Ragionevolezza del divieto di procreazione assistita eterologa, fra ordinamento italiano e CEDU



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Ragionevolezza del divieto di procreazione assistita eterologa, fra ordinamento italiano e CEDU di Stefano Catalano, ricercatore di Diritto costituzionale nell Università degli Studi di Milano Sommario: 1. Problemi di ragionevolezza rispetto all art. 3 Cost.; 2. questioni di ragionevolezza affrontate dalla recente sentenza della Corte edu; 3. Possibili questioni di legittimità derivanti dalla sentenza. 1. La recente sentenza della Corte europea dei diritti dell uomo, che decide il caso S.H. e altri contro Austria, ancorché non definitiva, fornisce lo spunto per svolgere qualche riflessione in riferimento ad alcuni possibili problemi di legittimità costituzionale relative al divieto di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo sancito dall art. 4, comma terzo, della legge 19 febbraio 2004, n. 40. Interessante è, anzitutto, confrontarsi con eventuali profili di ragionevolezza della disposizione ora ricordata. Prima di effettuare qualunque riflessione, pare opportuno richiamare le finalità, espressamente perseguite dal legislatore, nel disciplinare l accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Come noto, è l art. 1, comma primo, ad indicare gli obiettivi della legge. Si dice, infatti, che Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita. Proprio la contemporanea previsione, con una regola di portata generale, dell esclusione delle tecniche di procreazione assistita di natura eterologa e di una disposizione, dalla formulazione assai chiara, quale quella appena ricordata, pone qualche dubbio sulla ragionevolezza della disciplina, esaminata nel suo complesso. La questione si pone, in quanto il divieto, nella sua perentorietà, escludere l applicabilità della legge nei riguardi di alcuni suoi potenziali destinatari. In effetti, il ricorso alle tecniche eterologhe rappresenta, in talune ipotesi particolarmente gravi di sterilità od infertilità, il solo strumento idoneo a superare tali cause. In altre parole, quando vi sono coppie che non riescono, in alcun modo, a produrre gameti capaci di essere 1

fecondati, l unica via per effettuare un serio tentativo di procreazione assistita è quella, resa impraticabile dalla legge n. 40 del 2004, di utilizzare gameti donati da soggetti esterni alla coppia. Ne parrebbe derivare, allora, una vera e propria contraddittorietà logica. La legge n. 40 del 2004 è volta a consentire a tutte le coppie, che versino nelle condizioni previste dall art. 1 (casi di sterilità e infertilità), di accedere alle tecniche necessarie ad avere un figlio, tuttavia, nel momento in cui si vieta il ricorso alla tecnica eterologa, di fatto si impedisce ad alcune persone, fra l altro quelle affette dalle forme più gravi di sterilità ed infertilità, di esercitare il diritto solennemente riconosciuto dalla medesima legge. In sintesi, sembra delinearsi un ipotesi di incongruenza del mezzo rispetto al fine: se la ratio legis è quella ricordata, potrebbe risultare irragionevole che siano escluse dall accesso alla procreazione medicalmente assistita le coppie la cui sterilità o infertilità può essere superata solo mediante il ricorso alla tecnica eterologa. La Corte costituzionale, peraltro, ha riconosciuto che l art. 3 Cost. è violato anche quando al legislatore sia imputabile una scelta che si sostanzi nell esclusione di soggetti la cui condizione risulta assimilabile, nelle finalità perseguite dalla legge, a quella di quanti siano stati presi in considerazione dalla disciplina (cfr. Corte cost. sentenza n. 404 del 1988, punto 5 del Considerato in diritto). Va ricordato, inoltre, come questa sia una delle ragioni che ha sorretto la dichiarazione di illegittimità costituzionale operata dalla sentenza n. 151 del 2009 proprio di alcune norme della legge n. 40 del 2004 1. 2 2. Come si è accennato, anche la Corte europea dei diritti dell uomo, in riferimento a due casi verificatisi in Austria, ha affrontato il problema della ragionevolezza del divieto delle tecniche di procreazione assistita di tipo eterologo. 1 Sulla decisione della Corte si vedano, in particolare, le osservazioni di M.E. D AMICO, La decisione della Corte costituzionale fra aspetti di principio e ricadute pratiche, in IDEM, I. PELLIZZONE (a cura di), I diritti delle coppie infertili, Milano, 2010, p. 214 e ss.; M. MANETTI, Procreazione medicalmente assistita: una political question disinnescata, in Giurisprudenza costituzionale 2009, p. 1688 e ss. Osservazioni più critiche rispetto alla Medesima sentenza sono quelle di L.VIOLINI, Note minime ad una decisione problematica, in M.E. D AMICO, I. PELLIZZONE (a cura di), I diritti delle coppie infertili, Milano, 2010, p. 191 e ss.

In estrema sintesi, l ordinamento austriaco consente la fecondazione eterologa in vivo. È ammessa, quindi, solo la donazione di gameti maschili e senza la possibilità di una fecondazione in vitro, mentre è preclusa, in ogni caso, la possibilità di una donazione di gameti femminili. La vicenda, se si considera come la Corte costituzionale austriaca si sia pronunciata prima dell intervento della Corte europea, escludendo profili di illegittimità costituzionale della disciplina, fornisce l occasione per riflettere su eventuali contrasti fra Corti. Tuttavia, pare utile, in questa sede, verificare se dalla sentenza si possano ricavare elementi per affermare (od eventualmente escludere) il contrasto fra il divieto sancito dalla legge n. 40 del 2004 e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo, in riferimento agli artt. 8 e 14. Se così fosse ne deriverebbe, nel nostro ordinamento, oltre ad un rafforzamento dei dubbi sulla violazione del principio di ragionevolezza, la (molto probabile) illegittimità costituzionale dell art. 4 della legge rispetto all art. 117, primo comma, Cost., in base allo schema seguito dalla Corte costituzionale a partire dalle note sentenze nn. 348 e 349 del 2007 2. La Corte edu esamina due casi. Dal secondo quello con cui viene data risposta ai primi due ricorrenti non pare si possano trarre elementi decisivi per rispondere all interrogativo prima indicato. Qui la Corte era chiamata a valutare se la differenza di trattamento tra una coppia che, per realizzare il proprio desiderio di avere un figlio, potrebbe solo ricorrere alla donazione di spermatozoi per la fecondazione in vitro, e una coppia che legittimamente può usufruire della donazione di spermatozoi per la fecondazione in vivo, avesse una giustificazione obiettiva e ragionevole. 3 2 Molti sono i contributi che analizzano le problematiche relative alle sentenze 348 e 349 del 2007. Si vedano A. RUGGERI, La CEDU alla ricerca di una nuova identità, tra prospettiva formale-astratta e prospettiva assiologico-sostanziale d inquadramento sistematico (a prima lettura di Corte cost. nn. 348 e 349 del 2007), in www.forumcostituzionale.it; M. CARTARIA, Le sentenze gemelle : diritti fondamentali, fonti, giudici, in Giurisprudenza costituzionale 2007, p. 3564 e ss.; V. SCIARABBA, Tra fonti e corti, Padova, p. 314 e ss.

In tale caso, viene ritenuta irragionevole, quindi discriminatoria, l esclusione dall accesso alle tecniche eterologhe nell ipotesi in cui sia necessaria la fecondazione in vitro con sperma di donatore esterno alla coppia. Non sufficienti sono le giustificazioni proposte dall Austria. In particolare, secondo la Corte, il desiderio di un figlio è un aspetto particolarmente importante e, nel caso di specie, ha un peso maggiore degli argomenti di efficacia. Si dice, in sintesi, che è irrazionale consentire l eterologa (mediante donazione di sperma) in vivo, ma non in vitro. Proprio questa diversità, rispetto alla disciplina italiana che vieta l eterologa sempre e comunque, sembrerebbe non consentire, come si diceva sopra, di trarre conseguenze specifiche dalla parte della pronuncia ora ricordata. Maggiori indicazioni si ricavano dall altro caso deciso dalla Corte edu. I ricorrenti, come ricorda la stessa Corte europea, ritenevano irragionevole la scelta legislativa che consentiva il ricorso alla donazione di gameti maschili, ma non quella di ovuli. In sostanza, il sistema normativo risulterebbe incoerente e illogico, dal momento che i metodi di procreazione eterologa medicalmente assistita non sarebbero proibiti in generale. Non sarebbe chiaro, più precisamente, perché la legge in vigore permetta l inseminazione artificiale con donatore di spermatozoi, proibendo, allo stesso tempo, categoricamente la donazione di ovuli. In definitiva, si sarebbe di fronte ad una disparità di trattamento rispetto all accesso alla tecnica eterologa: consentita se il donatore è l uomo; non consentita se la donatrice è una donna. Quanto alla lettura ed alle ricadute nel nostro ordinamento della sentenza si possono prospettare due ipotesi. Se si ritenesse (prima ipotesi) che la Corte abbia effettuato il suo scrutinio concentrandosi esclusivamente sulla situazione normativa austriaca, quindi dando rilevanza decisiva al fatto che si ammette la fecondazione eterologa di gameti maschili, ma non quella di ovuli, non sarebbe sicuro che dalla sentenza si possano ricavare elementi per ritenere la legge n. 40 del 2004 in contrasto con la Convenzione europea. In effetti, partendo da una simile premessa, che però la Corte edu non esplicita, si sarebbe portati a dire che le affermazioni di principio contenute nella sentenza siano servite per escludere la 4

logicità della scelta di consentire la fecondazione eterologa soltanto con donazione di spermatozoi ed in vivo. Tuttavia (seconda ipotesi), la Corte, nell accertare la violazione degli art. 8 e 14 della CEDU, letti in combinato disposto, enuncia dei principi che, non facendo esplicito riferimento alla situazione concretamente esaminata, paiono avere una portata più generale. Se così fosse, allora, le conseguenze della sentenza potrebbero andare al di là dell accertamento della trasgressione verificatosi all interno dell ordinamento austriaco. Ma, prima di ogni altra considerazione, occorre ricordare, sia pur brevissimamente, le argomentazioni poste alla base della pronuncia. La Corte ricorda anzitutto come l ampio margine discrezionale che gli Stati hanno in tema di regolamentazione della procreazione medicalmente assistita non consente di ritenere ragionevole qualunque scelta. In particolare, una volta deciso di ammettere il ricorso a tali tecniche, la disciplina dettata a tale scopo deve risultare coerente. Sempre per la Corte, il divieto assoluto del ricorso all eterologa mediante donazione di ovuli non è la sola soluzione a disposizione del legislatore austriaco e soprattutto non è assistita da giustificazioni razionali per realizzare le finalità perseguite, fra cui quella di evitare la mercificazione dei gameti femminili e di impedire la realizzazione di parentele atipiche. Specie quest ultimo obiettivo, che si sostanzia nella necessità di impedire che vi possano essere persone con una madre biologica ed una genetica, viene ritenuto degno di pregio dalla Corte. Tuttavia, il fatto che già si verifichi, in Austria (così come in molti ordinamenti, fra cui quello italiano), un caso in cui, come l adozione, esistono relazioni genitoriali diverse da quelle biologiche, porta a ritenere tale giustificazione non sufficiente a legittimare il divieto di donazione di ovociti. In altre parole, esistendo altre ipotesi, ritenute ammissibili nell ordinamento di riferimento, di parentele atipiche, non è possibile sostenere che il fine di prevenirne l insorgenza possa assurgere a giustificazione del divieto di procreazione eterologa. Proprio tale ragionamento potrebbe portare a ritenere anche la nostra legge sulla procreazione medicalmente assistita in contrasto con la Convenzione europea. Anche in Italia, infatti, lo scopo del divieto contenuto nell art. 4 della legge n. 40 del 2004 è proprio quello di evitare le parentele atipiche che però, analogamente a quanto avviene in Austria, 5

esistono e sono ammesse nel nostro ordinamento in altre ipotesi (si pensi all adozione). Una volta considerata inammissibile tale ratio legis, sembrerebbe venir meno la ragionevolezza della disciplina. 3. Se quest ultima fosse la portata della pronuncia, si porrebbe un serio problema di costituzionalità e andrebbe sollevata, quindi, la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all art. 117, primo comma, Cost., della disposizione legge n. 40 del 2004 che vieta espressamente la procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo. Dovrebbero ritenersi inammissibili, invece, stando alla lettera della legge, eventuali interpretazioni convenzionalmente conformi. Altrettanto da escludere sembrerebbero tentativi di disapplicazione, poste in essere da parte dei giudici comuni, della normativa primaria in favore della Convenzione europea dei diritti dell uomo come interpretata (o asseritamene interpretata) dalla Corte di Strasburgo. Sul punto va ribadito che, nel nostro ordinamento, non è possibile, nonostante alcune recenti decisioni dei giudici amministrativi di segno opposto 3, applicare direttamente le norme CEDU, neppure facendo leva sulla lettera dell art. 6 del Trattato sull Unione europea come modificato a Lisbona. Il punto di equilibrio messo a punto dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007, infatti, rebus sic stantibus, non pare possa essere messo in discussione. Esso, al più, potrà essere rimesso in discussione, forse, solo a seguito della formale adesione, mediante la ratifica della CEDU, dell Unione europea alla Convenzione medesima 4. 6 3 Si vedano le sentenze del Consiglio di Stato, Sez. IV n. 1220 del 2 marzo 2010, con nota giustamente critica di A. CELOTTO, Il trattato di Lisbona ha reso la CEDU direttamente applicabile nell ordinamento italiano? (in margine alla sentenza n. 1220/2010 del Consiglio di Stato), in www.neldiritto.it e del TAR Lazio, Sez. II bis, n. 11984 del 18 maggio 2010. Entrambe le decisioni sono pubblicate sul sito www.federalismi.it. Anche prima delle sentenze nn. 348 e 349 sono stati vari i tentativi, operati dai giudici ordinari, di applicare direttamente la CEDU. Sul punto si veda V. SCIARABBA, Tra fonti e corti, cit., p. 307 e ss. 4 Sulle problematiche derivanti, anche nell ordinamento italiano, dall adesione dell Unione europea alla C.E.D.U., si vedano V. ZAGREBELSKY, La prevista adesione dell Unione Europea alla Convenzione europea dei diritti dell uomo, in www.forumcostituzionale.it e, volendo, S. CATALANO, Trattato di Lisbona e

Solo sollevando la questione, a parere di chi scrive, i giudici assolveranno correttamente la funzione che è ad essi riservata all interno del nostro sistema di giustizia costituzionale. Proprio su questo punto sembra utile svolgere un ultima riflessione, notando come talvolta vi siano sconfinamenti, anche gravi, rispetto al modello positivamente disciplinato. Le vicende applicative della legge n. 40 ne rappresentano, probabilmente, una buona dimostrazione. Un primo sconfinamento si è avuto quando alcuni giudici, di fronte a questioni di legittimità costituzionale particolarmente serie, hanno adottato ordinanze di manifesta infondatezza (che, per altro, assomigliano a vere e proprie pronunce di costituzionalità) 5. Un secondo sconfinamento si è avuto, questa volta in senso per così dire opposto, quando altri giudici hanno fornito interpretazioni costituzionalmente conformi che, in realtà, non possono essere considerate interpretazioni poiché in contrasto con il tenore letterale della legge n. 40 6. Certo, questo atteggiamento dei giudici nasce anche dal fatto che la Corte, talvolta, usa l alibi del processo per evitare di decidere casi particolarmente controversi 7. 7 adesione alla CEDU: brevi riflessioni sulle problematiche comunitarie e interne, in P. BILANCIA, M.E. D AMICO (a cura di) La nuova Europa dopo il Trattato di Lisbona, Milano, 2009, p. 233 e ss. 5 Oltre alla prima ordinanza di manifesta infondatezza resa dal Tribunale di Catania il 3 maggio 2004, si vedano le ordinanze del Tribunale di Milano del 7 aprile 2009 e 23 novembre 2009 che dichiarano manifestamente infondata l eccezione di legittimità costituzionale relativa all art. 4, comma terzo, della legge n. 40 del 2004. Per un commento a queste ultime ordinanze si veda B. LIBERALI, Il divieto di fecondazione eterologa e la decisione di non sollevare questione di legittimità costituzionale, in corso di pubblicazione in La nuova giurisprudenza civile commentata 2010. 6 Il riferimento va, oltre alle decisioni dei Tribunali di Cagliari e Firenze, pubblicate, con osservazioni di I. PELLIZZONE, Fecondazione assistita e interpretazione costituzionalmente conforme: quando il fine non giustifica i mezzi, in Giurisprudenza costituzionale 2008, pp. 552 e ss., ad una recente ordinanza del Tribunale di Salerno del 9 gennaio 2001, n. 191, pubblicata in Guida al diritto 2010, n. 9, p. 62 e ss. Con tale decisione si ammette alle tecniche di procreazione medicalmente assistita una coppia fertile in cui uno dei partners è affetto da HIV. 7 Nota, giustamente, che la Corte costituzionale, per non decidere questioni particolarmente sensibili, spesso preferisce assumere decisioni di inammissibilità M.E. D AMICO, Il giudice costituzionale e l alibi del processo, in Giurisprudenza costituzionale 2006, p. 3859 e ss.

Concludendo, ritengo che solo coinvolgendo la Corte costituzionale i giudici assolveranno correttamente la loro funzione che, secondo una celeberrima metafora, è quella di portiere della Corte; un portiere che non può mai diventare altro. 8