, P.M. - S. G. - INPS
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- Giuseppina Bettini
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1 Prestazioni - Assicurazione contro la disoccupazione - In Genere - Piani di inserimento professionale dei giovani privi di occupazione (PIP) - Cumulo tra indennità oraria di cui all'art. 15 del d.l. n. 299 del 1994 (convertite con modificazioni nella legge n. 451 del 1994) e l'indennità di disoccupazione ordinaria - Esclusione - Applicazione analogica dell'art 8, comma 7, del d. lgs. n. 468 del 1997, relativo ai lavori socialmente utili (LSU) - Configurabilità - Fondamento. Corte di Cassazione - Sez. Lavoro , n Pres. De Luca - Rel. La Terza - P.M. Salvi (Diff.) - S. G. (Avv. Maffei) - INPS (Avv.ti Triolo e Fabiani) In materia di piani di inserimento professionale dei giovani privi di occupazione (Pip), il soggetto che vi sia inserito è tenuto ad optare tra il mantenimento della indennità oraria di cui all'art. 15 del d.l. n. 299 del 1994 (conv., con modificazioni, nella l. n. 451 del 1994), e successive modificazioni, corrisposta per l'attività prestata e la formazione svolta, e la percezione dell indennità di disoccupazione ordinaria, erogata dall'inps, non essendo consentito il cumulo tra i due anzidetti trattamenti, giacché il pagamento dell'indennità oraria suddetta, unitamente al vantaggio della formazione impartita, è sufficiente a tutelare l'interessato assorbendo il generale rimedio della indennità di disoccupazione ordinaria. Infatti, in assenza di disposizioni specifiche, la disciplina che regola la compatibilita del compenso per la partecipazione al PIP e l'indennità di disoccupazione deve essere rinvenuta in quella dell'art. 8, comma 7, d.lg. n. 468 del 1997 per i lavori socialmente utili (Lsu) - che, appunto, prevede l'opzione tra trattamento per attività di lavoro socialmente utile ed indennità di disoccupazione - essendo ravvisabile una analogia tra i Pip e gli Lsu, avuto riguardo ai lavoratori che non godono di cassa integrazione o di indennità di mobilità, posto che entrambi gli istituti sono stati originariamente previsti dal citato d.l. n. 299 del 1994, che il Pip si risolve sostanzialmente nell'espletamento di un lavoro socialmente utile (seppure accompagnato da attività formativa) e che il suo compenso è pari a quanto in origine fissato per gli Lsu. FATTO - S. G. in data 9 novembre 1998 aveva presentato domanda di disoccupazione ordinaria all Inps, a seguito di cessazione, il 17 settembre 1998, del precedente rapporto di lavoro; il 13 gennaio 1999 l'inps comunicava l'accoglimento della domanda ed il giorno successivo il lavoratore comunicava di avere ripreso lavoro il precedente giorno 11, partecipando ad un PIP (piano di inserimento professionale) con orario di 20 ore settimanali; l'istituto chiedeva quindi il rimborso della somma pagata per la disoccupazione ordinaria per il periodo 11 gennaio - 31 gennaio 1999, pari a lire Il Tribunale di La Spezia, cui
2 lo S. si era rivolto per la declaratoria di compatibilita tra indennità di disoccupazione e il compenso ricevuto per il PIP, rigettava la domanda e la statuizione veniva confermata dalla Corte d'appello di Genova con la sentenza in epigrafe indicata. Affermavano i Giudici di merito che, secondo il dettato costituzionale, l'obbligo dello Stato è di intervenire solo nei casi in cui la condizione di disoccupazione privi il lavoratore dei mezzi indispensabili per far fronte alle esigenze di vita primarie, per cui vi è decadenza dal trattamento in caso di chiamata al servizio militare, in caso di malattia e di maternità, nonché in caso di arresto e detenzione, per cui non è rilevante il requisito formale della inesistenza del rapporto di lavoro subordinato, ma quello sostanziale, inteso come mancanza di occupazione che determina la mancanza di mezzi adeguati. I PIP costituiscono una opportunità fornita ai giovani iscritti nelle liste di collocamento per acquisire una concreta qualifica professionale, perché al termine viene rilasciato un attestato di qualifica. Per espressa disposizione legislativa non si determina alcun rapporto di lavoro, al fine di incentivare i datori al ricorso a questo strumento, ma si instaura un contratto a causa mista, perché al periodo di formazione si affianca lo svolgimento di una esperienza lavorativa; è poi prevista la corresponsione di una indennità anche per le ore di formazione pari a lire l'ora a carico dell'imprenditore, mentre l'orario è di 20 ore settimanali, per non più di 8 ore giornaliere e per un massimo di 12 mesi. Inoltre, non è vero che la esclusione della indennità di disoccupazione costituirebbe un forte disincentivo all'adesione al PIP proprio per l'opportunità di riqualificazione che esso offre. Stante quindi la regola per cui la indennità deve essere sospesa in caso di lavoro occasionale per più di due giorni, doveva comminarsi la decadenza dell'intero trattamento percepito e quindi la totalità dell'indebito. Avverso detta sentenza lo S. propone ricorso con un unico motivo illustrato da memoria. Resiste l'inps con controricorso. DIRITTO - Con un unico motivo si denunzia violazione della legge 451/94, di conversione del DL 299/94, difetto di motivazione e violazione delle regole concernenti il trattamento ordinario di disoccupazione, per non avere la Corte territoriale tenuto conto che la remunerazione ricavata dal PIP era del tutto insufficiente rispetto al principio dettato dall'art. 38 Costituzione, perché - essendo limitato alla misura massima di 80 ore mensili per 12 mesi, con una indennità oraria di lire - il giovane percepisce al massimo lire mensili, mentre la indennità di disoccupazione essendo all'epoca pari al 30% dell'ultima retribuzione (art. 4 comma 16 DL 510/96) sarebbe stata notevolmente superiore. Il ricorso non merita accoglimento.
3 1. I piani di inserimento professionale si iscrivono nel nuovo sistema introdotto da alcuni anni nel nostro ordinamento, che, a differenza di quello precedente, aspira ad offrire la tutela non solo "per" la disoccupazione, ma soprattutto "dalla" disoccupazione. Ed infatti, accanto alla forma di garanzia classica, costituita dalla corresponsione di una indennità per fornire mezzi di sostentamento a colui che non può trarli dal rapporto di lavoro, sono stati affiancati istituti di carattere "misto" che oltre a questa finalità, perseguono lo scopo di favorire l'inserimento, ovvero il reperimento nel mondo lavorativo in varie guise, con i nuovi istituti dei lavori socialmente utili, i Piani per l'inserimento professionale, le borse di lavoro di cui all'art. 5 del d.lgs 7 agosto 1997, n.280, il tirocinio formativo e di orientamento (art. 18 legge 196/97). Si parla a proposito di "politiche attive" del lavoro, intese ad evitare che lo stato di disoccupazione divenga perenne, con conseguente progressiva difficoltà dell inserimento lavorativo. 2. I piani di inserimento professionale sono stati introdotti dall'art. 15 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 229, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451: sono diretti ai giovani di età compresa dai 19 fino ai 32 anni, nonché ai disoccupati di lunga durata e l'ambito di utilizzazione era, all'inizio, limitato alle aree svantaggiate dal punto di vista occupazionale (di cui all'art. 1 DL 148/93, convertito in legge 236/93). I Pip intendono quindi agevolare le scelte professionali, mediante la conoscenza diretta del modo del lavoro con inserimento che avviene (art. 15 comma 1 lettera A) attraverso la partecipazione a lavori socialmente utili, nonché ad iniziative formative, volte al recupero della istruzione di base; oppure (art. 15 comma 1 lettera B) attraverso la partecipazione a progetti che prevedono periodi di formazione e lo svolgimento di una esperienza lavorativa per figure professionalmente qualificate; la partecipazione dei giovani ai progetti non può essere superiore alle ottanta ore mensili, per un periodo massimo di dodici mesi, e, per ogni ora, sia di formazione, sia di attività al giovane è corrisposta una indennità pari a lire 7.500; l'utilizzazione nei progetti non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro, non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento e non preclude la stipulazione, al termine, di un contratto di formazione e lavoro. La permanenza nelle liste di collocamento garantisce quindi all'interessato la possibilità di reperire un vero e proprio rapporto di lavoro, risultato che dovrebbe essere più facilmente conseguibile attraverso l'attività di formazione. Modifiche a questo impianto sono state introdotte dall'art 9 octies del DL 1 ottobre 1996, n.510, convertito in legge di conversione 8 novembre 1996, n. 608, ed ancora dall'art 1 del DL 20 gennaio 1998, n.4 convertite in legge 20 marzo 1998, n. 52. La vigenza di detti piani è stata poi prorogata da leggi successive: legge 448/98 art. 81 comma 8,
4 dalla legge 144/99 art. 66 legge, dalla legge 388/2000 art 78, dalla legge 448/2001 art. 72 e dalla legge 289/2002 art I piani per l'inserimento professionale (quando si esplicano attraverso la partecipazione ai lavori socialmente utili, ai sensi della lettera A dell'art. 15, ma anche quando si esplicano secondo l'altra modalità prevista alla lettera B del medesimo articolo), si inseriscono nella disciplina dei lavori socialmente utili (LSU) come prevista all'art. 14 della medesima legge 451/94. E' noto che ai lavori socialmente utili vengono avviate due categorie: i titolari di trattamenti straordinari della cassa integrazione guadagni e i titolari della indennità di mobilità; in tal caso vi è uno scambio tra la prestazione per la disoccupazione che viene erogata, giacché entrambi i trattamenti citati hanno essenzialmente detto carattere, e l'attività resa a vantaggio delle generalità dei consociati, attraverso i lavori socialmente utili, prova ne sia il fatto che il diritto alle medesime prestazioni si può perdere in caso di rifiuto ingiustificato dell'assegnazione agli LSU ( cfr. comma 3 del citato art. 14). Il lavoratore impegnato nell'attività socialmente utile non percepisce un compenso diverso ed ulteriore rispetto alla indennità di mobilità ovvero alla cassa integrazione di cui è in godimento, perché sono queste prestazioni che valgono a compensare l'attività svolta nel LSU. Successivamente è stata ammessa agli LSU un'altra categoria ed infatti il d.lgs n. 468 del primo dicembre 1997 (emesso in forza delle delega di cui all'art. 22 della legge n. 196/97) ha previsto che possano essere utilizzati negli LSU, ma solo su base volontaria, anche soggetti che non fruiscano né di indennità di mobilità né di cassa integrazione (art. 6 d.lgs 468/97); in tal caso (art. 8) a costoro viene erogato un assegno di lire mensili. 4. La differenza tra il compenso erogato per i Pip, pari al massimo a lire (lire l'ora per 80 ore mensili) e l'assegno di lire erogato agli LSU, è giustificata dal fatto che solo per i primi è prevista una attività formativa, la quale viene compensata con una somma oraria pari a quella dell'ora lavorata, mentre gli addetti agli LSU svolgono esclusivamente attività lavorativa. Vi è da aggiungere che per i lavori socialmente utili il compenso spettante per chi non fruiva né di cassa integrazione, né di indennità di mobilità, era pari, all'origine, proprio alla medesima somma di lire l'ora, anche in questo caso nel limite di ottanta ore mensili per non più di dodici mesi (art. 14 comma 4 legge 451/94), mentre solo con l art. 8 comma 3 del d.lgs 468/97 l'assegno mensile fu portato a lire. 5. Nessuna norma regola espressamente la questione che interessa la fattispecie in esame, ossia la compatibilita del compenso per la partecipazione al Pip e l'indennità di disoccupazione. Tuttavia, stante la analogia tra Pip ed LSU ( per quanto concerne i lavoratori che non godono né di
5 cassa integrazione né dell'indennità di mobilità), considerato anche il fatto che entrambi gli istituti sono stati previsti dalla stessa legge 451/94, che il Pip si risolve sostanzialmente nell'espletamento di un lavoro socialmente utile (ancorché accompagnato dall'attività formativa) e che il suo compenso è pari a quanto in origine fissato per gli LSU, per cui i due istituti rispondono tendenzialmente allo stesso modello, la soluzione va reperita nella normativa prevista per gli LSU. Al riguardo l'art. 8 del citato d.lgs 468/97, dopo avere previsto al comma 5 che l'assegno per LSU è incompatibile con i trattamenti pensionistici diretti, prevede al comma 7 che i lavoratori che percepiscono l'indennità di disoccupazione ordinaria e che sono avviati agli LSU, possono optare per il trattamento previsto per gli LSU, ossia la somma di lire mensili (come prevede il comma 3 dello stesso art. 8), oppure possono essere utilizzati negli LSU senza percepire alcunché in aggiunta, come previsto per i lavoratori titolari o dell'indennità di cassa integrazione, ovvero dell'indennità di mobilità. Da ciò si evince che non è consentito il cumulo dei trattamenti legati alla disoccupazione e i compensi previsti per l'attività prestata al LSU. Il che si iscrive nel sistema complessivo che si articola come segue: i titolari di cassa integrazione e di indennità di mobilità, quando sono occupati in questi lavori, non percepiscono alcunché; coloro invece che non sono titolari dei suddetti trattamenti e vengono occupati, percepiscono l'apposito compenso per LSU ; se vengono occupati negli LSU i titolari di indennità di disoccupazione vi è possibilità di opzione: o si mantiene il trattamento in atto, ovvero lo si perde, scegliendo il compenso previsto per l'attività lavorativa svolta. Si deve concludere, anche in assenza di un riferimento normativo preciso, che per i lavoratori assegnati ai Pip valga la stessa normativa prevista per gli LSU, nel senso che si deve optare tra indennità di disoccupazione e compenso; né è ragionevolmente ipotizzatole un trattamento più favorevole per il lavoratore assegnato al Pip, perché egli usufruisce anche della formazione, che non è invece prevista per il lavoratore in LSU, il quale presta ordinaria attività lavorativa. Si ritiene pertanto che l inserimento nei Pip, con il pagamento dell'assegno corrispettivo alla prestazione resa, unitamente al vantaggio della formazione impartita, valga a tutelare l'interessato assorbendo il generale rimedio della indennità di disoccupazione. Il ricorso va quindi rigettato. Nulla per le spese ex art. 152 disp. att cod. proc. civ., non essendo applicabile ratione temporis il disposto dell'art. 42 comma 11 del DL 30 settembre 2003 n. 326, convertito nella legge 24 novembre 2003 n. 326.
6 (OMISSIS)
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