IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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- Stefano Franceschi
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1 SEZIONE N 6 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO REG.GENERALE N 1581/11 UDIENZA DEL LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI BARI SEZIONE 6 02/12/2011 ore 09:30 riunita con l'intervento dei Signori: SENTENZA URBANO LANCIERI COLELLA AMEDEO ROBERTO GIUSEPPE Presidente Relatore Giudice N Vlffe/JA PRONUNCIATA IL: DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL ha emesso la seguente SENTENZA - sull' appello n 1581/11 depositatoli 12/04/ avverso la sentenza n 14/06/2010 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di BARI proposto dall'ufficio: AG.ENTRATE DIR. PROVIN. UFF. CONTROLLI BARI (Omissis) Il Segretario controparte: SOC. COOP. PESCIVENDOLI (Omissis) A R.L. PIAZZA MARINAI D'ITALIA MOLA DI BARI BA Piazza (Omissis) (...) (Omissis) difeso da: ROSSANO VITO Dott. (Omissis) DOTT. VIA PUTIGNANI, BARI BA Via (Omissis) (...) (Omissis) Atti impugnati: AVVISO DI ACCERTAMENTO n /2009 IVA + IRAP 2004 (...)/2009 pag. 1
2 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con avviso di accertamento notificato il 6/4/2009, relativo all'anno d'imposta 2004, l'agenzia delle Entrate Ufficio (Omissis) di Bari 1 accertava a carico della Società Cooperativa Pescivendoli (Omissis) s.c.r.l. esercente in Mola (Omissis) di Bari l'attività di commercio all'ingrosso di prodotti della pesca freschi e surgelati, il reddito d'impresa ai fini IRES di ,00 (dichiarato ,00), il valore della produzione netta ai fini IRAP di ,00 (dichiarato ,00) e il volume d'affari ai fini IVA di ,00 (dichiarato ,00). L'Ufficio, pertanto, richiedeva la maggiore IRES di ,00, la maggiore IRAP di 2.843,00 e la maggiore IVA di 6.689,00 e irrogava le conseguenti sanzioni di ,00. L'accertamento, eseguito ai sensi dell'art. 39 comma 1 lett. e) e d) D.P.R. n. 600/73 e dell'art. 54 D.P.R. n. 633/72, era motivato dalle risultanze del p.v.c. del 30/12/ che l'ufficio richiamava integralmente - redatto dalla Guardia di Finanza di (Omissis) Mola di Bari in occasione di una verifica parziale (controllo di magazzino) effettuata presso la ditta, integrate dai conteggi esibiti dalla società con la presentazione in data 14/3/ a seguito di questionario inviato dall'ufficio - di richiesta di annullamento di atto illegittimo con cui essa correggeva i risultati della verifica rapportandoli al 31/12/2004. L'accertamento, dunque, rilevava che la società: 1) aveva omesso di comunicare agli Uffici finanziari l'utilizzo di altro deposito sito in Mola (Omissis) di Bari in P.zza Marinari (Omissis) d'italia (...), n. 11, comunicazione avvenuta soltanto il 14/12/2004 dopo quattordici giorni dall'accesso dei verificatori 2) aveva omesso di contabilizzare maggiori ricavi per ,00 determinati sulla base del ricarico del 34,55% (determinato in contraddittorio con la parte sulla base del raffronto a campione tra i prodotti rilevati tra le giacenze di magazzino e le relative fatture di acquisto) applicato al costo del venduto di ,00 rispetto ai ricavi fatturati al 31/12/2004 di ,00. L'Ufficio rilevava, inoltre, la scarsa proficuità di acquisti per ,00 che la società dichiarava di aver effettuato nel mese di dicembre 2004, tenuto conto dei fattori negativi di concorrenza e crisi del settore denunciati dalla società, nonché del
3 La società impugnava 1' avviso di accertamento con ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Bari eccependo: 1) L'illegittimità dell'accertamento per eccesso di potere derivante da vizio del p.v.c. in quanto i verificatori, a fronte di un ordine di servizio avente ad oggetto la "verifica parziale (controllo di magazzino", avevano spinto l'indagine fino a ricostruire induttivamente la percentuale di ricarico sul costo del venduto e la rideterminazione induttiva dei ricavi e del volume d'affari. 2) La violazione dell'art. 39 e. 1 lett. d) D.P.R. n. 600/73 perché la determinazione dei ricavi attraverso la determinazione della percentuale di ricarico sul costo del venduto non si fonda su presunzioni gravi, precise e concordanti ma sull'esame di un campione di merce tutt'altro che rappresentativo, riferito soltanto a l i tipi di merce esistenti in magazzino alla data della verifica su 74 prodotti, freschi e surgelati, commercializzati dalla società, per ciascuno dei quali varia la quantità e la percentuale di ricarico. 3) L'illegittimità dell'accertamento per illogicità del procedimento accertativo che si richiama ad una "non proficuità" dell'attività d'impresa basata su dati incongrui, utilizza una percentuale di ricarico non ponderata e non attinente al costo del venduto e attribuisce apoditticamente una percentuale di sfrido del solo 5%. La ricorrente concludeva con la richiesta di annullamento dell'atto di accertamento, con vittoria di spese. In data 8/7/2009 l'ufficio depositava controdeduzioni con le quali insisteva sugli assunti posti a base dell'accertamento rilevando che la percentuale di ricarico del 34,55% era stata determinata in contraddittorio con la parte, che la società aveva volutamente taciuto per 15 anni l'esistenza di un altro magazzino attiguo a quello di vendita, che le rimanenze dichiarate di ,00 rispetto agli acquisti di ,00 denotavano un'antieconomicità che costituiva la spia di un comportamento evasivo e che, comunque, l'ufficio aveva tenuto conto della percentuale di sfrido del 5%. L'Ufficio, pertanto, chiedeva il rigetto del ricorso e la conferma della validità dell' atto impugnato. Con vittoria di spese. In data 29/9/2009 la società depositava istanza di sospensione dell'atto che veniva accolta dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bari Sez. 6 con ordinanza del 18/11/2009. In data 15/1/2010 la società depositava memorie illustrative con le quali sostanzialmente ribadiva le eccezioni di cui al ricorso introduttivo corroborandole
4 Nell'udienza del 27/1/2010 la Commissione accoglieva il ricorso e compensava le spese del giudizio. I primi giudici rilevavano che l'accertamento non contestava il valore delle merci in giacenza e che la percentuale di ricarico doveva essere determinata con l'applicazione del metodo ponderato e su di un campione più rappresentativo di quello adottato. Essa, dunque, derivava da valori non comparabili e fondatamente inattendibili in relazione alla diversità delle situazioni di mercato durante l'anno e alla diversità di quantità e tipo di merce. L'Ufficio ha impugnato la sentenza con ricorso in appello con cui ricostruisce l'iter accertativo attuato sulla base della verifica effettuata dalla Guardia di Finanza a conclusione della quale ha determinato i maggiori ricavi della società al 30/11/2004 applicando una percentuale di ricarico, determinata dai verificatori in contraddittorio con la società, costituente la media delle percentuali di ricarico ponderate determinate per ciascun tipo e quantità di merce commercializzata e risultata in rimanenza. Inoltre, tale risultato è stato integrato con gli elementi forniti dalla stessa società riguardo ai valori di acquisto, vendita e rimanenza del mese di dicembre A proposito della determinazione della percentuale suddetta l'ufficio sostiene la correttezza del criterio adottato, nel presupposto che la composizione del magazzino sia sufficientemente rappresentativa, per varietà di prodotti e relative incidenza sul totale, della merce commercializzata nell'esercizio. Quindi, l'ufficio insiste sull'antieconomicità dell'attività svolta dalla società, dimostrata dal bassissimo reddito in relazione ai ricavi conseguiti. L'Ufficio respinge, inoltre, l'eccezione di eccesso di potere nel quale sarebbero incorsi i verificatori poiché la verifica di magazzino implicitamente è finalizzata al controllo della regolarità contabile e fiscale delle operazioni di acquisto e vendita poste in essere dalla ditta verificata. L'appellante, infine, insiste nel rilevare il comportamento evasivo della società dimostrato dal voluto occultamente dell'ulteriore magazzino rispetto a quello inizialmente verificato. Conclude l'ufficio con la richiesta, in riforma della sentenza impugnata, di accoglimento dell'appello e della dichiarazione di legittimità dell'avviso di accertamento. Con condanna al pagamento delle spese processuali. La società ha depositato controdeduzioni e appello incidentale. Con le prime la società, oltre contestare le eccezioni dell'appellante ribadendo i concetti già ampiamente esplicitati i primo grado, eccepisce l'inammissibilità 4
5 dell'appello perché sottoscritto da soggetto non munito della rappresentanza legale dell'ufficio appellante e per violazione dell'art. 57 D. Lgs. n. 546/92, in quanto non risulta allegata all'atto di appello alcuna delega di firma rilasciata dal Direttore dell'agenzia delle Entrate al funzionario che ha sottoscritto per delega l'atto stesso. Inoltre, la società eccepisce che quanto sostenuto dall'appellante in merito alla determinazione e applicazione della percentuale di ricarico ponderata costituisce eccezione nuova perchè formulata per la prima volta nel giudizio di appello. Con l'appello incidentale, infine, la società lamenta che i primi giudici non hanno motivato la decisione di compensare le spese di giudizio. L'appellata, pertanto, chiede che sia dichiarata l'inammissibilità e, comunque, l'infondatezza dell'appello proposto. Con vittoria di spese del doppio grado di giudizio. Le parti sono state ritualmente avvisate. L'appellante Ufficio ha chiesto la discussione in pubblica udienza alla quale è presente, con delega, la Dott.ssa Chiara (Omissis). Anna Mezzina. Per la società è presente il Dott. Vito (Omissis). Rossano. MOTIVI DELLA SENTENZA L'appello dell'ufficio è infondato e va, pertanto, rigettato. Il collegio non ignora che, ai fini della determinazione induttiva dei ricavi, la giurisprudenza ritiene ormai pacifica la legittimità dell'applicazione di una percentuale di ricarico sul costo del venduto, purché la stessa sia frutto di una media ponderata e sia riferita, se non a tutti i prodotti, ad un campione significativo della merce commercializzata. Ritiene, altresì, che nel caso di specie, sulla base del fatto noto costituito dai prezzi di acquisto e di vendita delle merci costituenti il campione e dai relativi ricarichi sul costo del venduto di ciascuna merce considerata, la percentuale media di ricarico del 34,55% determinata dai verificatori e avallata dall'ufficio accertatore costituisca una presunzione plausibile. Ciò nonostante, ai fini dell'accertamento dei maggiori ricavi, risulta che l'ufficio ha applicato la suddetta percentuale non già con riferimento agli acquisti e alle vendite realmente effettuati nell'esercizio, bensì in base all'ulteriore presunzione che l'ammontare di tali acquisti e vendite sia stato proporzionale alle quantità delle diverse merci che componevano le rimanenze finali. 5
6 Orbene, tale assunto non ha alcuna valenza logica sia perché il campione è eccessivamente limitato rispetto alla varietà di merci normalmente trattate sia perché, allorché i tipi e qualità di merce sono numerosi, non è dimostrabile l'esistenza di una relazione biunivoca fra quantità acquistate e vendute e rimanenze finali che possono riguardare - come nel caso di specie - un numero molto limitato di tipi e qualità di merci. Peraltro, deve rilevarsi che il risultato finale ottenuto - a prescindere dalla sua congruità o meno - è frutto di una doppia presunzione che lo rende illegittimo oltre che del tutto inattendibile in quanto, fermi restando i tipi e le quantità di merci commercializzate nell'anno, si giungerebbe a tanti risultati diversi a seconda che le rimanenze prese a base del calcolo fossero diversamente composte. Né a superare l'aleatorietà e arbitrarietà del risultato può valere l'eccezione relativa alla mancata comunicazione dell'esistenza di altro magazzino poiché sia i verificatori che l'ufficio accertatore nulla hanno rilevato riguardo alle merci rinvenute in tale magazzino, salvo richiamare l'omissione come legittimante l'accertamento analiticoinduttivo. Quanto all'antieconomicità della gestione aziendale, poi, il generico richiamo alla modestia del risultato economico non solo non tiene conto della veste giuridica della società che, essendo una cooperativa, tende principalmente ad assicurare ai propri soci la remunerazione del loro apporto lavorativo, ma anche perché essa non viola alcuno dei presupposti di cui all'art. 39 del D.P.R. n. 600/73 non essendoci nell'accertamento alcun altro riscontro probatorio di evasione. Le altre eccezioni devono ritenersi assorbite. P.T.M La Commissione Sezione 6 così provvede: 1) Rigetta l'appello e conferma la sentenza impugnata. 2) Condanna l'ufficio ala pagamento delle spese di giudizio che fissa in 2.000,00 oltre accessori di legge. Bari, 2 dicembre 2011 Il Relatore II Presidente (DoJt^lCobertS Lanciere ^ (Dott. Amedo Urbano) f/jàd i/'oa* 6
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