UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI "ALDO MORO"

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI "ALDO MORO" Dipartimento Interateneo Di Fisica "M. Merlin" Corso di Laurea Magistrale in Fisica Caratterizzazione del flusso di neutroni della facility n_tof al CERN e test su rivelatori al Silicio per misure di interesse astrofisico Tesi di Laurea Magistrale Relatori: Dott. Nicola Colonna Dott. Massimo Barbagallo Presentata da: Lucia Anna Damone Anno Accademico

2 Alla mia famiglia «Puoi arrivare da qualsiasi parte, nello spazio e nel tempo, dovunque tu desideri» disse l Anziano. «Io mi sono recato in ogni luogo possibile e immaginabile, in ogni dove e in ogni quando.» Lanciò uno sguardo al mare, all orizzonte. «E buffo. Quei gabbiani che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare, non arrivano da nessuna parte, e vanno piano. Quelli che invece aspirano alla perfezione, anche senza intraprendere alcun viaggio, arrivano dovunque, e in un baleno. Ricordati Jonathan, il paradiso non si trova nè nello spazio nè nel tempo, poichè lo spazio e il tempo sono privi di valore.» Il gabbiano Jonathan Livingston, Richard Bach

3 Indice Introduzione iv 1 Importanza delle sezioni d urto neutroniche Introduzione Il ruolo dei Neutroni in Astrofisica Evoluzione Stellare Processo-s e Processo-r Sezione d urto di cattura neutronica mediata sulla distribuzione Maxwelliana Applicazioni dei neutroni in Tecnologia Scorie nucleari e trasmutazione ADS e i reattori di IV Generazione La Facility n_tof Introduzione La tecnica del tempo di volo Produzione del fascio di neutroni Il fascio di protoni Bersaglio di spallazione La prima linea di fascio e la prima zona sperimentale, EAR La seconda linea di fascio e la seconda zona sperimentale, EAR Caratteristiche della Facility Risoluzione energetica e funzione di risoluzione Profilo del fascio Background Analisi del Flusso in EAR1 e in EAR Introduzione Flusso di neutroni Principi per la determinazione del flusso i

4 INDICE ii 3.4 Rivelatori e monitor di flusso SiMon e SiMon I rivelatori MicroMegas La camera a fissione PTB Analisi del flusso Analisi dati del flusso misurato con SiMon Analisi dati del flusso misurato con SiMon Risultati Test di rivelatori al Silicio per misure di interesse astrofisico Introduzione Il problema cosmologico del Litio Proposta di misura delle reazioni 7 Be(n,α) 4 He e 7 Be(n,p) 7 Li in EAR-2 a n_tof Risultati preliminari dei test effettuati per lo studio della reazione 7 Be(n,α) 4 He Conclusioni 80 Bibliografia 82

5 Introduzione La conoscenza delle sezioni d urto neutroniche è sempre stata, fin dalla scoperta del neutrone nel 1932 da parte di Chadwick [1], di estremo interesse in molti campi della fisica nucleare. Nella fisica nucleare di base, la misura e il calcolo delle sezioni d urto neutroniche consentono di investigare proprietà importanti che riguardano la struttura dei nuclei come ad esempio i livelli nucleari, lo spin, la parità, gli schemi di decadimento e i branching ratio. Le reazioni indotte dai neutroni sono inoltre utili nello studio delle principali caratteristiche delle interazioni fondamentali (debole, forte, elettromagnetica). L assenza della forza Coulombiana infatti, rende i neutroni uno strumento molto potente nell indagine dei nuclei atomici, in particolare permette di investigare le proprietà delle interazioni forti, semplificando in molti casi la descrizione teorica e l analisi dei dati degli esperimenti di scattering. Alcuni aspetti dell interazione debole possono essere analizzati studiando il decadimento beta dei neutroni, mentre quelli dell interazione elettromagnetica attraverso i momenti magnetici anomali. Le sezioni d urto neutroniche sono inoltre sensibili alle distribuzioni di carica dei neutroni e ciò le rende uno strumento utile per la determinazione delle costanti di struttura elettromagnetica di queste particelle, cioè il raggio di carica e la polarizzabilità elettrica. Si possono inoltre ottenere informazioni sui processi di diseccitazione della materia nucleare eccitata, tramite lo studio dell emissione neutronica da parte dei nuclei composti. Assieme alla fisica nucleare di base, altri campi della fisica fondamentale si basano sulla conoscenza dei processi indotti dai neutroni. Per esempio, le sezioni d urto di cattura neutronica sono di estrema importanza nell astrofisica nucleare, in particolare per la comprensione della nucleosintesi stellare degli elementi pesanti (al di sopra del Fe), che procede essenzialmente attraverso una serie di reazioni di cattura neutroniche, seguite dal decadimento beta. É ormai appurato che una frazione importante degli elementi più pesanti del Ferro fino al Piombo sono prodotti attraverso il processo-s, caratterizzato da scale di tempi di cattura neutronica molto maggiori rispetto a quelle del decadimento beta. Lungo la catena di nucleosintesi esistono però i cosiddetti branching point, ovvero isotopi per i quali i tempi caratteristici iii

6 INDICE iv della cattura neutronica diventano confrontabili con quelli del decadimento beta. Per questi isotopi particolari è necessaria una conoscenza accurata delle sezioni d urto di cattura neutronica al fine di poter determinare l abbondanza degli isotopi più pesanti o degli elementi successivi. Per riuscire ad avanzare sempre più in profondità nella comprensione di questi fenomeni è dunque necessario avere a disposizione dati precisi, accurati e consistenti tra loro, dati che finora i vari esperimenti di fisica nucleare non sono stati in grado di fornire in maniera completa. Combinando la conoscenza sull abbondanza degli elementi nell Universo (tipicamente ottenuta attraverso analisi di spettroscopia e studi sui meteoriti) con i dati sperimentali e i modelli teorici sulle reazioni di cattura neutronica, è stato possibile ottenere molte informazioni sulla formazione delle stelle e delle galassie, come ad esempio la temperatura e la densità neutronica. La conoscenza di dati accurati sulle sezioni d urto neutroniche, gioca un ruolo essenziale anche in molte applicazioni. In particolare è fondamentale per lo sviluppo di tecnologie nucleari emergenti finalizzate alla produzione energetica e all incenerimento dei rifiuti nucleari, così come allo sviluppo di altre applicazioni. Attualmente dati sulle sezioni d urto neutroniche sono richiesti per attività legate allo sviluppo della medicina nucleare e alle scienze dei materiali. Il rinnovato interesse nello studio delle reazioni indotte da neutroni ha portato, poco più di un decennio fa, alla costruzione di una facility al CERN, n_tof neutron time of flight [2], il cui obiettivo principale è quello di misurare sezioni d urto di reazioni indotte dai neutroni, come la cattura, la fissione nucleare e le reazioni inelastiche. Recentemente, nel 2014, la facility è stata dotata di una seconda linea di fascio che ne espande le potenzialità di misura e il programma sperimentale. Questo lavoro di tesi si inserisce in questo contesto ed è dedicato alla misura del flusso di neutroni in entrambe le aree sperimentali, in particolare nella nuova sala sperimentale. I risultati del presente lavoro di tesi hanno fornito i primi dati sperimentali della misura di tale flusso. La tesi è organizzata in quattro capitoli: nel primo verrà sottolineata l importanza ricoperta dai neutroni nell ambito Astrofisico e nelle applicazioni tecnologiche, per poi passare nel secondo ad una descrizione della facility n_tof. Il terzo capitolo sarà invece dedicato alla misura e all analisi dati del flusso di neutroni in entrambe le aree sperimentali, in particolare alla misura e all analisi dei dati raccolti con rivelatori a stato solido. Il quarto infine è dedicato ad una breve descrizione della misura delle sezioni d urto dei processi 7 Be(n,α) 4 He e 7 Be(n,p) 7 Li di interesse per il problema del Litio cosmologico, in programma per la campagna di misura del 2015 e per la quale alcune misure di test sono già state effettuate nella campagna conclusasi a Dicembre I risultati di questi test sono presentati e discussi nell ultimo capitolo.

7 Capitolo 1 Importanza delle sezioni d urto neutroniche 1.1 Introduzione Il neutrone è una particella che ha una massa di 939,565 MeV/c 2, poco superiore a quella del protone. È classificato come barione, infatti è costituito da due quark down e un quark up, il che, oltre a renderlo una particella neutra, gli permette di avere spin 1/2. I neutroni insieme ai protoni costituiscono i nuclei atomici, ma al di fuori di un nucleo sono particelle instabili con una vita media pari a circa 900 secondi. Due importanti scoperte di E. Fermi e dei suoi collaboratori diedero una spinta notevole allo studio delle reazioni nucleari e delle caratteristiche dei neutroni. La prima avvenne nel marzo 1934 ed evidenziò come si potesse ottenere della radioattività artificiale attraverso il bombardamento di elementi chimici con neutroni. Questa scoperta dimostrò, già nel corso dello stesso anno, che reazioni indotte da neutroni portavano a processi di diverso tipo, con emissione di α, γ e protoni. In particolare, Fermi e collaboratori dimostrarono che il processo (n,γ), noto anche come cattura radiativa, si produceva in tutti gli elementi chimici, dai più leggeri ai più pesanti come il Torio e l Uranio [3]. La seconda importante scoperta fu quella dei neutroni lenti. Nell ottobre del 1934, il gruppo di Fermi, suppose che si potesse ridurre l energia dei neutroni a seguito dei loro urti elastici con sostanze idrogenate e che i neutroni, così rallentati, fossero più efficaci di quelli veloci nel generare alcune reazioni nucleari, in particolare quelle (n,γ). Le reazioni nucleari indotte dai neutroni sono di grande importanza per la fisica dei reattori e giocano un ruolo fondamentale anche in campi come l Astrofisica e la 1

8 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 2 Fisica Nucleare. Per sopperire alla mancanza di dati nucleari accurati sulle sezioni d urto neutroniche dei processi importanti in questi settori, a partire dal 2000, è stata avviata al CERN la costruzione della facility n_tof. La produzione di neutroni si basa sulle reazioni di spallazione indotte da un fascio di protoni ad alta energia che impattano su un bersaglio di Piombo. I neutroni così prodotti viaggiano all interno di un tubo a vuoto fino a due diverse sale sperimentali dove interagiscono con gli isotopi di cui si vuole determinare la sezione d urto. Grazie alla tecnica del tempo di volo è possibile risalire alla loro energia e quindi studiare le reazioni in funzione dell energia dei neutroni. 1.2 Il ruolo dei Neutroni in Astrofisica Nell Universo primordiale erano presenti particelle con energie e densità che molto difficilmente possono essere riprodotte da un acceleratore. A seguito di varie fasi evolutive si sono verificate interazioni che da una iniziale creazione di atomi di elementi leggeri, hanno portato all Universo così come lo conosciamo oggi. L evoluzione dell Universo, può essere divisa in poche fasi principali: Big Bang, nucleosintesi primordiale e formazione atomica, condensazione galattica, nucleosintesi stellare ed esplosiva. La nucleosintesi primordiale è iniziata con la formazione del Deuterio circa 200 secondi dopo il Big Bang e, pochi minuti dopo, ha portato alla formazione degli elementi chimici con un massimo di otto nucleoni (Idrogeno, Elio, Litio, Berillio). Ogni modello stellare deve riprodurre l abbondanza di ciascun elemento durante la primissima fase della formazione in accordo con le osservazioni. Le abbondanze osservate infatti impongono vincoli severi sui processi fondamentali che sono avvenuti durante l epoca di formazione. Il mix di Idrogeno, Elio, Litio e Berillio ha continuato ad espandersi e raffreddarsi. Dopo circa 3 5 anni, i nuclei atomici hanno potuto combinarsi con elettroni liberi per formare atomi e solo dopo 30 milioni di anni, alla temperatura di 0 K, la forza di gravità ha portato alla formazione di galassie e stelle che hanno dato inizio alla sintesi di altri elementi (quelli con Z>3), con nuclei via via più pesanti fino al Ferro. La sintesi di questi elementi pesanti ha modificato notevolmente le proprietà e la composizione di alcuni di questi corpi stellari che esplodono come supernovae, frammentandosi nello spazio. In questa fase vengono prodotti gli elementi pesanti dal Ferro all Uranio attraverso reazioni indotte da neutroni. Fino al Ferro i processi di produzione dominanti sono quelli di fusione o di reazioni tra particelle cariche,

9 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 3 mentre gli elementi più pesanti vengono prodotti principalmente attraverso cattura neutronica e decadimento β. La fusione di particelle cariche non riesce a contribuire alla formazione degli elementi più pesanti del Ferro a causa delle barriere Coulombiane che diventano troppo alte e a causa della diminuzione delle energie di legame per nucleoni oltre A 60. Nel 1952, la scoperta del Tecnezio nelle Giganti Rosse [4] ha portato nuove certezze nelle teorie relative alla nucleosintesi degli elementi pesanti nelle stelle. Questo perchè la presenza del Tecnezio (elemento senza isotopi stabili) in esse, indica che al loro interno avvengono delle reazioni nucleari capaci di produrlo e, con ogni probabilità, di produrre altri elementi pesanti. Infatti, in base al tempo di decadimento degli isotopi del Tecnezio, che è al massimo di anni ( 99 Tc), questo elemento non dovrebbe essere presente in una stella con miliardi di anni evolutivi. La sua presenza dimostra invece una genesi più recente, che può essere avvenuta solo all interno della stella. Per riuscire a spiegare tutte le diverse caratteristiche della curva di abbondanza degli elementi, ipotizzando che solo H, He e Li siano primordiali, sono necessari otto differenti tipologie di nucleosintesi che si possono raggruppare in due grandi categorie [5]: Nucleosintesi Stellare: a cui va attribuita la maggior parte della produzione degli elementi dal Carbonio all Uranio (la formazione avviene attraverso reazioni di fusione nucleare, e reazioni di cattura neutronica mediante processi-s nelle Giganti Rosse e processi-r nelle Supernovae di tipo II). Nucleosintesi Galattica: responsabile della formazione di gran parte dei nuclei leggeri, come Li, Be e B, a causa dell interazione di nuclei di C, N e O col mezzo interstellare Evoluzione Stellare Si possono comprendere i complessi meccanismi dell evoluzione stellare se si ha ben chiaro che essi sono determinati da due tendenze contrapposte: da un lato la massa globale dei materiali presenti nella stella esercita una forza di gravità che porta a far contrarre o addirittura collassare la stella su se stessa e dall altro i processi di fusione nucleare, che avvengono all interno del corpo celeste e tendono a far espandere l involucro gassoso della stella nello spazio per via dell aumento dell energia cinetica delle particelle che lo costituiscono. Quando questo equilibrio si spezza, si entra in una situazione di instabilità.

10 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 4 Le stelle si originano da enormi nubi di gas e polveri, che si contraggono sotto l effetto della forza gravitazionale esercitata dai materiali che le costituiscono. Se questo processo prosegue sino a che, nelle regioni centrali, la temperatura raggiunge i milioni di Kelvin, allora hanno inizio le reazioni termonucleari di fusione che, partendo da 4 nuclei di Idrogeno, formano un nucleo di Elio (processo noto come ciclo protone-protone). La perdita di massa che il processo implica, crea un enorme quantità di energia che si trasferisce dal nucleo della stella, più caldo, verso l involucro gassoso esterno che tende ad espandersi: questo fatto impedisce un ulteriore contrazione gravitazionale della materia stellare. La classificazione delle stelle è efficacemente schematizzata attraverso il diagramma di Hertzsprung-Russel (HR), che mostra la luminosità delle stelle in funzione della rispettiva temperatura superficiale. Figura 1.1: Diagramma Hertzsprung-Russel schematico. Sono ben visibili la sequenza principale che lo attraversa da sinistra a destra e le zone delle giganti rosse e delle nane bianche. Come si può vedere in Figura 1.1 le stelle non si posizionano a caso nel diagramma, ma risultano raggruppate. Circa il 90% delle stelle si trova in quella che è chiamata Sequenza Principale, una larga banda che parte dalle stelle più calde e luminose (in alto a sinistra nel diagramma) per arrivare a quelle più fredde e meno luminose (in basso a destra). Nella sequenza principale la luminosità è legata alla massa della stella, secondo la relazione:

11 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 5 ( ) ( ) a L M = (1.1) L M con 1<a<6 in relazione alla massa della stella. L e M sono rispettivamente la luminosità e la massa del Sole. Le stelle con massa dieci volte quella del Sole si posizionano in alto a sinistra nel diagramma H-R e sono chiamate giganti blu. Queste sono le stelle più calde e più luminose, ma anche quelle di vita più breve poichè le reazioni di fusione del nucleo, che raggiunge i 15 milioni di gradi, sono molto intense e quindi consumano prima il combustibile, l Idrogeno. Al di sopra e a destra della sequenza principale, quindi ad alta luminosità e bassa temperatura, si possono riconoscere le giganti rosse e le supergiganti, mentre nella zona in basso a sinistra (bassa luminosità ed alta temperatura) le nane bianche. Il diagramma non rappresenta una situazione statica, bensì le stelle lo percorrono dinamicamente cambiando zona a seconda della fase della loro evoluzione. La stella inizia il suo percorso all interno del diagramma HR in un punto della sequenza principale, dove passerà quasi il 90% della sua esistenza. I destini delle stelle si diversificano a seconda della loro massa iniziale. Nelle stelle più leggere, con massa fino a poche masse solari, gli strati esterni si disperdono lentamente e rimane soltanto il nucleo di Carbonio che si raffredda e può eventualmente diventare una nana bianca. Per stelle più massive, quando l 4 He si consuma, il nucleo collassa nuovamente a causa della gravità facendo aumentare ulteriormente la temperatura. In questo modo sono permesse reazioni di fusione anche dei nuclei più pesanti. Inoltre, in queste stelle ha luogo anche la nucleosintesi degli elementi pesanti, caratterizzata essenzialmente da due processi predominanti: il processo-s e il processo-r. Questi processi, combinati con la fotodissociazione, consentono di generare nuclei oltre il Ferro Processo-s e Processo-r Il meccanismo di cattura neutronica, importante per la sintesi di isotopi via via più pesanti, avviene secondo la reazione: n + X (Z, N) X (Z, N + 1) X (Z, N + 1) + γ (1.2) I processi di cattura neutronica si dividono in due classi: processo-r: (da rapid) la cattura di neutroni è rapida. Il flusso di neutroni è così alto che il nucleo cattura molti neutroni prima che possa decadere, cioè la vita media del decadimento β è molto più lunga del tempo necessario a catturare uno dei neutroni presenti nella stella;

12 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 6 processo-s: (da slow) il processo di cattura neutronica è lento, il nucleo prodotto decade in un nuclide stabile prima che si verifichi un ulteriore cattura. Il processo-s avviene nelle stelle giganti prima della loro esplosione e ha una scala dei tempi che va dai giorni agli anni; Il processo-r avviene invece durante l esplosione delle supernovae e la scala dei tempi è dell ordine dei millisecondi [6]. Considerando il processo-s classico, è necessario assumere che esista un flusso di neutroni stabile, sufficientemente basso da far sì che il decadimento β sia più veloce della cattura neutronica. Il processo di crescita del numero atomico si arresta con il 208 Pb e 209 Bi. I nuclei successivi sono abbastanza instabili da non permettere ulteriore cattura di neutroni, quindi gli elementi della serie degli attinidi (Z>90) non vengono sintetizzati con il processo-s. Nel processo-r, durante la fase esplosiva della supernova, si producono moltissimi neutroni in pochissimo tempo e possono essere catturati in rapida successione dai nuclei atomici, prima che si verifichino dei decadimenti β. Di conseguenza, il processo-r vede una lunga sequenza di catture successive, finchè la vita media del decadimento β diventa troppo breve e il processo continua con vari decadimenti beta fino alla produzione di nuclei stabili. Le sezioni d urto di cattura neutronica regolano la produzione degli elementi pesanti e la loro conoscenza è uno degli ingredienti fondamentali per i modelli di nucleosintesi stellare e dell evoluzione delle stelle. In particolari situazioni, la probabilità di cattura neutronica e quella di decadimento beta diventano comparabili e si arriva ad un punto di diramazione cruciale per la nucleosintesi stellare. Le sezioni d urto di reazioni di cattura neutronica determinano l evoluzione successiva del processo di nucleosintesi, e risultano fondamentali per spiegare l abbondanza degli elementi nell Universo. Infatti, quando ci si trova nei punti di diramazione (branching points) le incertezze nelle sezioni d urto di cattura possono propagarsi in grandi differenze di produzione di un dato isotopo all interno di uno stesso modello. Nella Figura 1.2 sono mostrati i percorsi di cattura neutronica del processo-s e del processo-r. Come già detto, nei processi di cattura neutronica lenta (processi-s), le catture neutroniche avvengono ad un rate molto più lento dei decadimenti beta degli isotopi prodotti. Come conseguenza, gli isotopi coinvolti nei processi sono vicini alla linea di stabilità, al contrario del processo-r che porta alla produzione di isotopi lontani dalla linea di stabilità.

13 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 7 Figura 1.2: Percorsi di cattura neutronica del processo-s e del processo-r sulla carta dei nuclidi. La zona in grigio indica il percorso per il processo-r teorico per un flusso di neutroni plausibile. I nuclei magici per numero di neutroni sono indicati da linee verticali [7] Sezione d urto di cattura neutronica mediata sulla distribuzione Maxwelliana Nello sviluppo dei modelli stellari è necessario inserire i dati relativi alle reazioni indotte dai neutroni nella forma di sezioni d urto mediate sulla distribuzione di energia cinetica dei neutroni stessi. Nell ambiente stellare le velocità relative v tra i neutroni e gli isotopi bersaglio seguono una distribuzione di Maxwell-Boltzmann a una data temperatura T. Il rate di reazione può essere espresso come n<σv>, ovvero attraverso la sezione d urto mediata sulla distribuzione Maxwelliana dell energia cinetica o MACS (da "Maxwellian Averaged Cross Section"). Quest ultima è data dalla formula: σ A =< σ γ > KT = < σ γv > < v > = 2 π (KT ) 2 σ γ (E) Ee E KT de (1.3) 0

14 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 8 Figura 1.3: Sezioni d urto di cattura neutronica per il 99 T c mediate sulla distribuzione Maxwelliana in funzione della temperatura stellare. Sono mostrati anche i contributi dovuti alle regioni di risonanze risolte e non risolte. dove σ γ rappresenta la sezione d urto di cattura neutronica ed è funzione dell energia del neutrone. Ricordando che il rate di cattura ha l espressione λ n = nσavt, si può facilmente vedere come dalla MACS si possa calcolare il rate di cattura stesso e di conseguenza le abbondanze degli elementi nelle stelle. In Figura 1.3 sono mostrate le MACS per il 99 Tc in funzione della temperatura, assieme al contributo alla sezione d urto dovuto alle risonanze risolte. Come si nota dalla figura quest ultimo risulta significativo per basse temperature stellari. Questo impone come conseguenza la necessità di una conoscenza molto accurata delle sezioni d urto neutroniche per poter confrontare i modelli teorici coi risultati sperimentali. Per ampliare la conoscenza dei processi interstellari sono quindi necessari nuovi e più accurati dati che permettano uno sviluppo dei modelli astrofisici. Per avere calcoli realistici sulla dinamica dei processi più complessi è necessaria la creazione di una banca dati che comprenda sia le sezioni d urto di tutte le reazioni rilevanti che i tassi di decadimento. L insieme dei dati acquisiti fino ad oggi dalla fisica nucleare non risulta infatti sufficiente a soddisfare le richieste dell astrofisica.

15 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE Applicazioni dei neutroni in Tecnologia Le conoscenze sulle proprietà fisiche del neutrone hanno portato allo sviluppo di varie applicazioni tecnologiche in campo militare e civile (energia nucleare, medicina, ricerche minerarie). Tra le applicazioni civili, la più nota è quella che sfrutta l energia sviluppata dalla fissione nucleare per produrre energia elettrica. Dai tempi della rivoluzione industriale, il fabbisogno energetico mondiale è aumentato, dapprima in maniera lineare poi, negli ultimi 50 anni, in maniera esponenziale. Questo ha creato e crea problemi di approvvigionamento, degrado ambientale, conflitti internazionali. Come si nota in Figura 1.4, che mostra l andamento dei consumi energetici globali negli ultimi 25 anni divisi per tipologia, il combustibile più utilizzato è quello fossile che, come è noto, produce enormi quantità di residui, in particolare i cosiddetti "gas serra", fra cui la CO 2, che contribuiscono all inquinamento e al surriscaldamento globale. Figura 1.4: Consumo mondiale di energia primaria [8]. In futuro il fabbisogno energetico continuerà ad aumentare, soprattutto per la forte richiesta delle nuove economie in rapida crescita. Le potenzialità delle fonti d approvvigionamento sono note e non garantiscono una lunga autonomia e quelle rinnovabili sono a tutt oggi poco sfruttate. Per avere una migliore qualità della vita futura, si rende indispensabile incrementare l energia rinnovabile, che sarà comunque incapace di soddisfare il fabbisogno mondiale e per questo si dovrà ricorrere, necessariamente, ad altre fonti energetiche diverse da quelle di origine fossile.

16 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE Questa carenza potrebbe essere colmata dall energia nucleare da fissione e/o da fusione, che rispetto a quella chimica, ha una resa milioni di volte superiore. Attualmente, però, anche il nucleare ha delle difficoltà da risolvere di natura tecnologica, ambientale e, purtroppo anche psicologica, dovuta alla paura del nucleare" accresciuta a causa degli incidenti di Chernobyl e Fukushima. Nasce, quindi, l esigenza di investire nella sicurezza per riacquistare la fiducia della popolazione, così come nella ricerca di nuove tecnologie per migliorare la resa degli attuali combustibili nucleari, o nell utilizzo di differenti combustibili per risolvere i problemi legati allo smaltimento e stoccaggio delle scorie nucleari. Molti progetti in questo senso hanno già preso avvio. La tecnologia per lo sfruttamento dell energia da fusione nucleare ha bisogno ancora di molti anni di studio prima di poter avere applicazioni industriali, mentre sono necessari almeno anni per vedere operativi i reattori di IV generazione [9]. Dal 2005 sono stati avviati anche molti progetti su larga scala per sviluppare un nuovo reattore, basato su un acceleratore di protoni (Accelerator Driven System, ADS) per produrre i neutroni necessari alla produzione di energia e/o alla trasmutazione delle scorie radioattive. Il grande vantaggio di questa tecnologia è il fatto che il numero di neutroni prodotti e quindi le reazioni, possono essere controllati tramite l acceleratore: spegnendo questo anche la reazione si fermerà, rendendo il reattore intrinsecamente sicuro. Un progetto realistico di un apparato così innovativo per l incenerimento di scorie nucleari e la produzione di energia, richiede come requisito fondamentale una completa conoscenza delle sezioni d urto per reazioni indotte da neutroni. I dati che servono per tale scopo devono essere ottenuti tramite procedure consistenti ed accurate, nonché analizzati e pubblicati in maniera da renderli compatibili e utilizzabili per le simulazioni necessarie per la progettazione e costruzione dei reattori. Altre soluzioni alla carenza delle materie prime e allo smaltimento delle scorie, potrebbero arrivare dallo sviluppo dei reattori basati interamente sul ciclo Th/U, in cui si ha il vantaggio della mancata produzione degli attinidi minori che normalmente è la parte più consistente delle scorie nucleari prodotte Scorie nucleari e trasmutazione Gli elementi transuranici (TRU) e i frammenti di fissione (FF) sono i principali componenti delle scorie nucleari e rappresentano rispettivamente l 1.1% e il 4% del combustibile nucleare esausto []. I FF sono isotopi radioattivi e ricchi di neutroni. Per questo motivo la loro produzione è seguita da un emissione di raggi γ e di neutroni, generalmente in numero da 2 a 3, così da stabilizzare la struttura nucleare. I TRU, che sono prodotti nel reattore da cattura neutronica seguita da decadimento,

17 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 11 possono essere distrutti solo da fissione, mentre i FF possono essere distrutti solo per cattura di neutroni. Pertanto, devono essere utilizzati diversi metodi per eliminarli. La radiotossicità dei rifiuti a lungo termine, dominata dagli elementi transuranici, è un indice della capacità potenziale di un radioisotopo di produrre effetti dannosi nelle cellule viventi o nei tessuti. Viene definita come il prodotto tra il coefficiente di dose effettiva e l attività di un dato isotopo [11]: R = F d A (1.4) Il coefficiente di dose effettiva F d, dà una misura della potenza della radiazione (quantità di Sievert per decadimento al secondo) e degli effetti che essa ha sull organismo e si misura in Sv/Bq. L attività A è semplicemente il numero di decadimenti per unità di tempo di una data quantità di materiale radioattivo, e si misura in unità di Bq. La maggior parte della pericolosità del combustibile esausto deriva da pochi elementi, in particolare Plutonio, Nettunio, Americio, Curio, e da alcuni prodotti di fissione a lunga vita come alcuni isotopi di Iodio, Cesio e Tecnezio. Attualmente circa tonnellate di combustibile esaurito vengono prodotte ogni anno nell Unione Europea, di cui 25 tonnellate sono di Plutonio, 3.5 tonnellate di Nettunio, Americio e Curio, e circa 3 tonnellate di prodotti di fissione a lunga vita media. Questi sottoprodotti radioattivi, anche se presenti in concentrazioni relativamente basse nel combustibile utilizzato, sono un pericolo per le forme di vita quando vengono rilasciati nell ambiente e, come tali, il loro smaltimento richiede l isolamento dalla biosfera in formazioni geologiche stabili e profonde per lunghi periodi di tempo (circa centomila anni) fino a quando la loro radioattività e radiotossicità (Figura 1.5) diminuisce attraverso il processo di decadimento radioattivo. Attualmente la maggior parte dei rifiuti nucleari viene stoccato in depositi temporanei. La preoccupazione di eventuali perdite nella biosfera, il rischio di un uso improprio per scopi militari, gli oneri di manutenzione e controllo, spingono a trovare soluzioni che siano definitive, come il confinamento in formazioni rocciose impermeabili alle infiltrazioni d acqua e geologicamente stabili, o metodi di trasmutazione delle scorie in specie nucleari innocue o di breve vita.

18 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 12 Figura 1.5: Evoluzione temporale del potenziale della radiotossicità (rispetto all Uranio) dei FF e TRU che compongono le scorie nucleari di un Pressurized Water Reactor. Transmutare un isotopo significa convertirlo in un altro isotopo dello stesso elemento o di un elemento differente [13]. La trasmutazione nucleare può idealmente essere indotta da qualsiasi particella in grado di penetrare all interno dei nuclei ed interagire coi nucleoni. In pratica, però, queste particelle se cariche devono superare la barriera coulombiana, il che richiede un elevata energia e rende il processo non conveniente per le particelle soggette al potenziale coulombiano. Poiché le particelle neutre non sono sensibili al campo elettromagnetico, i neutroni risultano i proiettili ideali da utilizzare in un processo del genere. In pratica, esponendo i TRU ad alti flussi neutronici, si induce la loro fissione con la produzione dei relativi frammenti che potranno essere di nuclei stabili o a vita media breve e, comunque, a bassa radiotossicità. La riduzione dei TRU comporta una riduzione del Plutonio e quindi una diminuzione del rischio della proliferazione nucleare, ma comporta anche l eliminazione di un materiale fissile, potenzialmente utile per l avvio di futuri reattori. L energia prodotta nei processi di trasmutazione può essere riutilizzata per produrre elettricità (circa il 30% del totale dell energia elettrica totale prodotta negli attuali reattori).

19 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE ADS e i reattori di IV Generazione Tra le varie possibilità prese in considerazione per un uso più efficiente dell energia nucleare, la soluzione più promettente consiste nello sviluppo di un nuovo tipo di reattore, il cosiddetto Accelerator Driven System (ADS) [, 14]. Lo scopo di un ADS è quello di indurre nel sistema una reazione a catena, che porti alla fissione degli attinidi e alla trasmutazione dei prodotti di fissione per cattura neutronica, trasformandoli in specie nucleari stabili o comunque a più breve tempo di dimezzamento. L idea che sta alla base di un ADS, consiste nel combinare un reattore sottocritico con un acceleratore di particelle (Figura 1.6). L acceleratore fornisce un fascio di protoni ad alta intensità che colpisce un bersaglio di spallazione, costituito da un metallo pesante in fase liquida o solida. Le reazioni di spallazione all interno del bersaglio inducono l emissione di un grande numero di neutroni, con energia media di qualche MeV. In base alla scelta del bersaglio, la produzione di neutroni può essere più o meno elevata e lo spettro di energie può estendersi fino alla regione delle risonanze dei nuclei pesanti. Una volta prodotti, i neutroni si propagano al reattore sottocritico. Questo, avendo appunto l indice di criticità K eff inferiore a uno, non è in grado di mantenere autonomamente la reazione a catena che andrebbe quindi a spegnersi. I neutroni in eccesso, prodotti dalla combinazione acceleratore-bersaglio di spallazione, arrivano al reattore e inducono ulteriori reazioni rispetto a quelle che già avvengono autonomamente, permettendo così di sostenere la reazione a catena. Lo spettro energetico dei neutroni di spallazione è dominato per circa il 90% dai cosiddetti neutroni di evaporazione che hanno energia media di qualche MeV e vengono emessi per diseccitazione dai nuclei formatisi dalla disintegrazione del nucleo bersaglio. Il bersaglio di spallazione è circondato da elementi di combustibile che costituiscono il nocciolo subcritico (K eff <0.98) contenente le scorie nucleari da incenerire e il combustibile per la produzione di energia. L idea base è quella di usare come combustibile principalmente il Torio, in modo tale da sfruttare il ciclo Th/U.

20 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 14 Figura 1.6: Rappresentazione schematica di un Accellerator Drive System, accopiato ad un reattore al Piombo-Bismuto. Un reattore di questo genere porta numerosi vantaggi sia a livello pratico che di sicurezza intrinseca: la possibilità di lavorare in condizioni sottocritiche apre la strada a combustibili che, in reattori normali, non sarebbero stati in grado di sostenere una reazione a catena, come ad esempio il ciclo del 232 Th/ 233 U; avere a disposizione un elevato flusso di neutroni veloci permette, mediante reazioni di fissione, la transmutazione dei TRU in isotopi a vita media decisamente più breve; il fatto che la reazione a catena sia sostenuta soltanto grazie ad un incremento di neutroni prodotti esternamente al reattore, fa sì che questo sia intrinsecamente sicuro. Infatti per portare il reattore in condizioni di sicurezza (ovvero in condizioni in cui la catena va ad esaurirsi autonomamente, evitando gravi incidenti come la fusione del nocciolo) è sufficiente spegnere l acceleratore, così da fermare il flusso di neutroni in eccesso; il poter utilizzare come combustibile oltre al 235 U altri materiali con numeri atomici minori, come ad esempio il 232 Th, fa sì che tra le scorie finali la quantità di TRU pericolosi sia estremamente piccola, così da diminuire il rischio di inquinamento radioattivo e da rendere quasi inesistente il rischio di un utilizzo del combustibile per la costruzione di bombe atomiche.

21 CAPITOLO 1. IMPORTANZA DELLE SEZIONI D URTO NEUTRONICHE 15 Nonostante i numerosi vantaggi che l ADS porta con sé, non vanno dimenticati i problemi legati sia alla progettazione (acceleratore vicino ad un enorme fonte di calore, bersaglio di spallazione all interno di un reattore,... ) sia al dispendio di energia che comportano il lavorare in condizioni sottocritiche e il dover utilizzare energia per alimentare l acceleratore di protoni. Oltre all ADS, gli attuali standard di sicurezza, competitività ed esercizio del settore nucleare hanno portato allo sviluppo di una nuova generazione di reattori. Si tratta dei cosiddetti reattori di IV generazione che saranno disponibili commercialmente tra alcune decine di anni. Con la IV generazione di reattori nucleari si abbandona il ricorso all Uranio-235 come combustibile, ridotto nelle disponibilità, per utilizzare l Uranio-238 che in natura è più diffuso (99,28% contro lo 0,71%). I reattori nucleari di IV generazione sono finalizzati a garantire i seguenti requisiti: sostenibilità, ovvero massimo utilizzo del combustibile e minimizzazione dei rifiuti radioattivi sia in termini di quantità che di radiotossicità; economicità, ovvero basso costo del ciclo di vita dell impianto e rischio finanziario equivalente a quello di altri impianti energetici; sicurezza e affidabilità; bassa probabilità di danni gravi al nocciolo del reattore, capacità di tollerare gravi errori umani ed eventi naturali catastrofici; resistenza alla proliferazione e protezione fisica tali da scoraggiare il furto o la produzione non dichiarata di materiale nucleare o l uso illecito della tecnologia. Alla luce di quanto qui riportato appare evidente la grande importanza che i dati nucleari rivestono nella fisica nucleare fondamentale e applicata. Abbiamo visto infatti che le misure delle sezioni d urto neutroniche risultano utili, non solo nello studio delle proprietà fondamentali della materia nucleare, ma anche nello sviluppo di molte applicazioni, quali l astrofisica nucleare e le tecnologie nucleari. Questo porta alla necessità di raccogliere nuovi dati nucleari affidabili e accurati.

22 Capitolo 2 La Facility n_tof 2.1 Introduzione Al fine di soddisfare la necessità di dati nucleari nuovi e accurati, è stata proposta al CERN nel 1998 la costruzione di una nuova facility di neutroni, n_tof neutron Time-Of-Flight, la cui costruzione è stata completata circa due anni dopo. Tra il 2001 e il 2004 ha avuto luogo un intensa attività sperimentale che va sotto il nome di n_tof-phase 1. Dopo questa fase la facility ha subito un upgrade il cui risultato più importante è stato la classificazione delle aree sperimentali come Work Sector Type A che ha consentito da quel momento in poi l utilizzo di campioni radioattivi non sigillati. L upgrade ha riguardato anche la sostituzione del target di spallazione con uno più robusto e la separazione del circuito di moderazione da quello di raffreddamento. Nella primavera del 2009, si è dato il via ad una nuova campagna sperimentale che va sotto il nome di n_tof-phase 2. Le nuove caratteristiche del target di spallazione e dell area sperimentale hanno consentito di migliorare ulteriormente la qualità dei dati raccolti e di ampliare il già vasto programma della Collaborazione n_tof. Nel 2013 è iniziata la costruzione di una seconda linea di fascio con la relativa area sperimentale, completata nel Giugno 2014 [15, 16]. Come si vedrà nel seguito di questa tesi, le caratteristiche principali della facility n_tof sono l alto flusso istantaneo, l elevata risoluzione energetica e l ampio spettro di energia del fascio di neutroni. Tali caratteristiche, unite a sistemi di rivelazione e acquisizione altamente performanti, hanno permesso di soddisfare molte richieste della comunità scientifica e di raccogliere dati nucleari accurati e affidabili. A n_tof i neutroni sono prodotti per mezzo di reazioni di spallazione indotte da protoni di alta energia (20 GeV) che incidono su un bersaglio di Piombo. Succes- 16

23 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 17 sivamente i neutroni viaggiano attraverso tubi in vuoto verso le aree sperimentali, dove sono presenti i campioni degli isotopi oggetti di studio e i set-up sperimentali per la rivelazione dei relativi prodotti di reazione. La facility è composta da: Linea di trasporto dei protoni Il target di spallazione Due linee di fascio per i neutroni Due aree sperimentali: Experimental Area 1 e Experimental Area 2 (EAR1 e EAR2 rispettivamente) I beam dump La Figura 2.1 mostra schematicamente la collocazione delle due aree sperimentali, EAR1 e EAR2 [17], rispetto al target di spallazione. Figura 2.1: Immagine schematica (non in scala) che mostra la collocazione delle due aree sperimentali EAR1 e EAR2, rispetto al target di spallazione. Nel Luglio 2014 è cominciata una nuova fase sperimentale in entrambe le aree sperimentali e in particolare è stato effettuato il commissioning della seconda, all interno della cui attività si inserisce il presente lavoro di tesi. In questo capitolo viene riportata una breve descrizione della facility assieme alle principali caratteristiche del fascio di neutroni in termini di flusso, risoluzione energetica, profilo spaziale e background. Vale la pena sottolineare che una conoscenza

24 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 18 adeguata delle caratteristiche del fascio di neutroni è un prerequisito fondamentale per ottenere l accuratezza richiesta nella conoscenza delle sezioni d urto delle reazioni indotte dai neutroni. 2.2 La tecnica del tempo di volo Come già detto, n_tof sfrutta la tecnica del tempo di volo (time-of-flight, TOF) per determinare l energia dei neutroni [20]. Il tempo impiegato dal neutrone per percorrere la distanza L tra il target di spallazione e l area sperimentale è dato dalla differenza tra l istante in cui viene rivelato un suo prodotto di reazione nel rivelatore, t n, e l istante in cui viene generato nel target di spallazione t 0 : T OF = t n t 0 (2.1) Mentre t n è misurato accuratamente, non è possibile sperimentalmente misurare t 0. Tuttavia questa quantità può essere ricavata dal segnale prodotto nei rivelatori dal cosiddetto γ f lash. Infatti al momento dell impatto dei protoni col target di spallazione sono prodotti, insieme ai neutroni, raggi γ e particelle ultrarelativistiche che giungono in area sperimentale impiegando un tempo pari a L/c. In altre parole, il tempo a cui il segnale dei gamma (detto appunto γ flash) viene rivelato è t γ =t 0 +L/c. Da questa equazione è possibile, misurando sperimentalmente t γ, estrarre t 0 e sostituirlo nell espressione del tempo di volo sopra riportata, ottenendo così: T OF = t n t γ + L c (2.2) Come schematicamente mostrato nella Figura 2.2, una volta che l acceleratore dei protoni invia il segnale di trigger, si apre la finestra di acquisizione del DAQ (Data Acquisition System) e il tempo t γ, associato al segnale indotto dal γ flash nel rivelatore, è il primo ad essere registrato, mentre i prodotti di reazione del neutrone vengono registrati a tempi successivi t n.

25 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 19 Figura 2.2: Schematizzazione della distribuzione temporale dei segnali coinvolti nella determinazione del tempo di volo ad n_tof. Nella Figura 2.3 è mostrato un esempio del tempo di volo registrato per i neutroni, t n, mentre in Figura 2.4 un esempio relativo al tempo di volo del γ flash, t γ. Figura 2.3: Distribuzione temporale dei segnali registrati dai rivelatori al Silicio in EAR1.

26 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 20 Figura 2.4: Distribuzione temporale collegata ai segnali del γ flash. Noto il relativo tempo di volo, l energia cinetica di un neutrone nel caso relativistico è data da: ( ) E n = m n c β 2 con β = v c = L c T OF (2.3) Mentre nel caso non relativistico la precedente espressione si riduce ad una relazione più semplice [21]: E n = 1 2 m n ( ) L 2 ( ) 2 L (m) (2.4) T OF T OF (µs) 2.3 Produzione del fascio di neutroni Le caratteristiche del fascio di neutroni prodotto sono collegate a quelle del fascio di protoni incidenti e del bersaglio utilizzato. Nel dettaglio, il numero di neutroni prodotti aumenta all aumentare dell energia dei protoni e all aumentare del peso atomico del bersaglio di spallazione. Tuttavia, come si può osservare nella Figura 2.5, il numero di neutroni emessi per unità di energia incidente tende a saturare indipendentemente dal materiale del target. Nel Pb viene raggiunto un livello di saturazione corrispondente a 20 neutroni/gev (i bersagli di spallazione costituiti da elementi più pesanti sono caratterizzati da una saturazione più alta).

27 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 21 Basandoci su questa considerazione, ogni protone di 20 GeV dal PS produrrebbe tra i 400 e i 500 neutroni. In realtà, a causa delle dimensioni finite del target di spallazione, vengono prodotti circa 360 neutroni da ciascun protone nel target. Poichè l intensità massima del fascio di protoni è di 7 12 protoni per impulso, sono prodotti circa 2 15 neutroni per impulso. Questo numero molto elevato è il motivo principale dell alta intensità del fascio di neutroni. Figura 2.5: Numero di neutroni emessi per diversi materiali costituenti il target di spallazione in funzione dell energia incidente del protone. 2.4 Il fascio di protoni La facility n_tof utilizza come fascio di protoni quello accelerato dal CERN Proton Synchrotron (PS). Un singolo pacchetto, o bunch, di protoni è accelerato nell anello del Booster ed iniettato nel PS a 1.4 GeV/c. Il PS opera in modo tale da poter accelerare più pacchetti contemporaneamente, che vengono poi estratti ed indirizzati a diversi esperimenti. I bunches dedicati alla facility n_tof vengono accelerati dal PS fino a 20 GeV/c con una risoluzione temporale di 7 ns (r.m.s.). Le caratteristiche del fascio di protoni, in particolare la distanza fra due pacchetti consecutivi (repetition rate), l intensità e la larghezza del pacchetto, si adattano perfettamente alla necessità di avere una sorgente pulsata di neutroni per le misure dei tempi di volo. Infatti avere un pacchetto stretto di protoni (circa 7 ns) garantisce una piccola incertezza sulla misura del tempo di volo e quindi sulla ricostruzione dell energia cinetica dei neutroni [22].

28 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 22 Il PS opera con un duty cicle di 0.8 Hz che consente di avere pacchetti di protoni separati da 1.2 s. Un basso rate di ripetizione permette di annullare la sovrapposizione dei pacchetti di neutroni (fenomeno noto come wrap-around) che potrebbe portare a confondere i neutroni lenti di un dato pacchetto con quelli veloci di un pacchetto successivo. Questo problema è causa di un background significativo in altre facility per neutroni. 2.5 Bersaglio di spallazione Con il termine spallazione ci si riferisce in genere a tutti i processi che avvengono quando particelle energetiche colpiscono un target pesante portando all emissione di una grande quantità di prodotti di reazione (particelle leggere cariche, neutroni, nuclei leggeri, etc...). In breve, durante la prima fase della reazione, i protoni incidenti causano l emissione di pochi nucleoni di energia intermedia e la produzione di altre particelle. Alla fine di questa fase di cascata intranucleare, vengono rilasciati nuclei residui con un energia di eccitazione di diverse decine di MeV. La reazione procede poi attraverso una fase transitoria in cui i nuclei eccitati si muovono verso l equilibrio; durante questa fase, è ancora possibile l emissione di nucleoni relativamente veloci. Questo processo è noto come pre-compound o emissione di pre-equilibrio. In questa fase è possibile che avvenga anche l emissione di alcuni frammenti di fissione o di frammenti di massa intermedia. Infine, nella fase di evaporazione, i nuclei composti possono fissionare emettendo frammenti di massa intermedia e/o evaporare emettendo particelle leggere, per lo più neutroni di energia dell ordine del MeV. In un target massivo di spallazione, dopo la prima fase di cascata intranucleare, le particelle secondarie più energetiche possono incontrare un nuovo nucleo, e avviare un nuovo processo di spallazione. La Figura 2.6 sintetizza tutte le fasi coinvolte nella reazione. Durante la fase di upgrade successiva ad n_tof Phase1 sono state studiate svariate soluzioni per la progettazione del nuovo bersaglio di spallazione ad n_tof: la scelta è ricaduta su un blocco unico cilindrico di piombo puro al 99.99% [23], di diametro 60 cm e lunghezza 40 cm raffreddato da acqua demineralizzata (Figura 2.7).

29 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 23 Figura 2.6: spallazione. Rappresentazione schematica delle varie fasi di una reazione di Il core di piombo è inserito in un nuovo contenitore pressurizzato di alluminio. Figura 2.7: Schematizzazione del nuovo target di spallazione ad n_tof. La figura sulla sinistra mostra i vari elementi del nuovo target: blocco di Pb, circuito di moderazione e raffreddamento, etc..

30 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 24 Figura 2.8: Il nuovo target di spallazione che viene installato nella sua cavità. Nel primo bersaglio di spallazione, l acqua di raffreddamento agiva anche da moderatore dell energia dei neutroni. Per il secondo bersaglio, il circuito di raffreddamento è stato in parte separato dal moderatore per avere più flessibilità nel cambiare lo spettro energetico del fascio di neutroni. A tal fine, il contenitore è diviso il due differenti volumi: il primo, riempito con acqua demineralizzata ed in diretto contatto con l intero blocco di piombo, è usato per il raffreddamento, mentre il secondo, staccato dal ciclo di raffreddamento e presente solo nel lato di uscita dei neutroni, può essere riempito con liquidi differenti e funge da moderatore per i neutroni emessi. Lo spessore effettivo occupato dal liquido del circuito di raffreddamento è di 1 cm, mentre quello occupato dal moderatore è di 4 cm (Figura 2.9). La possibilità di cambiare il liquido utilizzato come moderatore risulta molto utile per ridurre il fondo nell area sperimentale dovuto ai raggi gamma di 2.2 MeV prodotti nella reazione di cattura su 1 H, che rappresentano un problema significativo per le misure di cattura neutronica. Utilizzando moderatori in cui la probabilità di cattura di neutroni è inferiore, si riesce a ridurre in modo sostanziale questa tipologia di background di circa un fattore [24].

31 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 25 Figura 2.9: Schema del nuovo bersaglio di spallazione, con i 4 cm di moderatore e 1 cm di liquido di raffreddamento. Il blocco cilindrico di Piombo di 60 cm di diametro e 40 cm di lunghezza è posto all interno di un contenitore in cui è fatta circolare acqua con un flusso sufficientemente alto per un efficeinte raffreddamento del piombo. L utilizzo di differenti moderatori modifica anche la forma del flusso di neutroni come mostrato nella Figura 2. in cui viene messo a confronto il flusso ottenuto in EAR1 con 5 cm di acqua demineralizzata e quello ottenuto invece con l introduzione di acqua borata nel circuito di moderazione, ottenuti in due diverse campagne di misura della n_tof Phase2.

32 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 26 Figura 2.: Confronto tra il flusso di neutroni che giunge in EAR1 prodotto con un moderatore di acqua normale (curva blue) o borata (curva rossa). 2.6 La prima linea di fascio e la prima zona sperimentale, EAR1 Dopo essere stati prodotti (ed eventualmente moderati) i neutroni lasciano il target di spallazione ed entrano nelle linee di fascio. Quella relativa alla prima sala sperimentale è inclinata di rispetto alla direzione di incidenza del fascio di protoni e si estende per circa 200 m fino al beam dump, in direzione orizzontale. I neutroni che emergono dal target di spallazione si propagano attraverso dei tubi in vuoto di diametro variabile, montati all interno di un tunnel preesistente. Lungo la base di volo, così come mostrato in Figura 2.11, sono posti diversi elementi (pareti di cemento e ferro, magneti, collimatori, etc...) al fine di modellare il profilo spaziale del fascio di neutroni, ridurre il background di particelle cariche e di fotoni presenti nel fascio e quello causato dai neutroni al di fuori di esso.

33 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 27 Figura 2.11: Schematizzazione del tunnel di n_tof dal target di spallazione fino al beam dump (200 m). Il primo settore della linea di trasporto di neutroni, lungo 70 m, ha un diametro di 80 cm ed è realizzato in alluminio, contrariamente ai rimanenti tubi della linea di fascio che sono realizzati in acciaio; al termine di questo settore è presente un blocco di ferro, spesso 2 m, con l obiettivo di ridurre il diametro del fascio fino a 60 cm. Il primo collimatore, spesso 2 m e installato a 137 m dal target, è composto da un blocco di ferro e uno di cemento ed è utilizzato per ridurre la divergenza del fascio all entrata dell area sperimentale. Maggiori dettagli su questo collimatore sono riportati nella Tabella 2.1. Questo settore del tubo presenta anche un ampio magnete e una stazione di filtro, la quale è dotata di otto slot dove possono essere inserite lastre di materiali che assorbono neutroni (in genere sono utilizzati isotopi con risonanze neutroniche molto pronunciate). Il compito della stazione di filtro è quello di assorbire tutti i neutroni del fascio a determinate energie per poter così studiare il contributo del background a quelle energie. Il magnete è un dipolo magnetico (Figura 2.12) ed ha invece lo scopo di deviare le particelle cariche secondarie al di fuori del fascio, verso le pareti del tunnel o verso un muro di ferro spesso 3.2 m posto immediatamente a valle (viene utilizzato il ferro perché particolarmente adatto ad attenuare il background dei muoni).

34 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 28 Figura 2.12: Lo "sweeping magnet" Dopo il passaggio attraverso il magnete, i neutroni raggiungono il terzo settore in cui è posto l ultimo assemblaggio per la collimazione. Contrariamente al primo collimatore, il secondo serve a modificare il profilo del fascio. Infatti grazie ad una struttura più complessa che prevede diversi strati di polietilene borato e ferro (Figura 2.13) è possibile modellare il profilo spaziale del fascio senza produrre background che inciderebbe pesantemente sulle misurazioni data la vicinanza del collimatore all area sperimentale [25]. Ad n_tof sono state costruite e utilizzate due versioni del secondo collimatore. Esse differiscono solo per l apertura e quindi per la dimensione del fascio di neutroni emergente. Per misure di cattura, che richiedono un fascio di neutroni piccolo e ben definito, viene utilizzata la versione con un apertura di 1.8 cm di diametro, mentre per le misure di fissione, in cui i campioni sono solitamente sottili per evitare auto assorbimento dei frammenti di fissione, il flusso sul campione è massimizzato da un apertura di 8 cm.

35 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 29 Figura 2.13: Assemblaggio del secondo collimatore. Collimatore Materiale Raggio Lunghezza degli strati Interno/Esterno (cm) (m) 1 st 1-Ferro Cemento nd C.M. 1-Polietilene Borato Ferro Polietilene Borato nd F.M. 1-Polietilene Borato Ferro Polietilene Borato Tabella 2.1: Caratteristiche dei collimatori C.M. (Modalità Cattura) e F.M. (Modalità Fissione) Facendo riferimento alla Figura 2.11, EAR1 è definita da due muri di cemento, il primo a circa 182 m dal target di spallazione ed il secondo 7 m dopo, che agiscono anche come schermature. Nell area sperimentale sono contenuti il campione da misurare, i rivelatori e tutte le apparecchiature ausiliarie necessarie per le misurazioni. L area sperimentale è classificata come "Laboratorio di Classe A" (o più propriamente come "Work Sector Type A"): dotata di numerosi sistemi di sicurezza (antincendio, sovrapressione, ventilazione forzata, etc...), ed è pertanto idonea ad ospitare sorgenti radioattive non sigillate, come i campioni radioattivi utilizzati in molte misure.

36 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 30 All uscita dell area sperimentale, al di là del muro di cemento di spessore di 1.6 m, c è la quarta sezione chiamata "escape line", lì dove termina la linea del fascio (Figura 2.14). Questa zona è predisposta per avere tutta l elettronica e il sistema di acquisizione dati, DAQ, che poi vengono inviati alla sala di controllo dell esperimento, situata in superficie. Dalla sala di controllo è possibile monitorare in tempo reale tutti i rivelatori e i vari parametri (pressioni, temperature, livelli di esposizione etc...) relativi alla sala sperimentale, al tunnel e all area contenente il target. Figura 2.14: Sala in cui è situata la Neutron Escape Lane, il beam dump e il sistema di acquisizione dati. Il tubo a vuoto del fascio termina su un blocco di polietilene di lato 50 cm, solitamente indicato col nome di beam dump. In realtà i neutroni non sono completamente assorbiti da questo blocco, ma vengono in parte termalizzati e catturati dal pavimento e dai muri stessi del tunnel. Come già detto precedentemente, EAR1 è un Work Sector Type A e questo permette di utilizzare campioni di isotopi radioattivi non incapsulati, ma non senza adottare alcune particolari procedure di radioprotezione. A tal fine EAR1 è stata dotata di un area di decontaminazione mostrata in Figura 2.15.

37 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 31 Figura 2.15: Foto dell entrata dell area sperimentale. A partire dal lato sinistro in alto ed in senso orario: l entrata alla beam line, l entrata all area di decontaminazione, l interno dell area di decontaminazione e la zona del beam dump. 2.7 La seconda linea di fascio e la seconda zona sperimentale, EAR2 La realizzazione di EAR2 ha consentito di avere una sala sperimentale complementare e allo stesso tempo indipendente da EAR1. EAR2 è posizionata a 20 m sulla verticale del bersaglio di spallazione ed è una delle poche sale sperimentali al mondo ad utilizzare un flusso verticale di neutroni. In Figura 2.16 è mostrata la struttura di EAR2 e della seconda linea di fascio. Il tubo del fascio ha un diametro interno variabile tra i 32 cm e i 6 cm e si estende dal target di spallazione fino al Beam Dump. Questo è costituito da un nocciolo di Ferro che rallenta i neutroni veloci, circondato da Polietilene Borato. Per quanto riguarda la collimazione del fascio, un primo collimatore cilindrico di 1 m e fatto di Ferro, è collocato a circa m dal bersaglio di spallazione. Un secondo collimatore di 3 m è invece collocato immediatamente sotto EAR2. Per le misure di cattura viene utilizzato un collimatore con un diametro interno di 20 mm, in alternativa per le misure di fissione è in fase di studio un altro con diametro di circa 60 mm.

38 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 32 Sia in modalità di fissione che in modalità di cattura, i collimatori sono conici e composti da una sezione di 2 m di Ferro e di 1 m di Polietilene Borato. Figura 2.16: Ricostruzione al computer dell EAR2 e della seconda linea di fascio. Il bunker della sala sperimentale (Figura 2.17) è una stanza di 40.8 m 2 di superficie e 5.5 m di altezza. Per completare la descrizione della seconda linea del fascio, è importante considerare altri altri due elementi: un magnete permanente (0.2 T m) e una stazione di filtri, analoga a quella installata sulla linea di fascio orizzontale.

39 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 33 Figura 2.17: Layout e foto della sala sperimentale EAR Caratteristiche della Facility La combinazione di tutti gli elementi della facility ad n_tof, dal target di spallazione fino alle aree sperimentali, porta alla produzione di due fasci di neutroni con caratteristiche adeguate a misure di cattura e a sezioni d urto di fissione di alta qualità. In particolare, l alto flusso istantaneo, l alta risoluzione energetica e il basso background sono tutte caratteristiche fondamentali per ottenere dati affidabili sulle sezioni d urto neutroniche. Tra i vari aspetti positivi, spicca l ampiezza dello spettro neutronico che si estende dalla regione del termico (25 mev) fino ad energie dell ordine del GeV. La Figura 2.18 mostra un paragone sul flusso istantaneo (cioè il numero di neutroni per impulso) per differenti facility: n_tof (EAR1), GELINA situata a Geel in Belgio e il Manuel Lujan Neutron Scattering Center al Laboratorio Nazionale di Los Alamos, mentre nella Figura 2.19 viene riportato un confronto tra il flusso medio di neutroni. Il numero totale di neutroni prodotti nel target di spallazione da un singolo pacchetto di protoni in EAR1 è ordini di grandezza più grande rispetto a quello che si riesce ad ottenere da altre facility esistenti. Tale rapporto risulta ancora più conveniente se si considera il flusso di neutroni in EAR2. L intensità della sorgente consente di aumentare considerevolmente la base di volo, pur continuando ad avere

40 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 34 un flusso medio di neutroni paragonabile a quello di altre facility, mentre il flusso istantaneo risulta fino a tre ordini di grandezza più elevato. Figura 2.18: Flusso di neutroni istantaneo per diverse facility. Figura 2.19: Flusso di neutroni medio per differenti facility. Va inoltre considerato che in una facility per tempo di volo la risoluzione energetica è data da:

41 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 35 ) E n 2 ( ) 2 ( t L = 2 + (2.5) E n t L e pertanto l uso di una lunga base di volo permette di migliorare la risoluzione energetica, necessaria per risolvere le strutture di risonanza nelle sezioni d urto. A causa della più corta base di volo, il flusso di neutroni in EAR2 è fino a 25/30 volte superiore a quello di EAR1 (o anche più), a discapito della risoluzione energetica. I flussi (simulati) delle due aree sperimentali sono confrontati in Figura 2.20, dove è riportata anche una schematizzazione della posizione delle due sale sperimentali rispetto al target di spallazione, mentre nella Tabella 2.2 è riportato il flusso neutronico per cm 2 presente in EAR1 e in EAR2 per differenti intervalli energetici. (a) (b) Figura 2.20: Schema dell area in prossimità del bersaglio di spallazione (Fig.2.20(a)). Confronto tra i flussi simulati con FLUKA (in blu EAR1 e in nero EAR2, Fig. 2.20(b)).

42 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 36 Dalla Tabella 2.2 si può notare che il guadagno previsto dalle simulazioni, definito come il rapporto tra il flusso di neutroni in EAR2 e in EAR1 utilizzando lo stesso diametro del collimatore, sia pari a 27 nella regione del kev, regione di interesse in astrofisica. Nel capitolo successivo, incentrato sulla misura e analisi dei dati sul flusso in EAR1 e EAR2, saranno dati maggiori dettagli. Intervallo EAR2 Incertezza EAR1 Incertezza Guadagno Energetico n/cm 2 /pulse Statistica n/cm 2 /pulse Statistica [%] [%] ev ev-1 kev kev-0 kev MeV MeV Range Totale (da 0.02 ev a 200 MeV) Tabella 2.2: Flusso neutronico presente in EAR1 e in EAR2 per differenti intervalli energetici con relativo guadagno. ll maggior flusso di neutroni, permette di misurare in EAR2 campioni molto piccoli (massa<1 mg), campioni con alta radioattività e gli isotopi con piccole sezioni d urto. La possibilità di avere campioni con massa minore di 1 mg è di importanza cruciale quando bisogna ridurre l attività di isotopi altamente radioattivi o nel caso in cui si trattano materiali rari, per i quali è difficilmente reperibile un campione di grande massa. Il flusso molto alto di EAR2 consente inoltre l uso di campioni molto sottili, un grande vantaggio nella misura delle reazioni che producono particelle cariche e potrà consentire anche l irradiazione di vari materiali e dispositivi elettronici per studi di danni da radiazione o per dosimetria. La configurazione di EAR2 ha un altro vantaggio molto importante rispetto ad EAR1: per effetto della più corta base di volo che si ha in EAR2 rispetto a EAR1, si ha un minor tempo di volo dei neutroni verso il campione, dieci volte più breve. Il più piccolo tempo di volo in combinazione con il maggior flusso di neutroni, fa sì che il rapporto tra i segnali indotti da neutroni e il fondo costante dovuto all attività dei campioni radioattivi aumenti di più di due ordini di grandezza. Questa caratteristica è estremamente importante in studi su isotopi radioattivi a breve vita media,

43 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 37 in cui l attività intrinseca del campione rappresenta la componente di background dominante. 2.9 Risoluzione energetica e funzione di risoluzione Quando si tratta di determinare l energia tramite il tempo di volo, le principali fonti di incertezza sono legate al processo di moderazione nel target e alla risoluzione temporale del fascio di protoni (nel seguito verrà discusso solo l effetto del processo di moderazione). Come conseguenza delle reazioni di scattering elastico con il Pb e il liquido moderatore, i neutroni rallentano nel target e impiegano un po di tempo prima di entrare nel tubo a vuoto (questo tempo è chiamato tempo di moderazione ). Il processo di moderazione nel Pb presenta due caratteristiche: la sezione d urto elastica è approssimativamente costante fino a kev, e in ciascuna collisione viene persa una piccola frazione dell energia dei neutroni. Di conseguenza, si sviluppa una forte correlazione tra il tempo di moderazione e l energia cinetica finale del neutrone. In particolare dato t, il tempo al quale il neutrone è osservato (in questo caso quando lascia il target) ed E n la sua energia cinetica a quel tempo, vale la seguente relazione [26]: E n = k (t + t 0 ) 2 (2.6) k e t 0 sono parametri che dipendono dalla geometria del target e che possono essere ottenuti dalle simulazioni o fittati sperimentalmente. Come conseguenza si può introdurre un effettiva traiettoria di volo λ del neutrone all interno del target, definita come: λ = v n t (2.7) Qui t è il tempo di moderazione, cioè il tempo trascorso dalla sua produzione fino a quando questi esce dal target, con velocità v n. Per convenzione, è possibile pensare a questo termine come una distanza extra da aggiungere alla distanza geometrica tra il target di spallazione e l area sperimentale. Questo significa che si può considerare L+λ come base di volo totale del neutrone. Il termine addizionale λ non è costante su un gran range di energie del neutrone, ma mostra una lieve dipendenza dall energia, che può essere simulata. I calcoli di Monte Carlo eseguiti con i codici FLUKA e CAMOT, hanno indicato che esiste una

44 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 38 proporzionalità tra λ e E 1/2. Per poter tenere in considerazione questa dipendenza nella relazione tempo-energia, è stato dimostrato che sottrarre dal tempo di volo misurato un tempo di offset costante (circa 73 ns) [27] è una buona approssimazione, valida su un grande range energetico. Chiaramente, a causa della natura stocastica del processo di moderazione, i neutroni che lasciano il target di spallazione con la stessa energia non vengono fuori necessariamente allo stesso tempo (a causa della differente distanza che ciascun neutrone percorre all interno del blocco di Pb e del moderatore prima di entrare nella beam line). In altre parole, per una data energia finale del neutrone, il tempo speso all interno del target di spallazione (cioè il tempo di moderazione) non è un tempo fisso, ma una distribuzione di larghezza t. Equivalentemente, l effettiva lunghezza di moderazione λ definita sopra, avrà anch essa una distribuzione, di larghezza λ, definita come: λ = v n t (2.8) E possibile calcolare schematicamente la risoluzione energetica, differenziando l Eq L espressione diventa: E n E n = 2 L L 2 + ( ) E n T OF 2 (2.9) Dove E n e E n sono espressi in ev, L e L sono in m e TOF in µs. si trascura il contributo dovuto alla risoluzione temporale del fascio di protoni e della risposta dei rivelatori, e si considera solo la risoluzione dovuta al processi di moderazione nel target di spallazione, l Eq. 2.9 diventa: ( ) En E n mod = 2 L λ + L Se (2.) E evidente che per ottenere una migliore risoluzione energetica è necessaria una base di volo lunga, con l inconveniente di una basso flusso. Per la configurazione finale target/moderatore ad n_tof, le simulazioni indicano che λ è di pochi cm, in dipendenza dall energia del neutrone, come mostrato nella Figura energetica. La scala a destra della figura mostra la corrispondente risoluzione

45 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 39 Figura 2.21: Simulazione della risoluzione energetica alla posizione del campione a 185 m. La risoluzione di 7 ns dovuta alla lunghezza del bunch di protoni è dominante al di sopra di pochi MeV. La descrizione della risoluzione energetica data sopra è una semplificazione. Una descrizione completa dovrebbe considerare non solo la larghezza della distribuzione λ, λ, ma l intera distribuzione conosciuta come Funzione di Risoluzione (RF). Una rappresentazione grafica della RF è mostrata nella Figura Figura 2.22: Funzione di risoluzione ad n_tof alla posizione del campione, data come una distribuzione della distanza equivalente in funzione dell energia neutronica nel range tra 1 ev e 1 MeV [28].

46 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF Profilo del fascio Come già detto, il fascio di neutroni prima di entrare nell area sperimentale passa attraverso un collimatore che ha lo scopo di dare al fascio il profilo spaziale desiderato. La forma del fascio gioca un ruolo fondamentale nella misura delle sezioni d urto, specialmente in quelle di cattura. La ragione principale è che di solito i campioni hanno dimensioni trasversali più piccole del profilo spaziale del fascio, così da intercettare solo una frazione di esso. Le simulazioni effettuate per mezzo di FLUKA e MCNP e corroborate da misure sperimentali, mostrano che il fascio ha la forma di una gaussiana bidimensionale (si veda la Figura 2.23) con una sigma di circa 7 mm per EAR1 e di circa mm per EAR2. Le misure del profilo del fascio sono regolarmente ripetute anche per ottenere indicazioni utili sull allineamento dei collimatori, dal momento che questo potrebbe cambiare ogni volta che un collimatore viene montato o sostituito. In Figura 2.23 è mostrata una simulazione del profilo spaziale del fascio. Figura 2.23: Profilo spaziale simulato del fascio alla stazione di misura Background Al fine di ottenere un elevata accuratezza nella misura delle sezioni d urto, è molto importante minimizzare il background. Tipicamente le facility che sfruttano la tecnica del tempo di volo con produzione di neutroni da target pesanti sono affette da differenti sorgenti di background: il wrap-around dei pacchetti di neutroni, il background associato al fascio, cioè quello generato dalla presenza di particelle inde-

47 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 41 siderate nel fascio neutronico (in particolare i raggi γ) e il background ambientale, dovuto all attivazione di materiali presenti nella sala sperimentale in cui sono posizionati i rivelatori e alla radioattività naturale presente nell ambiente o associata agli isotopi che devono essere misurati. Infine è sempre presente un background associato alle reazioni indotte dai neutroni sul campione in misura, in competizione con la reazione oggetto di studio. Una componente particolarmente importante di background è quella associata ai raggi γ che vengono copiosamente prodotti nel target di spallazione da molti meccanismi. Tra questi, i più importanti sono la cattura neutronica da parte del Pb e dell idrogeno presente nell acqua usata come moderatore e i processi di annichilazione. I raggi γ presentano essenzialmente due componenti: la componente pronta e la componente ritardata. L esistenza di una componente pronta (TOF < 1µs) nasce dalle interazioni di alta energia nel target di spallazione, mentre quella ritardata (TOF > 1µs) comprende soprattutto i raggi γ di 2.2 MeV abbondantemente prodotti nel sistema di raffreddamento e moderazione durante le reazioni di cattura sull idrogeno. Come già precedentemente accennato, la componente ritardata era particolarmente presente durante la prima campagna di misure ad n_tof in cui veniva utilizzata acqua demineralizzata sia per il raffreddamento che per la moderazione. Con l upgrade della facility, l uso dell acqua borata come moderatore ha consentito di sopprimere fortemente questa componente. Infatti i neutroni nell acqua borata sono catturati dal B che ha una sezione d urto molto alta per la cattura dei neutroni termici (circa 4000 b), con produzione di gamma di energia molto più bassa (478 kev). L acqua borata come moderatore è stata utilizzata a partire dal 20; la Figura 2.24 mette in evidenza la riduzione del background dovuto all aggiunta di acqua borata.

48 CAPITOLO 2. LA FACILITY N_TOF 42 Figura 2.24: Misure delle reazioni di cattura del nat Fe con differenti moderatori liquidi: nel 2009 è stata usata acqua normale, mentre nel 20 acqua borata. La riduzione del background nel 20 è evidente. Si può facilmente osservare che il background nella regione del kev è ridotto di almeno un ordine di grandezza con il moderatore di acqua borata. Questo consente di raggiungere una più alta accuratezza per la sezione d urto di cattura nella regione energetica del kev e consente di studiare anche le piccole risonanze o le strutture di risonanza che erano precedentemente mascherate dal background.

49 Capitolo 3 Analisi del Flusso in EAR1 e in EAR2 3.1 Introduzione La misura accurata di sezioni d urto richiede, tra le altre cose, di conoscere con precisione il flusso di neutroni nella sala sperimentale ed in particolare la sua dipendenza energetica. Una misura sperimentale del flusso di neutroni può essere ottenuta utilizzando dei rivelatori montati direttamente nell area sperimentale. In questo caso, bisogna dedicare particolare attenzione al tipo e allo spessore dei materiali utilizzati che potrebbero perturbare il fascio e, a seguito delle interazioni con i neutroni primari, produrre particelle secondarie (principalmente neutroni e raggi γ) aumentando così il background nell area sperimentale. Al fine di minimizzare tale background è necessario ridurre al minimo la massa dei rivelatori che vengono utilizzati. In questo capitolo verranno descritti in dettaglio i due monitor di flusso trasparenti basati su rivelatori a stato solido, chiamati appunto SiMon e SiMon2 (Silicon Monitors) e utilizzati ad n_tof rispettivamente in EAR1 e EAR2. Sarà poi descritta la procedura di analisi per estrarre il flusso misurato con tali rivelatori e saranno presentati i risultati ottenuti per entrambe le aree sperimetali. 3.2 Flusso di neutroni Il flusso è definito come il numero di particelle che attraversano l unità d area nell unità di tempo. Ad n_tof, dove il profilo spaziale del fascio di neutroni non è uniforme e i neutroni sono distribuiti in pacchetti a bassa frequenza ( 0.8 Hz), è più conveniente considerare il numero di neutroni per impulso di protoni incidenti (7 12 p) integrato su tutto il profilo spaziale del fascio ad una data energia. In que- 43

50 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 44 sto caso sarebbe più appropriato parlare di "intensità neutronica" ma per semplicità si continuerà a utilizzare il termine flusso. Come accennato in precedenza, la conoscenza del flusso di neutroni è di estrema importanza per la determinazione delle sezioni d urto. Ad una prima approssimazione, la relazione che lega la sezione d urto di una reazione oggetto di studio al flusso di neutroni che induce la reazione stessa, può essere scritta come: σ x (E n ) C x (E n ) B (E n ) φ (E n ) (3.1) Dove σ x è la sezione d urto dell isotopo x che si vuole misurare, C x e B sono rispettivamente il numero di conteggi relativi al campione e il background associato alla misura, infine φ è il flusso neutronico. Tutte queste quantità sono espresse come funzioni dell energia E n dei neutroni. Come noto, la rivelazione dei neutroni avviene attraverso quella dei prodotti, di solito particelle cariche, generati a seguito dell interazione con nuclei di particolari elementi. Tali reazioni sono caratterizzate da una sezione d urto elevata e ben nota possibilmente nell intero range energetico di interesse. A tal proposito, tipicamente sono usate le reazioni riportate nella Tabella 3.1. Queste reazioni sono caratterizzate dall avere una sezione d urto nota con un accuratezza inferiore o intorno all 1% e sono dunque considerate "standard" di misura. Reazione Intervallo energetico della reazione standard H(n,n) da 1 kev a 20 MeV 3 He(n,t) da ev a 50 kev 6 Li(n,α) da ev a 1 MeV B(n,α) da ev a 1 MeV 197 Au(n,γ) ev e da 0.2 MeV a 2.5 MeV 235 U(n,f) ev e da 0.15 MeV a 200 MeV 238 U(n,f) da 2 MeV a 200 MeV Tabella 3.1: Le sezioni d urto neutroniche standard [18, 19]. Tuttavia, bisogna considerare che ciascuna reazione è "standard" di misura solo in un limitato range energetico se paragonato a quello dello spettro ad n_tof che si estende dall energia termica fino a qualche GeV. Da ciò segue che una sola reazione non è sufficiente per effettuare misure di flusso di neutroni sull intero range ed è

51 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 45 necessario usare quindi una combinazione di sistemi di rivelazione basati su reazioni differenti. Questo è il motivo per cui ad n_tof sono usati vari rivelatori che fanno uso di tre reazioni differenti, in particolare le reazioni B(n,α) 7 Li e 6 Li(n,α) 3 H, considerate standard per energie dal termico (25 mev) a 1 MeV, e la 235 U(n,f), la cui sezione d urto è uno standard al termico e da 0.15 fino a 200 MeV. La sezione d urto di ciascuna di queste reazioni è mostrata nella Figura 3.1. Cross Section [barn] B(n,α) Li 235 U(n,f) 6 3 Li(n,α) H Neutron Energy [ev] 5 6 Figura 3.1: neutronico. Sezioni d urto delle reazioni usate a n_tof per misurare il flusso La combinazione dei risultati ottenuti tramite i diversi sistemi di rivelazione consente di determinare con alta accuratezza il flusso neutronico della facility in un range energetico molto grande. 3.3 Principi per la determinazione del flusso La metodologia utilizzata per la determinazione del flusso neutronico si basa sulla relazione che collega lo yield sperimentale della reazione misurata Y x meas a quello

52 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 46 teorico Y x th, dove x è l isotopo/convertitore usato per la rivelazione dei neutroni. Il significato fisico di yield di reazione è la probabilità (e quindi varia da 0 a 1) che un neutrone interagisca col bersaglio/convertitore, dando luogo a quella reazione. Lo yield di reazione misurato può essere scritto come: Y x meas = C x (E n ) B (E n ) ε (E n ) φ (E n ) (3.2) dove C x, B, φ e ε, sono rispettivamente i conteggi collegati alla reazione x, i conteggi collegati al background che interessa la misura, il flusso che dev essere determinato e l efficienza di rivelazione, tutti espressi in funzione dell energia E n del neutrone e tutte riferite al bunch nominale di protoni (definito come un bunch di 7 12 protoni sul target di spallazione). Lo yield teorico per la stessa reazione x assume invece l espressione [20]: Y x th = ( 1 e nσtot(en)) σx (E n ) σ tot (E n ) (3.3) Dove σ x e σ tot sono rispettivamente le sezioni d urto di reazione e quella totale, mentre n è la densità areale del campione/convertitore. Se il convertitore è sufficientemente sottile, cioè se nσ tot 1, l Equazione 3.3 può essere approssimata a Yx th ottiene: nσ x ; sostituendo questa relazione nell Equazione 3.2 si φ (E n ) = C x (E n ) B (E n ) n ε (E n ) σ x (E n ) (3.4) Che esprime il flusso di neutroni per bunch di protoni in termini di quantità misurabili o note. 3.4 Rivelatori e monitor di flusso Come visto e come espresso dall Equazione 3.1, la misura accurata di una sezione d urto ha come prerequisito fondamentale la conoscenza accurata del flusso di neutroni. Al fine di ottenere una misura affidabile e accurata, risulta quindi conveniente inserire direttamente un rivelatore nell area sperimentale, ad una distanza relativamente piccola dal punto in cui vengono effettuate le misure di sezioni d urto. Così facendo si deve però porre grande attenzione a minimizzare l attenuazione del fascio da parte del rivelatore e soprattutto il background indotto: la presenza di materiale lungo il fascio costituisce infatti un importante sorgente di fondo, generato a seguito delle interazioni dei neutroni nel rivelatore con produzione di particelle secondarie, in particolare raggi γ, sia direttamente nel rivelatore sia a seguito del-

53 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 47 l interazione dei neutroni diffusi elasticamente dal rivelatore che interagiscono poi con altro materiale presente nell area sperimentale. Il fondo di raggi γ è particolarmente fastidioso per misure di sezioni d urto di cattura che si basano proprio sulla rivelazione di raggi γ. In una facility a tempo di volo la riduzione del background si ottiene essenzialmente minimizzando il materiale presente nel fascio di neutroni. La Figura 3.2 mostra il tipico layout sperimentale per il monitoraggio e per la misura del flusso in EAR1 (Fig. 3.2(a)) e in EAR2 (Fig. 3.2(b)). (a) (b) Figura 3.2: 3.2(a) Schema della posizione dei rivelatori lungo la linea di fascio in EAR1. 3.2(b) Schema della posizione dei rivelatori lungo la linea di fascio in EAR2. A tale proposito, occorre fare una distinzione tra rivelatori e monitor di flusso: i primi sono essenzialmente sistemi di rivelazione posti nel fascio per periodi di tempo limitati e per i quali si effettuano periodi di misura dedicati, mentre i secondi sono sistemi sempre presenti sulla linea di fascio, essenzialmente trasparenti e che forniscono informazioni real-time sul fascio di neutroni e sul flusso.

54 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 48 A questa seconda categoria appartengono i sistemi a stato solido (Silicon Monitors) SiMon e SiMon2 e i rivelatori a gas MicroMegas, mentre come rivelatore di flusso è utilizzata una camera a fissione detta PTB. L utilizzo di diversi sistemi di rivelazione per la misura del flusso assicura un alta accuratezza e per questo motivo è adottato, come nelle precedenti campagne di misura ad n_tof, anche nella nuova fase sperimentale partita nel SiMon e SiMon2 I silicon monitors presenti ad n_tof, chiamati appunto SiMon e SiMon2 per la rispettiva collocazione in EAR1 e in EAR2, sono monitor di flusso opportunamente progettati per ridurre la quantità di materiale inserita nel fascio [16]. Essi consistono in un bersaglio sottile di convertitore di neutroni, posto nel fascio, circondato da quattro rivelatori al Silicio che si trovano fuori dal fascio, come mostrato nella Figura 3.3 (SiMon2 nell immagine specifica). Figura 3.3: Foto dei 4 rivelatori a Silicio. Entrambi i rivelatori sono alloggiati in camere di scattering e operano in un vuoto dell ordine di 2 mbar. Come mostrato in Figura 3.4, le camere in cui SiMon e

55 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 49 SiMon2 sono montati sono rispettivamente in fibra di carbonio e alluminio. Figura 3.4: Camera in fibra di carbonio per SiMon (a destra) e camera in alluminio per SiMon2 (a sinistra). Il monitoraggio e la misura del flusso sono basati sulla rivelazione dei prodotti della interazione dei neutroni con il 6 Li, utilizzato come convertitore. La reazione è la seguente: n + 6 Li α + t + Q (3.5) con il Q valore della reazione positivo e pari a 4.78 MeV. Assumendo che il neutrone che dà origine alla reazione sia termico e che dunque i prodotti siano emessi in direzioni opposte, la cinematica della reazione si scrive come: E t + E α = 4.78MeV (3.6) m t v t = m α v α (3.7)

56 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 50 Risolvendo le equazioni e sostituendo alla velocità la sua espressione in funzione dell energia, si ottiene un valore per l energia cinetica del tritone pari a 2.73 MeV e per la particella α pari a 2.05 MeV. La reazione n+ 6 Li dunque è particolarmente conveniente, sia perchè caratterizzata da una sezione d urto notevole (da 00 barn a qualche barn nel range di interesse) e nota con un accuratezza intorno allo 0.5%, sia perchè i prodotti della reazione sono carichi e possiedono un energia, in linea di principio, facilmente discriminabile dal fondo. Nonostante SiMon e SiMon2 siano utilizzati in due aree diverse, il principio di funzionamento è il medesimo: le particelle cariche generate dall interazione del neutrone con il convertitore giungono sui Silici (secondo l accettanza geometrica del rivelatore) e vengono qui fermate depositando tutta la loro energia. Le uniche differenze tra SiMon e SiMon2 risiedono: nel bersaglio, o meglio nella sua composizione chimica e nel suo spessore; nella superficie sensibile e nella distanza relativa dei Silici utilizzati, quindi nelle rispettive efficienze geometriche. La scelta dello spessore del bersaglio rappresenta un compromesso tra la necessità di avere un tasso di conteggi elevato e quella di riuscire a ben identificare i tritoni e le particelle α, identificazione che viene peggiorata dalla perdita di energia delle particelle all interno del convertitore stesso. Per ottenere lo spessore ottimale, sono state effettuate simulazioni Monte Carlo tramite la piattaforma GEANT-4, come riportato in Ref. [16], studiando la differenza tra gli spettri ottenuti a seconda che il deposito fosse di 6 Li puro oppure di un suo composto, il LiF (Figura 3.5). Infatti, poiché il 6 Li è un metallo altamente reattivo e si ossida quando esposto all aria, l utilizzo di un suo composto rappresenta una conveniente alternativa. Per i depositi molto sottili, la particella alfa e i tritoni sono nettamente separati; tuttavia, lo yield corrispondente alla rivelazione delle particelle cariche è basso e può non essere sufficiente per la precisa misurazione del flusso in regioni energetiche particolari, ad esempio dove la sezione d urto di reazione è piccola.

57 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 51 Figura 3.5: Simulazioni dello spettro di energie nei rivelatori al silicio per spessori differenti del deposito di 6 Li (sinistra) e LiF (destra) [16]. Il picco centrato a MeV corrisponde ai tritoni che perdono solo una minima frazione della loro energia all interno del deposito. Al contrario, a causa della loro maggiore perdita di energia, le particelle alfa mostrano uno spettro più piatto che riflette la distribuzione uniforme della loro produzione all interno del deposito di Litio. Quindi quando lo spessore dello strato aumenta, cresce il numero di reazioni nel convertitore, ma la risoluzione energetica peggiora a causa della perdita di energia dei prodotti di reazione nel convertitore stesso. Inoltre, per strati molto spessi, alcune particelle possono essere completamente assorbite all interno del deposito, portando a saturazione il numero di eventi rivelati. Rivelando solamente i tritoni si trova come spessore ottimale circa 200 µg/cm 2 per 6 Li e circa 500 µg/cm 2 per LiF. I risultati delle simulazioni in Figura 3.5 indicano che un deposito di 6 Li puro può essere più conveniente in termini di separazione alfa/tritoni ed efficienza, a condizione che una protezione opportuna sia usata per evitare che il deposito di Litio puro si degradi, essendo questo altamente igroscopico. D altro canto, se non è richiesto un count-rate elevato, un bersaglio di LiF è più indicato considerata la maggiore facilità di realizzazione e manegevolezza.

58 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 52 Per quanto riguarda il bersaglio, nel caso di SiMon esso è costituito da un sottile foglio di Mylar di spessore 2 µm e diametro 6 cm su cui è depositato uno strato di 6 Li puro di spessore 300 µg/cm 2 sul quale, a sua volta, è depositato un sottilissimo strato di Carbonio per passivarlo. Nel caso di SiMon2 invece il bersaglio è un deposito di LiF di spessore 420 µg/cm 2 ; al contrario del 6 Li puro, il LiF non è reattivo con l aria ma rispetto al 6 Li puro presenta lo svantaggio di avere un minor numero di centri scatteratori a parità di massa totale di deposito. Nel caso di SiMon2, in ogni caso, questa non è una limitazione in quanto il flusso 25 volte superiore in EAR2 assicura uno yield e quindi una statistica assolutamente soddisfacenti. Per quanto riguarda la superficie dei rivelatori utilizzati, in SiMon questi sono di forma rettangolare, con area pari a 6 4 cm 2 e spessore 300 µm, mentre in Simon2 sono quadrati con area pari a 3 3 cm 2 e spessore 300µm. Come conseguenza di ciò, come sarà mostrato nel successivo paragrafo, l efficienza geometrica dei due rivelatori è diversa e deve essere presa in considerazione nell analisi dati per l estrazione del flusso. I rivelatori sono accoppiati ad una elettronica dedicata, capace in particolare di gestire il count-rate ed evitare o minimizzare problemi come il pile-up e il deadtime. La carica prodotta nei Silici, in entrambi i sistemi di rivelazione è raccolta ed amplificata da preamplificatori di carica e, a seguire, da amplificatori veloci: Timing Filter Amplifier (ORTEC TFA 474), con tempi di formazione di 0 ns. I segnali così ottenuti sono registrati dal sistema di acquisizione di n_tof che si basa sull utilizzo di F lash Analogue to Digital Converter (FADC), in cui vengono digitalizzati. I FADC utilizzati hanno una memoria di 8 MB e un sampling rate regolabile da 2 GHz fino a 0 MHz. L utilizzo di FADC con siffatte caratteristiche permette di campionare e registrare l intera forma d onda per tutti i segnali prodotti nel rivelatore ad ogni bunch di neutroni per tempi di volo associati ad energie che vanno dal termico fino al GeV. La Figura 3.6 mostra, nel caso di SiMon2, la forma d onda registrata nei FADC ad ogni bunch di neutroni, per tempi di volo che vanno da qualche microsecondo fino a circa 11 ms, corrispondenti in EAR2 ad energie che vanno da qualche MeV fino a 15 mev.

59 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 53 Figura 3.6: Forma d onda registrata nei FADC per un bunch di neutroni nel caso di SiMon2. Il grande picco che si osserva sulla sinistra è dovuto al γ flash. 3.6 I rivelatori MicroMegas Come già accennato, insieme ai Silicon Monitors ad n_tof è presente un altra tipologia di monitor di flusso, le MicroMegas, ovvero rivelatori a gas caratterizzati da un alta efficienza e segnali temporalmente molto veloci, così da permettere di effettuare misure del flusso anche ad energie maggiori di qualche MeV complementando, come si vedrà, l informazione estratta dai Silicon Monitors. La coppia di rivelatori presenti ad n_tof sfrutta la tecnologia MicroMegas [30, 31] e la combinazione di due convertitori differenti, 235 U e 6 Li, per la rivelazione dei neutroni. Il principio di funzionamento è piuttosto semplice: le particelle cariche o i frammenti di fissione prodotti nelle reazioni di conversione entrano nel gas che è mantenuto in regime proporzionale con un opportuno campo elettrico e il cui volume viene diviso in due regioni da una Micromesh, ovvero un sottile foglio (alcune decine di µm) sulla cui superficie si aprono fori di 35 µm di diametro ad una distanza di 0 µm l uno dall altro a formare una griglia conduttiva. Un campo elettrico di circa 1 kv/cm è applicato nella prima regione o regione di

60 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 54 drift larga 6-8 mm, dove avviene la conversione nonchè la deriva degli elettroni da ionizzazione, mentre nella seconda regione, o regione di amplificazione larga qualche µm, è presente un campo elettrico più intenso (40-70 kv/cm) così da favorire la moltiplicazione della carica (Figura 3.7). Gli elettroni prodotti a seguito del passaggio di una particella carica nella zona di drift, derivano verso la micromesh sotto l azione del campo elettrico. Le linee di campo creano un imbuto attorno alla griglia, permettendo così agli elettroni di attraversarla e essere moltiplicati nella zona di amplificazione formando una valanga che genera una corrente sulle strip anodiche. Grazie ad una regione di amplificazione molto sottile, un voltaggio di poche centinaia di Volt tra la micromesh e l anodo è sufficiente a produrre un campo elettrico estremamente intenso. Figura 3.7: Sezione schematica di una MicroMegas: la regione di conversione e quella di amplificazione separate dalla Micromesh. In figura è anche riportato il deposito di convertitore su uno dei due elettrodi. I due rivelatori MicroMegas sono posti dentro una camera di alluminio cilindrica con diametro 0 mm, chiusa alle estremità da due fogli di prolipropilene spessi 4 µm e caratterizzati da una buona resistenza alla radiazione, in particolare ai danni da neutroni. Il gas con cui è riempito il rivelatore è una miscela di Ar + (%)CF 4 + (2%)iC 4 H tenuto a pressione atmosferica [32]. 3.7 La camera a fissione PTB Il rivelatore PTB (da Physikalisch-Technische Bundesanstalt, l istituto di metrologia che possiede il rivelatore) è una camera calibrata a ionizzazione in cui è presente un

61 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 55 deposito di materiale fissile. Una descrizione dettagliata della PTB si può trovare in Ref. [33]. La camera a fissione consiste essenzialmente di cinque elettrodi di platino su cui è presente un deposito di 235 U da entrambi i lati. In totale sono depositati 201.4(5) mg di 235 U, per uno spessore di ciascuno strato pari a circa 444 µg/mm 2 e un diametro di 7.6 cm. Il rivelatore è ben caratterizzato, in particolare lo è in termini di efficienza di rivelazione e spessore del deposito fissile; per questa ragione è considerato un riferimento nel campo della metrologia neutronica. Su queste basi, il rivelatore è considerato molto affidabile nella misura del valore assoluto del flusso di neutroni e della sua dipendenza dall energia. Tuttavia, essendo un rivelatore massivo, è utilizzato per brevi periodi e per misure dedicate di flusso. 3.8 Analisi del flusso Il segnale proveniente dai rivelatori, dopo aver attraversato i FADC e dunque dopo essere stato digitalizzato, non è ancora in un formato analizzabile dagli utenti. Per questa ragione il segnale viene successivamente analizzato via software da particolari programmi che estraggono le informazioni utili all analisi (tempo di partenza e arrivo del neutrone, ampiezza del segnale indotto nel rivelatore, intensità del fascio di protoni, etc..) e le trasformano in un formato leggibile e analizzabile sotto la piattaforma root [34]. L analisi del flusso nelle due aree sperimentali procede attraverso alcuni passaggi che possono essere così schematizzati: selezione delle condizioni adatte per l analisi (in particolare tagli in ampiezza del segnale); calibrazione del tempo di volo ed estrazione della base di volo; valutazione dell efficienza del rivelatore. Della calibrazione del tempo di volo si è già discusso nel paragrafo 2.2, mentre al primo e al terzo punto verranno dedicate delle sottosezioni di questo paragrafo. Nel paragrafo 2.2 abbiamo visto che il tempo di volo estratto attraverso la formula: T OF = t n t γ + L/c (3.8) è poi usato nell Eq. 2.3 o 2.4 al fine di ricostruire l energia dei neutroni. Oltre al tempo di volo, è molto importante anche conoscere la base di volo L dei neutroni.

62 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 56 La distanza geometrica tra il target di spallazione e il rivelatore non è il corretto valore da prendere in considerazione, dal momento che bisogna tener conto anche della lunghezza di moderazione discussa nel capitolo precedente. Per aggirare questa limitazione, può essere utilizzato un metodo alternativo basato sulla misura delle risonanze di sezioni d urto di energia ben nota. In particolare si possono utilizzare le risonanze presenti nella sezione d urto di fissione dell 235 U, analizzando i dati raccolti con il rivelatore MGAS ( 235 U). Fondamentalmente, la lunghezza del percorso di volo effettiva è ottenuta attraverso un best fit tra le energie delle risonanze determinate sperimentalmente e quelle estratte dal database ENDF/B-VII, essendo L il parametro libero del fit. Una volta che l effettivo percorso di volo L viene determinato per la MGAS ( 235 U), la base di volo per tutti gli altri rivelatori usati nella determinazione del flusso può essere facilmente determinata semplicemente aggiungendo o sottraendo la distanza geometrica nota tra i vari rivelatori. Questo metodo è stato utilizzato per la determinazione della base di volo sia in EAR1 che in EAR2 e in particolare per SiMon e SiMon2, la cui distanza rispetto alle MicroMegas in cui è utilizzato il convertitore di 235 U è nota, come indicato in Figura Analisi dati del flusso misurato con SiMon Al fine di estrarre il flusso misurato attraverso il rivelatore SiMon è stata utilizzata la reazione 6 Li(n,t) 4 He; l analisi è basata sulla selezione dei segnali prodotti dai tritoni che, dopo essere stati emessi, vengono rivelati da uno dei quattro rivelatori posti attorno al bersaglio di 6 Li nell emisfero in avanti rispetto alla direzione del fascio. Come si è visto, se l energia dei neutroni è sufficientemente bassa, cioè se E n è molto minore del Q valore della reazione, le alfa e i tritoni vengono emessi in direzione opposta nel centro di massa e, data la geometria in avanti di SiMon, viene rivelato solo un prodotto per reazione. Come riportato in Ref. [16], l efficienza geometrica è circa il 9% e si mantiene costante fino a qualche decina di kev. Per energie maggiori, quando l emissione di alfa e tritoni non è più isotropa nel sistema del centro di massa ma "forward-peaked" (per via del maggior impulso dei neutroni e per un anisotropia intrinseca della reazione) l efficienza di rivelazione dei tritoni aumenta, fino al 15 % circa. In Figura 3.8 è riportato lo spettro delle ampiezze dei segnali in ciascuno dei quattro rivelatori. In linea di principio ci si aspetterebbe di trovare nello spettro due gruppi di segnali, uno per le particelle alfa, eventualmente allargato a causa del maggiore straggling energetico di cui risentono le alfa nell attraversare il deposito

63 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 57 stesso, e uno per i tritoni, più stretto, in quanto questi hanno carica inferiore e sono emessi con energia maggiore, rispetto alle alfa. Counts 7 6 Silicon 1 Silicon 2 Silicon 3 Silicon Signal Amplitude [FADC Channel] Figura 3.8: Spettro d ampiezza dei segnali rivelati dai quattro Silici di SiMon in EAR-1. Lo spettro è stato ottenuto selezionando solo i segnali dei tritoni. A causa della maggiore larghezza del picco delle particelle alfa, dovuta in parte anche alla risoluzione del rivelatore, negli anni precedenti si è osservato che in nessun caso è stato possibile discriminare in modo soddisfacente in SiMon le particelle alfa dal fondo [35]. Per questa ragione si è deciso di usare nell analisi solo i tritoni, per i quali il background è in pratica assente (in questo modo il valore di B(E n ) nell Eq. 3.4 è zero). A tal proposito, al fine di sopprimere completamente i segnali dovuti alle particelle alfa e quindi migliorare ulteriormente la selezione esclusiva dei segnali prodotti dai tritoni, il bersaglio/convertitore è stato ruotato, come mostrato in Figura 3.9, rispetto alla direzione di incidenza del fascio. In sostanza i prodotti della reazione, prima di giungere sui rivelatori, attraversano lo strato di Mylar su cui è depositato il 6 Li; lo spessore di tale strato è sufficiente ad assorbire completamente le particelle alfa ed è altresì tale da lasciare quasi invariata l energia dei tritoni.

64 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 58 Figura 3.9: Schematizzazione del rivelatore SiMon. Nell imagine sono riportati solo due dei quattro rivelatori al Silicio. Risulta così che nello spettro delle ampiezze, attorno ai canali , il picco dei tritoni è ben visibile. Al di sotto del canale 35 e al di sopra del canale 230 si possono osservare i contributi di background dovuti rispettivamente a rumore elettronico e al γ flash. Infine, attorno al canale 150 è visibile un piccolo contributo dovuto al pile-up tra due segnali. Il picco intorno al canale 240 è dovuto alla saturazione del Flash ADC, che ha un range pari a 256 canali (corrispondente a 8 bit). Dal momento che all aumentare dell energia dei neutroni è disponibile più energia per i prodotti di reazione, la separazione tra il picco dei tritoni e il background aumenta e il relativo spettro si muove verso ampiezze maggiori. Al fine di tenere in considerazione questo effetto cinematico legato all aumento dell energia dei neutroni e di selezionare il segnale dei tritoni per la ricostruzione del flusso, sono stati applicati dei tagli nello spettro bidimensionale dell ampiezza in funzione dell energia del neutrone, come mostrato in Figura 3. dalla curva rossa. Nella stessa figura si può notare anche come ciascuno dei quattro rivelatori al Silicio è stato calibrato in energia depositata, assumendo che il centroide della distribuzione di ampiezza dei tritoni corrisponda alla loro energia iniziale (il che ovviamente è solo una approssimazione che non tiene conto della perdita di energia nel foglio di Mylar).

65 59 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 Silicon Deposited Energy [MeV] Deposited Energy [MeV] Silicon Neutron energy [ev] Neutron energy [ev] Silicon4 6 Deposited Energy [MeV] Deposited Energy [MeV] Silicon Neutron energy [ev] Neutron energy [ev] 1 Figura 3.: Plot 2D che mostra l energia depositata in SiMon in funzione dell energia dei neutroni. Le regioni delle alfa e dei tritoni sono abbastanza separate da consentire una buona selezione dei tritoni (linea rossa). In Figura 3.11 è rappresentato lo spettro dei tempi di volo dei neutroni in EAR1, ottenuto applicando i tagli rappresentati in Figura 3.. Si può notare come all aumentare dei tempi di volo del neutrone e dunque al diminuire della loro energia, i conteggi aumentino. A partire da questo spettro, calibrando il tempo di volo in energia come già indicato, correggendo i risultati per l efficienza del rivelatore e per la densità areale del bersaglio, si può estrarre il flusso misurato con SiMon secondo l equazione 3.4, che si riduce in questo caso a: Φ(En ) SiM on = Ct (En ) n6 Li (En ) SiM on σ6 Li (En ) (3.9) dove i simboli hanno il significato già noto. Da notare che Ct (En ) rapprenta il numero di eventi per bunch di neutroni, ottenuto dividendo il numero di eventi totali per il numero di bunch di protoni durante la misura. Il flusso estratto sarà mostrato nel paragrafo sui risultati, in confronto con quello estratto, in analisi indipendenti, dagli altri rivelatori presenti ad n_tof.

66 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 60 Counts 5 Silicon 1 Silicon 2 Silicon 3 Silicon t n [ns] Figura 3.11: Distribuzione temporale dei segnali registrati dai quattro Silici di SiMon in EAR Analisi dati del flusso misurato con SiMon2 A causa dell identico design dei due rivelatori, l analisi del flusso misurato con SiMon2 è concettualmente analoga a quella di SiMon. Essendo però SiMon2 un rivelatore di nuovo sviluppo, in più rispetto a quanto mostrato nel paragrafo precedente, è stato necessario caratterizzarne l efficienza di rivelazione e ottimizzare la selezione degli eventi associati ai neutroni. Va inoltre detto che nel caso di SiMon2 il deposito del convertitore è dallo stesso lato dei rivelatori, per cui i prodotti della interazione dei neutroni con il LiF, non attraversano nessuno strato aggiuntivo così come mostrato nello schema in Figura 3.12.

67 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 61 Figura 3.12: Schematizzazione del rivelatore SiMon2. Nell imagine sono riportati solo due dei quattro rivelatori al Silicio. L efficienza di SiMon2 (così come in precedenza quella di SiMon) è stata stimata per mezzo di simulazioni Monte Carlo effettuate tramite il codice GEANT-4. Nel codice è stata implementata l esatta geometria del rivelatore, come mostrato in Figura Nella simulazione sono state generate le particelle alfa e i tritoni tenendo in considerazione il profilo spaziale del fascio e la distribuzione angolare della reazione che, come già detto, è isotropa nel centro di massa (e nel laboratorio) solo fino a 1 kev circa.

68 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 62 Figura 3.13: Setup sperimentale implementato nella simulazione con GEANT-4 usata per il calcolo dell efficienza. Dopo aver incluso negli spettri simulati la risoluzione sperimentale dei rivelatori, come mostrato in Figura 3.14 che mette a confronto i dati sperimentali e i risultati della simulazione, sono state poi contate le particelle alfa e i tritoni rivelati nei quattro Silici che superano una soglia fissata in energia depositata, per poi estrarre il valore dell efficienza. Counts 1 Experimental data 0.8 Simulated data Deposited Energy [MeV] Figura 3.14: Confronto tra lo spettro sperimentale di energia depositata in SiMon2 e quello simulato.

69 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 63 In corrispondenza dei vari valori delle energie simulate dei neutroni, sono stati utilizzati diversi valori per la soglia e si sono selezionati solo i tritoni, solo le particelle alfa o entrambi i prodotti della reazione. La Figura 3.15 mostra il risultato di tale calcolo nei tre casi considerati: chiaramente l efficienza è massima quando entrambe le particelle sono prese in considerazione. Figura 3.15: Efficienza di SiMon2 relativa alla rivelazione delle alfa (in blu), dei tritoni (in rosso) e delle alfa e dei tritoni insieme (in nero). L analisi per l estrazione del flusso nel caso di SiMon2 è basata sulla selezione di entrambi i prodotti di reazione, grazie anche al fatto che i rivelatori utilizzati sono piuttosto performanti in termini di risoluzione energetica ( E/E qualche percento), come si può notare dalla Figura 3.16.

70 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 64 Counts Silicon 1 Silicon 2 Silicon 3 Silicon Deposited Energy [MeV] Figura 3.16: Spettro dell energia depositata nei quattro Silici di SiMon2 in EAR-2. Lo spettro è stato ottenuto selezionando i segnali dei tritoni e quelli delle alfa. Qui infatti è possibile discriminare i contributi delle particelle alfa e dei tritoni rispetto a quelli del fondo e del rumore elettronico. Con riferimento alla Figura 3.16, si vede intorno a MeV la struttura dovuta alle alfa, mentre il picco dei tritoni lo si può osservare attorno a MeV. Al di sotto di 0.6 MeV e al di sopra di 3.2 MeV si possono osservare i contributi del rumore elettronico e del pile-up rispettivamente; quest ultimo si attesta intorno all 1%. Sui segnali provenienti da SiMon2, così come è stato fatto per SiMon, sono stati applicati dei tagli nello spettro bidimensionale dell ampiezza (o energia depositata nel rivelatore) in funzione dell energia del neutrone (Figura 3.17).

71 65 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 Silicon Deposited Energy [MeV] Deposited Energy [MeV] Silicon Neutron energy [ev] Silicon4 7 Deposited Energy [MeV] Deposited Energy [MeV] Silicon3 5 7 Neutron energy [ev] Neutron energy [ev] Neutron energy [ev] 1 Figura 3.17: Plot 2D che mostra l energia depositata in SiMon2 in funzione dell energia dei neutroni. Le regioni delle alfa e dei tritoni sono ben separate da quelle del background, e ciò consente di escluderlo (linea rossa). In Figura 3.18 è rappresentato lo spettro dei tempi di volo dei neutroni in EAR2, ottenuto applicando i tagli rappresentati in Figura 3.17 al fine di selezionare solo gli eventi da neutrone; a partire da questi, come già fatto per SiMon, è stato ricostruito il flusso secondo l equazione: Φ(En ) SiM on2 = nlif Ct,α (En ) (En ) SiM on2 σ6 Li (En ) (3.)

72 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 66 Counts 7 6 Silicon 1 Silicon 2 Silicon 3 Silicon t n 7 [ns] Figura 3.18: SiMon2 in EAR-2. Distribuzione temporale dei segnali registrati dai quattro Silici di 3.9 Risultati Sulla base dell analisi dati riportata nel precedente paragrafo, sono stati estratti i flussi in EAR1 e in EAR2. Per quanto riguarda la prima area sperimentale, il flusso misurato con SiMon è stato normalizzato, al pari di quello misurato con le MicroMegas, al risultato ottenuto con la PTB a bassa energia (da 25 a 0 mev) che, come già accennato, è un rivelatore di riferimento. Infatti l efficienza di rivelazione e la densità areale del bersaglio fissile sono ben noti, con accuratezza dell ordine dell 1% o inferiore, cosicchè una normalizzazione a questo rivelatore permette di eliminare le incertezze sistematiche associate alla poco precisa conoscenza di tali parametri per gli altri rivelatori. Nel caso di SiMon ad esempio, la conoscenza della densità areale del bersaglio di 6 Li è accurata al 5-% per cui non è possibile estrarre il valore esatto del flusso, ma solo la sua dipendenza energetica. Il confronto tra i risultati sperimentali dopo aver normalizzato tutti i risultati a quelli della PTB è dunque significativo in termini di dipendenza energetica del flusso estratto, che è la quantità realmente importante nelle misure delle sezioni d urto di un dato bersaglio rispetto ad un altro

73 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 67 di riferimento (in particolare 197 Au per le reazioni di cattura e 235 U per quelle di fissione). La Figura 3.19 riporta il confronto dei risultati ottenuti con i quattro rivelatori utilizzati in EAR1: SiMon, le due MicroMegas e la PTB, nel range energetico che va dall energia termica (25 mev) fino a qualche MeV. Al fine di ottenere un unico flusso di neutroni da poter utilizzare nell analisi di tutte le misure ad n_tof, i risultati ottenuti dai vari rivelatori utilizzati per l estrazione del flusso, devono essere confrontati e combinati. La combinazione di tutti i risultati risulterà necessaria, in quanto il responso di ciascun rivelatore può essere considerato attendibile solo nella regione energetica in cui la sezione d urto del convertitore associato è standard (Tabella 3.1), e in cui l efficienza non è affetta da grandi incertezze. Si può notare come a basse energie, ovvero fino a qualche ev, i risultati di tutti i rivelatori sono in ottimo accordo in quanto a forma: un confronto più dettagliato mostra che l accordo è all interno dell 1%. Al di sopra di qualche ev e fino a qualche kev, SiMon e MGAS( 6 Li) sono in accordo intorno al 2-3%, mentre non è possibile utilizzare in tale regione i rivelatori basati sulla reazione 235 U(n,f), in quanto la relativa sezione d urto non è standard in quel range energetico e inoltre presenta la tipica struttura a risonanze che rende difficoltosa l estrazione del flusso. Al di sopra di qualche kev e fino a qualche MeV, tutti i rivelatori, ad eccezione della MGAS( 6 Li), sono in accordo entro il 3-5% in media. Grazie al buon accordo tra i risultati ottenuti e alla loro opportuna combinazione nel range dove ciascuno di essi è ritenuto affidabile, in una seconda fase sarà possibile estrarre un flusso ufficiale per l analisi di tutte le misure effettuate nel 2014.

74 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 68 Neutron Flux EdΦ/dE/Pulse 5 4 SiMon PTB 6 MGAS ( Li) 235 MGAS ( U) Neutron Energy (ev) 5 6 Figura 3.19: Confronto dei flussi estratti da SiMon, MGAS ( 6 Li), MGAS ( 235 U) e dalla camera a fissione PTB, per la prima area sperimentale. Relativamente alla seconda area sperimentale i risulati ottenuti con SiMon2 sono riportati in Figura 3.20, in confronto con quelli ottenuti con le due MicroMegas utlizzate. Nel caso di SiMon2, lo spessore del target di LiF è noto con un accuratezza intorno al 2% e l efficienza è determinata per mezzo di dettagliate simulazioni GEANT-4; perciò il valore assoluto del flusso fornito da tale rivelatore è ritenuto affidabile. Ciò è effettivamente confermato dall accordo all interno di quache percento con il valore assoluto del flusso misurato con la MGAS( 235 U), mentre il confronto con la MGAS( 6 Li) rivela un probabile problema con lo spessore del bersaglio di LiF utilizzato in questo secondo rivelatore a gas. In termini di dipendenza energetica del flusso, l accordo tra SiMon2 e la MGAS( 235 U) è in media del 6-7% nel range che va da 0.01 ev (subtermico) fino a 0 kev. Ad energie superiori, le MGAS sono affette da problemi associati alla ricostuzione dei segnali e non è possibile effettuare un confronto coi dati di SiMon2 che è al momento a tutti gli effetti l unico rivelatore in grado di fornire una misura del flusso fino a qualche MeV.

75 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 69 Neutron Flux EdΦ/dE/Pulse 6 5 SiMon2 235 MGAS ( U) 6 MGAS ( Li) En(eV) Figura 3.20: Confronto dei flussi estratti da SiMon2, MGAS ( 6 Li) e MGAS ( 235 U) per la seconda area sperimentale. I risultati ottenuti con SiMon2 sono anche in buon accordo con le simulazioni effettuate per il flusso in EAR2 e confermano l incremento di un fattore che va da 25 a 40 (in dipendenza dal range energetico considerato). Ciò è visibile in Figura 3.21, in cui è mostrato il confronto tra i flussi misurati con SiMon e SiMon2 nelle due aree sperimentali e in Figura 3.22, dove è riporato il rapporto tra le due curve. Per energie inferiori a qualche decina di ev il confronto non è particolarmente significativo, in quanto per la struttura stessa del target di spallazione e del moderatore, si sta confrontando un flusso di neutroni moderato con 1 cm di acqua naturale più 4 cm di acqua borata (quello in EAR1) con un flusso di neutroni moderato con 3 cm di acqua naturale (quello in EAR2). Ad energie superiori invece la differenza nel moderatore ha un effetto minore e il rapporto indica un guadagno di un fattore in media pari a 35.

76 CAPITOLO 3. ANALISI DEL FLUSSO IN EAR1 E IN EAR2 70 Neutron Flux EdΦ/dE/Pulse 6 5 SiMon SiMon Neutron energy [ev] Figura 3.21: Confronto tra il flusso misurato con SiMon in EAR1 (in rosso) e quello misurato da SiMon2 in EAR2 (in blu). Flux Ratio SiMon/SiMon Neutron energy [ev] 6 Figura 3.22: Rapporto tra i flussi misurati in EAR1 e in EAR2 rispettivamente con SiMon e SiMon2.

77 Capitolo 4 Test di rivelatori al Silicio per misure di interesse astrofisico 4.1 Introduzione Le caratteristiche della nuova linea di fascio e in particolare l alto flusso disponibile nell EAR-2 di n_tof, consentono di poter misurare reazioni indotte dai neutroni su isotopi radioattivi di breve vita media, con piccole sezioni d urto o disponibili in piccolissime quantità (< mg), reazioni che sarebbe molto difficile o impossibile misurare in altre facility. Tra le reazioni aventi tali caratteristiche vi è la 7 Be(n,α) 4 He che, assieme alla reazione 7 Be(n,p) 7 Li, è di grande interesse per l ancora irrisolto problema del Litio cosmologico [36]. La bassa sezione d urto della reazione e l alta attività del 7 Be (13 GBq/µg) dovuta al suo piccolo tempo di dimezzamento (53,29 giorni), rendono però questa misura estremamente difficoltosa e, come si vedrà, non è mai stato misurato nè esiste ad oggi un valore sperimentale per tale sezione d urto. Ad n_tof è stata presentata e accettata dalla Isolde and n_tof Commitee del CERN (INTC) una proposta di misura delle due reazioni da effettuare in EAR2 [37]. In questo capitolo, dopo una breve introduzione al problema del Litio cosmologico e una descrizione dei dati sperimentali precedenti (esistenti come si vedrà solo per la reazione 7 Be(n,p) 7 Li), saranno presentati i risultati preliminari dei test sul set up sperimentale che sarà utilizzato per la misura di queste importanti sezioni d urto. 4.2 Il problema cosmologico del Litio Nel 1982 François e Monique Spite dello Observatoire de Paris di Meudon, osservarono che la percentuale di 7 Li presente nelle stelle più vecchie dell alone galattico, risulta essere più bassa rispetto a quanto previsto dal modello cosmologico standard 71

78 CAPITOLO 4. TEST DI RIVELATORI AL SILICIO 72 o del Big Bang [39], aprendo così uno dei principali problemi irrisolti nell Astrofisica Nucleare: il problema del Litio cosmologico. Nel 2014 servendosi del VLT (Very Large Telescope) dell Eso (European southern observatory), gli astronomi hanno analizzato spettri ad alta risoluzione di alcune stelle presenti nell ammasso Messier 54 (M54), distante dalla Terra circa il triplo delle stelle della Via Lattea [40]. Dall analisi è risultato un contenuto di Litio estremamente simile a quello presente nelle stelle della galassia che comprende il nostro pianeta, confermando che si tratta di un problema universale e non solo locale. Le predizioni della teoria della Nucleosintesi del Big Bang (BBN), basate sulla conoscenza delle reazioni nucleari primordiali, riproducono con successo le osservazioni delle abbondanze primordiali di tutti gli elementi (ad esempio 4 He, D e 3 He) eccetto che del 7 Li, il quale risulta sovrastimato di un fattore 3-5, a seconda del modello utilizzato per la previsione teorica (Figura 4.1). Figura 4.1: Abbondanza degli elementi primordiali (relativamente all abbondanza dell H) in funzione del rapporto barioni/fotoni: η. La banda gialla verticale rappresenta l η osservato, mentre le curve colorate e le bande rappresentano rispettivamente le predizioni del BBN e i valori osservati. Una possibile spiegazione a questa discrepanza potrebbe essere legata al fatto che le stelle originariamente contenessero molto più Litio di ora e che l elemento, in qualche modo, sia stato distrutto a seguito di particolari reazioni nucleari.

79 CAPITOLO 4. TEST DI RIVELATORI AL SILICIO 73 Secondo la Teoria Standard, il 95% del 7 Li viene prodotto dal decadimento del 7 Be (tempo di dimezzamento 53.2 giorni) relativamente tardi dopo il Big Bang, quando ormai l Universo si è già sufficientemente raffreddato, consentendo così agli elettroni e ai nuclei di formare i primi atomi. Dunque l abbondanza del 7 Li è essenzialmente legata alla produzione e distruzione del 7 Be. Mentre la principale reazione di produzione del 7 Be è relativamente ben nota, lo stesso non si può dire sulle sezioni d urto delle reazioni responsabili della sua distruzione. Per cercare di sopperire a questa mancanza, sono state effettuate numerose misure sulle reazioni indotte da particelle cariche sul 7 Be. I risultati hanno escluso la possibilità che le reazioni indotte da protoni, da deutoni o dal 3 He possano essere responsabili della distruzione del 7 Be durante la Nucleosintesi del Big Bang [41, 42]. Di converso nulla si può dire per le reazioni indotte dai neutroni sul 7 Be, in particolare la (n,α) e la (n,p) che invece potrebbero ricoprire un ruolo importante nella distruzione del 7 Be. Nel 1988, è stata effettuata alla facility LANSCE a Los Alamos una misura a bassa risoluzione energetica sulla sezione d urto della reazione 7 Be(n,p) 7 Li dal termico fino a 13.5 kev [43]. I risultati hanno escluso un impatto significativo di questa reazione sul problema del 7 Li. Tuttavia c è da dire che, dato il limitato range energetico ricoperto nella misura, ci si è dovuto basare su alcuni assunzioni per poter stimare il rate di reazione alle temperature del BBN, 0.3 e 1GK, corrispondenti ad una energia dei neutroni compresa tra 20 e 0 kev circa. Per questo motivo, al fine di migliorare l affidabilità dei calcoli sul BBN, è stata proposta nella seconda area sperimentale di n_tof, una misura più precisa di questa sezione d urto. Per quanto riguarda la 7 Be(n,α) 4 He la situazione è anche peggiore. In letteratura è riportata solo una misura della sezione d urto effettuata ad ISPRA nei primi anni 60 [38] utilizzando la colonna termica del reattore ivi presente. Tale misura fornisce solo un limite superiore per la sezione d urto e solo all energia termica. Inoltre non esistono misure dirette nel range energetico di interesse per lo studio del problema del Litio cosmologico. I calcoli di BBN utilizzati sino ad oggi per valutare il contributo delle due reazioni alla nucleosintesi sono basati su valutazioni teoriche. Tali valutazioni, a causa della assoluta mancanza o incompletezza di dati sperimentali, sono spesso in forte disaccordo tra loro, come mostrato in Figura 4.2 nel caso della sezione d urto della reazione 7 Be(n,α) 4 He valutata da ENDF/B-VII.1 e JEFF-3.0/A. A causa della bassa sezione d urto stimata, il contributo del canale 7 Be(n,α) 4 He alla distruzione del 7 Be è stato sempre considerato trascurabile. Tuttavia, questa assunzione non è mai stata verificata sperimentalmente. Allo stato attuale, per tenere conto della mancanza di dati sperimentali, nei

80 CAPITOLO 4. TEST DI RIVELATORI AL SILICIO 74 calcoli di nucleosintesi del Big Bang si assume per la sezione d urto della reazione 7 Be(n,α) 4 He un incertezza molto alta, pari a un fattore, che tuttavia potrebbe essere anche sottostimata [44]. Figura 4.2: Paragone della sezione d urto calcolata della reazione 7 Be(n,α) 4 He in varie librerie dal termico, fino ad energie dei neutroni di MeV. Da notare il trend opposto tra la sezione d urto calcolata da ENDF/B-VII.1 e quella di altre librerie. Recentemente si è stimato che una sezione d urto di un fattore 60 più alta di quella attualmente assunta per la reazione 7 Be(n,α) 4 He, potrebbe consentire la riduzione di un fattore due dell abbondanza stimata del 7 Li primordiale, risolvendo così parzialmente il problema [45]. Appare dunque evidente come una misura di questa reazione nel range energetico 20-0 kev dei neutroni, sia importante per chiarire il problema del Li primordiale. 4.3 Proposta di misura delle reazioni 7 Be(n,α) 4 He e 7 Be(n,p) 7 Li in EAR-2 a n_tof Al fine di effettuare la misura delle reazioni 7 Be(n,α) 4 He e 7 Be(n,p) 7 Li, i principali problemi da considerare sono l alta radioattività del campione e il background indotto dall intenso fascio neutronico. I set up sperimentali per le misure di queste due sezioni

81 CAPITOLO 4. TEST DI RIVELATORI AL SILICIO 75 d urto sono differenti e tengono in considerazione, oltre a questi due aspetti, anche le peculiarità delle due reazioni stesse. Nel caso della reazione 7 Be(n,α) 4 He, le due particelle α sono emesse back to back con un energia di circa 9 MeV ciascuna: n + 7 Be α + α + Q Q = 19MeV (4.1) In virtù dell alto Q valore di questa reazione, è possibile sfruttare la tecnica di coincidenza tra le due particelle α, riducendo così in maniera consistente ogni forma di background. La migliore configurazione, anche in termini di efficienza, consiste nel porre direttamente nel fascio in EAR-2 un sandwich di rivelatori al Silicio con un campione di pochi microgrammi di 7 Be posto tra i due (Figura 4.3). Si prevede di usare rivelatori al Silicio spessi 140 µm e con un area effettiva di 3 3 cm 2. Figura 4.3: Schematizzazione del sandwich di rivelatori al Silicio con un campione di 7 Be nel mezzo. Ci sono però due problemi potenziali su cui bisogna investigare prima di adottare questa soluzione: il background indotto dall intenso fascio neutronico di EAR2 che incide sul rivelatore al Silicio; i potenziali danni da radiazione e il conseguente degrado delle performance del rivelatore all aumentare della dose assorbita. Entrambi questi problemi sono stati investigati effettuando dei test in EAR-2 su un sandwich di Silicio con all interno un bersaglio di LiF. I risultati saranno mostrati nel paragrafo successivo. L eventuale degrado dalla radiazione legata all attività estremamente alta del campione di 7 Be (dell ordine di 0 GBq) sarà investigato separatamente, depositando del 7 Be sulla superficie del rivelatore.

82 CAPITOLO 4. TEST DI RIVELATORI AL SILICIO 76 Per quanto riguarda invece la reazione 7 Be(n,p) 7 Li, quest ultima ha il vantaggio di essere caratterizzata da un alta sezione d urto, ma lo svantaggio di avere al canale di uscita un nucleo di 7 Li e un protone di bassa energia dato il basso Q valore della reazione: n + 7 Be p + 7 Li Q = 1.644MeV (4.2) Per questa ragione la tecnica delle coincidenze non può essere utilizzata per separare il contributo della reazione da quello di tutte le sorgenti di background. Inoltre la bassa energia dei protoni emessi rende molto più difficile la discriminazione del loro segnale dal background; per questo è indispensabile l utilizzo di rivelatori con un alta risoluzione energetica, possibilmente posti fuori dal fascio dove anche il background indotto dall interazione dei neutroni con il rivelatore è minore. La configurazione più appropriata consiste nel porre il rivelatore al Silicio al di fuori del fascio e nell utilizzare un campione di 7 Be estremamente puro nel fascio (Figura 4.4). Per questa misura il rivelatore al Silicio avrà uno spessore di 300 µm e un area di 4 4 cm 2, mentre per quanto riguarda la massa del campione saranno sufficienti 90 ng di 7 Be. Nel caso della 7 Be(n,p) 7 Li dunque non è richiesto nessun test preliminare, in quanto il setup sperimentale è molto simile a quello utilizzato nel monitor di fascio SiMon2. Figura 4.4: Schematizzazione della disposizione del rivelatore al Silicio e del campione di 7 Be arricchito rispetto al fascio di neutroni.

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