CORSO DI INTRODUZIONE AL NT. Massimo SCOTELLARO

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1 12 a) Differenze geografiche (Palestina/Diaspora)/ricettive (diversi gradi di ellenizzazione)/caratteriali (diverse prospettive escatologiche, una più marcata tendenza a giudaizzare i gentili in quelli della Diaspora, etc.) b) Uniformità nel vincolo etico-religioso/nell identità etnico-spirituale. 2. Sviluppo cronologico Primo Giudaismo (o del Secondo Tempio) e Giudaismo rabbinico (o, meno propriamente, Tardo Giudaismo) 3. Le caratteristiche (a) L unicità di Dio; l appartenenza al popolo di Dio (di cui la circoncisione era segno); (b) l obbedienza alla Legge; (c) la strutturazione della società in sacerdoti/leviti/israeliti/proseliti; (d) la centralità del Tempio; (e) l osservanza delle festività giudaiche; (f) la frequentazione della sinagoga; (g) una concezione escatologica (nazionale o universale); (h) una visione dualistica del mondo (luce/tenebre, cielo/terra, etc.); (i) una prospettiva eterna diversa (resurrezione dopo la morte vs prosperità sulla terra); (l) il passaggio da una comunicazione profetica ad una apocalittica. 4. La comunità di Qumran e il NT a) Quella di Qumran era una comunità escatologica di tipo monastico sulla riva nord-occidentale del Mar Morto, guidata da un maestro di giustizia. b) Le dottrine: fede e pratica della legge di Mosè/ricerca della santificazione interiore e rituale/credenza negli angeli/credenza nella risurrezione dei morti/ credenze escatologiche. c) Tratti comuni e differenze col NT i. Bagni purificatori/battesimo; ultimi tempi/regno di Dio tra noi; pasto sacro/cena del Signore; aspettativa messianica/realizzazione messianica. ii. Altre espressioni o concetti presenti a Qumran le ritroviamo nei Vangeli (Figlio di Dio/Figlio dell Altissimo/figli della luce/figli delle tenebre/nuovo Patto), negli Atti (vendere le proprietà e mettere tutto in comune), nelle Epistole (opere della carne/fede/giustizia di Dio/idoli-tempio di Dio/lucetenebre/la figura di Melchisedek/la citazione di 1 Enoch in Giuda) e nell Apocalisse (gli ultimi tempi/il conflitto finale/giudizio finale/la Nuova Gerusalemme/il Tempio celeste) 2) Il contesto greco-romano: milieu neotestamentario 1. Ellenismo a) Diffusione e fusione b) Caratteristiche (1) globalizzazione cosmopolita ; (2) utilizzo di una lingua comune, la koiné; (3) sincretismo; (4) la creazione di nuove città di stile greco; (5) globalizzazione anche in campo commerciale e corporazioni artigiane; (6) pensiero cosmopolita; (7) modelli culturali standardizzati; (8) relativismo morale e culturale; (9) disprezzo per le proprie tradizioni; (10) civiltà dell immagine. 2. Imperialismo L imperialismo romano di questo periodo presentava le seguenti caratteristiche: (a) solida struttura statale e militare; (b) relativa tolleranza in campo religioso; (c) principio del divide et impera; (d) stabilimento della pax romana; (e) progressiva perdita dei valori morali e corruzione dei costumi (mores). 3. Nascita del Cristianesimo Il Cristianesimo (a) nasce in ambiente giudaico; (b) si presenta come un ulteriore sviluppo delle fede giudaica; (c) presenta elementi di continuità con la fede giudaica (fede in Yahweh, centralità delle Scritture giudaiche), (d) ma anche elementi di discontinuità (centralità dell opera della croce e del movimento dello Spirito,

2 13 superamento degli aspetti legalistici, universalizzazione della salvezza) ed (e) una prospettiva escatologica che incarna le attese messianiche intertestamentarie (il Messia come liberatore spirituale, realizzazione di un Nuovo Patto, entrata in una nuova dimensione relativa agli ultimi tempi, prospettiva di un eternità dopo la morte, giudizio finale); (f) il Cristianesimo non è riducibile ad una dimensione sociologica: la Chiesa è il prodotto di Cristo, e non vice versa. D. L ASPETTO sociale 1) Il patronato Per usufruire di vantaggi, ci si poneva sotto la protezione di un patrono, un personaggio più ricco, influente o importante, rendendogli in cambio vari servigi. (cfr.1 Cor. 6:1 e Giac 2:6). 2) Il principio di onore-vergogna Nella società greco-romana era presente un orientamento culturale basato sul principio di onore/vergogna dove il riconoscimento pubblico era spesso più importante dei fatti 14. Paolo si rifà proprio a tale atteggiamento culturale, ad esempio, in 1 Cor. 11, dove dice che il capo coperto fa disonore al suo capo, per una donna è cosa vergognosa, è un disonore, è un onore, etc. 3) L associazionismo Nel mondo greco-romano esistevano numerose associazioni cui le persone potevano legarsi: commerciali, culturali, sportive, religiose, etc. La presenza di tali associazioni ci aiuta a capire i riferimenti alla partecipazione alle feste idolatriche in 1 Cor. 8:10; 10:21, o la reazione dei costruttori di idoli in Atti 19: ) La schiavitù Quella della schiavitù era un istituzione sociale diffusa e radicata ai tempi del NT. La concezione cristiana livellava la figura dello schiavo a quella del ricco dinanzi a Dio, ma non aboliva le differenziazioni sociali ed economiche, pur condannando chi speculava sulla vita degli altri (1 Tim. 1:10, mercanti di schiavi ). L invito allo schiavo era quello di apprezzare la sua libertà in Cristo (1 Cor. 7:22seg.) facendo il proprio dovere (Ef. 6:5); l invito al padrone era quello di usare benevolenza sapendo che dinanzi a Dio non ci sono favoritismi (Ef. 6:9). Il Vangelo ebbe larga diffusione proprio tra i ceti più svantaggiati, e l episodio di Onesimo nell epistola a Filemone è esemplificativo di uno spirito cristiano. E. L ASPETTO religioso-politico 1) Giudaismo 1. Le istituzioni a) Il Tempio Istituzione religiosa e commerciale, simbolo dell unità nazionale e dell identità giudaica, sede dell adorazione al vero Dio, amministrato da sacerdoti e leviti e diretto dal Sommo Sacerdote. Cessò di esistere dopo la distruzione di Gerusalemme del 70 d.c. b) La sinagoga Istituzione probabilmente postesilica, nata come punto di aggregazione in assenza del Tempio, divenne luogo di adorazione e di insegnamento della Legge. Qui si affermarono le figure degli scribi e quelle degli anziani. 2. I partiti e i gruppi giudaici a) I Sadducei L etimologia del nome è incerta: c è chi la fa risalire al sommo sacerdote Sadok (1 Re 2:35), e chi lo fa derivare dal termine ebraico qydic; (ƒaddîq, giusto ). Ciò 14 Witherington, Ben, III (1995) Conflict and Community in Corinth: A Socio-Rhetorical Commentary on 1 and 2 Corinthians (8). Grand Rapids: Eerdmans and Carlisle: Paternoster.

3 14 che sappiamo di loro è che: (a) facevano parte dell aristocrazia sacerdotale; (b) ritenevano vincolante solo la Torah (il Pentateuco), meno vincolanti gli Scritti e i Profeti (il resto del canone veterotestamentario) e affatto vincolanti le tradizioni religiose; (c) erano propensi al compromesso con le autorità politiche d occupazione; (d) negavano l esistenza della vita dopo la morte e di un giudizio futuro; (e) negavano l esistenza di angeli e demoni; (f) avevano una visione utilitaristica della vita; (g) scomparvero come gruppo dopo la caduta del Tempio. b) Gli Asidei ( asidim) Il nome deriva dall ebraico dysix' (µasid) che indica colui che è fedele e obbediente a Dio e si riferisce a coloro che sono pii. Nato come un movimento pietistico spontaneo nel II secolo a.c. Le caratteristiche: (a) più stretta aderenza alla Legge e ai rituali di purezza e (b) chiusura ad altre culture; (c) lotta per la libertà religiosa; (d) dopo il conseguimento dell indipendenza religiosa scompare; (e) divennero i precursori degli Esseni e dei Farisei. c) I Farisei Il loro nome deriva, probabilmente, dall ebraico vr;p (phāraš, separare ) ma essi preferivano definirsi ~yri±bex] (haḇērîm, compagni ): (a) costituivano la classe degli scribi laici ; (b) affiancavano all autorità delle Scrittura quella delle tradizioni; (c) credevano che Dio avesse l assoluto controllo degli eventi; (d) credevano nella risurrezione dei morti e nella remunerazione o punizione finale; (e) credevano all esistenza di angeli e demoni; (f) avevano un aspettazione messianica; (g) i Farisei rinunciavano all uso della violenza; (h) conseguirono, dopo la caduta del Tempio, la massima autorevolezza; (i) furono spesso condannati da Gesù. Questa condanna non significa, però, che tutta la classe dei Farisei versasse in tale condizione (cfr. Lc.13:31; Giov. 3:1-21; Lc. 7:36; 11:37; 14:1; Mt. 27:57; Lc. 23:51a; Lc. 23:52-53; At. 5:34-39; 15:5; 23:9). d) Gli Zeloti L origine degli Zeloti (gr. zhlwth,j, zēlōtḗs, aram. qanʼānā) è argomento di dibattito, e alcuni la fanno risalire al movimento creato da Giuda il Galileo verso il 6 d.c. (a) il loro movimento è il risultato della fuga di molti perseguitati dai Romani; (b) costituirono un movimento di liberazione nazionale; (c) la loro furia si abbatté anche sui Giudei che collaboravano coi Romani; (d) il loro scopo era ristabilire un governo teocratico; (e) essi avevano una speranza escatologica. e) Gli Erodiani Molte ipotesi sono state fatte per identificare gli Erodiani (~Hrw dianoi, Hērōdianói): (i) erano un gruppo religioso che vedeva in Erode il Messia (ma Erode non ha mai coltivato aspirazioni religiose!); (ii) erano un partito politico che intendeva promuovere un governo filoromano (ma è inconsistente asserire questo solo perché gli Erodiani sollevarono la questione delle tasse a Cesare in Mc. 12:13!); (iii) erano una confraternita simili a quelle presenti a Roma aventi lo scopo di onorare la memoria di un imperatore morto (ma tali club sorsero solo dopo la morte di Augusto, cioè tempo dopo!); (iv) erano degli ufficiali dello stato (ma, in tal caso, poiché li disprezzavano, i Farisei non sarebbero entrati in combutta con loro!); (v) erano soldati, sudditi o parenti di Erode (non avendo conferme in tal senso, tali idee restano solo speculazioni); (vi) erano un gruppo di persone influenti tra il popolo, non un partito, che coltivava simpatie per la dinastia di Erode (ipotesi più probabile). f) Gli Esseni Pur non essendo mai citati nella Bibbia, gli Esseni, il cui nome forse deriverebbe dal siriano pio o dall ebraico guaritore, compaiono circa nel 200 a.c. Sorgono

4 15 probabilmente da un opposizione a quanto accadeva dopo il 152 a.c. nel Tempio, ove corruzione e infedeltà dilagavano. Essi, sotto la guida di un maestro di giustizia, si isolavano in comunità chiuse, coltivando una speranza messianica. Da qualcuno sono stati assimilati agli Asidei. Per le particolarità del loro credo e della loro organizzazione, vedi l esposizione precedente della comunità di Qumran sotto il paragrafo contesto giudaico. g) Gli Scribi Lo scriba (ebr. Rpeso, sōphḗr) era colui che come professione scriveva, servendo come ufficiale dei documenti legali (2 Re 18:18; Ger. 36:12), come ministro delle finanze (2 Re 22:3), come consigliere del re (1 Cron. 27:32) o come amministratore (Esd. 4:8). Nel NT è definito come scriba (grammateu,j, grammatéus), ma si trova anche l appellativo di esperto nella legge (nomiko,j, nomikós NRV: dottore della legge, Mt. 22:35; Lc. 7:30; 10:25; 11:45seg; etc.), dottore della legge (nomodida,skaloj, nomodidáskalos cf. Lc. 5:17; At. 5:34), rabbi (ràbbi,, Mt. 23:7seg.), signore (ku,rioj, kúrios cfr. Mt. 8:2, 6, 8, 21, 25; etc.), insegnante (dida,skaloj, didáskalos NRV: maestro, cfr. Mt. 8:19; 12:38; 19:16; etc.), maestro (evpista,thj, epistátēs cf. Lc. 5:5; 9:33), padre (path,r, patḗr Mt. 23:9), e guida/conduttore (kaqhghth,j, kathēgētḗs Mt. 23:10). Essi (a) svolgevano anche funzioni di insegnanti; (b) prima dell esilio non svolgevano una funzione religiosa; (c) il loro compito divenne quello di preservare la legge e riapplicarla ai nuovi contesti; (d) divennero giuristi, in particolar modo nel Sinedrio (Mc. 14:43, 53); (e) dal periodo asmoneo furono soprattutto i Farisei a diventare scribi; (f) compaiono nel NT come fieri oppositori di Gesù e sono da Lui apertamente condannati; (g) dopo la caduta del Tempio nel 70 d.c., essi divennero le figure più autorevoli. h) Il popolo del paese (#r<a'ªh'-~[;, am hāʼāreƒ) Come ci è detto nel Talmud, è così definito quel gruppo di Giudei che trascurava: (a) il pagamento fedele della decima, (b) l osservanza del sabato, (c) le leggi di purificazione, (d) l apprendimento della Torah. L espressione popolo del paese usata nel periodo intertestamentario non corrisponde a quella in uso nell AT (Ez. 7:27). Esso è stato diversamente identificato come (1) quella parte del popolo di Israele stabilitosi dopo il ritorno dall esilio nelle aree rurali, gente, probabilmente citata in Giov. 7:49, che aveva colto l incongruenza legalistica dei Farisei; (2) il popolo cristiano che si asteneva da un adempimento ritualistico; (3) più che un gruppo organizzato, il risultato di una tendenza che creava un adesione trasversale nella società israelita a partire dal periodo asmoneo (ipotesi più accreditata). 2) Paganesimo 1. La mitologia a) La religione greca I Greci credevano di essere circondati da una moltitudine di esseri divini, fautori di tutti quei fenomeni naturali ai quali essi non avevano spiegazione. Con le opere di Omero (800 a.c. ca) si stabilì un pantheon più definito di dèi. (a) Erano divinità antropomorfe, capricciose e bizzarre; (b) In loro onore venivano organizzati giochi e feste, anche a sfondo sessuale; (c) queste credenze alla lunga non generarono una genuina devozione, talché si levarono voci critiche verso tali divinità e, sempre più spesso, i Greci cercarono spiegazioni razionali e filosofiche o si sentirono attratti dalle religioni orientali. b) La religione romana

5 16 Nella religione romana, (a) all inizio non c erano immagini o templi, ma una serie di forze e divinità locali e familiari; (b) Questa devozione privata si concretizzava in una pietas personale e in sacrifici agli dèi che, di rimando, offrivano con certezza la loro protezione perché vincolati dal sacrificio; (c) a contatto con le mitologie greche ed orientali, la religione romana perse questo aspetto privato per internazionalizzarsi, cosicché le divinità romane trovarono la loro controparte in quelle straniere e greche in particolare, formando un unico pantheon. (d) Anche a Roma, ben presto la fede negli dèi declinò, e la gente cadde nel razionalismo e nel materialismo o si rivolse ai culti misterici. 2. Il culto imperiale (a) Nelle civiltà orientali il sovrano veniva visto ed adorato come un dio assoluto al di sopra degli uomini; (b) I Greci respingevano l idea di sovrano divino assoluto, ma, a contatto con la cultura orientale, questa pratica si fece strada a partire da Alessandro Magno; (c) il primo condottiero romano ad essere divinizzato in Oriente, dove il costume era radicato, fu Ottaviano, e solo da Caligola in poi la figura dell imperatore fu equiparata a quella di un dio anche in occidente. (d) La religione cristiana all inizio godette degli stessi privilegi di quella giudaica, essendo identificata con questa, ma più tardi, specie sotto Nerone, Domiziano e Traiano, la persecuzione verso i Cristiani si fece sempre più consistente. 3. I culti misterici Le religioni misteriche provenienti dall Oriente divennero un rifugio per tanti che erano disorientati e intimoriti, consapevoli della vacuità delle religioni tradizionali. Esse (a) si presentavano come un culto privato e non statale, (b) erano denominate misteriche perché l iniziazione a tali culti prevedeva un rituale assolutamente segreto; (c) promettevano all individuo la liberazione da poteri demoniaci e la deificazione o la possibilità di diventare uno con la deità; (d) il rituale prevedeva l aspersione o l immersione in sangue o acqua, il vestimento di abiti sacri o l ingestione di cibi particolari; (e) tale rituale garantiva la morte alla vecchia vita, una nuova vita e l immortalità; (f) tutti gli iniziati diventavano membri della confraternita senza che ci fosse più tra loro alcuna distinzione di status sociale o razza; (g) l appartenenza ad un culto non impediva di essere iniziati anche ad altri culti misterici. C è chi ha voluto sottolineare gli aspetti comuni tra i culti misterici e i racconti dei Vangeli, stabilendo, così, che il Cristianesimo è una religione sincretistica che ha assimilato e sviluppato credenze pagane preesistenti (la resurrezione, il battesimo, il pasto sacro//cena del Signore, l immortalità, l unione col divino, il rito del sangue, la possibilità di una nuova vita, il principio di uguaglianza e fratellanza tra gli uomini, etc.). Tale visione parte da false premesse, cioè (1) quella secondo cui solo l originalità della dottrina cristiana è sinonimo di genuinità e di reale ispirazione divina, e (2) quella secondo cui ogni elemento che non presenti una caratteristica di assoluta novità sia semplicemente frutto della ricezione e dell influenza di tradizioni precedenti. Sono necessarie, a nostro avviso, delle precisazioni importanti: (a) un esame accurato deve tener conto delle similarità ed anche delle diversità: le prime non annullano le seconde, e vice versa, di modo che similarità non significa identicità. Osserveremo, perciò, che l idea biblica di immortalità differisce da quella extrabiblica, così come le storie pagane di resurrezione non assumono valore espiatorio e redentivo, il battesimo cristiano non è un atto d iniziazione, ma una testimonianza, l accesso ad una nuova vita nel Vangelo viene presentato come universale, non elitario, il contatto con Dio non prevede una deificazione dell uomo, ma la presenza di Dio nell uomo in modo inconciliabile con una visione panteistica,

6 17 etc.; (b) la caratteristica distintiva del messaggio cristiano non è l originalità, ma la veridicità: il fatto che le banconote false assomiglino alle vere, non le rende moneta corrente; (c) la similarità con alcuni contesti extrabiblici non indica necessariamente dipendenza. Dio ha parlato ad un uditorio preciso in un certo contesto culturale e, necessariamente, si è servito di riferimenti e simboli comuni, adatti a veicolare la comprensione del Suo messaggio, senza per questo validare i contenuti della tradizione entro cui tali simboli e riferimenti acquistavano significato; (d) è impensabile che princìpi eterni, valori morali e verità che Dio ha trasmesso nella Sua Parola non possano e non debbano trovare riscontro in tradizioni extrabibliche, precedenti, contemporanee o successive alla rivelazione, pena la delegittimazione della verità biblica. Tale eventualità mostra semplicemente come Dio abbia messo nel cuore dell uomo il pensiero dell eternità (Eccl.3:11) e abbia lasciato un segno del Suo amore e delle Sue leggi nella coscienza dell individuo (Rom. 2:15). 4. La divinazione Nell antichità erano diffuse le arti mantiche, quella forma di previsione che i Romani chiamavano divinatio, cioè il tentativo da parte di àuguri e indovini, di scoprire la volontà degli dèi osservando il volo degli uccelli o le interiora di animali sacrificati. Per gli stessi motivi era comune anche ricorrere agli oracoli, dove le divinità parlavano attraverso medium, come la Pizia presso l oracolo di Apollo a Delfi o la Sibilla di Cuma. 5. L astrologia e la magia Lo studio degli astri si trasformò presto, dietro l influsso dei Babilonesi prima e dei Greci poi, nel tentativo di poter leggere nelle stelle il destino dell uomo: nacque così l astrologia. In qualche modo pare che, nell annuncio della nascita di Cristo, sia stata utilizzata questa credenza diffusa per porre l attenzione sul Salvatore del mondo mediante una stella che ne indicava il luogo di nascita (Mt. 2:2). Anche Paolo, probabilmente, fa riferimento a tali pratiche (Gal. 4:3,9; Col. 2:8, 20), e lo stesso Gesù viene denominato stella del mattino per sottolineare la Sua preminenza e il fatto che Egli aveva realmente nelle mani il destino dell uomo (2 Pt. 1:19; Apoc. 22:16). Sempre nell ambito della superstizione, troviamo la pratica della magia che, ampiamente praticata in Egitto e nel mondo assiro-babilonese, si diffuse poi in età imperiale nel mondo greco-romano. Si avvaleva di formule per scacciare la maledizione e i poteri demoniaci, ed accordava particolare importanza ai sogni come segni premonitori. 6. Il culto dei morti Nel mondo ellenistico prima e in quello romano dopo si vennero a creare delle associazioni intese ad onorare e rinnovare la memoria dei defunti. Questi club della morte, come talvolta venivano chiamati, nascevano ad opera di parenti del defunto o di persone che erano legate al morto da vincoli professionali, appartenendo essi alla stessa corporazione professionale del defunto, e rinnovavano la memoria dei morti attraverso pasti comuni una volta all anno. Alcuni hanno visto in questa pratica un collegamento con l istituzione della Cena del Signore, ma la più grande differenza è che essi celebravano un morto, mentre l istituzione cristiana celebra un vivente! 7. Le figure del salvatore Tipica del mondo antico era la credenza che la guarigione da malattie si potesse ottenere in modo miracoloso. Gli dèi che presiedevano a tali guarigioni erano detti salvatori (swth/rej, sōtḗres), e spesso presso gli altari a tali divinità si portavano offerte votive con la forma delle parti del corpo guarite. Tra gli dèi preposti alla guarigione troviamo Asclepio (lat. Esculapio), simboleggiato dal serpente, presso il cui tempio ad Epidauro gli ammalati si addormentavano di notte per ricevere la

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