La cooperazione domani. Analisi degli scenari nel mondo cooperativo delle Marche

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Cooperstudi La cooperazione domani. Analisi degli scenari nel mondo cooperativo delle Marche Copyright 2007 by affinità elettive vicolo Stelluto 3, Ancona www.affinita-elettive.it e-mail: edizioniae@libero.it Tutti i diritti riservati ISBN 88-7326-075-6

Centro Studi della Cooperazione Marchigiana Via Tiraboschi 36/G - 60131 Ancona - Tel 071 2916235 Fax 071 2908509 www.cooperstudi.coop - info@cooperstudi.coop - Codice Fiscale: 93095150426 La Cooperazione domani. Analisi degli scenari del mondo cooperativo delle Marche a cura di Massimo Lanzavecchia Interventi di Mario P. Salani, Enzo Pesciarelli, Ilvo Diamanti, Pietro Marcolini Ricerca realizzata da Fabio Turato (Università di Urbino - LaPolis) PUBBLICAZIONE REALIZZATA CON IL CONTRIBUTO DELLA REGIONE MARCHE - ASSESSO- RATO ALLA PROMOZIONE DELLA COOPERAZIONE E LA COLLABORAZIONE DELLA POSIZIO- NE DI FUNZIONE COOPERAZIONE NEI SETTORI PRODUTTIVI (L.R. N.5/2003 ART. 8 LETT. B).

INDICE PARTE PRIMA, PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: - MASSIMO LANZAVECCHIA, Cooperstudi - FABIO TURATO, Università di Urbino - LaPolis - MARIO PRIMO SALANI, Università La Sapienza di Roma - ENZO PESCIARELLI, Università di Ancona - ILVO DIAMANTI, Università di Urbino - PIETRO MARCOLINI, Assessore regionale alla Promozione della Cooperazione pagina 1 pagina 5 pagina 11 pagina 17 pagina 21 pagina 27 PARTE SECONDA, LA RICERCA: LA COOPERAZIONE DOMANI. ANALISI DEGLI SCENARI DEL MONDO COOPERATIVO DELLE MARCHE FABIO TURATO, Università di Urbino - LaPolis - REPORT FINALE - LE INTERVISTE: Responsabile Srl costituita fra PMI (n. 1) Assessore alla Cooperazione (n. 2) Assessore alla Cooperazione (n. 3) Dirigente mondo della Cooperazione (n. 4) Direttore di Cooperativa (n. 5) Dirigente settore Artigianato (n. 6) Responsabile mondo della Cooperazione (n. 7) Dirigente settore Industria (n. 8) Dirigente mondo della Cooperazione (n. 9) Presidente CCIAA (n. 10) Sindacalista (n. 11) Assessore alla Cooperazione (n. 12) Dirigente settore Industria (n. 13) - LE FREQUENZE: VALORI ASSOLUTI E VALORI PERCENTUALI pagina 33 pagina 89 pagina 92 pagina 98 pagina 104 pagina 110 pagina 125 pagina 136 pagina 153 pagina 174 pagina 196 pagina 202 pagina 207 pagina 213 pagina 219

PARTE PRIMA PRESENTAZIONE DELLA RICERCA Ancona, 26 ottobre 2006

Massimo Lanzavecchia Cooperstudi La ricerca che presentiamo è stata commissionata da Cooperstudi al Laboratorio LaPolis dell Università di Urbino, nell ambito dei progetti finanziati dalla Regione Marche con la legge regionale per la cooperazione. Cooperstudi è un centro studi, un associazione costituita unitariamente dalle quattro centrali cooperative delle Marche. Si tratta di un tentativo generoso e molto volenteroso di tentare di avere una sede di approfondimento, di ricerca, di studio, di discussione nel mondo della cooperazione, che possa aiutare le associazioni d imprese cooperative e le imprese cooperative stesse ad affrontare meglio le loro attività quotidiane con uno sguardo alla crescita e al proprio futuro. In questi primi anni di attività abbiamo realizzato sette pubblicazioni, tra studi e indagini, che crediamo possano essere una base di riflessione e un punto di riferimento per tutti; stiamo anche gestendo un progetto sulla formazione manageriale, perché riteniamo che questo sia uno degli aspetti di grande interesse per le imprese cooperative. Due di questi progetti sono collegati tra loro: uno che presenteremo tra qualche settimana, un indagine sul vissuto cooperativo, tesa ad affrontare l esperienza del fare cooperazione nelle Marche, con uno sguardo a ieri e all oggi; l altro è quello che presentiamo qui, che tende a proiettarsi più sul futuro, la cooperazione domani appunto, e che vuole essere il tentativo, anche qui molto ambizioso per la verità, di sperimentare un metodo di indagine nuovo, almeno nuovo per noi. Aver affidato ad un laboratorio consolidato e di grande esperienza, come La- Polis dell Università di Urbino, un indagine sulla cooperazione nelle Marche è già di per sé il tentativo di affrontare tematiche di prospettiva con una metodologia scientifica, sperimentata già in altre situazioni di eccellenza: penso a L Atlante sociale delle Marche o alle indagini periodiche Demos-Coop di cui appunto La Polis è autrice; ma penso anche al modo stesso con cui abbiamo costruito questa indagine, intervistando centinaia di cooperatori in maniera diretta, ma anche affiancando alle interviste a cooperatori, interviste approfondite di opinion leader, cioè ad interlocutori della cooperazione che hanno un loro ruolo, diretto o indiretto, anche nei confronti delle nostre prospettive di 1

sviluppo. Mi riferisco ad assessori alla cooperazione e allo sviluppo economico, Abbiamo più volte sottolineato, per esempio, che le imprese cooperative più di a presidenti di camere di commercio, a presidenti o direttori di associazioni di altre sono caratterizzate dalla capacità di fare rete, costruendo un sistema di imprese non cooperative, artigiane o industriali, al sindacato dei lavoratori, a relazioni sociali che garantisce equità, sostenibilità, coesione e giustizia sociale, nella risposta ai vecchi e nuovi bisogni. Oppure che il dibattito e la pratica dirigenti di grandi imprese cooperative che magari nelle Marche sono poco presenti. Tutto per avere conoscenza di uno spaccato della realtà che ci possa intorno alla responsabilità sociale d impresa tendono a rimettere in discussione consentire di focalizzare anche qual è la percezione che questi nostri interlocutori hanno del nostro modo di fare impresa, del nostro modello di impresa. profitto), avviando un processo per cui essa stessa tende a farsi impresa sociale, la forma pura dell impresa capitalistica (che privilegia la massimizzazione del L obiettivo è quello d individuare uno scenario, una visione anche di medio periodo, dentro la quale collocare ipotesi nuove di sviluppo della cooperazione. Abbiamo avuto modo di sottolineare come il dibattito sul declino del no- e con ciò a valorizzare le ragioni originarie dell impresa cooperativa. È un obiettivo molto ambizioso e qui ne vedremo i primi risultati, comunque utili, stro sistema produttivo chiamasse in ogni caso il sistema economico locale 2 3 molto utili per cercare di capire come procedere per il futuro avendo di fronte uno scenario credibile. Il tema è: a quali condizioni, con quali direttrici di sviluppo possibili, in quale ambiente, in quale contesto il più favorevole possibile si possano sviluppare le imprese cooperative che esistono, possano nascere nuove imprese cooperative, possano svilupparsi le imprese cooperative in nuovi settori di espansione e di sviluppo. Noi partiamo da un dato consolidato: la cooperazione nella Marche costituisce una presenza significativa: 165.000 soci di cooperative, quasi l 11% della popolazione; circa 1.600 imprese presenti nelle Marche, l 1% del totale, una presenza limitata dal punto di vista del numero di unità, che però rappresenta già in termini di occupazione oltre il 3% a dimostrazione, tra l altro, che sono imprese di dimensione più elevata della media generale e che, per citare un dato recente molto interessante, rappresentano tra l 11 e il 12% delle prime cinquanta imprese della regione, per fatturato e per utile. È quindi una presenza tendenzialmente molto qualificata, per occupazione, per la capacità di produrre utili e fatturato, per l essere una risorsa fondamentale legata strettamente al territorio. È anche, quindi, una presenza molto particolare, che va perciò studiata nella sua specificità e della quale ovviamente ci facciamo portatori. Una presenza solida, storica, una presenza importante anche per il futuro, ma probabilmente anche sottodimensionata nel sistema imprenditoriale d oggi, e il perché di questo sottodimensionamento di presenza è un altro elemento che dovremo indagare per cercare di rafforzarne il radicamento e il ruolo positivo, in termini di quantità e di qualità. Abbiamo avuto modo di sottolineare in più occasioni i punti di forza del modello di impresa cooperativa, e anche iniziato ad individuare alcune ipotesi di direttrici di un suo possibile sviluppo, coniugate alle scelte per lo sviluppo dell intera economia del territorio. a ripensarsi nel suo complesso, puntando a valorizzare le sue potenzialità competitive in un gioco di squadra di cooperazione territoriale. Abbiamo provato a lanciare un sasso nello stagno del dibattito sui processi di liberalizzazione e di esternalizzazione di servizi pubblici, più in generale sulla cosiddetta sussidiarietà orizzontale, nel senso che proprio qui possono esserci opportunità concrete che stimolerebbero la crescita e diffonderebbero ancora di più lo spirito di imprenditorialità cooperativa, garantendo al tempo stesso e massimamente i cittadini consumatori. Abbiamo sottolineato che sarebbe possibile, e virtuoso, identificare quell esigenza da più parti richiamata di cooperazione di sistema, con un esigenza più specifica di cooperazione e di impresa cooperativa. E poi che in tutto questo è possibile sostenere una qualificazione generale e una espansione della cooperazione in vari settori: da quelli dove già esiste una presenza consolidata (come in agricoltura e pesca, nel manifatturiero e nei trasporti-logistica, nei servizi professionali e nei servizi sociali, ecc.), a quelli dove tale presenza è proficua ma tuttora inadeguata (di opportunità per lavoratori provenienti da crisi aziendali, per piccoli imprenditori che vogliano accettare la sfida delle dimensioni di scala, per imprese che vogliano aggregarsi in forme consortili a supporto di varie funzioni aziendali), fino a quelli della cooperazione tra utenti, storicamente propri ma oggi spesso tralasciati (come l istruzione o le mutue) oppure tuttora vitalissimi (come il consumo, l abitazione o le banche locali) o ancora tendenzialmente nuovi (energia, trasporti o altro ancora). Cè consapevolezza di tutto ciò? Siamo in grado di poter contare su un ambiente favorevole? Anche a questo la ricerca che presentiamo oggi potrà cominciare a dare alcune risposte.

Per parte nostra dovremo continuare ad affinare un alta capacità di affrontare positivamente questioni interne al modello di impresa (sia che si tratti di governance che di dimensione, di capitalizzazione come di finanziamento della crescita, di livelli di efficienza/efficacia come di rapporti di solidarietà. Così come ci aspettiamo dalle istituzioni un alta capacità di governo, nel delineare una politica di sostegno a misura di cooperazione, riconoscendone la funzione sociale in termini moderni e dinamici, di coesione sociale, democrazia economica, occupazione, ecc. Sinteticamente riassumerò il quadro dell iniziativa della ricerca, la metodologia La sfida per tutti, anche per noi, è quella di comprendere e analizzare fino in seguita, i tempi. Abbiamo seguito una linea di ricerca mista che univa metodologie di tipo qualitativo ad una linea di ricerca di tipo quantitativo. Abbiamo con- fondo caratteri e finalità, vantaggi e svantaggi del modello di impresa coope- 4 dotto in una prima fase delle interviste dirette qualitative a testimoni privilegiati 5 rativa, sapendo che c è un deficit culturale diffuso da colmare. Mai potrà esservi progresso duraturo per questo tipo d impresa - scrivono Zamagni, Salani e altri 1 - senza un forte pensiero ispiratore [...] senza la produzione di un pensiero orientato all azione. Il problema è come sia possibile trasformare in fattori di vantaggio competitivo i principi fondativi dell identità cooperativa: la governance democratica, la reciprocità come mutualità, il patto intergenerazionale e l intercooperativismo. Io credo che sia un problema essenzialmente nostro, di dover riflettere al nostro interno ma soprattutto anche di dover comunicare, nel vero senso della parola, non soltanto di informare, ma di riuscire in definitiva, con un vecchio termine gramsciano, a creare egemonia, per riuscire ad affermare un modello che possa essere realmente compreso e poi preso ad esempio per poterlo replicare. È un problema che riguarda i giovani, la formazione e il nostro rapporto con la società. Da questa ricerca ci aspettiamo l avvio di una riflessione che ci aiuti a comprendere meglio tutto questo. 1] VERSO UNA NUOVA TEORIA ECONOMICA DELLA COOPERAZIONE, A CURA DI ENEA MAZZOLI E STEFA- NO ZAMAGNI, IL MULINO 2005. Fabio Turato Università di Urbino La Polis del mondo della cooperazione, delle istituzioni, del sindacato. In un secondo tempo, dopo aver costruito un primo quadro di riferimento, siamo passati ad una fase successiva della ricerca di tipo quantitativo; dove, attraverso un sondaggio telefonico, abbiamo raccolto le opinioni di un campione di responsabili delle cooperative marchigiane stratificato per dimensione ed area geografica. Due i principali risultati che emergono e che vedremo nel dettaglio delle slide che seguiranno. Il primo è il particolare rapporto delle imprese cooperative con il mercato, la società e con le istituzioni: la necessità di comunicarlo in maniera efficace. Il secondo, descrive il rapporto con le istituzioni e di come il ruolo delle coop necessiti di essere in parte ridisegnato in particolare attraverso la formazione della classe dirigente. Già oggi sono in atto forti cambiamenti che aprono spazi operativi e d intervento molto consistenti per quello che riguarda l attività delle imprese cooperative. Cambiamenti che anno buoni margini di consolidamento nel breve e medio periodo. Più nel dettaglio emerge come l attenzione verso la creazione di profitto sia un elemento centrale per molte imprese cooperative. Il ruolo e l attenzione della società verso questi cooperatori liberisti restano centrali perché il profitto rappresenta ormai un fattore ineludibile del ruolo delle imprese cooperative delle Marche. Il ruolo dei cooperatori puri, classici è ridotto. Esiste, invece, una forte attenzione primaria dei cooperatori liberisti verso il profitto. Sempre nell ambito di lavoro delle coop presenti nella società e nel mercato, emerge come gran parte dei responsabili delle imprese cooperative intenda l impresa cooperativa come un modo sostanzialmente diverso di fare impresa e questo fattore rafforza, proprio da un punto di vista identitario, il ruolo delle imprese cooperative all interno sia della società come del mercato. Il

ruolo delle coop come fattore perequativo delle disuguaglianze sociali, risulta ormai come sostanzialmente superato e residuale. Ormai le imprese Istituto di credito non viene vissuto come un fattore centrale per l attività delle cooperative risulti pragmaticamente rivolta ai servizi offerti. La proprietà di un cooperative sono calate all interno del mercato in modo consapevole e di imprese cooperative. Altro elemento: il rapporto definito come inevitabile con questa consapevolezza ormai si nutrono, vivono, consapevoli però del fatto la politica, con i partiti. Da questa prospettiva è interessante analizzare come di essere sostanzialmente diverse nel loro modo di fare impresa. sia inevitabile soprattutto perché il bacino di riferimento della politica e delle Questo fattore presenta alcuni problemi perché il contesto sociale dove sono imprese cooperative molto spesso è il medesimo, ovvero la società. In questo inserite le colloca in una posizione di difficoltà nel senso che da un punto di senso diventa inevitabile che esistano forme di contatto anche se è chiarito vista strettamente valoriale la ricchezza, la competizione, addirittura la bellezza, come questo contatto definito come inevitabile, dovrebbe evitarsi quanto più il successo non sono socialmente costruite attorno ad un immagine cooperativa, possibile. Nel rapporto con le istituzioni - a parte l attenzione verso il Presidente della Repubblica, l interesse verso il mondo cooperativo è centrale. ma sono prodotto collegato a caratteristiche, a fattori strettamente individuali, 6 7 prodotto di una società di tipo capitalistico: basti pensare al farsi da se dell imprenditore, del libero professionista. Dunque: l esposizione collettiva e perdurata nel tempo all individualismo. Attenzione però che l individualismo non è fenomeno da condannare a priori. L individualismo ha permesso anche di costruire percorsi di emancipazione molto forti all interno della società, pensiamo, ad esempio, all emancipazione femminile. Tuttavia, l esposizione collettiva ai fattori che abbiamo elencato in precedenza, scollegano, dal punto di vista del modello comportamentale, la società alla cooperazione. La cooperazione non sembra il modo ideale, preferito, per raggiungere questo tipo di traguardi. Dal punto di vista della formazione emergono i primi problemi, sia nelle Scuole superiori, che nelle Università, fattori che abbiamo riscontrato soprattutto nella prima fase della ricerca attraverso le interviste ai testimoni privilegiati. Dove veniva lamentata, osservata una sostanziale distanza della Scuola, dell Università nei confronti del mondo cooperativo. All Università, per esempio sono avviati da molti anni corsi di Sociologia economica e Sociologia industriale, però di Sociologia della cooperazione non si sente parlare. Da questo punto di vista è, per le cooperative, da pensare un intervento di tipo maggiormente strutturato. Da un punto di vista sociale, la costruzione, la creazione di reti civiche e tessuto sociale passa anche attraverso queste agenzie di formazione. Non dimentichiamo, come accennava prima Massimo Lanzavecchia, che la Costituzione italiana all articolo 45 nomina la cooperazione come un fattore centrale nella costruzione del nostro paese. Il secondo principale risultato della ricerca riguarda il rapporto con le istituzioni e le organizzazioni. È interessante vedere come verso il mondo del credito - la rilevazione è stata condotta nel marzo 2006 quindi in piena bufera di scalate bancarie - si possa notare come nelle Marche l attenzione che le imprese Questo fattore ha caratteristiche bivalenti che analizzeremo in dettaglio. Delle valutazioni inferiori al 50% dei consensi positivi, il rapporto con il Sindacato è quello che vive una delle fasi più complesse: un fattore che emerge dal sondaggio come dalle interviste condotte precedentemente alla rilevazione telefonica. Il rapporto con il Sindacato vive quindi una fase che forse meriterebbe un approfondimento maggiore. Grande sfiducia verso il governo Berlusconi e nel mondo bancario, come vedremo nelle slide successive. Questo è il profilo del contesto dove le imprese cooperative sono inserite. Un profilo che, le colloca in un rapporto strettissimo con la società, con il mercato, con la politica e le istituzioni: imprese cooperative molto calate nella quotidianità ed al passo con i tempi. Nell ambito della cooperazione il settore socio sanitario rimane il preferito. Tradizionalmente è sempre stato così. Poi ci sono nuovi ambiti dove emergono spazi operativi interessanti: il turismo, la cultura, i trasporti e anche parte del comparto commerciale e dei servizi: in particolare i servizi rivolti all artigianato e all industria. Attività che si collocano nell ambito delle attività pre-competitive. Un approfondimento riguarda il rapporto con l ente pubblico: i forti cambiamenti, dal punto di vista sociale ed economico, che caratterizzano anche la regione Marche sono riassunti qui in modo efficace. Diciamo che gli effetti dell internazionalizzazione, anche della società, dell economia marchigiana si vedono anche da questa tabella. Ad esempio, il cambiamento demografico della società marchigiana aprirà nuovi spazi di intervento. Bassa natalità, invecchiamento della popolazione, presenza d immigrati: tutti elementi che possono rappresentare ambiti importanti per le coop. Un altro dato interessante riguarda il rapporto con il credito. Nel rapporto con le istituzioni di credito, la buona disposizione offerta dagli intervistati verso le

banche è, in generale, molto bassa. Soprattutto nelle interviste che abbiamo condotto, è emerso in diversi casi, come le banche molto spesso costruiscano i loro stica standard è avvertito come, spazio all interno del quale muoversi in ma- Dunque recuperare un gap, soprattutto culturale, verso l impresa capitali- prodotti e servizi sulla base di esigenze strettamente di tipo capitalistico, delle niera decisa. Nel rapporto con l ente pubblico emergono ovvi scetticismi. La imprese capitalistiche. Le imprese cooperative hanno domande diverse che molto spesso gli istituti di credito standard faticano ad elaborare. Da questo punto stra per gestire il rapporto Ente pubblico - società cooperativa. Affidare alle logica del general contractor, ad esempio, non è percepita come la via mae- di vista si nota come la fiducia verso il Credito cooperativo sia molto marcata. cooperative, in maniera non regolata, parte dei compiti degli enti pubblici è Insieme anche ad altre forme di cooperazione, come le cooperative di consumo, vista come una procedura verso la quale prestare molta attenzione. quelle per l acquisto di una casa, o le cooperative edili. Per quello che riguarda il rapporto con il credito, è interessante notare come Nei prossimi cinque anni, il rapporto che le imprese cooperative intendono la fiducia verso il Credito cooperativo sia avvertita come una fase che permetta alle imprese cooperative di essere riconosciute nei loro bisogni, uni- costruire, intessere, il network, è soprattutto con altre cooperative. Il rappor- 8 9 to con le istituzioni rimane forte però viene confermato come il riferimento privilegiato sia ancora il mondo cooperativo. Dunque aumenteranno i rapporti. Le strategie privilegiate da seguire in questa direzione portano a migliorare l attenzione verso la classe dirigente soprattutto, e la comunicazione. Comunicare bene all esterno per evitare autoreferenzialità, nei rapporti nelle relazioni. Il rischio è che non si riesca a coinvolgere quella parte di mondo che non appartiene a quello cooperativo. Un dato che merita un approfondimento dal punto di vista dimensionale. Nel senso che l attenzione rivolta verso la comunicazione, verso la formazione di una classe dirigente cambia considerevolmente rispetto alla dimensione delle cooperative che abbiamo preso in considerazione. Le imprese un po più grandi sono attente a nuove esigenze dal punto di vista operativo, dal punto di vista della formazione, anche manageriale, della propria classe dirigente, presentano una domanda più marcata. Mentre invece le piccole e medie imprese presentano una domanda più forte verso un riconoscimento della propria attività ed identità a livello soprattutto locale. Alcune conclusioni. Abbiamo visto come il settore socio-sanitario rappresenti ancora l ambito preferito di cooperazione vera e propria. Il turismo, la cultura, i trasporti rappresentano ambiti interessanti soprattutto per il mondo giovanile però - ad oggi - manca, la tensione verso la formazione imprenditoriale e tecnica rivolta alla creazione d impresa cooperativa. La Cooperazione non è avvertita come un fattore di omologazione a valori generalmente rivolti alla creazione di successo e benessere. Dal punto di vista del lavoro per i giovani, soprattutto nelle interviste, emergeva come l attenzione, sia dei responsabili coop che di quelli istituzionali, fosse sentita in maniera particolare, ma veniva avvertita la distanza con il mondo della formazione. tamente alla consapevolezza di uscire da una sorta di autoreferenzialità, da una sorta di mondo a parte che rappresenta il mondo cooperativo. È necessario sviluppare linguaggi nuovi. Uscire da questa autoreferenzialità significa passare attraverso un rapporto con il profitto, che non è necessariamente legato a quello dell impresa capitalistica, ma il profitto è un indice, un fattore di efficienza della coop che permette alla cooperativa di stare sul mercato come le altre imprese. Per concludere due fattori decisivi: più comunicazione e più formazione della classe dirigente. Da questo punto di vista bisogna prestare attenzione alla naturalezza, con cui molto spesso è vissuta l attività all interno delle imprese cooperative. Che rappresenta - invece - proprio quel valore aggiunto che deve essere pubblicizzato in maniera più consapevole, più marcato verso l esterno. Dare come acquisiti i valori che caratterizzano l impresa cooperativa rappresenta un errore. Al contrario è fattore da gestire con molta attenzione, costruendo un linguaggio adatto e comunicandolo. Che permetta effettivamente alle cooperative di crescere sia nel mercato, sia nelle società all interno delle quali le imprese sono inserite. Grazie.

Mario Primo Salani Università La Sapienza di Roma La prima considerazione che suscita la ricerca è di ordine generale: averla affidata ad un team che, da quello che si legge, ha una conoscenza, come dire, dall esterno della cooperazione o, comunque si è messo in questa ottica, appare una scelta quantomeno interessante. Intanto è utilissima perché già dal linguaggio usato suggerisce e afferma un punto di vista meno curiale, indubbiamente più vicino a quello di un osservatore della quotidianità che non a quello specialistico Chi, come alcuni di noi, si occupa di cooperazione da un numero infinito di anni è portato ad usare un linguaggio che presuppone sia anche quello più generale e generalizzato. Questo consente dare per scontato che ci sia, per forza, una condivisione anche di contenuti, ma anche, spesso, una rinuncia (o un alibi?) a spiegare cose che si danno per note. Sentire gli stessi problemi proposti con un linguaggio leggermente diverso è, forse, un po straniante ma di grande fascino. Faccio un esempio, rinviando ad una delle tavole del rapporto. In una si propone la cooperazione all interno della contrapposizione: profitto e società. Nel mondo cooperativo questa dicotomia non ha molto senso: più che cercare di capire se è troppo stretta o troppo larga, mi verrebbe di dire che c entra? : vuole alludere ad un confronto tra azienda e socio? Oppure rinvia al conflitto fra efficienzaprofitto ed efficacia - valore sociale - obiettivi sociali? Comunque se un osservatore attento e di qualità sente il bisogno di leggere la cooperazione all interno di questo tipo di confronto, questo significa che la cooperazione, dà troppe cose per scontate oppure usa concetti non ben raccontati. Ha, comunque, un modo di raccontarsi che suscita nell ascoltatore queste due categorie e conseguentemente viene misurata nell implicito trade off tra questi estremi. Ma può esserci anche un altro pericolo rappresentato dal fatto che se vengono proposti ai cooperatori siano assunti come metafora originando decodifiche non omogenee che, a loro volta, possono indurre risposte non necessariamente coerenti (cioè, in altri termini, sommabili o confrontabili). Nel caso specifico, leggendo il rapporto nel suo insieme, si capisce (o almeno io ho così capito) che dentro quelle categorie è ricompreso quello che, nel mondo cooperativo, si è soliti dire ritorno al socio. In questo senso la ricerca mette in evidenza, correttamente, 11

sentire, i due termini sono sinonimi, ma per la cooperazione così non è. Se sì cita il profitto in alternativa a società, ne consegue che si costringe la cooperazione in una dicotomia per cui, se sì è nella prima categoria non si è diversi dall impresa for profit (profit, appunto), se sì è nella seconda si è qualche cosa (qualunque cosa) di diverso proprio da una impresa. La cooperativa invece è, in qualche modo, altra rispetto a questo continuum: persegue il profitto non come fine ma come mezzo, per operare sul mercato, e la sua socialità è nel perseguire e soddisfare i bisogni dei soci tra i quali non c è, appunto, il profitto. Questo per dire che l uso di un linguaggio e di categorie diverse diventa interessante non tanto per i risultati del suo impiego (la qualità delle risposte), ma perché, implicitamente, avverte di un deficit comunicazionale e segnala su quali aspetti occorre intervenire per meglio precisare, articolare, motivare. Sempre che, quello segnalato, sia solo un difetto comunicazione e non un appannamento identitario perché in questo caso non di inadeguatezza della comunicazione si tratterebbe, ma di deficit comportamentali (in altri termini di deficit etico). È così che è altrettanto ardito - ma coerente con la dicotomia profitto - società- segmentare il ceto dei cooperatori in: liberisti, liberisti cooperatori, cooperatori liberisti e cooperatori (in senso proprio?). Ma è una tassonomia che, proprio perché coerente con quella dicotomia, ha tutti i limiti di cui si è detto, resi ancor più evidenti dalla contrapposizione tra due termini, sotto certi punti di vista non contrapponibili, nella misura in cui la cooperazione ha scelto il mercato, in modo pieno anche se non nel modello autoregolato. Senza dimenticare che alle origini della cooperazione a promuoverla spesso capita di incontrare la borghesia liberale. Spero di aver chiarito perché questa ricerca suscita curiosità. Dirò più avanti, perché è, anche, per alcuni versi sorprendente. Intanto, senza ripercorrere i ri- l attualità di questo grande dibattito che è al centro dell attenzione nel mondo sultati che sono stati messi in luce e che suscitano in me considerazioni simili a cooperativo, proprio in questo inizio di millennio. Un attenzione che deriva dalla quelle che i redattori hanno già illustrato, preferisco dare un modesto contributo consapevolezza della necessità di un ritorno ai bisogni del socio e alla dimensione sociale, dopo una stagione, durata più di due decenni, che si era concentrata tab. 5. In questo caso non mi sento di condividere i risultati, e quindi anche l in- su quelli che mi appaiono più problematici, come i temi di cui si dà conto nella tutta sulla dimensione economica e competitiva. Socialità dunque come società terpretazione, di questa domanda che è relativa ai miglioramenti che dovrebbero ed economicità come profitto. Ma se così è, proprio l uso di questo linguaggio affrontare le cooperative. Ritengo infatti che la strutturazione della domanda della quotidianità è un segnale forte della necessità di meglio spiegare e argomentare alla gente, all opinione pubblica, la specificità cooperativa. chiave dicotomica le due risposte previste, che dicotomiche non sono (il ricam- possa aver fuorviato anche in modo significativo la risposta. Aver strutturato in Questa ricerca ci dice, dunque, che c è un deficit di argomentazione probabilmente proprio nel binomio economicità e profitto. Evidentemente, nel comune aver limitato a queste sole alternative le possibili ipotesi di intervento migliorabio della classe dirigente e il miglioramento della comunicazione), e, soprattutto, 12 13 tivo, non consentono, a mio avviso, di dare significativo risalto a questo tema e soprattutto di ricavarne particolari suggestioni previsive. Sono, alla luce dalla mia esperienza, utili e necessari entrambi questi interventi; anzi ad essi si dovrebbero accompagnare anche altre azioni anch esse di significativo rilievo per le cooperative a cominciare dall innovazione e dalla finanza. Le preferenze tra gli indirizzi proposti possono essere assunti, al massimo, come indicatori di priorità all interno della coppia di interventi, avendo chiaro che non sono esaustivi e non sono, necessariamente, prioritari in una visione più generale. C è anche un altro problema che ricorre nella ricerca che merita una qualche indugio. Si tratta del tema che nel linguaggio cooperativo viene indicato come sistema. Nell indagine trova espressione nelle tabelle là dove si dice: preferenze verso le cooperative. Credo che valga la pena di sottolineare, subito, che questo orientamento, per la cooperazione, non è autorefenzialità, anzi, sotto certi punti di vista, è una qualità significativamente positiva, perché implica e presuppone che la comune condivisione dei valori di fondo costruisca un corredo di fiducia di particolare rilievo, non dissimile da quello più circoscritto e cauto che si registra in comunità di imprese di cui i distretti sono la più nota manifestazione. Questa fiducia, nel momento cooperativo, non è, dunque, solo un fatto di tipo organizzativo. È una delle condizioni che rendono possibile uno dei principi fondanti la cooperazione: quello di voler/dover essere sistema. Era chiaro ai padri fondatori, ed è chiaro oggi, che anche la grande impresa cooperativa (che comunque rappresenta meno del 20% di tutta l offerta cooperativa) non è, spesso, in grado di competere singolarmente con la grande impresa profit, e che, senza fare sistema, questo è ancora più difficile per la cooperazione più piccola o comunque minore. L indagine mette in luce che questo convincimento è largamente condiviso. Questo risultato è molto interessante perché da un po di tempo si registrava una