. Longo, 2 - CAP Laino Castello (CS) Piazza I Maggio, 18 - CAP Lungro (CS) Piazza Cavallotti, 1 - CAP Maierà (CS) Via Ortaglie, 1 - CAP Morano Calabro (CS) Piazza Giovanni XXIII - CAP Mormanno (CS) Via Alighieri - CAP Mottafollone (CS) Piazza Dante - CAP Orsomarso (CS) Piazzetta Sant'Antonio - CAP Papasidero (CS) Via Municipio, 9 - CAP Plataci (CS) Piazza Marconi - CAP Praia a Mare (CS) Piazza Municipio, 1 - CAP San Basile (CS) Piazza Margherita - CAP San Donato di Ninea (CS) Via 24 Maggio - CAP Sangineto (CS) Via G. Matteotti, 2 - CAP San Lorenzo Bellizzi (CS) Piazza Benedetto Croce, 12 - CAP San Sosti (CS) Largo Orto Sacramento - CAP Sant Agata d Esaro (CS) Via Nazionale, 2 - CAP Santa Domenica Talao (CS) Via Minervino, 1 - CAP Saracena (CS) Via Carlo Pisacane, 4 - CAP Tortora (CS) Via Panoramica al Porto, 9 - CAP Verbicaro (CS) Via Orologio, 11 - CAP Calvera (PZ) Piazza Risorgimento - CAP Castelluccio Inferiore (PZ) Largo Marconi, 1 - CAP Castelluccio Superiore (PZ) Via Garibaldi - CAP Castelsaraceno (PZ) Via Roma - CAP Castronuovo S. Andrea (PZ)

14 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 13 di 311 Piazza Guglielmo Marconi, 3 - CAP Carbone (PZ) Via Vittorio Veneto, 92/a - CAP Cersosimo (PZ) Via Fratelli Bandiera - CAP Chiaromonte (PZ) Via Giovanni di Giura, n. 4 - CAP Episcopia (PZ) Via Ing. G. Bruno, 88 - CAP Fardella (PZ) Corso Vittorio Emanuele, 3 - CAP Francavilla in Sinni (PZ) Piazza Mainieri, 1 - CAP Latronico (PZ) Largo Marconi, 10 - CAP Lauria (PZ) Via Roma, CAP Noepoli (PZ) Contrada Manche - Sede Municipale, 1 - CAP Rotonda (PZ) Via Roma - CAP San Costantino Albanese (PZ) Largo Luna - CAP San Paolo Albanese (PZ) Via V. Veneto, 53 - CAP San Severino Lucano (PZ) Via San Vincenzo Basilicata - CAP Senise (PZ) Piazza Municipio - CAP Teana (PZ) Via Municipio - CAP Terranova di Pollino (PZ) Via Dante - CAP Viggianello (PZ) Corso Senatore De Filpo, 22 - CAP San Giorgio Lucano (MT) Via Meridionale - CAP Valsinni (MT) Via Sicilia, 16 - CAP75029 AGENZIA DI SANITÀ PUBBLICA (ASP) COSENZA, Direzione Centrale - Via Alimena F., Cosenza (CS) AGENZIA DI SANITÀ PUBBLICA (ASP) POTENZA, Direzione Centrale - Via Torraca 2, Potenza AZIENDA SANITARIA LOCALE (ASL) MATERA - Via Montescaglioso Matera AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL AMBIENTE REGIONE CALABRIA (ARPACAL) Sede centrale - Via Lungomare (Loc. Mosca - zona Giovino-Porto), Catanzaro Lido Sede Dipartimentale di Cosenza - Via Trento, Cosenza AGENZIAREGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL AMBIENTE REGIONE BASILICATA (ARPAB) Dipartimento Provinciale di Potenza - Via della Fisica 18 C/D, Potenza Dipartimento Provinciale di Matera - Via Dell'Industria zona PAIP Matera CONSORZIO DI BONIFICA DEL POLLINO Mormanno (CS) Contrada Carbonia CONSORZIO DI BONIFICA INTEGRALE DEL FERRO E DELLO SPARVIERO Trebisacce (CS) Via XXV Aprile, 6 CONSORZIO DI BONIFICA VALLE DEL LAO Scalea (CS) Via Fiume Lao, 78

15 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 14 di 311 CONSORZIO DI BONIFICA ALTA VAL D'AGRI Marsico Nuovo (PZ) Contrada Campitello AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE (ATO) BASILICATA - Via del Gallitello, n Potenza AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE (ATO) 1 COSENZA - Corso Telesio, Cosenza AGENZIA DEL DEMANIO - FILIALE BASILICATA - P.za G. Matteotti, MATERA (MT) AGENZIA DEL DEMANIO - FILIALE CALABRIA - Via Gioacchino Da Fiore, n Catanzaro

16 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 15 di QUESTIONARIO GUIDA PER I CONTRIBUTI DEI SOGGETTI COMPETENTI Il presente questionario ha lo scopo di guidare la stesura delle considerazioni e delle eventuali proposte di integrazioni da parte dei soggetti competenti in materia ambientale consultati. Poiché è necessario che la prima consultazione indirizzi ad una stesura partecipata e condivisa, definendo adeguatamente la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale, si ritiene utile fornire indicazioni sugli aspetti rilevanti per i quali è opportuno ricevere contributi e/o integrazioni puntuali. In ogni caso, la consultazione può esplicitare tutti gli altri aspetti ritenuti rilevanti purché coerenti e pertinenti ai contenuti dellla proposta di Piano e le procedure previste dalla normativa vigente. Nel caso di proposte di integrazioni o di segnalazione di ulteriori dati ed informazioni, si invita a fornire in allegato quelli disponibili o segnalare le fonti per una più agevole utilizzazione. Infine, gli obiettivi ambientali, i riferimenti normativi e delle politiche e strategie ambientali, così come gli indicatori ed i contenuti del quadro ambientale, devono essere considerati in coerenza con la proposta di Piano e verificati quindi nel contesto di riferimento al pari delle proposte che si ritiene utile formulare. Capitoli di riferimento Domande guida del Rapporto Ambientale Cap.1 Ai sensi della normativa vigente, il documento riporta un elenco di soggetti individuati quali autorità con competenze ambientali; tali soggetti sono individuati come referenti per la consultazione del presente documento e del rapporto ambientale nella stesura definitiva. Ritenete che i soggetti individuati siano coerenti con quanto previsto dalla normativa ed in relazione ai contenuti ambientali delineati per il piano/programma? Ritenete che quelli individuati siano esaustivi? Cap.3 Nel caso in cui non siano ritenuti esaustivi, quali altri soggetti suggerite di inserire? Il documento riporta il quadro normativo e programmatico di riferimento (internazionale, nazionale e regionale) per la definizione degli obiettivi ambientali. Ritenete che l elenco dei riferimenti normativi e programmatici sia esaustivo? Cap. 2, 4 Nel caso in cui si disponga di ulteriori riferimenti utili alla definizione del quadro degli obiettivi di sostenibilità, si invita a fornire le integrazioni ritenute necessarie. La descrizione del contesto ambientale è finalizzata a far emergere aspetti rilevanti dello stato dell ambiente e pertinenti al piano/programma in oggetto. La descrizione del contesto coglie gli aspetti più significativi in termini di criticità ed opportunità? Mette in luce gli aspetti chiave?

17 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 16 di 311 Cap. 5, 6 e7 Ritenete che vi siano aspetti rilevanti e/o significativi da approfondire nell analisi ambientale? Il documento riporta i dati, gli indicatori e la basi informative utili per l analisi del contesto ambientale. Ai fini della procedura di VAS, ritenete utile segnalare eventuali ulteriori disponibilità di banche dati e/o informazioni? Ritenete che l elenco degli indicatori proposti sia esaustivo e coerente per la valutazione e la successiva fase di monitoraggio dell attuazione del piano/programma? Ai fini dello svolgimento della procedura di valutazione ambientale strategica e delle relative fasi dell'integrazione ambientale ai sensi della normativa vigente, ritenete vi siano suggerimenti e/o aspetti da far emergere o contributi utili da poter fornire?

18 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 17 di IL PIANO PER IL PARCO 2.1 IL CONTESTO TERRITORIALE E SOCIOECONOMICO I principali caratteri del sistema ambientale Il Parco Nazionale del Pollino, tra la Basilicata e la Calabria, comprende oltre che il Massiccio del Pollino, i Monti di Orsomarso ed il Monte Alpi di Latronico. Con i 2267 m. di altezza s.l.m. della Serra Dolcedorme, il massiccio del Pollino rappresenta il rilievo più alto dell' Appennino Meridionale ed è l unico massiccio italiano dal quale siano visibili tre mari: lo Jonio, il Tirreno e l Adriatico. Il paesaggio si diversifica notevolmente: mentre a nord discende dolcemente verso i fiumi Sinni e Mercure-Lao, a sud si presenta aspro e accidentato. Il suo territorio è un vasto ed articolato spazio con forti connotati fisici ed antropici, un susseguirsi di montagne, di pianori, di timpe, di costoni e strapiombi, di rocce di origine magmatica, di dolomie, di circhi glaciali, di accumuli morenici, di inghiottitoi, di massi erratici, di grotte, di gole. Alcuni fiumi sono circondati da lussureggiante vegetazione boschiva, come il Peschiera, altri imprigionati all'interno di profonde gole come il Raganello, Argentino e Lao; se il calcare è la roccia dominante non mancano formazioni come la Timpa delle Murge con i suoi "cuscinetti di lava"; ai dolci pendii boscosi si contrappone la maestosa Timpa di San Lorenzo con i suoi 800 metri di parete verticale. Nonostante il suo carattere di montagna mediterranea, ai Piani del Pollino non è difficile riconoscere i circhi e le morene glaciali "fossili". Nel Parco del Pollino sono presenti importanti formazioni vegetali. Pianta di straordinario interesse e fascino è il pino loricato, una specie presente in Italia solo sul Pollino, con esemplari che raggiungono anche i 900 anni di età. Vanno ricordate oltre i mille metri s.l.m. le splendide faggete-abetine presenti nel settore nord orientale del Parco, dove oltre all'abete Bianco e il Faggio è presente anche l' Acero di Lobeli, un endemismo dell' Italia meridionale. Non mancano inoltre bellissimi esemplari di Agrifoglio e Tasso. La Fauna si è molto rarefatta in questi ultimi decenni ma nel cuore dell Orsomarso vive ancora un nucleo del rarissimo Capriolo italico, tra i Massicci del monte Caramola e del monte Palanuda e la Valle dell Argentino. E particolarmente prezioso perché rappresenta con quella del Gargano, l ultima popolazione autoctona dell Appennino meridionale, non inquinata geneticamente dall immissione di esemplari provenienti dal Nord Europa e dalle Alpi. Il Lupo, l'aquila, il Picchio nero, il Driomio sebbene presenti non sono però facilmente avvistabili. La Lontra resiste nei corsi d acqua più limpidi dei massicci del Pollino e dei Monti di Orsomarso, come il Frido, il Lao, il Raganello, l Argentino ed il Peschiera.

19 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 18 di I principali caratteri del sistema insediativo I centri abitati nel Parco sono localizzati, prevalentemente, nelle fasce esterne del Parco e generalmente distanti dalle aree di interesse naturalistico e di tutela (core areas); in particolare: - i centri del versante sud-orientale dell Orsomarso; - gran parte dei centri calabresi del versante orientale del Pollino; - i centri attestati lungo la valle del Sinni. Soltanto alcuni dei centri abitati sono ubicati a ridosso del tracciato autostradale, collocati in posizione centrale rispetto al complesso del territorio del Parco, rappresentando un nodo di cerniera tra i due sottosistemi ambientali del Pollino e dell Orsomarso. Il versante occidentale presenta una condizione particolare, in quanto i comuni di Papasidero e di Orsomarso, in differente misura, risultano interni o molto prossimi ad aree di elevato valore paesaggistico ed ambientale, mentre sul versante orientale, analoga situazione caratterizza il comune di S.Lorenzo Bellizzi ed il comune di Civita. L arco settentrionale del Parco è caratterizzato da comuni e frazioni posti lungo le incisioni dei corsi d acqua che confluiscono nel Sinni, in particolare quelli ubicati nella parte più alta delle valli stesse, che insistono o lambiscono territori di particolare pregio naturalistico e di fragilità ambientale. I centri abitati, storicamente consolidati, e le porzioni di territorio ad essi connesse, sono posti sui crinali dei rilievi collinari di media altitudine. In generale solo le parti di recente edificazione e di espansione mostrano uno scivolamento a valle dell assetto edificatorio, soprattutto per le aree destinate ad insediamenti per attività produttive. I nuovi interventi edilizi, in generale, si concentrano in parti di territorio orograficamente più accessibili e che, con diversa intensità di sfruttamento dei suoli, appaiono morfologicamente autonome rispetto alle parti occupate dall abitato di più antica edificazione. L edilizia nuova, che si caratterizza generalmente per l uso di tipologie estensive, invade progressivamente il territorio esterno all abitato consolidato (antico) in modo diffuso e spontaneo, disponendosi disordinatamente lungo le principali direttrici di collegamento ed alterando le caratteristiche di compattezza dell edificato, proprie degli insediamenti dell intero comprensorio del Parco. Il sistema insediativo che caratterizza il territorio del Parco può essere classificato in sottosistemi. Con riferimento ad una lettura semplificata di descrizione del territorio in unità caratterizzate da un significativo numero di relazioni fisico-funzionali interne, abbiamo quindi: gli abitati collinari della media valle del Sinni e dei centri posti lungo la fondovalle dello stesso fiume; i centri posti lungo le valli dei fiumi affluenti del Sinni (costituiscono potenzialmente un sottosistema più ampio dei centri abitati posti a corona del massiccio del Pollino - zona intermedia tra gli areali in quota e la valle del Sinni); i centri abitati posti lungo l asse autostradale interno al Parco; i centri posti lungo la direttrice viaria che delimita il versante orientale dell Orsomarso;

20 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 19 di 311 i centri ed i nuclei abitati ubicati lungo la direttrice di collegamento tra la litoranea ionica e S.Lorenzo Bellizzi. Gli altri centri abitati, esterni ai sottosistemi indicati, possono essere considerati come polarità insediative isolate, ovvero gravitanti su sottosistemi insediativi esterni all area del Parco. Per quanto riguarda le condizioni e le specializzazioni insediative, relativamente alla posizione altimetrica, alla costituzione morfologica ed alla densità dei centri e dell edificato diffuso, nonché alle caratteristiche tipo-morfologiche dei tessuti edilizi ed urbani ed alla qualità delle espansioni, si vogliono di seguito evidenziare taluni aspetti, ed in particolare: Alta qualità degli insediamenti e dei nuclei storici, sebbene interessati da fenomeni di degrado fisico e di abbandono, ovvero da interventi puntuali di alterazione dei caratteri originari; Scarsa qualità della nuova edificazione, in genere avulsa dalle caratteristiche dei contigui nuclei storici, con conseguente alterazione dell immagine complessiva degli abitati; Alterazione dei caratteri originari insediativi a seguito della realizzazione di attrezzature e servizi per la collettività; Scarsa riconoscibilità dell edificato in opposizione alla compatta caratterizzazione dell assetto urbanistico antico - per effetto di interventi edilizi ed urbanizzativi di scarsa qualità; Situazioni di conflitto ed incompatibilità in prossimità degli abitati, ove per la conduzione del fondo, si rilevano manufatti incongrui in prossimità di elementi di elevato pregio naturalistico; L abbandono graduale delle zone di antica tradizione insediativa, a favore delle zone di più recente espansione capaci di una più elevata dotazione di servizi e di più agevole accesso; Scarsa qualità degli insediamenti specificamente destinati ad attività produttive per una carenza di attenzione all impatto ambientale; Abbandono di territori produttivi agricoli, con conseguente degrado di strutture edilizie ed infrastrutture viarie. Di contro, si deve segnalare come grazie al rinnovato interesse al mantenimento delle caratteristiche insediative antiche, patrimonio indissolubile dalla qualità residenziale, venuta prepotentemente alla attenzione negli ultimi anni, in un quadro generale di sensibilizzazione sia delle popolazioni residenti che in relazione alle opportunità rappresentate dal turismo, le amministrazioni comunali di molti centri hanno realizzato, e stanno eseguendo, interventi di arredo urbano degli spazi di uso pubblico nelle aree centrali al fine di migliorarne la fruizione e di recuperarne il valore estetico, e si sono dichiarate disponibili a forme di coordinamento sovracomunale che riguardino la erogazione dei servizi e gli impianti produttivi.

21 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 20 di Analisi socio demografica L area in esame scaturisce da un aggregazione di territori sub-provinciali inclusi nelle province di Cosenza ( 32 comuni), Matera ( 2 comuni) e Potenza (22 comuni). Dato il suo frazionamento amministrativo, essa costituisce di fatto un insieme di comuni, e dunque un entità territoriale per la quale non sono disponibili informazioni periodicamente confrontabili e certificate - di carattere socioeconomico che non siano di tipo censuario (e dunque disponibili con frequenza decennale). Tab Popolazione residente nei comuni dell'area-parco ( ) Provincia Comuni Popolazione residente COSENZA Acquaformosa COSENZA Aieta COSENZA Alessandria del Carretto COSENZA Belvedere Marittimo COSENZA Buonvicino POTENZA Calvera POTENZA Carbone POTENZA Castelluccio Inferiore POTENZA Castelluccio Superiore POTENZA Castelsaraceno POTENZA Castronuovo di Sant'Andrea COSENZA Castrovillari COSENZA Cerchiara di Calabria POTENZA Cersosimo POTENZA Chiaromonte COSENZA Civita POTENZA Episcopia POTENZA Fardella POTENZA Francavilla in Sinni COSENZA Francavilla Marittima COSENZA Frascineto COSENZA Grisolia COSENZA Laino Borgo COSENZA Laino Castello POTENZA Latronico POTENZA Lauria COSENZA Lungro COSENZA Maierà COSENZA Morano Calabro COSENZA Mormanno COSENZA Mottafollone POTENZA Noepoli COSENZA Orsomarso COSENZA Papasidero COSENZA Plataci COSENZA Praia a Mare POTENZA Rotonda COSENZA San Basile POTENZA San Costantino Albanese COSENZA San Donato di Ninea COSENZA Sangineto MATERA San Giorgio Lucano COSENZA San Lorenzo Bellizzi POTENZA San Paolo Albanese

22 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 21 di 311 Provincia Comuni Popolazione residente POTENZA San Severino Lucano COSENZA San Sosti COSENZA Santa Domenica Talao COSENZA Sant'Agata di Esaro COSENZA Saracena POTENZA Senise POTENZA Teana POTENZA Terranova di Pollino COSENZA Tortora MATERA Valsinni COSENZA Verbicaro POTENZA Viggianello Totale Variazioni tra i periodi - -0,3% -5,8% -2,37% Provincia di Cosenza Variazioni tra i periodi - 1,0% -2,3% -0,8% Provincia di Potenza Variazioni tra i periodi - -1,2% -2,0% -1,5% Totale Province Variazioni tra i periodi - 0,2% -2,2% -1,0% Quota area parco/province 15,1% 15,0% 14,4% 14,2% Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT Popolazione In relazione ai dati Istat del 2007, la popolazione residente nell area-parco ammontava a circa 159 mila unità, con un flessione del 2,4% circa rispetto al censimento 2001 (v. tab. 2.1). Gli unici comuni che evidenziano una crescita demografica rispetto al censimento 2001, sono Belvedere Marittimo (+4,9%), Castrovillari (+0,8%), Grisolia (+0,5%), Laino Castello (+1,9%), Praia a Mare (+7,3%), Sangineto (+3,3%), Senise (+2,9%) e Tortora (+2%). Altre situazioni da evidenziare sono quelle di Francavilla in Sinni, Lauria, Santa Domenica Talao e Saracena, che pur mostrando un saldo negativo rispetto al 2001, si mantengono al di sopra della soglia dell area parco (-2,4%). Si noti come lo spostamento è avvenuto verso paesi con clima mite, prossimi al mare, o verso grossi centri urbani. L andamento demografico (tab. 2.1) registrato nell area-parco risulta di circa 1,4 punti percentuali peggiore rispetto agli ambiti provinciali di riferimento 1 dove la flessione demografica nello stesso periodo è risultata in media dell 1%. Nel complesso la popolazione dell area-parco rappresenta circa il 14,5% della popolazione insediata negli ambiti provinciali di riferimento, quota caratterizzata da un andamento sia pur lentamente decrescente nel tempo (-0,2% rispetto al censimento 2001 e -0,8% rispetto al censimento 1991). Tale decremento porta ad evidenziare un più marcato invecchiamento della popolazione negli ambiti comunali dell area-parco rispetto al territorio di riferimento: nell area-parco si registrano infatti valori 1 Ci si riferisce alle province di Cosenza e Potenza che rappresentano essenzialmente il contesto territoriale di riferimento.

23 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 22 di 311 più elevati sia dell indice di vecchiaia che del tasso di rinnovo della popolazione. La quota di popolazione in età superiore ai 65 anni risulta nell area-parco pari ad oltre il 22,5%, parametro più elevato rispetto alla media del territorio, che si colloca intorno al 19,7% (18,8 % per la provincia di CS e 20,6 % per la provincia di PZ) (elaborazione dati ISTAT). Tra i comuni dell area si registrano altresì punte di tale parametro superiori al 30% per sette comuni in provincia di PZ (Calvera, Carbone, paese più vecchio con un valore superiore al 39%, Castronuovo di Sant Andrea, Noepoli, San Costantino Albanese, San Paolo Albanese, San Severino Lucano), sei in provincia di CS (Alessandria del Carretto, Papasidero, Civita, San Basile, San Donato di Ninea, San Lorenzo Bellizzi), ed uno in provincia di Matera (San Giorgio Lucano). Di contro la quota di popolazione di età inferiore ai 15 anni assume nell area-parco un valore inferiore al 13%, che risulta inferiore alla media territoriale che si attesta intorno al 14% (in particolare al 14,1% per la provincia di CS e 14% per la provincia di PZ) a testimonianza della minore capacità dell area-parco di rinnovare la popolazione insediata. Gli unici comuni dell area parco ad evidenziare un valore superiore alla media dell area stessa sono Acquaformosa, Aieta, Belvedere Marittimo, Castrovillari, Francavilla in Sinni, Francavilla Marittima, Grisolia, Laino Castello, Lauria, Plataci, Praia a Mare, Senise (che con il 15,4% rappresenta il paese più giovane ), Teana e Tortora. Fig Evoluzione della popolazione nei comuni dell area-parco ( )

24 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 23 di Analisi socio-economica I comuni dell area-parco si distribuiscono in diciassette dei Sistemi locali del lavoro individuati dall ISTAT, di cui costituiscono il 19,5% per numerosità ed il 22,8% per superficie. I principali indicatori socioeconomici per l insieme dei comuni appartenenti a ciascun SLL sono riportati nella tab. 2.2 (nella tab. 2.3 è riportato l elenco dei comuni appartenenti a ciascun SLL) e nella fig Fig Addetti alle attività economiche nei comuni nell area-parco (2001) Distribuzione % Addetti(*) Agricoltura: 21,6% (14,5%) Servizi: 55,1% (59,7%) Industria: 23,3% (25,8%) Agricoltura Industria Servizi (*) Tra parentesi sono indicati i valori corrispondenti delle province di Cosenza e Potenza Fonte: Istat Sistema produttivo Il sistema economico-produttivo nel 2001 appare condizionato dal negativo andamento demografico. Infatti, anche gli addetti alle attività economiche, nel periodo tra il 1991 ed il 2001, hanno subito una flessione (-6,1%) anche superiore al tasso di riduzione demografica, passando da unità a unità. Tale andamento appare in controtendenza rispetto all evoluzione economica del territorio di riferimento, dove nello stesso periodo si registra di contro un incremento degli addetti del 4,6% con punte nella provincia di Potenza dell 8,7%. La quota di occupati nell area rispetto agli ambiti provinciali di riferimento appare superiore alla quota di popolazione (15,7% contro 14,4%). Rispetto al contesto economico e territoriale provinciale l area-parco appare contraddistinta da una maggiore incidenza della quota di occupazione agricola (21,6% contro il 14,5%). Tale dato in generale porta a collocare nell area più elevati fattori di sottoccupazione della popolazione attiva che trova rifugio nel settore primario non trovando sbocchi occupazionali negli altri comparti economici. Ciò è testimoniato anche da un più elevato livello del tasso di disoccupazione stimato per l area-parco (24,3% contro il 18,5% della media delle province interessate). La frammentazione del tessuto produttivo dell area-parco appare altresì più elevata rispetto ai territori provinciali di riferimento. Nel 2001 il numero medio di addetti per unità locale delle imprese registra

25 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 24 di 311 una significativa riduzione (circa 7%) passando dal 3,0 del 1991 al 2,8, contro un dato medio provinciale pari al 3,5. Pur in un contesto economico più sfavorevole rispetto ai tessuti economici provinciali, il valore aggiunto nell area-parco rappresenta una quota di quello provinciale in linea con la quota di occupazione detenuta, mentre a livello pro capite il reddito medio disponibile risulta anche superiore a quello medio rilevabile nei contesti provinciali, caratterizzati però da una elevata variabilità tra le due regioni interessate (Basilicata e Calabria). La superficie agraria dell area-parco costituisce il 20,8% di quella provinciale, e quella destinata a colture arboricole ed a boschi il 27,1%. Sistema insediativo Va sottolineato che il 41,3% circa della popolazione del 2007 risultava concentrato nei sei comuni con più di 5 mila abitanti (Castrovillari, Lauria, Belvedere Marittimo, Senise, Praia a Mare e Tortora). Nel 2001 questo dato si attestava al 43% circa, ma i comuni in questione erano sette: anche Latronico superava la soglia dei 5 mila abitanti. Anche se il dato è in diminuzione, il fenomeno dell accentramento in pochi centri è in aumento, basta pensare che il dato 2001 senza l apporto di Latronico scenderebbe al 39,6%, o in alternativa il dato 2007 con l apporto di Latronico si attesterebbe al 44,4%. Più semplicemente ripartendo i relativi dati per il rispettivo numero dei comuni, avremmo dei valori medi pari al 7,13% per il 2001 e 8,26% per il 2007, con un aumento in media quindi dell 1,13. Se, inoltre, consideriamo i comuni con più di 4 mila abitanti ( Francavilla in Sinni, Latronico, Morano Calabro e Saracena), questo dato cresce fino a toccare quasi il 53%. Inoltre è da notare che quattro (Praia a Mare, Belvedere Marittimo, Castrovillari e Tortora) dei sei comuni più popolosi, sono anche tra gli unici cinque comuni ad avere una densità superiore ad un abitante per ettaro; il quinto comune è quello di Verbicaro, con una popolazione di circa 3300 abitanti. Solo otto comuni dell area-parco hanno una densità superiore alla densità registrata nelle due province di riferimento (elaborazione dati ISTAT), e addirittura solo tre (Praia a Mare, Belvedere Marittimo, Castrovillari) superiore a quella della provincia di Cosenza (1,094 abitanti per ettaro). I sei comuni più popolosi, si localizzano tutti al di sotto dei 600 metri di altitudine sul livello del mare (assumibile, in linea generale, come quota di soglia tra collina e montagna), ed in generale, solo tre (Latronico, Morano Calabro e Saracena) di questi dieci comuni si trovano al di sopra dei 600 metri. La ripartizione dei comuni dell area-parco rispetto alle soglie dei 2000 abitanti (assumibile come soglialimite tra comuni piccoli e medi, nel contesto insediativo considerato) e dei 600 metri di altitudine è riportata nella tab. 2.4.

26 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 25 di 311 Tab Sistemi locali del lavoro: addetti e valore aggiunto dei comuni dell'area-parco (2001) Provincia Popolazione Addetti dell'area Occupati Tasso di Valore Aggiunto dell'area Sistemi Locali del Lavoro dei Popolazione Attiva Totali Disocc. Totale procapite comuni dell'area dell'area Agricoltura Industria Servizi dell'area dell'area dell'area euro euro Potenza FRANCAVILLA IN SINNI ,89% Potenza LATRONICO ,30% Potenza LAURIA ,39% Potenza ROTONDA ,82% Potenza SENISE ,93% Potenza SAN GIORGIO LUCANO ,09% Pot.-Cos. MORMANNO ,47% Matera POLICORO ,10% Cosenza BELVEDERE MARITTIMO ,72% Cosenza CASSANO ALLO IONIO ,61% Cosenza CASTROVILLARI ,67% Cosenza CERCHIARA DI CALABRIA ,97% Cosenza DIAMANTE ,60% Cosenza LUNGRO ,77% Cosenza PRAIA A MARE ,61% Cosenza SANT'AGATA DI ESARO ,33% Cosenza SCALEA ,40% Totale ,34% Fonte: Istat Provincia Potenza ,73% Provincia Cosenza ,13% Totale Province ,50% Quota area/province 14,42% 16,87% 23,3% 14,1% 14,5% 15,66% 131,59% 15,7% 108,6%

27 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 26 di 311 Tab Comuni appartenenti ai sistemi locali del lavoro PROVINCIA COMUNE SISTEMA LOCALE LAVORO 1991 SISTEMA LOCALE LAVORO 2001 COSENZA BELVEDERE MARITTIMO BELVEDERE MARITTIMO BELVEDERE MARITTIMO COSENZA SANGINETO BELVEDERE MARITTIMO BELVEDERE MARITTIMO COSENZA ALESSANDRIA DEL CARRETTO CASSANO ALLO IONIO CASSANO ALLO IONIO COSENZA PLATACI CASSANO ALLO IONIO CASSANO ALLO IONIO COSENZA CASTROVILLARI CASTROVILLARI CASTROVILLARI COSENZA CIVITA CASTROVILLARI CASTROVILLARI COSENZA FRASCINETO CASTROVILLARI CASTROVILLARI COSENZA MORANO CALABRO CASTROVILLARI CASTROVILLARI COSENZA SAN BASILE CASTROVILLARI CASTROVILLARI COSENZA SARACENA CASTROVILLARI CASTROVILLARI COSENZA CERCHIARA DI CALABRIA CERCHIARA DI CALABRIA FRANCAVILLA MARITTIMA COSENZA FRANCAVILLA MARITTIMA CERCHIARA DI CALABRIA FRANCAVILLA MARITTIMA COSENZA SAN LORENZO BELLIZZI CERCHIARA DI CALABRIA FRANCAVILLA MARITTIMA COSENZA BUONVICINO DIAMANTE DIAMANTE COSENZA MAIERA DIAMANTE DIAMANTE POTENZA FRANCAVILLA IN SINNI FRANCAVILLA IN SINNI SENISE POTENZA SAN SEVERINO LUCANO FRANCAVILLA IN SINNI SENISE POTENZA EPISCOPIA LATRONICO LATRONICO POTENZA LATRONICO LATRONICO LATRONICO POTENZA CASTELSARACENO LAURIA LAURIA POTENZA LAURIA LAURIA LAURIA COSENZA ACQUAFORMOSA LUNGRO LUNGRO COSENZA LUNGRO LUNGRO LUNGRO POTENZA CASTELLUCCIO INFERIORE MORMANNO MORMANNO POTENZA CASTELLUCCIO SUPERIORE MORMANNO MORMANNO COSENZA LAINO BORGO MORMANNO MORMANNO COSENZA LAINO CASTELLO MORMANNO MORMANNO COSENZA MORMANNO MORMANNO MORMANNO MATERA VALSINNI POLICORO POLICORO COSENZA AIETA PRAIA A MARE PRAIA A MARE COSENZA PRAIA A MARE PRAIA A MARE PRAIA A MARE COSENZA TORTORA PRAIA A MARE PRAIA A MARE POTENZA ROTONDA ROTONDA ROTONDA POTENZA VIGGIANELLO ROTONDA ROTONDA POTENZA CERSOSIMO SAN GIORGIO LUCANO SENISE POTENZA NOEPOLI SAN GIORGIO LUCANO SENISE POTENZA SAN COSTANTINO ALBANESE SAN GIORGIO LUCANO SENISE MATERA SAN GIORGIO LUCANO SAN GIORGIO LUCANO POLICORO POTENZA SAN PAOLO ALBANESE SAN GIORGIO LUCANO SENISE POTENZA TERRANOVA DI POLLINO SAN GIORGIO LUCANO SENISE COSENZA MOTTAFOLLONE SANT'AGATA DI ESARO SAN SOSTI COSENZA SAN DONATO DI NINEA SANT'AGATA DI ESARO SAN SOSTI COSENZA SAN SOSTI SANT'AGATA DI ESARO SAN SOSTI COSENZA SANT'AGATA DI ESARO SANT'AGATA DI ESARO SAN SOSTI COSENZA GRISOLIA SCALEA DIAMANTE COSENZA ORSOMARSO SCALEA SCALEA COSENZA PAPASIDERO SCALEA SCALEA COSENZA SANTA DOMENICA TALAO SCALEA SCALEA COSENZA VERBICARO SCALEA SCALEA POTENZA CALVERA SENISE SENISE POTENZA CARBONE SENISE SENISE POTENZA CASTRONUOVO DI SANT'ANDREA SENISE SENISE POTENZA CHIAROMONTE SENISE SENISE POTENZA FARDELLA SENISE SENISE POTENZA SENISE SENISE SENISE POTENZA TEANA SENISE SENISE Fonte: Istat

28 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 27 di 311 Tab Distribuzione dei comuni dell area-parco per classi di popolazione residente e di altitudine Popolazione Altitudine (m) (ab.) > 600 < 600 < 2000 > 2000 Acquaformosa, Alessandria del Carretto, Calvera, Carbone, Castelluccio Superiore, Castelsaraceno, Castronuovo Sant Andrea, Fardella, Noepoli, Plataci, San Costantino Albanese, San Donato di Ninea, San Lorenzo Bellizzi, San Paolo Albanese, San Severino Lucano, Teana, Terranova di Pollino Cerchiara di Calabria, Chiaromonte, Latronico, Lungro, Morano Calabro, Mormanno, Rotonda, Saracena, Viggianello Aieta, Cersosimo, Civita, Episcopia, Laino Castello, Maierà, Mottafollone, Orsomarso, Papasidero, San Basile, Sangineto, San Giorgio Lucano, Santa Domenica Talao, Valsinni Belvedere Marittimo, Buonvicino, Castelluccio Inferiore, Castrovillari, Francavilla in Sinni, Francavilla Marittima, Frascineto, Grisolia, Laino Borgo, Lauria, Praia a Mare, San Sosti, Sant Agata di Esaro, Senise, Tortora, Verbicaro Più in generale, è interessante rilevare, assumendo come dimensione demografica di riferimento quella dei 2 mila abitanti (al di sotto della quale possiamo collocare i piccoli comuni), che i comuni superiori a tale soglia ed al tempo stesso con altitudine inferiore ai 600 metri sono soltanto sedici su cinquantasei come è evidenziato nel prospetto seguente: Popolazione (ab.) Altitudine (m) > 600 < 600 Tot. < > Totale Puntando la lente di ingrandimento sui sedici comuni evidenziati si può rilevare quanto essi pesino sull ammontare complessivo di risorse economiche dell area-parco (v. tab. 2.5).

29 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 28 di 311 Tab Quadro socioeconomico per ambito territoriale al 2001 AMBITI TERRITORIALI Pop. Residente Totale Abitazioni Non occupate Posti letto SAU Addetti industria e servizi vendibili Val. ass. % Val. ass. % Val. ass. % Val. ass. % Val. ass. % Val. ass. % AREE PIANEGGIANTI E COLLINARI (< 600 m.) AREE MONTANE (> 600 m.) COMUNI PICCOLI n ,12% ,36% ,34% 823 7,34% ,66% ,77% COMUNI MEDI n ,53% ,18% ,54% ,67% ,89% ,04% COMUNI PICCOLI n ,50% ,02% ,68% 887 7,91% ,86% ,49% COMUNI MEDI n ,86% ,44% ,44% ,07% ,59% ,70% TOTALE % % % % % % Fonte: elaborazione su dati istat

30 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 29 di 311 Analizzando i principali indicatori socioeconomici, nell economia dell area-parco (assunta, come si è visto, nel territorio dei 56 comuni inclusi del tutto o in parte nel parco, a cavallo tra le province di Cosenza, di Potenza e di Matera) si evidenzia un ruolo importante dei comuni medi in territorio pianeggiante o collinare. In questi sedici comuni, come si evince dai grafici in fig. 2.3, è racchiusa oltre il 56% della popolazione residente (dato relativo al 2001, e che cresce fino a toccare il % nel 2007); la percentuale delle abitazioni varia tra il 56,2 % delle totali al 60% delle non occupate ; il dato sugli addetti si attesta oltre il 68%. Discorso a parte meritano gli ultimi due indicatori rimasti: SAU (Superficie Agricola Utilizzata) e posti letto. Per ciò che riguarda i posti letto la tendenza che si evidenzia è la stessa dei primi tre indicatori analizzati, con una concentrazione, nei comuni medi pianeggianti-collinari, che raggiunge quasi il 74% (dato 2001). Mentre per la SAU, si riscontrano dati più omogenei, che vanno dal quasi 31% dei soliti sedici comuni, al quasi 17% dei piccoli comuni pianeggianti-collinari, passando per il 27,9% dei piccoli comuni montani ed il 24,6 dei comuni medi montani. Fig Popolazione,addetti,abitazioni non occupate, per tipologie di comuni (2001)

31 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 30 di ELABORATI DEL PIANO PER IL PARCO Gli elaborati proposti per il Piano per il Parco sono: RELAZIONI DI PIANO Volume I - Introduzione - politiche ambientali, sensibilità ambientali sensibilizzazione, divulgazione ed educazione ambientale Volume II - Indirizzi, criteri e programmi su flora, vegetazione e fauna Volume III Rete Natura 2000 Volume IV Sistema forestale e agro-pastorale Volume V Indirizzi di politiche energetiche Volume VI Sottosistemi territoriali Volume VII - Sistema socio-economico indirizzi per il piano pluriennale economico e sociale programmazione strategica del piano Costituiscono il presupposto di definizione del quadro conoscitivo del Piano per il Parco i documenti di analisi e ricerca realizzati dall Ente, sia specificamente per la realizzazione degli strumenti di pianificazione e regolamentazione del Parco, sia in occasione delle altre attività di studio scientifico attuate. NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE Disposizioni generali Allegato 1 - Misure di gestione naturalistica (tutela della flora e della fauna, sensibilizzazione, divulgazione ed educazione ambientale) Allegato 2 - Tutela e gestione del sistema agrosilvopastorale Allegato 3 - Tutela e gestione del sistema abiotico (idrogeologico, geologico, cave, miniere, discariche e infrastrutture Allegato 4 - Politiche energetiche Allegato 5 - Accessibilità, fruizione, circolazione In base alla normativa vigente le Norme Tecniche di Attuazione sono chiamate a specificare, a rendere concrete ed effettive le scelte di piano, con la individuazione delle attività di trasformazione consentite in funzione delle zone individuate, delle modalità di esecuzione degli interventi, dei criteri di azione legati alla validità temporale del Piano. TAVOLE DI PIANO Tavola 1 Politiche ambientali: core areas ed altre aree ad elevato interesse naturalistico (scala 1: ) Tavola 2 Politiche ambientali: elementi di discontinuità, aree intermedie, aree di riequilibrio ecologico (scala 1: ) Tavola 3 Politiche ambientali: connessioni e continuità ecologiche del Parco (scala 1: ) Tavola 4 Le sensibilità ambientali (scala 1: ) Tavola 5 Sottosistemi territoriali (scala 1: )

32 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 31 di 311 Tavola 6 Tavola della zonizzazione, delle attrezzature e dei servizi (scala 1:50.000) Le tavole sono il risultato dell integrazione tra l insieme degli studi realizzati dall Ente Parco e le indicazioni contenute in disposizioni normative e linee guida comunitarie, nazionali e locali in materia di Politiche Ambientali. Esse sono elaborate tenendo conto dei dati storici di cui lo stesso Ente dispone e dell aggiornamento derivato dagli studi specifici di settore e dai programmi di ricerca effettuati dallo stesso Ente. 2.3 SINTESI DEI CONTENUTI DEL PIANO PER IL PARCO La normativa nazionale con la L. 394/91 indica il Piano per il Parco come mezzo di tutela dei valori naturali ed ambientali affidata all Ente Parco. La legge quadro definisce i settori di governo e le disposizioni generali a cui sottoporre l area protetta ed attraverso cui comporre il sistema di gestione e conservazione del Parco Nazionale. In particolare il Piano per il Parco disciplinerà l organizzazione (art 12): a) generale del territorio e la sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela; b) dei vincoli, destinazioni d uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del piano; c) dei sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo a percorsi, accessi e strutture riservate ai disabili, ai portatori di handicap ed agli anziani; d) dei sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del parco, musei, centri visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agrituristiche; e) degli indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull ambiente naturale in generale. I compiti affidati ad un Parco Nazionale, secondo la Legge 394/91, possono sintetizzarsi nei seguenti punti: conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici ed idrogeologici, di equilibri ecologici; applicazione e diffusione di metodi di gestione e di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo ed ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici ed architettonici, e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali; promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili; difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici ed idrogeologici; valorizzazione e sperimentazione di attività produttive compatibili. Il Piano per il Parco è un piano territoriale di area vasta finalizzato alla tutela e valorizzazione della risorsa ambientale attraverso la regolamentazione delle attività in essere sul territorio, riguardo

33 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 32 di 311 anzitutto alla tutela dei valori e dei corrispondenti interessi pubblici preminenti, costituiti dagli aspetti naturali, ambientali, storici, culturali, antropologici tradizionali. I contenuti sono quelli tipici di uno strumento di pianificazione generale che organizza l uso, il godimento e la tutela del territorio. In particolare il Piano per il Parco disciplina: l organizzazione generale del territorio; le aree differenziate di uso e tutela; i vincoli e le destinazioni di uso pubblico e privato; i sistemi di accessibilità veicolare o pedonale; i sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del Parco, quali musei, centri visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agrituristiche; gli indirizzi di tutela per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull ambiente naturale in genere. Il Piano per il Parco è predisposto dall Ente gestore (Ente Parco) previo parere della Comunità del Parco ed adottato dalle Regioni (Calabria e Basilicata) entro novanta giorni dal suo inoltro. Viene pubblicato ed a seguito delle osservazioni pervenute e del parere su tali osservazioni da parte dell Ente gestore, è definitivamente approvato dalla/e Regione/i, fermo restando il potere di surroga del Ministero dell Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare. Il Piano per il Parco è uno strumento dinamico destinato al periodico rinnovo secondo le disposizioni di legge, coordinato con il regolamento al quale sono demandate le previsioni stabili di svolgimento delle attività rilevanti e dei limiti e modalità di esse (articolate anch esse nell ottica della tutela dei valori di cui alla Legge 394/91). Il Piano per il Parco va valutato in prospettiva decennale, predisponendone l aggiornamento ai sensi dell art. 12, comma 6, della legge 6 dicembre 1991, n Il Piano per il Parco dispone una zonizzazione delle aree con effetti di sostituzione di ogni altro strumento settoriale ed urbanistico ai sensi della legislazione vigente, ad eccezione dei Piani Paesistici sovra ordinati (art.145 del Codice Urbani come modificato dal Dlg n.63 del 2008). Rispetto agli strumenti utilizzati nel Piano, la legge indica un elemento ricorrente della pianificazione urbanistica, la zonizzazione, individuando, come uno dei contenuti del Piano, l organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela. Tale prescrizione viene dettagliata al comma 2 dell art. 14, che recita: Il piano suddivide il territorio in base al diverso grado di protezione, prevedendo: a) riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità; b) riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonchè interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'ente Parco. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle opere esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457;

34 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 33 di 311 c) aree di protezione nelle quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'ente Parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonchè di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 31 della citata legge n. 457 del 1978, salvo l'osservanza delle norme di piano sulle destinazioni d'uso; d) aree di promozione economica e sociale facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori. Le reali possibilità di intervento sul territorio vengono chiarite richiamando il contenuto espresso del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia che, abrogando e sostituendo la legge n. 457 del 1978, all art. 3 definisce gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica. Riassumendo, nella seguente tabella si indica, per le varie zone del Parco (da A a D), la classifica delle possibili modifiche dello stato dei luoghi (dal livello più vincolante, nessuna modifica, alla nuova costruzione e alla ristrutturazione urbanistica, per le sole zone D). Zona Manutenzione ordinaria Manutenzione straordinaria Restauro e risanamento conservativo Ristrutturazione edilizia Nuova costruzione Ristrutturazione urbanistica A NO NO NO NO NO NO B SI SI NO NO NO NO C SI SI SI NO NO NO D SI SI SI SI SI SI In sintesi, le modifiche dello stato dei luoghi sono più genericamente possibili sono all interno delle zone D, essendo nelle altre zone impediti tutti gli interventi di nuova costruzione, da intendere in senso estremamente ampio, come precisa la norma; a titolo di esempio, sono da intendersi nuove costruzioni: l apertura di strade, le captazioni, la realizzazioni di opere connesse all utilizzo del fondo agricolo e via dicendo. Da qui discende un problema di fondo sul contenuto dei Piani per i Parchi laddove la norma deve calarsi in realtà molto fortemente antropizzate, come il Pollino. Mentre in Parchi a ridotta antropizzazione il rapporto tra le diverse Zone (A, B, C, D) può seguire un modello di più semplice applicazione, molto più complesso è il lavoro negli altri casi, che può passare: 1. attraverso una maggiore articolazione delle diverse Zone, immaginando più sottozone; 2. un ampliamento delle Zone D, prevedendo anche Zone D edificabili ma a limitato tasso d uso, laddove c è comunque una destinazione agro-silvo-pastorale consolidata.

35 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 34 di 311 Nel Piano per il Parco del Pollino, si propone una divisione del territorio nelle seguenti zone: SUDDIVISIONE PER GRADO DI PROTEZIONE ZONE SUPERFICIE (ha) RISERVE INTEGRALI ZONA A ,84% RISERVE GENERALI ORIENTATE ZONA B ,48% AREE DI PROTEZIONE ZONA C ,65% D1 - AREE URBANE ,99% AREE DI PROMOZIONE ECONOMICA E SOCIALE D2 - NUCLEI DI AGGREGAZIONE RURALE % ,71% D3 - AREE AGRICOLE ,20% D4 - INSEDIAMENTI PRODUTTIVI 237 0,13% Secondo la proposta di Piano, circa il 60% dell intero territorio compreso nel Parco Nazionale del Pollino va a ricadere nelle due zone di maggior tutela, più precisamente l 11,8% in Zona A ed il 48,5% in Zona B. A tal proposito si ricorda che, così come previsto dall art.14 comma 2 della legge 394/91, in zona A l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità e di conseguenza non è consentito alcun intervento; in zona B è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio, ma possono tuttavia essere consentite le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, gli interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'ente Parco stesso, le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere esistenti. La fase di analisi del territorio del Parco del Pollino, propedeutica alla definzione delle scelte di Piano si è svolta, secondo il seguente processo: Analisi dei dati e delle cartografie sulla distribuzione dei diversi elementi naturalistici. Alla conoscenza delle caratteristiche generali della trama territoriale, si è associata l individuazione delle emergenze naturalistiche di spicco per la conservazione della natura e per la gestione dell area protetta. Sovrapposizione degli strati informativi relativi ai diversi settori per l individuazione delle aree ad alta concentrazione di valori naturalistici di interesse che ha costituito la fase fondamentale per la definizione della Zona A di riserva integrale. Analisi delle caratteristiche delle aree ad alta concentrazione di valori naturalistici e del territorio loro circostante ed individuazione delle altre zone a differente grado di tutela. Sono così state valutate le caratteristiche delle aree tenendo presente le possibili necessità di gestione. In questo senso la zonizzazione del Parco, pur applicando un regime di tutela, progressivamente meno restrittivo alle diverse aree, non implica di per sé una diminuzione assoluta di importanza naturalistica. Individuazione della zona D e delle sottozone D1, D2, D3, D4 e D5 di interesse socioeconomico, realizzata circoscrivendo tutte le aree a forte presenza di infrastrutture abitative e produttive,

36 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 35 di 311 assieme alle loro aree di influenza. Inoltre sono state localizzate tutte quelle aree di possibile conflitto il cui inserimento nell una o nell altra zona è stato valutato con particolare attenzione. In linea generale si è cercato di arrivare ad una definizione della struttura zonale che rifletta la complessità dell assetto naturalistico ed antropico del Parco, e che costituisca il migliore compromesso possibile per una gestione delle aree che rispetti e valorizzi il rapporto tra attività umane e ambiente. Il Piano per il Parco prevede di suddividere il territorio in base al diverso grado di protezione, prevedendo 4 zone (A, B,C e D) secondo quanto disposto dall art.12 della Legge 394/91 e come rappresentato nella Tavola 6 della zonizzazione, delle attrezzature e dei servizi. ZONE A - RISERVE INTEGRALI Sono aree di eccezionale valore naturalistico in cui la storica marginalità dei processi di antropizzazione ha consentito la conservazione di valori naturali fondamentali da difendere. Al fine di salvaguardare tali valori nella loro integrità gli obiettivi sono: la tutela degli equilibri dinamici, dei processi ecosistemici, dei processi funzionali e strutturali legati ai fattori biotici (diversità genetica, specifica ed ecosistemica) ed abiotici esistenti; la prevenzione e l eliminazione di eventuali fattori di disturbo, aventi origine non naturale, endogeni ed esogeni. ZONE B - RISERVE GENERALI ORIENTATE Si tratta di aree in cui, accanto a componenti naturali di pregio, è rilevata la presenza antropica storicizzata e qualificata. Vi si trovano importanti emergenze naturalistiche da difendere, ma è presente anche l opera dell uomo. In queste zone è vietata ogni trasformazione del territorio. Sono aree destinate ad attività di restauro ambientale e di potenziamento della dotazione di risorse naturali, forestali e vegetali, nonché di conservazione delle utilizzazioni produttive tradizionali già presenti. Le indicazioni normative riguardano la regolazione dei manufatti esistenti in zona B e le esigenze di tutela dei paesaggi agrari e dei paesaggi insediativi inclusi in queste zone di elevata protezione. ZONE C - AREE DI PROTEZIONE Sono aree in cui emergono interessanti realtà naturali e valori paesistici integrati diffusi, caratterizzate dalla presenza di attività agro-silvo-pastorali, che allo stato attuale presentano nuclei abitati isolati, aree con dinamiche di abbandono colturale, superfici in fase di successione secondaria, con scarsa propensione all agricoltura intensiva. In tali aree possono continuare, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall Ente Parco, secondo gli usi tradizionali, o secondo i metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e di raccolta dei prodotti naturali. ZONE D - AREE DI PROMOZIONE ECONOMICA E SOCIALE Sono aree più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, destinate alla realizzazione di

37 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 36 di 311 opere di trasformazione ed allo svolgimento di attività compatibili con le finalità istitutive del Parco, nonché lo svolgimento di attività finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali ed al miglior godimento del Parco da parte dei visitatori. In tali zone la valorizzazione e la tutela del sistema-parco è affidata prioritariamente alla pianificazione comunale, auspicabilmente da realizzare in forma associata. Le zone D si classificano in: sottozona D.1 - aree urbane di antico impianto definite dal perimetro del centro urbano compatto, dai loro fronti e dalle aree libere integrate alle aree urbane storiche interni al perimetro del Parco; sottozona D.2 - nuclei di aggregazione in ambito a prevalenza rurale; tale sottozona D.2 riguarda aree, anche di ridotte dimensioni, nelle quali negli anni si è realizzata un aggregazione di insediamenti rurali, per i quali si indirizza un consolidamento ed un ulteriore aggregazione, al fine di ridurre l edificazione rurale diffusa e dispersa, il consumo di territorio libero, la proliferazione dei servizi. Riguarda anche aree interessate da abbandono degli edifici esistenti, con conseguente degrado dell insieme, per i quali si indirizza il recupero e l ulteriore aggregazione; sottozona D.3 - aree a spiccata destinazione agricola, con presenza di strutture connesse e con elementi naturali più estesamente modificati dai processi di antropizzazione. Tali aree sono individuate in base all analisi dei seguenti parametri: potenzialità produttiva ed uso reale del suolo; grado di antropizzazione ed infrastrutturazione. La funzione prevalente delle parti insediate è destinata alla residenzialità rurale, alla conduzione agricola, all accoglienza rurale, alla trasformazione locale di alcuni prodotti, alle produzioni tipiche, alle attrezzature per il turismo ed il tempo libero ed agli insediamenti artigianali diffusi. Sono compresi in questa sottozona anche ambiti del sistema insediativo diffuso, con campi anche chiusi, quasi privi di elementi di naturalità residuale immersi entro forme d uso a forte componente agricola (piccoli appezzamenti, orti, vigneti ), nelle quali la matrice territoriale è ormai tipicamente antropica, ma ancora con valenze paesaggistiche visuali vicine agli ambienti rurali. sottozona D.4 - aree destinate ad insediamenti produttivi artigianali ed industriali (PMI: piccole e medie imprese), così come definite dagli strumenti urbanistici comunali e dalla pianificazione sovraordinata. sottozona D.5 - attrezzature e servizi per la tutela e la valorizzazione del territorio del Parco. Tali aree sono prevalentemente singoli immobili o gruppi di immobili, nonché le relative aree di pertinenza o aree di ridotte dimensioni, o un percorso a sviluppo lineare, nel caso di strade o altre infrastrutture di collegamento, per le quali è attribuita una funzione primaria di fruizione, valorizzazione e tutela del Parco, costituendo, ognuno di essi, un nodo della rete di attrezzature e servizi del Parco. Oltre ad immobili e strutture ricadenti all interno del perimetro del Parco, costituiscono nodi di attrezzature e servizi finalizzati alla fruizione del Parco, anche una serie di elementi per i quali si è proceduto all identificazione sulla Tavola di Piano n. 6: Tavola della

38 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 37 di 311 zonizzazione, delle attrezzature e dei servizi; tali elementi sono comunque considerati nodi essenziali del sistema complessivo di fruizione del Parco, da intendersi come sistema strettamente interconnesso con i territori esterni allo stesso; per tali immobili e strutture, la previsione del livello di intervento ha carattere di indicazione programmatoria delle attività dell Ente. La zonizzazione proposta è stata discussa con le amministrazioni locali attraverso una fase di consultazione che ha visto impegnati gli uffici dall ottobre 2010 fino al febbraio In tale periodo l Ufficio di Piano ha incontrato 24 comuni del Parco ricadenti nella Basilicata e 32 in Calabria. Tale attività ha costituito parte sostanziale della fase di comunicazione e condivisione del Piano con i sindaci dei comuni, che nella quasi totalità dei casi non rappresentano esclusivamente gli interessi istituzionali ma sono portatori di istanze provenienti dal territorio. Dei 24 comuni lucani convocati, ventidue avevano mosso rilievi rispetto alla zonizzazione approvata dal Consiglio Direttivo dell Ente Parco il 18 giugno In Calabria invece solo 17 comuni su 32 avevano sollevato osservazioni rispetto alla zonizzazione approvata. In ognuna delle riunioni l ufficio ha presentato la zonizzazione elaborata sui criteri fissati dagli organi di indirizzo del Parco, ha dato indicazioni in merito alle integrazioni nel settore energetico, agricolo e forestale (integrazioni richieste dalla Comunità del Parco nella seduta del 10/12/2009 e dalla delibera n.33 del del Consiglio Direttivo) ed ha raccolto nuove osservazioni ed indicazioni dai comuni. In sintesi, un Piano per il Parco, confrontato con il complesso sistema pianificatorio vigente in Italia, presenta le seguenti caratteristiche: con la pianificazione paesaggistica, così come introdotta dalla Legge 1939, n. 1497, rilanciata dalla Legge 8 agosto 1985, n. 431, ed oggi regolamentata dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, il Piano per il Parco condivide: o la scala di dimensione ampia, che, nel caso di molti Parchi Nazionali è simile alla superficie di piccole o medie province italiane e nel caso del Pollino raggiunge i circa ettari; o l obiettivo prevalente di valori da tutelare, rispetto a trasformazioni da attuare, individuando misure per la conservazione, criteri di gestione, sistemi vincolistici e linee di intervento; analogamente alla pianificazione urbanistica, sia territoriale che locale, sono presenti: o la zonizzazione, cioè la divisione del territorio in zone, con corrispondenti vincoli, destinazioni d uso, norme; o una disciplina dell ambito della mobilità, nella particolare accezione che riveste in un area protetta;

39 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 38 di 311 o dei contenuti previsionali e prescrittivi per l ambito delle infrastrutture e dei servizi, per cui è stato possibile anche l identificazione puntuale e dettagliata; a differenza di un piano comunale generale, che è uno strumento di pianificazione ordinario, che deve definire gli usi del suolo e regolare, in particolare le trasformazioni fisiche e gli usi connessi, ha lo strumento attuativo del piano esecutivo, è di competenza di organi elettivi, il Piano per il Parco è uno strumento di pianificazione speciale, che deve definire le linee di conservazione di un sistema complesso, sia per aspetti fisici che per aspetti biologici o immateriali, non è competenza di un organo elettivo; in modo molto più spiccato rispetto alle altre strumentazioni urbanistiche, territoriali o paesistiche, il Piano per il Parco del Pollino è un piano di linee d azione, di interventi anche prevalentemente immateriali, è un piano di gestione con caratteristiche dinamiche. Rispetto alle misure di conservazione dei Siti Natura 2000, si fa presente che i contenuti e l iter approvativo del Piano per il Parco, come dettati dalla legge di riferimento, il detto art. 12 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, non prevedono espressamente il rapporto da costituirsi tra il Piano e i detti Siti, così come identificati ai sensi delle seguenti due direttive comunitarie: 1. Direttiva 79/409/CEE (Uccelli) «concernente la conservazione dell avifauna selvatica»; 2. Direttiva 92/43/CEE (Habitat) «relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche». Il riferimento normativo da considerare è quello specifico in materia, facendo riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, "Regolamento recante attuazione della direttiva n. 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche"; in particolare, il comma 3 dell art. 4 del detto decreto prevede: Qualora le zone speciali di conservazione ricadano all'interno di aree naturali protette, si applicano le misure di conservazione per queste previste dalla normativa vigente. Per la porzione ricadente all'esterno del perimetro dell'area naturale protetta la regione o la provincia autonoma adotta, sentiti anche gli enti locali interessati e il soggetto gestore dell'area protetta, le opportune misure di conservazione e le norme di gestione. Le misure di conservazione che la norma prevede per le aree protette sono: 1. le misure di salvaguardia, ai sensi della legge 394 del 1991 e dei decreti istitutivi delle aree come, nel caso del Parco, del DPR 15 novembre 1995, fino alla vigenza del Piano per il Parco; 2. il Piano per il Parco. In merito, ha precisato il Ministero dell ambiente e della tutela del territorio e del mare che, relativamente al rapporto tra il Piano e Siti Natura 2000, ha emesso nota circolare num. DPN in data ; nella detta nota, il MATTM indicava che, per l integrazione delle Misure di Conservazione dei Siti Natura 2000 nei Piani per i Parchi, era da attivare il seguente iter: per tutti i piani tuttora in corso di redazione, (ma anche per quelli già redatti, e/o già inoltrati alla regione e non ancora adottati che non abbiano esplicitamente considerato i siti Natura 2000), è indispensabile

40 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 39 di 311 effettuare l integrazione degli obiettivi generali e specifici di conservazione dei siti Natura 2000 all interno delle previsioni del Piano del Parco; Nel Piano approvato dal Parco, specificamente al detto rapporto tra la pianificazione dell area protetta ed i Siti Natura 2000, sono presenti: 1. l identificazione cartografica dei Siti Natura 2000 come base delle tavole di piano di analisi, previsione e prescrizione (Tavola 1: Organizzazione Generale del Territorio - Politiche ambientali: core areas ed altre aree ad elevato interesse naturalistico; Tavola 2: Organizzazione Generale del Territorio - Politiche ambientali: elementi di discontinuità, aree intermedie, aree di riequilibrio ecologico; Tavola 3: Organizzazione Generale del Territorio - Politiche ambientali: connessioni e continuità ecologiche del Parco; Tavola 4 Organizzazione Generale del Territorio Le sensibilità ambientali; Tavola 5: Organizzazione generale del Territorio I sottosistemi territoriali; Tavola 6: Tavola della zonizzazione, delle attrezzature e dei servizi); 2. il richiamo al Sistema Natura 2000 in tutte le parti di Relazione di Piano illustrative delle dette tavole; 3. l inserimento, all interno delle Norme Tecniche di Attuazione, di un articolato specifico per le misure di conservazione relative ai siti o alle porzioni di siti ricadenti nelle Zone A e B di Piano per il Parco; 4. un volume specifico, il terzo dei sette volumi della Relazione di Piano, dedicato a Rete Natura 2000, contenente gli obiettivi generali e specifici di conservazione; 5. all interno del detto volume terzo della relazione di Piano, delle schede descrittive, previsionali e prescrittive per ciascun sito SIC e ciascuna ZPS (tipologia, regione biogeografia, provincia, comuni, estensione, range altitudinale, caratterizzazione habitat di interesse comunitario, specie di interesse comunitario, specie di interesse conservazionistico, elementi di criticità, complete con misure di Conservazione per ogni singolo Habitat ed ogni singola specie). 2.4 OBIETTIVI E POLITICHE DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE La tutela e la valorizzazione delle emergenze presenti e dei processi ecologici in atto nell intero ecosistema Parco è obiettivo sostanziale e primario del redigendo strumento. Essa deve necessariamente essere affiancata da una valorizzazione economica compatibile realizzata prioritariamente per la promozione di attività, piuttosto che per la realizzazione di opere. Tale impostazione trova riscontro sia nelle esigenze del territorio sia nell apparato normativo di sostegno alla gestione delle aree protette: la Legge Quadro sulle aree protette 394/91. Vengono infatti stabilite all art.1 della suddetta legge le finalità di queste aree destinate a criteri particolari di gestione: a) conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici ed idrogeologici, di equilibri ecologici;

41 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 40 di 311 b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare un'integrazione tra uomo ed ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici ed architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali; c) promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili; d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici ed idrogeologici. Lo stesso articolo ribadisce che nell attuazione delle politiche di gestione lo Stato, le Regioni e gli Enti locali dovranno agire attuando forme di intesa e concertazione [...]. Tali propositi trovano ampia corrispondenza nelle politiche di sostenibilità ambientale definite non solo a livello nazionale ma anche e soprattutto a livello internazionale. Gli stessi all interno dell area protetta trovano la naturale collocazione, perché in prospettiva abbiano applicazione dei modelli ecocompatibili di gestione del territorio e politica ambientale di riferimento esportabili all esterno dei confini del Parco Nazionale. Gli obiettivi generali del Piano sono quindi: - Assicurare la conservazione ed il miglioramento dei sistemi naturali e seminaturali; Questo attraverso l attuazione di iniziative ed azioni che assicurino la conservazione ed il miglioramento delle condizioni di biocenosi e dei biotopi naturali e seminaturali, sia in area parco che al di fuori dei propri confini, con l eliminazione dei fattori che possono condurre alla semplificazione ed all alterazione ecosistemica, facendo in modo anzi di pervenire a condizioni di complessità ecosistemica via via maggiori prestando particolare attenzione alla salvaguardia delle interrelazioni funzionali esistenti o potenziali tra e nei i sistemi ambientali; attraverso misure atte a garantire e realizzare la conservazione della biodiversità a livello di specie, di habitat e genetica; tutelando e monitorando specie animali e vegetali, associazioni vegetali e o forestali, comunità biologiche biotopi e specie rare o in pericolo di estinzione e /o gravate da problemi di conservazione o gestionali, di interesse scientifico, biogeografico e comunitario. - Assicurare la continuità tra i sistemi naturali (funzionalità della rete ecologica); Attraverso il funzionamento e la salvaguardia del sistema Rete Natura 2000 e la definizione di una rete ecologica all interno del Parco Nazionale (core areas, aree tampone e corridoi ecologici) basata su approcci a più livelli (di specie, di comunità, di ecosistemi), con l eliminazione dell effetto barriera dovuto alle infrastrutture viarie e non, tramite il mantenimento ed il restauro della connettività eco-funzionale tra i sistemi naturali e seminaturali, ed il mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio rurale. - Applicazione e diffusione di metodi di gestione e di restauro ambientale per realizzare un'integrazione tra uomo ed ambiente naturale. Attraverso la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici ed architettonici presenti nel Parco Nazionale, la salvaguardia e la promozione delle attività agrosilvopastorali tradizionali, la Gestione Forestale Sostenibile.

42 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 41 di Difesa e ricostituzione dell'assetto idrogeologico del territorio e conservazione e promozione dell'emergenze e singolarità geologico-geomorfologiche. - Promozione e valorizzazione delle attività produttive sostenibili. Implementando una normativa adattiva e processuale che regoli i processi di trasformazione/razionalizzazione delle aree di conflitto che vengono determinate dalla giustapposizione di situazioni di elevatissimo pregio e sensibilità ambientale e la presenza antropica con le sue esigenze di sviluppo; adottando le migliori soluzioni possibili per la compatibilità ambientale; promuovendo il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio ed infrastrutturale; minimizzando l uso di risorse non rinnovabili e utilizzando le risorse rinnovabili entro i limiti di possibilità di rigenerazione e facendo in modo che l uso delle stesse risorse non comprometta la complessità dei processi ecologici collegata ad esse; sviluppando e promuovendo il riordino complessivo del sistema insediativo, della sua organizzazione funzionale, del sistema delle relazioni e della promozione di forme di specializzazione nel complesso del territorio del Pollino; contenendo ulteriori forme di consumo di suolo nel territorio aperto; migliorare il livello di sicurezza del territorio e delle popolazioni; promuovendo e valorizzando le attività agro-silvopastorali. - Promozione di attività di educazione, di formazione nonché attività ricreative compatibili. Sostenendo iniziative di sensibilizzazione, divulgazione ambientale e meccanismi partecipativi, promozione ed incentivazione di iniziative eco-compatibili; programmando attività e progetti dalle ricadute dirette e benefiche sulla qualità della vita dei cittadini del parco e sulla qualità dell ambiente locale. I criteri metodologici utilizzati nella definizione dei suddetti obiettivi generali ed, a partire da questi, l elaborazione degli obiettivi specifici afferenti, prendono in considerazione la corposa documentazione (conferenze, trattati, normativa) prodotta a livello nazionale, comunitario ed internazionale riguardante i temi della salvaguardia ambientale e dello sviluppo sostenibile. La contestualizzazione ed il confronto di tale materiale con le problematiche locali e le potenzialità presenti in area parco rende più efficace la definizione delle misure necessarie per il raggiungimento delle finalità istitutive del Parco Nazionale Politiche di sostenibilità ambientale in ambito internazionale, comunitario e L.394/91 IUCN di Guidelines for Protected Areas Management Categories del 1994 In esso per la prima volta vengono definiti gli obiettivi di gestione perseguibili dall istituzione dei Parchi Nazionali. Secondo tale documento i Parchi Nazionali rientrano in categoria II, si tratta di aree naturali la cui gestione è incentrata primariamente sulla protezione degli ecosistemi ed a fini ricreativi. L istituzione di tali aree è quindi motivata dall esigenza di proteggere e favorire il recupero dell integrità ecologica degli ecosistemi perché ne possano fruire le generazione presenti e quelle future, escludendo le

43 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 42 di 311 utilizzazioni o le occupazioni di suolo conflittuali ed incompatibili dal punto di vista ambientale e culturale ed assecondando le opportunità di godimento educative, scientifiche, spirituali e ricreative. Tematiche affrontate: -gestione della fruizione per fini educativi, ricreativi, spirituali e culturali in modo tale da mantenere l area allo stato naturale o semi-naturale; -eliminazione e prevenzione delle utilizzazioni e delle occupazioni del suolo conflittuali con le ragioni di istituzione del Parco; -considerazione delle esigenze delle popolazioni locali, compresa l opportunità d uso delle risorse, in maniera tale che esso non confligga con gli altri obiettivi di gestione; -protezione delle aree di valore naturale e scenico di importanza nazionale ed internazionale; -conservazione, per quanto possibile,allo stato naturale degli esempi rappresentativi di regioni fisiografiche, comunità biotiche, risorse genetiche e specie al fine di salvaguardare la stabilità e la diversità ecologica; -garanzia del rispetto delle caratteristiche ecologiche, geomorfologiche, culturali ed estetiche che hanno determinato la designazione dell'area protetta. Convenzione sulla diversità Biologica Essa è finalizzata ad anticipare, prevenire e combattere alla fonte le cause di significativa riduzione o perdita della diversità biologica in considerazione del suo valore intrinseco e dei suoi valori ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi, culturali, ricreativi ed estetici. La Convenzione è intesa anche a promuovere la cooperazione tra gli Stati e le organizzazioni intergovernative. Tematiche affrontate: - uso sostenibile delle risorse; - prevenire e attenuare i conflitti tra gli esseri umani e la fauna e la flora selvatiche; - la giusta ed equa divisione dei benefici dell'utilizzo delle risorse genetiche, compreso attraverso un giusto accesso alle risorse genetiche ed attraverso un appropriato trasferimento delle tecnologie necessarie; - aree protette, miniere e energia; - aree protette, acqua dolce e quadri integrati di gestione di bacini fluviali; - conservazione della diversità biologica a livello genetico, di specie ed eco sistemico. Nell ambito della Convenzione è stato elaborato l approccio ecosistemico: esso considera la comunità umana come parte degli ecosistemi e non elementi di disturbo degli stessi. Durante la V conferenza delle parti sono stati elaborati 12 principi che decodificano l approccio ecosistemico : 1) la gestione delle risorse naturali è il risultato di una scelta sociale; 2) la gestione dovrà essere decentralizzata, a partire dai livelli strutturali più bassi; 3) la gestione deve tener conto degli effetti delle attività praticate nelle adiacenze; 4) è necessario considerare l'ecosistema in un contesto economico;

44 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 43 di 311 5) la gestione deve considerare attentamente e scientificamente la struttura, il funzionamento e la conservazione degli ecosistemi; 6) gli ecosistemi devono essere gestiti entro i limiti delle loro funzioni; 7) la programmazione delle attività negli ecosistemi deve prevedere scale spaziali e temporali adeguate; 8) si deve riconoscere la variabilità delle scale temporali e gli effetti ritardo che caratterizzano i processi degli ecosistemi, gli obiettivi devono essere identificati con una visione di lungo termine; 9) si deve accettare che il cambiamento dell'ecosistema è inevitabile; 10) bisogna stabilire un equilibrio tra la conservazione e l'uso della diversità biologica; 11) si deve tener conto di tutte le informazioni rilevanti, incluse quelle scientifiche, innovative e quelle provenienti dalle tradizioni indigene; 12) si devono coinvolgere tutti i settori sociali e scientifici di rilievo. V Congresso Mondiale Parchi- Durban action plan- (Durban 2003) Commissione Mondiale Parchi IUCN RACCOMANDAZIONI - Buon governo delle aree protette - Valutazione dell'efficacia della gestione a sostegno delle aree protette - Sistema delle categorie per la gestione delle aree protette - Benefits beyond boundaries (vantaggi oltre i confini) tutela ambientale e qualità ecosistemica e gestionale che dalle aree protette dovrebbe irradiarsi nell intorno - Buone pratiche - Distribuzione equa e giusta dei benefici scaturiti dall uso delle risorse genetiche - Popoli indigeni e aree protette. - Aree conservate dalle comunità - Le città e le aree protette - Il turismo come strumento di conservazione e sostegno alle aree protette. - Reti ecologiche - Mantenimento dei servizi ecosistemici e conservazione della biodiversità come strumenti indispensabili per lo sviluppo sostenibile - Rafforzamento delle aree protette montane come contributo essenziale per lo sviluppo sostenibile delle zone montane - Il cambiamento climatico e le aree protette. - Programma strategico di comunicazione, educazione e sensibilizzazione della opinione pubblica sulle aree protette. - Rete per l'insegnamento in materia di aree protette. - Rafforzamento delle capacità individuali e di gruppo nella gestione delle aree protette nel XXI secolo.

45 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 44 di Evoluzione delle capacità istituzionali e sociali nella gestione delle aree protette nel XXI secolo. - Finanziamento delle aree protette da parte del settore privato. - Povertà e aree protette. - Rete mondiale per sviluppo di iniziative transfrontaliere di conservazione. - Riconoscimento della diversità dei tipi di governo delle aree protette e fornitura di sostegno al riguardo. - Istituzione di sistemi di aree protette completi ed efficaci A questo fine il Congresso evidenzia la necessità di: 1. assicurare un contributo essenziale delle aree protette alla conservazione della diversità biologica nel mondo; 2. assicurare un contributo essenziale delle aree protette allo sviluppo sostenibile. 3. una rete mondiale di aree protette integrate con i paesaggi terrestri e marini circostanti; 4: miglioramento di qualità, efficacia e sistemi di valutazione della gestione delle aree protette; 5: riconoscimento e garanzia dei diritti delle popolazioni autoctone e migranti e delle comunità locali riguardo alle risorse naturali e alla conservazione della diversità biologica; 6: maggior potere decisionale per le giovani generazioni; 7: maggior sostegno alle aree protette di altri gruppi d'interesse; 8: migliore governance, con l'utilizzazione combinata dei metodi tradizionali e degli approcci innovativi di potenziale interesse per la conservazione; 9: forte aumento delle risorse per le aree protette, proporzionate al loro valore e alle loro necessità. 10: miglioramento della comunicazione e dell'educazione sulla funzione e i benefici delle aree protette. COM(2001) 264 e [COM(2005) 658 UE Sviluppo Sostenibile, I Criteri di Sviluppo Sostenibile (Manuale della Commissione CEE per la VAS ed i piani di Sviluppo Regionale) -Partecipazione dei cittadini, delle imprese e delle parti sociali alle decisioni in materia di sviluppo -Principi di precauzione e del "chi inquina paga, Utilizzare le risorse rinnovabili entro i limiti e ele possibilità di rigenerazione -Tutela dell'atmosfera su scala mondiale e regionale -Minimizzare l'utilizzo di risorse non rinnovabili -Mantenere e migliorare il suolo e le risorse idriche -Utilizzare e gestire in maniera valida sotto il profilo ambientale le sostanze ed i rifiuti pericolosi o inquinanti -Mantenere e migliorare il patrimonio storico culturale -Preservare e migliorare la situazione della flora e della fauna selvatiche, degli habitat e dei paesaggi -Utilizzo delle migliori conoscenze disponibili

46 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 45 di 311 -Mantenere e migliorare la qualità dell'ambiente locale -Sviluppare le sensibilità, l'istruzione e la formazione in campo -Coerenza e integrazione delle politiche -Solidarietà intra ed intergenerazionale -Promozione e tutela dei diritti fondamentali -Garanzia di una società aperta e democratica COM(2005) 670 UE Uso sostenibile risorse naturali -Ridurre gli impatti ambientali negativi derivanti dall uso delle risorse naturali (scongiurare esaurimento delle risorse ed inquinamento e puntare all so più efficace e sostenibile delle risorse naturali lungo il loro ciclo di vita). -Migliorare l'applicazione della direttiva sulla valutazione di impatto ambientale; -Uso più efficace e sostenibile delle risorse naturali lungo il loro ciclo di vita. -Promuovere le misure agroambientali in seno alla politica agricola comune -Realizzare un partenariato per una gestione sostenibile del turismo -Pubblicare una comunicazione sull'importanza dell'integrazione dell'ambiente nella gestione e nell'assetto del territorio COM(2007) 225 Revisione sesto programma comunitario di azione in materia ambientale -Applicare i principi di una migliore regolamentazione alla politica ambientale (utilizzo dei meccanismi di mercato, semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi, collaborazione con le parti interessate, ecc.) -Promuovere l'integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche (tra cui l'agricoltura, la ricerca, la pesca e i trasporti) -Divulgare le buone prassi e promuovere gli scambi di esperienze sulla pianificazione sostenibile, compresa quella delle zone urbane; -Salute, attuazione effettiva delle iniziative comunitarie, tra le quali la direttiva quadro sull'acqua, il regolamento REACH, la strategia sull'inquinamento atmosferico e la proposta relativa ai pesticidi -Risorse naturali e di rifiuti, importanza del rispetto della strategia tematica per la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti e sulla direttiva quadro sui rifiuti -Natura e biodiversità, completare estenzione, e della rete Natura 2000 (applicazione Direttiva 92/43/CEE Habitat e Direttiva 79/409/CEE Uccelli) e di estenderla, porre fine alla deforestazione, in particolare lottando contro il commercio illegale di legno. -Cambiamenti climatici, occorre realizzare gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto, sviluppare gli strumenti e le tecnologie,, nonché preparare l'adeguamento alle conseguenze inevitabili dei cambiamenti climatici -Migliorare l'attuazione e il rispetto della normativa

47 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 46 di 311 -Cooperazione internazionale(promozione dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo, creazione di una "diplomazia ambientale", promozione del trasferimento di tecnologie, ecc.), Art 174 trattato UE La politica della Comunità in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, protezione della salute umana, utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale. La politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga». In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura comunitaria di controllo. Agenda 21 ONU - Integrazione ambiente e sviluppo nei processi decisionali - Approccio integrato alla pianificazione e gestione delle risorse territoriali - Rafforzamento del ruolo commerciale e delle imprese - Cambiamento dei modelli di consumo, - Promozione e protezione della salute - Gestione ambientale delle biotecnologie - Dinamicità e sostenibilità demografica, rafforzamento del ruolo delle minoranze etniche e delle loro comunità - Promozione dell'agricoltura sostenibile e dello sviluppo rurale - Promozione dello sviluppo sostenibile a livello urbano - Protezione atmosfera - Protezione e gestione dell'acqua dolce - Gestione compatibile con la tutela ambientale dei rifiuti solidi e delle acque reflue - Promozione dell'educazione, sensibilizzazione pubblica e formazione - Bambini e giovani per lo sviluppo sostenibile - Iniziative delle amministrazioni a supporto dell'a21l - Accordi istituzionali internazionali

48 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 47 di 311 Legge Quadro Aree Protette L.394/91 art. 12 Piano per il Parco - Vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del piano - Aree di promozione economica e sociale facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori. - Sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani - Aree di protezione nelle quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'ente parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. - Sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione socia le del parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agro-turistiche - Organizzazione del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela :riserve integrali,riserve generali orientate, aree di protezione e aree di promozione economica e sociale -Ai sensi dell art 12.1 La tutela dei valori naturali ed ambientali nonché storici, culturali,antropologici tradizionali (mod. L.426/98) affidata all'ente parco è perseguita attraverso lo strumento del Piano per il Parco.

49 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 48 di QUADRO NORMATIVO E PROGRAMMATICO PER LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE 3.1 RIFERIMENTI NORMATIVI E STRATEGICI INTERNAZIONALI, NAZIONALI E REGIONALI Vengono di seguito elencati i principali riferimenti di cui si è tenuto conto nella redazione del presente lavoro: Riferimenti a livello Internazionale Acqua - Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque; - Direttiva 91/676/CE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque contro l'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole; - Direttiva 91/271/CE del Consiglio del 21 maggio 1991, concernete il trattamento delle acque reflue urbane. Ambiente e salute - Strategia europea per l ambiente e la salute, COM (2003) 338 def. Bruxelles Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo relativa all istituzione dei un secondo programma d azione comunitaria in materia di salute ( ) COM (2007) 150 def Ambiente urbano - Comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento Europeo relativo ad una strategia tematica sull ambiente urbano Bruxelles Aria e cambiamenti climatici - Decisione 2002/358/CE del Consiglio del , relativa all approvazione del protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l esecuzione congiunta degli impegni che ne derivano; - Comunicazione della commissione al Consiglio ed al Parlamento Europeo Strategia tematica sull inquinamento atmosferico COM(2005) 446; - Direttiva 2001/81/CE: Parlamento Europeo e Consiglio del 23 ottobre 2001 relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici; - Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dall inquinamento. Energia - Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili Libro bianco per una strategia e un piano di azione della Comunità, COM(97) 599 def; - Direttiva 2001/177/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell elettricità;

50 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 49 di Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del sul rendimento energetico nell edilizia, Direttiva 2003/30/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell sulla promozione dell uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti; - Direttiva 2006/32/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del concernente l efficienza degli usi finali dell energia e servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CE del Consiglio; - Direttiva 2009/28/CEE Promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifiche e successiva abrogazione delle Direttive 2001/77/CEE e 2003/30/CE. La direttiva liberalizza maggiormente il mercato delle energie rinnovabili. Natura e Biodiversità - Convenzione internazionale relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici Ramsar (1971); - Convenzione di Berna relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa (1979); - Convenzione sulla biodiversità (CBD), Nazioni Unite - Rio de Janeiro 1992; - Comunicazione commissione strategia comunitaria per la diversità biologica (1998); - Direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione dell'avifauna selvatica; - Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche; - Comunicazione della commissione: arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltre (2006); - Protocollo di Kyoto (ratificato nel 2002); - Piano d azione comunitario per la biodiversità (2001); - Regolamento n. 1698/2005/CE. Foreste - Strategia forestale dell unione europea (risoluzione 1999/c/56/01); - Convenzione delle nazioni unite sulla lotta contro la desertificazione -UNCDD 1994; - Processo PanEuropeo delle Conferenze Ministeriali per la Protezione delle Foreste in Europa (MCPFE) : Conferenza di Strasburgo (1990), Conferenza di Helsinki (1993), Conferenza di Lisbona (1998), Conferenza di Vienna (2003), Conferenza di Varsavia (2007); - Regolamento (CEE) n.3528/86 programma CON.ECO.FOR. ; - Regolamento (CEE) n. 3529/86 protezione delle foreste dagli incendi; - Regolamenti (CEE) n. 2157/92 e 2158/92, protezione delle foreste contro l inquinamento atmosferico e gli incendi; - Regolamento (CE) n.2152/2003 Forest Focus ; - Regolamento (CE) n.614/2007 LIFE+; - Regolamento (CEE) n.867/90, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della selvicoltura; - Comunicazione (COM(2006)302 del giugno 2006, Piano d Azione dell UE per le Foreste (PAF);

51 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 50 di Direttiva 1999/105/CE relativa alla commercializzazione dei materiali forestali di moltiplicazione; - COM (2010) 66 LIBRO VERDE La Protezione e l Informazione sulle Foreste nell UE Preparare le foreste ai cambiamenti climatici. Agricoltura e zootecnia - Regolamento CE n. 1782/03 del Consiglio del 29 settembre 2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell ambito della politica agricola comune (GUCE L 270/2003); - Direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GUCE L 103/1979); - Direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GUCE L 206/1992); - Reg CE 834/07 e Reg Ce 889/08, Agricoltura Biologica; - Reg CE/1698/05, Agricoltura Integrata. Paesaggio - Convenzione europea del paesaggio, Firenze 20 Ottobre 2000; - Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo, Postdam, maggio Rifiuti e bonifiche - Raccomandazione dell OCSE per una gestione ambientalmente compatibile dei rifiuti (approvata con dec. Cons. CE 90/170/CEE); - VI Programma d azione per l ambiente COM(2001) 31 def.; - Strategia di Lisbona e Goteborg (2005); - Strategia tematica per la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti COM (2005) 666; - Strategia tematica per l'uso sostenibile delle risorse naturali COM(2005) 670; - Strategia tematica concernente l'utilizzo sostenibile dei pesticidi" COM(2006) 372 def.; - Direttiva 156/1991/CE quadro sui rifiuti; - Direttiva 689/1991/CE sui rifiuti pericolosi; - Direttiva 62/1994/CE sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio; - Direttiva 31/1999/CE sulle discariche; - Direttiva 78/2000/CE incenerimento rifiuti. Rischi tecnologici - Direttiva 96/82/CE del Consiglio del sul controllo dei pericoli di incedenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose; - Direttiva 2003/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del che modifica la direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incedenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose; - Direttiva 2004/108/CE concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e abrogazione della direttiva 89/336/CEE.

52 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 51 di 311 Rumore - Direttiva 2000/14/CE concernente l'emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all'aperto; - Direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale. Suolo e rischi naturali - Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque; - Decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente; - Regolamento CEE n 2158/92 del Consiglio del relativo alla protezione delle foreste nella Comunità contro gli incendi; - Direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura. Trasporti - Libro bianco La Politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte COM/2001/0370. Turismo - Carta del Turismo sostenibile Conferenza internazionale Lanzarote 1996; - Codice globale di Etica per il turismo World Tourism Organisation 1999; - Startegia Europea sulla gestione integrata delle Zone Costiere ICZM 200; - Carta di Rimini Conferenza Internazionale per il Turismo Sostenibile Riferimenti di livello nazionale Acqua - Decreto Presidente Repubblica 24/05/1988 n 236; - Attuazione della direttiva CEE numero 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987; - Legge 05/01/1994 n 36 Disposizioni in materia di risorse idriche; - Decreto Presidente Repubblica 18/02/1999 n 238; - Regolamento recante norme per l'attuazione di talune disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36, in materia di risorse idriche; - D.Lgs n 152 Disposizioni sulla tutela delle acque dall inquinamento e recepimento della Direttiva 91/2717CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e delle Direttiva 91/678/CEE relativa alla protezione delle acque dell inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole; - D.Lgs. 02/02/2001 n 31 Attuazione della Direttiva 98/83/CE relativa alla qualita' delle acque destinate al consumo umano;

53 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 52 di Decreto Ministeriale 06/11/2003 n 367 Regolamento concernente la fissazione di standard di qualita' nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152; - D.Lgs. 03/04/2006 n 152 Norme in materia ambientale; - Decreto legislativo 23 Febbraio 2010, n. 49 (Gestione alluvioni); - Attuazione della Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni (G.U. n. 77 del 2 aprile 2010); - Legge , n. 179 Disposizioni in materia ambientale; - D.L , n. 279 convertito in legge da L , n Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonchè a favore di zone colpite da calamità naturali; - D.L , n. 132 convertito in legge da L , n. 226 Interventi urgenti in materia di protezione civile; - D.P.R Delimitazione del bacino idrografico del fiume Arno; - D.L , n. 180 convertito in legge da L. 1998, n. 267, modificato dal D.L , n.132 convertito in legge da L , n. 226 e successivamente modificato dal D.L convertito in legge da L , n. 365 Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania; - D.P.C.M Atto di indirizzo e coordinamento per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180; - D.M Direttive tecniche per l'individuazione e la perimetrazione, da parte delle Regioni, delle aree a rischio idrogeologico; - D.P.R Atto di indirizzo e coordinamento per determinare i criteri di integrazione e di coordinamento tra le attività conoscitive dello Stato, delle autorità di bacino e delle regioni per la redazione dei piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, recante norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo; - Legge , n. 37 Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche; - D.P.R Atto di indirizzo e coordinamento in ordine alle procedure ed ai criteri per la delimitazione dei bacini idrografici; - D.P.R Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni recante criteri e modalità per la redazione dei programmi di manutenzione idraulica e forestale; - D.P.R.: Atto di indirizzo e coordinamento per determinare i criteri di integrazione e di coordinamento tra le attività conoscitive dello Stato, delle autorità di bacino e delle regioni per la redazione dei piani di bacino; - Legge , n. 253:Disposizioni integrative alla legge 183/89; - Legge , n. 360:Interventi urgenti per Venezia e Chioggia;

54 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 53 di D.P.C.M : Atto di indirizzo e coordinamento ai fini della elaborazione e della adozione degli schemi previsionali e programmatici di cui all'art. 31 della legge 18 maggio 1989, n. 183, recante norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo; - Legge , n. 183:Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo; - R.D. 25 luglio 1904, n. 523:Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie. Aria e cambiamenti climatici - Legge 13/07/1966 n 615. Provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico; - Decreto Presidente Repubblica 24/05/1988 n 203. Attuazione delle Direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183; - Decreto Pres. Cons. Ministri 21/07/1989. Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni, ai sensi dell'art. 9 della legge 8 luglio 1986, n. 349, per l'attuazione e l'interpretazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, recante norme in materia di qualità dell'aria relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto da impianti industriali; - Decreto Ministeriale 12/07/1990. Linee guida per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione; - D.Lgs. 04/08/1999 n 351. Attuazione della Direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualita' dell'aria ambiente; - Legge 120 del Ratifica del Protocollo di Kyoto Piano di Azione Nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas serra; - D.Lgs n 171 Attuazione della Direttiva 2001/81/CE relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici ; - D.Lgs , n 387 Attuazione della Direttiva 2001/77/Ce relativa alla promozione dell energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell elettricità ; - Decreto Ministeriale 16/01/2004 n 44 Recepimento della Direttiva 1999/13/CE relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili di talune attivita' industriali, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203; - D.Lgs. 21/05/2004 n 171. Attuazione della Direttiva 2001/81/CE relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici; - D.Lgs 19/8/2005 n 192 Attuazione della Direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell edilizia ; - D.Lgs del n 311 Disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs 192; - D.Lgs n 59 Attuazione integrale delle Direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrale dell inquinamento; - D.Lgs. 03/08/2007 n 152 Attuazione della Direttiva 2004/107/CE concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente.

55 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 54 di 311 Energia - D.P.R. 27 maggio 1991, n. 395 Approvazione del regolamento di attuazione della legge 9 dicembre 1986, n. 896, recante disciplina della ricerca e della coltivazione delle risorse geotermiche ; - Decreto Legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 T.U. concernente le imposte sulla produzione dei consumi e relative sanzioni penali ed amministrative ; - Decreto Legislativo 16 marzo 1999, n. 79 Attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica ; - Legge 6 dicembre 1991 n. 394 e ss.mm.ii. Legge quadro sulle aree naturali protette ; - Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 "Attuazione della Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità"; - Decreto del 20/7/2004 Nuove individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all art. 18 comma 4 del D.Lgs n 164; - Decreto del 20/7/2004 Nuove individuazione degli obiettivi quantitativi per l incremento dell efficienza energetica negli usi finali di energia ai sensi dell art.9 comma 1 del D.Lgs n 79 - D. Lgs. n. 152/06 Testo Unico Ambientale ; - DM 17 ottobre 2007 Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e Zone di protezione speciale (ZPS) ; - Decreto Legislativo 30 maggio 2008, n. 115 Attuazione della Direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della Direttiva 93/76/CEE ; - D.M. 2 marzo 2010 Decreto di Attuazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sulla tracciabilita' delle biomasse per la produzione di energia elettrica ; - Legge n. 96 del 4 giugno 2010 Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2009 ; - D.M. 6 agosto 2010 Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare ; - D.M. 10 settembre 2010 Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati a fonti rinnovabili. Natura e Biodiversità - Legge 394/1991 Legge quadro sulle aree protette; - Legge 157/1992 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio; - DPR 357/97 e ss.mm. Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE.

56 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 55 di 311 Foreste - Regio Decreto Legge n.3267 del Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e territori montani ; - Decreto Legislativo n.227/2011 Modernizzazione del settore forestale ; - Legge 353/2000 Legge Quadro in materia di Incendi Boschivi; - Programma Quadro per il Settore Forestale (PQSF) Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni- Atti n. 265/CSR del ; - Decreto 16 giugno 2005 MATTM, Linee Guida di programmazione forestale. Agricoltura e zootecnia - Norme concernenti i tenori massimi di residui antiparassitari su e in alcuni prodotti di origine vegetale: D.M (Direttiva 90/642/CEE); - Gestione dei rifiuti: D.lg.vo n.22 del e successive modifiche e integrazioni (Direttiva 91/156/CE); - Gestione dei rifiuti pericolosi: D.lg.vo n.22 del e successive modifiche e integrazioni (Direttiva 91/689/CE); - Imballaggi e rifiuti di imballaggi: D.lg.vo n.22 del e successive modifiche e integrazioni (Direttiva 94/62/CE); - Divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali: Legge n.128 del 24/04/ Allegati A e B (Direttiva 96/22/CE); - Le pratiche di fertilizzazione e di diserbo trovano riscontri normativi rispettivamente nel D.lgs. 11maggio n.152/99, recante Disposizioni sulla tutela delle acque dall inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, e della Direttiva 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall inquinamento provocato da nitrati provenienti da fonti agricole ; - La protezione delle acque dei nitrati è trattata nel Codice di buona pratica agricola in base alla Direttiva 91/676/CEE (D.M. MiPA del 19 aprile 1999); - L impiego dei fanghi di depurazione in agricoltura è normato dal D.lgs.27 gennaio 1992, n.99 (Direttiva 86/278/CEE); - Salvaguardia degli uccelli selvatici: Legge n.157 dell' e DPCM del (Direttiva 79/409/CEE); - Conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatica (natura 2000): DPR n.357 del (Direttiva 92/43/CE). Paesaggio - Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio- Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

57 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 56 di 311 Rumore - Decreto Pres. Cons. Ministri 01/03/1991 Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno; - Legge 26/10/1995 n 447 Legge quadro sull'inquinamento acustico; - Decreto Pres. Cons. Ministri 14/11/1997 Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore; - Decreto Pres. Cons. Ministri 31/03/1998 Atto di indirizzo e coordinamento recante criteri generali per l'esercizio dell'attivita' del tecnico competente in acustica, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera b), e dell'art.2, commi 6, 7 e 8, della legge 26 ottobre 1995, n.447 Legge quadro sull'inquinamento acustico ; - Decreto Ministeriale 29/11/2000 Criteri per la predisposizione, da parte delle societa' e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore; - D.Lgs. 04/09/2002 n 262. Attuazione della Direttiva 2000/14/CE concernente l'emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all'aperto; - D.Lgs. 19/08/2005 n 194. Attuazione della Direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale. Trasporti - Piano Generale dei Trasporti e della logistica. Rifiuti e bonifiche - D.Lgs. 27/01/1992 n.99 Attuazione della Direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura; - D.Lgs. 05/02/1997 n.22. Attuazione delle Direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio; - Decreto Ministeriale 05/02/1998. Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22; - Decreto Ministeriale 01/04/1998 n.145. Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti ai sensi degli articoli 15, 18, comma 2, lettera e), e comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22; - Decreto Ministeriale 01/04/1998 n.148. Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli articoli 12, 18, comma 2, lettera m), e 18, comma 4, del Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22; - Decreto Ministeriale 25/10/1999 n.471. Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'articolo 17 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni; - Decreto Ministeriale 18/09/2001 n.468. Regolamento recante: Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale ;

58 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 57 di Decreto Ministeriale 12/06/2002 n.161. Regolamento attuativo degli articoli 31 e 33 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22, relativo all'individuazione dei rifiuti pericolosi che e' possibile ammettere alle procedure semplificate; - D.Lgs. 13/01/2003 n.36. Attuazione della Direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti; - D.Lgs n.38 Attuazione della Direttiva 1999/31/CE relative alle discariche dei rifiuti; - D.Lgs. 24/06/2003 n.182. Attuazione della Direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico; - D.Lgs. 24/06/2003 n.209 Attuazione della Direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso; - Decreto Presidente Repubblica 15/07/2003 n 254. Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell'articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n.179; - Dm n.471 Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell art. 17 del D.Lgs n.22 3 ss.mm.ii; - Attuazione delle Direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli oli usati; - Decreto Ministeriale 29/07/2004 n.248. Regolamento relativo alla determinazione e disciplina delle attivita' di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti amianto; - Decreto Pres. Cons. Ministri 22/12/2004 Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno cap. 1 sezione veicoli a fine vita o fuori uso; - D.Lgs. 21/02/2005 n.36. Disposizioni sanzionatorie in applicazione del Regolamento (CE) n.1774/2002, e successive modificazioni, relativo alle norme sanitarie per i sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano; - D.Lgs. 11/05/2005 n.133. Attuazione della Direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti; - D.Lgs. 25/07/2005 n.151. Attuazione delle Direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonche' allo smaltimento dei rifiuti; - Decreto Ministeriale 03/08/2005. Definizione dei criteri di ammissibilita' dei rifiuti in discarica; - D.Lgs. 03/04/2006 n.152. Norme in materia ambientale; - Decreto Ministeriale 17/12/2009 Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 189 del Decreto legislativo n.152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del Decretolegge n.78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n.102 del 2009; - Decreto Ministeriale 08/03/2010 n.65.regolamento recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature.

59 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 58 di 311 Rischi tecnologici - D.Lgs n.334 Attuazione della Direttiva 98/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incedenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose; - D.Lgs n.238 Attuazione della Direttiva 2003/1057CE che modifica la Direttiva 09/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose; - Legge 22/02/2001 n.36 Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici; - Decreto Pres. Cons. Ministri 08/07/2003 Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita' per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 khz e 300 GHz; - Decreto Pres. Cons. Ministri 08/07/2003 Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita' per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti; - D.Lgs. 01/08/2003 n.259 Codice delle comunicazioni elettroniche; - D.Lgs. 06/11/2007 n.194 Attuazione della Direttiva 2004/108/CE concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la Direttiva 89/336/CEE. Suolo e rischi naturali - L n.183 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale delle difesa del suolo; - L n.353 Legge quadro in materia di incendi boschivi. Riferimenti a livello Regionale Acqua Regione Calabria: L.R n.10. Regione Basilicata: L. R. n.3 del Piano di risanamento delle acque tutela uso e risanamento delle risorse idriche; L. R. n.24 del Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolamentazione della Pesca nelle acque pubbliche della Basilicata; L. R. n.63 del Regione Basilicata Istituzione del servizio integrato. Delimitazione dell unico ambito ottimale e disciplina delle forme e dei modi di cooperazione fra gli enti locali. Ambiente e salute Regione Calabria: Piano regionale per la sicurezza alimentare DGR n.319; Relazione sanitaria Regionale Regione Basilicata:

60 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 59 di 311 L.R. 14 febbraio 2007, n.4. Rete regionale integrata dei servizi di cittadinanza solidale; D.G:R. 3 dicembre 2007, n Linee guida regionali per l adozione nazionale e internazionale. Ambiente urbano Regione Calabria: L.R n.19 e successive modificazioni ed integrazioni. Regione Basilicata: L.R. n.23 del tutela governo ed uso del territorio. Energia Regione Calabria: Piano energetico ambientale della Regione Calabria Delibera Consiliare n.315 del Regione Basilicata: L. R.- in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale. D.Lgs. n.152 del 3 aprile 2006 L.R. n. 9/2007; L. R. 15 febbraio 2010, n.21" Modifiche ed integrazioni alla L. R , n.1 e al Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale. Foreste Regione Calabria: L.R. n.20/92 Forestazione e difesa del suolo; Deliberazione di Consiglio Regionale n.190/ Piano Forestale Regionale (art.3 D.Lgs 227/2001); Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale (Norme regionali di salvaguardia-vincolo idrogeologico e tagli boschivi) Regione Basilicata: L.R. n.42 del Norme in materia forestale; L.R. n.13 del 2005 Norme per la prevenzione degli incendi boschivi; D.G.R. n.956/2000 Regolamento per il taglio dei boschi; D.C.R. n.1085 del Regolamento per il pascolo sul demanio pubblico; D.G.R. n.3427 del Istituzione registro delle ditte boschive della Regione Basilicata ed approvazione regolamento; D.G.R. n.613 del Linee guida per la redazione e l attuazione dei piani di assestamento forestale; CC.II.AA Del. N.149 del Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale della Provincia di Potenza; CC.II.AA Del. N.149 del Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale della Provincia di Matera.

61 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 60 di 311 Agricoltura e zootecnia Regione Calabria: - Piano di Sviluppo Rurale REGIONE CALABRIA- Buona Pratica Agricola normale Allegato 1; - DGR n.1196 del 28/12/05 relativa alle norme regionali del regime di condizionalità (BURC del 23/2/2006); - DGR n.158 del 5/3/07 Modifica delle norme regionali in tema di applicazione del regime di condizionalità dei pagamenti diretti della PAC (BURC del 31/3/2007). Regione Basilicata: - Piano di Sviluppo Rurale REGIONE BASILICATA - Buona Pratica Agricola Allegato 1; - Deliberazione della Giunta Regionale 29 dicembre 2008, n Applicazione della condizionalità in Basilicata per l anno Decreto Ministeriale del 24 novembre 2008, di modifica ed integrazione del D.M. n.12541/2006- Modifica alla D.G.R. n.1841 del 28 dicembre (BUR N. 3 DEL ); - Applicazione della Condizionalità in Basilicata anno Allegato 1 recante Elenco dei criteri di gestione obbligatori di cui all allegato III del Reg.(CE)1782/03. Natura e biodiversità Regione Calabria: L.R. n.10/2003 sulle aree protette; PIS Rete Ecologica Regionale; L.R. n.8/1996 Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e disciplina dell esercizio venatorio; L.R. n.47 del ; L.R. n.30/2001 e ss.mm.ii. Normativa per la regolamentazione della raccolta e commercializzazione dei funghi epigei ed ipogei freschi e conservati. Regione Basilicata: D.P.G.R. n.55 del L.R. 28/94 Approvazione elenco delle specie della flora lucana da proteggere; D.P.G.R. n.48 del Approvazione elenco alberi di particolare interresse naturalistico e paesaggistico; L.R. n.48 del e ss.mm. Disciplina sulla raccolta, l incremento e la commercializzazione dei funghi epigei spontanei freschi e conservati; L.R. n.35 del Disciplina sulla raccolta, coltivazione, conservazione e commercializzazione dei tartufi; D.G.R. n.388 del 19 marzo Misure transitorie di conservazione nelle Zone della Rete Natura 2000 della Regione Basilicata. Paesaggio e patrimonio culturale

62 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 61 di 311 Regione Calabria: Presa d atto dell accordo per l attuazione dei principi della Convenzione Europea del Paesaggio in Calabria; Carta Calabrese del Paesaggio Regione Basilicata: L.R. N.9 del Funzioni amministrative riguardanti la protezione delle bellezze naturali; L.R. N.20 del Funzioni amministrative riguardanti la protezione delle bellezze naturali; L.R. N.13 del Modifica alla Legge Regionale n.3 del 12/02/1990 di attuazione dei Piani Paesistici di area vasta; L. R.- N.50 del Modifica ed integrazione alla L. R , n.20 Contenente norme in materia di tutela di beni culturali, ambientali e paesaggistici snellimento delle procedure; L.R. N.56 del integrazione alla L.R. 2/9/1993, N.50 di modifica ed integrazione alla L.R. 4/8/1987 N.20 concernente norme in materia di tutela dei beni culturali, ambientali e di snellimento delle procedure; L.R. N.23 del Norme per la tutela e lo sviluppo delle zone montane. Trasporti e viabilità Regione Calabria: L.R n.16: Incentivazione del trasporto ciclistico in Calabria. Regione Basilicata: L. R. n.25 del Concessione contributi in conto capitale alle imprese artigiane di produzione di servizi; L. R. n.19 del 10/07/1971 Disciplina delle funzioni amministrative regionali in materia di trasporti; L.R. N.19 del Disciplina delle funzioni amministrative regionali in materia di trasporti; L. R. N.23 del Modifiche ed integrazioni alle leggi modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 10 luglio 1981, n.19, 25 agosto 1981, n.29 e 18 agosto 1983, n.21 relative alle funzioni amministrative regionali in materia di trasporti; L.R. n.51 del norme per la programmazione, lo sviluppo e la disciplina della viabilita' minore e della sentieristica in Basilicata; L.R. n.18 del Disciplina delle funzioni amministrative provinciali e regionali in materia di trasporti pubblici locali; L. R. n.49 del Interventi per il ripristino e la ristrutturazione estiva delle piste da sci, la revisione generale e speciale degli impianti a fune e l' acquisto di attrezzature speciali. Rifiuti e bonifiche Regione Calabria: Piano regionale gestione rifiuti 2002; Piano Regionale discariche 2002; Piano Regionale gestione rifiuti (integrazione 2007). Regione Basilicata:

63 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 62 di 311 L.R. 2 febbraio 2001, n.6 Disciplina delle attività di gestione dei rifiuti ed approvazione del relativo piano ; L.R. n.54 del Norme per l' esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanita' pubblica e in materia farmaceutica. Suolo e rischi naturali Regione Calabria: Piano Stralcio di Bacino per l assetto idrogeologico Delibero Consiliare n.115/2001; L.R. n.5 del Promozione del sistema integrato di sicurezza; L.R. n.20 del Forestazione, difesa del suolo e foreste regionali in Calabria; Programma d area per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola DGR 393/2006; Norme tecniche per l utilizzazione agronomiche delle acque di vegetazione dei frantoi oleari DGR n.17/2006. Regione Basilicata: Legge Regionale n.23 del Tutela, governo ed uso del territorio ; Legge Regionale 14 dicembre 1998, n.47 Disciplina della valutazione di impatto ambientale e norme per la tutela dell'ambiente. Regione Calabria: L.R. n.12 del Disciplina della coltivazione di cave e torbiere e di inerti degli alvei dei corsi d' acqua.

64 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 63 di INDIVIDUAZIONE DEI PIANI E PROGRAMMI PERTINENTI Costituiscono altresì riferimento metodologico, in funzione dei procedimenti di formazione degli strumenti di governo del territorio ed in particolare per le finalità ed i contenuti del Piano per il Parco ed ai fini della definizione degli interventi, i Piani ed i Programmi settoriali di livello e competenza esclusiva delle Regioni e delle Province e tutti gli strumenti di programmazione negoziata. Il Piano per il Parco, sulla base delle indicazioni contenute in un quadro conoscitivo sulle risorse del territorio, deve stabilire obiettivi, contenuti, vincoli e prescrizioni per disciplinare i seguenti contenuti: a) organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela; b) vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del piano; c) sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani; d) sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del Parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agro-turistiche; e) indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere. Di seguito rientrano a pieno titolo nel quadro dei riferimenti di cui si è tenuto conto i seguenti documenti programmatici: 1. PSR- Fondi Strutturali per il periodo (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale) ed i relativi Programmi Operativi Regione Calabria e Regione Basilicata; 2. Programmi di Iniziativa Comunitaria; 3. Documento di Programmazione Economica e Finanziaria Regionale; 4. Bilancio Pluriennale della Regione Calabria e della Regione Basilicata; 5. Quadro Territoriale Regionale - QTR, Regione Calabria; 6. Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, provincia Cosenza; 7. Piano Territoriale di Coordinamento del Pollino (provincia di Potenza); 8. Piano di assetto idrogeologico - PAI; 9. Progetto Integrato Strategico Rete Ecologica Regionale; 10. Piano regionale di gestione dei rifiuti 2007 Regione Calabria; 11. Piano provinciale gestione rifiuti 2008, Potenza; 12. Piano Energetico Ambientale Regionale di Basilicata e di Calabria; 13. Programma regionale d azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola; 14. Piano di Tutela delle Acque (PTA); 15. Programma regionale d azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola; 16. Programma Rete Natura 2000, Regione Basilicata; 17. Piano per la valorizzazione dei beni paesaggistici e storici;

65 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 64 di Piani Regolatori e gli altri strumenti urbanistici vigenti nei comuni del Parco; 19. Piano Pluriennali regionali di lotta agli Incendi; 20. Piano pluriennale lotta incendi boschivi, Parco Nazionale del Pollino ( ); 21. Piano Forestale Regionale (Regione Calabria); 22. Piano triennale di forestazione Regione Basilicata; 23. Piani di Assestamento Forestale comunali (Castronuovo, Cersosimo, Fardella, Francavilla in Sinni, Latronico, Noepoli, Rotonda, San Costantino, San Severino, Foresta Regionale di Magrizzi-Cieleagreste, Riserva Statale Rubbi, Proprietà Bonafine (Com. Viggianello), Proprietà Palombaro (Com.Viggianello). 3.3 IL SISTEMA DEI VINCOLI Il Piano stralcio per il dissesto idrogeologico In base alla Legge n.183 del 18 maggio 2009 e s.m. i., le autorità di Bacino si devono dotare di propri Piani stralcio per il dissesto idrogeologico. Il PIANO STRALCIO PER LA DIFESA DAL RISCHIO IDROGEOLOGICO (PAI) rappresenta un primo stralcio di settore funzionale del Piano di Bacino. Il Piano stralcio per il dissesto idrogeologico, come sancito dalla legge 11/12/00 n.365, art.1bis comma 5, ha valore sovra ordinatorio sulla strumentazione urbanistica, pertanto, costituisce il quadro di riferimento a cui devono adeguarsi e riferirsi tutti i provvedimenti autorizzativi e concessori. La valenza di Piano sovraordinato, rispetto a tutti i piani di settore, compresi i Piani per i Parchi, comporta quindi, nella gestione dello stesso, un'attenta attività di coordinamento e coinvolgimento degli enti operanti sul territorio. Le aree comprese nel perimetro del Parco del Pollino ricadono nei Piani stralci dei seguenti bacini: Bacino Interregionale dei Fiumi Lao e Noce L. 34/96; Bacino Interregionale del Fiume Sinni L. 34/96; Bacini Tirrenici tra fiume Lao e il Fiume Savuto; Bacino del Fiume Crati; Bacino del versante Ionico Settentrionale. Il PAI individua nel territorio aree a diverso grado di rischio idrogeologico, in particolare: - Aree R4 a rischio idrogeologico molto elevato - Aree R3 a rischio idrogeologico elevato - Aree R2 a rischio idrogeologico medio - Aree R1 a rischio idrogeologico moderato - Aree P pericolose La prima stesura del PAI per le aree del versante lucano e calabrese del Pollino risale al Successivamente nel periodo il Piano è stato aggiornato 14 volte in funzione dello stato di realizzazione delle opere programmate e del variare della situazione morfologica ed ambientale dei

66 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 65 di 311 luoghi ed in funzione degli studi conoscitivi intrapresi, secondo quanto previsto dall'articolo 25 delle norme di attuazione del piano stesso. L esame del PAI condiziona la redazione della proposta di Piano per il Parco, soprattutto per la perimetrazione delle Zone D dove bisogna tener conto dei vincoli imposti al PAI sull inedificabilità. I Piani paesistici La Legge Regionale 27 gennaio 2011, n.2 ha apportato modifiche al comma 7 dell art.19 della L.R. n.28 del (Individuazione, classificazione, istituzione, tutela e gestione delle aree naturali protette in Basilicata) sostituendolo con il seguente articolo: Le indicazioni contenute nei Piani per i Parchi sono sottoposte al principio della prevalenza del Piano Paesaggistico di cui all art. 145, comma 3 del D. Lgs. n. 42 del 22/01/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) 2. Il Dlgs n.42/2004 Codice Urbani stabilisce che i piani paesistici di area vasta siano sovra ordinati agli strumenti di piano delle aree protette, per gli aspetti che concernono la protezione del territorio. In ottemperanza a quanto legiferato a livello Nazionale e Regionale, la proposta di Piano per il Parco deve tener conto delle indicazioni contenute nei piani paesistici vigenti, facendo in modo che le norme di piano risultino sovrapponibili alla norma sovra ordinata. Dal momento che i piani territoriali regionali sia in Basilicata che in Calabria non hanno ancora terminato il loro iter di approvazione, sono in vigore solo due Piani paesistici che insistono sul territorio del Pollino: Il PTC del Pollino, che coincide con gran parte del territorio lucano inserito nel Parco, e il Piano Paesistico di area vasta del Sirino che interessa le aree marginali quali il Monte Serra Spina (nel territorio di Lauria). Data l estensione e la qualità di territorio interessato il PTC del Pollino è l unico pero che interagisce in maniera determinante con il Piano. Il PTC del Pollino è stato integrato e modificato l ultima volta con Legge Regionale n.27 del Tale strumento, nonostante le continue modifiche, ha conservato la struttura originaria di strumento nato come primo tassello per costruire il Parco Regionale del Pollino. 2 Art. 145, comma 3 del D. Lgs. n. 42 del 22/01/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) 3. Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.

67 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 66 di 311 Un Parco che nelle intenzioni dei pianificatori dell epoca doveva far fronte con immediatezza ed efficacia al gravissimo degrado fisico, socioeconomico e culturale del territorio. Le massicce emigrazioni, la società ridotta all anemia, la desertificazione impongono tutt oggi condizioni di sopravvivenza civile, assolutamente pericolose per l equilibrio complessivo del territorio e per il mantenimento e la salvaguardia delle sue risorse. Il progetto, perciò, non poteva non essere che un progetto di sviluppo, per cercare di scardinare i vincoli dell arretratezza e della emarginazione in cui le popolazioni del Pollino ancora versano. E si è pensato al Parco come strumento di tale sviluppo e non come obiettivo fine a se stesso, fuori della logica dei legittimi interessi delle popolazioni residenti. 3 Quando nasce, il Parco Nazionale del Pollino eredita queste convinzioni creando di fatto una diversità tra il versante lucano del Parco e quello Calabrese, leggibile immediatamente se si considera che dei 17 comuni il cui territorio è interamente inserito nel parco, solo 5 sono Calabresi. Nel versante lucano del Parco sono dunque presenti molte aree abitate, centri artigianali, nuclei rurali che necessitano, per poter sopravvivere, di politiche di sviluppo anche urbano, a cui in qualche modo il PTC ha cercato di dare risposta con una zonizzazione più elastica e meno vincolistica di quanto possa venir fuori dall applicazione della Zonizzazione prevista dalla L.394/91, e che spesso sono simili per caratteristiche di antropizzazione ad aree esterne al Parco. 3 A. Formica. Il piano territoriale del Pollino e le sfide impegnative per uno sviluppo integrato- Basilicata 1986

68 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 67 di 311 Il PTC del Pollino prevede la seguente zonizzazione: Aree a Protezione speciale Zone A Cuore del Parco (CP) Zone B- Boschi di casa(bc) Zona C1 Rispetto monumentale zona C2 Emergenze geologiche e zone instabili (ZI) Zona C3 Paesaggi di rilevante interesse (PI) Aree a normativa urbanistica ordinaria Zona C4- Zona di servizio al parco (SP) Interventi consentiti: 1.opere di restauro conservativo 2. adeguamento delle sole strade carrabili indicate ;3. posa della segnaletica;4. conduzione silvo pastorale secondo piani gestionali;5. gestione di riserve naturali controllate, previa apposita regolamentazione;6.gestione del prelievo venatorio e dei prodotti del sottobosco. Interventi consentiti: 1.manutenzione,miglioramento igienico e di ristrutturazione 2. incrementi della volumetria esistente nei limite max del 30%. 3. realizzazione di nuovi fabbricati per la lavorazione del legno 4. interventi di adeguamento e rettifica della viabilità previo nulla osta. Nessun intervento entro il raggio di 200 mt Nesun intervento. Le opere necessarie alla sicurezza devono essere localizzate dall'ufficio geologico regionale e devono avere il Nulla Osta paesaggistico. E' consentita la realizzazione di impianti tecnologici con nulla osta Interventi consentiti:1)interventi di di manutenzione e ristrutturazione con incrementi volumetrici per gli adeguamenti igienici 2)variazione di destinazione d'uso degli edifici esistenti allo scopo di adibirli ad attività artigianali 3) Nuove edificazioni rurali nonchè ampliamenti di quelli esistenti connessi con le necessità operative e produttive del fondo con indice dello 0,03 mc/mq, altezza di mt 7,50, lotto minimo mq ) Nuova edificazione degli annessi con indice di fabricabilità dello 0,07 mc/mq, altezza max 4,50, volumetria max 1500mc 5) opere di miglioramento della qualità di vita e ricettività turistica 6) interventi alla viabilità previo nulla osta paesaggistico 7) E' consentita la realizzazione di impianti tecnologici con nulla osta Interventi consentiti: 1) ristrutturazione ed ampliamento di edifici esistenti di proprietà pubblica per destinazione a servizi del parco; 2) attrezzature particolari come musei, recinti, attrezzature sportive, campeggi viabilità e parcheggi Zona C5- Nuclei Rurali (NR) I nuclei rurali sono aggregazioni con estenzione minima di 1 ettaro e densità abitativa di 30 ab/h aree da assoggettare a piano particolareggiato Zona C6 - Centri Storici (CS) incrementi una tantum volumetria del 10% Zona C7- Aree Agricole (ZA) E' consentita la nuova edificazione con i seguenti limiti: lotto minimo 500 mq, if= 0,03 per abitazione e 0,07 mc/mq per annessi agricoli; h min 7,50 mt, distanza 5 mt dai confini. E' consentita la realizzazione di impianti tecnologici con nulla osta Zona D1 Insediamenti polifunzionali aggregati urbani (IF) Zona D2- Insediamenti produttivi (IP) aree artigianale con piani Zona D3- Foro Boario (F) volumi da realizzare sono collegati ai servizi collegiali La L.394/91, invece, prevede la seguente suddivisione in zone: Zone A Riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità Zone B Zone C Zone D Riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'ente Parco. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle opere esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n.457; Aree di protezione nelle quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'ente Parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 31 della citata legge n.457 del 1978, salvo l'osservanza delle norme di piano sulle destinazioni d'uso; Aree di promozione economica e sociale facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del Parco e finalizzate al miglioramento della vita socioculturale delle collettività locali e al miglior godimento del Parco da parte dei visitatori. Nella tabella seguente si è valutata la compatibilità delle indicazioni contenute nella Legge 394/91 ed il PTC del Pollino, valutando la sovrapponibilità o meno delle indicazioni. L esame della tabella ha portato a proporre una zonizzazione del Piano per il Parco che risultasse sovrapponibile con le indicazioni del PTC del Pollino attraverso la definizione delle sottozone D a diversa vocazione: urbana (D1), rurale (D2), agricola (D3), artigianale (D4) e turistica (D5), in modo tale da annullare o ridurre i conflitti tra i vari strumenti insistenti sullo stesso territorio.

69 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 68 di 311 Legge 394 PTC A B C D Zone A Cuore del Parco (CP) Incompatibile per tutti gli interventi consentiti dal PTC, eccetto per le aree di riserva naturale da gestire in maniera regolamentata magari attraverso il Piano per il Parco. Parziale incompatibilità: il PTC consente l'attività di restauro conservativo (Punto C art.3 delle L. 384/2001) non contemplata nella legge quadro per le zone B, nonchè la gestione dell'attività venatoria. Ipotesi di superamento dell'incompatibilità in campo edilizio: individuazione di zone B a inesistente grado di antropizzazione. La sovrapposizione risulta incompatibile per la gestione dell'attività venatoria non consentita dalla L. 394 nelle aree naturali protette. Parziale Compatibilità. La sovrapposizione risulta incompatibile per la gestione dell'attività venatoria non consentita dalla L. 394 nelle aree naturali protette. Parziale Compatibilità. La sovrapposizione risulta incompatibile per la gestione dell'attività venatoria non consentita dalla L. 394 nelle aree naturali protette. Zone B- Boschi di casa(bc) Incompatibile Incompatibile Incompatibile Compatibile Zona C1 Rispetto monumentale Compatibile Incompatibile Incompatibile Incompatibile zona C2 Emergenze geologiche e zone instabili (ZI) Zona C3 Paesaggi di rilevante interesse (PI) Compatibile Incompatibile Incompatibile Incompatibile Incompatibile Incompatibile Incompatibile Compatibile Zona C4- Zona di servizio al parco (SP) Incompatibile Incompatibile Incompatibile Compatibile Zona C5- Nuclei Rurali (NR) Incompatibile Incompatibile Incompatibile Compatibile Zona C6 - Centri Storici (CS) Incompatibile Incompatibile Incompatibile Compatibile Zona C7- Aree Agricole (ZA) Incompatibile Incompatibile Incompatibile Compatibile Zona D1 Insediamenti polifunzionali (IF) Zona D2- Insediamenti produttivi (IP) Incompatibile Incompatibile Incompatibile Compatibile Incompatibile Incompatibile Incompatibile Compatibile Zona D3- Foro Boario (F) Incompatibile Incompatibile Incompatibile Compatibile

70 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 69 di SCHEDE DI SINTESI DEGLI OBIETTIVI DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE, GENERALI E SPECIFICI La tutela dei valori naturali ed ambientali affidata all Ente Parco è perseguita attraverso lo strumento del Piano per il Parco Art.12 Legge 394/91. Gli obiettivi generali dell istituzione delle aree protette sono fissati dalla Legge 394/91. In Parcticolare l Art. 1 elenca: a) conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici; b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare un integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali; c) promozione di di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonchè di attività ricreative compatibili; d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici. I quattro punti suddetti sono stati sintetizzati, nel presente Rapporto Ambientale con le seguenti dizioni: a) Assicurare la conservazione e la valorizzazione dei sistemi naturali e seminaturali; b) assicurare continuità tra i sistemi naturali (funzionalità della rete ecologica); c) applicazione e diffusione di metodi di gestione e di restauro ambientale per realizzare un'integrazione tra uomo e ambiente naturale; d) difesa e ricostituzione dell'assetto idrogeologico del territorio e conservazione e promozione dell'emergenze e singolarità geologico-geomorfologiche; e) promozione e valorizzazione delle attività produttive sostenibili; f) promozione di attività di educazione, di formazione nonché attività ricreative compatibili. Tra gli obiettivi specifici del punto a) rientrano la conservazione della biodiversità (a livello di specie, di genotipi, di ecosistemi), la conservazione dei siti della Rete Natura 2000, il sostegno delle condizioni di equilibrio tra le specie faunistiche e tra la fauna ed i sistemi vegetazionali. La tutela ed il ripristino della rete di connessioni ambientali tra le aree a maggior valenza naturalistica (zone A) ed il mantenimento e/o ripristino della continuità ambientale lungo i corridoi naturali costituiscono gli obiettivi specifici del punto b). L obiettivo generale di cui al punto c) viene perseguito attraverso la salvaguardia dei valori antropologici, geologici, archeologici, storici ed architettonici, la salvaguardia delle attività agrosilvopastorali e tradizionali e la Gestione Forestale Sostenibile. L obiettivo d) è promosso attraverso la prevenzione e riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici e la gestione razionale e sostenibile delle risorse idriche nell'ottica della capacità di ricarica degli acquiferi e della salvaguardia degli ecosistemi, il completamento del censimento ed attivazioni di tutte quelle azioni rivolte alla tutela e alla valorizzazione delle emergenze geologico-geomorfologiche (Geositi), il

71 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 70 di 311 recupero ambientale finale dei detrattori ambientali (cave/miniere e discariche), la salvaguardia e tutela dell'assetto idrogeologico del territorio. L obiettivo e) viene perseguito con la promozione e valorizzazione delle attività agro-silvo-pastorali, la razionalizzazione delle aree di conflitto tra elementi di pregio ambientale e paesaggistico ed elementi antropici, il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio e infrastrutturale, il miglioramento del livello di sicurezza del territorio e delle popolazioni e la riduzione del consumo di energia e materie prime. Infine l obiettivo f) si raggiunge attraverso la promozione della fruizione del territorio e la promozione della cultura dell ambiente. Ad ogni obiettivo specifico sono associati le linee di indirizzo, criteri e tipologie di intervento previsti nella proposta di Piano per il Parco, come riportati nella tabella 3.1 seguente. Tab. 3.1 Elenco degli obiettivi generali e specifici della proposta di Piano per il Parco Obiettivi generali Obiettivi Specifici Indirizzi, criteri e tipologie di intervento Assicurare la conservazione ed la valorizzazione dei sistemi naturali e seminaturali Conservazione della biodiversità (a livello di specie, di genotipi, di ecosistemi) Conservazione dei siti della Rete Natura 2000 Sostegno delle condizioni di equilibrio tra le specie faunistiche e tra la fauna ed i sistemi vegetazionali 1) Completamento del quadro conoscitivo e promozione della ricerca scientifica (es. aggiornamento della flora del Parco, realizzazione di una cartografia floristica, indagini biosistematiche, floristiche, cenologiche e fitosociologiche biosistematiche sulle specie e le associazioni, indagini sistematiche, es. studi particolareggiati su taxa d'intresse per la definizione della distribuzione, areali effettivi di presenza, siti critici, uso dell'habitat ecc..) 2) Identificazione delle aree ad elevato interesse naturalistico (core areas), delle aree intermedie e di riequilibrio ecologico, delle connessioni e continuità ecologiche del Parco 3) Identificazione delle sensibilità ambiental 4) Monitoraggio del sistema naturale (previsione di attività di monitoraggio da realizzarsi a medio termine, finalizzati ad indagare aspetti sensibili per alcune fitocenosi o singole specie nonchè a progettare e realizzare interventi specifici di tutela) 5) Tutela delle specie vegetali e di formazioni rare e/o relitte 6) Tutela degli habitat (es. raccolta di semi per la realizzazione di vivai con specie a genotipo locale, regolamentazione del pascolo in alta quota) e degli ecosistemi a rischio 7)Tutela e gestione della fauna 8)Tutela delle emergenze di conservazione (es.specie con areale puntiforme) 9) Gestione e rinaturalizzazione dei rimboschimenti costituiti da specie alloctone 11)Aumento biodiversità dei sistemi forestali (Rilascio specie sporadiche e/o rare, articolazione strutturale dei popolamenti, rilascio alberi Habitat, rilascio legno morto, gestione della tagliata) 12) Zonizzazione del territorio in aree a differente grado di tutela 1) Regolamentazione e misure di conservazione per gli habitat e le specie di interesse comunitario 2)Gestione naturalistica dei SIC e ZPS 1) Previsione di progetti di recupero e/o ripristino degli habitat e dei biotopi 3)Regolamentazione dell'introduzione di specie ed immissioni faunistiche in ambiente naturale

72 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 71 di 311 Obiettivi generali Obiettivi Specifici Indirizzi, criteri e tipologie di intervento Salvaguardia dei valori 1) Tutela e valorizzazione dei beni culturali (BB. CC.) antropologici, geologici, archeologici, storici ed 2) Valorizzazione delle identità e tradizioni locali architettonici 1) Mantenimento delle attività tradizionali (agricoltura, pastorizia, gestione del bosco) 2) Promozione di metodi di agricoltura sostenibile mediante applicazione di tecniche di coltivazione biologica e/o integrata. Applicazione e diffusione di metodi di gestione e di restauro ambientale per realizzare un'integrazione tra uomo e ambiente naturale Salvaguardia delle attività agrosilvopastorali e tradizionali 3) Gestione dell'agricoltura e della zootecnia nel rispetto dei criteri previsti dalle "Buone Pratiche Agricole" e nel rispetto del "Regime di Condizionalità" 4) Limitazione nell'apporto di azoto ettaro annuo attraverso le concimazioni ad un livello massimo di 170 kg/ha. 5) Azioni di protezione delle produzioni agricole e zootecniche dalla fauna selvatica. 6) Indirizzare le future produzioni zootecniche verso il mantenimento di benessere dell'animale dimensionando gli spazi chiusi nel rispetto del benessere delle specie allevate. Divieto di realizzare nuovi allevamenti in batteria 7) Gestione razionale dei pascoli con particolare riferimento ad un corretto carico di bestiame. Difesa e ricostituzione dell'assetto idrogeologico del territorio e conservazione e promozione dell'emergenze e singolarità geologicogeomorfologiche Gestione Forestale Sostenibile Prevenire e ridurre l'inquinamento dei corpi idrici e gestione razionale e sostenibile delle risorse idriche nell'ottica della capacità di ricarica degli acquiferi e della salvaguardia degli ecosistemi Completamento del censimento e attivazioni di tutte quelle azioni rivolte alla tutela e alla valorizzazione delle emergenze geologicogeomorfologiche (Geositi) Recupero ambientale finale dei detrattori ambientali (cave/miniere e discariche) 8) Identificazione, tutela e conservazione della biodiversità agroalimentare Selvicoltura prossima alla natura, Pianificazione secondo criteri di gestione adattativa Censimento e Regolamentazione di tutte le concessioni d'acqua all'interno del territorio dell'area protetta Predisposizioni e attivazione di percorsi geoturistici e percorsi didattici all'interno dei Geositi presenti nel Parco In ossequio alla deroga ai divieti previsti dall art.11 comma 3 della legge 394/91 l Ente Parco fissa le prescrizioni e le modalità per la coltivazione, il recupero e il ripristino ambientale delle cave e miniere esistenti, relativamente alla loro massima estensione territoriale, temporale e volumetrica Salvaguardia e tutela dell'assetto idrogeologico del territorio Il Parco persegue l obiettivo di preservare e garantire all interno del territorio dell area protetta adeguati livelli di salvaguardia e sicurezza dell'assetto idrogeologico del territorio relativamente alla dinamica dei versanti e all assetto idraulico

73 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 72 di 311 Obiettivi generali Obiettivi Specifici Indirizzi, criteri e tipologie di intervento Promozione e valorizzazione delle attività agro-silvopastorali. 1) Valorizzazione delle produzioni del Parco soprattutto nell'ambito di processi di filiera 2) Concessione d'uso del Marchio del Parco alle imprese che, con il loro processo produttivo, contribuiscono alla conservazione della qualità ambientale 3) Promozione e valorizzazione dell'attività agrituristica e della multifunzionalità 1) Individuare i nuclei rurali e l edificato sparso adeguando e modificando le destinazioni d uso del patrimonio edilizio esistente Razionalizzazione delle aree di conflitto tra elementi di pregio ambientale e paesaggistico ed elementi antropici 2) Contrastare l abbandono di territori destinati ad usi produttivi agricoli 3) Contrastare il diffuso degrado delle urbanizzazioni primarie a servizio degli insediamenti di più recente realizzazione 4) Migliorare la scarsa qualità funzionale e spaziale di insediamenti di più recente formazione, anche se dotati di strumenti di pianificazione di dettaglio 5) Verificare nelle aree rurali l inserimento di ulteriori compatibili destinazioni d uso (attività ricettive, piccole attività artigianali ); 6) Attuare interventi di minimizzazione degli impatti del sistema viario (in particolare taluni tratti autostradali). Promozione e valorizzazione delle attività produttive sostenibili. Recupero e Riqualificazione del patrimonio edilizio e infrastrutturale 7) Garantire un sistema di accessibilità al Parco progressivamente selettivo rispetto alle aree di maggiore valenza naturalistica 8) Garantire che le localizzazioni delle aree destinate alle attività di trasformazione e/o produzione siano coerenti con i principi di salvaguardia e le necessità di sviluppo 1) Promuovere azioni integrate di recupero e riuso dei centri storici e dei nuclei rurali 2) Migliorare la qualità degli insediamenti specificamente destinati ad attività produttive Migliorare il livello di sicurezza del territorio e delle popolazioni 1) Migliorare l accessibilità ed i collegamenti tra i centri abitati del parco, i principali nuclei rurali, le località sede di attrezzature turistiche (ricettive e di servizio) ed origine di percorsi escursionistici 2) Coordinare azioni volte al miglioramento della qualità delle dotazioni architettoniche ed impiantistiche di edifici ed infrastrutture 1) Razionalizzazione dei consumi energetici e contenimento degli sprechi 2) Riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti Promozione di attività di educazione, di formazione nonché attività ricreative compatibili. Riduzione del consumo di Energia e Materie Prime Promozione della fruizione del territorio Promozione della cultura dell ambiente. 3) Favorire azioni tendenti alla realizzazione di un sistema di distribuzione dell'energia con le caratteristiche della "Generazione Distribuita" 4) Disciplina dei sistemi di produzione di energia a basso impatto ambientale e da FER 5) Modalità di realizzazione e mitigazione degli impatti 6) Indirizzi per la predisposizione di un Piano Energetico 7) Risparmio e integrazione al reddito per le comunità locali Promozione di attività di fruizione e ricreative compatibili Promozione di attività di informazione ed educazione ambientale (es. elaborazione di un documento programmatico di Educazione Ambientale, pacchetti didattici per le scuole, materiale divulgativo)

74 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 73 di QUADRO AMBIENTALE DI RIFERIMENTO 4.1 DESCRIZIONE DEGLI ASPETTI PERTINENTI ALLO STATO DELL AMBIENTE ATTUALE Il Piano per il Parco utilizzerà le conoscenze consolidate per stabilire criteri di sostenibilità nell uso delle risorse ambientali di cui sono note le caratteristiche ed adotterà criteri prudenziali per la riduzione del rischio di danno per le risorse meno conosciute. La descrizione del quadro ambientale ha lo scopo di illustrare le componenti ambientali significative (fattori e risorse ambientali) sulle quali interverranno le azioni del Piano per il Parco determinandone una più o meno vasta e/o desiderabile modificazione Flora e vegetazione La Flora del Parco La flora del Parco Nazionale del Pollino si distingue per la grande ricchezza delle specie presenti che testimoniano la varietà e la vastità del territorio e le diverse condizioni climatiche che lo influenzano; alcune specie endemiche e la presenza di rare associazioni vegetali, rendono l area del Parco unica in tutto il mediterraneo. L elenco floristico relativo al Parco del Pollino conta 2025 entità ripartite in 636 generi e 117 famiglie. Le famiglie più rappresentate sono: Compositae 243 Leguminosae 184 Graminaceae 157 Labiatae 102 Umbrelliferae 99 Caryophyllaceae 93 Cruciferae 88 Liliaceae 76 Scrophulariaceae 71 Rosaceae 69 Ranunculaceae 64 Orchidaceae 58 Dalla lettura dello spettro biologico (Fig. 4.1) emerge nettamente la componente delle Emicriptofite (40,8%), piante prevalenti nelle zone montane. Allo stesso modo, notevole è il contingente delle Terofite (27,6%), da ricondurre all influsso climatico di tipo mediterraneo esercitato tanto sul versante tirrenico quanto su quello ionico. Abbastanza elevato risulta anche il gruppo delle Geofite (13,9%) legate principalmente ad ambienti nemorali (G rhiz) o prativi (G bulb). La percentuale delle Fanerofite (10%) è da considerarsi abbastanza elevata, tenuto conto della varietà di habitat che caratterizzano il Parco. La consistenza del contingente delle Camefite (7,1%) si spiega con la presenza di ambienti aridi aperti e con affioramenti rocciosi diffusi soprattutto nell orizzonte montano di alta quota. La percentuale di Idrofite ed Elofite (0,6%) è da ricondurre ai numerosi corsi d acqua presenti nel Parco.

75 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 74 di 311 Le componenti corologiche della flora del Pollino (Fig. 4.2) risultano coerenti con quanto osservato a proposito dello spettro biologico. Il gruppo prevalente, sebbene in modo non netto, è rappresentato dalle Euroasiatiche (26,2%). In accordo con quanto osservato a proposito delle Terofite, la componente mediterranea è fortemente rappresentata ed uniformemente ripartita tra Eurimediterranee (17,9%) e Stenomediterranee (16,6%). A questa componente fa da contrappunto la contenuta percentuale di Boreali Nordiche (6,6%), soprattutto legate all orizzonte montano. Particolarmente degni di nota risultano la elevata percentuale di Endemiche (6,7%) e la bassa percentuale di specie ad ampia distribuzione (9,5%). Questo dato acquista maggiore significato se si pensa che la maggior parte degli endemismi presenti nel Parco sono endemismi appenninici o addirittura dell Appennino centromeridionale. La non netta predominanza delle Orientali (2,6%) sulle Atlantiche (1,6%) evidenzia la situazione di tensione fitogeografica cui la flora del Parco è soggetta, giustificata dalla posizione geografica intermedia tra due mari in cui il Pollino si trova. Al fine di analizzare il valore conservazionistico ed il livello di biodiversità dell area del Parco, ci si è avvalsi di alcuni indici correntemente in uso in molti lavori botanici di tipo floristico e vegetazionale. Tra gli altri, i più informativi in tal senso risultano: INDICE DI DIVERSITÀ TASSONOMICA: rapporto percentuale tra numero di famiglie e numero di generi e tra numero di generi e numero di specie; INDICE DI DIVERSITÀ FANEROFITICA: percentuale di forme legnose; INDICE DI ORIGINALITÀ FITOGEOGRAFICA: percentuale di endemismi; INDICE DI RARITÀ: percentuale di specie rare a scala nazionale e a scala regionale secondo le Liste Rosse Regionali (CONTI et al., 1997); INDICE DI NATURALITÀ: percentuale di specie avventizie occasionali e spontaneizzate. I risultati ottenuti dalla valutazione del valore conservazionistico della flora del Parco sono riportati nella tabella 4.1. Dalla lettura degli indici applicati emerge una flora ricca e diversificata, soprattutto nel rapporto tra numero di generi e numero di specie: questo è considerato un buon indice di biodiversità, per la presenza di un maggior numero di specie meno strettamente imparentate tra loro. Per quanto riguarda le specie rare, particolarmente elevata è la percentuale per la regione Calabria, purtroppo ancora poco esplorata e quindi carente di informazioni aggiornate riguardo a molte specie. Un altro aspetto che esalta il valore conservazionistico del Parco è la bassa percentuale di specie avventizie: ciò è dovuto principalmente al limitato impatto antropico e alle attività economiche praticate nella zona, ancora prevalentemente di stampo rurale. La flora del massiccio del Pollino presenta delle caratteristiche interessanti anche per la presenza di singole specie, alcune endemiche, altre rare. Tra tutte si ricordano: Peonia pellegrina (Paeonia peregrina, Banxhurna nella lingua arbëreshe), Peonia mascula (Paeonia mascula), Stregonia siciliana (Sideritis syriaca), Genzianella del Pollino (Gentianella crispata), Millefoglio appenninico (Achillea mucronulata), Millefoglio del Pollino (Achillea rupestris), Millefoglio della Basilicata (Achillea

76 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 75 di 311 lucana), Finocchiella di Lucania (Portenschlagiella ramosissima), Pulsatilla alpina (Pulsatilla alpina), Linajola (Linarea purpurea), Peverina di Scarano (Cerastium scaranii), Iva acaule (Ajuga tenorii), Pigamo di Calabria (Thalictrum calabricum), Cardo abruzzese (Cardus affinis), Cinoglossa della Majella (Cynoglossum magellense), Cinoglossa montana (Cynoglossum montanum), Efedra nebrodense (Ephedra major), Campanula del Pollino (Campanula pollinensis), Sassifraga marginata (Saxifraga marginata), Ranuncolo del Pollino (Ranunculus pollinensis). I vasti prati-pascoli del massiccio sono invasi dagli Asfodeli (Asphodelus spp.) e dalle Genziane maggiori (Gentiana lutea) a causa dell eccessivo carico di bestiame al pascolo. Fig. 4.1-Spettro biologico della Flora del Parco Nazionale del Pollino Fig Spettro corologico della Flora del Parco Nazionale del Pollino 30% 26,2% 20% 16,6% 17,9% 10% 0% 6,7% 6,7% 1,6% Endem. Euri-Medit. Eurasiat. Orof. S- Europ. 5,4% 6,6% 9,5% Ampia distrib. 2,6%

77 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 76 di 311 Tab Indici di valore conservazionistico della flora del Parco. Numero famiglie/numero generi % 18% Numero generi/numero specie % 31,4% Forme legnose % 10% Endemismi % 6,7% Specie rare a scala nazionale % 1,8% Specie rare a scala regionale (Bas) % 2,9% Specie rare a scala regionale (Cal) % 7,4% Specie avventizie % 1,6% Specie officinali Il territorio dei Parco è un giardino botanico naturale: in esso sono state censite, da più studiosi, circa 366 specie officinali. In tabella 4.2 sono elencate le specie interessanti dal punto di vista del loro utilizzo fitoterapico. La lista è realizzata sulla base di lavori bibliografici sia pubblicati che meno (GRANDE, 1993; PACCICHE & RAIMONDO, 1989; BERNARDO, 2001). TAB.4.2 -SPECIE OFFICINALI PIANTE OFFICINALI Nome scientifico Achillea millefolium L. Adiantum capillus-veneris L. Agrimonia eupatoria L. Ajuga chamaepitys (L.) Schreber Ajuga reptans L. Allium ampeloprasum L. Allium pendulinum Ten. Allium sphaerocephalon L. Amaranthus retroflexus L. Anethum graveolens L. Anthyllis vulneraria L. Anthyllis vulneraria L. subsp. pulchella (Vis.) Bornm. Arbutus unedo L. Arctium lappa L. Artemisia absinthium L. Arundo donax L. Asparagus acutifolius L. Atropa bella-donna L. Bistorta officinalis Delarbre[=Polygonum bistorta L.] Borago officinalis L. Calamintha nepeta (L.) Savi s.l. Calendula officinalis L. Carlina acaulis L. Carlina utzka Hacq. Castanea sativa Miller Cichorium intybus L. Nome comune Millefoglio montano Capelvenere comune Agrimonia comune Iva artica Iva comune Porraccio Aglio pendulo Aglio delle bisce Amaranto comune Finocchio fetido Vulneraria comune Corbezzolo Bardana maggiore Assenzio maggiore Canna domestica Asparago pungente Belladonna Poligono bistorta Borragine comune Mentuccia comune Fiorrancio coltivato Carlina bianca Carlina zolfina Castagno Cicoria comune

78 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 77 di 311 Chenopodium album L. Chenopodium bonus-henricus L. Crataegus laevigata (Poir.) DC. Cynodon dactylon (L.) Pers. Cytisus scoparius (L.) Link Datura stramonium L. Dryopteris filix-mas (L.) Schott Equisetum arvense L. Eryngium campestre L. Eupatorium cannabinum L. Foeniculum vulgare Miller Fragaria vesca L. Fraxinus ornus L. Galium verum L. Gentiana lutea L. Hedera helix L. Hieracium pilosella L. Hypericum perforatum L. Hyssopus officinalis L. Ilex aquifolium L. Juniperus communis L. Juncus inflexus L. Lamium garganicum L. Lathyrus grandiflorus S. et S. Laurus nobilis L. Lavandula angustifolia Miller Muscari comosum (L.) Mill.[=Leopoldia comosa (L. ) Parl.] Leucanthemum vulgare Lam. Linaria vulgaris Miller Lonicera alpigena L. Lotus corniculatus L. Lupinus albus L. Malva sylvestris L. Marrubium vulgare L. Matricaria chamomilla L. Melilotus officinalis (L.) Pallas Melissa officinalis L. Mentha pulegium L. Mentha spicata L. Mercurialis annua L. Myrtus communis L. Nasturtium officinalis R. Br. Origanum vulgare L. Papaver rhoeas L. Parietaria officinalis L. Pastinaca sativa L. Plantago major L. Polygonatum multiflorum (L.) All. Polygonum aviculare L. Populus alba L. Prunus cerasus L. Prunus maheleb L. Farinello comune Farinello buon-enrico Biancospino Gramigna rampicante Citiso scopario Stramonio comune Felce maschio Equiseto Calcatreppola campestre Canapa acquatica Finocchio amaro Fragola Frassino da manna Gaglio zolfino Genziana maggiore Edera Sparviere pelosetto Erba di San Giovanni Issopo Agrifoglio Ginepro comune Giunco tenace Falsa ortica meridionale Cicerchia articolata Alloro Lavanda Cipollaccio Margherita Linajola comune Madreselva alpina Ginestrino Lupino bianco Malva selvatica Mentastro Camomilla comune Meliloto Comune Melissa Menta poleggio Menta romana Mercorella comune Mirto comune Crescione d acqua Origano Papavero comune Vetriola comune Pastinaca comune Piantaggine comune Sigillo di Salomone maggiore Corregiola Pioppo bianco Amarena Ciliegio canino

79 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 78 di 311 Prunus spinosa L. Pulicaria dysenterica (L.) Bernh. Pyrus communis L. [=Pyrus pyraster Burgsd.] Pyrus spinosa Forssk [=Pyrus amygdaliformis Vill.] Quercus cerris L. Raphanus raphanistrum L. Rosa canina L. Rosmarinus officinalis L. Rubus idaeus L. Rubus ulmifolius Schott Rumex crispus L. Ruscus aculeatus L. Ruta graveolens L. Salix alba L. Salix caprea L. Salvia officinalis L. Sambucus nigra L. Saponaria officinalis L. Satureja montana L. Sedum acre L. Sempervivum tectorum L. Senecio vulgaris L. Silene vulgaris (Moench) Garcke Sisymbrium officinalis (L.) Scop. Solanum dulcamara L. Sorbus aria (L.) Crantz Sorbus aucuparia L. Sorbus domestica L. Sorbus torminalis (L.) Crantz Taraxacum officinale (group) Taxus baccata L. Teucrium chamaedrys L. Thymus sp. Tordylium apulum L. Tragopogon pratensis L. Trifolium pratense L. Tussilago farfara L. Urtica dioica L. Valeriana officinalis L. Verbascum thapsus L. Verbena officinalis L. Vinca minor L. Viola aethnensis Parl. Viola odorata L. Pruno selvatico Incensaria comune Pero selvatico Pero mandorlino Cerro Ravanello selvatico Rosa serpeggiante Rosmarino Lampone Rovo comune Romice crespo Pungitopo Ruta comune Salice bianco Salice delle capre Salvia comune Sambuco nero Saponaria comune Santoreggia montana Borracina acre Semprevivo maggiore Senecione comune Silena rigonfia Erba cornacchia comune Morella rampicante Sorbo montano Sorbo degli uccellatori Sorbo comune Ciavardello Tarassaco Tasso Camedrio comune Timo Ombrellini pugliesi Barba di becco comune Trifoglio dei prati Tossilagine comune Ortica Valeriana comune Verbasco Tasso-barbasso Verbena comune Pervinca minore Viola dell Etna Viola mammola Endemismi ed emergenze floristiche Le politiche ambientali degli ultimi anni sono rivolte sempre più alla regolamentazione in materia di Conservazione della Natura. Nelle leggi di tutela ambientale, al fine di conservare la biodiversità, le specie vegetali da salvaguardare sono per lo più quelle considerate in qualche misura minacciate di estinzione, e poiché in generale il rischio di estinzione di una specie dipende anche dall ampiezza del

80 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 79 di 311 suo areale di distribuzione, le specie endemiche spesso sono anche quelle che corrono maggiore pericolo. Vengono di seguito riportate in tabella 4.3 la lista di alcune entità a protezione rigorosa (estratta dalle due leggi regionali n.28 28/06/94 della Basilicata e L.n.30 26/11/01 della Calabria), presenti nel Parco ed incluse anche nelle Liste Rosse Regionali, in tabella 4.4 la lista completa delle entità endemiche e sub endemiche presenti nel Parco. Tali specie sono senza dubbio meritevoli di interventi mirati alla loro conservazione ed alla preservazione del loro habitat naturale. Specie incluse nelle Liste Rosse Regionali L elenco riportato in tabella 4.5 è tratto da Conti et al., Liste Rosse Regionali delle Piante d Italia- WWF. Le categorie IUCN alle quali si fa riferimento sono riferite al 1994 : EX = estinto; EW = estinto in Natura ; CR = gravemente minacciato; EN = minacciato; VU = vulnerabile; LR = a basso rischio; DD = dati insufficienti. Come è emerso dagli indici per la valutazione del valore conservazionistico, notevole è il numero di specie rare presenti in Calabria, specialmente quelle incluse nella categoria DD. Tab.4.3 Specie a protezione assoluta presenti nel Parco Nazionale del Pollino SPECIE A PROTEZIONE ASSOLUTA PRESENTI NEL PARCO NAZIONALE DEL POLLINO Nome scientifico Nome comune Bas Ca l Pteridophitae (tutte le specie tranne Pteridium aquilinum (L.) Kuhn ed - + Equisetu sp. Achillea rupestris Huter, Porta & Rigo s.l. Millefoglio del + + ollino Achillea rupestris Huter, Porta & Rigo subsp. calcarea (Huter, Porta & Millefoglio della + + Rigo) Greuter [=Achillea lucana Pignatti] Basilicata Aquilegia (tutte le specie) Aquilegia + + Arum cylindraceum Gasp.[=Arum lucanum Cavara e Grande] Gigaro meridionale + - Campanula (tutte le specie) + + Carum multiflorum ( Sibth. & Sm.) Boiss subsp multiflorum Kummel di Grecia + Dianthus (tutte le specie) Garofano + + Dictamus albus L. Frassinella - + Fritillaria (tutte le specie) + + Galanthus nivalis L. Bucaneve - + Gentiana (tutte le specie incluso il genere Gentianella) + + Juniperus sabina L. Ginepro sabino + - Juniperus phoenicea L. subsp. turbinata ( Guss.) Nyman: Ginepro fenicio + - Lilium (tutte le specie) Giglio - + Linum austriacum L. subsp. tommasinii (Rchb) Greuter& Burdet[=Linum Lino di Tommasini + - tommasinii Rchb.] Narcisus (tutte le specie) Narciso - + Orchidaceae (tutte le specie) + + Paeonia (tutte le specie) + + Pinus leucodermis Antoine[= Pinus heldreichii auct.] Pino loricato + + Saxifraga (tutte le specie crassulente) + + Sempervirum tectorum L. Semprevivo - + maggiore Sternbergia ( tutte le specie) - +

81 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 80 di 311 Taxus baccata L. Tasso + + Thalictrum calabricum Sprengel Pigamo di Calabria - + Viola aethnensis (DC.) Strobl subsp messanensis (W.Becker) Merxm & Lippert Viola dell Etna presenti - non presenti Tab.4.4 Endemismi e sub endemismi presenti nel Parco Nazionale del Pollino Acer lobelii Ten. Acer neapolitanum Ten. Achillea lucana Pign. Achillea moschata Wulfen Achillea mucronulata Bertol. Achillea rupestris Huter Achillea tenorii Grande Ajuga tenorii Presl Alnus cordata (Loisel.) Desf. Aquilegia bertolonii Schott Arabis rosea DC. Arenaria bertolonii Fiori Arisarum proboscideum (L.) Savi Armeria nebrodensis (Guss.) Boiss. Artemisia variabilis Ten. Arum lucanum Cavara et Grande Asperula calabra (Fiori) Ehrend. et Krendl Astragalus aquilanus Anzalone Avenula praetutiana (Parl.) Pign. Berberis aetnensis Presl Biscutella incana Ten. Bonannia graeca (L.) Halacsy Brassica gravinae Ten. Brassica incana Ten. Bromus caprinus Kerner Buglossoides calabra (Ten.) Johnston Buglossoides minima (Moris) Fernandes Bunium petraeum Ten. Campanula fragilis Cyr. Campanula fragilis Cyr. fragilis Campanula pollinensis Podlech Cardamine chelidonia L. Carduus affinis Guss. Carduus affinis Guss. affinis Carduus affinis Guss. brutius (Huter,P. et R.) Kazmi Carduus chrysacanthus Ten. Carduus corymbosus Ten. Carex macrolepis DC. Centaurea ambigua Guss. Centaurea centaurium L. Centaurea deusta Ten. Centaurea deusta Ten. deusta Centaurea deusta Ten. divaricata (Guss.) Matthäs et Pign. Centaurea nigrescens Willd. Cerastium granulatum (Huter, P. et R.) Chiov. Cerastium tomentosum L. Cerinthe auriculata Ten. Chamaecytisus spinescens (Presl) Rothm. Cirsium lobelii Ten. sensu Lacaita

82 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 81 di 311 Cirsium tenoreanum Petrak Cirsium vallis-demonii Lojac. Colchicum bivonae Guss. Crepis corymbosa Ten. Crepis lacera Ten. Crepis spathulata Guss. Crocus imperati Ten. Crocus longiflorus Rafin. Crocus thomasii Ten. Cynoglossum magellense Ten. Cynoglossum nebrodense Guss. Dianthus ferrugineus Mill. Dianthus vulturius Guss. et Ten. Digitalis micrantha Roth Echinops siculus Strobl Edraianthus graminifolius (L.) DC. Edraianthus graminifolius (L.) DC. graminifolius Edraianthus graminifolius (L.) DC. siculus (Strobl) Lakusic Erysimum majellense Polatschek Erysimum sylvestre (Crantz) Scop. Euphorbia characias L. Euphorbia corallioides L. Euphrasia italica Wettst. Festuca calabrica Huter, P. et R. Festuca cyrnea (Litard. et St.-Yves) Mgf.-Dbg. Festuca robustifolia Mgf.-Dbg. Gagea busambarensis (Tineo) Parl. Galium austriacum Jacq. Galium palaeoitalicum Ehrend. Genista sericea Wulfen Gentianella columnae (Ten.) Holub Globularia cordifolia L. Helleborus bocconei Ten. Helleborus bocconei Ten. bocconei Hieracium portanum Belli Knautia lucana (Lacaita) Szabo Laserpitium garganicum (Ten.) Bertol. Laserpitium garganicum (Ten.) Bertol. garganicum Laserpitium garganicum (Ten.) Bertol. siculum (Sprengel) Pign Leontodon intermedius Huter, P. et R. Lereschia thomasii (Ten.) Boiss. Leucanthemum laciniatum Huter, P. et R. Linaria purpurea (L.) Miller Matthiola fruticulosa (L.) Maire Melampyrum italicum (Beauverd) Soó Micromeria fruticulosa (Bertol.) Grande Moehringia papulosa Bertol. Myosotis ambigens (Bég.) Grau Ononis oligophylla Ten. Ophrys lacaitae Lojac. Orchis brancifortii Bivona Ornithogalum ambiguum Terr. Ornithogalum brutium Terr. Pedicularis elegans Ten. Phleum ambiguum Ten. Picris scaberrima Guss. Pimpinella anisoides Briganti

83 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 82 di 311 Pinus laricio Poiret Plantago fuscescens Jordan Polygonum romanum Jacq. Potentilla caulescens L. nebrodensis (Strobl) Arrigoni Ptilostemon niveus (Presl) Greuter Pulmonaria saccharata Miller Pulmonaria vallarsae Kerner Ranunculus montanus Willd. Ranunculus pollinensis (Terr.) Chiov. Ranunculus thomasii Ten. Robertia taraxacoides (Loisel.) DC. Salix apennina Skvortsov Salix brutia Brullo & Spampinato Saxifraga porophylla Bertol. Saxifraga paniculata Mill. Subsp. Stabiana (Ten.) Pign. Scabiosa pseudisetensis (Lacaita) Pign. Scabiosa uniseta Savi Senecio samniticus Huet Senecio tenorei Pign. Seseli montanum L. tommasinii (Rch. f.). Arcangeli Sesleria nitida Ten. Solenanthus apenninus (L.) Fischer et C.A. Meyer Stipa austroitalica Martinovsky Teucrium siculum Rafin. Thalictrum calabricum Sprengel Thlaspi stylosum (Ten.) Mutel Thymus spinulosus Ten. Trifolium brutium Ten. Verbascum niveum Ten. Verbascum niveum Ten. niveum Viola aethnensis Parl. Viola aethnensis Parl. messanensis (W. Becker) Merxm. et Lip. Viola aethnensis Parl. splendida (W. Becker) Merxm. et Lippe. Viola bertolonii Pio emend. Merxm. et Lippert Viola nebrodensis C. Presl

84 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 83 di 311 Tab.4.5 Specie presenti nelle Liste Rosse Regionali. SPECIE INCLUSE NELLE LISTE ROSSE REGIONALI Nome scientifico Nome comune IUCN BAS Pteridofite Anogramma leptophylla ( L.) Link Felcetta annuale LR Asplenium fissum Kit. ex Willd Asplenio diviso LR VU Asplenium lepidum C. Presl. subsp. lepidum Asplenio grazioso LR VU Asplenium petrarchae (Guérin ) DC. subsp. petrarchae Asplenio ghiandoloso DD Asplenium septenntrionale (L.) Hoffm. Asplenio settentrionale DD Asplenium viride Huds. Asplenio verde VU Blechnum spicant (L.) Roth Lonchite minore LR Botrychium lunaria (L.) Sw Botrichio LR LR Phyllitis sagittata (DC.) Guinea et Heywood Scolopendria emiontoide VU Phyllitis scolopendrium (L.) Newman subsp. scolopendrium Scolopendria comune LR Polystichum lonchitis (L.) Roth Felce lonchite LR Pteris cretica L. Pteride di Creta EN Gimnosperme Abies alba Miller Abete bianco LR Ephedra nebrodensis Guss. [= E. major Host] Efedra nebrodense EN Juniperus oxycedrus L.subsp. macrocarpa ( Sibth. & Sm.) Ginepro coccolone EN Neilr.[= Juniperus macrocarpa Sm.] Juniperus phoenicea L. subsp.turbinata (Guss.)Nyman. Ginepro fenicio VU Juniperus sabina L. Ginepro sabino VU CR Pinus leucodermis Antoine[= Pinus heldreichii auct.] Pino loricato LR LR Taxus baccata L. Tasso LR VU Angiosperme Acer cappadocicum Gled. subsp. lobelii (Ten.) Murray [=Acer lobelii Ten.] Achillea barrelieri Ten. subsp. mucronulata (Bertol.) Heimerl[=Achillea oxyloba (DC.) Sch.Bip. subsp. mucronulata (Bertol.) I. Richardson] Acero di Lobelius LR LR IUCN CAL Millefoglio di Barrelier LR VU Achillea rupestris Huter, Porta & Rigo subsp rupestris Millefoglio del Pollino VU Achillea rupestris Huter, Porta & Rigo subsp. calcarea Millefoglio della Basilicata LR LR (Huter, Porta & Rigo) Greuter [=Achillea lucana Pignatti] Achillea tenorii Grande Millefoglio di Tenoro LR Aconitum lycoctonum emend. Koelle [=Aconitum lycoctonum L. subsp. neapolitanum (Ten.) Nyman] Aconito di Lamarck LR Ajuga tenorii Guss. [=Ajuga tenorei Guss.] Iva acaule LR Amelanchier ovalis Medi. K. subsp. ovalis Pero corvino LR Ammi crinitum Guss. Visnaga italica DD Androsace villosa L. Androsace appenninica VU Aquilegia vulgaris auct. Fl.Ital.[=Aquilegia viscosa Gouan] Aquilegia comune VU Arenaria grandiflora L. subsp. grandiflora LR Arisarum proboscideum (L.) Savi Arisaro codato LR Aristolochia clusii Lojac LR Armeria nebrodensis (Guss.) Boiss. Spillone dei Nebrodi DD Artemisia absinthium L. Assenzio vero LR Artemisia alba Turra Erba regina VU Arum cylindraceum Gasp. [=Arum lucanum Cavara e Gigaro meridionale DD LR Grande] Asperula calabra (Fiori) Ehrend. et Krendl. Stellina calabrese DD

85 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 84 di 311 Astragalus aquilanus Anzal Astragalo dell Aquila LR Astragalus sempervirens Lam. s.l. Astragalo spinoso EN Astragalus sirinicus Ten. subsp. sirinicus Astragalo del M. Sirino VU Athamanta ramosissima Port. [=Portenschlagiella ramosissima Finocchiella di Lucania VU VU (Portenschl.) Tutin] Aubrieta columnae Guss. subsp.columnae Arabetta di colonna VU Barlia robertiana (Loisel.) Greuter Barlia DD VU Bellevalia dubia (Guss.) Kunth Giacinto siciliano VU Berberis vulgaris L. subsp. aetnensis ( C. Presl) Rouy & Crespino comune LR VU Foucaud [=Berberis aetnensis C. Presl] Biscutella incana Ten. Biscutella sbiancata LR Brassica gravinae Ten. Cavolo di gravina VU Brassica incana Ten. Cavolo biancastro LR VU Buglossoides calabra (Ten.) Johnston [= Lithospermum Erba perla calabrese LR calabrum Ten.] Caltha palustris L. Calta palustre LR Campanula scheuchzeri Vill.subsp.pollinensis (Podlech) Campanula del Pollino LR LR [=Campanula pollinensis Podlech] Campanula scheuchzeri Vill.subsp pseudostenocodon (Lacaita) Campanula Calabro-Lucana DD Bernardo,Gargano &Peruzzi [=Campanula pseudostenocodon Laicata] Cardamine amara L. var. major Billeri amaro LR LR Carlina acaulis L. Carlina bianca VU Carpinus betulus L. Carpino bianco VU Carum flexuosum (Ten.) Nyman [=Carum heldreichii Boiss.] Kummel rupestre LR VU Carum multiflorum (Sibht & Sm) Boiss. subsp.multiflorum Kummel di Grecia CR Cephalanthera damasonium (Mill.) Druce Elleborina bianca VU Cephalanthera longifolia (Huds.) Fritsch Cefalantera maggiore LR Cephalanthera rubra (L.) Rich. Cefalantera rossa LR Cerastium scaranii Ten. [=Cerastium scarani Ten.] Peverina di Scarano DD Chaerophyllum hirsutum L.var. calabricum (Guss.) Paol. Ceretta comune VU Chrysosplenium dubium Gay LR LR Clematis cirrhosa L. Clematide cirrosa LR Coeloglossum viride (L.)Hartm. Celoglosso VU Colchicum bivonae Guss. Colchico di Bivona LR Corallorhiza trifida Châtel. Coralloriza VU Coris monspeliensis L. Coris EN Cotoneaster integerrimus Medik Cotognastro minore LR Crocus imperati Ten. Zafferano di Imperato DD LR Crocus longiflorus Raf. Zafferano autunnale DD LR Cynoglossum magellense Ten. Lingua di cane della Majella VU Cynoglossum nebrodense Guss. Lingua di cane siciliana Dactylorhiza romana (Sebast. et Mauri ) Soò Orchide romana LR Daphne mezereum L. Fior di stecco LR Delphinium fissum Waldst. & Kit. subsp.fissum Speronella di montagna LR Dianthus vulturius Guss. & Ten. Garofano del Vulture LR Dictamnus albus L. Frassinella VU Edraianthus graminifolius (L.) DC. subsp. siculus (Strobl) Campanula graminifoglia LR Lakusic Epipactis atrorubens (Hoffm. ex Bernh.) Besser [=Epipactis Elleborine violacea LR atropurpurea Raf.] Epipactis helleborine (L.) Crantz Elleborine comune LR Epipactis meridionalis M Baumann & Lorenz VU Epipactis microphylla ( Ehrh) Sw. Elleborine minore LR LR

86 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 85 di 311 Epipactis palustre (L.) Crantz Elleborine palustre VU VU Epipactis viridiflora Hoffm. ex Krock [= Epipactis pollinensis LR B. Baumann & H. Baumann] Epipogium aphyllum Sw. Epipogio VU Euphorbia amygdaloides L. subsp. arbuscula Meusel Euforbia LR Euphrasia italica Wettst. Eufrasia italica LR Euonymus latifolius (L.) Miller [= Evonymus latifolius Miller] Fusaria maggiore LR Euonymus verrucosus Scop.[= Evonymus verrucosus Scop.] Fusaria rugosa DD Fritillaria messanensis Raf. Meleagride messinese LR Fritillaria montana Hoppe ex Koch [=Fritellaria orientalis Meleagride minore LR LR Adams] Gagea bohemica ( Zauschn.) Schult. & Schult. f. Cipollaccio DD Gagea chrysantha Schult. & Schult. f. [= Gagea amblyiopetala Cipollaccio della Basilicata DD Boiss. & Heldr.] Gagea granatellii Parl. Cipollaccio di Granatelli LR Gagea minima (L.) Ker.- Gawler Cipollaccio minore DD Gagea pratensis (Pers.) Dumort. Cipollaccio dei prati DD Gagea villosa (Bieb.) Duby Cipollaccio dei campi DD Galium palaeoitalicum Ehrend. Caglio delle Alpi Apuane VU Gentianella columnae (Ten.) Holub [=Gentiana columnae Genzianella napoletana VU Ten.] Gentianella crispata (Vis) Holub [= Gentiana crispata Vis.] Genzianella del Pollino LR EN Gentiana verna L. Genziana primaticcia VU Geranium austroappenninum Aedo [= Geranium cinereum Geranio cenerino LR Cav.] Gymnadenia conopsea (L.) R. Br. Manina rosea LR Heptaptera angustifolia (Bertol.) Tutin Basilisco lucano LR Hesperis laciniata All. Violaciocca laciniata LR Hieracium naegelianum Pancic Sparviere di Naegeli DD DD Hieracium portanum Belli Sparviere di Porta DD LR Himantoglossum adriaticum H. Baumann Barbone adriatico VU Hornungia pauciflora (W.D.J. Koch) Banfi, Galasso; Iberidella minore DD Soldano & F.Conti [= Hymenolobus pauciflorus ( Koch) Schinz & Thell.] Iberis umbellata L. Iberide rossa VU Impatiens noli-tangere L. Balsamina gialla LR Iris relicta Colas. [= Iris suaveolens N. Terracc.] LR Juncus thomasii Ten. Giunco di Thomas DD Laburnum alpinum (Mill.) Bercht. & J.Presl. Maggiociondolo di LR montagna Lathraea squamaria L. Latrea LR LR Lereschia thomasii (Ten.) Boiss. Lereschia VU LR Limodorum abortivum (L.) Sw Fior di legno VU Linum austriacum L.subsp. tommasinii (Rchb) Greuter & Lino di Tommasini LR LR Burdet [=Linum tommasinii Rchb] Listera ovata (L.) R. Br. Listera maggiore VU Lonicera alpigena L. Madreselva alpina LR Melampyrum variegatum Huter, Porta & Rigo Spigarola screziata DD Narcissus serotinus L. Narciso LR Neottia nidus-avis (L.) Rich. Nido d uccello LR Ophrys apifera Huds. subsp. apifera Ofride fior d Api LR Ophrys bertolonii Moretti s.l. Ofride di Bertoloni LR Ophrys bombyliflora Link Ofride fior di Bombo LR LR Ophrys crabronifera Mauri subsp. crabronifera Ofride calabrone DD DD

87 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 86 di 311 Ophrys holoserica ( Burm.f.) Greuter subsp. apulica (O. & E. Danesch) Buttler Ophrys holoserica ( Burm.f.) Greuter subsp.pollinensis (E. Nolsen.) Landwehr Ofride dei fuchi VU Ofride pollinense VU Ophrys incubacea Bianca ex Tod. Ofride verde-bruna LR LR Ophrys insectifera L. Ofride insettivora DD VU Ophrys lacaitae Lojac. VU Ophrys lutea Cav. s.l. Ofride gialla LR Ophrys oxyrrhynchos Tod. [=Ophrys oxyrrhynchos Tod. VU subsp.celiensis O.& E. Danesch] Ophrys sphegodes Mill. subsp. garganica E. Nelson LR Ophrys tarentina Gölz & H.R. Reinh DD Ophrys tenthredinifera Willd. Ofride fior di vespa LR Orchis anthropophora (L.) All.[=Aceras anthropophorum (L.) R. Ballerina VU Br. In Aiton] Orchis coriophora L. Orchide cimicina LR LR Orchis italica Poir. Orchide italiana LR Orchis lactea Poir. Orchide aguzza VU Orchis laxiflora Lam. Orchide acquatica VU Orchis morio L. Orchide minore LR Orchis pallens L. Orchide pallida LR Orchis palustris Jacq. Orchide palustre CR VU Orchis papilionacea L. subsp. papilionacea Orchide LR LR Orchis pauciflora Ten. Orchide calabrese LR Orchis quadripunctata Cirillo Orchide a quattro punti LR Orchis simia Lam. Orchide omiciattolo LR Ornithogalum exscapum Ten. [=Ornithogalum ambiguum Latte di Gallina LR DD A.Terracc.] Ornithogalum refractum Kit. ex Willd. [ Ornithogalum brutium DD A.Terracc.] Ornithogalum orthophyllum Ten. Latte di Gallina a foglie DD diritte Paeonia mascula (L.) Mill. Peonia maschio EN Paeonia peregrina Miller Peonia pellegrina VU VU Paris quadrifolia L. Uva di Volpe LR Pedicularis elegans Ten. Pedicolare appennina LR Pedicularis petiolaris Ten. Pedicolare picciolata LR Picnomon acarna (L.) Cass. Cardo spino-bianco EW Picris laciniata Vis. [=Picris scaberrima Guss.] Aspraggine scabra LR Pinus leucodermis Antoine [= Pinus heldreichii auct.] Pino loricato LR LR Platanthera bifolia (L.) Rchb. Platantera comune LR Polygala major Jacq. Poligala maggiore Polygonum tenorei C.Presl Poligono di Tenori Polygonatum odoratum (Mill.) Druce Sigillo di Salomone LR LR Ptilostemon niveus (C.Presl) Greuter Cardo niveo LR Pulsatilla alpina (L.) Delarbre EN Pyrola minor L. Piroletta minore VU Quercus robur L. s.l. Farnia DD Ranunculus pollinensis (Terr.) Chiov. Ranuncolo del Pollino LR Ranunculus polyanthemos L. subsp. thomasii (Ten.) Tutin Ranuncolo dei boschi LR [=Ranunculus thomasii Ten.] Ranunculus trichophyllus Chaix subsp. trichophyllus Ranuncolo a folgie capillari VU Rhamnus pumila Turra Ranno spaccasassi LR

88 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 87 di 311 Rhaponticoides centaurium (L.) M.V. Agab. & Greuter Fiordaliso centauro LR VU [=Centaurea centaurium L.] Salix apennina Skvortsov Salice dell Appennino DD Salvia argentea L. VU Saponaria calabrica Guss. Saponaria calabrese LR Saxifraga aizoides L. Sassifraga gialla VU Saxifraga callosa Sm. subsp. callosa Sassifraga meridionale VU Saxifraga marginata Sternb Sassifraga marginata VU Saxifraga porophylla Bertol. subsp. porophylla Sassifraga porosa VU VU Sedum magellense Ten. subsp. magellense Borracina della Majella LR Sempervirum tectorum L. Semprevivo maggiore LR Serapias cordigera L. Serapide cuoriforme LR Serapias lingua L. Serapide lingua LR LR Serapias parviflora Parl. Serapide minore LR VU Serapias vomeracea (Burm.f.) Briq. Serapide maggiore LR LR Silene roemeri Friv. subsp. staminea ( Bertol. ) Nyman LR Solenopsis minuta (L.) C.Presl. subsp. nobilis (Wimm.) Laurenzia di Bivona LR Meikle [= Laurentia bivonae (Tineo) Pign.] Sorbus torminalis (L.) Crantz Sorbo torminale LR Spiranthes spiralis (L.) Chevall. Treccia di dama LR Staphylea pinnata L. Bossolo LR EN Sternbergia colchiciflora Waldst. & Kit. Zafferanastro appenninico DD Sternbergia lutea (L.) Ker Gawl. Zafferanastro giallo LR Stipa austroitalica Martinovsky Stipa meridionale LR Tilia platyphyllos Scop. s.l. Tiglio nostrano VU Tremastelma palaestinum (L.) Janch Vedovina del Levante LR Tulipa sylvestris L. Tulipano comune VU VU Ulmus glabra Hudson Olmo di montagna VU Valeriana montana L. LR Verbascum magellense Ten. Verbasco della Majella LR Veronica aphylla L. Veronica minore DD VU Veronica austriaca L. Veronica d Austria LR Veronica scutellata L. Veronica delle paludi CR Vicia barbazitae Ten. & Guss. Veccia di Barbazita LR DD Viola aethnensis (DC.) Strobl subsp messanensis (W.Becker) Viola dell Etna LR LR Merxm & Lippert Viscum album L. subsp. abietes (Wiesb) Abrom Vischio LR La vegetazione del Parco La vegetazione nel territorio del Parco Nazionale del Pollino si distingue per la grande ricchezza delle specie presenti che testimoniano una grande varietà ed al contempo una grande vastità del territorio e delle diverse condizioni climatiche che lo influenzano. Il lussureggiare di tanti endemismi e la presenza di rare associazioni vegetali, rendono l area del Parco unica in tutto il Mediterraneo. La vegetazione è diversificata e segue i gradienti delle fasce altitudinali, all interno delle quali si presentano simili condizioni bioclimatiche e che pertanto presentano le stesse potenzialità vegetazionali. A tal proposito, nel territorio del Parco Nazionale del Pollino si possono distinguere dal basso verso l alto le seguenti fasce bioclimatiche:

89 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 88 di 311 la fascia Mediterraneo-Arida; la fascia Mediterraneo-Temperata; la fascia Sannitica; la fascia Sub-Atlantica; la fascia Mediterranea-Altomontana; La fascia Mediterraneo-Arida è caratterizzata dalla presenza della macchia mediterranea xerofila, i cui maggiori rappresentanti sono l oleastro ed il carrubo (Oleo-Ceratonion), limitata all ambiente costiero. Si tratta della fascia più termofila. La fascia Mediterraneo-Temperata è la fascia della lecceta (Quercetum ilicis). Queste prime due fasce non sono ben distinte ma s'inframmezzano spesso fra di loro e sono maggiormente diffuse lungo il versante calabro. Le specie presenti sono per lo più quelle della macchia mediterranea e della gariga, quali il Leccio (Quercus ilex), le Eriche (Erica arborea, Erica multiflora), il Corbezzolo (Arbutus unedo), i Cisti (Cistus incanus, Cistus salvifolius, Cistus monspeliensis) ed il Lentisco (Pistacia lentiscus). Interessante è la macchia a Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa) presente lungo la strada per la Fagosa, sopra Civita, e sempre vicino a questo paese, posto sulle rupi all uscita delle gole del torrente Raganello, vegeta la macchia ad Euforbia arborea (Euphorbia dendroides). Ad occidente, sul versante calabro del Parco troviamo la macchia alta ad Erica multiflora (Erica multiflora), molto più rara dell Erica arborea (Erica arborea), presente invece quasi dappertutto. Il Leccio lo troviamo in abbondanza sul versante meridionale del Massiccio del Pollino, lungo le pareti più basse della Manfriana, del Dolcedorme e di Serra del Prete e delle valli fluviali che si affacciano sul Tirreno (Lao, Argentino, Abatemarco, Corvino). Il Leccio tende a colonizzare i costoni rocciosi maggiormente esposti al sole. Talvolta è possibile ritrovarlo anche ad alta quota, come in alcune valli dei Monti di Orsomarso, dove entra, addirittura, nel sottobosco del Faggio (Fagus sylvatica). La gariga è tipica delle zone più aride e scoperte, per lo più esposte a sud-est come nel caso della Petrosa, nel territorio del Comune di Castrovillari. Questa vasta area deve il suo nome alla notevole rocciosità affiorante ed è molto importante per la vegetazione naturale costituita da formazioni vegetali rade con arbusti bassi e spinosi e vaste praterie a dominanza di Stipa austroitalica (Stipa austroitalica). Tra le specie che caratterizzano la gariga troviamo le Euforbie (Euforbia rigida, Euforbia spinosa), l Elicriso (Helichrysum italicum), i Cisti e la Lavanda (Lavandula angustifolia). La fascia Sannitica è la fascia delle foreste miste caducifoglie. Tra gli alberi ricordiamo il Cerro (Quercus cerris), gli Aceri (Acer neapolitanum, Acer monspessulanum), l Ontano napoletano (Alnus cordata), quest ultimo specie endemica della Corsica e dell Appennino meridionale. Un altra quercia che possiamo ritrovare in questa fascia è il Farnetto (Quercus frainetto).

90 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 89 di 311 I boschi di Cerro, sul Pollino come su quasi tutto l Appennino meridionale, occupano la fascia intorno ai 1000 metri di altitudine e si possono ritrovare soprattutto lungo il versante lucano del Massiccio del Pollino. Talvolta il Cerro entra in contatto con il Faggio costituendo ambienti di particolare interesse conservazionistico. Lungo il versante calabro la fascia delle querce caducifoglie è ridotta; è da segnalare, tuttavia, la cerreta presso il Piano di Marco (San Donato di Ninea), dove nel sottobosco è presente un eccezionale diffusione di peonie (Paeonia mascula, Paeonia peregrina). Un altra quercia che è possibile ritrovare in questa fascia è il Farnetto (Quercus frainetto T.). Questa specie, caratterizzate da grandi foglie, ha l areale circoscritto ai Balcani ed all Italia Meridionale. Sul Pollino si trova nei territori dei Comuni di Noepoli, San Costantino Albanese ed Alessandria del Carretto e con maggior frequenza tra gli 800 ed i 950 metri di quota. Il Castagno (Castanea sativa) trova ampia diffusione nel territorio del Parco Nazionale del Pollino lungo una fascia altitudinale compresa tra i ed i metri di quota. Tale situazione è in gran parte attribuibile all uomo che da secoli ne ha favorito l insediamento a scapito dei querceti caducifogli. Specie mesotermica, il castagno si rinviene lungo una fascia altitudinale compresa tra i ed i metri di quota. La fascia Sub-Atlantica corrisponde all area bioclimatica delle faggete che costituiscono le formazioni forestali maggiormente diffuse nel territorio del Parco. Si possono riconoscere due tipi principali di faggeta, una nella parte più elevata, l Aquifolio-Fagetum, e l altra nella parte più bassa l Asyneumati- Fagetum. La prima associazione rappresenta l aspetto mesofilo e si riscontra in generale ad altitudini superiori ai m fino a circa m s.l.m., mentre la seconda rappresenta l aspetto più termofilo delle faggete dell Italia meridionale e si riscontra a quote comprese fra i m ed i 1500 m s.l.m., scendendo a volte anche a 900 m s.l.m. La fascia più in quota è caratterizzata dalle seguenti specie: Campanula delle faggete (Campanula trichocalycinum), Centonchio dei boschi (Stellaria nemorum), Lamiastro (Lamiastrum galeobdolon), Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) ed Acero di Lobelius (Acer lobelli). Quella più in basso, è caratterizzata da: Agrifoglio (Ilex aquifolium), Melica comune (Melica uniflora), Dafne laurella (Daphne laureola), Cicerchia primaticcia (Lathyrus vernus), Euforbia delle faggete (Euphorbia amygdaloides). Tra un tipo e l altro il passaggio non avviene mai bruscamente, ma spesso attraverso aspetti indecisi di transizione. Di fondamentale importanza ai fini della tutela della biodiversità, è l associazione del Faggio con l Abete bianco (Abies alba), particolarmente estesa nel territorio del Pollino. Quest associazione può essere considerata climax in quanto rappresenta lo stadio finale in processi successioniali, in equilibrio dinamico col clima e col terreno. La fascia Mediterraneo-Altomontana è individuata dalla vegetazione a Sesleria tenuifolia (Sesleria tenuifolia), che si sviluppa al di sopra del limite della vegetazione arborea. L elemento vegetazionale

91 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 90 di 311 caratteristico di questa fascia è rappresentato dalle pélouses ècorchies (tappeto erboso scorticato) formate da popolamenti discontinui nei quali dominano specie di Sesleria e Carex. Alle quote più alte vegetano le Sassifraghe (Saxifraga marginata, Saxifraga porophilla, Saxifraga lingulata, Saxifraga paniculata) ed i Semprevivi (Sempervivum tectorum). Sui pianori di quota si possono ammirare splendide fioriture di viole (Viola aethnensis subsp. messanensis) e di Orchidee (Dactylorhiza sambucina, Orchis pallens, Gymnadenia conopsea, Coeloglossum viride), che offrono uno spettacolo cromatico indimenticabile. Il Pino loricato (Pinus leucodermis) distingue e rende unica la vegetazione montana ed altomontana del Pollino. Emblema del Parco, svetta imponente, isolato o in nuclei, dai piani soleggiati alle creste più impervie, inerpicandosi su aspre pareti di roccia ed esponendosi tenacemente alle intemperie ed ai venti più forti. Il Pino loricato è una specie relitta presente in Italia solo ed esclusivamente nel territorio del Parco Nazionale del Pollino. È il rappresentante appenninico di una specie rarissima della flora europea, presente anche su alcuni massicci isolati della penisola balcanica. Il Pino loricato è un albero robusto e maestoso che cresce non troppo alto, tozzo e contorto a causa delle condizioni atmosferiche che deve sopportare. Se trova condizioni favorevoli cresce alto e diritto e può raggiungere notevoli dimensioni, come alcuni dei giganti del Palanuda che raggiungono i 38 metri di altezza. La chioma non è molto densa ed è di colore verde scuro e di forma ovale. Quelli che vivono più in alto e sono esposti al vento sviluppano i loro rami a bandiera, cioè nella direzione del vento dominante, per offrire meno resistenza ed in alcuni casi, i rami per non uscire dalla linea del vento si accrescono verso il basso. La corteccia è divisa in grandi placche trapezoidali di colore grigio cenere ricoperte da scagliette lucenti. Gli aghi sono riuniti in fascetti di due, sono rigidi e pungenti e di colore verde scuro. Gli strobili sono ovato-conici e di piccole dimensioni. Fiorisce nel mese di Giugno. Nell area del Parco questa specie forma popolamenti aperti e monospecifici su pendii rupestri d alta quota, in corrispondenza di praterie aride altomontane, sopravanzando il faggio in corrispondenza del limite superiore della vegetazione arborea. Per quanto concerne la sua ecologia, il Pino loricato è una specie montana pioniera che vegeta in stazioni rupestri assai scoscese ma anche nei pianori dei valloni d alta quota più protetti dal vento e dalla neve, con predilezione per le esposizioni calde dei quadranti ovest e sud-ovest, su suoli, litosuoli e rocce calcaree e/o dolomitiche di ere geologiche diverse ed in una fascia altitudinale assai ampia compresa tra i 530 m s.l.m. in località Golfo della Serra nella Valle del Fiume Argentino e i 2240 m s.l.m. sull Anticima Nord di Serra Dolcedorme. Il Pino loricato caratterizza il paesaggio delle alte vette e dei costoni rocciosi con piante calcinate e con esemplari maestosi ultracentenari, di forma contorta che indicano l estrema adattabilità all aridità del suolo ed alle difficili condizioni climatiche regalando paesaggi di rara bellezza. In Italia la distribuzione geografica può essere ricondotta a quattro distinti gruppi naturali di vegetazione, localizzati nel piano montano e sub-montano dell Appennino meridionale:

92 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 91 di 311 gruppo settentrionale lucano (Alpi Spina Zaccana); gruppo centro-orientale calabro-lucano (Pollino); gruppo centrale calabro (Palanuda-Pellegrino); gruppo costiero meridionale (Montea). Il gruppo settentrionale lucano è situato tra le valli del fiume Sinni a nord e del Galdo a sud. Possiamo distinguere questo gruppo in due settori separati: il primo comprende il Monte La Spina, il Monte Capillo e il Monte Zàccana localizzati nei Comuni di Lauria e Castelluccio Superiore, il secondo interessa il Monte Alpi nel Comune di Castelsaraceno. Il gruppo centro-orientale calabro lucano comprende il Massiccio del Pollino e ricade in gran parte in territorio calabrese escluso i nuclei di Serra di Crispo, Pietra Castello, Timpone Conocchiello, Serra delle Ciavole e della Grande Porta del Pollino, ricadenti in territorio lucano. Questo popolamento è il più esteso e si trova nel cuore del Parco, sulle cime sopra i duemila metri e sui versanti ripidi dove tutte le altre specie non riescono a crescere per mancanza di humus, mentre il Pino loricato vi riesce estendendo le sue radici nelle fenditure della roccia. Qui sono presenti fustaie medio-giovani, in gran parte dense e chiuse, vegetando anche sui costoni e sulle pareti rocciose. Lo stato vegetativo è buono e si riscontra rinnovazione naturale. Le situazioni migliori sono state riscontrate a quote fra m s.l.m.. Il gruppo centrale calabro è costituito dai Monti Palanuda, Caramolo e Cozzo del Pellegrino. Le formazioni sono discontinue e frazionate in vari e limitati punti. Il gruppo costiero meridionale è quello costituito dal Massiccio della Montea in Calabria. Esso segna il limite occidentale e meridionale dell areale della specie in Italia ed è composto non solo da piante mature ma anche da pini giovani. E possibile riscontrare il Pino loricato in tre piani di vegetazione: nel submontano, nel montano inferiore e nel montano superiore. Nel piano submontano è presente con formazioni sparse e/o frazionate in aree poco estese (massimo 2-3 ettari) con uno stato vegetativo buono, dimostrando una buona capacità di adattamento al piano dell alta macchia mediterranea. Nel piano montano inferiore, invece, si trovano le migliori formazioni di Pino loricato che preferisce le esposizioni calde dei quadranti ovest e sud-ovest. Su Monte La Spina e sulla Montea esistono buoni soprassuoli anche nei versanti freddi di nord e nord-est. Il piano montano superiore comprende la parte più elevata dei monti e corrisponde al margine delle formazioni chiuse di faggio ed aperte di Pino loricato. I popolamenti di Pino loricato risultano localizzati per lo più sulle creste rocciose, utilizzate quasi come ultimo rifugio, al limite superiore della vegetazione arborea. Sono l esempio più efficace di estrema resistenza biologica di questa specie alla rigidità dei fattori del clima d altitudine ed alla povertà edafica dei suoli (litosuoli con diffusa roccia affiorante). Mano a mano che si sale di quota verso le vette, le formazioni forestali diventano più aperte e rade, con maggiore presenza di Pino loricato, che diventa esclusivo e si spinge fino alla quota di m s.l.m. sull Anticima Nord di Serra Dolcedorme. In questo piano mostra il suo spiccato pionierismo, manifestando notevole resistenza alla rigidità del clima d altitudine, forte adattabilità a condizioni

93 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 92 di 311 edafiche per lo più ingrate e colonizzando attivamente i ghiaioni in via di consolidamento ed i substrati più o meno instabili. Laddove è presente con gruppi consistenti, forma soprassuoli pressoché puri, coetanei, con età, densità e grado di copertura variabile, a profilo ondulato, con un solo piano principale, con buona vigoria vegetativa, con fusti diritti e discreti accrescimenti longitudinali. La rinnovazione è abbondante, generalmente a gruppi su piccole aree, continua ed affermata, tanto che la specie tende ad ampliare marginalmente la propria area, a discendere verso il basso ed a penetrare nelle formazioni forestali presenti alle quote inferiori.

94 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 93 di Fauna La posizione geografica e l eterogeneità spaziale che caratterizza il territorio del Parco Nazionale del Pollino, dovuta all articolazione orografica e geologica, a circostanze climatiche, alla presenza di diversi reticoli idrografici e conseguentemente di numerose tipologie e formazioni vegetali da quelle mediterranee a quelle alto montane, permettono l esistenza di una ricca biodiversità animale. Il Parco Nazionale del Pollino con suoi boschi, le sue estese praterie e le vette, accoglie una fauna di eccezionale interesse, molto spesso a testimonianza delle vicissitudini climatiche che lo hanno interessato. Numerose sono le specie che, colonizzando la nostra Penisola durante le varie ere glaciali, sono riuscite a sopravvivere solo su tale Massiccio o che hanno in esso la stazione più meridionale di diffusione o che, separatesi dalle popolazioni originarie, hanno dato origine a nuove entità tanto che il contingente delle zoocenosi del Parco oltre che per l ampia varietà dei taxa presenti, oggi si contraddistingue soprattutto per la presenza di popolazioni di specie animali endemiche, rare e minacciate di estinzione. La descrizione della distribuzione dei taxa più rappresentativi e significativi per ruolo ecologico nelle zoocenosi del Parco, puo dare un idea dell importanza rivestita dalla presenza del Parco Nazionale nel territorio del Pollino. Coleotterofauna E l ordine del regno animale più ricco di specie. Le dimensioni dei suoi rappresentanti sono estremamente variabili ma caratteristica distintiva è la trasformazione del primo paio di ali in elitre di costituzione coriacea, che assicurano protezione e garantiscono una minore disidratazione, consentendo loro di sopravvivere anche in ambienti poco favorevoli. La livrea è estremamente varia e spesso mimetica con l'ambiente in cui si sono adattati, oppure riproduce quella di specie armate di organi di offesa/difesa. Del Parco Nazionale del Pollino (Angelini, 1986 dattiloscritto per la Regione Basilicata) sono al momento note poco più di specie: circa 180 raggiungono in esso il limite meridionale di distribuzione in Italia e circa 20 risultano endemiche o para endemiche. Già questi dati rendono l idea dell interesse enorme di tale Parco. Tra le specie straordinariamente rare e belle si ricordano: la Rosalia alpina (Linnaeus), Cerambicide molto raro lungo tutto l Appennino e tipico del faggio; il Buprestis splendens Fabricius, noto per l Italia solo su tale Massiccio e reperibile sul Pino loricato unitamente al congenere Haemorrhoidalis araratica Marseul, particolarmente raro in Italia; la Bathyscio auffoi Tamanini; il Cerambicide Rhamnusium graecum italicum Müller, noto per un individuo proveniente dal Massiccio del Pollino; il Plinthus illigeri colonnellii, bellissimo Curculionide reperibile esclusivamente sotto le pietre dei pianori e noto esclusivamente in questo Parco. Coleotteri Curculionidi I Curculionoidei comprendono specie strettamente legate alle piante, sia allo stato larvale che adulto.

95 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 94 di 311 Le loro larve sono per la quasi totalità endofaghe. Ancora, alcune specie sono detritivore, e si trovano nella lettiera dei boschi, generalmente di latifoglie. Praticamente tutte le essenze possono essere attaccate da qualche rappresentante di questa superfamiglia: va da sé quindi che questi insetti si trovano negli ambienti più vari. Essi sono particolarmente adatti ad essere utilizzati come biodescrittori della qualità di un ambiente, anche perché, essendo la più numerosa superfamiglia del regno animale, è facile dedurre semplicemente dalla presenza o assenza di specie caratteristiche di un habitat lo stato di conservazione di esso. Nonostante l unicità in Italia della presenza del pino loricato nel Parco Nazionale del Pollino, le specie di Curculionoidei fitofagi ad esso associate non risultano mai esclusive di quest essenza vegetale, potendosi sviluppare anche su altre gimnosperme. La comunità di fitofagi tipici delle faggete appare nel Parco complessa e ben strutturata, con elementi endemici del Pollino, come Kyklioacalles saccoi, specie endemiche dell Appennino meridionale (ad es. Dichotrachelus bensae), o dell Appennino centromeridionale (Phyllobius romanus, Phyllobius maculicornis lucanus, Polydrusus scutellaris). Anche la comunità di fitofagi legati all abete bianco appare ben articolata e comprendente specie endemiche dell Appennino meridionale, come Metacinops calabrus, Parascythopus baudii, Polydrusus subnotatus oltre ad altre entità relitte in Italia, come Auchmerestes kiesenwetteri, la cui presenza è limitata al Parco del Pollino ed a quello della Calabria. Ben strutturate appaiono le comunità legate a boschi misti con presenza più o meno prevalente di querce caducifoglie. Tra gli elementi di particolare spicco, perché altrove assai rarefatti, vanno citati Camptorhinus statua, Acalles roboris e Polydrusus siculus, quest ultimo endemico dell Italia del sud. Una specie endemica dell Appennino meridionale e nota in soli tre esemplari, è Ruteria tyrrhenica, presente nel Parco nelle quercete dei dintorni di Mormanno e Laino. Notevole è anche la presenza nei boschi misti di querce più o meno fitte di Otiorhynchus alutaceus coarctaticornis, Otiorhynchus minutesquamosus, Polydrusus siculus, endemiti dell Appennino meridionale, e di Polydrusus frater e Polydrusus pirazzolii, endemici appenninici. Anche i cespuglieti di quote medio-basse albergano l endemita appenninico meridionale Cirrorhynchus crinipes pilipes. Praticamente tutte le cime delle alte montagne del Parco presentano elementi di particolare interesse tra cui le specie endemiche Pseudomeira lucana, delle alte quote del Massiccio del Pollino, e Otiorhynchus calabrolucanus, limitata alla vetta della Serra del Prete. Altri endemismi altomomontani sono: Limatogaster colonnellii, Dodecastichus brevipes tarentinus e Otiorhynchus ligneoides, solo presenti in Appennino meridionale; e Otiorhynchus porcellus e Otiorhynchus strigirostris, endemiti appenninici. Il piano altomontano del Monte Alpi alberga l unica stazione dell Appennino meridionale finora nota per l endemita appennico Ceutorhynchus osellai, mentre il Pollino ed i Monti d Orsomarso rappresentano il limite meridionale di diffusione di Microplontus fairmairei, Otiorhynchus desertus, Otiorhynchus porcellus, Tychius focarilei. Tra le specie di prateria umida elementi di particolare pregio sono risultate le tre specie di Plinthus, tra cui Plinthus illigeri colonnellii, endemico del Massiccio del Pollino e dell Aspromonte, mentre Leiosoma cribrum, Otiorhynchus calabrus, Phyllobius pyri italicus, Phyllobius raverae e Polydrusus raverae sono specie endemiche

96 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 95 di 311 dell Appennino meridionale, ed assai infrequenti al di fuori dell area del Parco; tra di esse spicca Mogulones lucanus che, nel meridione d Italia, è presente solo sul Massiccio del Pollino. Le praterie aride del Parco rappresentano l unica località italiana in cui sia presente Pachytychius discithorax; anche Nemonyx lepturoides è noto solo del Pollino per quanto riguarda l Italia meridionale. Piano di Ruggio sul Massiccio del Pollino e Fiumarella di Rossale sui Monti di Orsomarso sono l unica località in Italia peninsulare ove è presente il criofilo Rutidosoma fallax. Le specie rupicole strette, ancorché poco numerose, sono del massimo interesse: infatti Ceutorhynchus verticalis è endemico del Parco, mentre solo recentemente Ceutorhynchus declivis, descritto sui Monti d Orsomarso, è stato ritrovato anche in Abruzzo meridionale. Coleotteri Carabidi La famiglia dei Coleotteri Carabidi è considerata una fonte primaria di informazioni circa l ambiente; essi costituiscono una guild di artropodi predatori in media poco specializzati, attivi sulla superficie del suolo, sulla vegetazione ma anche nel sottosuolo. Nelle catene alimentari essi operano un ingente trasformazione di biomassa di piccoli fitofagi e detritivori in un pabulum più adatto a predatori di maggiori dimensioni: mammiferi, ma anche invertebrati. I Carabidae sono la più numerosa famiglia di predatori terrestri ed una delle più numerose di Coleotteri. L Italia, rispetto al resto d Europa, ne possiede la più alta diversità specifica. L alto livello di conoscenza è certamente dovuto all intenso sforzo di studio impiegato; esso è comunque legato alla specifica ecologia di predatore specializzato, all alta fedeltà al substrato,alla scarsa vagilità e tendenza all endemizzazione del taxon. L Italia, con la sua complessità ambientale e l elevata diversificazione del mosaico bioclimatico, presenta un altissima percentuale di endemismi (Brandmayer et al, 2005). A seguito di studi effettuati sulle comunità di Coleotteri Carabidi in boschi di faggio e su praterie altomontane del Massiccio del Pollino sono stati registrati molti cambiamenti, principalmente nelle strutture delle comunità poste a basse altitudini, dove le specie orofile sono scomparse o hanno visto fortemente ridurre le loro popolazioni. È particolarmente vistosa l infiltrazione di specie termofile di Carabidi nelle faggete. Minori cambiamenti sono visibili a quote più elevate, dove l altitudine compensa l aumento di temperatura. Alcune specie mediterranee hanno incrementato le loro popolazioni ed hanno colonizzato habitat ad altitudini più elevate. (Scalercio et al, 2006). In base alla bibliografia ed alle collezioni consultate e alle ricerche sul campo è stato possibile stilare la seguente lista dei Coleotteri Carabidi presenti nel Parco Nazionale del Pollino: (E) endemica del Parco Nazionale del Pollino (M) limite meridionale di diffusione il Parco Nazionale del Pollino

97 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 96 di 311 1) Cicindela campestris Harpalus rubripes 2) Cychrus italicus Harpalus sulphuripes ssp. decolor 3) Carabus preslii ssp. neumeyeri Harpalus honestus 4) Carabus convexus Harpalus rufitarsis ssp. decipiens 5) Carabus lefebvrei Harpalus attenuatus 6) Carabus violaceus ssp. picenus Harpalus impressus ssp. latianus 7) Carabus coriaceus Harpalus tardus 8) Calosoma inquisitor Paraphonus maculicornis 9) Calosoma sycophanta Trichotichnus nitens 10) Leistus spinibarbis Stenolophus teutonus 11) Leistus rufumarginatus Stenolophus abdominalis (M) 12) Leistus fulvibarbis Egadroma marginata 13) Nebria psammodes ssp. Schreibersi Acupalpus dorsalis 14) Nebria kratteri Scybalicus oblongiusculus 15) Nebria brevicollis Anisodactylus binotatus 16) Notiophilus pusillus Amara ovata 17) Notiophilus aquaticus Amara aenea 18) Notiophilus substriatus Amara eurynota 19) Notiophilus geminatus Amara familiaris 20) Notiophilus rufipes Amara anthobia 21) Notiophilus biguttatus Amara lucida 22) Loricera pilicornis ssp. Apennina Amara praetermissa (M) 23) Clivina fossor Amara apricaria 24) Siagona europaea Amara aulica 25) Asaphidion rossii Amara sicula 26) Asaphidion stierlini Zabrus tenebroides 27) Asaphidion curtum Zabrus costai (M) 28) Bembidion lampo Stomis pumicatus 29) Bembidion puntulatum ssp. obscuripes Poecilus cupreus ssp. Calabrus 30) Bembidion bipunctatum ssp. pyritosum Poecilus angustatus 31) Bembidion geniculatum Oreophilus bicolor 32) Bembidion bugnioni Pterostichus niger 33) Bembidion nitidulum Pterostichus nigrita 34) Bembidion dalmatinum ssp. latinum Pterostichus strenuus 35) Bembidion gudenzii Pterostichus unctulatus ssp. Apenninus 36) Bembidion praeustum ssp. fauveli Pterostichus melas ssp. Italicus 37) Bembidion italicum Pterostichus cristatus ssp. Picipes 38) Bembidion occidentale Pterostichus micans 39) Bembidion andreae ssp. bualei Abax ater ssp. Curtulus 40) Bembidion hypocrita Percus bilineatus 41) Bembidion eques ssp. nobile Platyderus canaliculatus ssp. Jannonei 42) Bembidion decorum ssp. ticinense (M) Calathus montivagus 43) Bembidion jaqueti ssp. apenninum (M) Calathus fracassii 44) Bembidion genei ssp. illigeri Calathus sirentensis (M) 45) Bembidion callosum Calathus fuscipes 46) Bembidion latiplaga Calathus mollis 47) Bembidion escherichi ssp. paganettii Calathus melanocephalus 48) Bembidion luigionii Calathus piceus 49) Tachys sexstriatus Laemosthenes venustus 50) Tachyta nana Synuchus nivalis 51) Perileptus areolatus Odontonyx glabricollis 52) Trechus angelae (E) Agonum marginatum

98 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 97 di ) Trechus quadristriatus Agonum viridicupreum 54) Trechus obtusus ssp. lucanus Agonum muelleri ssp. Unicolor 55) Trechus schatzmayri (E) Anchus ruficornis 56) Chlaenius spoliatus Anchomenus dorsalis 57) Chlaenius velutinus Lebia cyanocephala 58) Chlaenius vestitus Lebia numerali 59) Chlaenius chrysocephalus Lebia cruxminor ssp. Nigripes 60) Badister bipustulatus Lebia trimaculata 61) Licinus silphoides Lebia marginata 62) Licinus italicus (M) Lebia scapularis 63) Licinus cassideus (M) Demetrias atricapillus 64) Amblystomus levantinus Dromius linearis 65) Amblystomus metallescens Dromius agilis (M) 66) Carterus dama ssp. gilvipes Dromius quadrimaculatus (M) 67) Ditomus clypeatus Philorhizus quadrisignatus 68) Acinopus picipes Philorhizus melanocephalus 69) Acinopus megacephalus Philorhizus crucifer 70) Ophonus sabulicola ssp. columbinus Microlestes maurus 71) Ophonus cordatus (M) Lionychus quadrillum 72) Ophonus melleti ssp. zigzag Cymindis axillaris ssp. distinguenda 73) Ophonus azureus ssp. supremus Cymindis scapularis ssp. Etrusca 74) Harpalus pubescens Brachynus sclopeta 75) Harpalus aeneus Brachynus explodens 76) Harpalus oblitus Brachynus crepitans 77) Harpalus distinguendus Clinidium canaliculatum 78) Harpalus dimidiatus Actenipus acutangulus 79) Harpalus serripes Ocydromus rudis (M) Fauna Ittica Gli studi relativi all ittiofauna del Parco risalgono a Bianco (1979, 1982, 1985) e Bruno (1983). Un ulteriore quadro conoscitivo si è prodotto nel 2000 (Bonifica) a seguito dell implementazione degli elaborati per il Piano. Delle specie ittiche rilevate nel territorio del Parco solo 4 sono considerate autoctone (Anguilla anguilla, Rutilus rubilio, Leuciscus cephalus, Alburnus albidus,), le restanti sono da considerarsi alloctone e per lo più introdotte per motivi legati alla pesca sportiva o comunque permangono dubbi sulla distribuzione originaria e sulla derivazione dei popolamenti. La percentuale delle specie con areale primario nel Parco è piuttosto bassa e gli sforzi di conservazione più consistenti dovranno essere diretti al miglioramento dei popolamenti presenti ed alla limitazione e rimozione dei fattori esercitanti pressione su di essi. Le specie da considerare di interesse conservazionistico e biogeografico sono le seguenti Rovella Rutilius rubilio (Bonaparte, 1837): si tratta di un endemismo dell Italia meridionale, l interesse per questa specie è di tipo zoogeografico. La specie manifesta una discreta valenza ecologica, preferisce però le zone dove l acqua è moderatamente corrente e poco profonda, con fondo sabbioso o ghiaioso e con modesta preferenza di macrofite. Per alcuni autori (Bianco, 1993) la specie è alloctona del Parco. Barbo comune Barbus plebejus (Bonaparte, 1839): la specie è endemica della penisola

99 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 98 di 311 italiana e presenta popolazioni rarefatte. Il declino delle popolazioni sembra essere legato a problemi di competizione con altre specie di Ciprinidi non indigeni ed essendo una specie di fondo, risente della modificazione degli alvei operata dall uomo. Barbo tiberino Barbus tyberinus (Bonaparte, 1839): endemico dell Italia centrale e meridionale. Anche questa specie risente della competizione con altre specie di Ciprinidi e della modificazione degli alvei. Alborella meridionale Alburnus albidus (Costa, 1838): La specie è endemica dell Italia peninsulare. La riduzione della consistenza delle sue popolazioni è da attribuire alla diffusione di Ciprinidi esotici o provenienti da diverse regioni, con i quali entra in competizione e forma ibridi. Cobite Cobitis taenia bilineata (Linnaeus, 1758): Si tratta di una specie indigena dell Italia settentrionale e del versante tirrenico centro-meridionale. Trattandosi di specie bentonica risente delle modificazione degli alvei apportata dall uomo. Cagnetta Salaria fluviatilis (Asso, 1801): la distribuzione della specie è limitata dall esigenza di acque limpide e dalla presenza di aree di rifugio. Vi sono seri dubbi circa la derivazione delle popolazioni di questa specie nel territorio del Parco. L importanza conservazionistica è determinata proprio dall estrema rarefazione dell areale. Essendovi una notevole variabilità genetica interpopolazionale si ritiene necessario l avvio di studi che ne chiariscano la dinamica di popolazione e la sistematica. Non va comunque dimenticata la trota fario di ceppo mediterraneo Salmo (trutta) trutta L., che in seguito all introduzione a scopi alieutici di competitori tra cui la trota fario di ceppo atlantico (specie sorella) e contemporaneamente alla degradazione delle caratteristiche ecologiche dei corsi d acqua, sta vedendo una progressiva restrizione del suo areale in tutta la penisola. Va inoltre accertata la presenza di trota sarda (Salmo trutta var. macrostigma) per ciò che concerne i corpi idrici sul versante tirrenico del Parco. Anfibi e Rettili Molte delle specie di Anfibi e Rettili attualmente riconosciute hanno avuto una nuova definizione tassonomica negli ultimi anni con cambio di status tassonomico o di nome: tra queste il tritone crestato, la raganella italiana, le rane verdi, il saettone meridionale. Tra le specie di Anfibi e Rettili attualmente conosciute nel territorio del Parco Nazionale del Pollino molte sono a rischio di estinzione; non dimentichiamo che tutte le specie di anfibi e rettili sono contenute nella convenzione di Berna: allegato II specie di fauna rigidamente protette e specie di fauna protette all..iii (tutte le specie non contenute nell all.ii). Alcune delle specie presenti rivestono un particolare interesse biogeografico o conservazionistico: Salamandra salamandra, Salamandrina terdigitata, Triturus italicus, Bombina pachypus, Hyla intermedia, Rana italica, Rana dalmatina, Testudo hermanni, Emys orbicularis, Elaphe situla, Elaphe

100 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 99 di 311 lineata, Elaphe quatuorlineata. E vengono incluse nella Direttiva Habitat, Allegato II (Direttiva 92/43 CEE) e nell'allegato IV della stessa Direttiva. Si tratta di specie endemiche appenniniche o sottospecie endemiche dell Italia meridionale, o anche elementi di carattere trans adriatico o comunque steppico-mediterraneo diffusi nella penisola italiana dalle regioni est-mediterranee durante il quaternario. In altri casi si tratta di specie stenoecie a valenza ecologica assai ristretta e quindi particolarmente sensibili ad alterazioni ambientali, comunque elementi rari a livello dell intera comunità Europea e quindi meritevoli di tutela assoluta. Gli Anfibi ed i Rettili sono degli ottimi indicatori biologici del grado di naturalità di alcuni habitat in quanto, essendo animali predatori, occupano una posizione apicale nelle catene alimentari ed in molti casi, per il loro legame obbligato con gli ambienti acquatici durante la riproduzione. A causa di questa loro sensibilità ecologica gli Anfibi e i Rettili sono attualmente in forte declino a causa delle alterazioni ambientali di origine antropica, in particolare quelle relative alle zone umide. In realtà ciò che emerge a livello internazionale è che proprio gli Anfibi siano il taxa a maggior rischio di estinzione a livello mondiale per cause dovute soprattutto all alterazione ed alla distruzione degli habitat idonei. Anfibi e Rettili del Parco Nazionale del Pollino CLASSE AMPHIBIA SOTTOCLASSE SALIENTIA Ordine Anura Famiglia BUFONIDAE Rospo comune, Bufo bufo (Linnaeus, 1758) Rospo smeraldino, Bufo viridis Laurenti, 1768 Famiglia RANIDAE Rana (Pelophylax), Rana "esculenta" complex Linnaeus, 1758 Rana agile, Rana dalmatina Fitzinger in Bonaparte, 1838 Rana italica, Rana italica Dubois, 1987 Famiglia HYLIDAE Raganella italiana, Hyla intermedia Boulenger, 1882 Famiglia BOMBINATORIDAE Ululone appenninico, Bombina pachypus (Bonaparte, 1838) SOTTOCLASSE CAUDATA Ordine Urodela Famiglia SALAMANDRIDAE

101 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 100 di 311 Tritone crestato italiano, Triturus carnifex (Laurenti, 1798) Tritone italiano, Triturus italicus (Peracca, 1898) Salamandra pezzata, Salamandra salamandra (Linnaeus, 1758) Salamandrina dagli occhiali, Salamandrina terdigitata (Lacépède, 1788) CLASSE REPTILIA Ordine Chelonia Famiglia EMYDIDAE Testuggine palustre europea, Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) Famiglia TESTUDINIDAE Testuggine terrestre, Testudo hermanni, (Gmelin 1789) Ordine Squamata Sottordine Ophidia Famiglia COLUBRIDAE Natrice o Biscia dal collare, Natrix natrix (Linnaeus, 1758) Natrice o Biscia tassellata, Natrix tessellata (Laurenti, 1768) Biacco Hierophis virdiflavus (Lacépède, 1789) Saettone meridionale Elaphe lineata (Camerano, 1891) Cervone Elaphe quatrolineata (Lacépède, 1789) Colubro leopardino Elaphe situla (Linnaeus,1758) Colubro liscio Coronella austriaca (Laurenti, 1768) Famiglia VIPERIDAE Vipera comune meridionale Vipera aspis hugyi (Schinz, 1833) Sottordine Sauropsidae Famiglia GEKKONIDAE Geco comune Tarentola mauritanica (Linnaeus, 1758) Geco verrucoso Hemidactylus turcicus (Linnaeus, 1758) Famiglia LACERTIDAE Ramarro occidentale Lacerta bilineata (Daudin 1802) Lucertola dei muri Podarcis muralis (Laurenti,1768) Lucertola dei campi Podarcis sicula sicula (Rafinesque-Salz, 1810) Famiglia ANGUIDAE Orbettino Anguis fragilis, (Linnaeus, 1758) Famiglia SCINCIDAE Luscengola Chalcides chalcides (Linnaeus,1758)

102 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 101 di 311 Uccelli Le conoscenze sull avifauna del Massiccio del Pollino risalgono ad anni piuttosto recenti. Le prime ricerche finalizzate ad una descrizione avifaunistica dell area si collocano, infatti, tra la fine degli anni 50 ed i primi anni 60, per opera di Stresemann (1957) e Di Carlo (1962). Si tratta, in entrambi i casi, di corposi elenchi di specie rilevate in periodo primaverile-estivo, in settori parzialmente marginali del Massiccio, non comprensivi delle aree meno accessibili interne e/o di maggiore altitudine. Nei primi anni 70, le ricerche di Tassi (1972) forniscono il primo quadro di sintesi dell avifauna, nidificante e migratoria, del futuro Parco Nazionale, sulla base di ricerche estese anche a zone d altitudine. A queste, si aggiungono le osservazioni di Castellani et al. (1973) per alcuni settori interni del Massiccio. Se si escludono alcuni dati relativi a porzioni del versante lucano per la metà degli anni 80 (Boano et al., 1985), o generici riferimenti successivi (Mirabelli, 1989), bisogna attendere oltre un ventennio per vedere pubblicate le prime organiche ricerche sul popolamento ornitico del Parco. Nel corso degli anni 90, infatti, vengono realizzati studi di tipo eco-geografico e conservazionisticogestionale a riguardo di due importanti settori calabresi del territorio protetto: la valle del fiume Argentino (circa 55 kmq complessivi), nell allora Riserva Naturale Orientata di Orsomarso (MINGOZZI, 1994), ed il nucleo centrale del Massiccio, dalla zona basale della Petrosa alle cime più elevate (circa 95 kmq), nell ambito del Progetto Life95 (MINGOZZI in BRANDMAYR et al., 1997). Sulla base delle attuali conoscenze, nonché delle caratteristiche ecologiche e biogeografiche del territorio, si possono stimare a le specie di uccelli potenzialmente nidificanti sui c.ca ha del territorio protetto. Limitandosi alle specie le cui presenza e nidificazione risultano ad oggi certa o probabile, i principali motivi d interesse sono così delineabili: a) Biogeografico. Il Parco ospita diversi elementi di particolare significato biogeografico. Si tratta infatti di specie a gravitazione settentrionale, ai limiti meridionali dei rispettivi areali riproduttivi europei ed in situazioni d'isolamento più o meno marcato (popolazioni relitte o disgiunte). Il gruppo include, in particolare: Dryocopus martius, Saxicola rubetra, Regulus regulus, Loxia curvirostra, nonché Anthus spinoletta, Turdus philomelos, Certhia familiaris e Pyrrhula pyrrhula. Per le ultime quattro specie citate, il Massiccio del Pollino rappresenta il sito più meridionale attualmente noto dell areale italiano. b) Ecologico. Alcune specie raggiungono, sul territorio in esame, limiti altitudinali di nidificazione tra i più elevati sinora segnalati in Italia (cfr. Meschini & Frugis, 1993). E il caso di Anthus campestris (stazione più elevata: m 2260, M.te Dolcedorme), di Coturnix coturnix e Phoenicurus phoenicurus (per entrambe, quota massima attorno a 2100 m, M.te Dolcedorme), nonché di Carduelis chloris, Saxicola torquata e Miliaria calandra (quota massima attorno a 1950 m, Piani di Pollino). Altre peculiarità ecologiche si rilevano nella condizione sintopica di specie normalmente separate sul piano eco-geografico. Ci si riferisce ai casi delle tre specie di Anthus (A. spinoletta, A. trivialis e A. campestris) nelle zone sommitali del Massiccio e alle cinque specie italiane di allodola

103 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 102 di 311 (Alauda arvensis, Lullula arborea, Galerida cristata, Melanocorypha calandra e Calandrella brachydactyla) nella zona della Petrosa. c) Conservazionistico. Il popolamento ornitico include diverse specie nidificanti di particolare interesse conservazionistico. Si tratta, in genere, di specie più o meno rare a livello regionale, nazionale e/o europeo, in ragione della limitata distribuzione e/o consistenza delle popolazioni, del grado d isolamento, nonché dell entità dei fattori di minaccia che gravano sulle rispettive popolazioni. I prati delle zone sommitali del Parco si presentano in uno stato di quasi naturalità che esclude interventi gestionali, se non mirati ad un controllo del carico di bestiame pascolante, in particolare nelle formazioni delle depressioni carsiche di Piani di Pollino e Piano di Ruggio. La bassa diversità ornitica delle zone di maggiore altitudine sembra in effetti dipendere più da fattori d'isolamento biogeografico che non da fenomeni di degrado antropogenico. Le garighe a Stipa austroitalica si sono invece certamente ridotte d'estensione rispetto a 20 anni or sono, sostituite da rimboschimenti e coltivi. I due relitti e disgiunti frammenti attuali (di cui uno fuori Parco) occupano un'estensione certamente limite per la sopravvivenza di alcune popolazioni ornitiche (ad es.: Melanocorhypha calandra), e possono altresì essere oggetto di ulteriori riduzioni future. Nelle formazioni forestali la diversità ornitica (comprendendo nel termine sia la molteplicità di specie che i relativi rapporti d abbondanza) è direttamente correlata all eterogeneità ed alla complessità strutturale della vegetazione. Le comunità ornitiche risultano, in effetti, piuttosto povere e monotone nei settori forestali dominati da cedui monofitici (siano essi di faggio, di cerro o leccio), mentre si arricchiscono nettamente nei settori corrispondenti a residue formazioni mature e/o miste d'alto fusto (in particolare faggio-abete e cerro-faggio). Le popolazioni attuali di grandi rapaci del Parco del Pollino sono estremamente ridotte, essendo costituite da poco più che singole coppie di individui. Si tratta di una situazione che solo in parte può essere attribuita ad una rarità naturale delle specie-condizione valida, forse, solo per Aquila chrysaetos-poiché s'inserisce in un quadro di rarefazione globale e locale delle popolazioni da tempo accertata. Di certo, Neophron percnopterus, ma anche Milvus milvus e Milvus migrans, sono attualmente presenti nell'area del Parco con un numero di effettivi inferiore alle potenzialità naturali e ben lontano dai valori storici regionali (cfr. Lucifero, ). Le cause della rarità di questi uccelli sono molteplici ed in parte anche indipendenti dalle condizioni locali. Nell'area, tuttavia, permangono fattori sfavorevoli alle loro popolazioni e, tra questi, oltre agli abbattimenti illegali, ancora perduranti, appaiono tutt'altro che secondari i rischi di avvelenamento, per l ancora attivo uso di "bocconi" e la diffusione delle discariche abusive a cielo aperto. Lo sviluppo turistico dell area può certamente comportare fattori di rischio per l avifauna, dovuti essenzialmente al disturbo che alcune attività sportive (scalate alpinistiche, volo libero) possono arrecare, nel momento delicato della riproduzione, a specie nidificanti in ambienti rupestri. Una presenza antropica frequente in vicinanza di siti riproduttivi comporta in genere il fallimento delle nidiate o, anche, l abbandono stesso dei siti.

104 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 103 di 311 La densità di linee elettriche è un fattore limitante soprattutto per i grandi rapaci. Sono stati segnalati casi di elettrocuzione in diversi siti significativi (Valle del Lao, Valle del Raganello). Quadro sinottico delle specie di uccelli, nidificanti certi o probabili, di prioritario interesse conservazionistico nel Parco Nazionale del Pollino. Legenda Colonna Popolaz. Pollino : consistenza stimata di popolazione nel territorio protetto. Numero di coppie nidificanti in valori assoluti o classi di abbondanza (I: meno di 10; II: da 10 a 50; III: oltre 50) (T. MINGOZZI, ined.). Colonna Regione : specie a priorità di conservazione a scala regionale (Lucania e Calabria) Colonna Italia RedList : specie a priorità di conservazione a scala nazionale, incluse nella Lista Rossa degli Uccelli italiani (da CALVARIO & SARROCCO, 1997). Categorie: C=criticamente minacciata (Critically endangered); E=minacciata (Endangered); V=vulnerabile (Vulnerable). Colonna Europa Priorit. : specie a priorità di conservazione a scala europea, incluse nella Direttiva 79/409/CEE. Colonna Europa Spec : specie d interesse conservazionistico europeo (Species of European Conservation Concern) (da TUCKER & HEATH, 1994). Categorie: 1=globalmente minacciata; 2=concentrata in Europa e con uno sfavorevole stato di conservazione; 3=non concentrata in Europa, ma con uno sfavorevole stato di conservazione; 4=concentrata in Europa e con un favorevole stato di conservazione. Colonna Europa Ets : status di minaccia a livello europeo (European Threat Status) (da TUCKER & HEATH, 1994). Categorie: C = criticamente minacciata (Critically endangered); E=minacciata (Endangered); V=vulnerabile (Vulnerable); R=rara (Rare); ( )=status provvisorio.

105 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 104 di 311 Codice Specie Popol.z Regio. Italia Europa Euring Pollino RedList Priorit. SPEC ETS Pernis apivorus II V Milvus migrans II V 3 V Milvus milvus I E Neophron percnopterus 0-1 C 3 E Circaetus gallicus I E 3 R Accipiter gentilis II V Aquila chrysaetos 3-4 V 3 R Falco biarmicus I E 3 (E) Falco peregrinus I V 3 R Alectoris graeca II? V 2 (V) Columba livia II Columba oenas? C Bubo bubo I E 3 V Dryocopus martius I Picoides medius? E Melanocorypha calandra Calandrella brachydactyla I 3 V Lullula arborea III 2 V Anthus campestris III 3 V Anthus spinoletta III Cinclus cinclus II V Oenanthe hispanica II V 2 V Turdus philomelos I? Ficedula albicollis II V Certhia familiaris I? Lanius collurio III Pyrrhocorax pyrrhocorax? E 3 V Pyrrhula pyrrhula II? Emberiza hortulana I? 2 (V)

106 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 105 di 311 Mammiferi Nonostante l importanza che Lucania e Calabria rivestono sotto il profilo biogeografico, in quanto punto d incontro delle correnti faunistiche centro europee, balcaniche e mediterraneo occidentali (Corbetta, 1974), i dati relativi alla fauna di queste regioni sono tuttora incompleti. Per quel che riguarda la micromammalofauna (Insettivori e Roditori) della Lucania, si hanno pochi riferimenti bibliografici e nella maggior parte dei casi riferiti a singole specie o ad aree limitate. E il caso del contributo da considerare storico di Pasa del 1955 relativo al Massiccio del Pollino, e dei più recenti lavori di Cerone & Aloise (1994), Aloise et al. (1994), Cecere (1991). Dati puntuali su singole specie di Roditori si ritrovano nella sintesi di Amori et al. (1986), in Filippucci (1986) per Dryomys nitedula, e Civitelli et al. (1993) per Myoxus glis. Per la Calabria, da più di 25 anni si stanno accumulando dati sulla distribuzione ecologica delle specie e delle comunità di micromammiferi terricoli (Aloise et al., 1985; Cagnin et al., 1986; Aloise & Cagnin, 1987; Cagnin e Aloise, 1991; Cagnin e Aloise, 1995; Cagnin et al., 1996; Cagnin et al., 1998; Cagnin et al., 1999) che si vanno a sommare ai pochi e sporadici lavori degli anni sessanta (Lehmann 1961, 1963, 1973). Relativamente ai Chirotteri, importanti contributi alla conoscenza di questo gruppo, sebbene preliminari, sono quelli di Zava et al. (1993) per la Lucania e di Zava et al. (1998) per la Calabria. Nel Parco Nazionale del Pollino è attualmente accertata la presenza di 44 specie di Mammiferi su un totale di 60 specie presenti in Calabria e Basilicata (Tab.4.6). La causa della mancanza di 11 specie è da imputare solo alla scarsità di ricerche specifiche che riguardano soprattutto Lagomorfi e Chirotteri. Deve essere sicuramente presente infatti Lepus corsicanus, la Lepre appenninica, endemismo dell Italia centro-meridionale e della Sicilia, la cui presenza è stata solo di recente riconosciuta (Palacios, 1996 ). Esistono ritrovamenti di Lepre appenninica infatti a nord e a sud dell area protetta e nel Parco sono sicuramente presenti gli ambienti idonei a questa specie. Lo stesso discorso vale per le specie di Chirotteri la cui presenza è stata accertata in ambienti diversi di Calabria e Lucania ma ancora non all interno del perimetro del Parco: anche per queste specie i siti di rifugio idonei sono senz altro presenti abbondantemente nel PNC in quanto l ambiente ipogeo è ben rappresentato grazie alla conformazione geologica di tipo carsico, così la presenza di foreste mature garantisce la disponibilità di vecchi alberi con cavità, e quella di ruderi e ambienti antropici a vario grado di isolamento, rifugio per le specie antropofile. Tra gli Insettivori rimane da riconfermare la presenza di Talpa caeca, segnalata dal Pasa (1955) ma mai più rinvenuta in campagne di ricerca apposite. Fra i Roditori, non è nota l estensione della colonizzazione di Myocastor coypus, specie alloctona che di recente ha avuto nuclei di espansione anche nelle regioni meridionali e di cui è nota la presenza nella foce del Crati per la Calabria. Il non aver rinvenuto Arvicola terrestris nelle borre di rapaci non esclude la sua presenza nel Parco: questa specie, infatti, cade piuttosto raramente preda di rapaci notturni ma gli ambienti in cui vive, anche montani e boscati, con acque correnti, costanti, pulite e con vegetazione di sponda e di fondo, sono sicuramente presenti nel Parco.

107 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 106 di 311 Quasi tutte le specie di Mammiferi terrestri prese in considerazione in questa relazione e che costituiscono la cosiddetta fauna minore sono soggette a protezione dalle più recenti e complete normative internazionali: Berna, Habitat, CITES (vedi tab. 4.6). Fanno eccezione, fra i Roditori gli Arvicolidi ed i Murini. Si deve notare infine come le regioni peninsulari meridionali siano caratterizzate da un grado di vulnerabilità maggiore di quelle continentali poiché le comunità hanno una minore ricchezza di specie (effetto penisola): nell Italia settentrionale ad esempio, sono presenti 87 specie di Mammiferi terrestri autoctoni rispetto alle 69 delle regioni meridionali considerate. Tab Specie di Mammiferi potenzialmente presenti nel P.N. del Pollino e relativa protezione legislativa internazionale. Convenzioni Berna Bonn Habitat CITES grado minaccia Specie All. II All. III All II All. II All. IV All. V All.I All. II All. A libro rosso * IUCN 1996 IUCN 2011 Lagomorpha Lepus europaeus 4 CR LC Lepus corsicanus 5 CR VU Chiroptera Rhinolophus EN VU LC hypposideros Rhinolophus VU LR LC ferrumequinum Rhinolophus VU VU NT euryale Rhinolophus VU VU VU mehelyi 4 Myotis myotis VU LR LC Myotis capaccinii EN VU VU Myotis VU VU LC emarginatus Myotis VU LC daubentonii Myotis blythi Myotis alcathoe DD Myotis bechsteinii DD VU NT Myothis brandtii Myotis nattereri EN LC Myotis VU LC mystacinus Nyctalus EN LR NT lasiopterus Eptesicus LR LC 4 5 Come parte di Lepus capensis s.l. Come parte di Lepus capensis s.l.

108 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 107 di 311 serotinus Pipistrellus kuhlii LR LC Pipistrellus LR LC pipistrellus Pipistrellus VU LC nathusii Hypsugo savii LR LC Barbastella EN VU NT barbastellus Miniopterus LR LR NT schreibersi Tadarida teniotis LR LC Plucotus auritus LR LC Insectivora Erinaceus europaeus Talpa romana Talpa caeca LC LC LC Convenzioni grado Berna Bonn Habitat CITES minaccia Specie All. II All. III All II All. II All. IV All.V All.1 All.II libro IUCN IUCN All.A rosso* Felis silvestris VU LC Meles meles LC Mustela nivalis LC Martes martes LR LC Martes foina LC Mustela putorius DD LC Lutra lutra CR VU NT 4 Canis lupus VU LC Rodentia 4 Sciurus vulgaris (meridionalis) VU LC 4 Dryomys nitedula EN LR LC aspromontis Ungulata Sus scrofa LC Capreolus capreolus (italicus) EN = presenza accertata all interno del perimetro del Parco; * Bulgarini et al. 1998; IUCN IUCN Red List of Threatened Species. Version < Downloaded on 16 December 2011.

109 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 108 di 311 Caratteristiche qualitative e quantitative delle comunità nelle diverse unità ambientali Le caratteristiche potenziali di ciascuna comunità vengono riportate di seguito; sulla base di queste caratteristiche alle comunità vengono attribuiti dei valori di importanza su una scala ordinale a cinque valori : basso, medio-basso, medio, medio-alto, alto. A - Comunità delle praterie altomontane con Pinus leucodermis Specie guida : Microtus savii, Hypsugo savii Altre specie caratterizzanti la comunità : Talpa romana, Apodemus sylvaticus, Sorex minutus, S. araneus. Valore della comunità: medio alta Questi ambienti sono caratterizzati dalla presenza di poche specie di micromammiferi, tipici delle aree aperte quali Talpa romana e Microtus savii oltre a specie mesofile di Insettivori quali S.minutus e S.araneus. Si tratta comunque di specie ad ampia valenza ecologica. Fra i Chirotteri possono essere presenti specie legate alle aree rocciose e agli ambienti aperti quali Hypsugo savii e Tadarida teniotis. Si tratta di comunità con poche specie e probabilmente con popolazioni caratterizzate da densità basse. D altra parte si tratta di ambienti in cui le condizioni climatiche nel periodo invernale sono piuttosto rigide ed il reperimento di cibo difficoltoso per molta parte dell anno. B - Comunità della faggeta (Faggeti a Taxus e Ilex, faggeti ad Abies alba). Specie guida : Dryomys nitedula, Martes martes, Nyctalus lasiopterus Altre specie caratterizzanti la comunità : Sorex minutus, Clethrionomys glareolus, Apodemus flavicollis, Barbastella barbastellus, Rhinolophus ferumequinum. Valore della comunità: alto Le comunità di Mammiferi dei boschi a Fagus sylvatica sono caratterizzate, soprattutto quantitativamente, dalla presenza di Clethrionomys glareolus e, più in particolare, di Sorex minutus che oltre ad essere, come la precedente, specie prevalentemente boschiva (Lovari et al., 1996) e legata ad ampie superfici boscate (Contoli, 1981), dimostra una spiccata mesofilia. Le suddette specie, che potrebbero essere considerate le specie guida di questa formazione boschiva, sebbene non esclusive di questo ambiente, presentano insieme ad Apodemus flavicollis e Sorex araneus le densità più elevate e divengono quindi anche quantitativamente rilevanti. Relativamente ai micromammiferi terricoli, scarsissima differenza sembra esserci tra la faggeta matura e quella governata a ceduo(tranne verosimilmente i primissimi stadi della ceduazione e fra la faggeta più mesofila e quella più termofila). Nella faggeta sono presenti anche le specie più marcatamente arboricole dei Myoxidi: Myoxus glis, Muscardinus avellanarius e Dryomys nitedula. Particolare importanza riveste la presenza nell area di studio di Dryomys nitedula. Questa specie, per quanto finora noto, infatti, presenta in Italia un areale disgiunto, essendo segnalata solo per le Alpi orientali e per la Calabria e il Massiccio del Pollino lucano. In queste ultime aree, in particolare, ne è stata finora rilevata la presenza solo nelle faggete a

110 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 109 di 311 quote superiori ai 1300 m slm (Cagnin & Aloise, 1995). Fra i Carnivori, tipica è la Martora, predatrice specializzata anche per lo scoiattolo (Sciurus vulgaris meridionalis) che può essere presente in faggeta. Fra i Chirotteri possono essere presenti specie legate all ambiente forestale come Rhynolophus ferrumequinum e Nyctalus lasiopterus. Il valore da attribuire alla comunità delle faggete è il più alto in quanto in questa tipologia vegetazionale si vengono a trovare fra le migliori condizioni ecologiche riscontrabili sul territorio, forse anche per un uso antropico meno pesante che altrove. Le faggete meridionali, infatti, che si trovano al limite dell areale, sono praticamente prive di sottobosco così che il pascolamento del bestiame brado non è solitamente eccessivo, perlomeno nei boschi d altofusto. C - Comunità dei querceti C1 - Comunità dei querceti mesofili (Querceti dominati da Quercus cerris o da Q. cerris e Q. frainetto). C2 - Comunità dei querceti termofili (Boschi misti dominati da Quercus pubescens). Specie guida: Crocidura spp., Meles meles Altre specie caratterizzanti la comunità: Apodemus sylvaticus, Sorex araneus, S. samniticus, Muscardinus avellanarius, Myoxus glis, Eliomys quercinus, Felis silvestris, Barbastella barbastellus, Nyctalus lasiopterus. Valore della comunità: medio alto La comunità a micromammiferi dei querceti si caratterizzano rispetto alla precedente, per l assenza di una specie marcatamente mesofila qual è Sorex minutus mentre cominciano a comparire specie con un certo grado di termofilia come ad esempio Crocidura leucodon. Le specie rinvenute, oltre alla già citata C. leucodon sono: Sorex araneus, S. samniticus, Microtus savii, Apodemus sylvaticus, A. flavicollis. Da tale punto di vista riveste una notevole importanza la quota. Si possono quindi distinguere due varianti della comunità, una dei querceti mesofili ed una dei querceti termofili. Anche in questo tipo di bosco si deve ricordare la presenza delle specie arboricole Myoxus glis, Muscardinus avellanarius e, sebbene spesso localizzato, Eliomys quercinus. Sebbene il numero complessivo di specie sia identico a quello riscontrato nelle faggete, tuttavia il numero medio di specie per ogni comunità risulta essere decisamente inferiore. Questo potrebbe essere causato sia da una maggiore aridità che da una maggiore pressione antropica (taglio del bosco, pascolo eccessivo) che da sempre ha caratterizzato queste aree che si trovano a quote più facilmente accessibili. Frequentatori significativi di questi boschi potrebbero essere fra i carnivori il Gatto selvatico (Felis silvestris) ed il Tasso (Meles meles) che vi trovano rifugio e alimento. D - Comunità delle sclerofille. Specie guida: Suncus etruscus, Hystrix cristata

111 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 110 di 311 Altre specie caratterizzanti la comunità: Apodemus sylvaticus, Crocidura leucodon, C. suaveolens, Muscardinus avellanarius, Eliomys quercinus. Valore delle comunità: medio alto I cespuglieti a prevalenza di sclerofille sempreverdi, derivati da lecceta, soprattutto se a struttura densa, si dimostrano molto ricchi di specie e con un alta produttività. Sono presenti, infatti, tutte le specie tipicamente termofile fra i micromammiferi ed i carnivori. Nelle leccete ceduate o d alto fusto finora studiate la comunità risulta invece più povera, sia come numero di specie che come produttività mentre resta simile nella struttura (A.sylvaticus è dominante). In questi boschi il suolo è spesso arido e con scarsa vegetazione, inoltre è usualmente soggetto a pascolamento. Viene comunque attribuito alla comunità un valore medio-alto in quanto si tratta nelle aree a macchia su pendii, di situazioni a basso grado di antropizzazione. E - Comunità riparali (sia di ambienti lentici che lotici) Specie guida: Neomys anomalus, Mustela putorius. Altre specie caratterizzanti la comunità: N. anomalus, Sorex spp., M. putorius, (Arvicola terrestris). Valore della comunità: alto Si tratta di formazioni boschive limitate ad una stretta fascia prossima ai corsi d acqua, caratterizzata da una omogeneità delle essenze vegetali, soprattutto arboree, indipendentemente dalla fascia bioclimatica in cui esse ricadono (vegetazione azonale). Dal punto di vista microteriocenotico queste formazioni risultano essere caratteristiche ed estremamente ricche, dimostrando l importanza che in ambiente bioclimatico mediterraneo rivestono gli ambienti umidi. Le specie guida sono sicuramente quelle tipicamente acquatiche: Neomys anomalus e Arvicola terrestris, tipiche e praticamente esclusive di questi ambienti; mentre, data la azonalità dell ambiente, praticamente tutte le specie possono essere rinvenute, dipendentemente dal bioclima. Le specie sino ad ora rinvenute in questo tipo di ambiente sono: Sorex araneus, S. samniticus, S. minutus, Neomys anomalus, Crocidura leucodon, C. suaveolens, Arvicola terrestris, Clethrionomys glareolus, Microtus savii, Apodemus sylvaticus, A. flavicollis. In questi ambienti possono essere più facilmente rinvenute specie come la puzzola (Mustela putorius) e Chitotteri che cacciano prevalentemente sui corsi d acqua (Myotis daubentonii, Barbatella barbastellus). F - Comunità dei cespuglieti di transizione. Specie guida: quelle della fascia boscata corripondente oltre a Microtus savii. Altre specie caratterizzanti la comunità: quelle della fascia boscata corrispondente. Valore delle comunità: medio alto I cespuglieti sembrano essere ambienti piuttosto favorevoli all insediamento delle comunità di

112 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 111 di 311 micromammiferi terricoli, in quanto generalmente forniscono riparo ed alimento agli animali. In esso si ritrovano specie sia termofile che mesofile a seconda della quota; è sempre presente la specie tipica di ambienti aperti Microtus savii e quella più opportunista Apodemus sylvaticus. Nei cespuglieti submontani si ritrovano un numero medio di specie alto e valori piuttosto alti di diversità biotica e valori medi di densità. Non sono invece disponibili dati su cespuglieti montani, ai quali però, almeno per le aree di piccola estensione (< 2 ha), può essere attribuito lo stesso valore del bosco circostante, poiché verosimilmente vengono frequentate dalle specie del bosco grazie anche alla presenza di cespugli che fungono da protezione. G - Comunità delle praterie: Praterie primarie, d altitudine Specie guida: Microtus savii, Apodemus sylvaticus, Sorex spp. Altre specie caratterizzanti la comunità: Talpa spp. Valore della comunità: alto Praterie secondarie aride Specie guida: Microtus savii, Mus musculus, Suncus etruscus Specie caratterizzanti la comunità: Talpa romana, Crocidura spp. Valore della comunità: medio Garighe ad Ampelodesmos mauritanicus Specie guida: Microtus savii, Suncus etruscus. Specie caratterizzanti la comunità: Crocidura suaveolens Valore della comunità: medio La comunità delle praterie è caratterizzata da specie adattate all ambiente aperto quali Talpa romana e Microtus savii, che sono strettamente legate al suolo avendo abitudini rispettivamente fossorie o semifossorie, oltre a specie opportuniste quali il Topo selvatico. A seconda della quota si possono unire poi specie più termofile quali Mus musculus e Suncus etruscus o mesofile quali Sorex sp. E, nel caso le praterie si trovino al margine di boschi o cespugliati, anche Apodemus flavicollis. Si tratta comunque di comunità piuttosto semplificate, soprattutto nel caso siano disponibili pochi ripari e vi sia un eccesso di pascolo o il tipo di suolo non sia adatto allo scavo. Nei pascoli mediterranei è caratteristica la presenza di T. romana e M. savii, specie che prediligono gli ambienti aperti, indipendentemente dall altitudine. Risulta sempre presente anche la specie ubiquitaria A. sylvaticus, cui si possono unire elementi tipicamente termofili quali Suncus etruscus, Mus musculus e Crocidura suaveolens. Variazioni della densità si possono avere localmente nel caso di aree particolarmente favorevoli all insediamento di colonie di M. savii. E comunque importante il tipo di utilizzo dei pascoli, poiché un pascolamento eccessivo può impoverire ulteriormente le comunità.

113 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 112 di 311 H - Comunità dei rimboschimenti. Specie guida: Alcune specie dei boschi della fascia corrispondente Altre specie caratterizzanti la comunità: Alcune specie dei boschi della fascia corrispondente Valore della comunità: basso Non si tratta di una comunità primaria bensì di una comunità, usualmente impoverita nel caso il rimboschimento sia recente, derivata dai boschi della fascia corrispondente. Trattandosi di una formazione vegetale artificiale si può ritrovare praticamente a tutte le quote, solitamente costituita da conifere, prevalentemente da Pino, come ripristino di versanti esposti e denudati. La eccessiva ombreggiatura dovuta all impianto solitamente molto fitto delle pinete artificiali e la naturale acidificazione del suolo tipica nei boschi di Conifere impediscono la seppur minima formazione di sottobosco ed il soprassuolo risulta essere quasi sterile. Relativamente ai dati fino ad ora disponibili il numero medio di specie di micromammiferi è infatti sempre molto basso e bassissima è la densità e la diversità biotica. Notevole importanza riveste però l estensione del rimboschimento, l età e la situazione edafica. I - Comunità dei coltivi Specie guida: Microtus savii, Martes foina Altre specie caratterizzanti la comunità: Apodemus sylvaticus, Mustela nivalis, Vulpes vulpes Valore della comunità: basso La situazione dei coltivi è ovviamente molto varia, dipendendo le comunità di mammiferi dal tipo di coltivazione, dall estensione e dalla storia dell area considerata. Dati desunti da seminativi o arborati degli ambienti mediterranei, mostrano che alcuni coltivi (es. aranceti) sono quasi sterili, probabilmente a causa della ripulitura del suolo e della frequente irrorazione con sostanze chimiche, mentre altri (es. uliveti, campi di cereali) sono più ricchi di specie sia di Insettivori che di Roditori di ambienti mediterraneo. Il tipico mosaico delle aree coltivate del meridione, in cui sono contigui tratti aperti e arborati, cespugliati e aree abbandonate, permette l insediamento di varie specie su cui domina quantitativamente comunque il Topo selvatico (Apodemus sylvaticus). Fra i Carnivori tipica la presenza della faina (Martes foina) e della donnola (Mustela nivalis). Fra I Chirotteri possono essere presenti le specie più antropofile e di ambienti aperti: Rhinolophus ferrumequinum, Myotys myotis. Pipistrellus pipistrellus, P. kuhlii, Eptesicus serotinus, Tadarida teniotis. L Ambiti urbani Specie guida: Rattus norvegicus, Mus musculus, Pipistrellus kuhlii, Eptesicus serotinus Altre specie caratterizzanti la comunità: Rattus rattus, Martes foina, Rhinolophus ferrumequinum, Myotys myotis, Hypsugo savii, Tadarida teniotis. Valore della comunità: bassissimo Per questi ambienti la comunità di mammiferi viene fortemente determinata dal tipo di situazione

114 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 113 di 311 ambientale circostante e dalla dimensione e tipologia dell insediamento. Un piccolo centro abitato al cui interno permangano lembi di ambienti seminaturali (fossi, filari di alberi, orti, ecc.), può permettere l insediamento di quelle specie ecologicamente non particolarmente esigenti provenienti dall ambiente circostante: Apodemus sylvaticus, Rattus rattus, Mus domesticus, Glis glis, Vulpes vulpes, Martes foina, Erinaceus europaeus. In casi particolari, l attività dell uomo (presenza di costruzioni, discariche, canali con acque reflue, ecc) può favorire l insediamento di specie più strettamente commensali dell uomo quali Rattus norvegicus. Molti Chirotteri trovano rifugio negli edifici costruiti dall uomo, non necessariamente ruderi, e si alimentano negli spazi urbani: Rhinolophus ferrumequinum, Myotys myotis. Pipistrellus pipistrellus, P. kuhlii, Eptesicus serotinus, Tadarida teniotis. M - Grotte Specie guida: Rhinolophus euryale, Myotys emarginatus, M. capaccinii, Miniopterus schreibersi Altre specie caratterizzanti la comunità: Rhinolophus ferrumequinum, Myotys myotis Valore della comunità: alto Le grotte costituiscono un ambiente molto peculiare dal punto di vista ecologico, sia perché le catene alimentari sono costruite solo sulla catena del detrito che per le caratteristiche climatiche diverse da quelle dell ambiente circostante e molto più stabili. Esse offrono un rifugio, sicuro dai predatori e dai rigori del clima, molto favorevole a specie come i Chirotteri che per una parte del loro ciclo vitale rimangono inattivi. I Chirotteri più strettamente troglofili (vengono riportati solo quelli ritrovati finora in cavità calabresi) utilizzano le grotte come rifugi temporanei o come roost estivi o invernali. Nelle parti iniziali delle grotte possono trovare una tana idonea anche Carnivori come la Volpe, la Faina, il Gatto selvatico ed è nota la frequentazione anche di Gliridi (Myoxus glis). Le grotte costituiscono quindi dei punti di discontinuità dell ambiente, in cui possono concentrarsi comunità anche numerose di specie che hanno esigenze particolari o comunque che trovano nell ambiente ipogeo condizioni favorevoli per un insediamento anche temporaneo. Tali comunità però sono molto vulnerabili in quanto le grotte si basano su equilibri molto precari poiché dipendono interamente dall ambiente esterno sia per quanto riguarda i nutrienti che le caratteristiche di umidità e temperatura: ogni minima variazione agli ingressi (modificazione dell accesso, chiusura con porte non idonee, aumento di temperatura e umidità dovuto a frequentazione eccessiva, disturbo) può alterare irreversibilmente questi ambienti ipogei. Specie di interesse (specie minacciate inserite nel libro rosso nazionale e di interesse comunitario) Nella Tab. 4.6 sono riportati gli strumenti legislativi di protezione a livello internazionale e i livelli di minaccia delle specie di mammiferi presenti nel PNP. Per questi ultimi sono indicati sia i livelli IUCN riportati in The Atlas of European Mammals (Mitchell-Jones et al., 1999) che quelli indicati nel

115 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 114 di 311 Libro Rosso degli animali d Italia - Vertebrati (Bulgarini et al. 1998) che, utilizzando comunque le categorie IUCN, forniscono una stima più mirata della situazione delle popolazioni italiane. Si nota così come le due specie di Lepus non considerate nelle normative se non come parte di Lepus capensis, siano nel territorio nazionale da considerarsi in pericolo critico e il driomio presente nelle regioni meridionali (Dryomys nitedula aspromontis) non considerato dall IUCN venga invece registrato come in pericolo. Il taxa indubbiamente più protetto perché più minacciato in tutto l areale è quello dei Chirotteri: tutte le specie sono presenti nelle direttive più recenti e molte sono considerate a rischio. Si ritiene che all interno del PNP le specie di mammiferi debbano ritenersi sottoposte allo stesso grado di minaccia indicato per l Italia, in quanto in assenza di stime più precise sullo stato delle popolazioni locali (che sarà comunque auspicabile acquisire in futuro per una più corretta gestione delle stesse), i fenomeni di degrado degli habitat o di minaccia diretta che hanno agito finora, siano in linea di massima simili a quelli che agiscono nel resto del territorio. Sicuramente vi sono all interno del PNP aree meno soggette all influsso antropico in cui questi fenomeni agiscono meno ma sono necessari studi ad hoc per confermarlo. Aree di interesse per il taxon nel Parco I Mammiferi oggetto di questa relazione (escludendo la trattazione di Lupo, Lontra e Ungulati, oggetto di paragrafi separati) comprendono specie la cui distribuzione all interno del PNP è probabilmente continua laddove esistono le condizioni ecologiche idonee. Come è già stato ricordato nell introduzione, non esistendo attualmente che pochi dati raccolti all interno della superficie del PNP, per individuare le aree segnalate come interessanti per questi taxa sono stati adottati i seguenti criteri: biotopi che hanno una ricchezza di specie più elevata In base alla carta della vegetazione approntata per lo stesso Piano per il Parco, sono state individuate le aree che comprendono: le faggete più estese e meglio conservate (1-Bosco Vaccarizzo, 6-F. Argentino gruppo del M. Pellegrino, 7- Monte Alpi, 8- Monte La Spina, 9- La Fagosa Timpa dell Orso); le pareti in cui è presente un sistema carsico ricco di grotte (4-Pareti alta Valle Lao, 5-Area nord di Orsomarso, 11-Pareti di Frascineto, 12-Timpone Dolcetti, 13-Pareti di Civita, 14- Pareti a nord di S.Basile15-Pareti di Cerchiara di Calabria-Serra del Gufo, 16-Vallata F.Rosa, 17- Pareti alta Valle del F. Argentino), aree individuate grazie ad esperti speleologi locali. ambienti ripariali (6 F. Argentino-gruppo del M. Pellegrino, 10-Gole del Raganello, 16- Vallata F. Rosa) aree segnalate da precedenti lavori come siti di Chirotteri (3- Laino Castello,10-Gole del Raganello, Bosco Magnano ) Aree che comprendono siti Bioitaly in cui sono presenti specie del taxa considerato (2-Bosco

116 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 115 di 311 Magnano, 10-Gole del Raganello) (Mirabelli, 1989) Queste aree, la cui delimitazione è stata fatta in base a criteri vegetazionali e/o topografici, contengono probabilmente le comunità più ricche poiché in esse si riscontrano le caratteristiche ecologiche più favorevoli all insediamento del taxa considerato. Questo non esclude però che anche al di fuori vi possano essere punti localmente molto importanti per alcune specie (es. roost di Chirotteri che possono trovarsi in ambienti urbani) che richiedono una individuazione sul campo con indagini mirate. Carnivori Le normative internazionali (Berna, Habitat, CITES) richiedono che vengano adottate misure più o meno ampie, di tutte le specie Carnivori del PNP (l unica esclusa è la Volpe) per salvaguardarne la sopravvivenza. Poco si sa nel nostro Paese sull ecologia di queste specie difficili da studiare in quanto spesso molto elusive. Per queste specie, che giocano un ruolo fondamentale nelle reti trofiche dei diversi ecosistemi del PNP, è necessario proporre che vengano svolti studi sulla reale consistenza delle popolazioni, per individuare i siti di riproduzione, che come già ricordato trattando i Chirotteri, sono per i Mammiferi siti di grande importanza e vulnerabilità. Per queste specie un rischio è rappresentato dal bracconaggio che elimina gli animali sia direttamente che attraverso l uso di trappole, tagliole, veleni. Anche il randagismo canino e felino, procura un rischio a questi carnivori in quanto aumenta la competizione alimentare. Per gli spostamenti di questi animali è di estrema importanza mantenere o creare corridoi ecologici naturali che vengono a formarsi grazie alla vegetazione arbustiva e arborea che segue i corsi d acqua, i limiti dei campi, i bordi delle strade, e che permettono di superare anche aree fortemente antropizzate (centri urbani, o barriere artificiali di vario genere). Dove i corridoi naturali non sono possibili (es. barriere costituite da grandi arterie) è necessario costruire tunnel o soprapassi che permettano alla fauna di transitare. Lupo I comprensori montuosi interessati dal Parco Nazionale del Pollino sono stati fin da tempi storici zone con presenza stabile del lupo. Diversi autori, ed in diversi periodi, hanno sempre rilevato il predatore nella zona, perfino nei primi anni '70 quando si presume che la specie abbia raggiunto il minimo storico a livello nazionale. Del resto, nonostante la presenza del lupo può essere considerata stabile fino ad oggi, livelli significativi di interferenza antropica hanno causato a più riprese intense variazioni di densità del lupo nella zona, e rimangono un segnale che la persecuzione antropica, anche all interno di un parco nazionale, può essere causa di preoccupanti fluttuazioni di presenza. Di seguito si riporta la ricostruzione storica della presenza della specie nel territorio del Parco Nazionale del Pollino in base a quanto riportato in letteratura. - Presenza storica. Già dalla primissima indagine sulla distribuzione del lupo in Italia, Ghigi (1911) riportò la specie essere presente ( numeroso ed in aumento, Ghigi 1911: 303) in quasi tutti i

117 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 116 di 311 comuni della Basilicata e numerosissimo nel territorio della provincia di Cosenza. L'inchiesta di Ghigi, quindi, non solo conferma la presenza della specie a livello locale fin da tempi storici (presenza che, anche in base alle indagini condotte in epoca più recente, sembra essere stata confermata con una certa continuità), ma suggerisce l alta idoneità ambientale che caratterizza il territorio del Pollino per il lupo. - Presenza recente. In base a un'indagine svolta nel 1971, Cagnolaro e collaboratori (1974), tramite questionari inviati a tutti i Comandi Stazioni del Corpo Forestale dello Stato e ai Comitati e alle Sezioni Provinciali della Caccia, confermarono la presenza stabile e numerosa del lupo nella zona fino dal 1950 e stanziale sul massiccio del Pollino. Gli stessi autori riportano inoltre elevati livelli di persecuzione di origine antropica (come a Lauria dove venivano annualmente organizzate battute di caccia al lupo) ed un possibile decremento nel numero di lupi presenti a partire dal 1965 anche in funzione di una sostanziale riduzione di prede naturali (Cagnolaro et al. 1974). Sempre in base alla stessa inchiesta, durante il decennio oltre 22 esemplari di lupi risultavano uccisi nel versante lucano del Parco e almeno 55 nei comuni in provincia di Cosenza (in particolare a Civita, S. Lorenzo Bellizzi, Saracena, Verbicaro e Orsomarso). La presenza stabile del lupo a livello locale è poi stata confermata dal primo censimento effettuato su scala nazionale con metodi di rilevamento diretto (Zimen & Boitani 1975, Boitani 1982). Questi autori identificarono l area del Pollino, in connessione con la Catena Costiera, come una delle dieci isole montane in cui il lupo riusciva a sopravvivere durante gli anni in cui la specie in Italia aveva raggiunto il minimo storico. Queste dieci isole venivano al tempo considerate delle roccaforti per la specie, in cui le condizioni ambientali e, soprattutto, l'interferenza e la presenza antropica, erano tali da aver permesso a nuclei isolati di sopravvivere alla massiccia persecuzione in atto fin dal dopoguerra (Zimen & Boitani 1975). In questo studio una popolazione di circa una decina di esemplari veniva stimata per l'area in questione; sempre secondo gli stessi autori, i danni alla pastorizia venivano segnalati raramente. La presenza stabile del lupo venne quindi confermata da ulteriori indagini di campo (Boitani & Fabbri 1983), quando la presenza stabile del lupo nell'area del Pollino veniva riconosciuta sia per il massiccio del Pollino vero e proprio che per la regione dell Orsomarso, in continuità potenziale con la Catena Costiera. Altri dati di presenza certa del lupo nella zona sono rappresentati dai lupi recuperati morti, almeno 7 dal 1977 al 1995 secondo l archivio ufficiale dell I.N.F.S., ma molti di più in base ad indicazioni raccolte sul posto (Reggiani & Ciucci, 1995). - Presenza e status attuale. Mentre recenti modelli per la valutazione dell'idoneità dell'habitat su larga scala, integrati tra Sistemi Informativi Territoriali (SIT) e modelli di statistica multivariata, riconoscono l'area in questione ad alta valenza per il lupo (Dupré et al. 1997, Corsi et al. 1998), i più recenti dati di presenza della specie nel Parco del Pollino si riferiscono ad uno studio in corso di realizzazione nell intero territorio del Parco (Ciucci & Boitani 1999a, b, c, Ciucci dati inediti); in base

118 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 117 di 311 a questo studio, e da un insieme di indicazioni di campo (survey tramite vocalizzazioni indotte e tracciatura su neve, monitoraggio danni alla zootecnia, trappolamento e monitoraggio radiotelemetrico di esemplari selvatici) almeno 5-6 branchi di lupo vivono stanzialmente nel Parco (Ciucci & Boitani 1999a, Ciucci dati inediti), frequentando zone ad alta idoneità sia nel comprensorio del Pollino (versante lucano e calabrese) che nella regione dell Orsomarso. In termini di entità di popolazione, assumendo una dimensione media nel periodo invernale di circa 3-5 individui per branco e circa il 10% della popolazione composta da individui transienti o solitari, il numero totale di lupi nel territorio del Parco potrà oscillare tra i 17 e i 30 esemplari circa. Ciò corrisponde ai valori di densità rilevati in altre aree protette e ad elevata idoneità ambientale per la specie (Ciucci & Boitani 1998). Inoltre, tutti i branchi localizzati nel corso del 1999 hanno dato riscontro di successo riproduttivo (Ciucci & Boitani 1999a). L importanza di una popolazione stabile di lupo nel Parco del Pollino, e del mantenimento di condizioni sufficientemente vitali, risiede anche nel suo ruolo critico di popolazione sorgente per altri nuclei distribuiti in maniera frammentaria e parzialmente isolata nel resto dell Appennino meridionale. A partire dai lupi presenti nella Catena Costiera, con la quale esiste una discreta continuità territoriale ed ecologica con la regione dell Orsomarso, passando per la Sila e il resto dell Appennino calabrese fino all Aspromonte, non si trovano infatti aree di presenza di ampiezza analoga a quella del Parco del Pollino o comunque localizzate in posizione strategicamente favorevole per facilitare contatti con i nuclei dell Appennino centrale. In base alla localizzazione lungo l Appennino meridionale, alle dimensioni ed allo status della popolazione di lupi residente, quella del Pollino rappresenta un potenziale serbatoio di esemplari che possono entrare in dispersione e facilitare un flusso demografico e genetico di importanza critica per la sopravvivenza di altre sottopopolazioni parzialmente isolate e di dimensioni minori (vedi Aspromonte). La presenza di una popolazione di lupo sufficientemente vitale nel comprensorio del Pollino rimane inoltre a garanzia di una connessione tra nuclei presenti nelle porzioni più meridionali dell Appennino e quelli dell Appennino centrale (Lucania, Abruzzo, Molise), aumentando quindi il numero di effettivi della popolazione su larga scala e, di conseguenza, le probabilità di sopravvivenza dell intera popolazione italiana. In definitiva si può senza dubbio affermare che, in base alle caratteristiche ecologiche e territoriali della zona ed alla localizzazione strategica lungo l areale del lupo su scala nazionale, ad una eventuale rarefazione della popolazione di lupo nel Parco del Pollino, o comunque ad un calo del suo vigore riproduttivo, le probabilità di sopravvivenza della specie nelle aree più meridionali dell Appennino risulterebbero ampiamente ridotte e con esse il numero di effettivi su scala nazionale. Aree critiche di presenza Le caratteristiche chiave di queste aree sono: - la presenza delle prede principali (cinghiale, lepre, capriolo); - l altitudine eguale o superiore ai 1000 m (nella maggior parte dei casi);

119 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 118 di la copertura forestale estesa e caratterizzata da un elevato grado di continuità; - la ridotta densità antropica; - l assenza di infrastrutture e la ridotta maglia stradale. Le aree critiche rappresentano le zone che includono le risorse e la caratteristiche ambientali rispondenti della presenza e della stabilizzazione spaziale dei diversi nuclei di lupo. In queste aree, non solo il lupo viene reputato stabile, ma la sua frequenza risulta più accentuata rispetto al resto del territorio: possono includere, oltre ai siti critici di riproduzione, diversi siti rifugio temporanei, i territori di caccia, le risorse trofiche fisse e una rete di vie di connessione e di marcatura territoriale. Le aree critiche di presenza sono le aree dove si presume risiedano le porzioni centrali dei territori dei singoli branchi. Da un punto di vista gestionale e di pianificazione territoriale queste aree devono essere mantenute tali ed al loro interno non devono essere previste ulteriori infrastrutture, sebbene si possano prevedere attività di sviluppo compatibile (pastorizia, agricoltura, turismo, raccolta dei prodotti del sottobosco, etc.) nelle fasce più esterne purché oculatamente pianificate. In alcune zone si devono prevedere interventi di riqualificazione ambientale (rimboschimenti, chiusura di strade, reintroduzione e/o ripopolamenti di cervidi). All interno del Parco del Pollino si individuano quindi 7 comprensori che includono altrettante aree critiche di presenza, alcune delle quali comprendono zone idonee alla localizzazione di siti riproduttivi Procedendo da nord verso sud le aree critiche in cui è stata rilevata la presenza del lupo sono: Comprensorio del Monte Alpi. Sebbene di ridotta estensione (< 30 Km 2 ) è critico per favorire il contatto della popolazione di lupi nel Parco con altri nuclei importanti ed esterni in direzione settentrionale ed occidentale (verso il comprensorio del Monte Sirino e quindi la catena di Lagonegro in connessione con i comprensori del Parco Nazionale del Cilento). La presenza del lupo in zona è stata accertata, così come le caratteristiche ambientali che la rendono idonea come sito riproduttivo; Comprensori del Monte Spina e Monte Zaccana. Anche questi di ridotta estensione (in totale < 28 Km 2 ) sono comunque altamente idonei e con presenza del lupo certificata. Sebbene non esistano per la zona indicazioni riproduttive, le caratteristiche ambientali offrono potenziali siti riproduttivi. Anche questo comprensorio, come il precedente, è fondamentale per facilitare la connessione della popolazione di lupi del Parco con altre aree di presenza settentrionali (Monte Sirino, Monte Alpi) ed orientali (Bosco Magnano) ma, soprattutto, per garantire un certo grado di continuità con il comprensorio ad occidente (Monte Rossino, Serramale, Gada, Ciagola) nella porzione di areale di presenza del lupo nel Parco che appare più frammentaria. Bosco Magnano. Sebbene di ridotte dimensioni de a quote inferiori, appare altamente idonea in funzione dell elevata copertura boschiva e della ridotta densità antropica. I riscontri di presenza sono diversi e ripetuti nel corso degli anni sebbene non si abbiano indicazioni di riproduzione. Il ruolo di quest area appare critico in quanto zona di espansione di attività per eventuali esemplari presenti nel

120 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 119 di 311 comprensorio Spina-Zaccana e zona di connessione potenziale con il comprensorio del Monte Caramola ad est. Comprensori del M.te Rossino-Serramale e Gada-Ciagola. Rappresenta un area di presenza di ridotte dimensioni ed in cui l ambiente idoneo appare altamente frammentato e ricco di praterie d altitudine. Sebbene di scarsa idoneità per la localizzazione di siti riproduttivi, al suo interno (Serramale-Gada) è stata riscontrata la presenza di cuccioli dell anno. Il comprensorio in questione è di importanza critica per facilitare la connessione tra regione dell Orsomarso a sud e del Sirino a nord, tramite i gruppi dello Spina-Zaccana e dell Alpi. E il comprensorio dove gli interventi di riqualificazione ambientale risultano maggiormente necessari. Monte Caramola. E in realtà parte del comprensorio più vasto del massiccio del Pollino vero e proprio, ma dal quale si deve distinguere in funzione di una connessione ecologica in parte alterata da infrastrutture e nuclei di presenza antropica e, soprattutto, per l esistenza di aree altamente idonee alla localizzazione di siti riproduttivi tra quelle più settentrionali del Parco. La connessione con gli altri comprensori del Parco sembra sufficientemente funzionale ad eccezione di quelli ad occidente (Bosco Magnano, Spina-Zaccana) che deve essere incrementata attraverso la riqualificazione e la tutela di corridoi di dispersione interni. Massicci del Pollino, delle Serre e dello Sparviere. E il comprensorio più ampio e significativo in posizione centrale del Parco. La presenza del lupo in zona è stata da sempre certificata, così come la riproduzione in anni recenti. Si estende dai confini orientali del Parco a ridosso di Alessandria del Carretto fino ad includere le porzioni occidentali del Massiccio del Pollino ai piedi di Viggianello e Rotonda. Si individuano due gruppi di importanza notevole per la localizzazione di siti riproduttivi: il massicio del Pollino e delle Serre in posizione centrale e il gruppo Sparviere-Neviera ad est. Sebbene la connessione ambientale sembra essere al momento sufficientemente garantita all interno del comprensorio in questione, è importante tutelare, se non migliorare, le potenziali vie di connessione tra il gruppo del Pollino e del comprensorio del Caramola a nord e del Monte Sparviere ad est. Regione dell Orsomarso a sud del Lao. Rappresenta il comprensorio di presenza e di idoneità ambientale forse più critico e significativo insieme a quello del Massiccio del Pollino e delle Serre. Si sviluppa lungo la porzione sud-occidentale del parco fino ai suoi confini più meridionali (Sant Agata, Sangineto). Anche questo comprensorio include due principali settori di presenza del lupo: un unica ampia zona in posizione centrale (dalla Montea alla Schiena di Novacco) le cui caratteristiche risultano eccellenti per la localizzazione di siti riproduttivi (continuità forestale, topografia accidentata, assenza di strade, alta densità e diversità di prede, presenza di acqua); ed una porzione in posizione settentrionale e di dimensioni minori (M.te Palanuda Vernita) che, in continuità con l area critica di presenza più a sud, ne risulta parzialmente distaccata dalla vallata di Campo Tenese dove maggiori sono gli insediamenti antropici e la frammentazione della copertura boscosa. Anche in questa zona, del resto, è stata certificata la presenza e la riproduzione del lupo che appare critica per facilitare e permettere la connessione con i nuclei presenti sul Massiccio del Pollino e, probabilmente, con quelli

121 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 120 di 311 che frequentano le porzioni dell Orsomarso a nord del fiume Lao. Caratteristiche peculiari di questo comprensorio sono l integrità e la continuità ecologica, ambientale e territoriale che si rilevano in senso latitudinale per lunghe distanze: caratteristiche che non si riscontrano in nessun altro settore del Parco e che quindi devono essere tutelate integralmente. Siti critici di riproduzione Da un punto di vista ecologico, sono le zone maggiormente integre e meno alterate dall attività antropica. Sono tipicamente alle alte quote, con densa e continua copertura forestale (ad eccezione delle praterie di altitudine), topografia mediamente accidentata, ampia disponibilità di acqua e prede, presenza scarsa o nulla di strade e infrastrutture: sono le aree che offrono le caratteristiche ambientali necessarie per il regolare svolgimento delle attività riproduttive e di allevamento della prole, permettendo quindi il perpetuarsi (ed eventualmente il diffondersi) della specie all interno (e all esterno) del Parco. Al loro interno i lupi selezionano la maggior parte dei siti rifugio più importanti, così come le tane e i rendez-vous. Da un punto di vista gestionale non si deve prevedere alcun tipo di intervento da parte dell uomo, se non di tutela e di riqualificazione (chiusura strade sterrate, reintroduzioni e/o ripopolamenti di prede selvatiche); sono da considerare come zone di protezione integrale, all interno delle quali dovrà essere inoltre posta particolare cura nella pianificazione e nella limitazione delle reti di sentieri escursionistici (deviazioni o modulazioni stagionali). L attività zootecnica può essere considerata in alcuni casi compatibile, previa attenta pianificazione (zonazione), eliminazione del pascolo brado e impiego articolato di strumenti di prevenzione. Aree di connessione all interno ed all esterno del parco del Pollino Sono zone che, in base alla conformazione del territorio, alle caratteristiche ambientali, alla densità antropica ed alla prossimità alle aree critiche di presenza della specie possono avere un ruolo critico per permettere e facilitare lo scambio di individui (e quindi flusso demografico e genetico) tra i diversi nuclei residenti del Parco o l estensione delle aree di attività (home range) degli stessi. Nella trattazione che segue si distinguono le zone di contatto interne al Parco ed i potenziali corridoi di dispersione esterni al Parco. Questi ultimi sono di importanza critica per garantire il contatto della popolazione di lupi nel Pollino con nuclei residenti in altre aree idonee nel resto dell Appennino meridionale (a sud: Catena Costiera, Sila, Appennino Calabrese, Aspromonte; a nord: Appennino Lucano, parco nazionale del Cilento). Da un punto di vista gestionale, e comunque in assenza di dati certi sulla loro utilizzazione da parte dei lupi e sulla loro funzionalità, dovrebbero essere mantenute le condizioni attuali (assenza di piani di sviluppo o di costruzione di ulteriori infrastrutture) se non realizzati interventi di miglioramento ambientale (rimboschimenti, chiusura strade secondarie, ripopolamenti prede selvatiche, controllo randagismo, vigilanza).

122 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 121 di 311 Tra le zone con funzione di corridoio interno al parco si sono rilevate: 1. Area tra il comprensorio Spina-Zaccana e il Monte Alpi. E un area fuori parco, caratterizzata da un ampia superficie boscosa. Esiste del resto una potenziale barriera rappresentata dalla superstrada Sinnica e dalle infrastrutture presenti, sebbene con densità limitata, sul versante settentrionale del Monte Zaccana. 2. Area tra il comprensorio Spina-Zaccana e il Bosco di Magnano. E caratterizzata da una maggior copertura e continuità forestale. Sebbene esistano reti stradali e insediamenti sparsi la densità antropica è comunque bassa. Per una sua tutela non devono essere previste ulteriori infrastrutture. 3. Area tra Bosco di Magnano e il comprensorio del Monte Caramola. Si rilevano le stesse condizioni riscontrate per l area di connessione precedente, sebbene esista una maggiore densità di infrastrutture (p. es., S. Severino e dintorni). Miglioramenti ambientali potrebbero essere basati sul recupero della copertura forestale tra Cropani, Massa Mastumarco e Piano della Fossa. 4. Area di connessione tra i comprensori Spina-Zaccana e Rossino-Serramale. E forse tra le più critiche all interno del Parco, in quanto la sua funzionalità garantirebbe il contatto tra porzioni altrimenti frammentate dell areale di presenza del lupo nella porzione settentrionale del Parco ed un aumento del numero di effettivi potenzialmente in contatto con comprensori settentrionali esterni al Parco (Sirino). E importante garantire ponti verdi sull autostrada per il passaggio della fauna (in particolare tra Spina e Rossino) anche se in zone esterne al Parco. 5. Area dell Orsomarso a cavallo della valle del Lao. Permette la connessione tra porzione nordorientale dell areale di presenza sull Orsomarso con il gruppo Ciagola-Gada. In particolare la valle a nord-est di Papasidero (M.te Velatro, Girone, Campicello) è ricca di copertura arbustiva e boscosa ma diversi sono gli insediamenti umani incluse le reti stradali: sebbene nelle condizioni attuali la connessione tra nuclei di lupi a nord e sud della zona sembri comunque ancora possibile, non lo potrebbe essere più nel caso di sviluppo di ulteriori infrastrutture. 6. Area tra il massiccio del Pollino e delle Serre e il comprensorio dello Sparviere-Neviera ad est. Miglioramenti ambientali (rimboschimenti, gestione delle infrastrutture) potrebbero aumentare le possibilità di flusso di individui tra i due comprensori nella zona che attraversa la Falconara e Serra Scorsillo. 7. Area tra il massiccio del Pollino e il Monte Caramola a nord. Interessa la piana di S. Francesco, l Impiso e il Monte Pelato: sebbene le condizioni attuali possano forse garantire un tasso minimo di contatto, sarebbe auspicabile il mantenimento delle condizioni attuali per scongiurare il rischio di isolamento del gruppo del Caramola. Particolare attenzione nella zona dovrebbe essere inoltre posto al controllo dei cani vaganti. 8. Area tra il massiccio del Pollino e delle Serre (zona sud-occidentale) e la regione dell Orsomarso. Attualmente la valle che separa i due comprensori, nella sua porzione settentrionale (tra i centri di Mormanno e Morano), sembra garantire vie di passaggio sopra l autostrada, sebbene tutte comportino la presenza del lupo a quote e in zone con discreta presenza di infrastrutture. Oltre a

123 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 122 di 311 migliorare le condizioni ambientali in queste zone, è importante escludere ulteriori progetti di sviluppo nella zona, specialmente sul basso versante meridionale dei massicci di Coppola di Paola, Timpone di Viggianello, Monte Pollino, Pollinello, e Serra Dolcedorme. Tra le zone con funzione potenziale di corridoi esterni al Parco si sono individuate: Corridoio di connessione con i comprensori a nord. Dalle propaggini settentrionali del Parco (Monte Alpi, comprensorio Spina-Zaccana) si estende a nord facilitando il contatto tra i nuclei di lupo nel Parco con quelli presenti nell ampio comprensorio del Monte Sirino e più a nord, fino ad entrare in contatto con la ridotta popolazione presente nei monti del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano (M.te Cervati, catena degli Alburni). E un ampia fascia di territorio all interno del quale, sebbene le caratteristiche ambientali sembrino sufficientemente idonee, si rileva una discreta presenza di centri e di infrastrutture alle quote medio basse. Corridoio di connessione con i comprensori a nord-ovest. A nord del comprensorio Rossino- Serramale in direzione del Monte Messina, e a nord-ovest interessando il monti Coccorello e Cirino si incontrano valli ampiamente ricche di infrastrutture ma che sono le uniche in grado di permettere la connessione tra i lupi del Pollino e la porzione costiera dell Appennino lucano ad occidente dell autostrada. In quest area si delineano come necessari interventi di miglioramento ambientale. Corridoio di connessione con la Catena Costiera a sud. In base alle condizioni attuali è il corridoio di connessione allo stesso tempo più critico e maggiormente preservato dell intero Parco. Garantendo il contatto tra i lupi dell Orsomarso e quelli della Catena Costiera rappresenta un importantissima via di connessione con le popolazioni nelle porzioni più meridionali dell Appennino. Nessun intervento di miglioramento ambientale viene reputato al momento necessario, ma è importante garantire la continua funzionalità di quest area come corridoio di dispersione, pena il totale isolamento delle sottopopolazioni di lupo più meridionali. Lontra La lontra è elencata tra le specie particolarmente protette nella Legge 11 febbraio n 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio) ed è inclusa nell Allegato B del recente D.P.R. 8 settembre 1997 n 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche). Quest ultimo, oltre a inquadrare la lontra come specie di interesse comunitario e quindi da sottoporre a forme di protezione rigorosa (art. 8), prevede azioni specifiche mirate alla ricerca ed al monitoraggio dello stato di conservazione di queste specie in Italia, e ne disciplina le azioni di introduzione e reintroduzione. La lontra è inoltre iscritta nell allegato a) del Regolamento CE n. 338 del 1997, uno dei Regolamenti Comunitari di attuazione della Convenzione di Washington (CITES), che sottopone a misure restrittive il commercio di animali minacciati di estinzione. L habitat occupato dalla lontra risulta estremamente vulnerabile ai cambiamenti operati dall uomo. Tale vulnerabilità è legata principalmente alla presenza di risorse idriche che l uomo ha necessità di

124 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 123 di 311 sfruttare ed alle caratteristiche della vegetazione ripariale, anche queste troppo spesso alterate dall uomo. Il deterioramento dell habitat naturale, inteso nella completezza delle sue componenti, causato dalla canalizzazione dei corsi d acqua, dalla rimozione della vegetazione ripariale, dalla costruzione di sbarramenti, ecc è stato indicato come la principale minaccia alla sopravvivenza della specie, cui fa seguito per importanza, in Europa, l inquinamento delle acque, responsabile delle drastiche rarefazioni delle popolazioni di lontra. La rarefazione della lontra è stata inoltre largamente causata anche dalla persecuzione diretta per il pregio delle pellicce. Le lontre, infine, possono tollerare un certo grado di disturbo provocato dalla presenza dell uomo, tolleranza che facilita la loro convivenza, sempre che siano presenti adeguati siti di rifugio (Kruuk, 1995). Quando però l antropizzazione si traduce in un elevata densità di strade, questa può incidere sulla mortalità delle lontre. La comprensione delle cause di declino della specie è ancora lontana; è possibile che una sinergia di fattori, piuttosto che uno singolo, ne abbia causato la rarefazione con dinamiche che a tutt oggi rimangono ancora poco chiare (Kruuk, 1995). E evidente tuttavia che la capacità della specie di far fronte a varie forme di inquinamento è legata ad una adeguata disponibilità di risorse trofiche, che potrebbe in ultima analisi limitare le popolazioni, interferendo con la sopravvivenza e la riproduzione (Kruuk, 1995). Distribuzione della Specie nel Parco I principali bacini idrografici inclusi nel territorio del Parco Nazionale del Pollino sono stati oggetto di monitoraggio discontinuo a partire dal 1967 (Cagnolaro et al., 1975), quando la lontra risultava ben distribuita sia nei principali fiumi che nei fossi minori. La presenza della lontra nel Sinni, nel Frido e nel Peschiera è documentata almeno fino al 1996 (Pavan e Mazzoldi, 1983; Reggiani e Ciucci, 1994; Raganella Pelliccioni, 1996). Nella primavera del 1994 sono stati ripetutamente avvistati e filmati due cuccioli di lontra nel torrente Peschiera, a testimonianza dell avvenuta riproduzione della specie in quest area. Questo dato, unitamente alle caratteristiche di naturalità del torrente Peschiera, evidenzia la rilevante importanza di questo corso d acqua ai fini della conservazione della specie nell area (Reggiani e Ciucci, 1994). La lontra era segnalata nel Lao, nel Battendiero e nell'argentino, oltre che in alcuni tributari minori, fin dal 1972 (Cagnolaro et al., 1975), ma Arcà (1986) non ne rilevò traccia nei 5 siti visitati nel biennio Nel 1994 la specie era risultata presente, sebbene con bassa frequenza di marcamento, nei 3 principali tributari del Lao, il T. Mercure, il T. Battendiero ed il T. Argentino, ma tali zone vennero ritenute dagli autori aree marginali della distribuzione della specie (Reggiani e Ciucci, 1994). Nel 1996 la presenza della specie in queste aree veniva parzialmente confermata: segni di presenza vennero infatti rinvenuti lungo il corso del Lao e del Mercure, ma non vennero riscontrati nei tratti ispezionati presso il T. Battendiero ed il T. Argentino (Raganella Pelliccioni, 1996).

125 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 124 di 311 La lontra era segnalata nel Raganello fino al 1972 da Cagnolaro et al. (1975), ma risultava assente nel biennio (Arcà, 1986) ed i sopralluoghi effettuati nel 1996 confermavano l assenza della specie in questo bacino (Raganella Pelliccioni, 1996). Tra il 2001 ed il 2003 l Ente Parco promuove uno studio specifico sulla Lontra nel territorio del Parco (Prigioni et al 2003). Dai risultati dello stesso emerge che la Lontra si distribuisce con continuità su 230 Km circe di corsi idrici nel Parco (56% della rete idrica del Parco). La presenza è accertata nel.f.sinni, T.Serrapotamo, T Cogliandrino, T.Frido, T.Peschiera, F. Lao, F. Mercure, F. Battendiero. C.le S. Nocaio, F. Argentino, F. Abatemarco, T. Raganello, F. Esaro, F. Rosa e F. Occido. La presenza stabile della specie gravita soprattutto sul bacino del Sinni e del Mercure-Lao, dove si concentrano le stazioni positive al marcamento per oltre il 90 % dei rilevamenti. La fascia sudorientale sembra essere invece interessata da una presenza meno stabile. Nel corso dei due anni si registra una diminuizione della positività di due stazioni del Serrapotamo e della stazione del Raganello. Il Serrapotamo presenta dei prolungati periodi di secca nel corso dell anno, fattore che ne impedisce una colonizzazione stabile. Tuttavia esso rappresenta una preziosa via di collegamento tra il bacino del Sinni e dell Agri. La situazione per il Raganello è differente iin quanto esso si presenta molto isolato. E presumibile che individui isolati o in dispersione raggiungano periodicamente il corso d acqua. Questo rende il torrente molto interessante potendo rappresntare un areale di espansione per la specie. Un ruolo rilevante ai fini della conservazione della specie nell area è svolto quindi dai bacini del Sinni e del Mecure-Lao nei quali la presenza della lontra è documentata fino ad oggi. Tuttavia, considerata la dinamica dei processi di estinzione delle popolazioni di lontra nel nostro paese, contraddistinti da rarefazione ed isolamento progressivo dei nuclei presenti, la conservazione della specie non deve limitarsi al singolo bacino ma deve necessariamente interessare gli areali di presenza contigui al fine di salvaguardare le possibilità di scambio delle popolazioni e prevenire il rischio di isolamento delle stesse. La dislocazione geografica del Parco, che condivide il territorio di due regioni, unitamente allo stato della specie nelle aree limitrofe, offre l'opportunità di realizzare fondamentali interventi di conservazione basati sul coordinamento delle azioni e delle risorse. Cervo Tra il 2002 ed il 2003 sono stati reintrodotti nel Parco Nazionale del Pollino 41 esemplari di Cervus elaphus provenienti dalla Toscana. Gli esemplari rilasciati erano stati equipaggiati di radio collari VHF; nei tre anni successivi al rilascio è stato svolto un progetto di monitoraggio post- rilascio al fine di valutare il successo della reintroduzione ed implementare le conseguenti politiche gestionali. Il dato saliente del progetto mostrava come le dimensioni dell area minima giornaliera fossero maggiori rispetto a quelle alpine riportate in bibliografia. E che ci fosse stato un incremento della Rut

126 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 125 di 311 probabilmente per effetto della scarsa densità associato ad una bassa probabilità di incontro con il partner. Al termine del periodo della ricerca, il nucleo precedentemente monitorato, non è più stato oggetto di studio,:tanto che al presente non è possibile definire l attuale consistenza della popolazione /nuclei di cervo nel Parco. Capriolo Probabilmente fino ai primi del Novecento il capriolo ha conservato nella Calabria settentrionale e tirrenica una ampia diffusione (cfr. Ghigi, 1911), con areale quasi continuo dal Massiccio del Pollino alle zone contermini nord-occidentali della Basilicata, al comprensorio dei Monti detti dell'orsomarso e a sud fino alla Catena Costiera e forse oltre (Calò & Perco, 1990). Già tra le due guerre e nell'immediato ultimo dopoguerra il capriolo indigeno si era comunque estinto a nord del fiume Lao e sulla Catena Costiera (Calò & Perco, 1990), mentre veniva ancora segnalato nei territori calabro-lucani del Pollino (Tassi, 1972). Dal quindi, il territorio di diffusione del capriolo autoctono dell'orsomarso si è ridotto al comprensorio montano compreso tra la Valle del fiume Lao a nord, l'altopiano di Campo Tenese (autostrada Salerno-Reggio Calabria) ad est, il bacino del fiume Esaro a sud e le propaggini collinari del versante tirrenico ad ovest. Questo comprensorio, dal 1990 incluso nel Parco Nazionale del Pollino, è caratterizzato dalla morfologia assai complessa, con molti rilievi calcarei ed altopiani interclusi (ad est) e varie colline degradanti ad occidente sul Tirreno incise da profonde valli attraversate da torrenti e fiumi. Vi prevale la copertura boschiva, con notevole ricchezza e diversità vegetazionale. Nell'area non risultano essere mai stati immessi caprioli, salvo alcuni capi alloctoni accidentalmente fuoriusciti nel da una Tenuta privata presso il fiume Lao (in minima parte sopravvissuti, verosimilmente soprattutto a nord del fiume) (Calò & Perco, 1990). Attualmente, dalle più recenti conoscenze ed informazioni disponibili, l'area di distribuzione del capriolo nel Parco Nazionale del Pollino resta localizzata essenzialmente nel settore occidentale del Parco, ad ovest della autostrada Salerno-Reggio Calabria. La maggior presenza del capriolo, ivi autoctono, è ancora nel bacino del fiume Argentino (già Perco, 1985; Calò & Perco, 1990; Calò, 1991; Calò, 1996; Calò et al., 1997; Calò, in stampa: stima 39% dell'area e 60% della popolazione totale). Ciò, probabilmente per la inaccessibilità e diversità vegetazionale dell'area (cfr. Mingozzi, 1994) che offre possibilità di rifugio e varietà di habitat, senza particolari condizionamenti climatico-trofici. Segnalazioni occasionali di caprioli ai limiti dell'areale esterno più recentemente identificato, anche ad est della autostrada Salerno-Reggio Calabria, sono da valutare con prudenza e considerate non (ancora) significative del trend della specie. Negli ultimi anni, si è probabilmente avuto un lieve incremento di area di diffusione e consistenza numerica della popolazione, anche se il suo status resta ancora precario e minacciato per

127 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 126 di 311 rarefazione/dispersione dei capi ed incidenza del bracconaggio confermato dallo studio Ecologia e conservazione del Capriolo nel Parco Nazionale del Pollino (relazioni tecniche, Lovari, 2000/2004). Decisivi per la salvaguardia del Cervide sono stati gli ambiti delle Foreste Demaniali Regionali e della Riserva Naturale Orientata della Valle del fiume Argentino (istituita nel 1987); l'attivazione del Parco Nazionale del Pollino e, soprattutto, l'opera di prevenzione/repressione del bracconaggio svolta dal Corpo Forestale dello Stato. In ogni caso, la (consistenza) densità del capriolo autoctono dell'orsomarso è appare tuttora ridotta rispetto al territorio potenziale utilizzabile, al minimo delle stime medie nazionali ed inferiore a quella di altre aree appenniniche (Perco, 1983; Mattioli et al., 1992; Mattioli et al., 1995). In particolare nel bacino dell'argentino in base a ricerche basate su indici e segnalazioni di presenza, censimento ed estrapolazioni, il capriolo è distribuito su circa 35 kmq con una consistenza accertata (giugno 1999) di almeno esemplari, e densità definite almeno da 1,1 a 1,7 capi/kmq a seconda delle zone (maggiori densità in zone interne e/o meno interessate da bracconaggio e cani). L'habitat più tipico del capriolo autoctono dell'orsomarso sono soprattutto le pendici boschive della fascia sub-mediterranea e del piano montano, zone di cedui non troppo fitti o fustaie con denso strato arbustivo, caratterizzate da pendenze anche estreme (Calò & Perco, 1990; Calò, 1996; Calò et al., 1997; Calò, in stampa). Nella alimentazione di questo capriolo, simile a quanto noto da letteratura, prevalgono specie vegetali piuttosto termofile ed eliofile, tra tutte in particolare Coronilla emerus (Calò, 1996; Calò et al., 1997; Calò, in stampa). Sono ancora da accertare, anche con i moderni metodi di indagine genetica, le eventuali differenze del capriolo autoctono dell'orsomarso (Lehmann, 1973; Lehmann & Segesser, 1986; Perco, 1985; Calò & Perco, 1990; Calò, 1996; Calò et al., 1997; Calò, 1999; Calò, in stampa), che apparterrebbe alla sottospecie,capreolus capreolus italicus, descritta da Festa (1925), oggetto di studi genetici (Randi et al., 1998). Il bracconaggio è considerato da tempo il principale fattore limitante per la popolazione di capriolo autoctono e la sua possibile ripresa/espansione nel territorio del Parco: è decisamente agevolato dalle strade interne, con impatto (disturbo/dispersione capi) dovuto anche ai cani vaganti presenti nell areale. E inoltre da valutare l impatto sulla specie dell abbandono delle zone agricole montane, con conseguente chiusura delle stesse e l effetto potenziale di interventi gestionali diretti esclusivamente a favore della popolazione di capriolo, come ad esempio l apertura di chiarie in zone di recente espansione forestale. Cinghiale Nella storia del genere umano poche specie hanno assunto un ruolo cosi importante come quello del maiale e del cinghiale. Essi appartengono infatti alla stessa specie, Sus scrofa, caratterizzata

128 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 127 di 311 soprattutto per una plasticità comportamentale notevole e per l ampia distribuzione geografica che va dal Giappone all Argentina, dall Africa Settentrionale al Nord Europa. Ad oggi gli studi su questa specie, sul suo comportamento, sulla dinamica di popolazione, sui rapporti con le componenti ecosistemiche sono spesso limitati all area di studio. E stato più volte ribadito dalla comunità scientifica come sia difficile adottare una linea di gestione unitaria nelle aree protette. La biologia ed ecologia del cinghiale non permettono di fare affidamento sui dati ricavati in un area per gestirne un atra; la profonda diversità di economie agricole, culture venatorie ed equilibri politici esistenti nelle aree protette italiane rendono impossibile standardizzare i concetti di danno tollerabile e generalizzare i possibili rapporti di coesistenza tra l uomo e l ambiente (Boitani & Morini, 1999). Negli ultimi decenni, in Europa, le popolazioni di questa specie hanno mostrato un notevole incremento. In Italia il cinghiale è di fatti ritornato in aree da cui mancava da secoli (Apollonio et al, 1988). Tale fenomeno è da imputarsi a differenti concause: il cambiamento delle pratiche agricole, l abbandono del territorio montano ed in generale i cambiamenti d uso del territorio, la progressiva mitezza invernale nonché le manipolazioni operate dall uomo sulle popolazioni naturali tramite immissioni non controllate. Le immissioni non programmate e spesso abusive hanno fatto in modo che nuovi pool genici, del tutto eterogenei, si affermassero a scapito delle forme originarie di Sus scrofa, presenti un tempo sul territorio italiano. Questo, assieme alle tradizionali pratiche venatorie, nella gran parte dei casi affrontate senza informazioni sulle statistiche di prelievo, hanno mantenuto le popolazioni in un costante stato di destrutturazione. Tale assetto si è riflesso soprattutto all interno delle aree protette, isole felici per gli animali provenienti dall esterno dei confini geografici. Fattore determinante per l incremento delle popolazioni è la stessa biologia riproduttiva della specie: tra gli ungulati è quella a più alta capacità riproduttiva (numero di piccoli per parto e numero di parti per anno, maggiori che in qualsiasi cervide). Prima la domesticazione, successivamente l ibridazione del cinghiale con i maiali allevati allo stato brado (pratica ampiamente diffusa in passato nella nostra penisola) ha accentuato questa caratteristica favorendo gli individui più prolifici. In particolare si è determinato un aumento del numero dei piccoli per parto ed uno sfasamento del normale periodo degli accoppiamenti. I maiali rinselvatichiti si riproducono più volte all anno, con cucciolate più numerose. Normalmente la femmina di cinghiale partorisce una sola volta l anno e solo in caso di particolari annate, con eccezionale disponibilità di cibo, torna a riprodursi alla fine dell estate. Nel branco l estro femminile è sincronizzato, questo permette l enorme vantaggio della partecipazione di più femmine alla difesa comune dei piccoli. Gli studi passati e recenti mostrano che le densità sul territorio possono variare notevolmente, in dipendenza dell idoneità dell habitat, della disponibilità di cibo e della struttura di popolazione. In

129 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 128 di 311 particolare in buone annate l alto potenziale riproduttivo e la precoce maturità sessuale rendono il cinghiale capace di un incremento utile annuo (differenza tra consistenza pre e post-riproduttiva) maggiore che in tutte le specie di Ungulati, potendo andare incontro ad esplosione demografica anche nell arco di un unica stagione riproduttiva. La sopravvivenza giovanile diventa progressivamente più importante ed influente per la crescita della popolazione con il miglioramento delle condizioni ambientali. In caso di condizioni di scarsa presenza di nutrienti, la crescita della popolazione dipende dalla sopravvivenza degli adulti (Bieber et al 2005). Dal confronto tra vari studi si è calcolato l incremento utile annuo medio per una popolazione europea, che è del % (Genov 1994). L impatto del cinghiale Le differenti ricerche dimostrano che il ruolo del cinghiale sulle biocenosi varia da positivo a negativo in base al numero ed all abbondanza delle specie presenti. L impatto sulla vegetazione è essenzialmente dovuto all azione di rooting (scavo), con conseguente disturbo meccanico e di calpestio. Gli effetti dipendono dal periodo dell anno, dalla superficie scavata, dal tipo di ambiente e dalla pendenza del terreno. La disponibilità degli alimenti dipende dai fattori climatici, dalla presenza di competitori per le medesime risorse e dalla fenologia delle piante. L attività di rooting aumenta con la diminuzione della disponibilità delle risorse non reperibili sul suolo (ghiande o piante coltivate) (Massei et al,2000). I diversi studi mostrano che l abbondanza delle specie appetite ed interessate dall attività di scavo, nell arco di tempo più o meno ampio, viene influenzata negativamente e cosi anche per le radici legnose nei primi 15 cm di suolo (non solo quelle utilizzate come cibo ma anche quelle esposte come nel caso delle felci). Altri effetti si registrano in montagna e sui prati in pendenza con la diminuzione della copertura erbacea e su suolo forestale con la diminuzione dello spessore della lettiera. D altro canto come effetto positivo il rooting provoca un accelerazione nei processi di decomposizione della materia organica, con conseguenze positive anche per alcune specie forestali. Da un confronto tra studi risulta un incremento per le specie vegetali, conseguente allo scavo laddove il cinghiale sia specie nativa (per la Svezia, Welander 1995), mentre effetti opposti si registrano ove la specie sia stata introdotta (Aplet et al, 1991). In pratica l impatto del cinghiale sulle biocenosi è negativo su biotopi autoctoni, dove lo scavo profondo e prolungato agisca in aree caratterizzate da lunghi tempi di recupero in seguito ad alterazioni meccaniche. Per contro la specie può avere un effetto positivo favorendo l areazione del suolo quando lo scavo sia limitato nel tempo (Boitani & Morini, 1999). L impatto sulle zoocenosi si ha per competizione alimentare con le altre specie onnivore e per predazione, soprattutto su anfibi, rettili, micromammiferi e nidiacei terricoli di alcune specie di uccelli (Belden & Pelton, 1971; Tosi & Toso,1992).

130 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 129 di 311 In uno studio effettuato da Genov (1981) è stato osservato come il cinghiale con l attività di rooting, in primavera, dimezzi la biomassa di insetti. Il cinghiale si nutre preferibilmente di alimenti energetici, le aree coltivate rappresentano per l animale una risorsa concentrata, ricca e prevedibile, è per questo che l incidenza dei danni sulle colture agrarie è cosi forte. I danni più importanti sono a carico delle aree più produttive ed intensamente coltivate, dove si ha la maggior perdita di prodotto. La maggior frequenza del fenomeno si ha però nelle zone ad agricoltura estensiva, in ambienti parzialmente abbandonati dall uomo e più idonei alla presenza del cinghiale. In questo caso il danno economico viene stabilito solo in base al raccolto perduto, senza tener conto della qualità del prodotto e del valore ambientale (tutela paesaggistica ed idrogeologica). In generale i danni sono legati alla densità dei cinghiali nell area, alla disponibilità di frutti selvatici, all aria di margine esistente tra territorio boscato e quello coltivato, alla disponibilità, nonché allo stato fenologico, delle colture. Diversi studi dimostrano che i danni alle colture risultano minori se vi è la disponibilità alternativa di risorse in foresta. Le fluttuazioni demografiche, tipiche delle popolazioni non influenzate dalle attività umane, in popolazioni che usufruiscano dei nutrienti provenienti dalle zone coltivate sono più o meno fortemente attenuate. Se infatti nelle popolazioni naturali si hanno anni di esplosione demografica a cui seguono periodi in cui il tasso riproduttivo femminile si mantiene molto basso, nelle aree in cui gli animali accedono alla risorsa agricola si riproduce un maggior numero di femmine; con conseguenze prevedibili per le colture della zona (Massei e Genov, 2000). Questo è lo stesso principio per cui la pratica del foraggiamento artificiale potrebbe avere ripercussioni negative su un eventuale intervento di gestione della popolazione: se da un lato infatti essa sposta temporaneamente l attenzione dell animale verso zone di interesse non agricolo, dall altro ha lo stesso effetto energetico delle colture rispetto al tasso riproduttivo femminile. Interventi Nel Parco Nazionale del Pollino i dati relativi ai danni causati dalla presenza del cinghiale già da alcuni anni mostrano l esistenza di questo conflitto e di conseguenza l Ente si è dotato da alcuni anni di strumenti di programmazione per la gestione delle popolazioni del cinghiale (Linee guida per la riduzione del conflitto tra cinghiale e attività agricole nel Parco Nazionale del Pollino, 2001; Piano sperimentale di controllo del cinghiale deliberazione del. C.D. n. 23 del , Piano sperimentale di controllo del cinghiale deliberazione del C.D n.30 24/09/2011). Purtroppo all atto pratico, tra i sistemi individuati all interno del Piano di controllo del 2006 (vigente sino all approvazione del successivo, n. 30 del 2011) il solo che ha avuto attuazione sostanziale è stato l impiego delle somme d indennizzo per danno a carico dell Ente (regolamento n.121 del 15/10/2008 e n.46 del 15/09/2010). Evidentemente il fallimento dell insieme delle operazioni individuate dal Piano di controllo (catture, sistemi di prevenzione, indennizzi) è da imputarsi alla mancanza di coinvolgimento degli attori sociali implicati nello svolgimento dello stesso e/o di interesse a che lo stesso avesse esiti positivi.

131 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 130 di 311 L obiettivo primario deve essere la riduzione/risoluzione del conflitto tra gli agricoltori e le popolazioni di cinghiali nell area parco. Attualmente, attraverso la riduzione del numero degli animali, ci si aspetta innanzitutto una diminuzione dei danni a carico delle colture, per questo sono previsti sistemi di prevenzione e di dissuasione. C è da attendersi che l esito di tali sistemi sia proporzionato allo sforzo profuso per il funzionamento degli stessi. E necessario quindi operare con azioni costanti di comunicazione ed informazione sul territorio, e tali sistemi infatti non saranno efficaci se non con un intervento diretto dei proprietari dei fondi! A tal proposito tra misure da attuare sul territorio del Parco si individuano: - Coinvolgimento diretto dei comuni del Parco e delle Associazioni di categoria agricole nelle azioni di sensibilizzazione poste in essere dal Parco - Recinzioni a protezione delle colture con partecipazione delle risorse finanziarie da parte di Provincie e Regioni - Attivazione delle catture previste dal nuovo regolamento - Azioni di sensibilizzazione Purtroppo tra gli strumenti individuati nel Piano di controllo del 2006, il sistema di catture non ha avuto gli effetti sperati. Esso attraverso un adeguato e sistematico sforzo di campionamento poteva consentire di definire i parametri di popolazione necessari per un monitoraggio esaustivo delle popolazioni, da cui poi derivassero le percentuali di prelievo del surplus che di conseguenza permettessero di definire anche quantitativamente le condizioni per ottenere l equilibrio biologico delle popolazioni di cinghiale. La mancata attuazione dei sistemi di cattura è evidentemente imputabile alla mancanza di un mercato locale e quindi di un interesse economico rivolto alla specie cinghiale, alle implicazioni della normativa sanitaria in materia, ed allo sforzo richiesto in termini di uomini, mezzi e tempi. A questo proposito appare necessaria una calibrazione attenta degli sforzi necessari all attuazione sistematica delle catture ed alle implicazione che essa necessariamente comporta: fonti economiche, destino dei capi traslocati, sistemi di mercato ecc Per poter pianificare correttamente un piano di gestione del cinghiale è necessaria una definizione dei parametri di popolazione (consistenza e dislocazione della/e popolazione/i; sex-ratio; incremento annuo, classi di età), ma anche la dinamica e l andamento nel tempo degli stessi per cui è necessario il monitoraggio pluriennale. In particolare il monitoraggio dovrebbe permettere di definire la variazione dei parametri di popolazione in funzione di: - Dinamica di popolazione - Variazioni dell habitat - Eventuali patologie o zoonosi - Eventuali interventi di riduzione della popolazioni

132 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 131 di 311 A questo proposito occorre ricordare che prelievi inadeguati rischiano di comportare effetti opposti a quelli desiderati e di conseguenza maggiori danni (destrutturazione della popolazione e miglioramento delle condizioni riproduttive).

133 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 132 di 311 ALLEGATO E FAUNA VERTEBRATA: SPECIE PRESENTI NEL PARCO NAZIONALE DEL POLLINO INCLUSE IN DIRETTIVA 92/43/CEE ED IN DIRETTIVA 79/409 CEE PESCI Nome scientifico Nome comune Categ.di minaccia PESCI Alburnus albidus Alborella meridionale LR Barbus plebejus Barbo LR Cobiti tenia Cobite LR Rutilus rubilio Rovella LR Salmo trutta var. macrostigma Trota macrostigma CR ANFIBI Bombina pachypus Ululone appennino LR Bufo viridis* Rospo smeraldino - Hyla arborea* Raganella DD Rana dalmatina* Rana dalmatina - Rana italica* Rana italica LR Salamandrina tergitata* Salamandrina dagli occhiali LR Triturus carnifex * Tritone crestato italiano - Triturus italicus * Tritone italiano LR RETTILI Elaphe longissima* Colubro di Esculapio o Saettone - Elaphe quatuorlineata* Cervone LR Elaphe situla* Colubro leopardino LR Emys orbicularis * Testuggine palustre LR Hierophis viridiflavus Biacco - Lacerta bilineata Ramarro occidentale - Natrix natrix* Biscia dal collare - Podarcis muralis * Lucertola muraiola - Podarcis sicula* Lucertola campestre CR Testudo hermanni* Testuggine di Hermann EN Vipera aspis Vipera - UCCELLI Accipiter nisus Sparviere VU Alcedo atthis Martin pescatore LR Alectoris graeca Coturnice VU Aquila chrysaetos Aquila reale VU Asio otus Gufo comune LR Bubo bubo Gufo reale VU Cinclus cinclus Merlo aquaiolo VU Circaetus gallicus Biancone EN Colomba livia Piccione selvatico VU Coracias garrulus Ghiandaia marina EN Corvus corax Corvo imperiale LR Coturnix coturnix Quaglia LR Dryocopus martius Picchio nero DD Emberiza hortulana Ortolano LR Falco biarmicus Lanario EN Falco peregrinus Pellegrino VU Ficedula albicollis Balia dal collare LR Galerida cristata apuliae Cappellaccia DD Gallinago gallinago Beccaccino NE Ixobrychus minutus Tarabusino LR Melanocorypha calandra Calandra LR Milvus migrans Nibbio bruno VU Milvus milvus Nibbio reale EN

134 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 133 di 311 Monticala saxatilis Codirossone LR Neophron percnopterus Capovaccaio CR Otus scops Assiolo LR Pernis apivorus Falco pecchiaiolo VU Picoides medius Picchio rosso mezzano VU Picus viridis Picchio verde LR Tyto alba Barbagianni LR MAMMIFERI Chiroptera* Barbastella barbastellus Barbastello EN Hypsugo savii Pipistrello di Savi LR Miniopterus schreibersi Miniottero LR Myotis alcathoe Vespertilio di Alcathoe - Myotis bechsteinii Vespertilio di Bechstein DD Myotis blythii Vespertilio minore - Myotis brandtii Vespertilio di Brandt DD Myotis capaccinii Vespertilio di Capaccini Myotis daubentonii Vespertilio di Daubenton VU Myotis mattereri Vespertilio di Natterer EN Myotis myotis Vespertilio maggiore VU Myotis mystacinus Vespertilio mustacchino VU Nyctalus leisleri Nottola di Leisler VU Nyctalus noctula Nottola comune VU Pipistrellus kuhlii Pipistrello albolimbato LR Plecotus auritus Orecchione comune LR Rhinolophus euryale Ferro di cavallo euriale Rhinolophus ferrumequinum Ferro di cavallo maggiore Rhinolophus hipposideros Ferro di cavallo minore Rhinolophus mehelyi Ferro di cavallo di Mehely - Tadarida teniotis Molosso di Cestoni Rodentia Dryomis nitedula aspromontis Driomio meridionale EN Eliomys quercinus dichrurus* Quercino italico VU Hystrix cristata* Istrice - Muscardinus avellanarius Moscardino VU Sciurus meridionalis Scoiattolo VU Carnivora Canis lupus* Lupo VU Capreolus capreolus italicus Capriolo italiano EN Felis silvestris silvestris* Gatto selvatico europeo VU Lutra lutra* Lontra CR Martes martes Martora LR Mustela putorius Puzzola DD CR = In pericolo critico DD = Carenza di informazioni EN = In pericolo LR = A più basso rischio VU = Vulnerabile

135 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 134 di 311 ALLEGATO F - FAUNA: ELENCO DI INVERTEBRATI IN DIRETTIVA 92/43/CEE PRESENTI NEL PARCO NAZ. DEL POLLINO ARTHROPODA Nome scientifico Nome comune CRUSTACEA Decapoda Austropotamobius pallipes Gambero di fiume HEXAPODA Coleoptera Buprestis splendens Bupestre splendida Carabus olympiae Cerambyx cerdo Carabo di Olimpia Cerambice delle quercie o Capricorno maggiore Cucujus cinnaberinus Graphoderus bilineatus Lucanus cervus Osmoderma italica* Rosalia alpina Cervo volante Eremita odoroso Rosalia alpina Lepidoptera Coenonympha oedippus Erebia christi Hyles hippophaes Lycaena dispar Maculinea teleius Melanargia arge Papilio alexanor Arge Alexanor Papilio hospiton Odonata Parnassius apollo Parnassius mnemosyne Prosperinus proserpinus Zerynthia polyxena Coenagrion mercuriale Coenagrion trinacriae Cordulegaster trinacriae Leucorrhinia Apollo Mnemosine Proserpina Zerinzia Agrion di Mercurio

136 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 135 di 311 pectoralis Lindenia tetraphylla Ophiogomphus cecilia Orthoptera Saga pedo Stregona dentellata ALLEGATO G- FAUNA: SPECIE ALLOCTONE DI MAMMIFERI ED UCCELLI Mammiferi Nome scientifico Nome comune Callosciurus finlaysonii Scoiattolo variabile Crocidura cossyrensis Crocidura di Pantelleria Crocidura russula Crocidura rossiccia Dama dama Daino Genetta genetta Genetta Herpetes edwardsii Mangusta grigia indiana Lepus capensis Lepre sarda Mus domesticus Topo domestico Mustela vison Visone americano Myocastor coypus Nutria Nyctereutes Cane procione procyonoides Ondatra zibethicus Ondata Oryctolagus cuniculus Coniglio selvatico Ovis musimon Muflone Rattus norvegicus Ratto delle chiaviche Rattus rattus Ratto nero Sciurus carolinensis Scoiattolo grigio Sylvilagus floridanus Silvilago Tamias sibiricus Tamia siberiano Uccelli Acridotheres tristis Maina comune Agapornis roseicollis Inseparabile facciarosa Agapornis taranta Inseparabile d Abissinia Agelaius phoeniceus Ittero alirosse Aix galericulata Anatra mandarina Aix sponsa Anatra sposa Alectoris barbara Pernice sarda Alectoris chukar Coturnice orientale Alopochen aegyptiacus Oca egiziana Amadina fasciata Golatagliata Amandava amandava Bengalino comune Amazona aestiva Amazzone fronte blu Anas americana Fischione americano Anas discors Marzaiola americana Anas falcata Anatra falcata Anser coerulescens Oca delle nevi Anser indicus Oca indiana Balearica pavonina Gru coronata

137 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 136 di 311 Bambasicula thoracica Branta canadensis Cacatua galerita Cacatua moluccensis Cahartes aura Cairina moschata Callipepla californica Carduelis ambigua Ciconia episcopus Colinus virginianus Columba guinea Corvus albus Coturnix coromandelica Coturnix japonica Cyanocorax chrysops Cyanopica cyanus Cygnus atratus Cygnus olor Dendrocita vagabunda Dendrocygna arcuata Dendrocygna bicolor Dendrocygna javanica Dendrocygna viduata Egretta gularis Estrilda astrild Estrilda troglodytes Eudocimus ruber Eudromia elegans Euplectes afer Euplectes franciscanus Euplectes nigroventris Euplectes orix Falco jugger Falco rusticolus Francolinus clappertoni Francolinus erckelii Francolinus francolinus Geophaps lophotes Gracula religiosa Junco hyemalis Lagonosticta senegala Lamprotornis purpureus Leiothrix lutea Leptoptilos dubius Lonchura malacca Lonchura punctulata Lonchura striata Lophura leucomelanos Meleagris gallopavo Melopsittacus undulatus Mycteria ibis Myiopsitta monachus Pernice dei bambù Oca del Canada Cacatua ciuffogiallo maggiore Cacatua delle Molucche Avvoltoio collorosso Anatra muta Colino della California Verdone dello Yunnan Cicogna collolanoso Colino della Virginia Colomba di Guinea Corvo bianconero Quaglia delle piogge Quaglia giapponese Ghiandaia occhidorati Gazza azzurra Cigno nero Cigno reale Gazza vagabonda Anatra fischiatrice vagabonda Anatra fischiatrice fulva Anatra fischiatrice indiana Anatra fischiatrice facciabianca Airone schistaceo Astrilde comune Astrilde becco di corallo Ibis scarlatto Martinetta dal ciuffo Vescovo dorato Vescovo arancio Vescovo rosso di Zanzibar Vescovo rosso Falco laggar Girfalco Francolino di Clapperton Francolino di Erckel Francolino Piccione alibronzate crestato Gracula religiosa Zigolo ardesia Amaranto becco rosso Storno splendente purpureo Usignolo del Giappone Marabù asiatico Cappuccini tricolore Domino Cappuccino groppone bianco Fagiano di Kalij Tacchino comune Parrocchetto ondulato Tantalo africano Parrocchetto monaco

138 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 137 di 311 Netta peposaca Numida meleargris Nymphicus hollandicus Oxyura jamaicensis Padda oryzivora Paradoxornis cfr. alphonsianus Paroaria coronata Pelecanus rufescens Penelope superficiliaris Perdicula asiatica Perdix dauurica Perisoreus infaustus Phasianus colchicus Phasianus versicolor Pheucticus ludovicianus Phoeniconaias minor Phoenicopterus chilensis Platalea ajaja Platalea alba Ploceus cucullatus Ploceus subaureus Poephila guttata Psittacula eupatria Psittacula krameri Psittacus erithacus Pterocles exustus Pycnonotus jocosus Quelea quelea Quiscalus quiscula Rhynchotus rufescens Serinus canaria Serinus leucopygius Serinus mozambicus Steganura paradisea Streptopelia roseogrisea Tadorna cana Threskiornis aethiopicus Turdus migratorius Turnix suscitator Fistione beccorosa Faraona comune Calopsitta Gobbo della Giamaica Padda Becco a cono Cardinale ciuffo rosso Pellicano rossiccio Penelope jacupemba Quaglia della giungla Starna asiatica Ghiandaia siberiana Fagiano comune Fagiano versicolare Beccogrosso pettorosa Fenicottero minore Fenicottero cileno Spatola rosa Spatola africana Gendarme Tessitore dorato Diamante mandarino Parrocchetto alessandrino Parrocchetto dal collare Pappagallo cenerino Grandule ventre castano Bulbul mustacchi rossi Quelea becco rosso Gracchio comune americano Pollo delle Pampas Canarino Verzellino groppone bianco Canarino del Mozambico Vedova paradisea Tortora domestica Casarca sudafricana Ibis sacro Tordo migratore Quaglia tridattila barrata

139 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 138 di Natura 2000 Le conoscenze acquisite negli ultimi anni nel campo dell ecologia e della biologia della conservazione hanno messo in evidenza come, per la tutela di habitat e specie, sia necessario operare in un ottica di rete di aree che rappresentino, con popolazioni vitali e superfici adeguate, tutte le specie e gli habitat tipici dell Europa, con le loro variabilità e diversità geografiche. Inoltre, la costituzione di una rete è finalizzata ad assicurare la continuità degli spostamenti migratori, dei flussi genetici delle varie specie ed a garantire la vitalità a lungo termine degli habitat naturali. A tal proposito, il Consiglio dei Ministri dell'unione Europea ha costituito un sistema coordinato e coerente di aree elette alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'unione stessa denominato Rete Natura 2000 al fine di individuare, classificare e tutelare una serie di habitat e specie animali e vegetali di particolare pregio naturalistico, sottoposte anche al pericolo di estinzione a causa del sistema delle interrelazioni antropiche - ambientali sul territorio dell Unione. Con Rete Natura 2000 si intende quindi costruire un sistema di aree strettamente relazionato dal punto di vista funzionale, anche se non sempre realmente collegate, e non un semplice assemblaggio di siti. Rete Natura 2000 attribuisce importanza non solo alle aree ad alta naturalità ma anche ai territori contigui, indispensabili per mettere in relazione aree divenute distanti spazialmente ma vicine per funzionalità ecologica ed a quelli che pur degradati possono tornare a livelli di maggiore complessità. In Italia, i SIC e le ZPS coprono complessivamente il 20% circa del territorio nazionale. All interno del territorio del Parco Nazionale del Pollino vengono applicate le norme di tutela di alcuni particolari habitat previsti dalla normativa comunitaria ed in particolare sono comprese all interno dello stesso territorio 38 aree SIC (15,7%) e 2 grandi aree ZPS come di seguito: ZPS 1) IT , Massiccio del Monte Pollino e Monte Alpi (versante lucano) 2) IT , Pollino e Orsomarso (versante calabro) SIC 1) IT , Bosco della Farneta 2) IT , Bosco Magnano 3) IT , Bosco Vaccarizzo 4) IT , Lago Duglia, Casino Toscano e Piana di S.Francesco 5) IT , La Falconara 6) IT , Madonna del Pollino Località Vacuarro 7) IT , Monte Alpi - Malboschetto di Latronico 8) IT , Monte La Spina, Monte Zaccana 9) IT , Serra di Crispo, Grande Porta del Pollino e Pietra Castello 10) IT , Timpa delle Murge 11) IT , Timpone della Capanna

140 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 139 di ) IT , Serra del Prete 13) IT , Pollinello-Dolcedorme 14) IT , Rupi del Monte Pollino 15) IT , Cima del Monte Pollino 16) IT , Cima del Monte Dolcedorme 17) IT , Valle Piana-Valle Cupa 18) IT , La Petrosa 19) IT , Timpone di Porace 20) IT , Stagno di Timpone di Porace 21) IT , Pozze Boccatore/Bellizzi 22) IT , Timpa di S.Lorenzo 23) IT , Serra delle Ciavole-Serra di Crispo 24) IT , Fagosa-Timpa dell'orso 25) IT , Il Lago (nella Fagosa) 26) IT , Pozze di Serra Scorsillo 27) IT , Gole del Raganello 28) IT , Monte Sparviere 29) IT , Fonte Cardillo 30) IT , Cozzo del Pellegrino 31) IT , Piano di Marco 32) IT , Valle del Fiume Argentino 33) IT , Valle del Fiume Lao 34) IT , Fiume Rosa 35) IT , Valle del Fiume Abatemarco 36) IT , La Montea 37) IT , Monte La Caccia 38) IT , Serrapodolo Le aree SIC coprono una superficie effettiva di circa ettari, pari al 14% del territorio del Parco Nazionale del Pollino. I comuni del Parco nel cui territorio ricadono le aree SIC sono 36 e sono elencati nella tabella 4.7. Nelle aree SIC localizzate nel territorio del Parco sono presenti 23 Habitat d interesse comunitario, di cui 11 prioritari (Tabella 4.8).

141 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 140 di 311 Tab Comuni del Parco interessati dalle aree SIC COMUNI Sup.totale Sup. rientrante nel Parco % sup. comunale nel Parco SIC 1 ALESSANDRIA DEL CARRETTO (CS) % 1 2 BELVEDERE MARITTIMO (CS) % 2 3 BUONVICINO (CS) % 2 4 CASTELLUCCIO INFERIORE (PZ) % 1 5 CASTELLUCCIO SUPERIORE (PZ) % 1 6 CASTELSARACENO (PZ) % 1 7 CASTROVILLARI (CS) % 7 8 CERCHIARA DI CALABRIA % 5 9 CHIAROMONTE (PZ) % 3 10 CIVITA (CS) % 4 11 FARDELLA (PZ) % 3 12 FRANCAVILLA IN SINNI (PZ) % 2 13 FRANCAVILLA MARITTIMA (CS) % 1 14 FRASCINETO (CS) % 1 15 GRISOLIA (CS) % 1 16 LAINO CASTELLO (CS) % 1 17 LATRONICO (PZ) % 1 18 LAURIA (PZ) % 1 19 LUNGRO (CS) % 1 20 MORANO CALABRO % 6 21 MORMANNO (CS) % 1 22 MOTTAFOLLONE (CS) % 3 23 NOEPOLI (PZ) % 1 24 ORSOMARSO (CS) % 3 25 PAPASIDERO (CS) % 2 26 ROTONDA (PZ) % 1 27 SAN COSTANTINO ALBANESE (PZ) % 1 28 SAN DONATO DI NINEA (CS) % 4 29 SAN LORENZO BELLIZZI (CS) % 3 30 SAN SEVERINO LUCANO (PZ) % 4 31 SAN SOSTI (CS) % 1 32 SANT AGATA DI ESARO (CS) % 3 33 SARACENA (CS) % 2 34 TERRANOVA DEL POLLINO (PZ) % 8 35 VERBICARO (CS) % 1 36 VIGGIANELLO (PZ) % 3

142 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 141 di 311 Tab. 4.8 Habitat d interesse comunitario presenti nel Parco Nazionale del Pollino Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition Formazioni a Juniperus communis su lande o prati calcicoli Matorral arborescenti di Juniperus spp * Matorral arborescenti di Laurus nobilis * Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici * Formazioni erbose calcicole rupicole o basofile dell'alysso-sedion albi Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine (*) Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee) * Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea * Sorgenti petrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion) Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica Pavimenti calcarei * Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion 16 91M0 Foreste pannonico-balcaniche di cerro e rovere 17 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba * Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex * Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia Foreste di Ilex aquifolium * Pinete (sub)mediterranee di pini neri endemici 23 95A0 Pinete oromediterranee di altitudine Habitat di interesse forestale Tra i 38 SIC inclusi nell area del Parco ben 28 contengono habitat forestali, questi ultimi in numero totale di 9, come di seguito riportati: * - Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex * - Faggeti degli Appennini con Abies alba Foreste di Quercus Ilex e Q.rotundifolia * - Foreste di versanti, ghiaioni valloni del Tilio-Acerion 5. 92A0 - Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba 6. 95A0 - Pinete oromediterranee di Pinus leucodermis Foreste di Ilex aquifolium 8. 91M0 - Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere * - Pinete (sub)mediterranee di pini neri endemici

143 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 142 di 311 Le tabelle 4.9, 4.10 e 4.11 riassumono gli habitat forestali presenti in ogni SIC ricadente, rispettivamente, in Basilicata ed in Calabria, ed in entrambe le Regioni. Una descrizione più dettagliata delle caratteristiche delle due ZPS e dei 38 SIC presenti nel territorio del Parco Nazionale del Pollino, comprensiva della lista delle specie d interesse comunitario e conservazionistico per ogni sito, è presente nel paragrafo Tab SIC ricadenti in Basilicata con habitat forestali n. BASILICATA codice Sup. total e Ha Sup.nel Parco Ha Cod. nome habitat 1 Bosco della Farneta IT M0 Foreste pannonico-balcaniche di cerro e rovere (100%) 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (40%) 2 Bosco Magnano IT Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion (20%) 91M0 Foreste pannonico-balcaniche di cerro e rovere (40%) 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (50%) 3 Madonna del Pollino Faggeti degli Appennini con Abies alba e IT Loc. Vacquarro faggeti con Abies nebrodensis (30%) 9180* Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion (10%) 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (50%) 4 Bosco Vaccarizzo IT Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (10%) 91M0 Foreste pannonico-balcaniche di cerro e rovere (40%) 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (80%) 5 Lago Duglia, Casino Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del IT Toscano Tilio-Acerion (10%) 9220* Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (10%) 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (35%) Monte Alpi, Foreste di Quercus ilex e Quercus Malboschetto di IT rotundifolia (10%) Latronico 95A0 Pinete oromediterranee di altitudine (10%) 91M0 Foreste pannonico-balcaniche di cerro e rovere(20%) 7 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex 9210 (45%) Monte La Spina - Monte IT A0 Pinete oromediterranee di altitudine (10%) Zaccana Foreste pannonico-balcaniche di cerro e 91M0 Serra di Crispo, Grande Porta del Pollino 9210 rovere (5%) Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (10%) 8 IT A0 Pinete oromediterranee di altitudine (40%) 9 Timpa delle Murge IT Foreste di Ilex aquifolium (30%)

144 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 143 di 311 Tab SIC ricadenti sia in Basilicata che in Calabria con habitat forestali Sup.n Sup. el n. BASILICATA-CALABRIA codice totale Cod. Parco Ha Ha 10 Timpone della Capanna 11 Serra delle Ciavole - Serra di Crispo 12 Fagosa-Timpa dell'orso 13 Monte Sparviere IT IT IT IT * (20%) M0 nome habitat Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (10%) Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (95%) Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion (10%) Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (20%) Foreste pannonico-balcaniche di cerro e rovere (40%) Tab SIC ricadenti in Calabria con habitat forestali n. CALABRIA codice Il Lago (nella Fagosa) Sup. totale Ha Sup.n el Parco Ha Cod. nome habitat 14 Pollinello 9210* Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (10%) IT Dolcedorme 95A0 Pinete oromediterranee di altitudine (20%) 15 Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio Acerion (40%) Valle Piana - Valle IT Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (40%) Cupa Pinete (sub)mediterranee di pini neri endemici# 9530* (20%) 16 Timpone di Porace IT Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (40%) 17 Stagno Timpone di Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba IT A0 Porace (20%) 9220 Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (30%) 18 IT Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (20%) Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba 92A0 (20%) 19 Gole del Raganello IT Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (20%) 20 Fonte Cardillo IT Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (90%) 9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (40%) 21 Piano di Marco IT Foreste pannonico-balcaniche di cerro e rovere 91M0 (50%) 9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (30%) 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (25%) 9180 Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio- Acerion (10%) 22 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba Valle del fiume 92A0 IT (10%) Argentino 23 Valle fiume Lao IT Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti 9220* con Abies nebrodensis (5%) 95A0 Pinete oromediterranee di altitudine+ (5%) 9530* 9340 Pinete (sub)mediterranee di pini neri endemici+ (10%) Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (40%)

145 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 144 di 311 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba 92A0 (30%) 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (60%) 9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (20%) 24 Fiume Rosa IT Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio Acerion (2%) Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba 92A0 (35%) 25 Valle del fiume 9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (20%) IT Abatemarco 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (20%) 9220 Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (10%) 26 La Montea IT A0 Pinete oromediterranee di altitudine (30%) 27 Monte la Caccia IT A0 Pinete oromediterranee di altitudine (15%) 9210 Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (80%) 28 Serrapodolo IT Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (10%) 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba (5%) TOTALE

146 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 145 di Sistema forestale La superficie forestale del Parco Nazionale del Pollino, assomma a ha di cui ha sono rappresentati da boschi e da aree coperte da vegetazione arbustiva e arborea in evoluzione. I dati sono derivati da Corine Land Cover 2000 IV livello. Per il versante lucano del Parco è stato possibile implementare tali dati con quelli della Carta Forestale della Regione Basilicata (2006). La superficie forestale risulta distribuita secondo la tabella seguente. Superficie forestale per comune COMUNI Superficie totale ha Superficie ricadente nel Parco ha Superficie nel Parco in % Superficie forestale nel Parco ha Coefficiente di boscosità 1 ACQUAFORMOSA (CS) % % 2 AIETA (CS) % % 3 ALESSANDRIA DEL CAR. (CS) % % 4 BELVEDERE MARITTIMO (CS) % % 5 BUONVICINO (CS) % % 6 CALVERA (PZ) % % 7 CARBONE (PZ) % % 8 CASTELLUCCIO INFERIORE (PZ) % % 9 CASTELLUCCIO SUPERIORE (PZ) % % 10 CASTELSARACENO (PZ) % % 11 CASTRONUOVO S.ANDREA (PZ) % % 12 CASTROVILLARI (CS) % % 13 CERCHIARA DI CALABRIA (CS) % % 14 CERSOSIMO (PZ) % % 15 CHIAROMONTE (PZ) % % 16 CIVITA (CS) % % 17 EPISCOPIA (PZ) % % 18 FARDELLA (PZ) % % 19 FRANCAVILLA IN SINNI (PZ) % % 20 FRANCAVILLA MARITTIMA (CS) % % 21 FRASCINETO (CS) % % 22 GRISOLIA (CS) % % 23 LAINO BORGO (CS) % % 24 LAINO CASTELLO (CS) % % 25 LATRONICO (PZ) % % 26 LAURIA (PZ) % % 27 LUNGRO (CS) % % 28 MAIERA (CS) % % 29 MORANO CALABRO (CS) % % 30 MORMANNO (CS) % % 31 MOTTAFOLLONE (CS) % % 32 NOEPOLI (PZ) % % 33 ORSOMARSO (CS) % %

147 ettari RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 146 di PAPASIDERO (CS) % % 35 PLATACI (CS) % % 36 PRAIA A MARE (CS) % % 37 ROTONDA (PZ) % % 38 SAN BASILE (CS) % 79 56% 39 SAN COSTANTINO ALB. (PZ) % % 40 SAN DONATO DI NINEA (CS) % % 41 SAN GINETO (CS) % % 42 SAN GIORGIO LUCANO (MT) % % 43 SAN LORENZO BELLIZZI (CS) % % 44 SAN PAOLO ALBANESE (PZ) % % 45 SAN SEVERINO LUCANO (PZ) % % 46 SAN SOSTI (CS) % % 47 SANT AGATA DI ESARO (CS) % % 48 SANTA DOMENICA TALAO (CS) % % 49 SARACENA (CS) % % 50 SENISE (PZ) % % 51 TEANA (PZ) % % 52 TERRANOVA DEL POLLINO (PZ) % % 53 TORTORA (CS) % % 54 VALSINNI (MT) % % 55 VERBICARO (CS) % % 56 VIGGIANELLO (PZ) % % % Superficie forestale per comune

148 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 147 di 311 Tipologie forestali L analisi delle diverse tipologie forestali evidenzia che le faggete col 39,6% della superficie ( ha) risultano essere la fisionomia prevalente nell area del Parco. Alle faggete seguono i boschi a composizione mista di latifoglie (orniello, carpino nero, carpino bianco, ontano napoletano, castagno e aceri) che con ha costituiscono il 36,5% della superficie boscata totale. Seguono i querceti la cui superficie è pari a ha (14,7% del totale) ed in misura molto minore le leccete con ha (5,1%) ed i rimboschimenti con ha (3,9%). Chiudono con una frazione molto limitata le formazioni ripariali con 240 ha (0,3%). Tipologie forestali prevalenti Faggeta La massima espressione del bosco montano del Pollino è la faggeta nelle sue varie articolazioni strutturali e biocenotiche. L area del Parco è luogo di alcune tra le più interessanti faggete dell'intero Appennino. Le faggete del Massiccio del Pollino Orsomarso, come del resto dell Appennino, mostrano, dal punto di vista fitosociologico, una propria peculiarità floristica che, nel diversificarli nettamente da quelli nord-appenninici e centro europei, li rende molto simili a quelli della penisola balcanica. Tale peculiarità floristica è descritta dai fitosociologi con l allenza denominata Geranio-Fagion. Nell ambito di questa alleanza è poi possibile distinguere due tipi di faggeta: una più termofila, faggeta ad agrifoglio (Aquifolium-fagetum) e l altra più mesofila, faggeta a campanula (Asyneumatifagetum) le quali sono accompagnate da un corredo di specie alquanto diverse. Il tipo di faggeta più frequente è la faggeta montana termofila (faggeta ad agrifoglio: Aquifoliofagetum). Si tratta della faggeta tipica dell Appennino meridionale, che si sviluppa in ambienti

149 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 148 di 311 caratterizzati da adeguata umidità atmosferica ed edafica, assicurata sia da buoni livelli di piovosità che da fenomeni di precipitazioni occulte fino ad altitudini di metri sul livello del mare. Verso l alto confina con la faggeta altomontana, in basso transita verso i querceti a foglia caduca. Le principali specie indicatrici di questo tipo forestale, relitti della flora terziaria, sono l agrifoglio (Ilex aquifolium), il tasso (Taxus baccata) e la dafne (Daphne laureola). Nei tratti in cui la copertura della faggeta è meno compatta compaiono anche altre latifoglie arboree quali: acero a foglie ottuse, acero di Lobelius, acero montano, acero riccio, olmo montano, tiglio platifillo, ontano napoletano, sorbo degli uccellatori, ecc. L attitudine del faggio a costituire formazioni chiuse fa si che lo sviluppo del sottobosco sia molto contenuto. Spessi strati di foglie morte formano il tappeto delle faggete. Al risveglio primaverile la faggeta si veste di un tipica flora nemorale tra cui spicca l'anemone (Anemone apennina), la Scilla (Scilla bifolia) ecc. E una formazione caratterizzata da un sottobosco a volte molto fitto costituito quasi esclusivamente da agrifoglio (Ilex aquifolium) e da altre specie caratteristiche come Rubus glandulosus, Viola (Viola reichenbachiana), Aglio odoroso (Galium odoratum), Lamium flexuosum ecc In questa associazione troviamo il Tasso (Taxus baccata) che insieme all agrifoglio è specie relitta. Interessante presenza botanica delle faggete del Parco è l Acero del Lobel (Acer lobelii), specie endemica, vicariante dell appennino meridionale dell acero riccio (Acer platanoides). Il Tenore cita questo Acero, nel suo Viaggio sul Pollino: gareggia con i faggi per le sue non comuni dimensioni. Ma oggi si incontrano molto di rado e, per lo più, di modeste dimensioni. In generale le faggete termofile, la formazione forestale più diffusa nel territorio del Parco soprattutto nel settore occidentale, sono costitute da soprassuoli dominati da Fagus sylvatica, a cui possono associarsi, alle quote più basse e nelle zone aperte l Alnus cordata oppure il Quercus cerris (come ad esempio nel Bosco Magnano, presso San Severino Lucano). Sono anche presenti casi in cui la faggeta scende notevolmente di quota, come nella Valle del Fiume Argentino, dove si abbassa alla quota di 400 m s.l.m. formando consorzi misti con Ostrya carpinifolia, Acer neapolitanum, Fraxinus ornus, Acer lobelii e Tilia platyphyllos. Lo strato arboreo inferiore e arbustivo è caratterizzato dalla presenza di Corylus avellana, Taxus baccata, Ilex aquifolium con strato erbaceo caratterizzato dalla presenza di sempreverdi a carattere non mediterraneo (Daphne laureola, Euphorbia amygdaloides) e da una aliquota di flora in comune con le formazioni forestali delle quote più basse (Melica uniflora, Potentilla micrantha, Hepatica nobilis, Anemone apennina, Corydalis cava, Sanicula europaea). E interessante evidenziare come in certe faggete (zona di Monte Alpi e di San Severino Lucano) l Ilex aquifolium è molto abbondante tanto da permanere dopo il taglio del bosco e svilupparsi in fitti popolamenti anche di grossa taglia. Tipica delle stazioni più elevate, ove costituisce il limite della vegetazione forestale, è invece la faggeta altomontana (faggeta a campanula: Asyneumati-fagetum).

150 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 149 di 311 Specie guida di tale associazione è la Campanula tricocalicina (Asyneumati trichocalycina) seguita da Lampone (Rubus idaeus), Stellina Odorosa (Galium odoratum), Calaminta (Calaminta grandiflora), Lamio (Lamium flexuosum), Nido d uccello (Neottia nidus-avis) ecc Tipo di faggeta fredda, spesso vegeta in situazioni ambientali difficili, su suoli poveri e superfici scoscese, a partire da 1500 metri fino al limite della vegetazione arborea. Nelle aree sommitali la faggeta si presenta in formazione serrata, con individui di altezza modesta e, in prossimità di zone culminali, assume caratteri particolarissimi, ad habitus cespuglioso e contorto. Il limite degli alberi (tree line), che costituisce un ecotono di grande interesse naturalistico e scientifico, tra l altro poco studiato sul nostro Appennino, è ampiamente presente sul territorio del parco con ben cinque vette che superano i 2000 metri di quota. La presenza del pino loricato (Pinus leucodermis) ai margini delle faggete sommitali le rende particolarmente rilevanti da un punto di vista fitogeografico. In un recente passato, l'antropizzazione deve aver favorito non poco la diffusione di questo pino xerofilo a discapito della faggeta, come ci viene testimoniato dalla presenza di vecchissimi pini oramai decrepiti circondati da "pseudo cedui" originatisi in seguito al morso continuo del pascolo. Ora che la pastorizia è in declino anche su queste montagne il faggio sta ricacciando il pino nelle aree più acclivi ed a suolo più degradato. Questo fenomeno è particolarmente visibile sulla Serra Dolcedorme (2271 m) e nell'area di Serra Crispo (2053 m) e Serra delle Ciavole (2127 m). Il fenomeno ha avuto termine con le utilizzazioni effettuate negli anni '40 e '50, quando vennero tagliate le faggete di Serra Crispo e dove si possono ancora vedere le malinconiche riserve svettare sui pascoli; l'isolamento improvviso delle riserve ha determinato la formazione dei tanto discussi "faggi corazzati", piuttosto diffusi nello spazio compreso tra il Timpone Canocchiello e la Serra Crispo. Come sempre, tali tagli vennero effettuati secondo un taglio raso con riserve (rilasciando sempre le peggiori), prescindendo le diverse tipologie forestali che si andavano ad intaccare; sicché, nel caso delle faggeto-abetine, si ebbe una diffusa regressione dell'abete a vantaggio del faggio. Inoltre, la diffusa rinnovazione agamica del faggio provocò una gigantesca conversione a ceduo di centinaia di ettari di preesistente fustaia, con la conseguente eliminazione definitiva dell'abete da tali consorzi. Se si pensa poi che al momento delle utilizzazioni nei limitrofi pascoli stazionavano per circa 5-6 mesi l'anno circa capi di bestiame, è facile immaginare le conseguenze di tale pressione sull'ecosistema forestale. Salvatosi da secoli di azioni di intensa pressione antropica, il pino loricato è stato utilizzato in passato alla stessa stregua delle sottostanti formazioni miste di faggio ed abete. Anche sul Pollino le utilizzazioni forestali si spinsero, a dispetto della nomenclatura vigente, fin sulle creste più elevate già in periodi oramai molto lontani. Infatti, il "Giardino degli Dei" porta i segni indelebili dei tagli "borbonici" e conserva anche buona parte delle ceppaie dei pini tagliati nel periodo Soprattutto su questa cima montuosa si esprime appieno quanto detto in precedenza, ovvero che il faggio giungesse, nei secoli trascorsi, fin sulle vette più alte, ammantandole interamente o quasi.

151 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 150 di 311 L'attuale tendenza ad una leggera riespansione della faggeta sta facendo vacillare la diffusione del pino il quale, spesso, rimane accerchiato da spesse coltri di faggeta, come attorno al Piano Toscano, dove enormi pini di circa 400 anni. Sul versante settentrionale della Serra Dolcedorme ed in particolare sopra il Piano di Acquafredda il portamento cespuglioso della faggeta è da imputare a vecchi tagli a raso effettuati oltre cento anni addietro. Infatti, pochi metri ad occidente, nella "Fossa del Lupo", ci sono grosse riserve di faggio colonnari disperse nel "forteto" che convalidano tale ipotesi. Lo stesso discorso vale per le digitazioni del M. Pollino (2248 m) e della Serra del Prete (2187 m). Su vecchie fotografie, risalenti agli anni '40 e '50, è possibile osservare ancora l'esistenza di vecchie piante in deperimento o secche, dal portamento nettamente arboreo, laddove oggigiorno la faggeta riesce a malapena a raggiungere i 3-4 metri di statura. Osservando i versanti della Serra del Prete si nota che sono interamente ricoperti di faggio, con sporadici abeti sopra i Piani del Vacquarro, governato a fustaia su tutti i versanti. La faggeta è coetanea e sul versante settentrionale è decisamente più vigorosa che non su quello meridionale. Anche la fisionomia e l'età sono diverse: più giovane sui versanti occidentale (sopra Piani di Ruggio), orientale (sopra il Colle del Gaudolino) e meridionale, più matura su quello settentrionale. Il limite superiore è bizzarro in quanto il faggio giunge più in alto a nord che non a sud nonostante questo versante sia decisamente meno acclive. I pini loricati sono in numero davvero esiguo, perlopiù localizzati sulle creste settentrionali. Qualche chilometro più ad oriente è presente un consorzio misto di faggio ed abete di Terranova del Pollino che presenta ancora gli effetti deleteri dei tagli iniziati agli inizi del Novecento. Tracce ancora indelebili di decauville, sotto forma di trincee nei ripidi pendii e traversine lasciate a marcire in loco, testimoniano oltre venti anni di tagli massicci. La specie più utilizzata fu il prezioso abete, del quale furono rilasciate grosse riserve che hanno raggiunto dimensioni considerevoli. Grossi giganti cariati di oltre duecento anni di vita svettano ancora sopra deboli perticaie mai diradate sopra Cugno Ruggiero, S. Francesco, Cugno Cumone ed Acqua Tremola. Spostandosi sul versante meridionale del massiccio del Pollino si osserva che gli incendi hanno avuto ragione di molte faggete ed il loro spazio è stato occupato dai Pini nero e loricato ma anche e più massicciamente da formazioni secondarie di Orniello (Fraxinus ornus L.) e Carpino nero (Ostrya carpinifolia). Soprattutto sulla Manfriana il bosco si è ridotto di molto, lasciando scoperte ampie superfici destinate a pascolo; qui la faggeta si è ritirata al di sopra dei m. Il versante calabro del massiccio del Pollino si apre a meridione con la vasta piana di Campotenese che colma lo spazio compreso tra il gruppo del Pollino e quello cosiddetto dei "Monti di Orsomarso". Una plaga disboscata tanti secoli fa e probabilmente occupata da faggete e formazioni miste di querce ed Ontano napoletano (Alnus cordata): quest ultima specie si rivela nei settori montani del territorio del Pollino pronta ad occupare tutte le nicchie messe a disposizione da interventi antropici devastatori.

152 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 151 di 311 Dalla strada che porta ai Monti di Orsomarso, attraverso uno splendido piano, quello di Novacco, racchiuso tra i monti Palanuda (1635 m) e Timpone della Magara (1701 m) si osservano belle faggete monofitiche, coprono ancora gran parte dei versanti di questi monti in cui all inizio del secolo erano ancora presenti giganteschi abeti, probabilmente monumentali riserve rilasciate dai forestali borbonici nel secolo precedente. Già allora era iniziata l'opera di intensa utilizzazione delle foreste dell'orsomarso, con decauville, decine di teleferiche ed enorme dispiegamento di mezzi di tutti i generi. Oggigiorno, l'abete è ridotto a soli tre esemplari adulti situati nella faggeta demaniale di Tavolara. Probabilmente, già i Borboni effettuarono interventi di disboscamento su questi monti, come si evince dall'osservare le grosse riserve isolate nei prati del Campo d'annibale, ad oriente de La Mula (1931 m s.l.m.). In molti altri luoghi le ditte boschive hanno annullato le tracce delle passate utilizzazioni effettuate seguendo il criterio della legge forestale del In quest area intorno agli anni cinquanta furono realizzate intense ed estese utilizzazioni forestali che interessarono pressoché l'intero massiccio, non risparmiando nessun tratto di bosco, neppure i più difficili da raggiungere. Il metodo fu quello del taglio raso con riserve comprendendo il taglio totale delle riserve rilasciate agli inizi del Novecento. Abetina-Faggeta Una variante della faggeta, sia di quella ad agrifoglio che a campanula, è l Abetina-Faggeta (Abieti fagetum) caratterizzata dalla presenza dell'abete bianco (Abies alba). Il bosco misto di Abete-Faggio, un tempo molto più diffuso su tutto l'appennino, considerata una formazione climax, è oggi largamente relitta. Secondo il Susmel gli attuali boschi appenninici di Faggio e Cerro, in maggior parte puri, sono principalmente il risultato di modificazioni fisionomiche, floristiche e provvigionali indotte dall uomo sin da epoche storiche assai remote La rarefazione dell Abete o la sua scomparsa in molte stazioni dell Appennino sembra sia avvenuta negli ultimi 1-4 secoli. Sempre secondo questo Autore la causa principale di tale regressione è imputabile, principalmente, a cause antropiche E invero del tutto plausibile e spesso storicamente provato, che per la sua insostituibilità nell Appennino, come fonte di legname da costruzioni edilizie e navali, l Abete sia stato in ogni tempo fra i più ricercati. In effetti gli interventi selvicolturali in formazioni miste, se non ben calibrati, spesso favoriscono la specie a maggiore potere di propagazione. Nel caso delle abetine-faggete del Parco del Pollino il taglio ha certamente favorito il faggio e rispetto all Abete bianco molto meno reattivo alle modifiche ecologiche indotte dal taglio. Reattività dipendente dalla lentezza di accrescimento e sviluppo nelle fasi iniziali della vita dell Abete bianco.

153 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 152 di 311 Le più consistenti formazioni di questo tipo si trovano e sul massiccio del Pollino in Comune di Terranova e San Severino Lucano dove si possono ancora osservare esemplari di mole notevole come quello in Località Piano di S. Francesco di S. Severino Lucano di circa 30 metri di altezza e di oltre un metro di diametro a 1,3 m da terra, uno dei patriarchi arborei del Parco. Altro importante bosco relitto di faggio-abete è il bosco Vaccarizzo in Comune di Carbone. L Abete bianco, che ha sicuramente conosciuto nel corso del tempo una riduzione del suo areale locale dovuta al taglio preferenziale rispetto al faggio, date le caratteristiche tecnologiche del materiale legnoso, è presente soprattutto nel versante nord-orientale del massiccio del Pollino e più precisamente sotto la Serra di Crispo (2053 m s.l.m.) nelle contrade di Cugno dell Acero, Cugno Ruggero, Cugno Comune, Acqua Tremola, Piana di S. Francesco e Bosco Iannace. Questo territorio si estende per 2395 ettari e risulta importante ai fini della conservazione dei boschi relitti di Abete bianco presenti nell Appennino centro meridionale. E caratterizzato dalla consociazione forestale abieti-fagetum con la presenza di altre specie forestali di interesse comunitario come l Acero di Lobelius (Acer lobelii), il pungitopo (Ruscus aculeatus) e un orchidacea l Epipactis purpurata. L abete trova, in questo sito, condizioni ottimali per rinnovarsi e per crescere: sono presenti infatti esemplari vetusti di grandi dimensioni e numerosi nuclei di rinnovazione che conferiscono all area il significato di ridiffusione dell abete bianco per l areale dell Appennino centro meridionale. Nuclei minori si trovano a Monte Caramola e sul versante occidentale della Serra del Prete, nonché lungo il Torrente Frido, sotto il Timpone Canocchiello (1885 m s.l.m.). Allo stato attuale sul Massiccio del Pollino l abete vegeta da 1000 ad oltre i 1800 m di altezza. Degno di nota appare il contatto tra l abete bianco ed il pino loricato, sotto la Serra di Crispo, unico esempio in Italia di bosco montano misto di faggio, abete bianco e pino loricato, a carattere squisitamente balcanico. Testimonianze di una passata presenza dell abete le abbiamo nei contrafforti del massiccio, alla Serra dell Abete e le testimonianze del Tenore e del Longo per il Monte Grattaculo (1890 m s.l.m.) ed il Vallone Zaperna, nei pressi della Piana di Ruggio, sul versante occidentale; in quest ultima località sono ancora presenti piante aduggiate. Anche nella faggeta che ricopre il versante settentrionale del Dolcedorme (2271 m s.l.m.), fino agli inizi del 900, erano presenti sporadici esemplari di abete, nei pendii sopra il Piano del Pollino. Lo stato attuale delle faggete è alquanto disforme e risente ancora fortemente degli interventi subiti nel corso degli ultimi due secoli. Osservando il versante lucano del Parco, si incontrano dapprima le faggete del Monte Alpi ( 1900 m s. l. m) ove è visibile la differenza strutturale esistente tra la parte bassa della faggeta sgomberata e la porzione più elevata ancora ingombra di faggi secolari. Infatti, la parte più elevata di questi boschi è stata intensamente martoriata dal bestiame pascolante, facendogli assumere la fisionomia di una "faggeta sommitale". L'abete manca, ma ci sono fondati motivi per credere che ce ne fosse in passato. Un pascolo estremamente incontrollato ha notevolmente compresso il faggio entro limiti altitudinali non corrispondenti alle sue esigenze ecologiche, sicché sul

154 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 153 di 311 versante settentrionale questa pianta si interrompe in massa a 1400 m per lasciare il posto a pascoli degradati e boscaglie di carpino nero (Ostrya carpinifolia) ed ontano napoletano (Alnus cordata. Il versante calabro del massiccio ospita solamente pochi individui sopra il Casino Toscano a 1650 m s.l.m. Un altro nucleo, di importanza quasi storica, si trova sul versante settentrionale del Monte Sparviere (1713 m s.l.m.) e sul Timpone di Neviere, tra i 1100 ed i 1650 m s.l.m. Sui Monti di Orsomarso l abete è ridotto a poche vecchie piante nell alta valle del Fiume Argentino (Fiumarella di Rossale) e sotto il Timpone Scifarello, a m s.l.m., con attiva rinnovazione nella faggeta e nella lecceta sottostante. Altre giovani piante sono presenti nel Vallone di Pietra Intendente, alle falde della Mula (1935 m s.l.m.). Interessanti le testimonianze dei locali che ricordano piante d abete sul Cozzo Pellegrino e sulla Mula, prima dei tagli di inizio 900. Queste formazioni miste di faggio e abete bianco risentono di interferenze di origine antropica che, già nel passato, hanno contribuito a minare l equilibrio raggiunto. Utilizzazioni irrazionali, tagli selettivi a carico prevalentemente dell abete bianco, pascolo intenso, incendi, hanno favorito l indebolimento dei soggetti predisposti ad attacchi parassitari, ostacolando la rinnovazione. Di conseguenza queste formazioni miste di faggio ed abete bianco presentano irregolarità strutturali con abbondanza di piante mature e stramature ed un equilibrio interspecifico falsato. Inoltre, pregresse ceduazioni, spesso irrazionali, hanno determinato la coesistenza di polloni misti a semenzali che nell insieme costituiscono una formazione così densa da inibire la rinnovazione. Querceti Caratteristici della morfologia collinare e pedemontana sono i querceti a Quercus cerris prevalente, a volte misto con Quercus frainetto e Quercus pubescens nelle zone più calde, con Fagus sylvatica e Ostrya carpinifolia intorno alle quote m s.l.m. Potenzialmente estesi sui territori a morfologia collinare e substrato argilloso, arenaceo e flyshoide del medio corso dei grandi fiumi, i querceti sono stati decimati in questo secolo per l utilizzo del legname e per far spazio a superfici agricole coltivate a cereali. A questa riduzione delle superfici boscate su substrati costituiti dal flysh eocenico vanno attribuite le cause principali del diffuso dissesto idrogeologico delle porzioni basali del Massiccio del Pollino. Suggestive testimonianze della presenza del bosco negli ambienti agricoli sono i vecchi, enormi alberi, soprattutto di roverella (Quercus pubescens) e cerri (Quercus cerris) che ancora si incontrano in mezzo ai campi. In particolare, l azione antropica ha contribuito alla rarefazione ed alla degradazione dei boschi di roverella (Quercus pubescens). Infatti tali boschi sono praticamente assenti nell area del Parco e la fascia di contatto tra i boschi di sclerofille mediterranee e la faggeta è occupata prevalentemente dai boschi di cerro e dai boschi misti. Le poche formazioni presenti sono delle boscaglie ceduate polispecifiche con bassi valori di copertura (70%), dominate da Quercus pubescens s.l, con la partecipazione di Quercus cerris, Fraxinus ornus, Ostrya carpinifolia, Acer obtusatum, A. campestre,

155 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 154 di 311 A. monspessulanum, Alnus cordata, Carpinus orientalis, su substrati poco profondi, su versanti con esposizione prevalentemente meridionale. Questi cedui si presentano sovente con aspetti di degradazione ed impoverimento, dovuti ad una prolungata e tuttora attiva pratica della ceduazione non sempre effettuata con criteri razionali. Più spesso costituiscono gli aspetti iniziali o stadi di ricostituzione della foresta dominata da cerro o cerro e farnetto, in cui è presente un abbondante strato arbustivo costituito da elementi caratteristici dei cespuglietti quali Spartium junceum, Coronilla emerus, Prunus spinosa, Crategus spp e nelle cenosi più termofile Juniperus phonicea (ad esempio, Bosco di Santa Venere, a Nord Est di Civita). Nell ambito dei querceti risultano avere una discreta diffusione e rilievo due particolari tipologie: Boschi dominati da Quercus cerris Boschi dominati da Quercus cerris e Quercus frainetto a) Boschi dominati da Cerro I boschi dominati dal cerro (Quercus cerris) del territorio del Pollino si estendono dagli m s.l. m.. entrando in contatto e compenetrandosi, al loro limite superiore, con la faggeta, specialmente su substrati con matrici marnose-argillose. Sotto l aspetto colturale, eco-biologico e produttivo si notano in questi boschi situazioni alquanto diverse per densità, struttura, composizione e grado di mescolanza con altre specie, capacità di accrescimento, danni da pascolo, stato della rinnovazione naturale che vanno attentamente studiate e valutate in previsione di eventuali interventi di riordino colturale. Un bell esempio di fustaia coetanea, in condizioni satzionali di elezione per la specie, è la cerreta di Malboschetto sul versante esposto a sud del Monte Alpi presso Latronico. Nello strato arbustivo prevalgono Crataegus monogyna, Euonymeu europaeus ed alcuni elementi termofili quali Ruscus aculeatus e Cytisus villosus. Di un certo rilevo è la presenza di Ilex aquifolium. Le specie più frequenti nello strato erbaceo sono Scutellaria columnae, Clinopodium vulgare, Cyclamen hederifolium, Ptilostemon strictus e Digitalis micrantha. Alle quote maggiori e a contatto con il faggio, le formazioni generalmente governate fustaie (il più delle volte si tratta di fustaie transitorie di origine agamica) ospitano altre specie arboree quali Fagus sylvatica presentando un sottobosco di foresta temperata decidua e faggete miste a Taxus - Ilex (Daphne laureola, Physospermum verticillatum, Aremonia agrimonioides, Brachypodium sylvaticum, Festuca heterophylla, Luzula forsteri, Anemone apennina, Poa nemoralis, Geum urbanum). Esempi di fustaie in zone più termofile sono quelle localizzate presso Plataci, dove insieme al cerro si trovano, nello strato arboreo, Acer campestre, Acer obtusatum e Fraxinus ornus. Laddove il suolo è decisamente argilloso e il microclima locale ha caratteri più spiccatamente serici, insieme al cerro compaiono isolati o gruppi individui di roverella (Quercus pubescens), di dimensioni anche considerevoli, ma la loro presenza non è mai così massiccia da influenzare la composizione della cerreta. E opportuno rilevare che la roverella è stata in questi ambienti mantenuta e protetta

156 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 155 di 311 dall uomo, perché produce una ghianda dolce più appetita dai maiali di quelle del cerro. In queste aree il ceduo composto è la forma di governo prevalente, anche se in molte zone l invecchiamento del soprassuolo ha portato naturalmente ad una fustaia transitoria. In generale l aspetto del ceduo composto si riscontra spesso quando nei popolamenti sono state tagliate piante immature e ancora dotate di facoltà pollonifera, onde coesistono generazioni di polloni e di piante nate da seme. Tutte le cerrete sono soggette ad un pascolo più o meno intenso che ne condiziona la struttura, la densità, la rinnovazione e, in particolare, la rinnovazione. Questo condizionamento è minore nei boschi demaniali, mentre diventa a volte distruttivo nelle cerrete di proprietà privata. Infatti, molto spesso si osservano cerrete degradate, molto rade e in alcuni casi si può parlare di boscaglie a Quercus cerris prevalente, generalmente prossime a vie di comunicazione e abitati e quindi irrazionalmente utilizzate e sottoposte ad un carico eccessivo di pascolo. b) Boschi dominati da Cerro e Farnetto Si tratta di cenosi forestali governate a fustaia o a ceduo matricinato, dominati da Quercus cerris e Q. frainetto, localizzati a quote non superiori ai 1300 m s.l.m., come ad esempio i boschi situati tra Noepoli e Plataci, nella parte orientale del Parco. E una formazione forestale analoga alla precedente, con strato erbaceo a carattere più esplicitamente submediterraneo (Asparagus acutifolius, Silene italica, Geranium sanguineum, Buglossoides purpureo-coerulea) o submediterraneo-subatlantico (Ruscus aculeatus). Un esempio di fustaia di farnetto e cerro, in cui le piante dominanti raggiungono altezze di 25 m e diametri a 1,30 m fino ai 70 cm, è situata il località Bosco Capillo, presso S.Paolo Albanese. Nello strato arboreo dominato si rinvengono Sorbus domestica, Malus sylvestris, Acer campestre e Alnus cordata. In quello arbustivo prevalgono Crataegus monogyna, Rosa canina, Rubus ulmifolius e Ruscus aculeatus. Nello strato erbaceo le specie più frequenti sono Scutellaria columnae, Clinopodium vulgare, Cyclament hederifolium e Lathyrus venetus. Composizione floristica analoga presenta il bosco presso Plataci, pur essendo un ceduo composto. In altri casi la formazione si differenzia per l assenza di Quercus cerris e la presenza di Quercus pubescens e Castanea sativa nello strato arboreo e di Ilex aquifolium, Erica arborea e Cytisus villosus in quello arbustivo. E il caso del Bosco Farneta, presso Noepoli, in cui l erica e il citiso, specie tipiche della lecceta, esprimono il carattere più termofilo di questo bosco, probabilmente dovuto alla quota minore a cui si trova: 800 metri rispetto ai 1200 m s.l.m. dei due citati precedentemente. Un esempio tipico di bosco di Farnetto allo stato puro è riscontrabile nel comune di Castronuovo Sant andrea. Si tratta del complesso forestale comunale con Piano di assestamento vigente. Boschi di latifoglie miste Si tratta di formazioni, prevalentemente localizzate nella fascia dei boschi mesofili (da 500 a 1000 m s.l.m.), caratterizzate dalla presenza, nello strato arboreo, di diverse specie di latifoglie quali roverella

157 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 156 di 311 (Quercus pubescens), orniello (Fraxinus ornus), carpino nero (Ostrya carpinifolia), ontano napoletano (Alnus cordata), castagno (Castanea sativa), cerro (Quercus cerris) e gli aceri, in cui a seconda delle caratteristiche ecologiche della stazione alcune specie possono risultare dominanti su altre. Nelle zone alle quote minori, su suoli meno evoluti e con roccia affiorante nello strato arboreo può anche essere presente il leccio (Quercus ilex). Fra gli arbusti prevalgono Crataegus monogyna, Cornus sanguinea, Coronilla emerus. Nello strato erbaceo si riscontrano frequentemente Daphne laureola, Buglussoides purpurocaerulea, Primula vulgaris, Helleborus foetidus, Ptilostemon strictus, Dorycnium hirsutum e Vinca minor. Porzioni significative di questa fisionomia si riscontrano tra Lauria e Castellucio (in località La Foresta), al Timpone del Vaccaio, tra Piano di Novacco e Saracena. Nella Valle del Fiume Argentino, presso Brancato, a Madula, tra Saracena e Piano di Novacco e alla Madonna del Pettoruto, presso S. Sosti la presenza del leccio diviene rilevante. Si tratta in genere di soprassuoli governati a ceduo, sia semplice che matricinato, con copertura, densità, altezza dello strato arboreo variabili in funzione delle caratteristiche stazionali e delle passate forme di utilizzazione e gestione. In zone particolari (forre, aree agricole marginali, presso alcuni fontanili) è possibile osservare limitate porzioni ad alto fusto con età superiore ai 50 anni. Come evidenziato a proposito dei querceti di roverella, che costituiscono un aspetto più termofilo e alterato dalle utilizzazioni antropiche di questa fisionomia, in questi cedui è spesso evidente un abbandono delle pratiche colturali e l ingresso delle specie più esigenti (se risulta diminuito il carico del pascolo). Secondo le prescrizioni di massima, per i cedui di latifoglie miste i turni minimi da osservare e il numero minimo delle matricine da riservare sono assimilabili a quelli dei querceti. Boschi di Ontano Di modesta estensione sono le ontanete di ontano napoletano, specie endemica dell Appennino meridionale, presenti nel territorio del Pollino (Alnus cordata) dove vive lungo i corsi d acqua, lungo i pendii detritici su terreni permeabili e con sufficiente falda acquifera e, come accade frequentemente nel territorio del Parco, alla base delle faggete a causa della maggiore freschezza del suolo nella parte basale dei pendii e degli avvallamenti. Si tratta di una specie molto frugale, con spiccate attitudine pioniera e di rapido accrescimento e viene perciò attivamente utilizzata nei rimboschimenti per il consolidamento delle frane. Forma popolamenti puri (un esempio è il bosco in località Piano di Lanzo, presso S. Donato di Ninea) o caratterizzati dalla dominanza di ontano nero (corso del Fiume Argentino a quote comprese fra 200 e 500 m s.l.m.), mentre più diffusa è la presenza della specie in consorzi misti prevalentemente con Quercus cerris e talvolta Quercus pubescens. Infatti, in molte zone dell Italia meridionale l ontano napoletano entra anche nella costituzione di formazione non riparie. Tali boschi che si sviluppano

158 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 157 di 311 preferibilmente su terreni freschi, profondi e dotati di buona fertilità, a quote piuttosto elevate, tra i 900 e i 1300 m s.l.m., in stazioni esposte a est e a nord su morfologie appianate, su dolci ondulazioni e sulle conche a modesta pendenza lontane dalle aree pascolive, entrano in contatto con la faggeta. Spesso, infatti, si trovano individui di Fagus sylvatica nello strato arboreo. Frequentemente si trova nei castagneti da frutto abbandonati e la sua presenza viene interpretata come uno stadio di evoluzione verso cenosi climax di altre latifoglie. Alcune specie che rientrano nel corteggio floristico sono Daphne laureola, Fragaria vesca, Polystichun setiferum e Ranunculus lanuginosus. Altri esempi di popolamenti governati ad alto fusto, puri, densi, con età compresa trai 120 ed i 140 anni e di buona vigoria vegetativa sono presenti ai margini della pista forestale che congiunge Alessandria del Carretto al Monte Sparviere (1587 m s.l.m.) con una quota media di vegetazione di 1335 m s.l.m. (il campo di variazione altitudinale risulta compreso tra i 1090 m s.l.m. di Cropane Matteo e i 1510 m s.l.m. di Tacca Peppini) che risulta essere la più alta tra le stazione della specie nell Italia meridionale (Avolio, 1998). Boschi di Castagno Questa specie, a cui è stata lungamente legata l economia di vasti strati di popolazione montane, ha una diffusa espansione nel versante calabro del territorio del Pollino e in genere risulta essere presente su tutta l area del Parco a causa dell importanza svolta nel passato della coltivazione del castagno. Anticamente, infatti, il castagno (Castanea sativa) veniva coltivato prevalentemente ad alto fusto con le tecniche tipiche della castanicoltura da frutto, estendendone e conservandone su ampie superfici la coltura, oltrepassando largamente i limiti ecologici della specie, in quanto il frutto, oltre a costituire una elevata fonte di reddito, veniva ampliamente utilizzato come alimento. Dall ultimo dopoguerra ad oggi i boschi di castagno hanno subito diverse vicissitudini per cui sono pochi i castagneti da frutto ancora curati per la produzione del frutto. Infatti, molti di questi castagneti sono stati convertiti a ceduo o abbandonati. I motivi, in sintesi, possono ricondursi: alla trasformazione dell economia delle popolazioni montane, che ha determinato un profondo cambiamento ed una rapida evoluzione nel regime alimentare, per cui il frutto ha perso gradatamente il suo originario valore e peso nell alimentazione trovando impiego prevalentemente nell industria dolciaria; all elevata richiesta, intorno agli anni 50, di legno di castagno da parte dell industria degli estratti tannici dal legno, che peraltro, successivamente, doveva subire un grave tracollo; al pericolo della scomparsa della specie a causa di patologie come il cancro corticale e il mal dell inchiostro che hanno eliminato e indebolito molte piante; all esodo delle popolazioni della montagna, per cui i castagneti da frutto abbandonati hanno subito e subiscono un lento ed irreversibile, allo stato attuale, processo di degradazione dovuta anche alla progressiva diminuzione della manodopera;

159 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 158 di 311 nel reddito sempre più basso derivante dai castagneti che, privati degli interventi colturali necessari a qualificare la produzione e a resistere meglio alle avversità, subiscono una notevole contrazione della produzione, e dalla eccessiva frammentazione della proprietà fondiaria che non assicura una adeguata remuneratività alla coltura. Questa lunga fase recessiva ha provocato negli ultimi anni profondi cambiamenti nell uso e nella destinazione delle superfici castanicole, determinando in particolare: l abbandono da anni di molti castagneti da frutto che versano attualmente in un notevole stato di degrado biologico e colturale. Anche la coltivazione di quelli più facilmente accessibili e limitrofi ai centri abitati risulta per lo più sommaria limitandosi alla ripulitura del sottobosco e alla raccolta delle castagne. Le principali operazioni colturali (potature e innesti) sono state quasi del tutto abbandonate e le piante lasciate al loro invecchiamento naturale; l eliminazione degli impianti vecchi e deperienti con trasformazione in un altro tipo di coltura forestale e/o agraria; l arresto nella creazione di nuovi frutteti di castagno; la conversione a ceduo ad elevata produzione di legno di molti castagneti da frutto degradati ed abbandonati; il recupero delle specie dei querceti mesofili e dei boschi misti, che tendono a ricolonizzare i castagneti in abbandono con i quali sono in contatto. Accanto al castagno si rinvengono Acer obtusatum, Quercus cerris, Fraxinus ornus, Alnus cordata, Sorbus torminalis e nelle stazione alle quote maggiori Fagus selvatica. Fra gli arbusti si rinvengono Cornus sanguinea e Crataegus monogyna. Nello strato erbaceo, oltre a Pteridium aquilinum, specie acidofila stabilmente associata al castagno, sono presenti Lathyrus venetus, Vinca minor e Digitalis micrantha. Le superfici a castagno risultano particolarmente diffuse nei comuni di S. Donato di Ninea (localita Serra Cerasia, Madonna.delle Grazie prevalentemente castagneti da frutto mentre in località Perara cedui), S.Agata d Esaro, Fagnano Castello, Malvito, Mottafollone, Mormanno, Lungo, Saracena, Laino Borgo, Acquaformosa, S. Lorenzo Bellizzi, Grisolia, S.Costantino Albanese (localita Curtureto) con dei cedui, nel versante calabro del massiccio del Pollino mentre nel versante lucano risultano più limitate e prevalentemente localizzate nel territorio del Lagonegrese. Per quanto riguarda i cedui castanili questi a dispetto dei castagneti da frutto si presentano generalmente in buone condizioni di vegetazione e produttività. Se, infatti, i mutamenti economici e sociali degli ultimi 50 anni hanno radicalmente modificato le gestione agricola e forestale dei territori montani, determinando l abbandono colturale o il cambiamento di forma di governo di ampie aree a ceduo, hanno invece provocato prima un aumento della superficie dei popolamenti cedui di castagno (per il progressivo abbandono e conversione dei castagneti da frutto, anche a causa di patologie come il cancro corticale e il mal dell inchiostro a cui il ceduo è più resistente) e hanno determinato poi un effetto ritardato ed attenuato su questi soprassuoli, per la loro elevata produttività e rapidità di

160 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 159 di 311 accrescimento, per la qualità e diversità degli assortimenti legnosi prodotti e per la flessibilità dei cicli produttivi. Le paline di castagno sono rimaste quindi generalmente attive anche se importanti mutamenti di mercato (contrazione delle richieste di paleria minuta, di pali telegrafici, etc.) hanno determinato il progressivo assottigliamento delle rese economiche della gestione tradizionale (cedui a turno breve). In questo quadro, l allungamento del turno, l abbandono colturale nelle aree marginali, i tentativi di superamento del governo a ceduo si sono diffusi anche nell area del castagno con l obiettivo di limitare i costi di gestione, diversificare la produzione ed, in rari casi, aumentarne la qualità. Nella pratica la gestione relativamente facile e poco onerosa del ceduo castanile, la rapidità di accrescimento, longitudinale e diametrica, dei polloni che permette una notevole produttività consente nell area del Pollino al proprietario, sia privato che pubblico, di attendere gli introiti di fine turno, senza sostenere grosse spese di anticipazione e cioè di limitare pertanto le operazioni colturali alla ripulitura del cespugliame infestante attorno alle ceppaie da abbattere, nonché qualche intervento intercalare di dirado per lo più nelle zone in cui l operazione risulta economicamente conveniente. Altre formazioni naturali di latifoglie Nell ambito della categoria dei boschi misti sono state inserite anche delle formazioni di specie secondarie di minore estensione ma di elevato valore naturalistico. Tra le cenosi di particolare rilievo si può citare una formazione, localizzata nel versante orientale del Monte Sparviere ad una quota compresa tra i 1100 e 1400 m s.l.m., con una estensione di circa 55 ha in cui sono presenti tutte le specie di acero della flora forestale italiana: acero montano (Acer pseudoplatanus), acero di Lobelius (Acer lobelii), acero riccio (Acer platanoides), acero napoletano (Acer neapolitanum), acero opalo (Acer opulifolium), acero d Ungheria (Acer obtusatum), acero campestre (Acer campestre), acero minore (Acer monspessulanum). Il soprassuolo è costituito per lo più da una fustaia di età compresa tra gli 80 e i 120 anni, con densità e fertilità variabile, in cui la specie dominante risulta essere l acero montano (Acer pseudoplatanus), con buona partecipazione di acero di Lobelius (Acer lobelii), acero napoletano (Acer neapolitanum) e acero riccio (Acer platanoides) e il soprassuolo accessorio risulta relativamente scarso, costituito da piante,isolate o a piccoli gruppi, di latifoglie quali ontano napoletano (Alnus cordata), frassino maggiore (Fraxinus excelsior), agrifoglio (Ilex aquifolium), olmo campestre (Ulmus campestris) che meglio degli aceri tollerano l aduggiamento. Il sottobosco arbustivo e/o erbaceo, spesso molto denso, ostacola o impedisce la rinnovazione naturale degli aceri (Avolio, 1998). Tale complesso costituisce un ambito di elevata importanza forestale, botanica, fitogeografia, storica e culturale ed andrebbe gestito e tutelato con particolare riguardo.

161 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 160 di 311 Boschi dominati da leccio I boschi dominati da leccio (Quercus ilex) sono diffusi principalmente sui crinali e sui ripidi versanti esposti a sud nel settore periferico a Sud e a Est del Massiccio del Pollino e ad altitudini variabili, a seconda dell esposizione, dai fino ai m s.l.m.; in particolari situazioni a quest ultime quote entrano in contatto con il faggio (Valle del Fiume Argentino) e in certi casi popolazioni di lecci raggiungono e superano le quote intorno ai 1400 m s.l.m. Si tratta di cenosi caratterizzate dalla dominanza di leccio (Quercus ilex), al quale si associa costantemente, ma in modo subordinato Fraxinus ornus. A seconda delle condizioni stazionali altre latifoglie decidue possono diventare più abbondanti ed in particolare Ostrya carpinifolia, Quercus pubescens, Acer obtusatum, che possono diventare prevalenti nelle situazioni di forre umide poco soggette a disturbo antropico. Nello strato arbustivo del sottobosco prevalgono Phillyrea latifoglia, Ruscus aculeatus, Arbutus unedo, Viburnum tinus, Coronilla emerus, nonché Smilax aspera, Rubia peregrina fra le liane. Nello strato erbaceo le specie più frequenti sono Cyclament hederifolium e Asplenium onopteris. Si tratta in genere di boschi cedui semplici con altezza media compresa tra i 5 ed i 10 m e diametri tra i 5 e i 20 cm, in cui spesso sono presenti esemplari di alto fusto di età molto avanzata, che venivano e vengono utilizzati dalle popolazioni locali, come ad esempio la lecceta situata sul versante orientale della valle del Fiume Lao, presso Papasidero o quella presente nella valle del Fiume Argentino e nei dintorni di S. Giorgio Lucano. Leccete ben conservate sono quelle che si trovano nella zona a monte di Civita (estremità sud-est del massiccio del Pollino), sul versante orientale di Monte Moschereto e Monte Zingomano, in località Colle la Ciuca, Piano di Ilice e Sacchitello. A volte si tratta di soprassuoli che si presentano in non buone condizioni vegetative e di produttività e in certi casi assai degradati (ad esempio sul versante meridionale del Monte Pollino e di Serra Dolcedorme). Spesso si riscontrano piccoli gruppi di piante di grosse dimensioni ma in genere la copertura può essere molto rada o con aspetto di macchia densa. Quest ultimo tipo di popolamento a macchia mediterranea può aver valore di comunità durevoli nei territori ove vengono a contatto con quelli che possono essere considerati i nuclei primari di suffruticeti mediterranei e Ampelodesmeti (settore occidentale del Parco). La gestione di queste formazioni è stata nel corso dei secoli molto irregolare causando forti impatti sui soprassuoli presenti. Le cause di degrado di questi soprassuoli possono imputarsi principalmente ai turni bassi adottati, ai trattamenti non corretti applicati, alla carenza di interventi selvicolturali, all eccessivo carico di pascolo, al frequente passaggio del fuoco. Gli effetti dell azione antropica ha però in qualche caso influito positivamente sui rapporti fra le specie sempreverdi e quelle caducifoglie delle formazioni a prevalenza di leccio. Infatti, l attuale elevato gradi di biodiversità di diverse leccete invecchiate miste con specie caducifoglie è spiegabile anche con il fatto che il precedente governo a ceduo a turno di anni e la diminuzione del carico di

162 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 161 di 311 bestiame pascolante possono aver favorito l ingresso delle specie eliofile, rappresentato da un lato dalle caducifoglie (precedentemente accantonate nelle depressioni umide o nelle posizioni più elevate e fresche) e, dall altro, costituito dagli alberelli sempreverdi e dalle specie pioniere precedentemente insediate nelle aree a terreno scadente della lecceta stessa. Formazioni di conifere naturali ed artificiali I popolamenti di pino loricato (Pinus leucodermis) rappresentano la caratteristica vegetazionale più peculiare del Parco Nazionale del Pollino, entro i cui limiti ricade l intero areale italiano di questa specie. La distribuzione geografica del pino loricato nell ambito del Parco si presenta discontinua e frazionata in popolamenti più o meno estesi e può essere ricondotta a quattro nuclei distinti di vegetazione: il gruppo Alpi-Spina-Zàccanà, il gruppo del Pollino, il gruppo Palanuda-Pellegrino e il gruppo Montèa. Per quanto concerne la sua ecologia, il pino loricato è specie montana che vegeta in stazioni rupestri assai scoscese ma anche nei pianori del valloni d alta quota più protetti dal vento e dalla neve, con predilezione per le esposizioni calde dei quadranti ovest e sud-ovest, su suoli, litosuoli e rocce calcaree e/o dolomitiche di ere geologiche diverse e in una fascia altitudinale assai ampia compresa tra i: 530 m s.l.m in località Golfo della Serra nella Valle del Fiume Argentino e i 2240 m s.l.m. sull Anticima Nord di Serra Dolcedorme (Avolio, 1998). Infatti, è possibile riscontrare il pino loricato in tre piani di vegetazione: nel submontano, nel montano inferiore e nel montano superiore. Nelle porzioni più elevate primo, è presente con formazioni sparse e/o frazionate in aree poco estese (massimo 2-3 ettari) con uno stato vegetativo buono e dimostrando una buona capacità di adattamento al piano dell alta macchia mediterranea. Nel piano montano inferiore, invece si trovano le migliori formazioni di pino loricato, che preferisce le esposizioni calde dei quadranti ovest e sud-ovest. Su Monte La Spina e sulla Montèa esistono buoni soprassuoli anche nei versanti freddi di nord e nord-est. Il piano montano superiore comprende la parte più elevata dei monti e corrisponde al margine delle formazioni chiuse di faggio e aperte di pino loricato. Mano a mano che si sale di quota verso le vette, le formazioni forestali diventano più aperte e rade, con maggiore presenza del pino loricato, che diventa esclusivo e si spinge fino alla quota di m s.l.m. sull anticima Nord di Serra Dolcedorme. In questo piano mostra il suo spiccato pionierismo, manifestando una notevole resistenza alla rigidità del clima d altitudine, forte adattabilità a condizioni edafiche per lo più ingrate, colonizzando attivamente i ghiaioni in via di consolidamento e i substrati più o meno instabili, inoltre, mostra una buona attitudine a ricostituire aree boscate su superfici percorse dal fuoco su tutta la sua area di presenza. Molto spesso gli esemplari adulti sono abbarbicati alle rupi più impervie, dalle quali erompono con portamento a bandiera. In generale non forma tipici popolamenti forestali ma è presente con alberi isolati o a gruppi, di età spesso anche molto elevata ( anni) di grosse dimensioni sia diametriche che di altezza (nel

163 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 162 di 311 gruppo dei Giganti del Palanuda la pianta più grossa presenta una circonferenza di 380 cm e altezza di 32,5 m), con fusti e chiome contorte situati sulle pareti rocciose e sulle creste esposte che conferiscono all ambiente effetti paesaggistici di straordinaria bellezza che giustamente hanno fatto assurgere il pino loricato a simbolo del Parco. Laddove è presente con gruppi consistenti, forma soprassuoli pressoché puri, coetanei, con età e a densità e grado di copertura variabile, a profilo ondulato, con un solo piano principale, di buona vigoria vegetativa, con fusti diritti e discreti accrescimenti longitudinali. La rinnovazione è abbondante, generalmente a gruppi su piccole aree, continua e affermata, tanto che la specie tende ad ampliare marginalmente la propria area e a discendere verso il basso e a penetrare nelle formazioni forestali presenti alle quote inferiori. Il pino nero del Parco del Pollino rappresenta uno dei nuclei disgiunti della grande specie Pinus nigra s.l., conservatisi oggi lungo la dorsale appenninica nel Parco Nazionale d Abruzzo, sui Monti Picentini, sul Pollino e sulla Sila, resti di una passata ben più vasta diffusione della specie. Inoltre, queste formazioni vegetano su suoli di derivazione calcarea, costituendo un ecotipo edafico di notevole interesse e assumendo pertanto il significato non solo di relitto di epoche climatiche pregresse, ma anche una valenza di estrema importanza dal punto di vista della conservazione di un genoma esclusivo, e del suo significato di testimonianza nella ricostruzione della storia del popolamento vegetale dell Appennino meridionale. Popolazioni di Pinus nigra autoctone sono presenti sul Monte la Spina, sulle pendici sommitali più acclivi in esposizione meridionale del gruppo Pollinello-Serra Dolcedorme, sui Monti di Orsomarso (Timpone Vaccaio, Valle Serrapotolo, Valle del Fiume Argentino, Scardiello e Timpone Fornelli), al Monte Faghitello e sui due gruppi montuosi del Palanuda Pellegrino e della Montea. Queste popolazioni possono trovarsi sia sugli stessi siti che ospitano popolazioni di pino loricato, dove il pino nero però mostra una minor attitudine alla localizzazione culminale rispetto al suo congenere, e quindi maggior capacità di opporsi alla esclusione competitiva da parte sia della faggeta che del bosco misto, di cui resti più o meno diradati ricoprono in modo discontinuo parte di queste pendici. Altrimenti forma complessi boscati a copertura variabile in cui ospita all interno specie sia dei boschi misti (Ostrya carpinifolia, Fraxinus ornus, Acer obtusatum e a volte Quercus ilex). Fra gli arbusti prevalgono Chamaecytisus spinescens, Cytisus sessilifolius, Cistus incana e Scabiosa crenata che formano, insieme a Thymus striatus, una gariga bassa sotto le chiome dei pini neri. Nello strato erbaceo le specie più frequenti sono Helianthemun canum, H. apenninum e Fumana procumbens, ma non mancano specie tipiche della praterie di altitudine come Seslera tenuifolia, Carex kitaibeliana e Avenula praetutiana. Per quanto riguarda le specie legnose messe a dimora prevalentemente negli anni '50 e '60 risultano utilizzate nella porzione medio-alta del Massiccio del Pollino principalmente il pino loricato (Pinus leucodermis) ed il pino nero (Pinus nigra s.l.), mentre il pino domestico (Pinus pinea), il pino

164 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 163 di 311 d Aleppo (Pinus halepensis) sono state impiegate in quella medio-bassa. Sono inoltre segnalati coniferamenti di boschi di latifoglie realizzati impiegando pino nero, abete bianco (Abies alba) e douglasia (Pseudotsuga menziesii) (come ad esempio, nella Riserva dell'argentino). Non mancano, inoltre, esempi di piccoli impianti realizzati con latifoglie autoctone varie (castagno, cerro, farnetto, ornello, ontano napoletano, frassino maggiore, acero montano, etc.), messe a dimora con o senza conifere allo scopo di interromperne la continuità e di costituire boschi misti. Per quanto riguarda il pino nero, l entità utilizzata è in prevalenza attribuibile alla ssp. austriaca o si tratta di ecotipi della grande specie Pinus nigra Arnold di provenienza ignota. Per le pinete di pini mediterranei, realizzate fino ad una quota di m s.l.m., gli impianti sono stati realizzati sia con la tecnica descritta in precedenza oppure per semina diretta sul terreno preventivamente lavorato a gradoni con interdistanza di 3-4 m, impiegando quantitativi di seme superiori alle effettive necessità. I soprassuoli così realizzati svolgono una elevata funzionalità protettiva. Per molti di essi comunque è necessario, per raggiungere in tempi brevi una maggiore stabilità bioecologica del sistema bosco, realizzare i tagli di diradamento. Infatti, tali pinete, per quanto non altamente produttive sotto l aspetto del materiale legnoso, vanno salvaguardate e migliorate selvicolturalmente, regolarizzandone i parametri di densità, struttura e composizione, per il loro significativo valore naturalistico,per l importanza che svolgono nella protezione e conservazione del suolo, per diminuire il rischio di incendio, per favorire il reinserimento della flora arborea indigena. In generale si può affermare che nella maggior parte delle formazioni di conifere di origine artificiale, sia nei popolamenti giunti allo stadio evolutivo di perticaia che adulti, non si riscontrano né utilizzazioni né interventi colturali. In particolare, la realizzazione di questi ultimi sarebbe auspicabile in maniera tale da aumentare la stabilità bioecologica del sistema bosco, migliorarli qualitativamente e renderli più resistenti alle avversità meteroriche, parassitarie e agli incendi. Vegetazione ripariale Lungo le rive dei corsi d'acqua sono presenti dei consorzi ripariali ad andamento pressocchè lineare, subparallelo agli alvei con struttura prevalentemente di boscaglia in quanto gli elementi arborei (Alnus glutinosa, Salix alba, Populus nigra, P. alba) sono anche alti m, ma la larghezza della superficie occupata dalla vegetazione è in genere molto ristretta e raramente ci si trova di fronte a vere e propri boschi o gallerie. Un caso discretamente esteso di bosco ripario è presente lungo il fiume Sinni, presso Senise, dove le specie arboree citate raggiungono i 20 metri di altezza. Nello strato arbustivo sono presenti Salix purpurea, S. eleagnos, Corylus avellana, Corpus sanguinea, Crataegus monogyna e Sambucus nigra. Nello strato erbaceo sono presenti Eupatorium cannabinum, Carex pendula, Apium nodiflorum, Equisetum arvense con presenza di lianose quali Humulus lupulus e Clematis vitalba. In genere, quindi si tratta di fitte boscaglie dominate da specie del genere Salix, in cui sono presenti in forma arbustiva e arborea Alnus glutinosa, Salix alba, Populus nigra, P. alba e il corteggio floristico

165 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 164 di 311 erbaceo è sostanzialmente la stessa indicata in precedenza con l aggiunta di Holoshoenus australis, Menhta aquatica, Typha latifolia e Salix caprea. Questa vegetazione è tipica dei principali corsi d acqua del Pollino: il fiume Argentino (in cui è presente anche Alnus cordata), il fiume Lao, il torrente Raganello e il torrente Frido. In generale si può affermare che se lungo le rive la vegetazione forma una copertura densa anche a distribuzione spesso discontinua a causa della irregolarità morfologica delle scarpate d'alveo, sulla superficie dell alveo è molto più aperta, con valori di copertura intorno al 10%. RISERVE NATURALI ORIENTATE, STATALI, FORESTE REGIONALI Riserva Naturale Orientata VALLE DEL FIUME LAO istituita con D.M. n.423 del 21 luglio 1987 Comune di Papasidero (CS), superficie 5200 ettari Gestione: fino al 1994 ex ASFD di Cosenza e dal 1994 Ente Parco Nazionale del Pollino Riserva Naturale Orientata VALE DEL FIUME ARGENTINO istituita con D.M. n. 425 del 21 luglio 1987 Comune di Orsomarso (CS), superficie 3998 ettari Gestione: Ufficio Territoriale per la biodiversità del C.F.S. di Cosenza Riserva Naturale Orientata GOLE DEL RAGANELLO istituita con D.M. n. 424 del 21 luglio 1987 Comune di San Lorenzo Bellizzi (CS), superficie 1600 ettari Gestione: Ufficio Territoriale per la biodiversità del C.F.S. di Cosenza Riserva Naturale Statale RUBBIO istituita con D.M. n. 423 del 21 luglio 1987 Comune di Francavilla in Sinni (PZ), superficie 211 ettari Gestione: Ufficio Territoriale per la biodiversità del C.F.S. di Potenza Foresta Demaniale Regionale MAGRIZZI CIELEAGRESTE Comuni di Carbone e Calvera (PZ), superficie 487 ettari Gestione: Regione Basilicata Foreste Demaniali Regionali - Regione Calabria Comuni di Verbicaro, Orsomarso, San Donato di Ninea e Saracena, Sup ettari Gestione: AFOR

166 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 165 di 311 Stato della pianificazione forestale La pianificazione forestale nel Parco consta di soli 13 piani di assestamento approvati (11 di proprietà pubblica e 2 privati) per un totale di superficie assestata pari a 9300 ettari. COMUNI DECENNIO DI VALIDITA SUPERFICIE HA 1 CASTRONUOVO SANT ANDREA (PZ) CERSOSIMO (PZ) FARDELLA (PZ) FRANCAVILLA SUL SINNI (PZ) LATRONICO (PZ) NOEPOLI (PZ) ROTONDA (PZ) SAN COSTANTINO ALBANESE (PZ) SAN SEVERINO LUCANO (PZ) FORESTE REGIONALI, RISERVE 10 FORESTA REGIONALE MAGRIZZI- CIELEAGRESTE (Comuni di Calvera e Castronuovo) RISERVA STATALE RUBBIO Comune di Francavilla sul Sinni (PZ) 211 PRIVATI 12 PROPRIETA BONAFINE Com. Viggianello (PZ) PROPRIETA PALOMBARO Com. Viggianello (PZ)

167 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 166 di Pedologia Il lavoro di analisi dei Suoli ricadenti nel territorio del Parco Nazionale del Pollino è stato svolto sulla base delle carte tematiche esistenti. In dettaglio lo studio ha consentito la catalogazione dei suoli in relazione a: caratteristiche pedologiche: o carta degli ambiti pedologici o carta delle potenzialità agroambientali o carta della vulnerabilità dei suoli caratteristiche agronomiche o uso del suolo o carta degli agroecosistemi o carta delle vocazioni colturali Caratteristiche pedologiche In base al materiale bibliografico disponibile, è stato effettuato l inquadramento pedopaesaggistico del territorio del Parco del Pollino. La divisione in unità pedopaesaggistiche è stata effettuata secondo i seguenti criteri: prevedibile omogeneità delle caratteristiche dei suoli, sia in relazione alle formazioni geologiche che alla posizione clivometrica ed altimetrica; unitarietà per quanto riguarda la posizione orografica. In base a successive attività di foto interpretazione, ed alla elaborazione dei rilievi, con i dati a disposizione è stata redatta la carte degli Ambiti Pedologici e le due carte derivate: carta delle Potenzialità agro-ambientali carta della Vulnerabilità dei suoli Carta degli Ambiti Pedologici. Fornisce una descrizione delle singole unità del pedopaesaggio proprie del territorio del Parco del Pollino. Sono state distinte 13 unità del pedopaesaggio, di seguito elencate in ordine alla fascia altimetrica dominante cui appartengono da nord a sud: S) Zona pedemontana del bacino del F. Sinni (Chiaromonte) N) Colline interne di Rotonda (bacino del F. Mercure) T) Altipiani centrali (Campo Tenese e bacino di Frascineto) C) Zona pedemontana del bacino del F. Crati (Francavilla) E) Fascia altocollinare-collinare centrale (Episcopia) V) Altocolline argilloso-marnose centrali (S. Severino-Mezzana)

168 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 167 di 311 F) Altocolline marnoso-arenacee ioniche (Alessandria-Plataci) O) Fascia collinare-altocollinare metamorfosata tirrenica (Orsomarso, Verbicaro) R) Fascia montano-altocollinare centrale (Mormanno) G) Complesso montano-altocollinare tirrenico di Mt. Ciagola-Mt. Gada A) Complesso montano-altocollinare di Mt. Alpi P) Dorsale calcarea centrale (Mt. Pollino) M) Dorsale dolomitica centrale (Mt. Scifarello, C.le del Pellegrino) Di seguito si riporta, la suddivisione del territorio del Parco in relazione ai diversi ambiti pedologici con la relativa descrizione del suolo secondo la World Reference Base for Soil Resources - W.R.B. 1998, con la relativa superficie espressa in ettari.

169 Complesso montano-altocollinare tirrenico di Mt. Ciagola-Mt. Gada Altocolline marnoso-arenacee ioniche (Alessandria - Plataci) Fascia altocollinare-collinare centrale (Episcopia) Zona pedemontana del bacino del F. Crati (Francavilla) Complesso montanoaltocollinare di Mt. Alpi RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 168 di 311 ZONA SIGLA DESCRIZIONE AMBITO PEDOLOGICO CARATTERISTICHE DEI SUOLI ETTARI A1 Unità CUPONE; suoli delle altocolline e montagne arenaceo-calcaree eoceniche del complesso di Mt. Alpi. C1a Unità SENISE_4; suoli dei fondovalle dell Olocene. C1b C2 E1a E1b E2a E2b E3a E3b F1 F2 F3 G1 G2 G3 Unità FRASCINETO_1; suoli delle superficie dei terrazzi alti del Pleistocene. Unità CASTELLUCCIO_3; suoli delle colline conglomeratico-sabbiose pleistoceniche. Unità CASTELLUCCIO_5; suoli dei pendii delle altocolline conglomeratiche pleistoceniche della fascia altocollare-collinare centrale. Unità EPISCOPIA; suoli delle depressioni dei rilievi conglomeratici pleistocenici della fascia altocollinarecollinare centrale. Unità CAPPELLINA_1; suoli delle altocolline-colline argilloso-marnose ondulate del Secondario, della fascia altocollinare-collinare centrale, con inclusioni conglomeratiche, ignee e dolomitiche. Unità SEVERINO_1; suoli delle altocolline-colline argilloso-marnose ripide del Secondario, fascia altocollinare-collinare centrale, con inclusioni conglomeratiche, ignee e dolomitiche. Unità NANDINIELLO; suoli delle altocolline ignee basiche di epoca indefinita della fascia altocollinarecollinare centrale. Unità ROTALUPA; suoli delle altocolline ignee acide di epoca indefinita della fascia altocollinarecollinare centrale. Unità FRANCAVILLA_2; suoli delle colline e altocolline argilloso-marnose del Secondario della zona ionica. Unità VALSINNI_3; suoli delle altocolline arenaceomarnose del Terziario e del Secondario della zona ionica. Unità SERRA_1; suoli delle altocolline calcaree del Secondario della zona ionica. Unità AVENA_2; suoli delle colline e altocolline marnoso-argillose di epoca indefinita della zona tirrenica. Unità FUSARO_3; suoli dei pendii e delle depressioni delle altocolline e montagne dolomitiche del Secondario della zona tirrenica. Unità SERRA_3; suoli delle altocolline e montagne calcaree del Secondario e del Terziario dellazona tirrenica. Pietrosi a tessitura fine, profondità molto scarsa su substrato di arenarie, reazione neutra o subacida, pendenze da moderatamente ripide a molto ripide, drenaggio rapido (Calcari-Lithic Leptosols e Eutri-Epileptic Cambisols) Tessitura medio-grossa, localmente pietrosi, profondità media su substrato ghiaioso-sabbioso, calcarei, pianeggianti, drenaggio mediocre, presenza di falda (Calcaric Fluvisols) Molto pietrosi a tessitura medio-fine, profondità scarsa e media su substrato ghiaioso, calcarei o a reazione subacida, subpianeggianti, drenaggio buono, presenza di paleosuoli sulle cime (Calcari-Episkeletic Regosols e Eutri-Endoskeletic Cambisols) Pietrosi a tessitura media, profondità media o scarsa su substrato conglomeratico, spesso decalcificati e subacidi in superficie, pendenze da moderatamente a molto ripide, drenaggio rapido, frequente presenza di paleosuoli sulle cime (Endoskeleti-Eutric Cambisols e Episkeleti-Calcaric Regosols) Pietrosi a tessitura media, profondità media o scarsa su substrato conglomeratico, spesso decalcificati e subacidi in superficie, pendenze da moderatamente ad estremamente ripide, drenaggio rapido, rara presenza di paleosuoli sulle cime (Endoskeleti-Eutric Cambisols e Episkeleti-Calcaric Regosols) Pietrosi a tessitura media, profondi o a profondità media su substrato conglomeratico, spesso decalcificati e subacidi in superficie, lievemente inclinate e inclinate,, in drenaggio buono (Endoskeleti-Calcaric Cambisols e Eutric Cambisols) Tessitura fine, talvolta leggermente pietrosi, profondità media su substrato di argilloscisti, reazione neutra, pendenze inclinate e moderatamente ripide, drenaggio buono (Eutri-Paraleptic Regosols e Verti-Paraleptic Cambisols) Pietrosi a tessitura medio-fine, profondità scarsa su substrato di marne e argilloscisti, talvolta roccia vulcanica basica, reazione neutra, pendenze moderatamente ripide e ripide, drenaggio moderatamente rapido (Eutri-Paraleptic Regosols e Eutro-Lithic Leptosols) Pietrosi a tessitura medio-fine, profondità media su substrato di serpentine e diabase, reazione subacida, pendenze ripide e molto ripide, drenaggio rapido (Eutric Leptosols) Pietrosi a tessitura medio-grossa, profondità molto scarsa su substrato granitico, reazione acida, pendenze molto ripide ed estremamente ripide, drenaggio rapido (Dystri-Lithic Leptosols e Dystric Leptosols) Più o meno pietrosi a tessitura medio-fine, profondità media su substrato di argilloscisti e marne, calcarei, pendenze inclinate e moderatamente ripide, drenaggio moderatamente rapido (Calcari-Paraleptic Regosols e Calcari-Paraleptic Cambisols) Pietrosi a tessitura medio-fine, profondità scarsa su substrato di flysch, reazione neutra, pendenze ripide e molto ripide, drenaggio rapido (Eutri-Epileptic Regosols e Eutri-Lithic Leptosols) Pietrosi a tessitura fine, profondità molto scarsa su substrato calcareo, reazione neutra o subacida, pendenze estremamente ripide, drenaggio rapido (Eutri-Lithic Leptosols e Rendzi-Lithic Leptosols) Leggermente pietrosi a tessitura media, profondità media su substrato marnoso-argilloso, reazione neutra, pendenze inclinate e moderatamente ripide, drenaggio moderatamente rapido (Eutric Leptosols e Eutric Cambisols) Pietrosi a tessitura media, profondità scarsa su substrato dolomitico, reazione neutra o subacida, pendenze da inclinate a ripide, drenaggio moderatamente rapido (Eutric Leptosols e Molli-Paralithic Leptosols) Pietrosi a tessitura fine, profondità molto scarsa, raramente media, su substrato di roccia calcarea, reazione neutra o subacida, pendenze da ripide ad estremamente ripide, drenaggio rapido (Eutri-Lithic Leptosols & Rendzi-Lithic Leptosols, raramente Chromi- Endoleptic Cambisols) 4.814,45 367,07 244,19 872, ,95 108, ,75 26, , , , , ,95 444, , ,86

170 Fascia montano-altocollinare centrale (Mormanno) Dorsale calcarea centrale (Mt. Pollino) Fascia collinare-altocollinare metamorfosata tirrenica (Orsomarso, Verbicaro) Colline interne di Rotonda (bacino del F. Mercure) Dorsale dolomitica centrale (Mt. Scifarello, C.le del Pellegrino) RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 169 di 311 ZONA SIGLA DESCRIZIONE AMBITO PEDOLOGICO CARATTERISTICHE DEI SUOLI ETTARI Tessitura media e medio-fine, profondità media su Unità BARBALONGA_2; suoli delle colline argillose substrato argilloso e marnoso, calcarei, pendenze M1a del Terziario e del Quaternario della dorsale dolomitica centrale. moderatamente ripide e ripide, drenaggio moderatamente rapido (Calcari-Paraleptic Regosols e Calcari-Paraleptic Cambisols) 385,38 Pietrosi a tessitura media, profondità media o scarsa su M1b substrato conglomeratico, spesso decalcificati e subacidi Unità CASTELLUCCIO_6; suoli delle colline in superficie, pendenze da moderatamente ad conglomeratiche del Terziario e del Quaternario della estremamente ripide, drenaggio rapido, rara presenza di dorsale dolomitica centrale. paleosuoli sulle cime (Endoskeleti-Eutric Cambisols e Episkeleti-Calcaric Regosols) 221,88 M2 M3a Unità ACQUAFORMOSA; suoli delle colline e altocolline scistose del Secondario della dorsale dolomitica centrale. Unità FUSARO_5; suoli dei pendii delle montagne dolomitiche del Secondario della dorsale dolomitica centrale. Pietrosi a tessitura medio-fine molto plastica, profondità molto scarsa e scarsa su substrato di filladi, reazione acida, pendenze da moderatamente ripide a molto ripide, drenaggio rapido (Dystric Leptosols e Dystri-Endoleptic Cambisols) Pietrosi a tessitura media, profondità scarsa su substrato dolomitico, reazione neutra o subacida, pendenze da moderatamente ripide a molto ripide, drenaggio rapido (Eutric Leptosols e Molli-Paralithic Leptosols) 6.099, ,30 M3b Unità CAMPOLUNGO_2; suoli delle depressioni dei rilievi dolomitici del Secondario della dorsale dolomitica centrale. Pietrosi a tessitura medio-fine, profondità media su substrato ghiaioso e dolomitico, reazione subacida, pendenze lievemente inclinati e inclinati, drenaggio buono (Eutri-Endoskeletic Cambisols e Eutric Leptosols) 461,95 M4 N1 Unità SERRA_6; suoli delle montagne calcaree e calcareo-marnose del Secondario e del Terziario della dorsale dolomitica centrale. Unità SENISE_5; suoli dei fondovalle e terrazzi del Quaternario dell'alto bacino del Fiume Mercure. Pietrosi a tessitura fine, profondità molto scarsa, raramente media, su substrato di roccia calcarea, reazione neutra o subacida, pendenze molto ed estremamente ripide, drenaggio rapido (Eutri-Lithic Leptosols & Rendzi-Lithic Leptosols, raramente Chromi- Endoleptic Cambisols) Pietrosi a tessitura medio-grossa, profondità media su substrato ghiaioso-sabbioso, calcarei, pianeggianti e subpianeggianti, drenaggio mediocre, locale presenza di falda (Calcaric Fluvisols e Calcaric Regosols) 9.894,27 350,77 N2a Unità VIGGIANELLO; suoli dei pianori sabbiosi subpianeggianti del Pleistocene dell'alto bacino del Fiume Mercure. Tessitura media, profondità media su substrato sabbioso o profondi, calcarei o a reazione neutra, pendenze subpianeggianti, drenaggio buono, presenza di paleosuoli (Calcaric Cambisols e Cutani-Hypocalcic Luvisols) 1.278,19 N2b N2c N2d O1 O2 Unità GAGLIONE; suoli delle colline sabbiose ondulate del Pleistocene dell'alto bacino del Fiume Mercure. Unità FRANCAVILLA_1; suoli delle colline argillose del Pleistocene dell'alto bacino del Fiume Mercure. Unità CASTELLUCCIO_4; suoli dei rilievi conglomeratici pleistocenici dell'alto bacino del Fiume Mercure. Unità AVENA_1; suoli delle colline e depressioni dei rilievi marnoso-argillose del Secondario e del Terziario della zona tirrenica. unità FUSARO_1; suoli delle altocolline dolomitiche del Secondario della zona tirrenica. Tessitura medio-grossa o media, profondi o a profondità media su substrato sabbioso, calcarei, pendenze inclinate e moderatamente ripide, drenaggio moderatamente rapido, rara presenza di paleosuoli sulle cime (Calcaric Cambisols e Calcaric Regosols) Più o meno pietrosi a tessitura medio-fine, profondità media su substrato di argilloscisti e marne, calcarei, pendenze inclinate e moderatamente ripide, drenaggio moderatamente rapido (Calcari-Paraleptic Regosols e Calcari-Paraleptic Cambisols) Pietrosi a tessitura media, profondità media o scarsa su substrato conglomeratico, spesso decalcificati e subacidi in superficie, pendenze da moderatamente ad estremamente ripide, drenaggio rapido, rara presenza di paleosuoli sulle cime (Endoskeleti-Eutric Cambisols e Episkeleti-Calcaric Regosols) Leggermente pietrosi a tessitura media, profondità media su substrato marnoso-argilloso, reazione neutra, pendenze inclinate e moderatamente ripide, drenaggio moderatamente rapido (Eutric Leptosols e Eutric Cambisols) Pietrosi a tessitura media, profondità scarsa su substrato dolomitico, reazione neutra o subacida, pendenze ripide e molto ripide, drenaggio rapido (Eutric Leptosols e Molli- Paralithic Leptosols) 1.212,27 209, , , ,06 O3 Unità SERRA_2; suoli delle altocolline calcaree del Secondario e del Terziario della zona tirrenica. Pietrosi a tessitura fine, profondità molto scarsa, raramente media, su substrato di roccia calcarea, reazione neutra o subacida, pendenze ripide e molto ripide, drenaggio rapido (Eutri-Lithic Leptosols & Rendzi- Lithic Leptosols, raramente Chromi-Endoleptic Cambisols) 4.023,24 P1 Unità SERRA_4; suoli delle conoidi detritiche cementate plestoceniche della dorsale calcarea centrale. Pietrosi a tessitura fine, profondità scarsa, raramente media, su substrato di detrito cementato, reazione neutra o subacida, pendenze moderatamente ripide e ripide, drenaggio rapido (Eutri-Lithic Leptosols, raramente Chromi- Endoleptic Cambisols) 761,74 P2 Unità FUSARO_4; suoli dei rilievi dolomitici del Secondario della dorsale calcarea centrale. Pietrosi a tessitura media, profondità scarsa su substrato dolomitico, reazione neutra o subacida, pendenze da moderatamente ripide a molto ripide, drenaggio rapido (Eutric Leptosols e Molli-Paralithic Leptosols) 754,35 P3 Unità SERRA_5; suoli delle montagne calcaree, con inclusioni detritiche ed argillose, dal Secondario al Quaternario:della dorsale calcarea centrale. Pietrosi a tessitura fine, profondità molto scarsa, raramente media, su substrato di roccia calcarea, reazione neutra o subacida, pendenze molto e estremamente ripide, drenaggio rapido (Eutri-Lithic Leptosols & Rendzi-Lithic Leptosols, raramente Chromi- Endoleptic Cambisols) 8.433,79 R1a Unità FUSARO_2; suoli dei pendii dolomitici del Triassico, con inclusioni detritiche ed argillose della fascia montano-altocollinare centrale. Pietrosi a tessitura media, profondità scarsa su substrato dolomitico, reazione neutra o subacida, pendenze da moderatamente ripide a molto ripide, drenaggio rapido (Eutric Leptosols e Molli-Paralithic Leptosols) ,36 R1b R2 Unità CAMPOLUNGO_1; suoli delle depressioni dei rilievi dolomitici del Triassico, con inclusioni detritiche ed argillose della fascia montanoaltocollinare centrale. Unità BARBALONGA_1; suoli dei rilievi calcilutici del Secondario della fascia montano-altocollinare centrale. Pietrosi a tessitura medio-fine, profondità media su substrato ghiaioso, talvolta cementato, reazione subacida, pendenze lievemente inclinati e inclinati, drenaggio buono (Eutri-Endoskeletic Cambisols) Tessitura fine, profondità media su substrato calcilutitico, calcarei, pendenze moderatamente ripide e ripide, drenaggio moderatamente rapido (Calcari-Paraleptic Regosols e Calcari-Paraleptic Cambisols) 1.042, ,04

171 Altocolline argilloso-marnose central (S. Severino - Mezzana) Altipiani centrali (Campo Tenese e bacino di Frascineto) Zona pedemontana del bacino del F. Sinni (Chiaromonte) RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina 170 di 311 ZONA SIGLA DESCRIZIONE AMBITO PEDOLOGICO CARATTERISTICHE DEI SUOLI ETTARI Tessitura medio-grossa, localmente pietrosi, profondità Unità SENISE (1,2,3); suoli dei fondovalle media su substrato ghiaioso-sabbioso, calcarei, S1a dell Olocene 1) F. Sinni 2) F. Senise 3) F ,03 pianeggianti, drenaggio mediocre, presenza di falda Sarmento. (Calcaric Fluvisols) S1b S1c S2a S2b S3 S4a S4b S5a S5b T1a T1b T2 T3a T3b V1a V1b V1c Unità MESSOSSERO (1,2,3); suoli delle superficie terrazzate de Quaternario 1) terrazzi alti F. Sinni 2) terrazzi medi e bassi F. Sinni 3) terrazzi F. Sarmento Unità MERCATO_1; suoli dei pendii dei terrazzi quaternari del F. Sinni. Unità MARCONI_1; suoli delle colline argillose ondulate del Terziario della zona pedemontana del bacino del fiume Sinni. Unità MARCONI_2; suoli delle colline argillose ripide del Terziario della zona pedemontana del bacino del fiume Sinni. Unità CARBONE; suoli delle colline sabbiosoargillose del Terziario e del Pleistocene della zona pedemontana del bacino del fiume Sinni. Unità CASTELLUCCIO_1; suoli delle altocolline conglomerato-sabbiose del Pleistocene della zona pedemontana del bacino del fiume Sinni. Unità CASTELLUCCIO_2; suoli delle altocolline conglomeratiche del Pleistocene della zona pedemontana del bacino del fiume Sinni. Unità VALSINNI_1, suoli delle colline flyschiodi ed argillose ondulate del Secondario e del Terziario della zona pedemontana del bacino del fiume Sinni. Unità VALSINNI_2; suoli delle colline flyschoidi ed argillose ripide del Secondario e del Terziario della zona pedemontana del bacino del fiume Sinni. Unità FRASCINETO_2; suoli delle conoidi detritiche pleistoceniche del bacino di Frascineto. Unità FRASCINETO_3; suoli delle basse-colline pleistoceniche del bacino di Frascineto. Unità CONVENTO; suoli dei terrazzi fluviali pleistocenici di Campo Tenese. Unità POSTA_1; suoli delle conoidi detritiche del Quaternario di Campo Tenese. Unità POSTA_2; suoli delle colline pleistoceniche del bacino di Mormanno. Unità CAPPELLINA_2; suoli delle altocolline argillose-marnose ondulate del Secondario, con inclusioni detritiche ed ignee. Unità SEVERINO_2; suoli delle altocolline argillosomarnose ripide del Secondario, con inclusioni detritiche ed ignee. Unità TARANTINO; suoli delle altocolline argillosomarnose molto ripide del Secondario, con inclusioni detritiche ed ignee. Tessitura medio-grossa, induriti quando asciutti, profondità media su substrato sabbioso, decalcificati in superficie, con carbonati in profondità, subpianeggianti, drenaggio buono (Hypocalcic Calcisols) Tessitura medio-grossolana, spesso pietrosi, profondità media su substrato ghiaioso, calcarei, pendenze inclinate e moderatamente ripide, drenaggio moderatamente rapido (Episkeleti-Calcaric Regosols e Endoskeleti-Calcaric Cambisols) Profondi a tessitura fine, calcarei, tendenti a fessurazione, pendenze inclinate e moderatamente ripide, drenaggio buono (Calcaric Vertisols) Tessitura fine, talvolta leggermente pietrosi, calcarei, tendenti a fessurazione, pendenze ripide, drenaggio moderatamente rapido (Calcaric Vertisols) Leggermente pietrosi a tessitura media o medio-grossa, profondi o a profondità media su substrato sabbioso-fine, decalcificati e subacidi in superficie o interamente calcarei, pendenze inclinate o moderatamente ripide, drenaggio moderatamente rapido (Eutric Cambisols e Calcaric Cambisols) Pietrosi a tessitura media, profondi o a profondità media su substrato conglomeratico o sabbioso-ghiaioso, spesso decalcificati e subacidi in superficie, pendenze da moderatamente ripide a molto ripide, drenaggio rapido, rara presenza di paleosuoli sulle cime (Eutric Cambisols e Endoskeleti-Calcaric Regosols) Pietrosi a tessitura media, profondità media o scarsa su substrato conglomeratico, spesso decalcificati e subacidi in superficie, pendenze da moderatamente ad estremamente ripide, drenaggio rapido, rara presenza di paleosuoli sulle cime (Endoskeleti-Eutric Cambisols e Episkeleti-Calcaric Regosols) Pietrosi a tessitura medio-fine, profondità scarsa o media su substrato di flysch, reazione neutra, pendenze moderatamente ripide e ripide, drenaggio moderatamente rapido (Eutri-Epileptic Regosols e Episkeletic-Endoleptic Cambisols) Pietrosi a tessitura medio-fine, profondità scarsa su substrato di flysch, reazione neutra, pendenze ripide e molto ripide, drenaggio rapido (Eutri-Epileptic Regosols e Eutri-Lithic Leptosols) Molto pietrosi a tessitura medio-fine, profondità scarsa e media su substrato ghiaioso, talvolta cementato, reazione subacida, subpianeggianti, drenaggio buono (Eutri- Episkeletic Regosols e Eutri-Endoskeletic Cambisols) Molto pietrosi a tessitura media, profondità scarsa e media su substrato ghiaioso, calcarei o a reazione subacida, subpianeggianti, drenaggio buono (Calcari- Episkeletic Regosols e Eutri-Endoskeletic Cambisols) Tessitura media, profondità scarsa e media su substrato ghiaioso, reazione subacida, subpianeggianti, drenaggio buono (Eutri-Episkeletic Regosols e Eutri-Endoskeletic Cambisols) Tessitura medio-fine, profondi o a profondità media su substrato ghiaioso, reazione subacida, pendenze lievemente inclinate e inclinate, drenaggio buono (Cutanic Luvisols e Cutani-Endoskeletic Luvisols) Tessitura medio-fine, talvolta pietrosi, profondi o a profondità media su substrato ghiaioso, reazione subacida, pendenze lievemente inclinate e inclinate, drenaggio buono (Cutanic Luvisols e Cutani-Endoskeletic Luvisols) Tessitura fine, talvolta leggermente pietrosi, profondità media su substrato di argilloscisti, reazione neutra, pendenze inclinate e moderatamente ripide, drenaggio buono (Eutri-Paraleptic Regosols e Verti-Paraleptic Cambisols) Pietrosi a tessitura medio-fine, profondità scarsa su substrato di marne e argilloscisti, reazione neutra, pendenze moderatamente ripide e ripide, drenaggio moderatamente rapido (Eutri-Paraleptic Regosols e Eutro- Lithic Leptosols) Pietrosi a tessitura medio-fine, profondità molto scarsa su substrato di calcareniti, a reazione neutra o calcarei, pendenze molto ripide, drenaggio rapido (Eutro-Lithic Leptosols e Eutric Leptosols) 1.312,19 391, ,05 146, , , ,30 625,64 927, ,81 52,44 408, ,78 387, , , ,83

172 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 171 di 311 Carta delle potenzialità Agroambientali La Carta della Potenzialità Agro-Ambientale è una carta derivata dalla Carta degli Ambiti Pedologici. In essa è stata valutata, per ognuna delle tipologie dei suoli, la potenzialità agro-ambientale, tenendo conto del rischio di degrado o del degrado in atto. Il sistema valutativo adottato è quello della Capacità d Uso basato su Klingebiel & Montgomery (1961); si articola in 8 classi, con limitazione alla produzione agricolo-forestale crescente dalla prima all'ottava classe, con il tipo di limitazione indicato dalla sottoclasse. Le classi sono indicate da un numero romano e le sottoclassi di limitazione da una lettera minuscola. Rispetto al sistema originario sono state aggiunte due classi, la prima per una limitazione dovuta al rischio d inquinamento (p) e la seconda per una limitazione dovuta alla posizione altimetrica (a). Nel complesso, nel territorio del Parco sono state distinte 19 combinazioni, tra classi e sottoclassi, di Capacità d Uso dei suoli. Il significato delle 8 classi principali della Capacità d Uso è il seguente: Suoli adatti all agricoltura Classe I: Suoli che presentano pochissimi fattori limitanti il loro uso e che sono quindi utilizzabili per tutte le colture. Classe II: Suoli che presentano moderate limitazioni e che richiedono un'opportuna scelta delle colture e/o moderate pratiche conservative. Classe III: Suoli che presentano severe limitazioni, tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali pratiche conservative. Classe IV: Suoli che presentano limitazioni molto severe, tali da ridurre drasticamente la scelta delle colture e da richiedere accurate pratiche di coltivazione. Suoli adatti al pascolo ed alla forestazione Classe V: Suoli che pur non mostrando fenomeni di erosione o degrado di altro tipo, presentano tuttavia altre limitazioni difficilmente eliminabili tali da restringere l uso al pascolo o alla forestazione o come habitat naturale. Classe VI: Suoli che presentano limitazioni severe, tali da renderli inadatti alla coltivazione e da restringere l uso, seppur con qualche ostacolo, al pascolo, alla forestazione o come habitat naturale. Classe VII: Suoli che presentano limitazioni severissime, tali da mostrare difficoltà anche per l uso silvo-pastorale. Suoli inadatti ad utilizzazione agro-silvo-pastorali Classe VIII: Suoli che presentano limitazioni tali da precludere qualsiasi uso agro-silvo-pastorale e che, pertanto, possono venire adibiti a fini ricreativi, estetici, naturalistici o come zona di raccolta delle acque.

173 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 172 di 311 Le sigle usate per individuare le limitazioni dei suoli (sottoclassi) sono: e = limitazioni legate al rischio di erosione s = limitazioni legate a caratteristiche negative del suolo w = limitazioni legate all abbondante presenza di acqua nel profilo p = limitazioni legate alla vulnerabilità del suolo per l inquinamento a = limitazioni altimetriche. Le potenzialità agroambientali del territorio del Parco sono illustrate nella tabella seguente. In dettaglio, per ogni singola classe viene descritta la relativa attitudine all utilizzazione agricola e la relativa superficie in ettari. CLASSE CAPACITA' D'USO ETTARI % I II III IV V VI VII VIII Suoli adatti all agricoltura Suoli che presentano pochissimi fattori limitanti il loro uso e che sono quindi utilizzabili per tutte le colture. Suoli che presentano moderate limitazioni e che richiedono un'opportuna scelta delle colture e/o moderate pratiche conservative. Suoli che presentano severe limitazioni, tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali pratiche conservative. Suoli che presentano limitazioni molto severi, tali da ridurre drasticamente la scelta delle colture e da richiedere accurate pratiche di coltivazione. Suoli adatti al pascolo e alla forestazione Suoli che pur non mostrando fenomeni di erosione o degrado di altro tipo, presentano tuttavia altre limitazioni difficilmente eliminabili tali da restringere l uso al pascolo o alla forestazione o come habitat naturale. Suoli che presentano limitazioni severe, tali da renderli inadatti alla coltivazione e da restringere l uso, seppur con qualche ostacolo, al pascolo, alla forestazione o come habitat naturale. Suoli che presentano limitazioni severissime, tali da mostrare difficoltà anche per l uso silvo-pastorale. Suoli inadatti ad utilizzazione agro-silvo-pastorali Suoli che presentano limitazioni tali da precludere qualsiasi uso agro-silvopastorale e che, pertanto, possono venire adibiti a fini creativi, estetici, naturalistici, o come zona di raccolta delle acque ,42 2,22% ,50 15,73% ,30 15,85% 5.433,11 3,00% 4.612,64 2,54% ,09 27,73% ,23 20,54% ,13 12,38% Carta della Vulnerabilità dei suoli La Carta della Vulnerabilità dei Suoli è la seconda carta derivata degli Ambiti Pedologici. In essa è stata valutata, per ognuna delle unità cartografiche, il rischio di degrado del suolo stesso e dell ambiente circostante, sotto l influenza dell uso antropico. Nella gestione della risorsa suolo è necessario considerare il suo uso sostenibile, il che significa mirare ad una gestione tale da evitare (o contenere) il degrado sia del suolo sia degli altri comparti ambientali. Tale uso consiste nella combinazione di tecnologie, strategie ed attività affinché, simultaneamente: - venga mantenuta costante o migliorata la produttività;

174 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 173 di venga ridotto il livello di rischio di produzione ; - venga protetto il potenziale della risorsa ed impedito il degrado della qualità del suolo e delle acque; - vengano rispettate le norme economiche e sociali. Il rischio di degrado dei suoli è determinato da due forze contrastanti, che sono: - la vicinanza e l'intensità delle forze che possono provocare il degrado; - la "resilienza" del suolo, e cioè la capacità di recuperare tempestivamente la sua potenzialità funzionale, dopo o durante l'influenza delle forze degradanti. Questa caratteristica è composta da tre capacità: la capacità di tamponamento, la capacità di trasformazione (decomposizione, disintossicazione) e la capacità di rinnovo. Queste tre capacità del suolo, se quest'ultimo è sottoposto ad un aumento di pressione, inevitabilmente diminuiscono ed a lungo andare risultano insufficienti. Le principali forme di degrado del suolo che si possono verificare (e si verificano) nell'ambito del Parco del Pollino sono (in ordine di intensità del fenomeno): - la perdita dell'orizzonte superficiale o dell intero suolo dovuto all'erosione; - l'inquinamento chimico dovuto alla presenza urbana ed all'eccessiva somministrazione di prodotti chimici in agricoltura. L erosione è l'asporto di terra superficiale e deposizione della stessa al piè del pendio. Quasi sempre le cause dell'erosione sono collegate all'uso agricolo del suolo. Anche se il terreno possiede solo pochi gradi di pendenza può essere soggetto ad erosione, in particolare durante il periodo di scarsa copertura vegetale. L'erosione è un processo naturale, che è preoccupante solo se assume valori eccessivi. La sua intensità potenziale, come anche la perdita tollerabile, sotto vari tipi di utilizzo del suolo, può essere calcolata. Nell ambito del Parco, l erosione (reale e potenziale) ha raggiunto livelli allarmanti in alcune zone argillose, dove si sono formati profondi calanchi. Ma anche altre zone, caratterizzate da suoli a tessitura fine e/o poco profondi, corrono il rischio di perdere lo strato sottile necessario per il sostegno della vegetazione. L'inquinamento del suolo ha essenzialmente due tipi di fonti: quelle localizzate, come l'industria, le discariche dei rifiuti, la combustione, il traffico, e l'agricoltura stessa. Nell'ultimo caso l'inquinamento è provocato dall'uso eccessivo di fertilizzanti, pesticidi e diserbanti, l'uso imprudente dei liquami zootecnici, l'applicazione sul terreno dei fanghi provenienti dai depuratori e l'uso di acque inquinate per l'irrigazione. I nitrati e fosfati rappresentano il rischio maggiore d'inquinamento, sia del suolo (fosfati), sia delle acque (ambedue), sia delle piante (nitrati). I nitrati, il cui uso eccessivo porta comunque ad un prodotto agricolo di qualità inferiore, comportano, in funzione della loro grande solubilità, in primo luogo un rischio d'inquinamento delle acque (con rischio di eutrofizzazione). Il rischio di inquinamento da pesticidi è particolarmente alto quando se ne fa un uso eccessivo o se si verifica erosione di suoli con pesticidi. Le naturali vie di trasformazione nel terreno di queste sostanze

175 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 174 di 311 sono: assorbimento dalla sostanza organica o dalle argille nel suolo, decomposizione da organismi, chimica o dalla luce, volatilizzazione. I metalli pesanti sono normali componenti della crosta terrestre; alcuni sono indispensabili micronutrienti per le piante. I problemi nascono se la loro concentrazione nel suolo diventa troppo alta. Metalli pesanti provengono dall'industria, dai liquami o dal traffico. Se i metalli pesanti raggiungono il suolo in quantità giusta ed al momento giusto, non dovrebbero provocare grandi rischi. Il vero problema è l'accumulo a lungo termine, perché questi metalli persistono nello strato superficiale. Per la stesura della Carta della Vulnerabilità dei Suoli sono stati valutati separatamente il rischio d erosione ed il rischio d inquinamento. Per primo è stato valutato il rischio di degrado sotto l uso del suolo dominante, mentre il rischio per gli altri usi è stato indicato tra parentesi. Nella valutazione finale si è considerato soltanto il rischio di degrado più severo. Nel complesso, sono state distinte 10 classi di vulnerabilità dei suoli. Il significato delle classi di vulnerabilità dei suoli per l inquinamento è il seguente: 1) bassa: rischio di inquinamento tale da rientrare nella normale capacità di tamponamento dei sistemi naturali e biologici, quali i suoli, le falde acquifere e le acque superficiali; non richiede misure particolari. 2) media: rischio di inquinamento tale da rappresentare una minaccia moderata e reversibile per l equilibrio chimico dei suoli, delle falde acquifere e delle acque superficiali, e per le normali funzioni produttive ed ambientali ad essi legate; richiede misure ordinarie atte al ripristino ed alla manutenzione dell equilibrio ambientale. 3) elevata: rischio di inquinamento tale da rappresentare una grave minaccia irreversibile per l equilibrio chimico dei suoli, delle falde acquifere e delle acque superficiali, e per le normali funzioni produttive ed ambientali ad essi legate; richiede misure ordinarie intensive atte al ripristino dell equilibrio ambientale. Il significato delle classi del rischio d erosione del suolo è il seguente: 1) basso: rischio d erosione tale da rientrare nella normale capacità di tamponamento dei sistemi naturali e biologici, quali i suoli ed i bacini idrografici; non richiede misure particolari. 2) medio: rischio d erosione tale da rappresentare una minaccia moderata e reversibile per l equilibrio fisico dei suoli e dei bacini idrografici, e per le normali funzioni produttive ed ambientali ad essi legate; richiede misure ordinarie atte al ripristino ed alla manutenzione dell equilibrio ambientale. 3) elevato: rischio d erosione tale da rappresentare una grave minaccia irreversibile per l equilibrio fisico dei suoli e dei bacini idrografici, e per le normali funzioni produttive ed ambientali ad essi legate; richiede misure straordinarie atte al ripristino dell equilibrio ambientale. Il significato dei codici è: e = erosione

176 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 175 di 311 i = inquinamento a = coltivo, pascolo b = bosco, cespugli Un esempio sull'uso del codice è: Codice: 1e_b (3e-a) Suoli che presentano un basso o nullo (codice 1) rischio d erosione (codice e) sotto cespugli o bosco (codice b), tale da rientrare nella normale capacità di tamponamento dei suoli. Sotto pascolo (codice a) il rischio d erosione (codice e) è elevato (codice 3). In relazioni al rischio di erosione e di inquinamento, nonché all utilizzo del suolo, nel territorio del Parco sono state identificate le seguenti categorie di vulnerabilità: SUOLI CON DIVERSO RISCHIO EROSIONE, INQUINAMENTO E USO ETTARI % Basso rischio erosione e inquinamento su suoli utilizzati a bosco, cespugli, coltivi e pascolo ,0% Basso rischio di erosione per suoli utilizzati a bosco e cespugli. Medio rischio di erosione per suoli coltivi e a pascolo. Basso rischio di erosione per suoli utilizzati a bosco e cespugli. Alto rischio di erosione per suoli coltivi e a pascolo. Medio rischio di erosione per suoli coltivi e a pascolo. Basso rischio di erosione per suoli utilizzati a bosco e cespugli. Medio rischio di erosione per suoli coltivi e a pascolo. Medio rischio di inquinamento per suoli coltivi e a pascolo. Medio rischio di erosione per suoli utilizzati a bosco e cespugli. Alto rischio erosione per suoli coltivi e a pascolo ,4% ,2% ,7% ,5% ,4% Medio rischio di inquinamento per suoli coltivi e a pascolo ,4% Alto rischio erosione per suoli coltivi e a pascolo. Medio rischio erosione per suoli utilizzati a bosco e cespugli ,5% Alto rischio erosione per suoli utilizzati a bosco e cespugli ,8% Alto rischio inquinamento per suoli coltivi e a pascolo ,7% Bacini e corsi d'acqua 764 0,4% Caratteristiche agronomiche Il territorio del Parco è stato analizzato in relazione alle attività agricole realizzate attraverso la Carta dell Uso del Suolo, partendo dallo studio disponibile della Corine Land Cover. Incrociando l analisi dell uso del suolo con le carte pedologiche elaborate si sono individuati, da una parte gli agro ecosistemi con la Carta degli Agroecosistemi e dall altra si è attribuita ai terreni la relativa vocazione a specifiche colture con la Carta delle Vocazioni Colturali. Carta dell Uso del Suolo Al fine di analizzare il territorio del Parco dal punto di vista agricolo sono stati utilizzati strumenti conoscitivi basati sull analisi del territorio dal punto di vista dell attuale uso del suolo, attraverso l interpretazione di ortofoto digitali di recente acquisizione e successivo riporto su base cartografica in scala 1:

177 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 176 di 311 L accuratezza dell indagine è legata all unita minima cartografata (4 ha) ed alla possibilità di ingrandimento permesso dalle ortofoto che garantiscono il riconoscimento di categorie di uso del suolo legate soprattutto alla distribuzione spaziale degli elementi e ad aspetti morfologici indicativi. La legenda usata, di seguito riportata, è stata ottenuta dal terzo livello del Corine Land Cover con alcune modifiche per le aree agricole soprattutto per quanto riguarda le aree agricole miste che sono state ulteriormente suddivise. Territori antropizzati. Entrano a far parte di questa categoria le aree urbane, gli insediamenti rurali, industriali e le infrastrutture di origine antropica la cui superficie cartografabile è evidenziabile dalle foto aeree. Bosco Si tratta delle superfici boschive il cui grado di copertura è superiore al 20%. Seminativi Terreni soggetti a normale rotazione agraria in cui si identificano gli elementi essenziali delle sistemazioni idraulico-agrarie e sono privi di vegetazione per alcuni periodi dell anno. Oliveti All interno delle colture arboree sono stati individuati gli oliveti, laddove la superficie interessata, la specializzazione produttiva ed il sesto di impianto, hanno permesso la distinzione da altre colture erbacee o da colture arboree consociate. Frutteti Si tratta delle colture arboree specializzate che non rientrano nella categoria precedente e distinti con lo stesso criterio. Prati stabili Formazioni vegetali erbacee di origine artificiale e utilizzate sia come foraggere avvicendate sfalciate che tramite il pascolamento degli animali per lo più temporaneo. Sistemi colturali e particellari complessi Aree in cui la dimensione minima degli appezzamenti non permette la separazione in singole categorie di uso del suolo ma in cui l utilizzazione agricola intensiva è evidente mantenendo un aspetto del paesaggio tipico e funzionale alla difesa idrogeologica. Seminativi con spazi naturali Aree agricole all interno di spazi naturali importanti. Sono aree soggette a coltivazione e a rotazione agraria collocate all interno di zone naturali o naturalizzate in seguito ad abbandono dell agricoltura. Differiscono dalle precedenti per la minore intensità di utilizzazione antropica. Aree agroforestali Aree simili alle precedenti ma in cui vi è prevalenza di formazioni boschive all interno delle quali sono presenti ampi spazi dedicati alla coltivazione. Pascolo Formazioni vegetali erbacee per lo più di origine naturale la cui utilizzazione avviene mediante il pascolamento per la maggior parte del periodo annuale.

178 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 177 di 311 Cespuglieto Aree in cui la presenza di formazioni arbustive prevale sulla copertura totale. In alcuni casi si può trattare di pascoli o seminativi marginali degradati o abbandonati. Aree in evoluzione Si tratta di aree in cui le attuali caratteristiche fanno presumere una diversa situazione precedente sia di tipo erbaceo che arbustivo o arboreo e la cui evoluzione è per lo più riconducibile ad una minore pressione antropica. Corsi d acqua Fiumi o torrenti in cui la portata d acqua è presente anche se variabile durante tutto l anno e sono caratterizzati dall aspetto lineare. Corpi idrici superficiali Rispetto alla categoria precedente siamo in presenza di aree estese con presenza di acqua durante tutto il periodo dell anno (laghi e stagni naturali e/o artificiali). Roccia nuda Aree prive di vegetazione presenti per lo più su zone sommitali o caratterizzate da forte pendenza. Sulla base della legenda appena illustrata, di seguito vengono dettagliati i diversi usi del suolo nel Parco del Pollino con la relative superficie. Classificazione "Corine Land Cover" Superficie Superficie Classificazione "Uso del Suolo" (Livello1) (ha) (ha) % Sul Totale Territori modellati artificialmente 1.043,00 Territori antropizzati 1.043,00 0,57% Seminativi ,00 10,01% Prati stabili 5.669,00 3,12% Vigneti 54,80 0,03% Territori agricoli Frutteti 236,30 0,13% ,73 Oliveti 850,63 0,47% Sistemi colturali complessi 3.669,00 2,02% Seminativi con spazi naturali 6.702,00 3,69% Aree agro-forestali ,00 7,31% Bosco ,00 47,28% Pascolo ,00 14,05% Territori boscati e ambienti seminaturali ,00 Cespuglieto 5.185,00 2,86% Aree in evoluzione ,00 6,15% Roccia nuda 658,00 0,36% Territori boscati e ambienti seminaturali 54,06 Zone umide 54,06 0,03% Corpi idrici Corpi idrici 1.476,24 0,81% 3.455,89 Corsi d'acqua 1.979,65 1,09% Carta degli Agroecosistemi. E una carta che raggruppa le categorie di uso del suolo per ottenere poligoni con caratteristiche ecosistemiche simili dal punto di vista dell interazione con altre categorie di uso del suolo.

179 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 178 di 311 Incrociando le classi così ottenute con la carta della vulnerabilità dei suoli è stato possibile procedere ad una ulteriore utile suddivisione. Dal concetto di ecosistema si deducono i criteri fondamentali di ecosviluppo da applicare in campo agrario per realizzare agroecosistemi a compatibilità ambientale. La forza creativa della natura si basa sull uso integrale delle risorse, sul riciclo della materia e sul mantenimento della biodiversità; anche nella costituzione di agroecosistemi si dovrebbero mantenere il più possibile queste componenti di base per migliorare l efficienza, l autonomia e la stabilità di sistemi e contemporaneamente ridurre gli input energetici che sono alla base dell eventuale impatto ambientale negativo. Nei territori ad elevata naturalità come nel caso in esame, diventa primario l obiettivo di creare agroecosistemi dove la complessità bio-fisica risulti più accentuata, sia dentro che fuori i campi coltivati, di quella presente nei sistemi ad agricoltura specializzata che tendono alla disgiunzione tra allevamento vegetale ed animale, alle monocolture, alle monosuccessioni e sistemazioni idraulicoagrarie approssimative con le note conseguenze sul dissesto idrogeologico. La caratterizzazione di ecocompatibilità per un agroecosistema si riferisce in primo luogo alla sua capacità di soddisfare l obiettivo primario per cui il sistema è costruito, ossia il sostegno della catena trofica finalizzata all alimentazione umana. La produttività deve pertanto raggiungere un adeguato livello quali-quantitativo. Il livello produttivo deve inoltre essere mantenuto su scala temporale (sostenibilità della produzione) e con un grado di autonomia elevato per ridurre la dipendenza da fonti di energia e di materia esterne e per diminuire i costi di gestione e l impatto ambientale negativo. Agli effetti della eco compatibilità, un agroecosistema è migliore quando: - riesce ad esprimere rese soddisfacenti con bassa intensità energetica; - riesce a mantenere integri i meccanismi di produzione (ad esempio la fertilità del suolo) o della sua difesa (ad esempio controllo biologico di erbe infestanti, fisiopatie, fitofagi). Nell ottica agroecosistemica si muovono anche i tentativi di razionalizzazione degli interventi agronomici attuati con l uso di modelli di simulazione che si prefiggono di misurare l output, ossia il carico inquinante dell agroecosistema come rilascio di acqua, suolo eroso, elementi nutritivi, pesticidi, in funzione di variazioni di struttura e di gestione dell agroecosistema. Si possono calcolare degli indici di efficienza in chiave di sostenibilità ed autonomia dei sistemi denominati Indicatori di Prestazioni Agroambientali per giudicare le proprietà degli agroecosistemi. Alcune possibili interazioni sono state evidenziate attraverso l identificazione di fasce di contatto (buffer zones) fra usi del suolo diversi in cui è più probabile un effetto evidente sull equilibrio esistente (es. bosco - agricolo, agricolo urbanizzato ecc.). Il principio sui ci si è basati è stato quello di valutare la possibile vulnerabilità di agroecosistemi o di ecosistemi naturali ad opera di forme di utilizzazione di uso del suolo capaci di interferire significativamente con i processi che ne regolano l equilibrio. La legenda usata è stata la seguente:

180 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 179 di Ecosistemi ad alberi ed arbusti; - Sistemi urbani ed infrastrutturali; - Sistemi idrici (agricoli e di fondovalle); - Agroecosistemi a pascolo (ulteriori 3 classi incrociando le aree a pascolo della carta della vulnerabilità dei suoli); - Agroecosistemi di transizione; - Agrosistemi (colture permanenti, sistemi colturali complessi, seminativi, prati stabili). Utilizzando la suddetta legenda, nel territorio nel Parco sono stati individuati i seguenti agroecosistemi: C OD. AG R OE C OS IS TE MI S UP E R F IC IE (ha) % S UP E R F IC IE 1 Ecosistemi ad alberi ed arbusti ,89 56,30% 2 Sistemi Urbani 1.668,27 0,92% 3 Sistemi Idrici 3.593,99 1,98% 4.1 Pascolo a basso rischio di erosione 2.083,50 1,15% 4.2 Pascolo a moderato rischio di erosione 1.495,10 0,82% 4.3 Pascolo a elevato rischio di erosione ,08 12,00% 5a Aree agricole con spazi naturali 6.567,85 3,61% 5b Aree agroforestali ,04 7,57% 6a.1 Colture a basso rischio d'erosione e d'inquinamento 1,34 0,00% 6a.2 Colture a moderato rischio d'erosione 401,59 0,22% 6a.4 Colture a moderato rischio d'erosione e d'inquinamento 113,34 0,06% 6a.5 Colture a elevato rischio d'erosione 202,27 0,11% 6a.6 Colture a elevato rischio d'inquinamento 388,51 0,21% 6b.2 Sistemi particellari a moderato rischio d'erosione 865,50 0,48% 6b.3 Sistemi particellari a moderato rischio d'inquinamento 121,61 0,07% 6b.4 Sistemi particellari a moderato rischio d'erosione e d'inquinamento 867,90 0,48% 6b.5 Sistemi particellari ad elevato rischio d'erosione 1.082,56 0,60% 6b.6 Sistemi particellari ad elevato rischio d'inquinamento 504,73 0,28% 6c.1 Seminativo a basso rischio d'erosione e d'inquinamento 1.277,34 0,70% 6c.2 Seminativo a moderato rischio d'erosione 4.773,69 2,63% 6c.3 Seminativo a moderato rischio d'inquinamento 1.350,47 0,74% 6c.4 Seminativo a moderato rischio d'erosione e d'inquinamento 1.980,00 1,09% 6c.5 Seminativo a elevato rischio d'erosione 6.521,41 3,59% 6c.6 Seminativo a elevato rischio d'inquinamento 2.350,96 1,29% 6d.1 Prati stabili a basso rischio d'erosione e d'inquinamento 585,68 0,32% 6d.2 Prati stabili a moderato rischio d'erosione 758,25 0,42% 6d.4 Prati stabili a moderato rischio d'erosione e d'inquinamento 60,23 0,03% 6d.5 Prati stabili a elevato rischio d'erosione 3.992,04 2,20% 6d.6 Prati stabili a elevato rischio d'inquinamento 281,53 0,15%

181 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 180 di 311 Carta delle vocazioni colturali. Il secondo prodotto di sintesi è definito carta delle vocazioni colturali che deriva dalla carta della produttività agroambientale elaborata dal settore pedologico ma impostata in chiave di valutazione delle potenziali conversioni di determinate forme di uso del suolo verso altre secondo un criterio di sostenibilità e per prevenire forme di degrado. La legenda usata classifica gruppi di categorie di uso del suolo e di produttività. Tale carta può essere uno strumento conoscitivo di base indispensabile per l applicazione delle Buone Pratiche Agricole e dei Criteri di Condizionalità utili per indirizzare le forme di utilizzazione del suolo verso criteri di eco compatibilità e sostenibilità ecologica.

182 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 181 di 311 C ODIC E AN I AN II AN III VOC AZ IONI C OL T UR AL I Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con pres enza di s pazi naturali importanti, s u s uoli con pochis s imi fattori limitanti l'uso agro-ambientale, e che sono quindi utilizzabili per tutte le colture. Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti, su suoli adatti all'uso agroambientale, con moderate limitazioni, che richiedono perciò una opportuna s celta delle colture, e talvolta moderate pratiche anti-erosive o un uso limitato di sostanze inquinanti difficilmente degradabili. Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti, su suoli adatti all'uso agroambientale, ma con s evere limitazioni. L e limitazioni s ono tali da ridurre notevolmente la s celta delle colture, talvolta da richiedere speciali pratiche anti-erosive. S UP E R F IC IE (ha) % 46,51 0,03% 2.358,37 1,29% 772,48 0,42% AN IV Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti, su suoli adatti all'uso agroambientale, ma con limitazioni molto s evere. L e limitazioni s ono tali da ridurre dras ticamente la s celta delle colture, talvolta 268,49 0,15% da richiedere intensive pratiche anti-erosive oppure la locale conversione ad uso forestale. AN V Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con pres enza di s pazi naturali importanti, s u s uoli adatti alla fores tazione, localmente al pas colo, che pur non mos trando fenomeni di eros ione o altro degrado, pres entano tuttavia altre limitazioni difficilmente eliminabili. L e limitazioni s ono tali da res tringere l'us o al pas colo, alla fores tazione o a habitat 33,47 0,02% naturale. AN VI Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con pres enza di s pazi naturali importanti, s u s uoli adatti al pas colo o alla fores tazione, ma con limitazioni s evere. Tali limitazioni li rendono inadatti alla coltivazione e res tringono l'us o, s eppur 1.612,35 0,88% con qualche ostacolo, al pascolo, alla forestazione o a habitat naturale. AN VII Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con pres enza di s pazi naturali importanti, s u s uoli adatti alla forestazione, localmente al pascolo, ma con limitazioni severissime. L e limitazioni sono tali da ostacolare anche l'uso silvopas 1.430,13 0,78% torale. AN VIII Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con pres enza di s pazi naturali importanti, s u s uoli inadatti ad utilizzazione agro-s ilvo-pas torale perchè pres entano limitazioni es tremamente s evere. L e limitazioni s ono tali da precludere quals ias i us o agro-s ilvo-pas torale e pertanto, es s i pos s ono es s ere adibiti s olo a fini ricreativi, es tetici o 54,18 0,03% naturalis tici. AP I P rati stabili su suoli con pochissimi fattori limitanti l'uso agro-ambientale, e che sono quindi utilizzabili per tutte le colture. 300,04 0,16% AP II P rati s tabili s u s uoli adatti all'us o agro-ambientale, con moderate limitazioni, che richiedono perciò una opportuna s celta delle colture, e talvolta moderate pratiche anti-erosive o un uso limitato di sostanze inquinanti difficilmente degradabili. 693,14 0,38% AP III P rati s tabili s u s uoli adatti all'us o agro-ambientale, ma con s evere limitazioni. L e limitazioni s ono tali da ridurre notevolmente la scelta delle colture, talvolta da richiedere speciali pratiche anti-erosive ,09 1,11% AP IV P rati s tabili s u s uoli adatti all'us o agro-ambientale, ma con limitazioni molto s evere. L e limitazioni s ono tali da ridurre dras ticamente la s celta delle colture, talvolta da richiedere intens ive pratiche anti-eros ive oppure la locale convers ione ad 312,90 0,17% uso forestale. AP V P rati s tabili s u s uoli adatti alla fores tazione, localmente al pas colo, che pur non mos trando fenomeni di eros ione o altro degrado, pres entano tuttavia altre limitazioni difficilmente eliminabili. L e limitazioni s ono tali da res tringere l'us o al 101,74 0,06% pascolo, alla forestazione o a habitat naturale. AP VI P rati s tabili s u s uoli adatti al pas colo o alla fores tazione, ma con limitazioni s evere. Tali limitazioni li rendono inadatti alla coltivazione e restringono l'uso, seppur con qualche ostacolo, al pascolo, alla forestazione o a habitat naturale. 863,79 0,47% AP VII P rati s tabili s u s uoli adatti alla fores tazione, localmente al pas colo, ma con limitazioni s everis s ime. L e limitazioni s ono tali da ostacolare anche l'uso silvo-pastorale ,90 0,57% AP VIII P rati s tabili s u s uoli inadatti ad utilizzazione agro-s ilvo-pas torale perchè pres entano limitazioni es tremamente s evere. L e limitazioni s ono tali da precludere quals ias i us o agro-s ilvo-pas torale e pertanto, es s i pos s ono es s ere adibiti s olo a fini 368,72 0,20% ricreativi, estetici o naturalistici. AS I S eminativi, colture erbacee di pieno campo s u s uoli con pochis s imi fattori limitanti l'us o agro-ambientale, e che s ono quindi utilizzabili per tutte le colture ,36 1,11% AS II S eminativi, colture erbacee di pieno campo s u s uoli adatti all'us o agro-ambientale, con moderate limitazioni, che richiedono perciò una opportuna s celta delle colture, e talvolta moderate pratiche anti-eros ive o un us o limitato di s os tanze 7.170,22 3,93% inquinanti difficilmente degradabili. AS III S eminativi, colture erbacee di pieno campo s u s uoli adatti all'us o agro-ambientale, ma con limitazioni s evere. L e limitazioni sono tali da ridurre notevolmente la scelta delle colture, talvolta da richiedere specifiche pratiche anti-erosive ,98 1,20% AS IV S eminativi, colture erbacee di pieno campo s u s uoli adatti all'us o agro-ambientale, ma con limitazioni molto s evere. L e limitazioni s ono tali da ridurre dras ticamente la s celta delle colture, talvolta da richiedere intens ive pratiche anti-eros ive 700,28 0,38% oppure la locale conversione ad uso forestale. AS V S eminativi, colture erbacee di pieno campo s u s uoli adatti alla fores tazione, localmente al pas colo, che pur non mos trando fenomeni di eros ione o altro degrado, pres entano tuttaviaaltre limitazioni difficilmente eliminabili. L e limitazioni s ono tali da 402,43 0,22% restringere l'uso al pascolo, alla forestazione o a habitat naturale. AS VI S eminativi, colture erbacee di pieno campo s u s uoli adatti alla fores tazione ma con limitazioni s evere. Tali limitazioni rendono inadatti alla coltivazione e res tringono l'us o, s eppur con qualche os tacolo, al pas colo, alla fores tazione o a habitat 4.141,19 2,27% naturale. AS VII S eminativi, colture erbacee di pieno campo s u s uoli adatti alla fores tazione, localmente al pas colo, ma con limitazioni severissime. L e limitazioni sono tali da ostacolare anche l'uso silvo-pastorale ,45 0,76% AS _VIII S eminativi, colture erbacee di pieno campo s u s uoli inadatti all'utilizzazione agro-s ilvo-pas torale, perché pres entano limitazioni es tremamente s evere. L e limitazioni s ono tali da precludere quals ias i us o agro-s ilvo-pas torale e pertanto, es s i 244,23 0,13% possono essere adibiti solo a fini ricreativi, estetici o naturalistici. E Aree la cui convers ione ad us o coltivo è totalmente da es cludere. B os co, ces puglieto, aree a vegetazione bos chiva e arbus tiva in evoluzione ,63 56,30% N Aree non rilevanti. Territori antropizzati, corpi idrici, corsi d'acqua ,93 2,89% P I P ascolo su suoli con pochissimi fattori limitanti l'uso pastorizio. 147,26 0,08% P II P as colo s u s uoli adatti all'us o pas torizio, con moderate limitazioni, e che richiedono perciò un moderato controllo del carico di bestiame ,28 1,02% P III P ascolo su suoli adatti all'uso pastorizio, ma con severe limitazioni, tali da imporre il controllo del carico di bestiame ,53 2,80% P IV P as colo s u s uoli adatti all'us o pas torizio, ma con limitazioni molto s evere, tali da imporre un forte controllo del carico di bestiame, talvolta fino al punto di escludere l'uso pastorizio a favore di una conversione all'uso forestale ,11 0,80% P V P as colo s u s uoli adatti alla fores tazione, localmente al pas colo, con limitazioni difficilmente eliminabili, che res tringono l'uso al pascolo con un forte controllo del carico di bestiame, alla forestazione o a habitat naturale. 590,61 0,32% P VI P as colo s u s uoli adatti alla fores tazione, ma con limitazioni s evere, s eppur con qualche os tacolo, alla fores tazione o a habitat naturale ,92 2,24% P VII P ascolo su suoli adatti alla forestazione, localmente al pascolo, ma con limitazioni severissime, tali da impedire l'uso silvopas torale ,08 4,61% P VIII P as colo s u s uoli inadatti ad utilizzazione s ilvo-pas torali, perché pres entano limitazioni es tremamente s evere, tali da restringere l'uso ai fini creativi, estetici o naturalistici ,59 2,09% S Aree in cui la convers ione ad us o coltivo è s cons igliabile: colture permanenti. Aree agrofores tali, colture permanenti, sistemi colturali e particellari complessi, colture orticole ,59 10,10%

183 Totale Comuni del Parco Comuni versante Lucano Comuni versante Calabrese RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 182 di Agricoltura e Zootecnia Per la definizione del sistema agro-pastorale si è fatto riferimento ai dati raccolti dall ISTAT nei censimenti generali dell agricoltura degli ultimi 30 anni. Le fonti utilizzate sono le seguenti: 3 Censimento generale dell agricoltura ; 4 Censimento generale dell agricoltura 1990; 5 Censimento generale dell agricoltura 2000; I dati sono riferiti all intero territorio dei comuni del Parco. Il settore Agricolo Dai dati del Censimento Agricoltura 2000, sul territorio del Parco sono state rilevate n aziende agricole con una superficie utilizzata media pari a 3,58 ettari. La tendenza riscontrata nell arco di tempo trascorso tra i tre censimenti evidenzia una progressiva diminuzione sia del numero di aziende agricole che della SAU totale e media aziendale. Tale tendenza risulta però differenziata, tra versante calabrese e lucano, relativamente alla SAU media aziendale. Infatti questa, nel trentennio, è pressocchè costante in Calabria mentre è in calo in Basilicata. Censimenti : Comuni del Parco Nazionale del Pollino ANNI NUMERO AZIENDE SAU TOTALE (HA) SAU MEDIA (HA) ,25 3, ,71 3, ,21 3, ,57 4, ,51 5, ,29 3, ,82 4, ,22 4, ,50 3,58

184 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 183 di 311 Le coltivazioni Analizzando l utilizzo della SAU, per macro aggregati produttivi, si evidenzia quanto riportato nel grafico seguente.

185 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 184 di 311 Scendendo nel dettaglio delle colture a seminativo e di quelle arboree, la situazione risulta la seguente: Per i seminativi le colture prevalenti sono rappresentate da quelle cerealicole. Per le colture arboree la specie più coltivata è l olivo. Il settore Zootecnico Anche in questo settore si evidenzia un calo, dal 1991 al 2000, sia in termini di aziende totali, sia di capi allevati per tipologia. Infatti per bovini, equini e ovicaprini, il patrimonio zootecnico del territorio del Parco, si è ridotto sensibilemente, come dimostra il grafico seguente.

186 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 185 di 311 Analizzando più nel dettaglio le singole tipologie di allevamento ed osservando i 3 grafici successivi, si evidenzia un comparto caratterizzato da un cospicuo numero di aziende ma con produzioni prevalentamente per autoconsumo o per mercato locale. Ad un elevato numero di allevamenti avicoli (7.259 aziende) corrisponde una consistenza media di circa 20 capi allevati per azienda, tipica di produzioni per autoconsumo. Di un certo rilievo è il numero di aziende ovicaprine (complessivamente 3.773) ma con una consistenza media ridotta e prossima a 20 capi per azienda. Il settore Bovino è rappresentato da un numero ridotto di aziende con una consistenza media di 17,4 capi per azienda. Per concludere, il comparto suinicolo, che coinvolge operatori, presenta una consistenza media di poco superiore alle esigenze del consumo familiare (2,9 capi per azienda).

187 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 186 di 311 Le produzioni tipiche e di qualità Il quadro conoscitivo del Parco del Pollino non può prescindere da una indagine, seppure sintetica e non esaustiva, delle produzioni fresche e trasformate che fanno parte della tradizione e delle tipicità del territorio. Il comparto agroalimentare si presenta quanto mai ampio e diversificato per la presenza di molte aziende che si occupano di produzioni primarie e relative trasformazione legate alle filiere lattierocasearia, ortofrutticola, del miele, dei prodotti da forno, olio e carne. Una parte di queste produzioni, tra l altro, ha raggiunto un percorso di tutela e valorizzazione collegato a specifiche certificazioni di origine (DOP, IGP, DOC).

188 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 187 di 311 Di seguito si farà un breve elenco delle principali produzioni, partendo da quelle certificate per concludere con le altre produzioni tipiche, molte delle quali sono inserite negli elenchi delle produzioni tipiche delle rispettive regioni. Produzioni tradizionali certificate comuni ai due versante del Parco. - Caciocavallo Silano DOP Produzioni tradizionali certificate del versante calabrese del Parco. - Carni insaccate. L intero territorio della regione Calabria, è riconosciuto per la produzione DOP di Capocollo, Pancetta, Salsiccia e Sopressata di Calabria. o Capocollo di Calabria o Pancetta di Calabria o Salsiccia di Calabria o Soppressata di Calabria - Olio Extravergine di Oliva DOP BRUZIO Menzioni geografiche Fascia Prepollinica e Sibaritide - Vino Pollino DOC - Vino Verbicaro DOC Produzioni tradizionali certificate del versante lucano del Parco. - Canestrato di Moliterno IGP - Melanzana Rossa di Rotonda DOP - Fagioli Bianchi di Rotonda DOP - Peperone di Senise Igp - Pane di Matera Igp - Grottino di Roccanova DOC Altre produzioni tipiche del Parco. Tra i formaggi sono annoverati i seguenti prodotti: Paddaccio: E un prodotto inserito nell elenco regionale delle produzioni tradizionali della Basilicata. Ricotta Salata Cacioricotta: E un prodotto inserito nell elenco regionale delle produzioni tradizionali sia della Calabria che della Basilicata. Pecorino, caprino e ovi-caprino: sono inseriti nell elenco regionale delle produzioni tradizionali della Basilicata. Tra i prodotti tipici calabresi del parco del Pollino si annovera esclusivamente il Pecorino del Pollino. Caciocavallo podolico: E inserito nell elenco regionale delle produzioni tradizionali della Calabria e della Basilicata.

189 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 188 di 311 Tra i vegetali freschi, oltre a quelli certificati, si annoverano in particolare, interessanti legumi quali diverse varietà di fagioli, la lenticchia di Mormanno (presidio Slow Food), il lupino del Pollino, pomodori e peperoni utilizzati sia freschi che essiccati. Per quanto riguarda i prodotti vegetali trasformati, la tradizione del Parco è fortemente diffusa nei riguardi delle conserve soprattutto di olive, sott oli e confetture. Tali produzioni vengono realizzate prevalentemente mediante lavorazioni artigianali, sfruttando spesso prodotti naturali del territorio o comunque provenienti da produzioni non intensive. Tra i primi, particolarmente interessante è la produzione di paste fresche con formati tradizionali particolari. Tra queste si ricorda la pasta fresca di mischiglio, ottenuta mescolando diverse varietà di farine di cereali e legumi, ottenendo un prodotto che si differenzia radicalmente dalle altre paste. Il territorio tradizionale riguarda i comuni di Teana, Calvera, Chiaromonte e Fardella. E un prodotto tradizionale lucano. Su tutto il territorio del Parco, con forme differenziate per areali, quli paste fresche, si ritrovano inoltre: fusilli, cavatelli, rascatielli, foglie d ulivo, pasta col ferretto. Tra i cereali importante è la farina di grano tenero Carosella del Pollino. Il suo areale riguarda il versante lucano. Per il prodotto è in corso il riconoscimento della DOP. Dalla lavorazione di questa farina si ottiene il Tarallo di Latronico che come tarallo è inserito nell elenco delle Produzioni tradizionali Lucane. Nella categoria vini, oltre ai DOC, si annovera il Moscato Passito di Saracena, quale presidio Slow Food. E un vino ottenuto dalla vinificazione separata del Moscatello di Saracena e di uva guarnacca e malvasia attraverso un procedimento tradizionale antichissimo.

190 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 189 di Geologia ed idrogeologia Analisi degli aspetti Geologici e Geomorfologici Oggi l Appennino meridionale viene riconosciuto costituito essenzialmente dalla sovrapposizione tettonica di due elementi strutturali, separati da un sovrascorrimento di importanza regionale. Questa interpretazione riporta le unità carbonatiche del Pollino come appartenenti ad un substrato calcareo sollevato, in forma di cunei, da una tettonica trascorrente pleistocenica. L area del Pollino è quindi caratterizzata dalla sovrapposizione tettonica, dei terreni alloctoni del Complesso Liguride che poggiano su successioni carbonatiche d età mesozoico-terziaria. Le successioni carbonatiche mesozoiche-terziare costituiscono i terreni geometricamente più profondi e includono tre distinte unità tettoniche, che costituiscono buona parte del Massiccio del Pollino e del settore occidentale dell area del Parco da Campotenese a Belvedere Marittimo. Sui terreni carbonatici poggiano, con contatto di sovrascorrimento, i terreni del Complesso Liguride che rappresentano la deformazione di un area oceanica che ha subito processi di subduzione durante il Cretacico-Oligocene superiore. Nei settori più orientali dell area del Parco, affiorano i terreni alloctoni dell unità Sicilide e, le successioni torbiditiche di avanfossa-avanpaese del Burdigaliano-tortoniano delle Quarzoareniti Numidiche della formazione di Albidona e della Formazione di Oriolo, mentre nei settori occidentali e settentrionale affiorano le successioni del Miocene superiore-pleistocene. Si è quindi in presenza di differenti falde, appartenenti a diversi ambiti deposizionali e la cui messa in posto corrisponde alle diverse fasi tettoniche o stadi di formazione dell Appennino calabro-lucano: _ Unità Carbonatiche, costituenti parti della piattaforma apula secondo le interpretazioni più recenti. Tali unità occupano i settori più occidentali dell area del Parco (Massiccio del Pollino e Monti di Orsomarso); queste unità rappresentano la base della successione stratigrafica regionale, su tale terreno; _ Unità dei Flysch sicilidi, essenzialmente rappresentate, nell area in esame dal Flysch Numidico e dalle Argille Variegate, presenti unicamente nell estremo lembo nord-orientale ed in piccoli lembi a nord di Castelluccio superiore; _ Unità del riempimento plio-pleistocenico, presenti prevalentemente nella parte nord (valle del Sinni) e nel bacino del Mercure; in questa unità sono compresi anche i depositi del modellamento recente ed attuale: alluvioni e detriti, questi ultimi ben rappresentati lungo il bordo meridionale del Pollino; _ Unità metamorfiche, costituite da scisti, filladi e gneiss granatiferi probabilmente appartenenti al Complesso Calabride. Questa unità affiora in piccoli lembi a nord tra Episcopia e Francavilla sul Sinni e più estesamente a sud, sul margine orientale dei Monti di Orsomarso. La Carta Di Sintesi della Geologia Per una migliore e più sintetica comprensione della geologia e della disposizione delle maggiori strutture geologiche presenti nell area del Parco l analisi della carta di Sintesi della Geologia,

191 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 190 di 311 permette di osservare come i terreni di colmamento e ricoprimento del pliopleistocene e del quaternario occupino principalmente il settore nord dove, in fase orogenica si individuava la depressione del Bradano e dell Agri. Le successioni terrigene sinorogeniche dell Oligo-Micene, occupano il settore immediatamente a Nord Ovest delle maggiori strutture montuose, essendo quelle le direzioni verso cui si andavano sviluppando, in fase orogenica, le spinte di accavallamento. Le Unità del Frido, del Flysch Calabro-Lucano e del Melange Basale, costituenti la parte principale delle coltri liguridi, contornano le strutture carbonatiche, con una netta prevalenza tuttavia nel settore Nord Orientale. Le Unità Carbonatiche ovviamente, costituendo la base della successione, occupano essenzialmente il settore orientale e centrale con i Monti di Orsomarso e la struttura del Pollino. Infine le unità appartenenti alla coltre Sicilide (Argille Variegate Flysch Numidico), hanno una presenza marginale, nel settore estremo a NE, risultando marginale nell ambito della struttura del Pollino. Esse sono maggiormente presenti in un ambito più settentrionale (area del Sirino). Infine, nella carta di Sintesi della Geologia, sono stati indicati i termini appartenenti al Complesso Calabride, affioranti al margine orientale dei monti di Orsomarso. Geositi L area del Parco è quindi testimone della complessità e della storia geologica dell area, con una successione di falde sovrapposte e con movimenti tettonici di varia intensità. Alla complessità geologica si è sovrapposto un modellamento dovuto principalmente all azione delle acque e dei ghiacciai. Il territorio è caratterizzato da una accentuata fragilità dovuta da un lato alla sua complessa struttura e dall altro alle caratteristiche estremamente differenziate delle litologie che lo compongono. A fronte di questa fragilità, che impone azioni specifiche, sono presenti numerose testimonianze del travaglio geologico e morfodinamico che hanno portato alla configurazione di caratteri geologici e geomorfologici peculiari e di straordinaria bellezza che, rappresentando zone di interesse o emergenze particolari, richiedono differenti gradi di protezione. Tali forme geologico-geomorfologiche sono schematizzabili come: - di tipo superficiale (aree di affioramento di formazioni particolari, quali le rocce carbonatiche; le aree di modellamento caratteristico ed irripetibile, quali quelle dovute all azione glaciale; le superfici sede di erosione in forme particolari, quali quelle di tipo calanchivo; zone di affioramento di formazioni testimoni di stati particolari dell ambiente in cui le rocce si sono generate, quali le lave a pillows o le ofioliti; aree testimoni delle forme ipogee legate al ciclo dell acqua, quali i campi di doline; le aree sede di movimenti gravitativi); - di tipo lineare, per lo più coincidenti con creste o particolari tratti di aste fluviali; - di tipo puntuale quali pareti e coste che consentono di leggere con facilità la storia geologica dell area, inghiottitoi o elementi geologici particolari.

192 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 191 di 311 Tutte queste forme geologiche-geomorfologiche sono elementi identificabili e classificabili come Geositi, intendendo come Geosito una località, area o territorio dove sia possibile definire un interesse geologico o geomorfologico per la conservazione o qualsiasi risorsa naturale non rinnovabile di valore scientifico, culturale o educativo, quali formazioni o strutture geologiche, forme del paesaggio o giacimenti di carattere paleontologico e minerario estrattivo. I Geositi sono elementi attivi e dinamici nel continuo ed interattivo processo di definizione e costruzione del paesaggio. La conoscenza dei Geositi aiuta a capire lo sviluppo naturale del territorio e ad individuare corrette modalità di lettura anche per i territori limitrofi, non solo come conoscenza delle caratteristiche naturali ma anche del suo sviluppo antropico. All interno del Piano per il Parco i Geositi verranno indicati come un patrimonio geologico inestimabile che bisogna censire, tutelare e valorizzare attraverso un documentato ed impegnativo lavoro partecipato di individuazione, valutazione, catalogazione e pubblicizzazione dei risultati, realizzato mediante la predisposizione di un database sempre aperto e sempre migliorabile, nonché di facile consultazione. Gran parte dei geositi presenti nel territorio del Parco, sono sconosciuti o non sono censiti pur rappresentando un immenso patrimonio sia per la scienza che per nuove forme di turismo; forniscono infatti un contributo indispensabile alla comprensione scientifica della storia geologica di un area e rappresentano valenze di eccezionale importanza per gli aspetti paesaggistici e di richiamo culturale. L Ente Parco del Pollino attraverso il Piano per il Parco promuoverà la conoscenza, la fruizione pubblica sostenibile nell'ambito della conservazione del bene, e l'utilizzo didattico dei luoghi di interesse geologico-geomorfologico, delle grotte e dei paesaggi geologici. Difesa del suolo Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione per il risanamento idrogeologico dei territori tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio, e la lotta alla desertificazione, devono essere svolte secondo criteri, metodi e modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici competenti. La finalità è quella di garantire l omogeneità sia nelle condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio che nella modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi. Secondo quanto indicato dalla normativa di riferimento con il Piano per il Parco del Pollino, si perseguirà l obiettivo di preservare e garantire all interno del territorio dell area protetta, adeguati livelli di salvaguardia e sicurezza dell'assetto idrogeologico del territorio relativamente alla dinamica dei versanti e all assetto idraulico. Analisi dei caratteri geomorfologici del territorio del Parco del Pollino Dall analisi della Carta delle Pendenze del Territorio del Parco, alla scala 1:50.000, e dai diagrammi di distribuzione, si può vedere come la classe di acclività maggiormente rappresentata sia quella relativa

193 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 192 di 311 a pendenza 25% e 50%. Essa è particolarmente rappresentata nei Monti di Orsomarso, ma è anche è ben rappresentata lungo la dorsale del Pollino-Dolcedorme, ancora a testimonianza del fatto che traduce bene il modellamento dei carbonati. Dal confronto con la carta Geologica la classe indicata sembra essere anche rappresentativa di alcune parti degli affioramenti conglomeratici, a vario grado di cementazione, e del Flysch di Albidona. Altra classe che merita attenzione da punto di vista della stabilità dei territori interessati, e che è la seconda per importanza, è quella di pendenze comprese tra 10% e 25%. Tale classe sembra essere quella che meglio riflette i caratteri morfologici di terreni abbastanza facilmente erodibili (o di formazioni costituite da alternanze di terreni da mediamente a facilmente erodibili) che, da condizioni inizialmente tabulari o subtabulari (pianeggianti), hanno subito una estesa ripresa di stadi erosivi con conseguente rimodellamento delle superfici. Tale classe è quindi ampiamente associata ai terreni del riempimento pliopleistocenico e olocenico della valle del Sinni, del Serrapòtamo e del Sarmento. Essa è inoltre rappresentativa della rielaborazione dell antica superficie lacustre del bacino del Mercure. In generale l analisi geomorfologica fa rilevare che nell ambito del territorio complessivo di pertinenza del Parco del Pollino, le aree di particolare virulenza sotto il profilo della stabilità sono risultate quelle costituite da formazioni fliscioidi e dalle Formazioni del Frido e delle Crete Nere, ove la componente mineralogica, molto ricca in minerali smectitici, e le caratteristiche geotecniche e geomeccaniche molto ridotte favoriscono la mobilitazione di massa. Per quanto attiene ai settori interagenti con terreni più schiettamente argillosi sono state individuate fondamentalmente masse in frana di grosse dimensioni, pure esse suscettibili di lenta ma continua evoluzione. Numerosi centri abitati ricadenti nell area studiata hanno denunciato situazioni di grave pericolo, soprattutto a carico del perimetro edificato, a seguito di movimenti gravitativi ad evoluzione retrogressiva, di norma preesistenti agli insediamenti o alle loro espansioni urbanistiche. In definitiva, emerge un quadro complessivo della franosità a carico del comprensorio costituente il Parco del Pollino di indubbia diffusione areale. Assetto Idrogeologico nel Piano per Parco del Pollino Nel Piano per il Parco del Pollino, le situazioni di rischio verranno raggruppate, ai fini delle programmazione degli interventi, in due categorie : a. rischio di frana; b. rischio idraulico. Inoltre nelle aree che presentano problematiche di dissesto idrogeologico saranno indicate le classi d'interventi consentiti. Le parti di territorio del Parco ricadenti all interno delle aree a rischio idrogeologico censite dalle Autorità di Bacino della Calabria e della Basilicata, saranno riportate nella cartografia del

194 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 193 di 311 Piano per il Parco, e saranno regolamentate dalle norme tecniche emanate dalle due Autorità di Bacino. Con la redazione e l entrata in vigore del Piano per il Parco del Pollino nelle aree che presentano problematiche di dissesto idrogeologico saranno consentite le seguenti classi d'interventi: a. interventi destinati all eliminazione o all'attenuazione delle condizioni di pericolo (opere di sistemazione del suolo, di sostegno delle frane, di difesa dalle inondazioni, di protezione spondale, ecc.); b. interventi di sistemazione idraulica e idrogeologica, ivi compresi quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria effettuati con tecniche e metodi in grado di garantire la continuità dell ecosistema e la ricostituzione delle coperture vegetali; c. la lavorazione dei suoli, introducendo forme adeguate di regimazione delle acque meteoriche, mediante interventi di governo del territorio, riducendo al minimo la corrivazione, la perdita di suolo ed i conseguenti danni alla fertilità. Sempre nell ottica del dissesto idrogeologico e della tutela ambientale, con il Piano per Parco verrà regolamentata l attività di recupero ambientale dei siti oggetto di attività estrattiva anche finalizzata alla stabilità dei versanti interessati dall attività stessa. Analisi legislativa delle attività estrattive e minerarie nei Parchi Le attività di cava (e di miniera)subiscono tutta una serie di limitazioni, laddove ricadano in parchi naturali. Innanzitutto, quella che discende direttamente dall art.11, comma 3 della legge 394/91 (legge quadro sulle aree protette),che stabilisce, in via di principio, il divieto di aprire ed esercitare l attività di miniera e cava. Lo stesso articolo, con il comma 4, recita che il Regolamento del Parco stabilisce altresì le eventuali deroghe ai divieti del comma 3. Le norme regolamentari delle aree protette, possono quindi disporre deroghe per le attività già in corso, contemperando la conservazione delle attività imprenditoriali in atto con le esigenze di tutela dell ambiente del Parco. Il regolamento può inoltre disciplinare il recupero delle cave abbandonate e la sistemazione delle aree delle cave la cui attività cessi a seguito dell istituzione del Parco. Il regolamento può altresì consentire il proseguimento dell attività ed anche, per le cave abbandonate, l inizio di una nuova attività, seppure contenuta nei limiti necessari per conseguire il recupero e la sistemazione ambientale delle aree interessate dall attività cessata. Il regolamento dovrà però,in tal caso, individuare altresì le modalità di svolgimento di dette attività nonché gli oneri e le garanzie a carico dei soggetti autorizzati a svolgerle. Lo stesso regolamento può ancora disciplinare lo sfruttamento dei materiali estratti nel corso delle attività di recupero nonché l utilizzazione delle aree delle cave non più in esercizio, dopo la loro

195 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 194 di 311 sistemazione, per fini compatibili con la tutela ambientale (campi sportivi, laghi per la pesca sportiva, parchi attrezzati, ecc.)». Il Piano per il Parco, così come disciplinato dall art.12 della 394/91, può includere nelle aree di promozione economica e sociale, le aree ricadenti all interno del territorio del Parco in cui si esercitava o esercita l attività estrattive per consentirne la promozione con un recupero (e/o riutilizzo) finale del sito. In definitiva si può asserire che la normativa sui parchi non pone divieti di carattere assoluto; donde in assenza di specifiche misure di natura regolamentare, l autorità competente al rilascio dell autorizzazione è tenuta a verificare la compatibilità dell attività estrattiva con gli interessi tutelati, adottando possibili soluzioni oltre a contemperare gli interessi opposti. In relazione a quest ultimo aspetto è fondamentale precisare che l art.13 della L.394/91 subordina il rilascio delle concessioni e autorizzazioni relative ad interventi all interno del Parco, al nulla osta dell Ente gestore. E bene chiarire però, che il nulla osta dell Ente Parco non costituisce atto presupposto della successiva concessione o autorizzazione, che infatti sono regolate da altre norme a seguito di appositi procedimenti, ma il nulla osta influisce su detti procedimenti, in quanto la sua mancanza rende necessario il loro arresto o sospensione, nel caso, in cui il nulla osta manchi o vi sia un diniego di rilasciarlo. Và inoltre precisato quanto contemplato dall art. 6 del D.lgs. 152/06 e s.m.i. che specifica che per i progetti ricadenti all interno delle aree protette, le soglie dimensionali (per stabilire se alcune tipologie di progetto, tra cui le attività estrattive, sono da sottoporre a VIA) sono ridotte del 50%. Infine è importante ricordare come anche il Decreto del 17 Ottobre 2007 del Ministero dell Ambiente Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di conservazione (ZSC) e a zone di protezione speciale (ZPS), in cui l intera area del Parco del Pollino è compresa, vieti con l art.5 lettera n, l apertura di nuove cave in tali aree. Attività estrattiva all interno del territorio del Parco Nel rispetto di quanto definito dalla legislazione vigente in materia, e secondo quanto verrà contemplato e normato nel Piano per il Parco, un eventuale piano di coltivazione di una cava esistente, all interno dell area protetta (sempre da prevedere in aree individuate dal Piano del Parco come aree di promozione economica e sociale ) dovrà sempre e comunque essere corredato da una specifica documentazione tecnica e in particolare da: Relazione tecnico illustrativa,relazione sulla risistemazione e reinserimento ambientale,relazione paesaggistico-vegetazionale, relazione geologica; documentazione fotografica; elaborati grafici relativi allo stato attuale; cartografie di inquadramento e di analisi; elaborati grafici relativi allo stato di progetto;

196 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 195 di 311 elaborati di progetto di coltivazione; elaborati di progetto sulla risistemazione e reinserimento ambientale; elaborati di progetto di eventuali opere di urbanizzazione primaria; S.I.A. (studio di impatto ambientale) e/o Studio di incidenza ambientale (previsto dal D.P.R. 357/97e sm.i. in recepimento delle due direttive comunitarie,direttiva Habitat e Direttiva Uccelli,e volto a garantire la compatibilità di nuove opere, piani o progetti con le zone SIC e ZPS per la salvaguardia di flora e fauna selvatica. Da quanto esposto,tutte le cave esistenti all interno dell area protetta potranno essere oggetto di riqualificazione e recupero ambientale, intesi come l insieme delle azioni aventi il fine di ricostruire,sull area ove si è svolta l attività estrattiva, un assetto finale dei luoghi che salvaguardi l ambiente naturale e paesistico. Tutti gli interventi di riqualificazione e di recupero, possono essere eseguiti solo previo nulla osta dell Ente parco secondo quanto previsto dall art.13 della L.394/91. L attività di recupero dovrà prevedere una serie di tipologie di interventi tra cui: il rimodellamento, con movimentazione di materiale interno al sito di cava dismessa, finalizzato al recupero morfologico del sito stesso. Le operazioni di rimodellamento devono essere commisurate alle effettive esigenze di sistemazione finale del sito, pertanto dovranno essere attentamente valutati gli interventi che lo determinano. Il rimodellamento può comportare l abbattimento della vegetazione presente all intorno dell attuale area di cava dismessa solo nel caso in cui sia comprovata l inesistenza di soluzioni tecniche alternative e la vegetazione eliminata andrà comunque compensata; il rinverdimento con le tecniche dell agronomia, dell ingegneria naturalistica e delle sistemazioni idraulico-forestali; l utilizzo della superficie della cava dismessa per gli interventi di compensazione ambientale. Il progetto di recupero del sito deve indicare gli interventi per la sistemazione morfologica e idrogeologica dei suoli, nonché, gli interventi agronomici, forestali e paesaggistici del sito e delle relative strade di accesso. Dovranno essere predisposte relazioni tecniche sulle caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, topografiche, faunistiche, vegetazionali e paesaggistiche della cava dismessa oggetto di intervento e di un significativo intorno valutando le interferenze dell attività di recupero sulle medesime. Nella risistemazione e nel ripristino ambientale dei siti di cava, si possono prevedere opere di rimodellamento delle pendici modificate dall attività estrattiva, quando siano finalizzate al raggiungimento di una maggiore stabilità dei versanti, al ripristino di maggiori condizioni di sicurezza o quando favoriscano la diffusione naturale di specie erbacee, arbustive ed arboree di particolare significato geobotanico e autoctone.

197 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 196 di 311 L analisi di stabilità dovrà essere certificata da una relazione di meccanica delle rocce e/o di meccanica delle terre contenente la valutazione delle condizioni di stabilità dei fronti eventualmente modellati durante l intervento di recupero morfologico ed a recupero realizzato (condizioni a lungo termine). Dovranno inoltre essere previsti: a)il rimodellamento del terreno, raccordando le linee in evidente contrasto con il contesto paesisticoambientale conformemente alla morfologia circostante; b) interventi tesi ad aumentare la scabrosità dei fronti ad elevata pendenza al fine di esaltare le possibilità di rinverdimento sia naturale che artificiale mediante microfratturazione, microgradonatura, taglio delle teste di scarpa degli eventuali gradoni; c) le ricariche al piede delle scarpate per ridurre le altezze esposte e le pendenze di abbandono; d) gli interventi da attuarsi per il miglioramento del substrato pedologico presente e per la difesa attiva del terreno di riporto, ai fini del rinverdimento dell area escavata; e) la creazione di contropendenze atte al riporto ed alla difesa del terreno vegetale; f) il drenaggio, la raccolta, la canalizzazione, l adozione di opportune pendenze di sgrondo e lo smaltimento delle acque superficiali e profonde verso le linee naturali di deflusso; g) la realizzazione di accessi carrabili momentanei e funzionali alle operazioni di recupero da ripristinare al termine dei lavori; h) la realizzazione di spartifuoco e frangifuoco ove la vastità e la potenziale infiammabilità del rinverdimento o la sua vicinanza con formazioni forestali di particolare valore o grado infiammabilità lo rendano necessario. Il fine di recupero ambientale dei siti di cava, deve essere l inserimento dell ambito estrattivo nel paesaggio, favorendo soluzioni mirate al contenimento degli effetti morfologici indotti dall escavazione; la sistemazione morfologica al termine delle opere di rinaturalizzazione deve garantire comunque la stabilità delle scarpate ed il controllo dell erosione del terreno superficiale di riporto, anche mediante opere di regimazione idraulica ed idonei interventi di ingegneria naturalistica. Tipologie di Recupero ambientale Recupero ambientale ad uso naturalistico: la rinaturalizzazione deve condurre alla formazione di fitocenosi in grado di evolvere, con ridotto intervento nel tempo, verso un ecosistema in equilibrio con l ambiente. Il fine deve essere l inserimento dell'ambito estrattivo nel paesaggio, favorendo soluzioni mirate al contenimento degli effetti morfologici indotti dall'escavazione; la sistemazione morfologica al termine delle opere di rinaturalizzazione deve garantire comunque la stabilità delle scarpate ed il controllo dall'erosione del terreno superficiale di riporto, anche mediante opere di regimazione idraulica ed idonei interventi di ingegneria naturalistica. Per tutti gli interventi, le specie vegetali da utilizzarsi devono essere individuate tra quelle autoctone. La collocazione di alberi, arbusti ed erbe e la loro consociazione dovrà tener conto delle esigenze ecologiche di ciascuna specie. Sia la disposizione e la forma degli appezzamenti imboschiti, che la

198 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 197 di 311 distribuzione delle piante al loro interno devono essere irregolari, al fine di evitare una innaturale monotonia. Recupero ambientale ad uso ricreativo e a verde pubblico attrezzato: realizzazione di aree destinate ad accogliere servizi ed attrezzature a funzione ricreativa. Per realizzare questo tipo di recupero, la morfologia deve essere compatibile con le possibilità di accesso, nonché con l interconnessione alle infrastrutture tecniche e civili di pubblico servizio. La sistemazione definitiva deve, in ogni caso, garantire la sicurezza e l'equilibrio idrogeologico dell'area di intervento e deve essere definita dai relativi progetti attuativi. Recupero ambientale ad uso insediativo:le eventuali destinazioni ad uso insediativo, quali servizi, attività industriali e produttive in generale e abitazioni, sono soggette alle vigenti normative urbanistiche. La sistemazione definitiva deve, in ogni caso, garantire l'equilibrio idrogeologico dell'area residua e deve essere definita dal relativo progetto autorizzato. Recupero spontaneo: il processo di recupero naturale e spontaneo di vecchi lavori minerari non è un evenienza rara se sono presenti le condizioni favorevoli (assenza di inquinamento, clima propizio, presenza di terreno fertile). Lo sviluppo della vegetazione spontanea autoctona produce risultati paesaggistici in perfetta armonia con l ambiente circostante, spesso migliori di quelli ottenuti con l intervento dell uomo. In particolare, è da evidenziare il gradevole effetto generato dalla combinazione di zone rocciose restate esposte con aree a verde nelle quali gli alberi e i cespugli sviluppano le radici nelle formazioni geologiche preparate dall azione di scavo. All interno della cartografia del Piano per il Parco saranno censite e cartografate tutte le attività estrattive esistenti o dismesse attualmente presenti nel territorio del Parco. Idrogeologia Il territorio del Parco del Pollino ha rilevante complessità geologica e geomorfologica, che determina un articolato sviluppo della rete idrografica tanto superficiale che sotterranea. L ampiezza dei bacini idrografici, l acclività e la litologia dei terreni attraversati, in funzione delle portate e dell orografia dei versanti incisi, assegnano ai corsi d acqua aspetti molto caratteristici, incisi e rapidi o larghi e serpeggianti; da qui l adozione di una terminologia specifica: valloni, fossi, torrenti, fiumare, fiumarelle, gravine. I bacini sversanti nello Jonio fanno principalmente riferimento al F. Sinni con i suoi affluenti e al T. Raganello; quelli sversanti nel Mar Tirreno sono pricipalmente il Lao e l AbateMarco, più altri minori, direttamente incisi nelle rocce del complesso calcareo dell unità di Verbicaro. Il corso d acqua più significativo del versante lucano del Parco è il Sinni (km 96,7); a nord del suo bacino fluviale riceve due importanti affluenti, il Frido (km 25) ed il Sarmento (km 36). Il Frido nasce a 1800 metri (Piano Iannace) e lungo il suo corso attraversa i piani di Vacquaro per poi addentrarsi nel bosco Magnano, dove raccoglie le acque del torrente Peschiera (km 16,6); il suo alveo termina nei pressi del convento Del Ventrile di Francavilla sul Sinni.

199 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 198 di 311 Il Sarmento dà origine al suo deflusso vicino Casa del Conte (frazione di Terranova del Pollino), dopo aver attraversato la Gola della Garavina si immette nel Sinni ad ovest di Valsinni. Ad est del versante Calabro scorre uno dei torrenti più importanti del Parco: il Raganello (km 32), conosciuto per le sue gole nate dall azione combinata dell erosione fluviale e dei movimenti tettonici, è alimentato dalle acque convogliate da serra delle Ciavole, Toppo Vuturo e Falconara. Altri corsi d acqua presenti nell area sono il torrente Vaccuta, il fiume Abatemarco (km 20) ed il Lao (km 63,7); quest ultimo nato dalla confluenza del torrente Mercure, che nasce dalle pendici settentrionali di Coppola di Paola, con il Battendiero. Un importante affluente del F. Lao è il F. Argentino (km 18,5) la cui valle è circondata da imponenti foreste. Questi corsi d acqua sfociano nel Mar Tirreno. L esame della Carta del Reticolo Drenante del parco del Pollino, alla scala 1:50.000, evidenzia come nel settore nord il reticolo idrografico sia ben sviluppato, con direzione delle aste principali Est-Ovest e direzione delle aste secondarie Nord-Sud. La direzione E-W e la continuità delle aste fluviali rende molto forte la loro azione come barriere agli scambi tra le varie parti del territorio, compartimentandolo in questo senso. Nelle altre parti del territorio le direzioni sono più disperse, essenzialmente centripete, soprattutto sui Monti di Orsomarso. In questo caso la suddivisione del territorio assume un mosaico più frazionato, con elementi di minore estensione e la suddivisione non arriva ad una vera compartimentazione. Dal punto di vista idrogeologico gli ambienti geologici disomogenei che caratterizzano il territorio del Parco danno luogo a sistemi idrogeologici di diversa complessità ed importanza per quanto concerne le risorse idriche, ma trascurando gli ambienti che danno luogo ad acquiferi di importanza limitata (portata delle sorgenti inferiori a 5 l/s), i principali sistemi idrogeologici presenti sono: alluvioni di fondo valle: che interessano i tratti di pertinenza delle principali aste fluviali presenti nel territorio del Parco; sistema conglomeratico sabbiosi quaternari: sono terreni rappresentati principalmente nel settore Nor orientale del Parco, tra il F. Serrapotomoe il f. Sarmento; Flysch marnoso arenacei: presenti sul bordo SE del Parco, che guarda verso il mar Jonio e sono riconducibili essenzialmente alla formazione di Albidona ed a quella di Trentinara; Flysch interni: caratterizzati da terreni flyscioidi e metamorfosati che si trovano nella parte centrale del territorio del Parco; Acquiferi carbonatici Analisi legislativa sulla Tutela delle acque La direttiva 2000/60 della Comunità Europea (2000/60/CE) si propone come un quadro normativo complessivo in materia di acque finalizzato alla protezione qualitativa e all ottimizzazione della gestione quantitativa della risorsa idrica. La direttiva coinvolge sia le acque superficiali (fiumi, laghi, acque di transizione,acque costiere, corpi idrici superficiali artificiali) che le acque sotterranee.

200 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 199 di 311 Le finalità della direttiva sono: - proteggere e migliorare la qualità degli ecosistemi acquatici; - promuovere un uso sostenibile dell acqua basato su una gestione dell acqua a lungo termine; - ridurre/eliminare gradualmente l inquinamento di sostanze pericolose prioritarie; - garantire la disponibilità di una giusta quantità di acqua quando e dove essa è necessaria; - contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità. Questi intenti sono complessivamente riassunti nell articolo 4 che impone di raggiungere un buono stato delle acque superficiali e sotterranee entro il 2015.La gestione della risorsa idrica viene affrontata a scala di bacino. L obiettivo generale della Direttiva è quello di fissare un quadro comunitario per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee, che assicuri la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, agevoli l'utilizzo idrico sostenibile, protegga l'ambiente, migliori le condizioni degli ecosistemi acquatici e mitighi gli effetti delle inondazioni e della siccità. La direttiva prevede che per perseguire gli obiettivi prefissati, per ciascun distretto idrografico, deve essere predisposto il Piano di gestione delle acque. Nel piano di gestione devono essere previste misure atte a prevenire il deterioramento, a migliorare e ripristinare le condizioni delle acque superficiali, a raggiungere e mantenere un buono stato chimico ed ecologico delle stesse e a ridurre l'inquinamento dovuto agli scarichi e alle emissioni di sostanze pericolose. Per quanto attiene invece ai principali riferimenti normativi nazionali nell ambito della tutela delle acque, essi sono sintetizzabili con: il R.D. 1775/33, la L.319/76 (legge Merli), la L. 36/94 (legge Galli), la L.183/89 (sulla difesa del suolo), il D.lgs 152/99, il D.lgs 152/06, il D.lgs 284/06 (disposizioni correttive e integrative del 152/06), il D.lgs n.4/08 (ulteriori disposizioni correttive e integrative del D.lgs.152/06) e la L.13/09. Del Dlgs 152/99 è importante far rilevare come esso all art. 44 prevedeva la redazione del Piano di Tutela della Acque, quale principale strumento unitario per la pianificazione del risanamento e della Prevenzione dall inquinamento delle acque; pertanto, unisce il concetto di valore limite di emissione e di obiettivi di qualità ambientale e coniuga la gestione della quantità alla tutela qualitativa. Viene inoltre specificato quali devono essere i contenuti del Piano di Tutela: i risultati dell attività conoscitiva; l individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione; l elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall inquinamento e di risanamento; le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico; l indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità; il programma di verifica dell efficacia degli interventi previsti; gli interventi di bonifica dei corpi idrici.

201 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 200 di 311 Tali indicazioni vengono ribadite anche, successivamente, dal D.lgs.152/06 all art Il D.lgs 152/06 ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell ambiente e l utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. Il Decreto provvede essenzialmente al riordino, al coordinamento e all integrazione delle disposizioni legislative sulle acque, sulla base della normativa locale (Regioni ed Enti Locali), nazionale e comunitaria (es. Direttiva 2000/60/CE ). L ambito di applicazione del Decreto riguarda l ambiente in senso lato, ma anche in questo caso si fa particolare riferimento alle acquemarino-costiere, quelle destinate alla balneazione e quelle destinate alla vita dei molluschi. Il Decreto Legislativo n 152/2006 e sue s.m.i., in linea con quanto già riportato nel D.Lgs.152/1999, disciplina e regolamenta le azioni da intraprendere per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee, perseguendo i seguenti obiettivi: a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati; b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque e consentire adeguate protezioni a quelle destinate a particolari usi; c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili; d) mantenere la capacità naturale di auto depurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. Il D.lgs.152/06 recependo la Direttiva 2000/60/CE ricalca abbastanza fedelmente quanto riportato nella Direttiva, rendendo attuative tutte le fasi previste. Tutte le categorie dia acque sono contemplate nel Decreto, ed in particolare:-acque sotterranee,fiumi,laghi ed invasi,acque costiere-acque di transizione, acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le acque destinate alla balneazione, le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci, le acque destinate alla vita dei molluschi. Con l entrata in vigore della L.13/09, l'adozione dei Piani di Gestione delle acque e' effettuata sulla base degli atti e dei pareri disponibili, dai comitati istituzionali delle autorità di bacino di rilievo nazionale, integrati da componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade nel distretto idrografico al quale si riferisce il piano di gestione (il territorio nazionale è attualmente suddiviso in otto distretti idrografici) non già rappresentate nei medesimi comitati istituzionali. Tutela delle acque nelle aree protette Il D.lgs.152/06, con l art.164, ribadendo quanto già contemplato con la legge Galli, afferma che: nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali l'ente gestore, sentita l'autorità di Bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate. Gli enti gestori di aree protette verificano anche le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno delle aree stesse e richiedono all'autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione.

202 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 201 di 311 La legge 394/91 sulle aree protette, all art.11 comma 3, Regolamento del Parco, specifica che all interno delle aree protette è vietata la modificazione del regime naturale delle acque. Lo stesso articolo al comma 4 recita di contro che il Regolamento del Parco stabilisce altresì le eventuali deroghe ai divieti di cui al comma 3. Regolamentazione della Tutela delle acque con il Piano per il Parco L Ente Parco, nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela delle acque perseguirà i seguenti obiettivi: a. prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati; b. conseguire il miglioramento dello stato delle acque e consentire adeguate protezioni a quelle destinate a particolari usi; c. perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili; d. mantenere la capacità naturale di auto depurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. In definitiva l Ente Parco del Pollino, nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela delle acque nelle aree protette, disciplinerà e regolamenterà le azioni da intraprendere per la tutela delle stesse. Più specificatamente ai sensi del comma 2 dell art.164 del D.lgs.152/06, per le acque superficiali e sotterranee aventi natura pubblica e ricadenti nel territorio del Parco, le nuove concessioni, il rinnovo di quelle già rilasciate nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciate dalle competenti autorità pubbliche, sentito il parere dell Ente Parco. Gli interventi di prelievo idrico sono quindi soggetti a autorizzazione dell Ente Parco, che verifica se: a. gli interventi non pregiudicano il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d acqua interessato in base a quanto prescritto dal D.lgs 152/2006 e s.m.i. ovvero dai Piani regionali di Tutela delle acque; b. quando è garantito il minimo deflusso vitale (DMV) e l equilibrio del bilancio idrico. Il Deflusso Minimo Vitale di un corso d acqua (DMV) è stato introdotto nel quadro legislativo nazionale dalla legge 183/1989 e successivamente è stato ripreso dal D.Lgs. 275/1993, dalla legge 36/1994, dal D.Lgs. 152/1999 e, infine, dal recente D.Lgs. 152/2006 di recepimento della Direttiva Europea sulle Acque 2000/60. Il DMV è la portata minima necessaria per ogni tronco omogeneo del corso d acqua a garantire la salvaguardia delle caratteristiche fisiche del corpo idrico e chimico-fisiche delle acque, nonché per mantenere le biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali. Tale parametro, evidentemente, è di estrema importanza per le esigenze di tutela delle acque e deve costituire un riferimento fondamentale per la disciplina delle concessioni di derivazione, oltre che per le autorizzazioni degli scarichi.

203 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 202 di 311 Il DMV rappresenta una portata di stretta attinenza al Piano di Tutela delle acque, e alla determinazione attengono aspetti di tipo naturalistico e di tipo antropico caratteristici di ogni tronco di corso d acqua di interesse. La predisposizione del bilancio idrico e la determinazione del DMV, presuppongono un livello di conoscenza dei corsi d acqua, suddivisi in tratti omogenei, tale che, per ogni sezione o tratto considerato, si debbano acquisire una serie di elementi conoscitivi di tipo: - morfologico, geologico, idrogeologico, climatico e idrologico; - regime dei deflussi naturali e relativa caratterizzazione statistica; - parametri geometrici e biologici dell alveo; - parametri idraulici della corrente; - presenza di aree a specifica tutela; - prelievi e immissioni di acqua. Si comprende come la sola complessità della fase conoscitiva richieda che il DMV possa essere definito compiutamente in termini quantitativi soltanto nell ambito del Piano di Tutela delle Acque. In sintesi, nelle more dell applicazione del Piano di Tutela, la Regione e/o l ABR possono stabilire di assumere un parametro standard di valutazione del DMV da utilizzare per le concessioni di derivazione da rete idrica superficiale, che potrà essere sostituito in seguito, dalle valutazioni più puntuali contenute nel Piano di Tutela adottato o approvato. Le normative, emesse dalle competenti Autorità di Bacino, per la definizione del deflusso minimo vitale costituiscono il riferimento prioritario, anche se non inderogabile, soprattutto per aree a vocazione naturalistica come le aree parco. Per cui secondo quanto specificato dalla legislazione sulla tutela delle acque, D.Lgs.152/06, e dalla L.394/91, l Ente gestore dell area protetta definisce le acque che non possono essere oggetto di captazione e per quelle già captate può richiedere la modifica della quantità di rilascio, anche in riferimento alla zonizzazione dell area protetta, stabilita con il Piano per il Parco, ed alla presenza di aree a specifica vocazione naturalistica come i siti di rete Natura Natura 2000 istituita in seguito al recepimento di due direttive comunitarie, la 92/43/CEE (Direttiva habitat) e la Direttiva 79/409/CEE (Direttiva uccelli), ha come obiettivo di contribuire alla salvaguardia della biodiversità e della flora e fauna selvatica attraverso la istituzione di Zone di Protezione Speciale (ZPS), sulla base della Direttiva Uccelli, e di Zone Speciali di Conservazione (SIC), sulla base della Direttiva Habitat. Tale obiettivo si integra con quelli della direttiva 2000/60/CE prevedendo l individuazione di aree destinate alla protezione di habitat e di specie nelle quali mantenere e migliorare lo stato di qualità delle acque. Natura 2000 individua: - le misure per garantire il monitoraggio dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario con particolare attenzione a quelle definite prioritarie; - le azioni di monitoraggio della qualità delle acque previste dal Piano costituiscono lo strumento di

204 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 203 di 311 conoscenza e prevenzione dei siti natura 2000, ma anche di altre aree in cui la qualità e la gestione della risorsa idrica può influire sui biotopi individuati a livello comunitario; - la valutazione di incidenza prevista dall art. 5 del DPR 357/97 e del D.P.R.120/03, necessaria a garantire la compatibilità di nuove opere, piani o progetti, che si intendono realizzare per assicurare l integrità e la funzionalità degli habitat naturali. Il piano di tutela, in quanto strumento di pianificazione e gestione territoriale, deve pertanto tener conto del peso dei siti di importanza comunitaria. Nel territorio del Parco saranno quindi vietati tutti gli interventi che modificano l attuale regime e composizione delle acque fluenti o stagnanti, nonché delle acque sotterranee in ogni loro manifestazione, fatti salvi i casi specificamente previsti. In particolare: ai sensi dall art.164 comma1 D.lgs.152/2006, all interno del territorio del Parco sarà vietata la captazione, lo sfruttamento e qualsiasi altra forma di utilizzo delle acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi esistenti; ai sensi del comma 2 dell art. 164 del D.lgs. 152/2006, le competenti autorità pubbliche previo nulla osta dell Ente Parco, possono rilasciare autorizzazioni di prelievo idrico purchè siano garantiti il deflusso minimo vitale (DMV), l equilibrio del bilancio idrico e l equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell acquifero. In attesa della definizione di dettaglio del DMV per ogni bacino idrografico, prevista nei Piani Regionali di Tutela delle Acque o a specifici studi di dettaglio condotti dall Ente Parco, in via transitoria all interno del Parco del Pollino, il DMV dovrà essere calcolato secondo il metodo che verrà indicato negli elaborati del Piano per il Parco. Inoltre dovranno: essere dettagliatamente descritti gli strumenti di misurazione del DMV così come previsto dalla normativa (D.lgs.152/2006); essere periodicamente notificate all Ente le misurazioni del DMV ossia della portata minima da rilasciare nell alveo del corso d acqua dell opera di presa; essere preliminarmente verificate, dall Ente Parco, le opere d arte degli appositi passaggi per il DMV e la fauna ittica, in relazione alla tipologia delle opere di derivazione all entità delle portate oggetto di derivazione e alle caratteristiche del corpo idrico interessato.

205 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 204 di Sistema antropico I dati contenuti nei paragrafi seguenti si riferiscono principalmente alle analisi condotte da Bonifica- Italeco, che a loro volta si basano principalmente sui dati ISTAT aggiornati al La parte relativa alle politiche energetiche è aggiornata invece al Sistema Insediativo Il sistema insediativo del territorio del Parco Nazionale del Pollino si caratterizza essenzialmente per la disomogeneità e la frammentarietà degli insediamenti antropici (nuclei abitati). La disomogeneità appare evidente in relazione alla collocazione, in senso interni-esterni, dei centri abitati rispetto al perimetro del Parco. Infatti tra i 56 Comuni facenti parte del Parco, 14 presentano un territorio comunale interamente ricompreso nel perimetro del Parco, 19 presentano un territorio parzialmente ricompreso, ma con il centro abitato interno, mentre ben 23 sono solo parzialmente interessati dal perimetro del Parco con il centro abitato fuori dal territorio del Parco. Valutata a livello regionale questa considerazione palesa anche una differenza sostanziale, infatti dei 32 Comuni del versante calabrese solo 3 (Laino Castello, Mormanno e San Lorenzo Bellizzi) risultano interamente ricompresi, mentre per quanto riguarda il versante lucano la percentuale è maggiore, poiché sono ben 11 su 24 ( Cersosimo, Chiaromonte, Fardella, Francavilla in Sinni, Noepoli, Rotonda, San Costantino Albanese, San Paolo Albanese, San Severino Lucano, Terranova di Pollino e Viggianello). In effetti per il versante lucano 6, per vicissitudini storiche legate alla nascita, all evoluzione ed al modo in cui si è costituita l area protetta, risultano interni all area Parco interi territori comunali, che ricomprendono quindi anche aree che sono state maggiormente interessate dai fenomeni di antropizzazione e quindi dalle attività umane, sia agricole che commerciali, che artigianali ed industriali. Per il versante calabrese invece il territorio del Parco ricomprende quasi esclusivamente le aree con le principali emergenze naturalistiche ed ambientali. La conformazione orografica del territorio con la presenza di barriere fisiche quali catene montuose, nonché incisioni e valli permette addirittura la suddivisione in sottosistemi territoriali aventi caratteristiche abbastanza distinte riportati nella tabella seguente: 6 Il Progetto Pollino del 1977, eseguito da un gruppo interdisciplinare di studio coordinato dall'arch. Ferrara e composto da numerosi studiosi, tra i quali il prof. Valerio Giacomini, il prof. Alberto Simonetta, il prof. Umberto Bagnaresi, l'arch. Augusto Cagnardi, il dr. Giampietro Rota, l'ing. Annibale Formica, si basava su 13 Comuni interamente compresi nel perimetro del Parco, di questi 10 lucani e 3 calabresi.

206 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 205 di 311 SISTEMA TERRITORIALE SOTTOSISTEMA TERRITORIALE COMUNE ALTA VALLE DEL MERCURE ROTONDA VIGGIANELLO VALLE DEL MERCURE BASSA VALLE DEL MERCURE CASTELLUCCIO INFERIORE CASTELLUCCIO SUPERIORE LAINO BORGO LAINO CASTELLO LAURIA MORMANNO VALLE DEL SARMENTO VALLE DEL SARMENTO CERSOSIMO NOEPOLI SAN COSTANTINO ALBANESE SAN GIORGIO LUCANO SAN PAOLO ALBANESE TERRANOVA DEL POLLINO VALLE DEL SINNI CHIAROMONTE EPISCOPIA FARDELLA FRANCAVILLA SUL SINNI LATRONICO SAN SEVERINO LUCANO VALLI DEL SINNI- SENISE SERRAPOTAMO TEANA VALSINNI CALVERA VALLE DEL SERRAPOTAMO CARBONE CASTELSACENO CASTRONUOVO S. ANDREA ALESSANDRIA DEL CARRETTO CERCHIARA DI CALABRIA VALLI RAGANELLO- CIVITA VALLI RAGANELLO-CALDANELLE CALDANELLE FRANCAVILLA MARITTINA PLATACI SAN LORENZO BELLIZZI AIETA BUONVICINO GRISOLIA MAIERÀ ORSOMARSO ORSOMARSO ORSOMARSO OCCIDENTALE OCCIDENTALE PAPASIDERO PRAIA A MARE SANTA DOMENICA TALAO TORTORA VERBICARO ACQUAFORMOSA BELVEDERE MARITTIMO LUNGRO ORSOMARSO MOTTAFOLLONE ORSOMARSO MERIDIONALE MERIDIONALE SAN DONATO DI NINEA SANGINETO SAN SOSTI SANT'AGATA D'ESARO CASTROVILLARI FRASCINETO VALLE DEL COSCILE VALLE DEL COSCILE MORANO CALABRO SAN BASILE SARACENA Analizzando le varie componenti di questi sistemi tre dei sette, vale a dire Mercure, Sarmento e Raganello possono essere definiti interni, in quanto la quasi totalità dei comuni interessati è interna al Parco: questi sistemi grazie alla loro configurazione morfologica offrono la possibilità di entrare nel Parco e di fruire delle componenti ambientali e paesaggistiche più rilevanti all interno dell area Parco.

207 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 206 di 311 Altri 3 sottosistemi vale a dire Orsomarso Occidentale, Orsomarso meridionale a Valle del Coscilepossono essere considerati più sistemi di relazione in quanto gestiscono il territorio nel passaggio dalla pianura o dalla costa alle aree montane ed alle vette del Pollino e del Orsomarso; in questi sistemi i centri urbani sono localizzati prevalentemente sul bordo o all esterno del perimetro del Parco. Il Sistema della Valle del Sinni rappresenta un area di collegamento strategica soprattutto in relazione alla costruzione di una rete ecologica e del sistema delle aree protette regionale o nazionale. Infatti il bacino idrografico del Sinni interessa sul versante destro aree appartenenti al comprensorio del Pollino, mentre su quello sinistro si estende fino al Lagonegrese ed al monte Sirino e attraverso il sottobacino del Serrapotamo ai confini della Val d Agri. Addirittura i comuni di Carbone, Castelsaraceno e Lauria presentano nel loro territorio comunale la presenza di entrambi i parchi. Secondo i dati aggiornati al 2007 la popolazione residente dei 56 Comuni facenti parte del Parco è pari a abitanti, mentre nel perimetro del Parco si stima una presenza di abitanti. Dal punto di vista del patrimonio edilizio esso è stimato all interno del Parco in unità contro le dell intero comprensorio pari ad una percentuale di circa il 34,54%. Il sistema insediativo si caratterizza per le seguenti peculiarità: dimensione ridotta di gran parte dei centri abitati, infatti ben 28 dei 56 Comuni costituenti il Parco possono essere classificati come molto piccoli con popolazione inferiore ai 2000 abitanti, mentre solo due (Castrovillari e Lauria, peraltro esterni all area del Parco) sono classificati come medio-grandi con popolazione residente superiore a abitanti; eterogeneità delle modalità insediative. Infatti, se in media la popolazione residente risulta insediata per circa il 78% nei centri abitati, per il 7% nei nuclei abitati e per il 15% nelle case sparse, si passa da situazioni quali il comune di Viggianello (composto da ben 18 centri, compreso il capoluogo, e 16 nuclei) o il comune di San Severino Lucano (con la presenza di 6 centri e 6 nuclei), passando per situazioni intermedie, a quelle tipo il comune di Mormanno che praticamente ha il solo centro capoluogo. In generale, la dispersione della popolazione in centri abitati e nuclei rurali è tipica del versante lucano del Parco, ad eccezione dei pesi di etnia arbereshe (sia lucani che calabresi) in cui, per ragioni storiche e antropologiche, gli abitanti si concentrano in un unico centro abitato anche se di piccole dimensioni. consistente presenza di edificato non utilizzato; l abitazione per uso vacanza è tipica della zona dell Orsomarso occidentale dove è notevole la presenza di seconde case legate al turismo balneare, ma è presente anche nei Comuni più interni, dove ad essa però si affianca una buona percentuale legata all inutilizzo permanente o addirittura all abbandono, quest ultimo dovuto sia al calo demografico, sia alla scarsa dotazione impiantistica e architettonica. edificato antico e spesso povero di dotazione impiantistica; il patrimonio edilizio è stato realizzato per il 30% prima del 1929 e per oltre il 50% prima del 1960, pertanto risulta spesso carente sia dal punto di vista strutturale, che impiantistico, che del contenimento dei consumi energetici. La nuova edificazione è andata via via scemando a partire dagli anni 80 ad oggi, avendo avuto come protagonista soprattutto l area dell Orsomarso Occidentale, dove si è

208 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 207 di 311 risentito e si risente maggiormente della spinta di nuova edilizia legata la turismo balneare. Inoltre un buon 20% delle abitazioni occupate risultano non collegate ad alcun sistema fognario. In generale i centri abitati hanno mostrato una stabilità d impianto fino all inizio del secondo dopoguerra con ampliamenti misurati, scalarmente conformi con la struttura urbana originaria. Decisamente differenti e più rilevanti le trasformazioni determinatesi a partire dagli anni sessanta, che hanno causato una forte e spesso inutile erosione di territorio dovuta principalmente alla utilizzazione di criteri e modelli di urbanizzazione e di edificazione totalmente privi di attenzione e riferimento alla qualità dell ambiente naturale ed alle caratteristiche tipo-morfologiche degli insediamenti esistenti. Infatti i centri abitati, per lo più arroccati sui crinali collinari, hanno mostrato uno scivolamento a valle dell assetto edificatorio, soprattutto per le aree destinate ad insediamenti per attività produttive, verso zone maggiormente stabili idrogeologicamente e più facilmente accessibili dal punto di vista stradale. I nuovi interventi edilizi, in generale, si concentrano in parti di territorio orograficamente più accessibili e che, con diversa intensità di sfruttamento dei suoli, appaiono morfologicamente autonome rispetto alle parti occupate dall abitato di più antica edificazione. L edilizia nuova, che si caratterizza generalmente per l uso di tipologie estensive, invade progressivamente il territorio esterno all abitato consolidato (antico) in modo diffuso e spontaneo, disponendosi disordinatamente lungo le principali direttrici di collegamento ed alterando le caratteristiche di compattezza dell edificato, proprie degli insediamenti dell intero comprensorio del Parco. Per quanto riguarda le condizioni e le specializzazioni insediative, relativamente alla posizione altimetrica, alla costituzione morfologica ed alla densità dei centri e dell edificato diffuso, nonché alle caratteristiche tipo-morfologiche dei tessuti edilizi ed urbani ed alla qualità delle espansioni, si vogliono di seguito evidenziare taluni aspetti, ed in particolare: - Alta qualità degli insediamenti e dei nuclei storici, sebbene interessati da fenomeni di degrado fisico e di abbandono, ovvero da interventi puntuali di alterazione dei caratteri originari; - Scarsa qualità della nuova edificazione, in genere avulsa dalle caratteristiche dei contigui nuclei storici, con conseguente alterazione dell immagine complessiva degli abitati; - Alterazione dei caratteri originari insediativi a seguito della realizzazione di attrezzature e servizi per la collettività; - Scarsa riconoscibilità dell edificato in opposizione alla compatta caratterizzazione dell assetto urbanistico antico - per effetto di interventi edilizi ed urbanizzativi di scarsa qualità; - Situazioni di conflitto ed incompatibilità in prossimità degli abitati, ove per la conduzione del fondo, si rilevano manufatti incongrui in prossimità di elementi di elevato pregio naturalistico;

209 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 208 di L abbandono graduale delle zone di antica tradizione insediativa, a favore delle zone di più recente espansione capaci di una più elevata dotazione di servizi e di più agevole accesso; - Scarsa qualità degli insediamenti specificamente destinati ad attività produttive per una carenza di attenzione all impatto ambientale; - Abbandono di territori produttivi agricoli, con conseguente degrado di strutture edilizie ed infrastrutture viarie. Beni culturali L avvicendarsi nel territorio di popoli e di culture provenienti da luoghi diversi ha determinato, fin dal Paleolitico, una stratificazione storica e culturale che ha visto, nell'arco del tempo, la presenza dei Greci e dei Romani e successivamente dei Longobardi, dei Saraceni, dei Bizantini e infine dei Normanni e degli Spagnoli, fino all Unità d Italia a alla lunga vicenda dell emigrazione oltreoceano. Nel territorio del Parco è presente uno dei siti preistorici più antichi e più importanti d Europa, ed è costituito dalla Grotta-Riparo del Romito, presso Papasidero. All esterno della grotta sono stati rinvenuti dei reperti risalenti al Paleolitico Superiore che, sulla parete di un masso calcareo, riproducono l'incisione di un bovide, il Bos primigenius, la più maestosa e felice espressione del verismo paleolitico mediterraneo. Di notevole importanza sono anche le testimonianze archeologiche, alcuni abitati indigeni preesistenti all arrivo dei coloni achei ed importanti resti di necropoli. Ancora da segnalare i numerosi edifici sacri di costruzione antica come chiese, santuari e monasteri disseminati nei vari paesi del Parco; alcuni di essi sono ubicati in modo estremamente spettacolare e pittoresco; si ricordano solo il Santuario della Madonna delle Armi, nei pressi di Cerchiara di Calabria, costruito su una parete rocciosa a partire dal 1440, dove si trovano ancora conservati preziosi affreschi e la teca d argento che conserva l immagine achiropita della Madonna delle Armi; e la Chiesa di S. Maria di Costantinopoli, a Papasidero, risalente al Medioevo, che si affaccia a strapiombo sulle pareti del fiume Lao. Ai numerosi luoghi di culto, si aggiungono anche antiche strutture fortificate e numerosi palazzi nobiliari, tra cui, solo per citarne alcuni tra i principali, a Chiaromonte, Senise, Morano Calabro, Grisolia, Mormanno, Castrovillari, con i resti del castello aragonese del A Valsinni si trova il Castello medievale appartenuto ad Isabella Morra, la grande poetessa vissuta nel 500 e resa famosa da Benedetto Croce. Per le sue liriche è stato appositamente istituito un «Parco letterario». Di particolare suggestione sono alcuni centri storici; si segnalano tra gli altri Laino Castello, Orsomarso, Papasidero, Civita, Viggianello, Rotonda. Nel passato, il territorio del Parco è stato arricchito da splendidi mulini ad acqua, alcuni dei quali sono ancora oggi ben conservati, come quello di «Ricchie Muzze», presso Francavilla sul Sinni; altri mulini costruiti tra il XIV e il XVII sec. si trovano nei pressi di S. Severino Lucano, a Mezzana, e conservano ancora straordinarie macine in pietra.

210 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 209 di 311 Di eccezionale valore è anche la presenza della comunità albanese che, tra il 1470 e il 1540, si insediò nel territorio calabro-lucano, per sfuggire alle milizie turche. Alcuni nuclei provenienti dall'albania dopo la scomparsa del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg, fondarono alcune comunità mantenendo viva la loro storia. Fedeli alle loro tradizioni, ai loro costumi e alla loro lingua, sono riusciti a salvaguardare la loro cultura arbëreshe, fondando paesi come: Acquaformosa, Civita, S. Basile, Lungro, Plataci, Frascineto, S. Costantino Albanese e S. Paolo Albanese. La comunità albanese presente nel Pollino è fra le più radicate d'italia a Civita e a S. Paolo Albanese, due paesi che hanno mantenuto intatte le caratteristiche agro-pastorali, si trovano i musei della Civiltà Arbëreshe dove sono conservati numerosi oggetti, attrezzi e costumi tipici. Di grande interesse religioso sono le funzioni di rito greco-bizantino, così come la celebrazione del matrimonio, ma è tutta la cultura materiale e le tradizioni, usi, lingua, musica locali che assumono interessantissimi aspetti. Le Comunità di cultura Arbëreshë del Parco sono: Acquaformosa (Firmoza) (CS) Plataci (Pllatani) (CS) Civita (Çifti) (CS) San Basile (Shën Vasili) (CS) Frascineto (Frasnita) (CS) San Costantino Albanese (Shën Kostandini) (PZ) Lungro (Ungra) (CS) San Paolo Albanese (Shën Pali) (PZ) L insularità o le più isole o parti del Parco del Pollino, sono ugualmente caratteristiche di tradizioni e di usi particolari e differenziati che arricchiscono il settore dei beni culturali. Tra questi meritevoli di particolare attenzione sono la festa dell abete (Rotonda, Viggianello, Terranova, Castelsaraceno, Alessandria del Carretto, il ballo del Falcetto (Episcopia, San Giorgio Lucano), la sacra rappresentazione di Pasqua (Laino Borgo). Attrezzature e servizi Dal punto di vista delle attrezzature e dei servizi, considerato il fatto che la maggior parte dei centri abitati sono di modeste dimensioni, questi presentano una carenza a volte molto accentuata di attrezzature e servizi, limitandosi per lo più ad ospitare i servizi di base (scuole dell obbligo, guardia medica, parrocchia, uffici comunali). I servizi di livello superiore si concentrano principalmente nei Comuni di maggiori dimensioni, mentre appaiono del tutto assenti attrezzature gestite a scala consortile o sovra-comunale. In sintesi la situazione può essere rappresentata nel modo seguente: 1) attrezzature scolastiche: presenti ovunque le scuole elementari e medie inferiori; gli asili nido sono quasi del tutto assenti nei piccoli centri, così come limitata è la presenza di scuole materne. Gli istituti di istruzione superiore si concentrano nei centri esterni del parco quali Lauria, Senise, Castrovillari, i centri della costa Tirrenica, mentre altri sono presenti a Mormanno, Rotonda, Viggianello, Latronico, San Sosti, Lungro;

211 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 210 di 311 2) attrezzature sanitarie: sufficiente presenza almeno nei centri più grandi dei presidi di base (ambulatori, consultori e farmacie ), mentre presidi ospedalieri sono presenti nei Comuni di Mormanno, Chiaromonte, Lauria, Praia a Mare, Belvedere Marittimo, Lungro e Castrovillari; 3) attrezzature generali: generalmente rare e limitate agli uffici postali, sportelli periferici di banche e al presidio del territorio (carabinieri e corpo forestale). Ancora una volta essi sono concentrati nei centri esterni al Parco soprattutto nel comune di Castrovillari ove sono presenti tutti quelli di livello superiore; 4) sport e tempo libero: generalmente piccole strutture dedicate al calcio, al calcio a cinque, al tennis e/o al basket. Pochi gli esempi per altri sport quali la piscina comunale a Rotonda, Latronico e Senise. Abbastanza specializzata è la presenza di centri canoistici nei comuni che si affacciano sul Lao quali Laino Borgo e Papasidero. Allo stesso modo nella zona lacuale di Senise o di Mormanno sono presenti dei centri di canottaggio. A Francavilla, Lauria e Belvedere Marittimo è presente un palazzetto dello sport, mentre molto interessante è il centro termale La Calda a Latronico, dotato anche di un centro sportivo. Una pista d atletica è presente a Lauria. Particolare è anche la villa comunale con parco giochi a Cerchiara di Calabria dove ci sono anche lo stabilimento termale. Buona è anche la presenza di piste per lo sci di fondo: a Rotonda, Viggianello, Terranova, Saracena. Molto limitata o del tutto assente, considerata anche l elevata ruralità dei piccoli centri, la presenza di aree verdi attrezzate; 5) attrezzature culturali: buona la presenza di piccole ma interessanti strutture museali molto specializzate, quali ad esempio Il museo della cultura arbereshe a San Paolo albanese, Civita, Frascineto, il centro visite a Chiaromonte e Civita. Buona anche la presenza di numerosi cinema, mentre Castrovillari svolge un ruolo importante per l informazione e la promozione turistica del Parco con la sede del centro servizi del Parco. Infrastrutture Dal punto di vista infrastrutturale il territorio del Parco Nazionale del Pollino è caratterizzato dalla presenza dell autostrada A3 SA-RC, che lo attraversa da nord-est a sud-ovest, sulla quale si innestano strade a scorrimento veloce trasversali ad essa. L autostrada consente il collegamento diretto e relativamente veloce tra i comuni della fascia centrale (Lauria, Castelluccio Inferiore, Castellucccio Superiore, Laino Borgo, Laino Castello, Mormanno, Morano Calabro, Castrovillari, Frascineto, Civita) grazie a un buon numero di svincoli. Ad essa si innestano 3 infrastrutture di grande comunicazione: - a nord, in direzione est la S.S. 653 di fondovalle Sinnica, che collega i comuni di Lauria, Latronico, Episcopia, Francavilla, Chiaromonte, Senise, Valsinni; - ad ovest, in direzione sud, la S.S. 585 di fondovalle Noce, che collega all autostrada i comuni della costa tirrenica Tortora, Praia A Mare, Grisolia, Maierà, Buonvicino, Belvedere Marittimo, Sangineto;

212 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 211 di al centro, in direzione est, la S.S. 534 che collega i Comuni di Civita e Francavilla Marittima. Su questo schema si innesta la viabilità di livello inferiore: - la S.S. 19, che ricalca in parte il percorso autostradale consentendo il collegamento tra i comuni serviti dall autostrada e gli svincoli autostradali e collegandoli direttamente tra loro in alternativa all autostrada stessa; - la S.S. 105, che riconnette la viabilità costiera tirrenica al sistema autostradale collegando i comuni di Sant agata d Esaro, Mottafolone, S.Donato di Ninea, Saracena, S. Sosti, Acquaformossa, S. Basile; - la S.P. di fondovalle Serrapotina, che riconnette alla fondovalle Sinnica nei pressi di Senise i Comuni di Carbone, Castronuovo S.A., Calvera, Teana, Fardella; - la S.P. di fondovalle Sarmentana, che riconnette alla Sinnica i comuni della Val Sarmento quali Terranova di Pollino, San Paolo Albanese, San Costantino Albanese, Cersosimo, Noepoli, San Giorgio Lucano. Nonostante la presenza di questo schema stradale, alcuni comuni risultano ancora di difficile accessibilità. In particolare a nord i comuni più alti della serrapotina (Castelsaraceno e Carbone) e quelli della val Sarmento (Terranova, Alessandria del Carretto); a sud-est (Cerchiara, San Lorenzo Bellizzi, Plataci) e a sud-ovest (Orsomarso, Verbicaro, Grisolia, Buonvicino e Sangineto) per lo stesso motivo e per la lontananza dai nodi di collegamento. Particolare è inoltre la situazione di San Severino Lucano, Viggianello e Rotonda, che sebbene centralissimi al territorio del Parco presentano ancora notevoli difficoltà di accesso per la loro distanza dai nodi di interconnessione stradale. Del tutto assente nel territorio del Parco sono le infrastrutture ferroviarie ed aeroportuali. Il territorio è attraversato dalla vecchia linea ferroviaria Lagonegro-Castrovillari, ormai in disuso. Le linee ferroviarie nazionali si trovano ad ovest (dorsale tirrenica con le stazioni di Praia e Santa Domenica Talao) e ad est (dorsale ionica). Le strutture aeroportuali più vicine sono quelle di Napoli, Brindisi, Bari e Lamezia Terme. Energia All interno di uno scenario di riferimento mondiale in cui si assiste ad una sempre maggiore richiesta di energia e conseguentemente ad una sempre maggiore produzione di gas climalteranti, che com è noto, sono legati prevalentemente all attività di combustione dei combustibili fossili- e considerando inoltre lo sviluppo che il settore delle FER sta conoscendo con le continue richieste di costruzione di nuovi impianti anche in area Parco, si è ritenuto necessario provvedere ad una regolamentazione dei medesimi con un apposito capitolo del Piano. Gli impianti da FER infatti, dal punto di vista puramente teorico, sono auspicabili nell ottica di uno sviluppo sostenibile, mentre nella pratica possono provocare sensibili impatti sia dal punto di vista paesaggistico, che da quello dei disturbi alla fauna selvatica, delle emissioni nocive, soprattutto in relazione alla grandezza dell impianto stesso.

213 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 212 di 311 Numerosi studi sono concordi nel prevedere una crescita dell economia mondiale in termini di PIL soprattutto per i paesi in esplosione (i famosi BRIC), e quindi conseguentemente la necessità di porre in atto interventi urgenti volti a svincolare la crescita economica dal corrispondente aumento della domanda energetica ed in particolare da quella di combustibili fossili. Tutte queste previsioni riportano come realistica un mantenimento dei livelli di emissione di CO 2 ai valori attuali, se non addirittura in diminuzione. Per raggiungere tale scopo non tutti concordano sulla strada da seguire: ognuno propone un proprio personale mix energetico, basato su un certo ottimismo tecnologico e spesso influenzato dal committente dello scenario di sviluppo. Tuttavia linee d azione comuni a tutti sono sicuramente il risparmio energetico, il miglioramento dell efficienza dei processi produttivi, nonché degli utilizzatori finali, l utilizzo di biocarburanti, l utilizzo di nuove tecnologie (come ad esempio le tecnologie di cattura e stoccaggio del CO2 (CCS)) ed infine immaginando uno sviluppo più o meno accentuato delle fonti rinnovabili. Molti paesi invece, tra cui gli stessi USA, sostengono che tra le fonti rinnovabili occorra rilanciare anche il nucleare. Ovviamente le azioni da porre in atto dovranno concentrarsi su tutti i settori energivori, in primo luogo l elettricità, ma anche i trasporti, l industria ed il settore residenziale. Lo scenario mondiale presenta un incidenza delle diverse fonti energetiche sull offerta totale di energia primaria nel 2007, equivalente a Mtep, è stata del 34% per il petrolio, del 26,4% per il carbone, del 20,9% per il gas naturale, del 5,9% per l energia nucleare e del 12,4% per le fonti energetiche rinnovabili (figura 4.3). Queste ultime hanno consentito di produrre complessivamente Mtep di energia primaria, di cui la quota più grande derivante dall uso di biomassa solida, pari al 9,3% dell offerta mondiale ed al 73% del totale da rinnovabili. Figura 4.3 Offerta di Energia primaria totale mondiale nel 2007:quote per fonte Dal punto di vista delle azioni messe in campo per l abbattimento delle emissioni climalteranti, fondamentale importanza rivestono il Protocollo di Kyoto, sottoscritto nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005 con l adesione della Russia, che prevede sostanzialmente la riduzione del 5% delle emissioni

214 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 213 di 311 rispetto al 1990, nel periodo , ed il Piano d Azione dell Unione Europea del 2007, che prevede una riduzione del 20% delle emissioni di CO 2, un incremento del 20% dell efficienza dei processi produttivi, ed un 20% di produzione di energia da Fonti Energetiche Rinnovabili. La situazione nazionale italiana presenta però problemi legati alla disorganicità di interventi e strategie in un settore fondamentale quale quello energetico, con l assenza di un vero e proprio Piano Energetico Nazionale e con la presenza di interventi settoriali frammentati, privi di una visione sistemica e spesso senza soluzione di continuità (ad esempio il cd Conto Energia o la moratoria sulle centrali nucleari). Dal punto di vista locale, le Regioni Basilicata e Calabria si sono dotate di Piano energetico regionale rispettivamente nel 2009 e nel In base all analisi di tali strumenti si evince che la produzione interna lorda di energia primaria della Regione Basilicata è fortemente legata alle estrazioni petrolifere della Val D Agri. Tale ingente patrimonio di materie prime non è comunque sufficiente a garantire l autosufficienza energetica della Regione il cui deficit si attesta intorno al 51%. Del tutto diverso è lo scenario riscontrabile in Calabria: la Regione infatti, è caratterizzata da una dipendenza energetica complessiva non trascurabile dalle fonti fossili (31,2%). Tale dipendenza deriva esclusivamente dal petrolio, del quale la Regione è sempre stata importatrice totale, mentre la produzione endogena di gas naturale e di energia elettrica anche da fonti rinnovabili (idroelettrica), consente alla Regione non solo di coprire tutto il proprio fabbisogno di queste fonti, ma anche di esportare l esubero della produzione; il surplus riscontrato nel bilancio energetico è attestabile intorno al 42%. Figura 4.4 Bilanci elettrici regionali 2007 Fonte: Energia per lo sviluppo Scenari, Fonti, Ambiente- Stefano Tosi - Direzione Affari Istituzionali Terna COSENZA, 19 MARZO 2009 La programmazione nei vari settori energetici perseguita dalle due regioni è fortemente condizionata da tali dati di fatto, pur nel rispetto di quello che è l indirizzo generale in materia, dato dalla

215 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 214 di 311 programmazione europea e dal quadro nazionale in termini di riduzione delle CO 2, di potenziamento delle fonti rinnovabili e di raggiungimento dell autonomia energetica. La Regione Basilicata infatti punta sul potenziamento della produzione di energia attraverso la realizzazione anche di nuovi impianti che utilizzano le fonti fossili di cui è ricca. A tal proposito il piano segnala nuove centrali in fase di realizzazione o autorizzazione che utilizzano Gas naturali o GPL (3 centrali termoelettriche con potenza > 300MWt a Pisticci, Salandra e Irsina a gas naturale, 2 centrali di potenza inferiore a 300 MWt a Melfi (gas naturale) e Viggiano (GPL)). La Regione Calabria, invece, non avendo problemi di contenimento di deficit avendo,anzi, un surplus di energia, punta la sua programmazione sulla riduzione della sua dipendenza dal petrolio e quindi sul potenziamento delle rinnovabili. Tale processo è favorito e facilitato anche dalla politica nazionale degli incentivi e dei certificati verdi. La scelta di potenziare le rinnovabili è comunque una scelta che accomuna i due pani, anche se nello specifico, per quanto attiene le aree protette i Sic e le ZPS i piani demandano ai regolamenti e alle normative di settore. Più stringente è la normativa concorrente delle Province, che ad esempio nel PTCP di Cosenza fissano precise limitazioni per le aree protette e le ZPS in materia di fotovoltaico (impedito nelle aree 1 del Parco) o in materia di eolico la cui realizzazione risulta non consentita in tutte le ZPS. In calce alla presente relazione viene riportato un quadro di raffronto che analizza le scelte che nei vari campi hanno operato le regioni e le province nell'ambito dei loro strumenti di programmazione, raffrontandoli con il DM 17 ottobre 2007 e con le proposte del Piano del Parco che discendono dall analisi qui condotta. Nel 2008 le fonti rinnovabili di energia hanno contribuito complessivamente al consumo interno lordo (CIL) italiano per una percentuale di poco superiore al 9,6%. Complessivamente si è avuto un aumento della produzione da fonti rinnovabili in Italia del 18%( ktep) circa rispetto a quella del 2007 ( ktep). La crescita dell'utilizzo delle fonti rinnovabili pero' negli scorsi anni è stata legata, più che ad una scelta consapevole, alla politica di incentivi per i consumatori e all'obbligo imposto del rispetto dei livelli produttivi da FER ai soggetti produttori di energia.(politica dei certificati verdi). Gli studi di settore condotti dall'enea, mostrano che sia possibile ancora aumentare il ricorso alle rinnovabili così da avvicinarsi nel medio periodo (2010) agli obiettivi europei in tema di riduzione delle emissioni di CO 2 e di utilizzo di FER. Tra le fonti rinnovabili quella che avrà una crescita migliore è il solare finalizzato alla produzione di energia elettrica (fotovoltaico, termodinamico). Questo sviluppo è legato non solo allo sviluppo tecnologico del settore ma soprattutto alle enormi potenzialità legate alla presenza della risorsa sole nel territorio, possibilità molto evidenti anche nel territorio del Pollino. Oltre al fotovoltaico sono comunque possibili positivi sviluppi per l'eolico e le biomasse, con i limiti ecologici imposti dalla normativa vigente in area parco. Domanda e offerta di energia in area parco La domanda di energia del Sud Italia è sensibilmente inferiore rispetto ad altre aree della Nazione,

216 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 215 di 311 caratterizzate da una struttura economica produttiva ben piu consolidata (si veda figura 4.5). In particolare, estrapolando i dati relativi ai consumi di energia elettrica registrati nelle due regioni Basilicata e Calabria nel 2009, rispetto all andamento nazionale, si evidenzia un territorio marginale, i cui consumi medi sono molto al disotto dei valori nazionali e sono legati esclusivamente ai consumi domestici e al terziario, come è possibile constatare dai due grafici seguenti, elaborati considerando i consumi medi di energia elettrica per settore e per tipologia pubblicati da Terna per il Figura 4.5 Dati sui fabbisogni e sui flussi di energia nel territorio italiano (Fonte Terna) Il dato non cambia se si considerano i valori di energia totale richiesta, includendo cioè i consumi energetici per il riscaldamento domestico (i cui valori sfiorano l'80% dei consumi domestici totali), i trasporti e gli altri consumi minori. I valori dei consumi energetici, in questo caso, risultano inferiori al 45% di quelli medi nazionali. Nello specifico l area Parco, posta al confine tra le due Regioni, è un area caratterizzata dall assenza di agglomerati industriali e da un'agricoltura estensiva che rispecchia nella sostanza l'andamento contenuto del quadro dei consumi regionali. Nel corso degli ultimi anni, soprattutto in relazione all'elaborazione dei rapporti sullo stato dell'ambiente, inseriti nei processi di Agenda XXI locale promossi dagli Enti Locali dislocati nel territorio del Parco Nazionale del Pollino, è stato delineato un quadro molto preciso dei consumi di energia che sostengono le pubbliche amministrazioni presenti nel territorio. In particolare si è evidenziata una situazione molto critica per quanto attiene i costi della bolletta energetica locale relativi soprattutto alla pubblica illuminazione ed al riscaldamento, che mangiano gran parte delle

217 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 216 di 311 risorse dei bilanci comunali. Altre note dolenti sono rappresentate dalla qualità degli impianti, che nel caso del riscaldamento utilizzano sovente fonti fossili non rinnovabili come il gasolio, o che raramente sono improntati a tecniche di riduzione degli sprechi (illuminazioni pubbliche con organi illuminanti rivolti verso il cielo, sconsigliabili anche in relazione all'inquinamento luminoso che creano) o a tecnologie di contenimento dei consumi (fotovoltaico, led). Nonostante gli incentivi esistenti a livello statale e regionale volti a favorire il miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici, gran parte del patrimonio edilizio esistente sia pubblico che privato non risulta ancora adeguato agli obiettivi di contenimento del consumo energetico secondo quanto stabilito dal D.lgs. 192/05 D. Lgs. 311/06 D.Lgs. 115/08 e ss.mm.ii. D'altro canto per ridurre i consumi residenti ed enti pubblici, sulla spinta del mercato globale, stanno sempre più ricorrendo alle nuove tecnologie di produzione energetica soprattutto fotovoltaiche ed eoliche, come è anche possibile constatare dalle richieste di Nulla Osta pervenute all'ente Parco negli ultimi mesi. Tali richieste riguardano sia i privati che chiedono l'installazione degli impianti al fine di provvedere all'autoconsumo, sia le aziende che intendono promuovere attività produttive sia nuove che di integrazione al precedente reddito, sia gli Enti Pubblici locali in cerca di nuovi strumenti per far cassa. Rispetto a qualche anno fa risultano evidenti processi di sviluppo economici ed occupazionale endogeni connessi alla risorsa energetica, in quanto si rileva la presenza di aziende che installano impianti almeno nei comuni più popolosi del Parco. Utilizzazione di energia elettrica per settore. Confronto con i consumi del resto delle regioni italiane Calabria e Basilicata Resto del sud-isole Resto d'italia Agricoltura 3,35% 26,63% 70,02% Industria 1,88% 22,04% 76,08% Terziario 3,10% 22,12% 74,78% Domestico 3,82% 28,35% 67,83% Totale 2,75% 23,70% 73,55% Elaborazioni Ufficio di Piano su Dati Terna 2009

218 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 217 di 311 Raffronto tra consumi domestici e consumi totali - Anno 2009 Basilicata e Calabria Italia Altri consumi 59,44% 75,31% Consumo domestico 40,56% 24,69% Elaborazioni Ufficio di Piano su dati Terna e Istat 2009.

219 RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE VAS Dicembre 2011 Pagina. 218 di 311

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