Attrezzature e impianti a pressione

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12 Attrezzature e impianti a pressione PED 2.0 E DINTORNI Giuseppe Pinna pinna@cti2000.it Attrezzature a pressione. Niente di più lontano dalla new economy ci può venire in mente nel sentire queste parole, niente di meno virtuale si può immaginare di un mondo fatto di serbatoi, valvole, tubazioni flangiate, lamiere piegate, saldate e imbullonate. Se una rivoluzione possono evocare è quella industriale di fine 700, quella delle macchine a vapore, e non certo quella della digital economy, che ci propone ogni giorno una nuova Cosa 2.0. Eppure, anche se forse non è così di moda e se non riesce a travestirsi e a presentarsi come qualcosa di moderno e trendy, il ferro tira ancora. Quello delle attrezzature a pressione è un mondo molto variegato, che tocca trasversalmente diversi settori, anche lontani tra loro: Oil & Gas, chimico, petrolchimico, elettrico, gomma e plastica, manifatturiero, farmaceutico, alimentare; dalle raffinerie e dai grandi impianti di produzione di energia alle piccole realtà quali laboratori e impianti di stoccaggio, coinvolgendo una moltitudine di soggetti: fabbricanti, progettisti, installatori, aziende utilizzatrici, manutentori, organismi di certificazione e controllo. Data questa eterogeneità non è facile dimensionare il fenomeno dal punto di vista economico per fornire una misura di quanto conta oggi in Italia il comparto delle attrezzature a pressione. LA PRIMA DIRETTIVA PED 97/23/CE DEFINISCE I REQUISITI ESSENZIALI DI SICUREZZA E DEMANDA ALLE NORME ARMONIZZATE LA DEFINIZIONE DEI PARTICOLARI PER CIASCUN TIPO DI PRODOTTO Dal punto di vista regolamentare il settore ha conosciuto un passaggio epocale in occasione dell entrata in vigore, nel 2000, della direttiva 97/23/CE, PED Pressure Equipment Directive (recepita in Italia con il D.Lgs. 93/2000), che ha introdotto e applicato alle attrezzature a pressione la filosofia del cosiddetto Nuovo Approccio per la libera circolazione delle merci nel mercato unico europeo. La direttiva PED, diversamente da quanto si faceva in epoca precedente all avvento del nuovo approccio, va a definire esclusivamente i Requisiti Essenziali di Sicurezza per la fabbricazione e l immissione sul mercato di attrezzature e insiemi in pressione, demandando al complesso delle norme tecniche armonizzate il compito di definire i requisiti di dettaglio per ciascun tipo di prodotto. Questo approccio ha portato alla costituzione di un consistente corpo di norme tecniche, emanate dal CEN e approvate dalla Commissione Europea, che fornisce ai fabbricanti di attrezzature a pressione un solida base tecnica cui riferirsi per la progettazione e la costruzione. Tra queste assumono particolare rilevanza le serie di norme EN 764 Attrezzature a pressione, EN 13445 Recipienti a pressione non esposti a fiamma, EN 12952 Caldaie a tubi d acqua e installazioni ausiliarie, EN 12953 Caldaie a tubi da fumo. L avvento della PED e delle norme armonizzate non ha però causato il superamento definitivo dei vari codici nazionali preesistenti, che anzi continuano ad avere una certa diffusione, anche in Italia, dove le vecchie Raccolte ISPESL sono tuttora in uso (sebbene supportate dalla Raccomandazione CTI R2 del 2005 dal titolo Raccomandazioni del Comitato Termotecnico Italiano per l uso delle raccolte ISPESL, revisione 95, nell ambito della direttiva 97/23 CE ). Ciò che la PED non fa è occuparsi di ciò che viene dopo l immissione sul mercato del prodotto. La regolamentazione dell esercizio delle attrezzature e degli impianti a pressione, adesso come allora, continua ad essere demandata alla legislazione nazionale, che nel corso degli anni si è prodotta in varie disposizioni e che, tra abrogazioni parziali e totali e, in certi casi, ripristini di validità, si presenta in un quadro di non sempre facile interpretazione. In questi anni, dopo la pubblicazione della PED, gli operatori si sono dovuti confrontare soprattutto con due

IL CTI INFORMA 13 disposizioni di legge: il Decreto del Ministero delle Attività produttive n. 329 del 2004, che regola la messa in servizio e l utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi, e il D.Lgs. 81 del 2008 (Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), integrato dal Decreto 11 aprile 2011 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche e i criteri di abilitazione dei soggetti che le eseguono. Parallelamente, il mondo della normazione tecnica nazionale si è mosso per adeguarsi al nuovo quadro legislativo, spesso riprendendo e aggiornando contenuti tecnici che in precedenza erano definiti in disposizioni di legge o in altri documenti tecnici riconosciuti (es. circolari ANCC/Ispesl). In particolare il CTI, nell ambito di un incarico conferito all UNI dal Ministero delle attività produttive al fine di supportare le disposizioni del citato D.M. n. 329/2004, con il contributo dell ISPESL, del Forum degli Organismi Notificati, del Coordinamento Tecnico Interregionale e di tutte le associazioni di categoria interessate ha avviato nel 2006 l elaborazione di una serie di specifiche tecniche e norme finalizzate a supportare i requisiti del DM 329/2004 in materia di esercizio delle attrezzature a pressione. Questo lavoro si è concretizzato nella serie UNI 11325 Attrezzature a pressione Messa in servizio ed utilizzazione e degli insiemi a pressione, della quale tra il 2009 e il 2015 sono state pubblicate 9 parti. Per alcune di queste è già arrivato il momento della revisione (si veda in proposito più avanti l articolo dedicato alla revisione in corso della UNI/TS 11325:2010 Sorveglianza dei generatori di vapore e/o acqua surriscaldata ). Altre norme nazionali si sono affiancate, elaborate dalle competenti commissioni tecniche di CTI e UNI (si veda in particolare l articolo dedicato alle verifiche di integrità strutturale). IL 19 LUGLIO 2016 È DEFINITIVAMENTE ENTRATA IN VIGORE LA NUOVA DIRETTIVA PED: NON CAMBIANO CAMPO DI APPLICAZIONE E RES, MA SI RENDE NECESSARIA UNA RIVISITAZIONE DELLE LINEE GUIDA E DELLE NORME TECNICHE PER ASSICURARE LA CONFORMITÀ AI NUOVI DISPOSIZIONI Un nuovo passaggio critico per il mondo delle attrezzature a pressione è rappresentato dalla entrata in vigore, lo scorso 19 Luglio, della nuova direttiva PED 2014/68/UE, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 15 Febbraio 2016, n. 26. Con questa rifusione, la direttiva PED, al pari di numerose altre direttive, è stata adeguata alle prescrizioni del New Legal Framework, costituito dal Regolamento 765/2008 in materia di accreditamento degli organismi notificati e vigilanza del mercato e dalla Decisione 768/2008 relativa al quadro comune per la commercializzazione dei prodotti nel mercato europeo. La nuova PED, pur non modificando il campo di applicazione e la definizione dei requisiti essenziali di sicurezza, apporta tuttavia alcuni cambiamenti: --è stata definita una nuova classificazione dei fluidi, per adeguarla a quanto previsto dal regolamento CLP (Regolamento CE n. 1272/2008) relativo alla classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele. Con questa nuova classificazione potrebbe verificarsi quindi una diversa categorizzazione delle attrezzature a pressione con, in certi casi, la necessità di una procedura di valutazione della conformità del prodotto più severa in fase di immissione su mercato; --è stata definita una nuova categorizzazione degli operatori economici, ora distinti in Fabbricanti, Importatori, Distributori, e Rappresentanti Autorizzati; --è stata introdotta la modifica della denominazione di alcuni moduli di valutazione della conformità, che sono ora uniformati al New Legal Framework; --è riportata una più esplicita definizione dei requisiti ai fini dell analisi dei rischi e dei pericoli; --si è resa necessaria la rivisitazione e il riallineamento delle linee guida PED, che, allo scopo di evitare confusioni, o sovrapposizioni, avranno una diversa nomenclatura, basata su lettere; --in conseguenza dell entrata in vigore della nuova direttiva si rende necessaria una nuova notifica degli Organismi di valutazione della conformità; --è previsto un nuovo modello per la dichiarazione di conformità. È importante comunque segnalare che i certificati e

14 le decisioni emessi a fronte della direttiva 97/23/CE rimangono comunque validi. A fronte di questo nuovo quadro, sia le norme armonizzate alla PED che i regolamenti e le specifiche tecniche finalizzate all esercizio delle attrezzature e degli impianti a pressione necessitano di una verifica ed eventualmente di un adeguamento. A livello legislativo è atteso un nuovo Decreto Ministeriale che vada ad aggiornare i contenuti del DM 329/2004. Per quanto concerne le norme nazionali sono in corso numerosi lavori che potranno contribuire a definire un riferimento tecnico di supporto per gli operatori. In particolare, in materia di progettazione e costruzione sono in lavorazione due Rapporti Tecnici UNI che riprendono i contenuti delle Raccomandazioni CTI R2 e R6 --Linee guida per l uso delle raccolte Ispesl VSR, VSG, M, S nell ambito della direttiva 2014/68/UE (che rivede la Raccomandazione CTI 2:2005); --Progettazione, costruzione e conduzione di forni chimici e petrolchimici (che rivede la Raccomandazione CTI 6:2007). Nell ambito dell esercizio e delle verifiche delle attrezzature a pressione e degli insiemi sono in corso numerosi lavori, alcuni dei quali andranno a completare la serie UNI/TS 11325: --Sorveglianza dei generatori di vapore e/o acqua surriscaldata (revisione della UNI/TS 11325-3:2010); --Sorveglianza dei generatori di vapore e/o acqua surriscaldata esclusi dal campo di applicazione della UNI/TS 11325-3 (futura UNI/TS 11325-10); --Verifiche periodiche delle attrezzature e degli insiemi a pressione (futura UNI/TS 11325-12); --Locali destinati al posizionamento di generatori di vapore e/o acqua surriscaldata e delle attrezzature accessorie (Nuovo UNI/TR); --Attrezzature a pressione - Verifiche di integrità di attrezzature/insiemi a pressione - Prove a pressione (nuova norma UNI); --Attrezzature a pressione - Valutazione dello stato di conservazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione a seguito del degrado da esercizio dei materiali (nuova norma UNI); --Sicurezza lato acqua impianti di riscaldamento <110 C (revisione della UNI 10412 - Raccordo tra raccolta R Ispesl Impianti di riscaldamento ad acqua calda e UNI EN 12828:2014 Impianti di riscaldamento negli edifici - Progettazione dei sistemi di riscaldamento ad acqua ); --Condotte forzate. Verifiche in esercizio dello stato di integrità (Nuova norma UNI). Si citano infine i lavori di traduzione di due norme fondamentali per tutti gli operatori del settore delle attrezzature a pressione e dei forni industriali. Si tratta delle norme: --UNI ISO 13574:2016 Forni industriali e attrezzatura di processo associata Vocabolario (che adotta la ISO 13574: 2015 Industrial furnaces and associated processing equipment Vocabulary ); --UNI EN 764-1:2015 Attrezzature a pressione Parte 1: Vocabolario (che recepisce la EN 764-1:2015 Pressure equipment - Part 1: Vocabulary ). FORNI INDUSTRIALI Riccardo Balistreri Coordinatore della CT 221 Progettazione e costruzione di attrezzature a pressione e di forni industriali Le attività della Commissione Tecnica 221 Progettazione e costruzione di attrezzature a pressione e di forni industriali, e in particolare del Gruppo di Lavoro 03 (GL 03) Forni chimici, petrolchimici e per oli minerali e altri forni industriali, sono ad oggi incentrate sulla revisione della Raccomandazione CTI R6/2006 Raccomandazioni del CTI per la progettazione, la costruzione e l esercizio di forni chimici e petrolchimici - Edizione aggiornata con errata corrige Dic. 2007. I forni per impianti chimici e petrolchimici sono attrezzature a pressione e a focolare interno, utilizzate negli impianti petroliferi o chimici, nelle quali fluidi diversi dall acqua, percorrendo internamente i tubi delle medesime, vengono riscaldati per irraggiamento e/o per convezione dai fumi caldi prodotti dalla combustione di combustibili liquidi o gassosi.

IL CTI INFORMA 15 FIGURA 1 - Limiti di batteria meccanici per forni Il GL 03 ha concluso a fine 2015 la traduzione in lingua italiana della ISO 13574 Forni industriali e attrezzatura di processo associata - Vocabolario, pubblicata da UNI il 26/07/2016; ha quindi successivamente ripreso lo sviluppo della norma tecnica che, completato l iter, sostituirà la Raccomandazione R6/2006. Lo scopo della norma è quello di fornire uno strumento per la progettazione e la costruzione di forni a focolare interno per l industria chimica, petrolchimica e di raffinazione, con una pressione interna ai serpentini di scambio termico superiore a 0,5 bar, le cui membrature siano costruite in acciaio, in leghe di Nichel o con i materiali speciali. Il tutto nel rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla direttiva 2014/68/UE. Poiché allo stato attuale non esiste una norma EN, armonizzata alla direttiva 97/23/CE o alla sua sostituta sopra richiamata, che tratti questo genere di prodotti, questa vacatio consente agli stati membri lo sviluppo di normative nazionali; queste potranno anche essere utilizzate come documento tecnico da sviluppare qualora, in ambito CEN, si convergesse verso la necessità di emanare una norma armonizzata in materia. Nella trattazione della norma il GL03, in specifici passaggi, ha fatto riferimento alla UNI EN ISO 13704 Industrie del petrolio, petrolchimiche e del gas naturale - Calcolo dello spessore dei tubi dei riscaldatori nelle raffinerie di petrolio e alla UNI EN ISO 13705 Industrie del petrolio, petrolchimiche e del gas naturale - Riscaldatori a fiamma per servizi generali di raffineria, norme ISO di derivazione API che rappresentano lo stato dell arte in materia. Nella nuova norma tecnica il GL03 sta sviluppando e integrando il calcolo di stabilità derivato dalla UNI EN ISO 13704 con lo scopo di renderlo più aderente alla filosofia della direttiva di prodotto; procede inoltre nella rivisitazione e nell aggiornamento dei capitoli riguardanti i materiali, le prove e i controlli in fabbricazione, la scelta dei dispositivi di controllo e le tabelle in appendice riguardanti l armonizzazione con i RES della direttiva 2014/68/UE. In ambito ISO, il GL03 esamina i commenti ed esprime le posizioni nazionali sui documenti elaborati dall ISO/TC 244, dedicato alla progettazione, fabbricazione, materiali, componenti e ispezioni di forni industriali, mentre in ambito CEN segue le attività del CEN/TC 186 nel campo della sicurezza delle attrezzature per i processi termici industriali, come forni industriali o attrezzature per il riscaldamento industriale. Nello specifico si segnala che il CEN/TC 186 è impegnato nella revisione delle parti 1, 2 e 3 della EN 746 sulle apparecchiature di processo termico FOTO 1 - Interno della camera radiante di un forno a Cattedrale

16 industriale, mentre l ISO/TC 244 Industrial furnaces and associated processing equipment ha in corso d inchiesta: --le bozze dell ISO/DIS 13577 Industrial furnaces and associated processing equipment Safety (parte 1, 3 e 11); --l ISO/DIS 13578 Industrial furnaces and associated processing equipment - Safety requirements for machinery and equipment for production of steel by electric arc furnaces ; --l ISO/DIS 13579-11 Industrial furnaces and associated processing equipment Method of measuring energy balance and calculating energy efficiency Part 11: Evaluation of various kind of efficiency. VERIFICHE D INTEGRITÀ STRUTTURALE Corrado Delle Site Coordinatore della CT 222 Integrità strutturale degli impianti a pressione La verifica d integrità delle attrezzature a pressione è prevista dall art. 12 del DM 329/04 e prevede l esecuzione di esami visivi e controlli spessimetrici. Tuttavia, non è esclusa la possibilità di dover eseguire altri controlli che si rendano necessari a fronte di situazioni di danneggiamento evidenziate dal calcolo o dai controlli di base. In questo contesto si inseriscono le specifiche tecniche del progetto Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione che il CTI ha redatto con il contributo dell INAIL e degli addetti ai lavori, relative al settore Integrità strutturale e che riguardano in maniera specifica le problematiche del creep, del Fitness-for-Service e del Risk Based Inspection. Tali documenti normativi costituiscono un riferimento privilegiato per l applicazione dei disposti legislativi vigenti nel settore di riferimento (D.M. 329/04 e D.M. 11.4.2011). Il contesto normativo sull integrità strutturale di impianti in esercizio si completa con la norma sulla fatica oligociclica, particolarmente sentita negli impianti termoelettrici per la generazione di energia, in relazione al regime flessibile a cui sono sottoposti. Da non trascurare infine la specifica tecnica relativa alle prove di pressione (prova idraulica e prova pneumatica), che definisce più in dettaglio le prescrizioni dell art. 6 del citato art. 12 del DM 329/04. Il pacchetto normativo costituito dalla serie UNI TS 11325 si compone di varie parti ciascuna delle quali rappresenta un documento normativo, classificato come specifica tecnica. La parte 2 della UNI TS 11325 fornisce una procedura di valutazione dell idoneità all ulteriore esercizio delle attrezzature e degli insiemi a pressione soggetti a scorrimento viscoso. La parte 4 della stessa serie 11325, fornisce dei riferimenti puntuali di carattere tecnico per il soddisfacimento della predetta parte 2 (materiali, calcoli, intervalli di ricontrollo, ecc.) non trattando però la problematica controlli non distruttivi e repliche metallografiche. Questi ultimi due argomenti, di estrema rilevanza nell approccio vita residua per attrezzature in regime di creep, vengono esplicitati in altrettante norme UNI (elaborati in seno alla Commissione Prove non Distruttive), nella fattispecie la norma UNI 11096:2012 (PND) e la norma UNI 11374:2010 (Repliche). Con l aggiunta della norma UNI 11373:2010 sulla qualificazione del personale addetto alle repliche metallografiche, il panorama sullo scorrimento viscoso negli impianti a pressione si completa in ogni sua parte. Gli aspetti del Fitness for Service e del Risk Based Inspection sono trattati nelle sezioni 8 e 9 della medesima serie di Specifiche Tecniche UNI, fornendo dei validi riferimenti per affrontare queste tematiche innovative, di così vasto interesse nel settore industriale, per le quali non esisteva alcun riferimento nazionale, ma solamente dei documenti internazionali limitati, però, ad alcune tipologie di impianti. La UNI 11325-11 affronta da un punto di vista normativo, per la prima volta e in modo sistematico, una problematica di estremo interesse in particolar modo nell esercizio degli impianti termoelettrici: il danneggiamento per fatica nelle attrezzature a pressione. La ratio dei documenti normativi elaborati dal CTI nell ambito RBI, FFS e fatica non è tanto quella di definire nuove procedure nel settore (peraltro già saturo di norme e codici), quanto quello di fornire elementi

IL CTI INFORMA 17 per districarsi fra le procedure esistenti fornendo criteri di scelta oggettivi per l utilizzatore. Al contrario, le specifiche tecniche UNI TS 11325 sul creep illustrano una procedura originale, derivata (con varie modifiche più o meno sostanziali) da quella già esistente sul territorio nazionale fin dal 1992 (vedi in proposito la Circolare ISPESL n. 15/92). Nel seguito si illustreranno più in dettaglio le caratteristiche principali delle varie norme UNI/CTI sull integrità strutturale di attrezzature a pressione e la loro ricaduta sul panorama nazionale. La normativa nazionale sullo scorrimento viscoso si è arricchita di una serie di norme che coprono tutti gli aspetti della valutazione di vita consumata a creep. In particolare l aspetto tecnico-procedurale è coperto dalla UNI TS 11325-2, l aspetto tecnico-scientifico è definito dalla UNI TS 11325-2, l aspetto metallografico dalla UNI 11374 e dalla UNI 11373, l aspetto Prove non Distruttive dalla UNI 11096 (figura 1). Il gruppo di lavoro sullo scorrimento viscoso costituito presso il CTI ai sensi dell art. 3 del DM329/04, ha ritenuto opportuno prendere come riferimento, per la UNI TS 11325 Parte 2 e Parte 4, il testo della Raccomandazione CTI R5:2005, ora abrogata. FIGURA 2 - Struttura normativa nel settore creep In ambito CTI si è deciso di inserire nella UNI TS 11325-2 i principi generali della verifica, togliendo tutte le formule o coefficienti numerici che potessero essere oggetto di futura implementazione. Al contrario, tutti gli strumenti operativi (formule, coefficienti, diagrammi, metodi, ecc.) per la valutazione sono stati inseriti nella specifica tecnica UNI TS 11325-4, per poter essere aggiornati periodicamente dal CTI e dall UNI in funzione dello stato dell arte. Infatti nel settore scorrimento viscoso l evoluzione tecnico-scientifica è continua, essendo strettamente correlata all esito di prove sperimentali sui materiali di lunga durata, molte delle quali ancora in via di esecuzione. Tra gli elementi salienti della specifica tecnica, le principali sono le seguenti: --L esperienza dell INAIL ha mostrato come le dichiarazioni dell Utilizzatore sui dati storici di impianto siano raramente supportate da documentazione probante. Tuttavia poiché il creep è un fenomeno intimamente correlato ai valori di pressione e temperatura di esercizio (ad esempio, un aumento di pochi gradi della temperatura può causare un aumento molto significativo della vita consumata) è previsto, ai fini di una corretta valutazione, di supportare la dichiarazione dei dati di esercizio con la registrazione effettuata da un sistema di monitoraggio o con una relazione tecnica con la quale si dimostri l impossibilità, correlata al processo, del superamento dei valori dichiarati. In mancanza di tali adempimenti, in via conservativa, la valutazione di vita consumata dovrà essere effettuata ai valori massimi di progetto. --Varie normative (tra cui la EN 13445) lasciano al Progettista la libertà di dimensionare le attrezzature a 200 000 ore anziché a 100 000 ore. Per questi apparecchi, visto il basso coefficiente di sicurezza (1,25 anziché 1.5), il dimensionamento delle membrature risulta meno conservativo il che potrebbe portare, in tempi di esercizio relativamente brevi, ad un danneggiamento da creep; pertanto in questa Specifica Tecnica, a differenza della circolare ISPESL n. 48/2003, è stato reso obbligatorio un primo controllo delle attrezzature progettate a 200 000 ore già dopo 100 000 ore di esercizio, anziché alla scadenza della vita di progetto. --La specifica tecnica include attrezzature progettate secondo la Direttiva 97/23 CE (PED). Per tali attrezzature, in mancanza di indicazioni del Fabbricante, nel Manuale di Uso e Manutenzione, riguardanti l elenco dei componenti in regime di scorrimento

18 viscoso è responsabilità dell Utilizzatore individuare tutti i componenti che superano la temperatura convenzionale di inizio creep. --La Specifica Tecnica include tutte le attrezzature che ricadono nel DM 329/04, ivi incluse le tubazioni, per le quali si effettuano controlli specifici, in relazione ai meccanismi di danno prevedibili, e calcoli di vita consumata. Gli elementi salienti della UNI TS 11325-4 sono così riassunti: --Il metodo di calcolo raccomandato è rappresentato dal metodo master curve, con le validazioni della parametrizzazione suggerite da ECCC. In [1] sono state evidenziate alcune criticità del metodo quando i dati di resistenza a creep hanno origine normativa. --Il parametro di soglia per valutare se un apparecchio è in scorrimento viscoso è la temperatura convenzionale di inizio creep che, per un determinato materiale, è indipendente dalla sollecitazione di esercizio. Tuttavia, la sollecitazione influisce sulla significatività del fenomeno creep per mezzo della frazione di vita consumata ed è pertanto è un parametro fondamentale nella determinazione degli intervalli di ricontrollo. Nella norma UNI/TS 11325 parte 4 si considera l effetto del tempo sulla temperatura convenzionale, considerando una diminuzione della stessa in funzione del tempo. In ogni caso per acciai ferritici la diminuzione di temperatura non deve superare 15 C. In figura 3 è mostrato un generico andamento della temperatura convenzionale per un materiale di comune impiego. --Nuovo metodo per il calcolo dell intervallo di ricontrollo, minimo fra il I calcolato e il 60 % della vita residua: IR = min(60 % V residua ; I) I è il minimo tra gli intervalli relativi a ciascun giunto saldato. I = min ( I giunto j) Ciascun intervallo I giunto j è calcolato moltiplicando l intervallo di riferimento I rif = 50.000h per una serie di coefficienti correttivi f ci : --Utilizzando il metodo sopra descritto, è possibile estendere l intervallo di ricontrollo oltre le 50 000 nei casi in cui oltre all assenza di danno da creep si adottino controlli non distruttivi approfonditi (PEC 4 o 5) [2], e/o si introduca un sistema di monitoraggio automatico dei parametri operativi. Ulteriore incremento dell intervallo si può ottenere per classi FIGURA 3 - Esempio di andamento della temperatura di creep significativo Temperatura convenzionale - 15Mo3 Temperatura [ C] 482 480 478 476 474 472 470 468 466 464 (100000, T 0 ) (t c, T a ) 0 100000 200000 300000 400000 500000 600000 Tempo [ore]

IL CTI INFORMA 19 di rischio basse (I, II e III). Il limite massimo raggiungibile si avvicina a 80 000 ore. CONTROLLI NON DISTRUTTIVI E REPLICHE SONO ASPETTI FONDAMENTALI DELLA VALUTAZIONE DI VITA CONSUMATA A SCORRIMENTO VISCOSO Controlli non distruttivi e repliche sono aspetti fondamentali della valutazione di vita consumata a scorrimento viscoso. Nella recente norma UNI 11096:2012 sono riportate svariate tabelle in cui sono riportate per le attrezzature più importanti (generatori di vapore, reattori, forni, tubazioni) le PND più idonee da effettuarsi sulle rispettive membrature (corpo principale, saldature di ogni tipo, attacchi di tronchetti e bocchelli, ecc.). In tali tabelle, per ogni membratura è riportata la percentuale dei controlli in funzione del valore del PEC (parametro estensione controlli). Il valore del PEC scelto in questa fase viene riportato nella procedura già citata per il calcolo degli intervalli di ricontrollo della UNI TS 11325-4, dove ad un più elevato valore del PEC corrisponde un più ampio intervallo di ricontrollo. Per forni catalitici una specifica appendice informativa fornisce indicazioni orientative sulle PND più idonee, sulla base dell esperienza maturata nel settore. Per i controlli spessimetrici si fa riferimento alla procedura statistica già indicata nella norma UNI TS 11325-1, relativa alle tubazioni ma avente valenza di carattere generale. Per le repliche metallografiche si applicano le ben note norme UNI 11373 e 11374 del 2010, che originano dalla Linea Guida ISPESL allegata alla Circolare n. 48/2003. La filosofia alla base della specifica tecnica UNI TS 11325-9 sul Fitness for Service è quella di fornire dei principi base per eseguire la valutazione dell idoneità al servizio in presenza di difetti, facendo riferimento a norme e codici già esistenti, evidenziandone caratteristiche e limiti. La specifica tecnica illustra la procedura da seguire per: --la caratterizzazione del difetti, --l individuazione dei meccanismi di danneggiamento, --l esecuzione dei calcoli, --la valutazione finale, --le competenze richieste al personale. In tabella 1 vengono schematizzate le modalità di approccio dei principali codici internazionali (API 579, BS7910, FITNET MK8). Da notare che nel caso di creep o fatica si applica il FFS solo in presenza di difetto rilevabile alle PND, in TABELLA 1 - Sintesi degli argomenti trattati dai codici FFS di comune impiego (a)dovuti all esercizio (b)parzialmente trattato / x: argomento trattato -: argomento non trattato Danneggiamento API 579 BS7910 FITNET Frattura fragile x - x Sottospessore generalizzato x x - Sottospessore localizzato x x x Pitting x x (a) x Blister x - - Disallineamenti e distorsioni x x (a) x Cricche x x x Bugne e incisioni x x (b) x Difetti di laminazione x - - Creep x x x Danneggiamento da fuoco x - -

20 caso contrario si applicano le norme di carattere generale quali la UNI TS 11325-2 per il creep o la omologa sulla fatica, di cui al punto successivo. In particolare per il creep il confronto tra le norme applicabili sul FFS mostra un approccio sostanzialmente diverso: mentre FITNET fa riferimento alla TDFAD (Time Dependent Failure Assessment Diagram) l API 579 e la BS 7910 si basano sulla valutazione della resistenza a creep e del tempo di ulteriore esercizio. L API 579 suggerisce, come piano controlli, di adottare un sistema di monitoraggio dei parametri operativi per una verifica continua della vita residua, mentre FITNET riporta i mezzi di indagini utilizzabili in funzione del danneggiamento. Tra le norme in considerazione solo API 579 fornisce indicazioni sulle azioni correttive da intraprendere, quali ad esempio la modifica dei parametri di esercizio o la protezione mediante lining termico. La UNI TS 11325-9 riporta da ultimo un modello di report sintetico, nel quale devono essere riportati i principali elementi della valutazione effettuata. LA UNI TS 11325-8 RICHIEDE DI INDICARE, IN FUNZIONE DEI CONTROLLI GIÀ ESEGUITI NEL CORSO DEGLI ANNI, IL PIANO DEI CONTROLLI FUTURI, IN RAGIONE DEL NUOVO INTERVALLO ISPETTIVO La specifica tecnica UNI TS 11325-8 Pianificazione delle manutenzioni su attrezzature a pressione attraverso metodologie basate sulla valutazione del rischio (RBI) ha lo scopo di orientare gli utilizzatori nella definizione dei programmi di ispezione e manutenzione delle attrezzature a pressione del proprio impianto sulla base della valutazione del rischio legato all effettivo stato di conservazione ed efficienza delle attrezzature stesse. Come indicato nello scopo della specifica in esame, il Risk Based Inspection (RBI) differisce dalle tecniche ispettive cosiddette deterministiche, che prevedono controlli su base periodica regolare e definiti con tempi stabiliti e date prefissate eguali per tutti i settori. Tali tecniche, pur tenendo conto di tipiche caratteristiche progettuali dell apparecchio e condizioni di esercizio, sono tuttavia basate su esperienze generalizzate e non specifiche dei singoli impianti, trascurando l efficacia dei diversi sistemi di gestione. Le frequenze dei controlli potrebbero risultare non ottimali e quindi inferiori o superiori alle reali necessità della specifica attrezzatura. I metodi operativi riportati nella specifica tecnica in considerazione possono essere utilizzati allo scopo di richiedere la deroga di cui all art. 10 comma 5 del Decreto Ministeriale n. 329/2004. L analisi dei risultati prende in esame in primis la verifica della tollerabilità del rischio mediante a quale l utilizzatore, una volta ottenuta la categoria di rischio associata, deve programmare i controlli ed attuare, quando necessario, azioni mitigative per mantenere la tollerabilità del rischio. Nel caso si attui la procedura RBI al fine di definire un nuovo intervallo ispettivo occorre verificare il livello di protezione equivalente facendo riferimento al posizionamento all interno della matrice di rischio. Ad esempio se il rischio al nuovo intervallo temporale y (Ry) si posiziona nella stessa categoria rispetto all intervallo temporale x (Rx) allora si presume che il livello di protezione sia equivalente, come mostrato in tabella 2. La specifica richiede di indicare, in funzione dei controlli già eseguiti nel corso degli anni, il piano dei controlli futuri, in ragione del nuovo intervallo ispettivo. Un esempio relativo a recipiente a pressione (reattore) per il quale è ipotizzato uno spostamento in avanti della verifica di integrità di 2 anni, è schematizzato in tabella 3, ove si evince il programma di ispezioni future in ragione della storia delle precedenti ispezioni. TABELLA 2 - Esempio di livello di rischio nella rappresentazione matriciale R x = Rischio alla Verifica Prevista R y = Rischio alla Verifica Proposta

IL CTI INFORMA 21 TABELLA 3 - Ampliamento intervallo ispettivo e relativi controlli per un reattore ll DM329/04 prevede all art. 6 comma 1 lettera e) che venga allegata alla dichiarazione di messa in servizio delle attrezzature a pressione anche un elenco dei componenti sottoposti a fatica oligociclica. Il progressivo degrado a cui sono sottoposti tali componenti è funzione del numero di cicli di sollecitazione a cui sono assoggettati e che potrebbero generare nel tempo condizioni critiche e/o rotture. Il fenomeno è tipico di componenti di generatori di vapore e di alcune tipologie di attrezzature a pressione nelle quali sono frequenti cicli termici conseguenti ad accensioni/spegnimenti. La criticità del fenomeno è accresciuta dalla tendenza attuale ad esercire gli impianti di generazione di energia in maniera flessibile, in funzione del carico, in ragione della liberalizzazione del mercato. La specifica tecnica sulla fatica è ancora in fase di emanazione e riguarda il comportamento a fatica nel caso di assenza di cricche con la determinazione del numero di cicli ammissibili nelle condizioni effettive e/o previste di impiego dell attrezzatura e, se del caso, conseguente determinazione della frazione di vita spesa a fatica. Il problema viene affrontato trattando il caso con gli stessi strumenti utilizzati nel caso di progettazione e/o verifiche di progetto. In particolare le norme EN dedicano ampio spazio al tema ed in particolare: --La EN 12952 Water-tube boilers dedica al problema il paragrafo 13 e le appendici B e C con un approccio essenzialmente focalizzato sul problema della fatica termica in componenti a geometria cilindrica soggetti a fatica termica generata da fenomeni di scambio termico fluido/componente. --La EN 13445 Unfired pressure vessels dedica al problema i paragrafi 17 e 18 affrontando il caso in modo molto più generale. Analogo approccio si ritrova sulle ASME. In tutti i casi l approccio è ovviamente lo stesso: determinazione dello sforzo equivalente massimo nella zona del componente sotto analisi e confronto con le curve di riferimento del materiale. Su questo approccio base, si innestano poi le considerazioni legate all effetto di geometria/spessore/coefficiente di diffusione del

22 calore e effetti di intensificazione legati alla presenza di imperfezioni superficiali/saldature/difetti di assemblaggio. L approccio EN 12952 è sicuramente più semplice ed immediato: pertanto si ritiene possa essere indicato come raccomandato nella Specifica Tecnica CTI salvo integrazione, ove necessario, con aspetti più specifici che, come detto possono essere ritrovati su altre norme (EN 13445 o ASME) o procedure qualificate e riconosciute, ove disponibili. La Specifica Tecnica UNI TS 11325-11 fornisce elementi utili al progettista per orientarsi tra i codici disponibili, affrontando la problematica del danneggiamento da fatica nella fase di esercizio del componente. Il panorama normativo attualmente disponibile è sufficientemente approfondito per fornire un adeguato supporto al tecnico che deve eseguire la valutazione di vita residua per effetto del creep e/o della fatica o eseguire valutazione d idoneità al servizio del tipo RBI o FFS. Le specifiche tecniche prodotte dall UNI con il contributo del CTI costituiscono una valida guida per l utilizzatore che deve orientarsi tra le norme disponibili: infatti, tranne nel caso del creep, le specifiche tecniche non contengono procedure originali ed innovative quanto forniscono elementi per poter individuare fra le procedure esistenti (API, EN, ecc.) quella che maggiormente risponde alle necessità operative ed ai meccanismi di danno effettivamente presenti. A sostegno della validità del progetto normativo sopra descritto occorre sottolineare l interesse mostrato da altri Paesi europei, in occasione di convegni a carattere internazionale, per le specifiche tecniche della UNI TS 11325, tanto da arrivare a richiedere una traduzione in lingua inglese delle stesse. GENERATORI DI VAPORE Gioacchino Rondinella Coordinatore della CT 223 - Esercizio e dispositivi di protezione delle installazioni a pressione Il Gruppo di Lavoro 02 (GL 02) Esercizio dei generatori di vapore e/o acqua surriscaldata della CT 223 Esercizio degli impianti a pressione sta ultimando la revisione della specifica tecnica UNI/ TS 11325-3:2010 Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione Parte 3: Sorveglianza dei generatori di vapore e/o acqua surriscaldata, a seguito della pubblicazione delle revisioni delle norme EN cui si è fatto riferimento durante i lavori per la sua stesura: la UNI EN 12952-7:2013 Caldaie a tubi d acqua e installazioni ausiliarie - Parte 7: Requisiti per l apparecchiatura della caldaia e la UNI EN 12953-6:2011 Caldaie a tubi da fumo - Parte 6: Requisiti per l apparecchiatura della caldaia. Le modifiche apportate alla specifica tecnica riguardano quasi esclusivamente la periodicità di alcuni controlli da eseguire durante l esercizio del generatore in regime di sorveglianza senza assistenza continua. La specifica tecnica definisce le modalità di sorveglianza delle attrezzature a pressione, a focolare con rischio di surriscaldamento, destinate alla generazione di vapore d acqua e/o acqua surriscaldata con o senza assistenza continua e in particolare fornisce le indicazioni sulla documentazione indispensabile per la gestione della centrale termica: --manuale uso e manutenzione rilasciato dal fabbricante; --procedure e/o manuale operativo predisposto dall utilizzatore; --registro della sorveglianza. In centrale termica o in sala controllo deve essere presente copia del manuale d uso e manutenzione rilasciato dal fabbricante e/o copia delle procedure o dei manuali operativi predisposti dall utilizzatore, nelle parti che riguardano l esercizio, la manutenzione e le prove di tutti i dispositivi, inclusi quelli di sicurezza, regolazione e controllo. Il manuale d uso e manutenzione e/o il manuale operativo devono fornire esplicite indicazioni sui rischi residui e sulle particolari misure che devono essere intraprese durante l esercizio per eliminarli o ridurli.

IL CTI INFORMA 23 In particolare il manuale operativo deve indicare: --come provare i dispositivi di sicurezza e quale è la periodicità di tali prove; --i requisiti dell acqua di alimentazione e dell acqua di caldaia; --le istruzioni per riaccendere il generatore dopo ogni fermata per blocco. In centrale termica deve essere tenuto un registro della sorveglianza sul quale devono essere indicati: --il numero delle persone addette alla sorveglianza; --gli esiti dei controlli e delle prove sugli accessori di sicurezza; --gli esiti dei controlli e delle prove sui dispositivi di regolazione e/o di controllo; --i risultati delle analisi dell acqua di alimentazione, di caldaia e delle condense; --tutte le anomalie, prove e interventi di manutenzione. LA UNI/TS 11325-3 STA AVENDO UN EFFICACE E PROFICUA APPLICAZIONE, AVENDO MESSO A DISPOSIZIONE DEGLI OPERATORI UN RIFERIMENTO PER LE MODALITÀ DI SORVEGLIANZA DELLE ATTREZZATURE A PRESSIONE DESTINATE ALLA GENERAZIONE DI VAPORE D ACQUA E/O DI ACQUA SURRISCALDATA COMPRESE NEL DM N.329/2004 Tutte le varie operazioni devono essere registrate in modo che vi sia evidenza della data, dell ora e della persona addetta che le ha effettuate. La specifica tecnica ratifica, nei termini e nella sostanza, l abbandono del vecchio concetto di condotta in favore di sorveglianza del generatore di vapore in quanto l alto livello di automazione raggiunto dai moderni generatori di vapore limita i compiti dell operatore/persona addetta alla sorveglianza del corretto funzionamento degli automatismi. La specifica definisce le modalità di sorveglianza delle attrezzature a pressione, a focolare con rischio di surriscaldamento, destinate alla generazione di vapore d acqua e/o acqua surriscaldata a temperatura maggiore di 110 C con pressione massima ammissibile PS maggiore di 0,5 bar rientranti nel campo di applicazione del D. M. n. 329/2004. Per persona addetta si intende persona competente che esercita la sorveglianza del generatore, tale sorveglianza può essere con assistenza continua o senza assistenza continua. Allo stato attuale per la valutazione della competenza della persona addetta si applica la legislazione vigente in materia, in particolare l articolo 27 del Regio Decreto del 12 maggio 1927, n. 824. La sorveglianza con assistenza continua prevede, durante il funzionamento del generatore, la presenza stabile in centrale termica o in sala controllo di persona addetta, la modalità senza assistenza continua consente invece la presenza saltuaria ma comunque codificata e prevede anche la possibilità di gestione remota di più centrali termiche. La persona addetta dovrà essere presente durante l accensione e la riaccensione del generatore di vapore, oltreché per i controlli dei dispositivi come da manuale operativo. Le periodicità di sorveglianza, definite in ore, devono essere intese come ore solari continuative a partire dalla accensione o riaccensione del generatore. Il R. D. 12 maggio 1927, n. 824 prevedeva l istituto dell esonero dall applicazione di talune prescrizioni e da tutte (esonero totale) o da alcune verifiche (esonero parziale) ed in particolare alcune tipologie di generatori di vapore, considerati a basso rischio dato il basso livello di energia immagazzinata, potevano godere dell esonero dal conduttore patentato affidando la condotta a persona maggiorenne e capace. Il D. M. 21 maggio 1974 dettava le disposizioni da soddisfare per ottenere l esonero. Sia la direttiva PED sia il Decreto 1 dicembre 2004, n. 329 Regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all art. 19 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93 non prevedono l istituto dell esonero. Dal confronto tra gli accessori richiesti dalla normativa ante PED e gli accessori richiesti dalla PED si può notare come sia il numero che la qualità degli accessori richiesti dalla PED è numericamente

24 e qualitativamente superiore e rispetto al numero e alla qualità di quelli richiesti dalla normativa previgente. La normativa ante PED, tranne che per le valvole di sicurezza che dovevano essere sottoposte a prove sperimentali atte a verificare le caratteristiche di funzionamento e a determinare la portata di scarico, per tutti gli altri accessori non richiedeva alcuna verifica se non quella di funzionamento al momento delle verifiche sul luogo di impianto. Per la direttiva PED le valvole di sicurezza, i pressostati di sicurezza e i livellostati di sicurezza auto controllati sono dispositivi di sicurezza e come tali sono classificati nella categoria IV. La classificazione di una attrezzatura o di un insieme in IV categoria, nella filosofia della Direttiva 97/23/CE, corrisponde ad un alto grado di sicurezza. Per la direttiva PED gli insiemi (varie attrezzature a pressione montate da un fabbricante per costituire un tutto integrato e funzionale) e di conseguenza i generatori di vapore e/o acqua surriscaldata devono essere sottoposti ad una procedura globale di valutazione di conformità che comprende: --la valutazione di conformità di ciascuna delle attrezzature a pressione costitutive dell insieme che non sono state oggetto di una distinta procedura di valutazione di conformità né di una separata marcatura CE; --la valutazione dell integrazione dei diversi componenti dell insieme che viene determinata in funzione della categoria più elevata delle altre attrezzature interessate, senza tener conto degli accessori di sicurezza; --la valutazione della protezione dell insieme, per evitare che vengano superati i limiti di esercizio ammissibili, che deve essere effettuata in funzione della più elevata categoria delle attrezzature da proteggere. Queste considerazioni hanno fatto restringere il campo di applicazione della specifica tecnica con la esclusione dei: a) generatori a sorgente termica diversa dal fuoco; b) generatori ad attraversamento meccanico di limitata potenzialità aventi PSxV 3000 bar x l e PS 12 bar; c) generatori di vapore a bassa pressione aventi PS 1 bar, Superficie di riscaldamento 100 m 2 e Potenzialità 2 t/h; d) generatori di acqua surriscaldata a bassa pressione aventi PS 5 bar, Temperatura massima dell acqua 120 C, Superficie di riscaldamento 100 m 2 e Potenzialità 2 t/h, considerando convenzionalmente la potenza di 0,69 kw (600 kcal/h) di acqua surriscaldata equivalente alla producibilità di 1 kg/h di vapore d acqua; e) generatori aventi volume V 5 l. indipendentemente dal valore di PS. Per questi generatori di vapore e/o acqua surriscaldata esclusi dal campo di applicazione della UNI/ TS 11325-3 e già oggetto di esonero ai sensi della precedente legislazione, è in fase di elaborazione una specifica tecnica dove sarà previsto che la sorveglianza dei generatori sia affidata a persona addetta, formata o riconosciuta tale dall utilizzatore. DEGRADO DEI MATERIALI Carlo Fossati Coordinatore della CT 222/GL 05 Fatica La sicurezza degli impianti a pressione è sicuramente uno degli argomenti più importanti quando si parla della sicurezza delle persone e dell ambiente. Parlando di impianti a pressione la mente corre subito agli impianti industriali che sicuramente rivestono un aspetto predominante per quanto riguarda il fattore sicurezza per almeno due ragioni: tipologia di fluidi e pressioni in gioco. È però bene non dimenticare che anche nella nostra vita quotidiana privata abbiamo a che fare con una vasta serie di apparecchi a pressione : dalle autoclavi per sollevare l acqua fino ai piani alti dei grattacieli (ove le pressioni possono raggiungere diversi bar in funzione dell altezza del grattacielo stesso)

IL CTI INFORMA 25 ad elettrodomestici quali ferri da stiro a vapore, pulitori/sgrassatori casalinghi a pressione, ecc. ove le pressioni sono sempre presenti e non sempre con valori bassi. In questa relazione ci focalizzeremo però unicamente sugli impianti industriali proprio in funzione della loro complessità e degli effetti sulle persone e l ambiente nel caso di problemi in fase di esercizio. COSA SI INTENDE PER DEGRADO? UNA DIMINUZIONE DELLE PRESTAZIONI E DELLA FUNZIONALITÀ INIZIALE DI UN COMPONENTE, MACCHINA, IMPIANTO Degrado deriva dal verbo degradare (di origine latina). Il verbo è usato in moltissimi ambiti (ad esempio militare, giuridico, arti figurative, attrezzature, impianti ecc.) con un significato generale che il dizionario Treccani sintetizza così: Deteriorare, danneggiare, ridurre in cattivo stato; trasformarsi passando da una condizione superiore a una inferiore, subire una regressione, subire un progressivo scadimento omissis Il participio passato degradato, in ambito ingegneristico, assume ovviamente un connotato tecnico-funzionale e quindi in senso lato definisce una diminuzione delle prestazioni e della funzionalità iniziale di un componente, macchina, impianto. La seconda parte della definizione descrive chiaramente, anche se in modo molto ampio, cosa i tecnici intendono per degrado. Mentre nei vari ambiti citati nella definizione il concetto di tempo legato al degrado non è universale (ad esempio in ambito militare), in ambito tecnico tale legame è intrinseco per ragioni che analizzeremo nel seguito ed è pertanto compito sia del progettista, sia dell utilizzatore, considerare i fattori che possono indurre un degrado dell attrezzatura nel tempo e prendere le dovute precauzioni. Noi nel seguito, focalizzandoci sulle attrezzature/ impianti a pressione, restringeremo ulteriormente gli ambiti limitandoci alla loro capacità di contenere, in modo sicuro ed affidabile, la pressione e quindi prevenire rotture che portino alla dispersione incontrollata del fluido di processo. Focalizzeremo pertanto l attenzione sui problemi che possono nascere da un degrado dei materiali strutturali dell attrezzatura o impianto. LO SVILUPPO TECNOLOGICO HA PROGRESSIVAMENTE PORTATO AD UN SENSIBILE MIGLIORAMENTO DELLE CARATTERISTICHE DEI MATERIALI STRUTTURALI E DELLA LORO STABILITÀ NEL TEMPO DURANTE L ESERCIZIO Rimanendo nell ambito dei materiali strutturali con cui sono realizzati i componenti base preposti, per ogni singola attrezzatura al contenimento del fluido in pressione, si possono fare due suddivisioni: 1. La prima prende in considerazione i fattori che posso indurre il degrado e che possono anche causare effetti sinergici se presenti contemporaneamente: a) temperatura, b) fluido contenuto, c) sollecitazioni meccaniche, d) radiazioni ed in particolare flussi neutronici. (Vista la politica energetica italiana che ha completamente abbandonato il nucleare, questa causa può essere totalmente ignorata ed è stata citata solo per completezza.) Lo sviluppo tecnologico ha progressivamente portato ad un sensibile miglioramento delle caratteristiche dei materiali strutturali (caratteristiche microstrutturali, meccaniche e di resistenza alla corrosione) e della loro stabilità nel tempo durante l esercizio. Una osservazione particolare è però dovuta sull influenza della temperatura che continua ad essere presente sia singolarmente sia, spesso, in modo sinergico con le altre due cause (fluido e sollecitazioni meccaniche). Influenza singola della temperatura La specificità dei materiali strutturali, le cui caratteristiche si basano su di un forzato congelamento della microstruttura in stati fuori dall equilibrio termodinamico, comporta intrinsecamente la tendenza (fortemente influenzata dalla temperatura) ad una progressiva evoluzione microstrutturale verso tale equilibrio, con conseguente alterazione delle proprietà iniziali. Questa ineluttabile evoluzione

26 è quindi propria di tutti i materiali strutturali (da quelli fabbricati un tempo ai più recenti), varia solo la sua cinetica. Influenze sinergiche: temperatura-fluido Nel caso del fluido di processo l effetto sinergico della temperatura si manifesta sotto due aspetti: attraverso fenomeni di diffusione (fortemente dipendenti dalla temperatura) di elementi chimici nel materiale strutturale, effetto sulla cinetica dei fenomeni di corrosione anche se l influenza può essere poco marcata. A CAUSA DELL ESERCIZIO E IN PRESENZA DI UN MECCANISMO DI DEGRADO, UN COMPONENTE ACCUMULA PROGRESSIVAMENTE NEL TEMPO UN DANNO CHE LO PORTERÀ ALLA ROTTURA O, COMUNQUE, AD ESSERE INSERVIBILE qualche effetto pertanto per maggior chiarezza in Tabella è citata solo ove la sua influenza è sensi- Influenze sinergiche: temperaturasollecitazioni meccaniche Poiché la temperatura influenza fortemente i fenomeni di diffusione questo vale anche per l inter-diffusione degli atomi nel materiale stesso che, in presenza di tensioni interne, facilita il movimento delle dislocazioni, delle vacanze, degli interstiziali e conseguente deformazione del materiale fino a rottura. FIGURA 4 - Esempio di scorrimento viscoso FIGURA 5 - Esempio di fatica Influenze sinergiche: fluido-sollecitazioni meccaniche È presente quando lo stato di tensione nel materiale favorisce fenomeni di corrosione. 2. La seconda prende in considerazione l estensione delle zone dell attrezzatura interessate dal degrado: --degrado generalizzato e che interessa quelle proprietà del materiale che gli consentono di avere la resistenza necessaria perché l attrezzatura possa contenere il fluido, --degrado localizzato in zone ristrette che produce indebolimenti locali del materiale ma che possono essere altrettanto funesti per la resistenza dell attrezzatura. FIGURA 6 - Esempio di tensocorrosione FIGURA 7 - Esempio di sensibilizzazione Nella Tabella 4 vengono riportati i meccanismi di degrado più comuni unitamente alla loro localizzazione tipica ed ai fattori che li attivano. Come detto in precedenza la temperatura ha sempre un

IL CTI INFORMA 27 TABELLA 4 - Meccanismi di degrado più comuni FIGURA 9 - Esempio di erosione FIGURA 8 - Esempio di corrosione

28 FIGURA 10 - Esempio di segregazione Appurata la presenza di un meccanismo di degrado, per valutare la situazione di salute dell attrezzatura ai fini di sicurezza ed affidabilità è necessario trasformare un concetto qualitativo in un parametro quantitativo. Questo è possibile associando al concetto di degrado il concetto di danno. A causa dell esercizio e in presenza di un meccanismo di degrado, un componente accumula progressivamente nel tempo un danno che lo porterà alla rottura o che, comunque, lo renderà inservibile; per quantificare questo danno è necessario associargli un numero ed individuare la relazione funzionale che lo lega al tempo. PER IL MANTENIMENTO DI UN ADEGUATO LIVELLO DI SICUREZZA E PER PROGRAMMARE EVENTUALI INTERVENTI VOLTI A RIDURRE IL DANNO, È NECESSARIO CONOSCERE IL DANNO ACCUMULATO E STIMARE IL TEMPO NECESSARIO PER RAGGIUNGERE LA ROTTURA/ INSERVIBILITÀ FIGURA 11 - Esempio di decarburazione bile. È inoltre riportato un riferimento a delle figure illustrative degli affetti di alcuni dei meccanismi di degrado citati. Sulla base di quanto illustrato in precedenza risulta evidente come ai fini del mantenimento di un adeguato livello di sicurezza nella gestione di un attrezzatura/impianto e contemporaneamente poter programmare con il dovuto anticipo eventuali interventi volti a ridurre il danno prodotto dai meccanismi di degrado operanti o sostituire il componente stesso prima che avvenga una rottura, sono necessarie due ulteriori informazioni: --conoscere o per lo meno stimare il danno accumulato in precedenza, --poter calcolare o per lo meno stimare il tempo an-