La scoperta dell America, l incontro con il diverso : opinioni a confronto. Il 3 agosto 1492 tre caravelle (La Nina,La Pinta e la Santa Maria), sotto l insegna della bandiera spagnola, partirono dal porto di Palos in Spagna guidate da un navigatore genovese, Cristoforo Colombo, il quale era convinto di raggiungere le Indie navigando verso occidente, ispirato dagli studi tra gli altri di Paolo Toscanelli. Dopo appena tre mesi di navigazione, e precisamente il 12 ottobre del 1492, Colombo raggiunse un isola dell arcipelago delle Bahamas,che egli chiamò San Salvador, e si trovò di fronte a un gruppo di indigeni sbalorditi. Nelle tre settimane successive le tre navi approdarono nell attuale Cuba che Colombo chiamò Juana e a Hispaniola (oggi divisa tra repubblica Dominicana e Haiti), tutte isole che Colombo riteneva fossero situate nei mari dell Asia: infatti egli era convinto che quelle terre fossero le Indie e morirà con questa convinzione. Il primo ad intuire, però, che quelle terre non erano l'oriente ma un nuovo continente fu nel 1507 il fiorentino Amerigo Vespucci con le sue esplorazioni lungo le coste del Brasile e dell'argentina. Per questo il Nuovo Mondo fu chiamato America. https://youtu.be/usggshzsy6c Ciò che colpì Colombo al momento dello sbarco fu trovarsi davanti ad un popolo completamente "altro" dai parametri europei: infatti gli indios erano seminudi, non era chiaro se fossero uomini o animali; egli li considerò "selvaggi" e dunque buoni. In
una lettera inviata da Cristoforo Colombo al Tesoriere del Re, egli descrisse gli Indios come un popolo pacifico, infatti le uniche armi in loro possesso erano delle lunghe lance appuntite e gli archi con le frecce; un popolo molto semplice, umile, che si accontentava di poco; ma egli notò anche la loro grande abilità nella navigazione delle Piroghe in loro possesso e dunque riconosceva la loro intelligenza. Bisogna dire che i conquistadores, vedendo la bontà degli indios e lo stato primitivo in cui vivevano, li considerarono inferiori, quindi facili da acculturare e soprattutto da convertire al cattolicesimo. Un altra cosa che disgustò profondamente gli spagnoli fu il fatto che gli indios fossero cannibali. Gli indios, quando si trovarono davanti ai conquistadores spagnoli, pensavano che fossero degli dei in quanto, secondo le loro credenze, aspettavano il loro ritorno sulla terra; infatti, li accolsero sulla spiaggia ringraziando gli dei, portando loro acqua e cibo e invitandoli a scendere dalle imbarcazioni. Essi erano stupiti dal loro abbigliamento, le armature, che li copriva quasi per intero: si poteva vedere solo il volto, che era pallido come se non avesse mai visto il sole; anche il colore chiaro di capelli, baffi e barba biondi li incuriosiva: erano completamente diversi da loro che erano scuri di carnagione e non avevano né peli né barba perché se li strappavano. Poiché gli spagnoli cavalcano grandi animali a loro sconosciuti (i cavalli), essi pensavano che fossero il Viracochas, che secondo la loro religione era il Creatore di tutte le cose. Gli stendardi e le bandiere venivano descritti come delle pezzuole bianche e i fucili come fulmini del cielo, anche i cani con le loro armature sembravano più grandi e maestosi. Gli indios non conoscevano i cannoni, il proiettile lo definivano come una palla di fuoco e il fumo lasciava una scia puzzolente insopportabile da respirare: inoltre, se la palla del cannone colpiva qualcosa, per esempio un albero, e lo disintegrava in mille pezzi, gli indios credevano che ciò avvenisse per magia. Il predicatore domenicano Bartolomè de Las Casas esprime un giudizio positivo sugli indios: ne esalta la bontà, la mansuetudine e la dolcezza; inoltre riferisce della loro fragile costituzione fisica incapace di sopportare la fatica e soprattutto la
malattia, infatti molti morirono a causa delle malattie portate dagli europei. Egli considera negativamente il comportamento dei conquistadores, colpevoli di aver spopolato e devastato territori vastissimi, che prima erano pieni di uomini razionali. Tutta questa violenza e crudeltà in nome della sete di ricchezza e di potere. Anche oggi come allora ci troviamo nella condizione di incontrarci e scontrarci con l alterità in varie situazioni, pensiamo al fenomeno degli immigrati o alle persone di religione o lingua diversa dalla nostra, ma senza allontanarci molto, ogni giorno incontriamo delle persone, che sono ognuna un mondo a sé, unico; dunque ci troviamo nella difficoltà di entrare in relazione autentica con l altro nel rispetto della sua unicità. Incontrare l altro significa essere partecipi di una dimensione terza, quella intersoggettiva ed entrare nel luogo dell incontro significa innanzitutto riconoscere l alterità dell altro. L altro, per essere tale, è colui che identifico fuori di me, separato, differente, fuori dal mio campo personale. L incontro può avvenire per svariati motivi, come curiosità o interesse, ma se esso ha invece luogo per soddisfare il desiderio inconscio di rafforzare la propria identità, allora si può persino arrivare ad aumentare la distanza e aggravare la frattura tra sé e l altro. Molto, troppo spesso, infatti, nel nostro rapportarci agli altri non riconosciamo loro una propria identità,
proprio come è avvenuto dopo la scoperta dell America, quando i conquistadores, ritenendosi superiori alle popolazioni indigene, hanno violato il loro territorio e si sono imposti con violenza sterminandoli. Convivere invece significa avere competenza a trattare con la diversità, con l Altro diverso da noi per obiettivi, interessi, desideri, valori, cultura. Convivere significa inscrivere la relazione con l altro entro regole del gioco condivise, negoziate e mai imposte arbitrariamente. Questo altro, l incontro con il quale ci sorprende, ci disturba o ci disorienta, in fin dei conti dipende da noi, dal nostro modo di accostarci a lui, dal nostro sguardo, dalla nostra curiosità, dalla nostra benevolenza nei suoi confronti. L incontro è la più grande, la più importante delle esperienze. Attraverso il volto che l altro ti offre, non solo ti trasmette se stesso, ma ti avvicina a Dio. La freddezza, l insensibilità, l ignoranza che conducono a trascurare l altro sono passi che ci allontanano dal bene, mentre la scoperta della sua differenza, quell alterità che è una ricchezza, un bene e un valore, ci avvicina a esso. Ma questo passo non viene facilmente, presuppone uno sforzo, richiede dedizione ed eroismo, perché dobbiamo pensare contro noi stessi, contro le nostre abitudini, contro questi cinque secoli in cui l Europa ha dominato il mondo sul piano politico, economico, culturale, intrecciando rapporti con l altro profondamente asimmetrici, dominatori, paternalistici. https://youtu.be/rafnatdfivw